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28 Ott 2012  |  328 Commenti

Video: oppresse e oppressori

Il femminismo ha criminalizzato l’intero genere maschile sostenendo che quest’ultimo è da sempre stato  e continua ad essere il responsabile della condizione di oppressione e subordinazione di quello femminile. La relazione fra i generi nella storia, con tutte le sue assai complesse implicazioni e articolazioni di ordine sociale, economico, culturale, psicologico, è stata dunque ridotta alla dialettica oppressa-oppressore, dove il genere femminile è considerato sempre, comunque e dovunque (quindi anche nella realtà attuale) quello oppresso e dominato e il genere maschile,  sempre e comunque, quello oppressore e dominante.

Questa rivisitazione della relazione fra i generi divenuta cultura dominante è stata possibile in seguito ad un’ astuta operazione di reinterpretazione della dialettica storica hegeliana-marxiana, che ha visto sostituire il concetto di conflitto di classe con quello di conflitto fra i generi.

Una sorta di banale quanto rozzo “copia-incolla”, dal punto di vista filosofico, rivelatosi però decisamente efficace; di fatto l’architrave dell’ideologia femminista e femdominista.

E’ determinante quindi, anche da parte nostra, cominciare a mettere in discussione dalle fondamenta quell’assunto, destrutturando le presunte ragioni che hanno portato a concepirlo e a far sì che diventasse addirittura il paradigma dominante, per lo meno per quanto riguarda la relazione fra i generi.

Questa brevissima intervista, sia pure in modo estremamente sintetico e sommario, affronta proprio questo tema specifico.



328 Commenti

armando 10:30 pm - 5th Dicembre:

Che dire? Quelle misure, fossero state assunte da Tremonti e Berlusconi sarebbero state bollate come antipopolari e di classe nonchè non indirizzatre alla crescita, il rimprovero maggiore fatto a Tremonti. Invece nel caso di Monti sempre di classe sono, ma in senso di charmant. Ma, a parte le battute e a costo di passare per demagogo populista faccio questa considerazione: dunque,
la riforma delle pensioni, la reintroduzione dell’Ici (maggiorata) sulla prima casa, hanno avuto l’effetto di far calare lo spread coi bund tedeschi e rendere euforica la borsa. Chissà con quale gaudio dei pensionati a 1000 euro che con sacrifici si sono pure costruiti una modesta casetta. Immagino che tutti costoro, in quanto notoriamente zeppi di azioni e titoli di stato, saranno molto felici di quegli effetti, ovvero che altri si sentono sollevati coi loro soldi.
E non si tratta di dichiararsi di dx o di sx,(infatti saranno tutti d’accordo con qualche distinguo), ma “solo” contrari ad una economia sempre più astratta, di carta, finanziaria e globalizzata, ad un sistema in cui la grande finanza riesce a mettere in ginocchio gli stati “sovrani”, e ad un sistema di governo dell’economia in cui gli stati nazionali, i cui governi sono pur sempre espressione del popolo (con tutti i limiti che ben conosciamo), e i popoli stessi, sono tagliati fuori ed esautorati.
Certo che per arrivare a questo punto ci abbiamo messo del nostro, tutti, costruendo un welfare fondato sul debito pubblico e sul consumismo (leggasi anche mercificazione di ogni aspetto della vita).

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cesare 9:56 am - 6th Dicembre:

Da Il Foglio di oggi, articolo: “Lacrime chic” a firma di Annalena:
“(…). Ma le lacrime femminili sono una micidiale arma da fine del mondo, una specie di nucleare segreto nascosto dentro le palpebre. Quando lo si fa esplodere, si può contemporaneamente affondare qualunque artiglio. Funziona così anche nelle canzonette e nella serie tv: lei lo lascia e piange, lei lo ha tradito e piange, lei si è già messa con un altro e ha portato via tutti i mobili e piange. Le lacrime di una donna lasciano sempre, in chi le guarda scorrere una sensazione di passeggero stordimento e di senso di colpa. Le lacrime della Fornero hanno disarmato, per pochi istanti, le incazzature di tutti quelli (non altolocati) che si sentono usati come bancomat, e non sono affatto colpiti dalla rinuncia di Monti al suo stipendio.(…)”

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Marco 1:34 pm - 6th Dicembre:

>>
Da Il Foglio di oggi, articolo: “Lacrime chic” a firma di Annalena:
“(…). Ma le lacrime femminili sono una micidiale arma da fine del mondo, una specie di nucleare segreto nascosto dentro le palpebre.
>>
In sostanza è quello che ha già scritto Sandro2…
>>

Mentre le lacrime di un uomo fanno ridere i più (e soprattutto LE più…), le lacrime di una femmina sono sempre un’arma potentissima.
>>

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armando 10:04 pm - 19th Dicembre:

A proposito del rogo del campo rom per punire uno stupro inesistente: avete notato che mentre la spedizione punitiva è stata bollata, giustamente, come razzista (e non si è mancato di sottolineare che gli assalitori fossero tutti maschi), nessuno ha detto nulla sul razzismo dell’accusatrice?
Eppure il razzismo è partito da lei, perchè sapeva benissimo di essere più credibile accusando i rom piuttosto che altri. Ma la ragazza è solo una vittima, l’ennesima, del maschilismo!!!

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Saturno 10:07 am - 20th Dicembre:

La Camusso dice:

“C’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e della lavoratrici, che, fatto da una donna, stupisce molto”.

Io mi stupisco di tale stupore……

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armando 11:40 am - 20th Dicembre:

la Camusso vive nel mondo dei sogni, e si stupisce dell’acqua calda. Abitutata a pensare il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, cristallizzati nel genere femminile (bene e giusto) e nel maschile (male e ingiusto), non riesce ad accettare che la realtà sia diversa dalla sua rappresentazione onirica , ideologica e politicamente corretta. Non è la prima volta e non sarà certo l’ultima. L’estrema, insulsa difesa di questa ideologia consiste nel dire che le donne non conformi alla rappresentazione idealizzata sono in definitiva vittime e succubi della cultura maschilista.
Ma è una linea difensiva destinata ad essere smentita dalla realtà delle cose, prima o poi.

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Fabrizio Marchi 12:06 pm - 20th Dicembre:

“La Camusso dice:
“C’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e della lavoratrici, che, fatto da una donna, stupisce molto”.
Io mi stupisco di tale stupore……” (Saturno)
Come spiega giustamente Luigi in un altro spazio, saranno i fatti a smontare la menzogna femminista della cosiddetta “specificità di genere”, cioè una delle teorie più razziste che siano mai state concepite fino ad ora nella Storia. In base a questa delirante (e del tutto priva di fondamento) teoria le donne non sarebbero capaci di commettere violenza (perché la violenza è maschile), non sarebbero in grado, anche volendo, di commettere il “male” e con esso le peggiori brutture e gli orrori di cui solo gli uomini sono capaci.
Ne consegue che una donna al governo non può essere portatrice di politiche antipopolari, come licenziare, precarizzare ulteriormente il lavoro, privatizzare tutto ciò che è privatizzabile, aumentare le tasse, le tariffe, tagliare i salari, le pensioni, i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Da qui lo stupore della Camusso (ma guarda un po’…) che sembra essersi dimenticata del decennio neoliberista della Signora Tatcher, la cui politica economica gettò nella disperazione milioni di lavoratori britannici, molti dei quali arrivarono a togliersi la vita dopo essere stati brutalmente licenziati da un giorno all’altro.
Il pianto ipocrita della Ministra Fornero è in perfetta sintonia con la cultura dominante del “politicamente corretto”. Come a dire:“Sto togliendo il pane dalla bocca ai pensionati, lo so bene, però lo faccio piangendo, perché sono una donna e a differenza degli uomini provo strazio quando devo fare cose che so che provocano sofferenza…”. Come siamo commossi…
E ora la Camusso si troverà a dover dare battaglia (ammesso che lo faccia e ammesso che gli attuali sindacati possano ancora essere considerati tali, cosa di cui, come sapete, dubito assai…) alla sua collega di genere che, alla faccia della “specificità”, è stata incaricata di succhiare soldi e sangue dalle tasche degli italiani (beta).
E ricordo a tutti che siamo solo agli inizi. Questa è una manovra a tempo indeterminato, se qualcuno non lo avesse ancora capito. Siamo sotto ricatto costante e ci rimarremo, siamo condannati a ricapitalizzare di tasca nostra le banche, ormai padrone del mondo e dell’umanità, e guai a fiatare, pena il precipizio, il baratro, che oggi prende il nome di default.
Sta morendo la democrazia, cari amici, per lo meno per come è stata concepita fino ad ora. E chi la sta uccidendo (nel mondo) è proprio questo neo (neo?…) capitalismo globale e assoluto senza più oppositori e antagonisti (ma non sono pessimista, ci vorrà tempo ma qualcosa si muoverà prima o poi…).
In tutto ciò le femministe si distinguono in due tronconi: quelle di “Se non ora quando” che fanno i loro girotondi a Piazza del Popolo per chiedere soldi, quote, posti di potere, “discriminazioni positive” e privilegi, e quelle al governo come la Fornero (che si è indignata perché nella delegazione dei giovani non c’erano donne) che i privilegi, il potere e i soldi li hanno già e che pensano bene di toglierli ai poveri per darli ai ricchi (un’attività ben nota da sempre a tutti i poveracci della Terra, da che mondo è mondo…).
Fabrizio

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cesare 12:43 pm - 20th Dicembre:

La leader sindacale del più grande e storicamente importante sindacato italiano, la CGIL, per la prima volta nella Storia del movimento sindacale, utilizza categorie femministe per fare il punto di un durissimo confronto tra lavoratori e governo. Con il suo commento: ““C’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e della lavoratrici, che, fatto da una donna, stupisce molto”, la Camusso dice implicitamente: 1) che è degli appartenenti al genere maschile aggredire i lavoratori, 2) le misure economiche appartengono alla categoria non degli eventi economici ma dei gesti violenti e quindi della violenza “noto attributo esclusivo del sesso maschile”. A mio avviso in tal modo non contribuisce a chiarire il punto della situazione ma sposta l’accento dallo scontro sugli interessi di coloro che è chiamata a rappresentare allo scontro di genere. Contribuisce a costruire una falsa coscienza della realtà e disorienta la gente; falsa coscienza cui il femminismo ha offerto e offre uno straordinario armamentario di false interpretazioni, di falsi problemi e di false soluzioni e soprattutto individua il nemico proprio nella stragrande maggioranza dei lavoratori: i lavoratori maschi. Si dice tagliare il ramo su cui si è seduti.
Da decenni assistiamo al più straordinario gioco di prestigio mai apparso nella Storia: far scomparire la realtà dalla coscienza dei contemporanei tramite una narrazione di fantasia, la Narrazione Femminista.

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Saturno 12:45 pm - 20th Dicembre:

Quoto in toto
il commento
di Fabrizio.

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Marco 1:37 pm - 20th Dicembre:

A me dispiace solo di far parte di un’epoca e di una generazione di viziati/e, cresciuti (per nostra fortuna e sfortuna; dipende dai punti di vista) nel benessere materiale, il quale ci ha totalmente rammolliti.
A questo si aggiunga l’invecchiamento della popolazione e tutto si spiega. In altri tempi – o altrove, come accade anche in questi giorni – le giovani masse MASCHILI avrebbero già “scatenato l’inferno”…

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Alessandro 4:54 pm - 20th Dicembre:

In poche righe, Fabrizio, hai fotografato perfettamente la situazione politico-sociale- finanziaria in atto. Qualche giorno fa Camilleri in un’intervista parlava di una “guerra” in atto, ed ha ragione. Una “guerra” che vede contrapporsi il popolo, inteso come classi sociali medio-basse, a quel mondo, sfuggente, della speculazione finanziaria internazionale che ormai tiene in scacco le sorti di milioni e milioni di individui. Per la prima volta una “guerra” si combatte senza un nemico realmente individuabile e riconoscibile. In pochi hanno capito quanto sta accadendo. Il vuoto politico, o meglio la politica del laissez-faire degli ultimi decenni o la sua complicità, sta piano piano facendo emergere chi sono i veri burattinai del nostro mondo.

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mauro recher 6:14 pm - 20th Dicembre:

Fabrizio ,non per niente la Terragni aveva intitolato “la ministra più bella del mondo”,per via delle lacrime ,prova solo ad immaginare se una manovra di questo tipo l’avesse fatta il governo del Berlusca o chi per lui ,come sarebbero stati i titoli ?
Non per niente il video dell’ultimo “se non ora quando” (quello che reclamizzava la manifestazione) era un continuo “idillio” alla caduta di Berlusconi …
Sia chiaro che il signor B ha lavorato male ed è stato giusto che sia sceso dal trono (almeno in apparenza) ,ma non si può “lasciar passare ” le manovre impopolari di questo governo ..cosa si aspettava la Camusso che ,essendo una donna al ministero del lavoro ,avessimo la paga senza lavorare? o che fossero risolti tutti i problemi ? Cara Camusso ,continua pure a sognare

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Marco 9:55 am - 31st Dicembre:

Cosa accadrebbe se fosse trasformato in “misto” uno spogliatoio femminile? E perché a Natale gli uomini non vengono fatti entrare gratis, al pari delle donne?
@@@@@@

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_dicembre_30/terme-boom-donne-spogliatoi-1902699263385.shtml
il caso
Superaffollamento di donne alle Terme
Gli spogliatoi diventano misti
In quello femminile non c’è posto per tutte
«Per Natale a molte viene regalata una giornata alle terme»

MILANO – Pienone di donne nei giorni di festa alle Termemilano in Porta Romana. Per favorire l’accesso, come raccontato daLa Repubblica,la direzione ha deciso di far diventare «misto» lo spogliatoio maschile. Le donne, a cui normalmente già va il 65% degli ingressi, in questi giorni affollano in gran numero lo stabilimento di proprietà di Atm e gestito dalla catena Qc. L’ingresso per una giornata alle terme , spiegano a Termemilano, viene spesso regalato alle donne per Natale e questa è la ragione del boom di questi giorni. Nello spogliatoio maschile, diventato «misto» per questi giorni, un cartello spiega il cambiamento, tra divertimento, imbarazzi e qualche arrabbiatura.

Redazione Milano online30 dicembre 2011 | 14:19

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Andrea 11:14 am - 31st Dicembre:

Segnalo questo nuovo processo al genere maschile tutto.
http://27esimaora.corriere.it/articolo/stefania-uccisa-perche-donna/#comments_list

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Andrea 11:19 am - 31st Dicembre:

Un processo che i mass media e la massa si guardano bene dal fare nei confronti delle donne. Anzi, verso di loro vi è solidarietà e comprensione.
http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2010/04/24/facebook_vanessa_lo_porto_solidarieta.html

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Fabrizio Marchi 12:53 pm - 31st Dicembre:

L’omicidio di una donna da parte del marito è considerato un brutale assassinio a prescindere, indipendentemente dal contesto e dalle circostanze. Non solo, un simile gesto è normalmente interpretato come il risultato di una cultura maschilista che ridurrebbe le donne a oggetti, a “cose”, a “proprietà”. Ovvio quindi che se si considera un essere umano alla stregua di un oggetto (questa la filastrocca femminista) o come una proprietà personale , lo si può anche sopprimere, annullare.
Se tanto mi dà tanto, si potrebbe a questo punto applicare la regola di cui sopra anche al fenomeno dell’infanticidio. Le donne che uccidono i propri figli li considerano come oggetti, come una proprietà privata che si può annullare o sopprimere a piacimento. Del resto, non è forse vero che milioni di donne scelgono di sopprimere i propri figli quando ancora li hanno in pancia?
Naturalmente, come sapete, la mia posizione è ben diversa da quella di altri amici sulla questione dell’aborto (so di offrire una grande assist a Cesare ma non posso sottrarmi alla logica…).
Perciò, se tanto mi dà tanto, non dovremmo forse ammettere che l’infanticidio è anch’esso il risultato di una cultura che porta a considerare i figli come un oggetto di proprietà (della madre) e che quindi, di fatto, arma la mano della donna/madre infanticida?
Fabrizio

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Marco 8:03 pm - 31st Dicembre:

Io mi chiedo chi glielo faccia fare di sposarsi a questi attori pieni di soldi…
@@@@
http://www.tgcom24.mediaset.it/gossip/articoli/1032231/mel-gibson-il-divorzio-piu-costoso-della-storia.shtml

27/12/2011

Ad Hollywood può succedere davvero di tutto. E per una storia di coppia finita male con tanto di divorzio più costoso della storia, come per Mel Gibson, c’è n’è anche una sul punto di finire bene, come quella tra Arnold Schwarzenegger e Maria Shriver. La moglie dell’ex governatore della California infatti potrebbe essere intenzionata a rinunciare al divorzio.

Non ci rinuncerà invece Robyn Moore, ex moglie di Mel Gibson e madre dei suoi sette figli, che riceverà metà della fortuna dell’attore, stimata attorno agli 850 milioni di dollari. E’ quanto previsto nella sentenza di divorzio pronunciata lo scorso 23 dicembre dalla Corte Suprema di Los Angeles.

La coppia, che si è sposata nel 1980, non aveva siglato alcun accordo prematrimoniale; la corte ha quindi stabilito che la Moore può pretendere la metà dei compensi ottenuti dall’ex consorte per tutti gli anni in cui i due sono stati sposati. La fortuna di Mel Gibson include le proprietà dell’attore sparse in tutto il mondo – comprese Isole Fijii e Costa Rica – per un valore totale di 100 milioni di dollari e i compensi per i suoi film, come quello per “The Passion”, che ha incassato nel 2004 oltre 600 milioni di dollari al botteghino.

Questa “tegola” è l’ennesima che cade sulla testa di Gibson negli ultimi anni, che va a sommarsi al recente arresto per violenza domestica alla seconda ex moglie Oksana Grigorieva.

Anche a Maria Shriver, nipote dell’ex presidente John F. Kennedy, spetterebbe una ingente somma di denaro e di beni nel caso di divorzio dall’ex “Terminator”, ma la donna starebbe rivalutando la sua decisione di divorziare dall’attore repubblicano. Lo riferisce il tabloid Usa, New York Post, secondo il quale la 56enne giornalista, sposata per 25 anni e che ha avuto 4 figli con Schwarzy, ci starebbe ripensando. A spingere la Shriver sarebbero sia le sue convinzioni religiose, lei è cattolica, sia il comportamento di Schwarzenegger, da cui a luglio ha chiesto il divorzio dopo che venne alla luce che aveva avuto un figlio da una delle loro cameriere. L’ex attore avrebbe adottato una tattica estremamente efficace per riconquistarla.

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Andrea 2:12 pm - 1st Gennaio:

Leggete il post di questo membro di maschile plurale.
Da far cadere le palle.
>>
http://27esimaora.corriere.it/articolo/stefania-uccisa-perche-donna/#comments_list
Lettera aperta a Stefania, a Lea, agli uomini interessati
31.12 | 20:03 Alessio Miceli
Cara Stefania, che hai mostrato una mente forte ed un cuore generoso nelle parole che ci hai lasciato;
cara Lea, che ci dai un’altra occasione di discussione di spessore;
voglio dirvi che leggere alcuni commenti maschili, che seguono al post di Lea sull’uccisione di Stefania, è molto istruttivo.
Ecco in sintesi, e in ordine di apparizione, le idee espresse nei commenti che più mi hanno colpito (e in cui immediatamente l’uccisione di Stefania sparisce, per diventare sempre un altro il problema: prevalentemente le donne!… o la società , il crimine, la follia…):
1) “Il problema sono le reti criminali (di cui fanno parte anche donne)”
2) “Le donne, nel 2011 in Italia, hanno accoltellato qualcuno (soprattutto uomini) un giorno sì e un giorno no e hanno ucciso 30/40 neonati”
3) “L’impegno di Stefania Noce è un atto d’accusa contro le donne indifferenti alle discriminazioni di genere…;
ma forse il problema della violenza sulle donne fotografato dall’Istat (ricerca del 2006) è dato dalla società disgregata del Nord, rispetto a quela del Sud…;
anzi no, l’indagine dell’Istat è fatta apposta contro gli uomini, commissionata per creare allarme sociale e scientificamenteb infondata… come dice in allegato Fabio Nestola (n.d.r. – presidente Associazione “Ex”, cioè espressione della galassia dei padri separati)”
4) “Il problema sono le donne, che fanno le libere, le indipendenti, le emancipate, ma poi vogliono sempre l’uomo forte…”
5) “Le donne dovrebbero sottolineare i disturbi della personalità degli autori di violenza (n.d.r. non la ordinaria follia, la triste normalità della violenza contro le donne)…”
Allora non sto qui adesso a commentare, credo che questa lettura un po’ trasversale sia già l’inizio di un lungo commento da fare tra noi uomini (oltre che con le donne).
Dico solo che abbiamo ancora tanto, tanto da fare come uomini…
Ma dico anche che qualcuno sta anche già facendo qualcosa, PER UNA NUOVA CIVILTA’ DELLE RELAZIONI TRA UOMINI E DONNE (vedi per esempio l’Appello uomini di Maschile Plurale: “La violenza contro le donne ci riguarda. Prendiamo la parola e l’impegno come uomini”, in http://www.maschileplurale.it ).
Ed è questo anche il mio augurio per il nuovo anno.
Ciao Lea, ciao Stefania.
Alessio Miceli – un uomo
(associazione nazionale Maschile Plurale)
>>
http://www.youtube.com/watch?v=huEI4wKQadg

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Luigi Corvaglia 5:20 pm - 1st Gennaio:

E meno male che non ha letto il mio di intervento. Di oggi.
……………………………………………………………………
Non commento
01.01 | 11:56 Luigi Corvaglia
Alle speculazioni non partecipo.

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armando 5:57 pm - 1st Gennaio:

Ineccepibile, Fabrizio!
E voglio vedere se qualcuno prova, e come, a rovesciare questa logica ferrea.
Armando

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cesare 12:13 pm - 2nd Gennaio:

OK Fabrizio eccomi inesorabile sul tuo assist:
cinquemilioni e mezzo di aborti, ad oggi dall’entrata in vigore della legge, fanno dell’aborto non più il rimedio cui ricorrere in casi rarissimi, conseguenti a circostanze drammatiche, come previsto dallo spirito della “194” (Tanto più oggi che ogni donna è nella totale libertà di non concepire). Cinquemiloni e mezzo di aborti, non sono più un aborto, più un aborto, più un aborto, e così via per cinquemilioni e mezzo di volte: oggi siamo di fronte a ciò che non si può chiamare con altro nome che sterminio; sterminio oltretutto dei propri figli. A mio avviso questo sterminio nasce per il lato maschile, dal tradimento che il maschile ha operato nei confronti della propria maschilità e paternità. In parte poi è sostanziato dall’ adesione regressiva e irresponsabile al comando fondamentale interno alla ideologia femminista e rivolto ai maschi: fate un passo indietro. Mai passo indietro fu più distruttivo per chi lo ha compiuto e per altri milioni di umani: terribili le conseguenze demografiche. Ma le conseguenze sono anche nel profondo, là dove davvero la partita si decide: chi nega l’anima (ovvero il valore di significato assoluto, senza limiti) all’altro e, nel caso di aborto, nega l’anima a colui che ha chiamato alla vita, nega l’anima anche a se stesso. La prima conseguenza è che deve poi arrampicarsi sui vetri per stabilire come, quando e perchè l’uomo “diventa un valore” intangibile. Imboccata questa strada, diventerà logica conseguenza inventarsi anche fin quando l’uomo “mantiene il valore” per cui non può essere eliminato. Gran brutti labirinti del pensiero che spesso si sviluppa nel cervello e nel cuore di chi ha il potere e cade nel delirio di onnipotenza. E il rimosso torna fuori: i termini delle accuse che le donne rivolgono ai maschi, come si è notato nei post precedenti, potrebbero essere gli stessi che i figli abortiti, fosse data loro voce, potrebbero pronunciare contro chi li ha considerati oggetti di proprietà e passibili di ogni violenza. Peggio degli schiavi di un tempo.

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Saturno 1:15 pm - 2nd Gennaio:

Io sulla questione dell’ aborto la penso
diversamente. Penso che la legge 194
sia stata una grande conquista di
civiltà. Non è giusto portare avanti una
gravidanza indesiderata. Una donna incinta
perchè violentata ha il diritto di abortire.
Quando ci sono rischi per la salute della
donna, sia fisica che psichica, si deve
abortire. Quando si sospetta che il feto
sia malformato o malato si deve abortire.
Ma ci sono anche situazioni di disagio
familiare ed economico che possono
portare alla dolorsa necessità dell’ aborto.
Le statistiche sui 5 milioni e mezzo di
aborti sono gonfiate a dismisura dalla
propaganda clericale. E’ ingenuo
cascarci.

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armando 2:28 pm - 2nd Gennaio:

Cesare: “La prima conseguenza è che deve poi arrampicarsi sui vetri per stabilire come, quando e perchè l’uomo “diventa un valore” intangibile. Imboccata questa strada, diventerà logica conseguenza inventarsi anche fin quando l’uomo “mantiene il valore” per cui non può essere eliminato.”
Questa è, infatti, la conseguenza, proiettata nel tempo, più devastante. Quella che potrebbe, anzi potrà sicuramente, mettere la vita di tutti nelle mani di chi ha il potere e la possibilità di indirizzare il sentire comune sociale. Pensiamo alla potenza dei media nel determinare l’opinione media e pensiamo, ad esempio, ad una campagna massiccia sul “dovere” sociale di eliminare gli storpi, gli “inutili”, i dementi, coloro insomma che non raggiungeranno certo standards indicati da un pool di esperti e propagandati dai media come “normali” e giusti. Formalmente la decisione sarebbe lasciata, chessò, ai familiari, ma nella sostanza quella decisione sarebbe originata altrove. Guardate che è già accaduto, nella Germania nazista mentre nelle Svezia socialdemocratica, invece, si praticava la sterilizzazione forzata dei soggetti “inadatti”. Non era la stessa cosa, ma entrambe erano ispirate allo stesso principio eugenetico. E poco importa se formalmente la decisione era forzata dallo Stato o “autonoma” delle famiglie. Lo scenario che ho tratteggiata non è immediato, lo so, ma quando si è rotto un principio simbolico la strada è quella, e prima o poi sarà imboccata con decisione. Già si vedono alcune avvisaglie a stento mascherate dietro principi umanitari falsi.
C’è da riflettere in profondità.
Quanto alle cifre sull’aborto i cinque milioni e mezzo dall’entrata in vigore della 194 sono reali e ufifciali, ottenuti dalla somma degli aborti praticati da allora nelle strutture pubbliche e certificati dal ministero della salute. Quindi, semmai, sono cifre per difetto. detto questo, i casi citati da Saturno, violenza etc. sono casi particolari e di diverso valore l’uno dal’altro, da considerare certamente ma che non possono costituire la base su cui legiferare. Sul loro diverso valore faccio solo un esempio. Una cosa è il pericolo di vita della madre, una cosa la così detta salute psichica nella quale rientra anche una mancata promozione sul lavoro oppure l’impossibilità, chessò, a farsi una già programmata lunga vacanza. Non se ne esce, o si afferma un principio simbolico forte e poi si considerano tutte le dovute eccezioni, oppure, se quel principio viene infranto, si scivola lungo una china al termine della quale c’è la società meno basata sui principi della solidarietà e della difesa del più debole (feto, disabile etc. etc), che l’uomo, nella sua hibris di onnipotenza, abbia mai concepito. E allora, in una società come quella, a chi volete che importi veramente se un sacco di persone rimane senza futuro, senza casa, senza lavoro etc. etc, ?

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armando 2:34 pm - 2nd Gennaio:

Aggiungo solo, a proprosito di cifre gonfiate, che quelle gonfiate per davvero lo furono al tempo della 194, quando si leggeva sui giornali (Espresso, ad esempio) di 1,5/ 3 milioni (MILIONI) di aborti clandestini OGNI ANNO, e quando quelle cifre, palesemente false, erano riprese anche in relazioni ed interventi parlamentari. Nessuna propaganda clericale ha saputo fare di meglio. Questo per la verità. Poi, ovviamente, ognuno ha l’opinione che crede coi suoi argomenti.

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Rino 5:49 pm - 2nd Gennaio:

Le cifre sono quelle. Del resto se l’aborto è OK, che importanza ha il numero degli aborti?

>>
Non è giusto portare avanti una
gravidanza indesiderata.
>>
Questa è cosa del tutto diversa dalle seguenti:
>>
Una donna incinta
perchè violentata ha il diritto di abortire.
Quando ci sono rischi per la salute della
donna, sia fisica
>>
La salute fisica è diversa da quella psichica, perché la prima è (in sostanza) oggettiva mentre la seconda è opinabilissima e raccontabile soggettivamente.

>>
Quando si sospetta che il feto
sia malformato o malato si deve abortire.
>>
Questa motivazione è ancora diversa dalle altre ed ha tutt’altra valenza politico-morale.

>>
Ma ci sono anche situazioni di disagio
familiare ed economico che possono
portare alla dolorsa necessità dell’ aborto.
>>
E questa è motivazione ancora diversa.

In sintesi, l’aborto di necessità è del tutto minoritario ma viene usato per giustificare ogni aborto.

>>
Non è giusto portare avanti una
gravidanza indesiderata.
>>

Appunto, qui è il desiderio che conta, il resto sono scuse. Ovviamente una società dove il desiderio sia legge suprema non può reggere. Infatti ancora regge perché gli uomini si fanno carico di ciò che non piace. Del dovere. Compreso l’ambito della paternità, dove subiscono paternità imposte (e paternità sottratte) a prescindere dai loro desideri, dalle loro condizioni economiche, dalle conseguenze psicologiche etc.
Come deve essere. Ma vale solo per loro, questo è il punto.
“La sola legge è il desiderio” è uno slogan vergognoso (=”L’egoismo è la sola legge!”), un dogma aberrante che però regge.
Ma regge unicamente perché non vale per tutti ma solo per mezzo mondo che può permettersi di scegliere perché l’altra metà non sceglie, subisce.
Per questo il diritto maschile all’aborto non esiste in nessun luogo ed il proporlo suona apocalittico: salterebbe per aria tutto.
Infatti.

RDV

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cesare 5:56 pm - 2nd Gennaio:

Saturno, mi fai in amicizia una cortesia? mi indichi tu la fonte che ritieni autorevole e quindi certa sui dati degli aborti effettuati in strutture pubbliche secondo la 194 in Italia da quando la 194 è in vigore? Te lo chiedo perchè, come mi batto per la verità dei dati statistici forniti per sempio sulle violenze alle donne, non intendo fare eccezioni per la verità sui dati degli aborti: non voglio assolutamente anch’io a dare i numeri pro domo mia. Dunque, per cortesia: indicami la fonte di dati veritieri sull’aborto.

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Fabrizio Marchi 6:59 pm - 2nd Gennaio:

Insomma ragazzi, mi fate lavorare…smile E va bè, sapevo che avrei dato l’assist a Cesare e che Armando sarebbe arrivato di rinforzo, come sapevo ovviamente che altri avrebbero espresso posizioni diverse dalle loro, come è giusto che sia.
La premessa, per evitare equivoci e fraintendimenti (non tanto interni quando esterni) è che la posizione ufficiale del Movimento degli Uomini Beta relativamente all’aborto è quella tratteggiata nell’articolo a mia firma dal titolo”Aborto: questione politica e non solo etica”, nello spazio degli articoli.
La scelta del titolo dell’articolo non è casuale. Siamo di fronte ad una di quelle questioni (come l’eutanasia o altre di questo genere e portata…) che vedono la compresenza di una serie di elementi di ordine etico, religioso, estremamente soggettivi, che rimandano al foro interiore e alle sensibilità di ciascuno e sulle quali è impossibile addivenire ad una posizione comune e condivisa.
Ciò detto, Il fatto che si scelga di collocarsi su di una posizione politica definita (che è quella che abbiamo assunto), non significa che la questione, proprio per la compresenza di istanze così diverse e anche contraddittorie, a mio parere, non rimanga aperta. Né potrebbe essere altrimenti. Ripeto, per quanto mi riguarda, è un nodo estremamente difficile da sciogliere in via definitiva e credo che lo sia per tantissimi e tantissime, anche fra coloro che hanno sostenuto la necessità di legalizzare l’aborto (come il sottoscritto).
Ecco, io partirei, se volete empiricamente, proprio da questo concetto, quello cioè di necessità. Una cosa è certa. La lotta per la legalizzazione dell’aborto (per lo meno alle origini) non nasce in quanto diritto di libertà, quanto come dolorosa risposta ad uno stato di necessità (altrettanto doloroso) dato da condizioni oggettive, cioè dalla povertà, dalla miseria, dalle condizioni di enorme difficoltà sociale che spingevano molte donne ad abortire clandestinamente in condizioni disumane, spesso perdendo la vita o restando gravemente offese da un punto di vista fisico e psicologico, alla tragedia di quelle famiglie che in uno stato di indigenza e di ignoranza “sfornavano” figli a ripetizione che non sapevano come mantenere e che spesso non desideravano. E noi sappiamo che la maternità, come la paternità, devono essere fortemente volute, desiderate, e non imposte, direttamente o indirettamente. E su questo non ci piove. Eppure è proprio qui, in questo crocevia, dove cioè dallo stato di necessità si passa al concetto di libertà (che però non può essere totalmente disgiunto dalle considerazioni di cui sopra) che il discorso comincia a farsi complicato, soluzione politica a parte (la politica serve anche a questo…)
La necessità di legalizzare l’aborto nasce dunque da quelle condizioni e con quelle premesse. Dove termina a questo punto lo stato di necessità e dove comincia la libertà? Difficile stabilirlo. E’ evidente che quelle condizioni testè descritte sembrano oggi non sussistere più e che il problema può essere affrontato e in larga parte risolto attraverso una politica di informazione, prevenzione e contraccezione. Tuttavia molte donne continuano ad abortire e non credo, peraltro, che tutte lo facciano a cuor leggero. Un aborto è sempre un intervento invasivo soprattutto, se non quasi esclusivamente (ormai), dal punto di vista psicologico. Ho conosciuto diverse donne (tutte abortiste convinte) che hanno a loro volta scelto di abortire e nessuna di loro lo ha fatto serenamente, come fosse una passeggiata, nonostante al giorno d’oggi togliere una ciste sia forse più complicato da un punto di vista clinico. E allora? Perché questa apprensione, quest’ansia, questa difficoltà psicologica, questa riluttanza anche ad affrontare successivamente l’argomento? Perchè questa esperienza viene comunque vissuta con un certa dose di disagio? In fondo, da un certo punto di vista, è una piccolissima operazione come tante, non dovrebbe costituire nessun problema da un punto di vista psicologico. Forse perché (non posso affermarlo con certezza perché non sono una donna e non vivo emotivamente il problema, le nostre amiche Rita e Dia possono darci una mano in tal senso), nonostante tutto, le donne stesse attribuiscono all’aborto (e quindi alla interruzione della gravidanza) che loro stesse nella grande maggioranza hanno voluto un significato particolare. Questo significherà pure qualcosa. O no?
E qui nasce un’altra interminabile discussione, e cioè quando, se e a che punto l’embrione può essere considerato come una vita a tutto tondo oppure no. E non entro volutamente nel merito (anche se sono perfettamente consapevole che per molti questo è il nodo fondamentale né potrebbe essere altrimenti) perché se non si è addivenuti ad una posizione condivisa in trent’anni di dibattito, figuriamoci se possiamo riuscirci noi. Il che non significa che la discussione sia sterile, inutile o priva di senso, sia chiaro. Ciò vale anche e soprattutto per coloro che ritengono che l’embrione sia comunque una forma di vita da proteggere e salvaguardare e che debba di conseguenza godere di tutti quei diritti di cui gode una vita umana pienamente formata, primo fra tutti, ovviamente il diritto alla vita.
A fronte di questo, è stato quasi contrapposto (forse proprio questo è uno dei nodi difficili da sciogliere, per lo meno per come la vedo io), quasi in termini antagonistici, il diritto delle donne a decidere in piena e totale autonomia e libertà della propria vita Come la mettiamo? Questione assai complessa. I figli non sono certo di loro esclusiva proprietà, dal momento che (per lo meno fino ad ora, sul futuro nutro seri dubbi) anche gli uomini danno un contributo decisivo in tal senso, però non c’è dubbio che le donne, sotto questo aspetto, siano il “veicolo” (mi si passi la brutalità del termine, ci capiamo…) principale e fondamentale al punto che anche lo Spirito Santo, per chi ci crede (non sto facendo dell’ironia, il tema è troppo serio per farla…) è dovuto passare per il corpo (e la psiche) di una donna per mettere al mondo la Sua Creatura. Se non altro tutto ciò avrà un valore simbolico. O no?
E se una donna quel principio di vita che ha in grembo proprio non lo vuole, non lo sente suo, non lo desidera, perché magari è stato solo l’errore di una sera, o perché era sbronza, o per qualsiasi altra disparata ragione, cosa deve fare? Deve pagare per tutta la vita per l’”errore” di una sera?
E ancora. Invertendo le parti, quanti uomini sono rimasti “fottuti” e hanno pagato con la vita l’”entusiasmo” di un momento di estasi erotica (e di inesperienza)? Come la mettiamo? Le donne possono decidere sulla maternità e gli uomini non possono avere lo stesso simmetrico diritto (sulla paternità)? Quante donne hanno utilizzato l’arma della gravidanza per “incastrare”, come si soleva e si suol dire, un uomo?
Questioni estremamente complesse sulle quali, in parte, devo essere onesto, soluzione politica a parte, credo sia molto difficile avere idee chiare e definitive. Credo, per la verità, che anche la famosa legge sull’aborto non sia nata con la pretesa di sciogliere questo nodo ma solo di offrire una risposta possibile, concreta e anche politica ad una questione che comunque sarebbe rimasta irrisolta (da un punto di vista etico, ideologico o religioso).
Per concludere, senza mescolare il diavolo con l’acqua santa, però mi viene in mente una riflessione. Io sono evidentemente contrario alla mercificazione sessuale in tutte le sue forme. Mi sembra evidente e non sto neanche a spiegarne le ragioni. Tuttavia sono al contempo un convinto sostenitore della necessità della legalizzazione della prostituzione. Ne ho spiegato anche le ragioni in altri articoli. E’ un paradosso? Solo apparentemente. Ecco, credo che forse questo possa essere (e secondo me è) il metro da utilizzare anche sulla questione aborto.
Fabrizio

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Rino 7:21 pm - 2nd Gennaio:

In filosofia è imbarazzante usare il pronome “io”.
Tuttavia, a fini di chiarezza, lo faccio.
Io non ho mai detto nulla sulla questione se il nascituro sia una persona, una cosa, un grumo di cellule o che altro. Non perché non ne abbia una opinione, ma perché miro sempre a denunciare la mistificazione delle giustificazioni, la somma delle contraddizioni etc. etc. interne al racconto femminista sul tema aborto.
Che si tratti di un grumo di cellule o di una persona è tema rilevantissimo, ovviamente, ma diverso da quello cui mi riferisco (qui e altrove oggi come sempre).
1-il carattere manipolatorio del racconto femminista sul tema.
2-l’asimmetria della posizione di F e di M nella realtà effettuale relativamente ai diritti riproduttivi.
.
Ci tengo a precisarlo.
.
RDV

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Rita 7:27 pm - 2nd Gennaio:

“Ecco, io partirei, se volete empiricamente, proprio da questo concetto, quello cioè di necessità. Una cosa è certa. La lotta per la legalizzazione dell’aborto (per lo meno alle origini) non nasce in quanto diritto di libertà, quanto come dolorosa risposta ad uno stato di necessità (altrettanto doloroso) dato da condizioni oggettive, cioè dalla povertà, dalla miseria, dalle condizioni di enorme difficoltà sociale”

Condivido questo punto: non è una tematica facile la questione aborto. “Prima” (intendo quando era illegale) il rischio di morire per la donna era alto, e però forse, mi viene da dire che era una decisione condivisa, se la donna era in contatto col padre, o comunque una decisione data dal rifiuto della paternità.

Io ricordo che nel vecchio forum, a un certo punto venne lanciata l’idea di “aborto mancato”. Il senso era che ognuno di noi era un aborto mancato, perchè le nostri madri potevano decidere di sopprimerci prima di nascere. Fu una cosa che mi toccò particolarmente, perchè mio padre, (che è morto vent’anni fa ed era nato nel 1920) era davvero un aborto mancato: era il quinto figlio di contadini e sua madre tentò di abortire (coi mezzi di allora, prendendo intrugli e strane erbe che avrebbe dovuto provocare l’espulsione del feto). Lui nacque lo stesso, (il fratellino dopo di lui invece venne abortito nascendo prematuro a causa di questi fatali “faidatè). Era una cosa di cui andava orgoglioso in un certo modo (perchè si sentiva un “duro” nato contro tutto e contro tutti), ma nonostante questa apparenza “durezza” di scorza, so (e ne ho avuto la conferma dopo la sua morte da mio zio) che ha sofferto tutta la vita il rifiuto della madre.

Per questo, sono convinta che la legalizzazione dell’aborto fosse, in qualche modo, necessaria: l’unico modo per evitarlo è agire sulla prevenzione da un lato e su strade che possono dare vie di fuga a chi non vuole avere questo bambino (penso ad esempio ad adozioni, alla possibilità che il padre, se vuole questo figlio, abbia la possibilità di dire la sua ed eventualmente abbia un supporto legislativo nel caso se ne voglia far carico)

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Saturno 7:53 pm - 2nd Gennaio:

Bè, mi riconosco in quest’ ultimo
commento di Fabrizio. Mi ricordo,
anche se ero ragazzino, del
referendum sull’ aborto del 1981.
E mi ricordo Berlinguer a Lamporecchio,
il quale diceva che di aborti ce ne sono
sempre stati e la legge serviva appunto
per eliminare la piaga dell’ aborto
clandestino, che ogni anno costava la
vita a diverse donne. E diceva anche che
l’ aborto, per chi vi ricorreva, era sempre
una scelta molto dolorosa. Ecco, mi
sembra che Fabrizio abbia in parte
ricordato queste parole di Berlinguer.
E’ necessario che l’ aborto sia legale
anche per non creare complicazioni
inutili in caso di aborto terapeutico,
quando l’ aborto serve per salvare la
vita della donna o per evitare la nascita
di un individuo infelice. Io penso che
sia giusto, in questo caso, che la donna
abbia maggiore potere di decisione
dell’ uomo, perchè è lei che porta il
peso maggiore. E non mi hanno convinto
mai coloro che sostengono i diritti del feto;
la legge impone già che l’ aborto si possa
fare solo nei primi tempi della gravidanza,
quando il feto è soltanto un globo ancora
informe di cellule. E ho notato che coloro
che si sbracciano le vesti per i feti non
sono minimamente interessati alla sorte
di chi è già nato. Meglio essere abortiti che
essere uccisi dopo nati. Io stesso a volte
ho desiderato che mia madre mi avesse
abortito, o che i miei non mi avessero mai
concepito. E questo nonostante che siano
stati dei genitori estremamente amorevoli,
così tanto da aver sofferto per il dislivello
tra ambiente familiare ed ambiente esterno….
Per quanto riguarda la domanda di Cesare,
non ho preso i dati da nessuna fonte. Ho solo
frainteso, pensando a 5 milioni di aborti l’ anno,
cosa in effetti ridicola da pensare, lo ammetto……
ultimamente sono un pò giù. 5 milioni dal 1978
a oggi sono invece plausibili. Ma sempre meglio
così che se fossero stati clandestini.

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armando 9:51 pm - 2nd Gennaio:

Effettivamente la questione aborto è complessa ed effettivamente ci sono situazioni non giudicabili rigidamente e astrattamente. In ogni paese, per fare un esempio, la legge proibisce l’omicidio, salvo non condannare chi ha ucciso in particolari circostanze. In tal modo viene salvaguardato il principio e con esso ci si mette al riparo da derive che tutti vedono quanto sarebbero pericolose. Credo che l’aborto andrebbe trattato in modo analogo, come del resto mi sembra si faccia in Germania: Affermare un principio di verità senza rendere quel principio rigido, astratto e in definitiva inumano.

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armando 10:45 pm - 2nd Gennaio:

Non voglio insistere troppo su questa spinosa questione, e quindi con questa mail mi fermo. Tuttavia credo sia utile sfatare alcuni miti costruiti e soprattutto usati per tacitare chi, sul tema, la pensa controcorrente. Uno di questi miti a cui è quasi obbligo credere è che l’aborto sia sempre e comunque un dramma. Sono illuminanti queste parole di Angela Azzaro su Liberazione del 10 febbraio 2008 nell’articolo “Io ridico: l’aborto non è un dramma”:
“Ma così non si rischia di dare ragione a Giuliano Ferrara che ha definito l’aborto omicidio perfetto? Perché o l’embrione è vita e allora ha ragione lui, oppure si riconosce che non c’è vita senza la relazione tra la madre e il figlio, senza il progetto, la scelta della donna, e allora dire che è un dramma è pericoloso o connivente”.
Il salto di qualità rappresentato da questa visione è decisivo. Infatti, quando si sostiene che deve prevalere il diritto all’autodeterminazione della donna rispetto al diritto del bambino a nascere, si afferma comunque che esistono due diritti in conflitto fra loro. Si fa una scelta fra di essi (per me discutibile perchè attribuisce ad una persona il diritto di vita o di morte di un altro essere umano), ma non si nega che un feto è vita umana, unica e irripetibile. Le parole dell’Azzaro vanno invece ancora più alla radice. La vita esisterebbe alla sua origine solo perchè la
donna/madre la riconosce per tale, con ciò attribuendole in linea teorica il potere
di decretare la fine dell’umanità, come avverrebbe se improvvisamente tutte le donne decidessero che ciò che hanno in grembo è solo una cosa asportabile senza drammi. So bene che è una possibilità solo teorica, ma ha un significato simbolico enorme, che non deve essere trascurato.
E’ la madre che decide non più se la vita che ha in grembo è degna di vivere, ma addirittura cosa è vita e cosa non lo è.
Millenni di storia in cui l’umanità ha faticosamente cercato delle verità oggettive, nelle religioni, nella scienza, nella filosofia, che una volta tradotte in leggi condivise potessero costituire il tessuto connettivo del suo vivere sociale, sono azzerati di colpo. Non che l’umanità sia riuscita a trovare risposte definitive e per tutti valide, anzi è spesso incorsa in errori, tuttavia il senso e la direzione dello sforzo sono sempre stati chiari e condivisi. E’ questo il senso ultimo della cultura umana, la ricerca di senso. Nulla di tutto ciò sarebbe ancora valido. Lasciare ad una qualsiasi soggettività, femminile o maschile che sia, la facoltà di decidere una cosa di importanza senza pari come il concetto di vita umana, ha implicazioni incalcolabili perché ne muta la nostra percezione, perché elimina alla radice la possibilità pensare una verità oggettiva anche in qualsiasi altro campo dell’agire umano, perché, infine, eleva un genere (in questo caso il femminile), o una persona (la donna, anzi quella donna) fino all’altezza creatrice di Dio. Un dio, fra l’altro, del tutto imprescrutabile, inafferrabile nel senso delle sue decisioni, e dunque di carattere dispotico e volubile.
Ancora, Saturno (te lo dico amichevolmente), come fai a sostenere con tanta leggerezza che chi è contro l’aborto se ne frega dei già nati? Non credi di offendere coloro che, e sono tanti, invece lavorano vi si dedicano con altrettanta passione e impegno?
Che l’aborto, in determinate circostanza, sia non punibile è una cosa, che sia affermato nei fatti come un diritto insindacabile della donna è tutt’altro. occorre sforzarsi di capire che non è una questione di lana caprina o una sottigliezza sofistica.
Infine sul concetto di infelicità, altro argomento pro-aborto. Ma chi autorizza chi a decidere che quel bambino sarà destinato all’infelicità è quindi è meglio per lui eliminarlo prima? E’ un altro esempio di china scivolosissima. Prima o poi qualcuno ci dirà che è giusto eliminare il malato di Alzhaimer per il bene dello stesso malato infelice, oppure che genitori poverissimi non dovrebbero avere il diritto di mettere al mondo dei figli condannati alla povertà e all’infelicità (una cosa del genere la sosteneva già Maltus molti tempo addietro). Dov’è il confine oggettivo fra essere felici o infelici? Chi può avere il diritto di tracciarlo per conto altrui?
E con ciò mi fermo.
armando

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Fabio 12:13 am - 3rd Gennaio:

Dov’è il confine oggettivo fra essere felici o infelici? Chi può avere il diritto di tracciarlo per conto altrui? [Armando]
°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Il confine è fra l’essere delle persone normali e non.
Io, ad esempio, ho quasi 39 anni, non sono sposato né ho dei figli (né mai mi sposerò né mai avrò dei figli), ma se per ipotesi fossi venuto a conoscenza di dover diventare padre di un figlio portatore di handicap o di qualche grave malattia, genetica e non, avrei preferito l’aborto, perché già è difficile stare al mondo per i fisicamente e mentalmente sani come noi, figuriamoci per chi nasce menomato. No, Armando, io non faccio parte di coloro che considerano sacra la vita. Non c’è niente di sacro in tutto ciò. La vita è solo un breve, doloroso passaggio, con brevi intermezzi di serenità e a volte di effimera felicità. Niente di più niente di meno.

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Fabrizio Marchi 12:59 am - 3rd Gennaio:

Armando, non si tratta di insistere o meno sull’argomento. Si tratta solo di capire che su questa questione è impossibile addivenire ad una soluzione condivisa. E’ evidente. Bisognerebbe dedicare un sito-blog solo a discutere di aborto, e sono convinto che dopo dieci anni saremmo da capo a dodici. Come vedi ogniqualvolta si affronta tale questione ci si rende conto dopo poco non solo della sua estrema complessità ma anche e soprattutto dell’impossibilità di conciliare tanti aspetti che contengono ciascuno degli elementi di plausibilità, per lo meno dal mio punto di vista (molto meno da tuo, è ovvio). Questo è il punto vero che rende tale questione affrontabile in termini pratici,solo da un punto di vista politico (e infatti in tal modo è stata in ultima analisi affrontata).
Anche nel tuo ultimo intervento, che pure è in parte condivisibile nello spirito che lo anima, non puoi fare a meno di eludere quella intrinseca e strutturale conflittualità rispetto alla quale tu stesso scegli di far prevalere una delle polarità in campo. Ma questa è una scelta soggettiva (come tutte le scelte, sia chiaro, non credo nella possibilità di una verità oggettiva universale pur credendo nella possibilità della ricerca di una verità filosofica che, da sostenitore della dialettica e della parzialità, non pretendo possa essere universalmente riconosciuta), non oggettiva, quella che appunto tu stesso scegli di privilegiare. Anche tu di fatto (non è una critica, sia chiaro, è solo una constatazione) non riesci a sciogliere il nodo, per quanto possa sforzarti, ma rimani all’interno di quella dialettica di cui sopra schierandoti a favore di un diritto (quello dell’embrione, che tu consideri una vita alla stessa stregua di una persona) piuttosto che di un altro (quello dell’autonomia e dell’autodeterminazione della persona, in questo caso ovviamente della donna). Tu fai una scelta di campo (lecita, sia chiaro, ma tale è) sulla scorta di una sorta di gerarchia (passami la semplificazione…) che tu operi e che puoi fare perché hai come presupposto il fatto che l’embrione sia una vita umana a tutto tondo e che conseguentemente la decisione di sopprimerlo equivalga ad un omicidio. Ma proprio questo è il nodo sul quale, come sai, si sono confrontati, scontrati e divisi per decenni laici, cattolici, credenti e non credenti. E tuttora rimane questo, deliri ideologici a parte (e volontà di potenza e di illimitatezza) della Azzaro e delle femministe che arrivano addirittura al punto di bypassare questa questione sostenendo che una vita esiste solo nel momento in cui viene riconosciuta come tale all’interno della relazione madre-concepito (peraltro in modo unilaterale, perché è implicito ma come tu stesso hai evidenziato, anche esplicito, che questo riconoscimento, secondo questo modo di vedere le cose, deve avvenire da parte della donna-madre). Ma non è certo questa aberrazione e deformazione delle cose il punto vero, anche se ovviamente ha avuto la sua influenza e il suo potere di condizionamento. Se infatti si fosse addivenuti al convincimento (da parte della comunità tutta, intendo) che l’embrione è una vita a tutti gli effetti, il paradigma della Azzaro non avrebbe potuto attecchire e forse neanche essere concepito. Ma non si sarebbe neanche posto il problema dell’aborto che a quel punto sarebbe stato considerato come un omicidio, niente più e niente meno, anche indipendentemente dalle condizioni e dal contesto che lo determinano.
Ora, io credo che sia proprio questo il punto. E cioè finchè la discussione si svolgerà su questi binari (aborto=omicidio da una parte, aborto= autonomia assoluta della donna dall’altra svincolata da qualsiasi altra istanza che non sia la legge del desiderio, quindi di fatto volontà di potenza) non si farà un passo in avanti che è uno.
Questo per ribadire che, quando insisto nel dire che la questione è complessa, non lo faccio per eludere la discussione ma solo perché sono consapevole che in questa vicenda entrano in ballo tali e tanti di quegli elementi (ciascuno munito di una sua plausibilità) che rendono a mio parere impossibile schierarsi in modo netto da una parte o dall’altra (non sto parlando da un punto di vista politico ma etico o ideale). A meno che, come ripeto, non si faccia una scelta di campo (che è però soggettiva, non dimentichiamolo, o tutt’al più dettata da ragioni ideologiche o religiose) partendo da presupposti dati, che sono quelli che ho spiegato e che si catalizzano nelle due storiche posizioni (abortisti tout court da una parte e antiabortisti altrettanto tout court dall’altra). A mio parere c’è il rischio di una sorta di cristallizzazione ideologica di queste due posizioni che di certo non favorisce una riflessione equilibrata e lucida su una questione che, come ripeto per l’ennesima volta, a meno di forzature, non può essere sciolta in via definitiva.
Fabrizio

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cesare 11:01 am - 3rd Gennaio:

Fabrizio è giusto non temere di portare alla coscienza maschile temi “scottanti” ed è giusto, come dici, affrontare questioni complesse. Naturalmente a patto che nessuno “entri in guerra” per convincere nessuno.Tra l’altro è un tema scottante sì, ma uno fra i tanti. E il contrario, ovvero non affrontarli, a che ci porterebbe? Resta comunque la necessità, alla Preve, (http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DrW3SXnxfUwE%26feature%3Dshare&h=JAQGo1kZeAQGJcx8_g1o3qX0WAwbQXWTtrAnocrgQ-c4Aiw) di una valutazione qualitativa della Totalità, ovvero la necessità della verità.O no?
In ogni caso se questa discussione serve anche solo ad evidenziare la complessità del tema e ad emanciparlo dagli slogan, allora credo si possa dire che parlarne, in modo intelligente , maturo e costruttivo, come stiamo facendo, serva a creare in primo luogo coscienze maschili che in merito nientedimeno che al rapporto tra maschile e vita nascente, e al tema fondamentale, ad esso a mio avviso connesso, della disponibilità del proprio corpo e della propria vita, pervengono ad un giudizio fondato e consapevole. Anche riuscire a delineare con assoluta precisione il campo delle argomentazioni pro o contro è importante.
E’ per esempio importante capire quanto l’aborto fa del male al maschile? oppure fa del bene? oppure non fa nè bene nè male? Si può ragionarne in questi termini?
Personalmente quando per esempio si parla del sacrificio dei nove mesi in pancia della madre come fondativi del diritto esclusivo femminile a decidere del nascituro, mi vengono in mente (scusate il personale pressante riferimento emotivo) i vent’anni della mia vita dedicati in buona parte da me a mio padre malato: dopo nove mesi in cui la mia vita era totalmente, e dico totalmente, dedicata a sostenere mio padre in vita avrei forse maturato il diritto di “abortirlo” ovvero di sopprimere mio padre perchè stava invadendo totalmente la mia vita, e mettendo gravemente a repentaglio la mia salute? e dopo un anno? e dopo due? e dopo vent’anni? è stata questa mia una guerra alla fine della quale come maschio sono uscito vincente o perdente? Quando sento parlare di “sacrificio femminile di nove mesi” in tal senso, penso che mi capiate: la considero una affermazione che a me e penso a tutti quelli che si interessano, a costo della propria vita, di quelli che sono nati e che per un motivo o per l’altro prima o poi non ce la fanno più da soli, uno scandalo.
E ancora: il corpo e l’anima di mio padre, chiamato nel battaglione Vestone per andare sul fronte russo, in base a quale principio, evidentemente differente da quello applicato a chi deve essere disponibile ad accogliere la vita per nove mesi, doverosamente invece, secondo l’opinione generale, era disponibile ad essere distrutto, come carne da macello?
Due corpi, due misure di disponibilità, due diritti di vita o di morte, in base al sesso?

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Rita 12:27 pm - 3rd Gennaio:

Trovo sensato il paragone fra la coscrizione militare obbligatoria e la gravidanza femminile.
Con le dovute differenze ovviamente, se da una parte si è “obbligati” a dare la morte o a darsi la morte (mi viene in mente la guerra di Piero, l’esitazione nello sparare per non vedere gli occhi di un uomo che muore che però.. quello si volta ti vede ha paura ed imbracciata l’artiglieria non ti ricambia la cortesia) dall’altra parte si è obbligate a dare la vita.

Possiamo metterla in questi termini? Premetto che non concordo con la leggerezza con cui è stato quasi “pubblicizzato” l’aborto dagli anni settanta ad oggi. E però è inevitabile che ci sia qualcosa di simile ma anche di profondamente diverso fra l’aborto e l’eutanasia. Di simile perchè in entrambi i casi si decide per qualcun’altro ed è altissimo il rischio che non si decida per il bene di quell’altro (embrione-potenziale futura vita o sofferente-vita in declino) ma che entrino in gioco i fattori dell’assistenza, del sostegno e della responsabilità verso quell’altra vita, e quindi sia in qualche modo una scelta egoistica, anche se fatta con le migliori intenzioni. Di diverso proprio perchè inevitabilmente se una è una vita potenziale, una promessa di vita direi, l’altra è una vita al termine, che ha già mantenuto o trasgredito tutte le promesse che poteva mantenere o trasgredire. Ricordo di aver letto di una tribù indiana i cui membri, raggiunta una certa età andavano a morire da soli, autoisolandosi dalla loro società per non essere un peso. Crudele, e forse in certi casi anche dannoso perchè probabilmente tanta saggezza si è persa inutilmente anzitempo, ma evidentemente per quella società necessario per la sopravvivenza.

Perchè, ad esempio, molte donne, pur sapendo che esiste una legge coma quella della madre segreta, decidono per l’aborto? Soltanto per evitare l’impegno della gravidanza e la sofferenza del parto? Io non credo, credo che altri fattori intervengano su questa scelta, credo che l’idea di una vita che è nata per colpa o per merito tuo, di cui non conoscerai l’evolversi sia un’idea pesante da reggere (..andando fuori tema io mi sono sempre chiesta se non è anche un pensiero maschile, quello di pensare che nel mondo potrebbero esserci vite partite e scaturite da te e che in qualche modo fanno parte di te, di cui non conosci l’esistenza).

Aborto ed eutanasia: è facile accostarli e però nel primo caso c’è soltanto un legame biologico, puro e semplice, non ci sono momenti vissuti insieme, l’affettività verso quell’essere è soltanto potenziale (a differenza dell’affettività verso un padre o comunque una persona alla fine della sua vita e con cui hai condiviso momenti). Ecco anche un altro dei motivi, a mio avviso, perchè si tende a preferire la scelta di abortire (e il prima possibile) rispetto a quella di dare comunque la vita. Non avere il tempo di affezionarsi, di provare qualcosa in più rispetto al puro legame biologico. Legame biologico che potrebbe essere uguale a quello di un padre biologico che rifugge la paternità o di un donatore di seme. E’ vero, “dona” per la vita. Ma questa vita va per conto suo ed avrà un peso nella società (magari benefico o malefico) e riceverà qualcosa dalla società (bene o male, gioie che gli faranno benedire il momento in cui è venuto al mondo e sofferenze che gli faranno maledire tale momento)

Idee ben confuse lo so, però non è semplice trovare una quadra ideale quando si deve fare un unico peso ed un unica misura avendo a disposizione bilance diverse,metodi di peso diversi e diversi carichi di materiale.

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Sandro2 1:03 pm - 3rd Gennaio:

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-01-02/paga-danni-fugge-altare-152209.shtml?uuid=AaG5C8ZE
>
Anche la libertà ha il suo prezzo. Lo sa bene lo sposo che, a due giorni dalle nozze, ha deciso di cambiare idea e, per questo, è stato condannato a risarcire alla sua ex, abbandonata a un passo dall’altare, tutte le spese sostenute e le obbligazioni contratte in vista del “lieto evento”. Con la sentenza n. 9 (si legga il testo sul sito di Guida al diritto) la corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito di addossare al volubile ricorrente il risarcimento dei danni patrimoniali, ma prende anche le distanze dalla scelta della Corte d’appello di condannarlo a pagare, alla mancata sposa, anche i danni morali.

Esclusi i danni morali – Gli ermellini pur affermando che la rottura della promessa di matrimonio, in assenza di un giustificato motivo, è un illecito non privo di conseguenze giuridiche, esclude che il “recesso dall’altare” possa essere soggetto ai principi generali sulla responsabilità contrattuale o extracontrattuale. Il venire meno alla parola data e “all’affidamento creato nel promissario quindi la violazione delle regole di correttezza e di auto responsabilità” – spiegano i giudici di piazza Cavour – non è un comportamento lecito e privo di conseguenze. I danni da prendere in considerazione devono essere però solo quelli materiali e nascono da un’obbligazione ex lege.

La libertà di ripensarci – Mentre l’ipotesi di indennizzare la persona abbandonata per il pregiudizio affettivo, sarebbe in contrasto con l’esigenza di tutelare il diritto di tutti di sposarsi o non sposarsi, possibilità che si mantiene fino al momento del fatidico sì. Un diverso ragionamento finirebbe per costituire una forma indiretta di pressione finalizzata a contrarre un legame non più desiderato. Dalla necessità di contemperare le diverse esigenze nasce il compromesso adottato dalla Cassazione di condannare il fuggitivo a pagare poco meno di 10 mila euro, mentre gli vengono “condonati” i 30 mila euro stabiliti dalla Corte d’Appello di Catania per i danni morali. Inutili invece la richiesta del ricorrente di stabilire un tetto di risarcimento un po’ più basso in considerazione della possibilità di recuperare parte delle spese sostenute per la cerimonia andata in fumo.
__________________

P.S.
Rita:
“Ricordo di aver letto di una tribù indiana i cui membri, raggiunta una certa età andavano a morire da soli, autoisolandosi dalla loro società per non essere un peso.”
>>
Sì, è vero.

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Sandro2 1:21 pm - 3rd Gennaio:

Per Rita:
http://www.giovannidesio.it/west/west%20saggion%20.htm
>>
In realtà il mondo degli indiani era tutto altro che una paradiso. La vita era estremamente dura, priva di tutti quegli oggetti che ci sembrano assolutamente indispensabili. C’erano momenti in cui la caccia era abbondante e tutti facevano festa, per esempio al passaggio delle immense mandrie di bufali. ma c’erano anche momenti in cui la caccia e la raccolta erano insufficienti e allora era la fame: i vecchi abbandonavano spontaneamente la tribù per morire soli per non essere di peso e i bambini più piccoli o più deboli morivano non resistendo alla fame fra lo strazio delle loro madri.
>>

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Fabrizio Marchi 1:58 pm - 3rd Gennaio:

Trovo abbastanza azzardato, Rita, fare un accostamento fra l’aborto e l’eutanasia. Sono due cose diverse anche se riguardano la stessa materia, cioè la vita (e la morte), e se cerchiamo di affrontarle con lo stesso metodo interpretativo rischiamo secondo me di complicarci ulteriormente la vita.
L’eutanasia riguarda la vita del singolo che può decidere (non in base all’attuale legge, per lo meno in Italia) di darsi la morte perché trova intollerabile continuare a vivere per i più disparati motivi. Dal mio punto di vista, quell’uomo o quella donna che siano giunti a tale decisione debbono avere tutto il diritto di porla in essere. Devono cioè avere tutto il diritto di porre fine alla loro esistenza laddove la trovino insopportabile al punto tale da volerla sopprimere (la vicenda di Lucio Magri ci è di esempio). Nessuno di noi può e deve avere la presunzione di giudicare tale decisione né tanto meno di impedirla . Questo nel caso che l’individuo in questione sia naturalmente nel pieno delle sue capacità intellettive. Personalmente, così ci capiamo meglio senza troppi giri di parole, ho già fatto testamento e ho scritto nero su bianco che nel caso mi trovassi in uno stato meramente vegetativo (e quindi impossibilitato a porre in essere la mia stessa volontà), alcuni miei amici (da me indicati, ovviamente) sono autorizzati e incaricati di dar seguito alla mia volontà in quei paesi dove ciò è consentito per legge e dove esistono strutture pubbliche in grado di assistere coloro che hanno assunto tale decisione.
Io credo che una società civile ed evoluta che si fondi veramente sulla vita e faccia di tutto per promuoverla, per renderla quanto più possibile dignitosa e per garantire (o per lo meno tentare di) a tutti i suoi membri la possibilità di esprimere loro stessi al massimo delle loro possibilità, non debba al contempo rimuovere la morte e la sofferenza (che pure fanno parte della vita). Più si cerca di rimuovere, questa è la mia opinione, la sofferenza e la morte, e più si incentiva paradossalmente la spinta verso queste ultime. Di questo sono assolutamente certo. Non è un caso che le società occidentali, a mio parere pervase da una cultura di morte, si producano in una operazione di sistematica rimozione di quest’ultima, attraverso la sostituzione della riflessione filosofica e spirituale e dell’indagine psicoanalitica (quindi del percorso di consapevolezza degli individui) con l’esaltazione di quei valori (o disvalori, dal mio punto di vista) e di quella concezione della vita di cui sono portatrici (individualismo sfrenato, ragione strumentale, utilitarismo, profitto, scalata al successo, consumo, merce, denaro, produzione ecc. ) e con la sistematica distruzione di qualsiasi istanza comunitaria fondata sulla solidarietà sociale e umana (sempre nel rispetto dell’autonomia e della libertà individuale, sia chiaro, valori anch’essi fondamentali…) e sul rifiuto di una esistenza concepita come mera appendice del mercato.
Una società civile che crede nella vita deve dunque anche essere in grado di “vivere” la morte, di non demonizzarla, di non allontanarla come si faceva un tempo con i malati di lebbra o di peste. E’ in questo modo che si promuove la vita. Di questo sono assolutamente persuaso.
Fabrizio

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Rita 2:11 pm - 3rd Gennaio:

non mi sono spiegata Fabrizio, rispondevo a Cesare qui:

Personalmente quando per esempio si parla del sacrificio dei nove mesi in pancia della madre come fondativi del diritto esclusivo femminile a decidere del nascituro, mi vengono in mente (scusate il personale pressante riferimento emotivo) i vent’anni della mia vita dedicati in buona parte da me a mio padre malato: dopo nove mesi in cui la mia vita era totalmente, e dico totalmente, dedicata a sostenere mio padre in vita avrei forse maturato il diritto di “abortirlo” ovvero di sopprimere mio padre perchè stava invadendo totalmente la mia vita, e mettendo gravemente a repentaglio la mia salute? e dopo un anno? e dopo due? e dopo vent’anni? è stata questa mia una guerra alla fine della quale come maschio sono uscito vincente o perdente? Quando sento parlare di “sacrificio femminile di nove mesi” in tal senso, penso che mi capiate: la considero una affermazione che a me e penso a tutti quelli che si interessano, a costo della propria vita, di quelli che sono nati e che per un motivo o per l’altro prima o poi non ce la fanno più da soli, uno scandalo

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Rita 2:15 pm - 3rd Gennaio:

o meglio, riprendevo un tema che mi pare ricorrente in molti: la decisione di mettere al mondo e la decisione di porre fine alla vita. Tra l’altro non è nemmeno così semplice il discorso della fine. Non sempre si puo’ decidere in piena lucidità. Anche avendo espresso le proprie idee o fatto testamento nel momento in cui pensavamo di avere ancora la lucidità per decidere della nostra vita.

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armando 3:22 pm - 3rd Gennaio:

Rita: “Perchè, ad esempio, molte donne, pur sapendo che esiste una legge coma quella della madre segreta, decidono per l’aborto? Soltanto per evitare l’impegno della gravidanza e la sofferenza del parto? Io non credo, credo che altri fattori intervengano su questa scelta, credo che l’idea di una vita che è nata per colpa o per merito tuo, di cui non conoscerai l’evolversi sia un’idea pesante da reggere (..andando fuori tema io mi sono sempre chiesta se non è anche un pensiero maschile, quello di pensare che nel mondo potrebbero esserci vite partite e scaturite da te e che in qualche modo fanno parte di te, di cui non conosci l’esistenza).”

Del tutto d’accordo. Ed infatti è la domanda che faccio sempre alle donne, amiche e non, quando entriamo sul tema, senza mai ottenere risposte convincenti, o semplicemente risposte, tranne quella brutale ma almeno sincera “o con me o con nessuno”
In parte la cosa vale anche per gli uomini, ma solo in parte perchè il figlio non cresce nel grembo paterno e quindi il legame, prima della nascita, è necessariamente meno biologicamente stretto. Tornando alla domanda che si pone Rita, è sicuramente vero che il pensiero di un figlio che vive chissà dove e chissà con chi sia dura da sopportare. Ma proprio questo è il punto che dimostra quanta ipocrisia ci sia in giro. A una donna non viene chiesto (e non sarebbe nemmeno giusti chiedere) di essere madre per forza. E neanche voglio giudicare i motivi per cui non vuole esserlo. Li prendo per buoni a priori. Ma oggi esiste quella possibilità che diceva Rita. Partorire e lasciare il bambino ai servizi sociali, nella speranza che qualcuno se ne faccia carico adottandolo. Quella legge è pochissimo usata, perchè il ragionamento in termini essenziali è il seguente: poichè per me è dura pensare che in giro per il mondo ci sia un mio figlio, meglio eliminarlo subito. La sproporzione fra le due scelte è così chiara ed evidente che solo a menti del tutto concentrate solo su se stesse non risulta evidente. Il che fa giustizia della troppa mitologia sul dolore e sul dramma incommensurabile (e quindi non giudicabile!!!!) dell’evento aborto. Dolore che, sia chiaro, non nego affatto esista. Ma sant’iddio, non sarebbe forse meno doloroso (e con meno ripercussioni di tipo depressivo sull’inconscio) lasciare che la vita faccia comunque il suo corso?
E non sarebbe forse meno negativo quel pensiero nostalgico e melanconico che non potrebbe non affacciarsi, di fronte alla scorciatoia di un atto che dura un attimo ma di cui l’inconscio conserverà memoria per sempre?
E’ per questo che l’aborto più di un tema di legge deve essere un tema culturale. E i maschi quanto fanno il bene e quanto il male della donna (e il proprio), spingendola, come purtroppo fanno spesso, ad abortire? Poi lo so bene , non sono così ottuso, che una legge che regoli in qualche modo la materia comunque ci vorrebbe, oltre alla prevenzione etc. etc.
Ora, credo che il primo valore di qualsiasi legge, quindi anche nel caso del fine vita, sia di ordine simbolico più che soltanto pratico e regolamentativo. Prendiamo il fine vita. Una buona legge, o meglio un buon principio fondativo di qualsiasi legge, dovrebbe essere il NON UCCIDERE. Poi, nella pratica e nel dolore che la vita propone, il legislatore e il giudice dovrebbero applicare clemenza, umanità e rispetto delle coscienze travagliate e infelici che portano familiari e medici a prendere certe decisioni.
Esiste negli eventi della vita una zona grigia che nessuna legge potrà mai prevedere interamente e rgolamentare. La vita sfugge alle leggi, propone semre casi ed eventi imprevedibili e unici. Per questo ritengo che la legge sul fine vita sia sbagliata, una vera sciagura, come sciagurata la richiesta pressante di avere l’avallo della legge per decisioni che, per loro stessa natura, sono di pura coscienza e richiedono silenzio, riservatezza ed anche una certa oscurità.

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cesare 4:37 pm - 3rd Gennaio:

Volevo però portare ancora oltre la riflessione: a ben vedere “dare la vita” è sempre scontare il prezzo del dolore. Qualcuno conosce una vita le cui gioie e il cui valore e il cui destino non è e non sarà pagato con il dolore? mi sembra pertanto che la realtà di fondo che è emersa in relazione al “dare la vita” e ha finito per assorbirne il significato, è il dolore. “Dare la vita” a chi ancora ha da venire al Mondo è il medesimo gesto che “sostenere alla vita” chi dal dolore rischia di essere travolto e spento nella voglia di vivere. Impone di rispondere al fatto ineludibile del dolore. E’ così? Se è così “dare la vita” allora acquista un senso diverso e che comprende e spiega ogni “dare la vita” (anche di quello biologico). “Dare la vita” in questo senso è trovare il motivo vero per cui la vita vale la pena di vivere, “è un dono degno di essere comunque vissuto”, nonostante il prezzo sia il dolore: in altri termini coincide con “dare una risposta di verità sulla vita” ovvero l’unico compito che ogni civiltà umana ed ogni cultura degne di questo nome a mio avviso hanno dovuto risolvere. Quando questo compito è eluso e la verità è persa, di fronte al dolore della vita non abbiamo altra difesa che la morte che diventa, (e come potrebbe essere altrimenti?), l’ultima e unica forma autentica di bene-ficienza e di bene-dizione. Quel fascino della morte che, come i demografi dello studio “Il cambiamento demgrafico” denunciano, ha conquistato il popolo Italiano. Motivo per cui si dice che saranno gli ultimi, quelli che conoscono il perchè è bene sopportare il dolore della vita, ad ereditare la Terra e a goderne. A mio avviso sulla strada dell’aborto si incontrano i termini da cui dipende la vita o la morte di una civiltà, e a maggior ragione della QM.

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Rino DV 5:46 pm - 3rd Gennaio:

Cesare:
>>
allora credo si possa dire che parlarne, in modo intelligente , maturo e costruttivo, come stiamo facendo, serva a creare in primo luogo coscienze maschili che …
>>

A tal fine non posso dimenticare che l’aborto di massa, benché praticato su puro arbitrio femminile, è una pratica che libera dalle conseguenze dei propri atti un gran numero di maschi, e che l’autocrazia femminile nella decisione mentre li espropria anche li assolve, giacché stanno nascosti dietro le decisioni dell’altra.
Maschi che potrebbero evitare un gran numero di aborti semplicemente usando il più elementare degli anticoncezionali. Non che il suo uso sia indifferente nella dinamica dell’intimità (come sostengono molte donne le quali però, …non sono uomini…) tuttavia si tratta di un metodo facilmente disponibile, di non eccessivo costo e che non muta la natura dell’incontro.
Dietro l’aborto che i padri (diretti interessati) e i maschi (in generale) subiscono passivamente vi è anche una passività utile, un vantaggio ottenuto silenziosamente.
Anche su questo aspetto bisogna gettare lo sguardo, per creare nuove coscienze maschili.

RDV

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Rino DV 6:18 pm - 3rd Gennaio:

Le DD che adottano il parto anonimo sono in Italia circa 400 l’anno. Un miseria rispetto al numero degli aborti, ma cmq meglio di niente.
Come forse ricorderete da altri miei interventi sul tema, considero questa possibilità & il suo scarso utilizzo come prova probante e provata delle menzogne in cui viene avvolta la questione dell’aborto (perciò non mi ripeto).

Il quale aborto è un fatto endemico in tutte le società e perciò esige di venire trattato dalla legge e dal costume secondo il saggio criterio della riduzione del danno: di fronte ad un male inestirpabile se ne devono limitare gli effetti.
Questa è la motivazione razionale che può e deve stare alla base di ogni legislazione abortista.
E fu così anche in Italia.
Si veda ad es. il discorso di Berlinguer citato da altri: vi espone il problema sociale e la legalizzazione come rimedio. Non parla del diritto autocratico femminile sulla vita, né – tantomeno – insinua che sia “persona” a tutti gli effetti chi e quando così viene definito dalla madre. Se lei “stabilisce una relazione” allora è una persona, altrimenti è una cosa…!
Le motivazioni originarie sono dunque state scavalcate del tutto e siamo giunti al punto che alla singola donna viene demandato il potere di stabilire se e quando qualcuno/qualcosa sia o meno una entità con diritto di esistenza. Considero questa rivendicazione femminista un abominio, della stessa natura di quello nazista: “Siamo noi a stabilire chi è ebreo e chi no!”

Questo è il punto del contendere, per quanto mi riguarda. La non punibilità è un fatto che attiene alla politica della riduzione del danno: la più saggia delle politiche.

RDV

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Fabrizio Marchi 6:43 pm - 3rd Gennaio:

Caro Cesare, sono assolutamente convinto della necessità di una “valutazione qualitativa della Totalità”, ovvero della necessità della ricerca della Verità. Io stesso, da estimatore di Hegel (il che non significa essere hegeliani tout court) ho voluto segnalarti quel video di Preve (assolutamente condivisibile il sottrarre l’Hegel-pensiero dalla vulgata storicista tradizionale), trovandolo di grande interesse. A differenza tua però non penso che quella verità filosofica possa essere oggettiva e universale. Non so se anche Preve (ma non credo) consideri possibile il raggiungimento di tale “obiettivo” (passami il termine…), in ogni caso devo approfondire il suo pensiero. La mia posizione, come già sai, è di diverso tipo, essendo tuttora, come ho ribadito in un precedente post, un convinto assertore della dialettica, e quindi della parzialità e della impossibilità della risoluzione del conflitto (che esso stesso è ontologicamente dato, ancor prima che dal punto di vista storico, o forse nello stesso tempo, come sai, conoscendo la mia posizione sulla relazione fra natura e cultura e sulla impossibilità di scinderle). Ma questo non ha nulla a che vedere, ovviamente, con il relativismo filosofico, che è tutt’altra questione nella quale non voglio ora entrare.
Fatta questa premessa, arrivo al punto, cioè la discussione sul tema dell’aborto, senza entrare nel merito (anche perché l’ho già fatto) perché è evidente che si tratta di un confronto destinato a non addivenire ad una conclusione. Ciò non significa che non si possa discutere anche all’infinito né che voglia tarpare le ali a quella che capisco essere un’esigenza molto forte di approfondire l’argomento, però è necessario, a quel punto, individuare gli spazi adeguati. Avrai senz’altro notato come nessuno, al di fuori di te, di Rita, di Armando e del sottoscritto, abbia partecipato alla discussione nel merito. Non credo che ciò sia dovuto a disinteresse ma alla percezione comune che il dibattito, su questi binari, rischia di incartarsi su se stesso e diventare un confronto a poche voci, come , per la verità, è sempre accaduto ogniqualvolta abbiamo affrontato determinati argomenti (aborto ma non solo,ricordo una anche bella discussione filosofica tempo addietro sul tema dell’ontologia dell’essere e sul concetto di universale maschile che tu ponevi, con gli stessi protagonisti: te, io e Armando…smile ).
Lo stesso Rino (anche allora, come in questo caso) ha detto molto brevemente la sua ma di fatto si è chiamato fuori perché, ormai lo conosco un po’, preferisce non gettare benzina sul fuoco su argomenti che potrebbero creare delle divisioni e che potrebbero metterlo nella condizione (è una sua convinzione, secondo me priva di fondamento) di dover urtare la sensibilità altrui. Io non sono d’accordo (e gliel’ho già detto) perché penso che ci si possa dividere serenamente e amichevolmente (e costruttivamente), come abbiamo fatto e facciamo diverse volte anche noi. Anzi, tutto ciò dimostra la ricchezza del dibattito, il tasso di democraticità che abbiamo in questo nostro spazio e il nostro grado di evoluzione e consapevolezza nel saperci dividere senza che ciò comporti la sia pur minima incomprensione a livello personale.
Tuttavia, data l’entità e la qualità del tema in oggetto, è evidente che dobbiamo trovare altre forme e altri luoghi per affrontarlo. Perché se veramente decidessimo di proseguire su questa strada, è evidente che il dibattito sarebbe quasi interamente focalizzato sul quel determinato tema (dai soliti noti) e questo sito, da strumento di elaborazione, comunicazione e soprattutto ORGANIZZAZIONE POLITICA di un movimento, diventerebbe uno spazio tematico. Il che sarebbe fuorviante rispetto alla natura e alla finalità del sito stesso. Oltre al fatto che ci costringerebbe ad un dispendio di energia e di tempo che credo debba essere dosata e ottimizzata al meglio. Ho accuratamente evitato un po’ di tempo fa, come ricorderai, di entrare nel merito di quel battibecco da cortile sulla “teoria del valore” secondo Marx (tema sul quale sono un po’ più ferrato rispetto a quello dell’aborto), proposta da quel tizio che ce l’aveva a morte con i “cattocomunisti” (in tal modo ci aveva individuati, non so come e perché ma non è affar mio…) non certo perché non avessi avuto nulla da dire nel merito, ma perché mi sembrava del tutto superfluo e anche stupido affrontare una simile discussione con quelle modalità sterili, maldestre, scioccamente e infantilmente competitive, e soprattutto in questo luogo.
Naturalmente questo episodio non ha nulla a che vedere, sia chiaro, con questo confronto sul tema dell’aborto ed è superfluo sottolineare che gli attori sono ben altri…. Me ne servo solo come esempio per ciò che voglio significare. Ma credo che ci siamo capiti nel merito.
Fabrizio

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Fabrizio Marchi 6:51 pm - 3rd Gennaio:

Mentre postavo il mio ultimo commento (sul tema aborto), è arrivato il post di Rino nel merito (che condivido in toto).
Faccio autocritica …smile
Fabrizio

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Sandro2 9:08 pm - 3rd Gennaio:

Fabrizio:
“Non credo che ciò sia dovuto a disinteresse ma alla percezione comune che il dibattito, su questi binari, rischia di incartarsi su se stesso e diventare un confronto a poche voci, come , per la verità, è sempre accaduto ogniqualvolta abbiamo affrontato determinati argomenti
____________________

Infatti io evito di trattare certi argomenti, come quello sull’aborto o l’eutanasia (e riguardo ai quali la penso in larghissima parte come te), proprio perché so che non se ne esce.

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armando 9:46 pm - 3rd Gennaio:

per parte mia Ok Fabrizio. Chiusa la discussione. Che peraltro, da parte mia e credo di tutti, si limita a constatare un dissenso senza che venga meno la ragion d’essere in questa lista, nè la stima verso tutti gli altri. Credo anche che questo tipo di discussioni ogni tanto sia necessario. Anche se non si arriva a conclusioni condivise, è un tentativo di andare più in profondità all’origine delle cose. Non con l’obbiettivo di far cambiare idea a qualcuno, ma per far riflettere ognuno di noi sul punto di vista dell’altro.
armando

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Sandro2 12:49 pm - 4th Gennaio:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/spettacolo/2012/01/04/visualizza_new.html_40414262.html
Verdone: i nuovi poveri? I padri separati
Il regista-attore parla di ‘Posti in piedi in paradiso’ Il trailer in esclusiva
04 gennaio, 12:34
Verdone: i nuovi poveri? I padri separati
>
Di Francesco Gallo
>
ROMA – Con ‘Posti in piedi in Paradiso’ di Carlo Verdone (trailer in esclusiva su ANSA.it), i padri separati, a cui vengono spesso tolti, con troppa disinvoltura, casa, figli e soldi, scoprono di avere un film che li rappresenta. Non e’ molto, ma pur sempre qualcosa per chi si ritrova, da un giorno all’altro, a diventare un morto di fame costretto a cercare di sopravvivere con poche centinaia di euro come capita appunto ai tre protagonisti del film. Ovvero ad Ulisse (Verdone), ex discografico di successo, a Fulvio (Pierfrancesco Favino), critico cinematografico degradato al gossip, e a Domenico (Marco Giallini) prima imprenditore e ora agente immobiliare di serie b che arrotonda il lunario facendo il gigolo (in questo aiutato da forti dosi di viagra) .

Tutti e tre con figli a carico si ritrovano, per necessita’, ad affittare un appartamento insieme. Inizia così la loro convivenza e la loro amicizia, ma anche il loro riscatto nonostante un finale malinconico. Nel cast del film che sara’ nelle sale dal 24 febbraio distribuito da Filmauro (che lo ha anche prodotto), Micaela Ramazzotti, Nicoletta Romanoff, Diane Fleri e il figlio di Verdone, Paolo.

In un cameo, l’esordio cinematografico dell’imitatrice Gabriella Germani. ”Ho scelto un tema difficile per una commedia – dice all’ANSA Carlo Verdone -. Il tema di una vera emergenza sociale, quella dei mariti separati e divorziati che vedono gran parte del loro stipendio andare a sostegno delle loro mogli e figli creando cosi’ un’ulteriore categoria di nuovi poveri. Una cosa di cui si e’ parlato molto negli ultimi due anni e che ha visto nascere associazioni di mariti separati, una casa dei padri separati… Insomma per chi si ritrova a vivere con 400 o 500 euro e’ una vera tragedia”. Comunque ci tiene a dire il regista e attore romano:”non e’ un film contro le mogli, contro le donne, anche perche’ almeno due mariti protagonisti nel mio film se la sono meritata questa situazione, ma ad esempio nel caso del mio personaggio non e’ proprio cosi’, c’e’ stato un accanimento contro di lui”.

Ci sono insomma ragioni anche da parte del mondo maschile? ”Ci vorrebbe – spiega Verdone – una sorta di grande equilibrio nel giudicare certi caso. Anche se il marito ha torto bisogna calcolare comunque la sua reale disponibilita’ a pagare. Certe volte tante sentenze sono davvero troppo spietate”. E aggiunge:”i miei film nascono sempre dalla realta’. Ovvero amo osservare quello che mi circonda estrapolare alcuni messaggi e rivisitarli con ironia. Cerco insomma di fare la commedia canonica, come fa anche Virzi’. Mescolare temi drammatici e ironia. E’ il caso anche di ‘Posti in piedi in Paradiso’ che ha un finale malinconico, ma anche aperto alla speranza. Perche’ alla fine, come si vedra’ nel film, saranno i figli in qualche modo a salvare quei padri che sono molto spesso meno maturi di loro”.

______________________

Carlo Verdone:
“Comunque ci tiene a dire il regista e attore romano:”non e’ un film contro le mogli, contro le donne, anche perche’ almeno due mariti protagonisti nel mio film se la sono meritata questa situazione,”
>>
Eh beh, certo, questo bisogna sempre specificarlo, sennò le nostre povere, oppresse e discriminate connazionali, vittime del maschilismo e della misoginia imperante, che le schiavizzano dalla mattina alla sera, potrebbero risentirsi e offendersi.
__________

Francesco Gallo:
“Ci sono insomma ragioni anche da parte del mondo maschile?”
>>
No comment.

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Sandro2 1:35 am - 10th Gennaio:

L’enorme fantasia femminile ha colpito ancora; soprattutto con i titoli di questi fantastici e rivoluzionari libri.
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http://www.libreriauniversitaria.it/101-modi-far-soffrire-uomini/libro/9788854131743
101 modi per far soffrire gli uomini
di Daniela Farnese
Descrizione
Le donne troppo spesso dimenticano che il maschio è un animale imperfetto e che, anche quando è innamorato, tradisce, ferisce e ha sempre qualcosa da farsi perdonare. Qualsiasi donna ricorda, nel suo passato sentimentale, almeno una ferita da parte di un uomo e avrà desiderato, anche solo per pochi attimi, di ricambiare il favore. Questo manuale vuole dare una risposta alla sete di vendetta della femmina ferita, attraverso consigli pratici, tecniche utili e qualche trucco poco educato per riuscire a farlo soffrire, colpendolo là dove fa più male in 101 modi crudeli e spietati, ma meritati. Prefazione di Luca Bizzarri.

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Sandro2 6:56 pm - 12th Gennaio:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/01/12/visualizza_new.html_43305005.html
Era disoccupato da mesi, operaio si uccide
L’uomo, con problemi depressivi, si e’ sparato con pistola
12 gennaio, 13:42
>
VICENZA – Un uomo di 45 anni, disoccupato dal mese di settembre, si e’ tolto la vita a Zane’ (Vicenza) sparandosi alla testa con una pistola. L’azienda metalmeccanica dove lavorava fino a 4 mesi fa aveva ridotto il personale a causa della crisi, lasciando a casa buona parte del personale, tra cui il 45enne. L’ex operaio sarebbe caduto per questo in una crisi depressiva: la disoccupazione e il disagio psicologico avrebbero creato un mix di sofferenza che l’ha portato al suicidio. L’uomo non ha lasciato alcun messaggio. L’uomo viveva con l’anziana madre. E’ stata la donna, 84 anni, a scoprire stamane il cadavere del figlio, chiamando subito dopo i carabinieri. Gli accertamenti sono affidati ai militari dell’Arma di Zane’, secondo i quali e’ chiara la dinamica del suicidio. L’uomo custodiva regolarmente l’arma con la quale si e’ tolto la vita.

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Luigi Corvaglia 9:27 pm - 12th Gennaio:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/12/trapani-incendio-palazzo-muoiono-persone/183266/#disqus_thread
Riporto questo link riferito alla tragedia di Catania. Ho scritto in quell’articolo per replicare al commento di una certa Elisa Furio. Leggetevela. Viceversa mi ha colpito molto favorevolmente un’altra utente: Adriana Tisselli. Due donne completamente agli antipodi.

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Sandro2 11:09 pm - 18th Gennaio:

Le femmine? Innocenti a prescindere.
http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/TrentinoAltoAdige/Pubblica-foto-di-compagne-di-classe-in-topless-indagato-14enne-di-Bolzano_312871884401.html
>
Il bello, poi, è che vivremmo in una società patriarcale, fortissimamente maschilista, misogina e chi più ne ha più ne metta.

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Sandro2 7:31 pm - 22nd Gennaio:

Queste sono alcune “carinerie” che conservo da oltre vent’anni.
____________

>
1) GLI UOMINI.
>
Andrebbe meglio se gli uomini fossero diversi? Può darsi. Forse andrebbe anche meglio se il clima tedesco fosse più mite e le grandi metropoli meno inquinate. Gli uomini sono come sono.
Tutti i loro sforzi per cambiare mancano di entusiasmo e la loro disponibilità a investire sui sentimenti non ha nulla di spontaneo.
Gli uomini infatti sanno perfettamente che la loro cosiddetta “difficoltà di rapporti” è un metodo infallibile per poter fare i propri comodi.
>
2) MOLTE STRADE CONDUCONO ALL’INFELICITA’, OVVERO:
LE DONNE ORGANIZZANO IL PROPRIO MATRIMONIO.
>
Uomini e donne si sposano per motivi diversi e con aspettative contrastanti.
Per lui “matrimonio e famiglia” occupano poco posto nell’esistenza; importanza vitale hanno invece la sfida professionale, il prestigio e il successo.
Per lei “matrimonio e famiglia” sono la vita, alla quale va adattata, spesso a prezzo di sofferenze, la propria personalità.
>
3) IL MATRIMONIO DI LUI – IL MATRIMONIO DI LEI.
OPINIONI CONTRASTANTI SULLA QUESTIONE DELLA FELICITA’.
>
Esistono motivazioni concrete e astratte, razionali e nevrotiche per sposarsi.
Ma di solito entrano in gioco tutti questi fattori insieme, in diversa misura.
Questo vale per entrambi i partner. Ma fondamentalmente diverso è il loro punto di partenza:
la donna vuole diventare “una coppia”, creare qualcosa di nuovo insieme al marito.
L’uomo vuole rimanere se stesso e migliorare ulteriormente la propria condizione grazie al rapporto di coppia.
>
4) LA DONNA UTILE.
>
E’ la donna che sta dalla parte dell’uomo, che vive pressoché alla sua ombra, che si rende indispensabile, che gli cuce i calzini, che gli tiene lontani i bambini rompiscatole e favorisce la sua carriera.
Il tutto fino ad annullarsi e fino a quando lui non se ne trova un’altra.
>
5) USARE LA TESTA AL POSTO DEL CUORE CI RISPARMIA MOLTO DOLORE.
>
Esistono i matrimoni d’amore e quelli dettati invece da considerazioni razionali e una tale contrapposizione porta molte donne a credere che più un rapporto è irrazionale, maggiore sarà anche il suo valore intrinseco.
Per gli uomini invece l’amore è un fattore meno importante nella scelta della propria partner.
Lei deve essere carina, sportiva, avere magari anche una certa intelligenza…
Criteri poco romantici, che comunque gli uomini di solito ammettono apertamente.
Tuttavia le donne si rifiutano semplicemente di ascoltarli.
>
6) VIOLENZA PSICOLOGICA.
>
Gli uomini hanno cercato in tanti modi di impedire alle donne ogni forma di ascesa sociale, ma ormai i metodi usati in passato non funzionano più.
Leggi, divieti di carattere religioso, tradizioni, reddito, adesso tutto è cambiato a favore della donna.
L’unico strumento efficace con il quale l’uomo riesce ancora a creare una forma di dipendenza nella sua compagna è rappresentato dalle emozioni, dai desideri, dalle speranze, dai sentimenti.
E l’uomo, oggetto numero uno di tutte le proiezioni della psiche femminile, ne approfitta.
La tecnica usata è questa: egli fa in modo che la donna concentri tutta se stessa su di lui.
Amici, famiglia, colleghi, lavoro, tutto quanto costituisce altrimenti la vita della donna, deve sparire come un’immagine in dissolvenza. L’uomo deve alternare momenti di tenerezza e comprensione a momenti di freddezza e indifferenza. Il suo scopo deve comunque essere quello di suscitare in lei emozioni molto forti e contemporaneamente accrescere la sua dipendenza psicologica. Non importa se queste emozioni nascono dalla paura, dalla delusione, dalla speranza, dalla stanchezza o da che altro sia. Questo è un vero e proprio lavaggio del cervello, di cui Shakespeare ci offre una versione classica nella “Bisbetica domata”.
>
7) IL RAGNO…
>
L’amore è talmente utile agli uomini da farci credere che siano stati loro ad inventarlo.
Essi tessono l’amore come un’insidiosa ragnatela fatta con fili di seta: poi si siedono e aspettano una mosca.
Che meraviglia, pensa la mosca quando vede la ragnatela che luccica al sole.
Il ragno invece non la pensa così, non si lascia catturare dalla rete che lui stesso ha teso.
Il ragno, mie care, il ragno sì che sa come va il mondo.
>
Jill Tweedie, In The Name of Love – New York 1979.

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Saturno 8:21 am - 23rd Gennaio:

Bè, che dire, sono discorsi,
quello della tela del ragno,
che di solito ho sentito
attribuire alle donne….
Oggi lo attribuiscono agli
uomini.
In effetti io ho problemi di
relazione, e la cosa che mi
manca di più sono i sentimenti.
Quindi, come uomo, sono
colpevole perchè sentimentale?
In fondo il mondo non è poi
così cambiato come si crede.
Nella prima metà del XIX secolo
un grande sentimentale come
Giacomo Leopardi non trovò
mai una donna che lo amasse.

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Leonardo 2:45 pm - 23rd Gennaio:

IL RAGNO…
L’amore è talmente utile agli uomini da farci credere che siano stati loro ad inventarlo.
Essi tessono l’amore come un’insidiosa ragnatela fatta con fili di seta: poi si siedono e aspettano una mosca.
Che meraviglia, pensa la mosca quando vede la ragnatela che luccica al sole.
Il ragno invece non la pensa così, non si lascia catturare dalla rete che lui stesso ha teso.
Il ragno, mie care, il ragno sì che sa come va il mondo.
——————————————-
Ora ci attribuiscono pure le loro trappole:

http://24.media.tumblr.com/tumblr_l82apxXg8S1qc3atxo1_500.jpg

http://27.media.tumblr.com/tumblr_lg8bcv5WrS1qa70eyo1_500.jpg

Siamo degli sfigati misogini? E allora ogni tanto delle immagini di donne cattive cattivissime ci voglionosmile

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Leonardo 6:54 pm - 23rd Gennaio:

Saturno
In effetti io ho problemi di
relazione, e la cosa che mi
manca di più sono i sentimenti.
Quindi, come uomo, sono
colpevole perchè sentimentale?
In fondo il mondo non è poi
così cambiato come si crede.
Nella prima metà del XIX secolo
un grande sentimentale come
Giacomo Leopardi non trovò
mai una donna che lo amasse
————————————
Certo, se non sei forte da fregartene dei loro giudizi, allora speri in un amore vero, ma non esiste. Te lo ha spiegato la tipa del ragno: lei forse si fa affascinare dalla ragnatela che brilla al sole, che mi fa pensare alla ricchezza che un uomo può offrire ad una donna; noi ci facciamo imbrigliare dal sesso (e sentimento): che le donne non possono offrirci più di tanto, (altrimenti non esisterebbero i fumetti e i film; anche gli alieni “non esistono” o non li possiamo incontrare e quindi il cinema e la fantascienza ce li offrono)
Sarà pure l’età, ed anche una presa di coscienza, ma utimamente vedo donne veramente minute fisicamente, sono davvero la nostra meta, ma perché tanta pena per queste piccine? Siamo vittima di un illusione che comincia dall’infanzia: quando due bambini di sesso opposto hanno poca differenza fisica. Ma anche questa differenza di mole fisica ci opprime, perché troveranno sempre chi le difende e le serve meglio di noi, e vorranno essere considerate importanti dagli uomini che dovranno abbassarsi alla loro piccola mole. La bella e la bestia: lei piccola delicata e gentile e lui grosso sgaziato e stupido (ma è tutto un inganno).

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Sandro2 7:30 pm - 23rd Gennaio:

http://sasso.blogautore.repubblica.it/2012/01/23/la-signora-del-petrolio/?ref=HROBA-1
La signora del petrolio

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Sarà Maria da Gracas Foster, 58 anni, tre matrimoni e un certo numero di figli, il nuovo Ceo del colosso brasiliano degli idrocarburi Petrobras. Ingegnere chimico, trentadue anni di carriera in azienda, la signora è la candidata sponsorizzata dal presidente Dilma Rousseff e prenderà il posto di Jose Sergio Gabrielli, che era voluto dall’ex presidente Lula.

E’ una di quelle notizie che lasciano a bocca aperta. Se perfino in Brasile, alla testa di uno dei settori più maschili che esistano e con responsabilità enormi per lo sviluppo del Paese, arriva una donna, vuol dire che noi dobbiamo davvero darci una mossa.

Ma è una notizia che ha anche un altro significato. Molto concreta, l’ingegner da Gracas Foster ha sempre detto di essere contraria alle quote rosa e che piuttosto il suo segreto è di non aver alcuna paura della responsabilità e dell’impegno sul lavoro. Ci è voluta però una donna presidente, perché lei diventasse l’amministratore delegato del colosso petrolifero. Perché è più facile che della capacità delle donne si accorgano le donne.
>

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Sandro2 7:36 pm - 23rd Gennaio:

Questi, invece, sono due posts scritti altrove da una mia (nostra) vecchia conoscenza.
____________________

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Per quanto mi riguarda la “prova contraria” non potrà più arrivare per un motivo molto semplice: doveva arrivare all’inizio della storia, ora che il mondo in cui viviamo è stato creato -per quanto riguarda le invenzioni e il progresso scientifico- per la gran parte dagli uomini, e all’inizio della storia maschi e femmine sono partiti davvero da una situazione di “parità assoluta”, qualunque “impresa” femminile sarà comunque una rimasticazione della storia maschile… insomma, non rappresenterebbe comunque alcuna “prova contraria”. Ormai, a mondo “già fatto” (dagli uomini), è troppo tardi per le femmine dimostrare alcunché in questo campo. Studiano su libri scritti da uomini, su invenzioni e intuizioni geniali partorite da uomini, e in una società la cui “ossatura” a livello di progresso scientifico e filosofico e quasi totalmente opera maschile.

L’unico modo per le femmine di portare questa “prova contraria”, sarebbe se in seguito ad un olocausto nucleare la storia venisse “resettata”, e si ricominciasse da zero, dalle grotte e dalla clava. Quella fu la condizione iniziale di parità assoluta, che ha visto gli uomini prendere la leadership incontrastata nel campo dell’innovazione e della scoperta. Le femmine, a meno che non si verifichi un tale “reset” della storia, potranno tutt’al più riscoprire l’acqua calda, con l’imponente macchina della propaganda massmediatica che farà passare tale “scoperta” come qualcosa di “rivoluzionario” per rafforzare la fragile autostima femminile, che ha bisogno di costanti lusinghe e demenziali esaltazioni per non sbriciolarsi come un castello di sabbia.
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Preciso questa mia frase: “qualunque “impresa” femminile sarà comunque una rimasticazione della storia maschile”.

Per “rimasticazione” intendo “scimmiottamento”: le femmine sono in grado di scimmiottare (generalmente male) gli uomini. Ma una cosa è la creazione geniale, un’altra l’imitazione. Chi inventa, ad esempio, un linguaggio, è il padre di questa creazione. Se poi questo linguaggio viene acquisito da un pappagallo, ciò non mette il colorato pennuto sullo stesso piano del creatore del linguaggio. Come ho già detto, ogni “prova” doveva arrivare all’inizio della storia, qualunque cosa che verrà in futuro, a “linguaggio” già creato, sarà solo uno scimmiottamento che non prova nulla.

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erica 1:05 am - 24th Gennaio:

ma allora si potrebbe dire che la cultura, la civiltà e il progresso sono stati creati dalla razza occidentale europea o caucasica, mentre le altre razze non fanno altro che scimmiottare i progressi già acquisiti, per non parlare del fatto che l’Africa sub-sahariana non ha mai dato contributi rilevanti al progresso umano.
però mi sembra di capire che se qualcuno fa dei riferimenti razzisti in questo spazio viene censurato o rampognato severamente, mentre chi ipotizza l’inferiorità intellettuale delle donne viene tollerato.
in pratica è tabù dire che i negri sono inferiori ma è lecito dirlo a proposito delle donne.

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Fabrizio Marchi 11:05 am - 24th Gennaio:

Erica, sei in malafede e ne sei consapevole (specie perché non è la prima volta che intervieni). Siamo entrati in argomento, proprio con te, diverse volte, in particolare sul tema diversità/inferiorità, due concetti completamente diversi ma che a te fa comodo leggere nella stessa maniera.
Abbiamo ribadito più volte che la linea politica, la strategia e l’orizzonte filosofico del Movimento si evince dagli articoli nel sito ma tu, noncurante, cosa fai? Aspetti al varco un commento nel blog (che poi è sempre quello di Sandro2, il quale naturalmente esprime le sue personali opinioni) e lo utilizzi strumentalmente contro noi tutti.
Tre cose.
La prima. Prova a frequentare un qualsiasi blog femminile o femminista e leggi i tanti e disparati commenti delle varie “blogger” sugli uomini o sul genere maschile nel suo complesso. Dopo di che fai un paragone rispetto al tasso di sessismo fra noi e loro. E non aggiungo altro..
La seconda. Sandro2 nel suo commento ha fatto una sua personale rilettura, estremamente sintetica (né poteva essere altrimenti trattandosi di un post) della storia dei generi. Si può essere d’accordo o meno con la sua interpretazione, ma questo è un altro discorso. Del resto, restando al suo post, le stesse femministe (anche se da un punto di vista opposto e contrario al suo) non mettono in dubbio che la Storia (quindi anche la scienza, le arti, ecc.) fino a pochi decenni fa sia stata esclusivamente Storia maschile. Il problema è ovviamente stabilire il perché di ciò.
Per quanto mi riguarda io credo che il femminile e il maschile si siano ampiamente compenetrati nel corso dei millenni e che il primo abbia avuto un fortissimo potere di condizionamento sul secondo (oggi ancor di più), anche se, da un certo punto di vista, questo è vero, è stato il genere maschile quello attivo, quello che ha “fatto la Storia”, quello che si è esposto in prima persona. Ma non credo affatto che ciò sia da attribuire ad una sua presunta“superiorità” (né ovviamente ad una altrettanto presunta “inferiorità” del genere femminile), né tanto meno alla condizione di oppressione tout court (interpretazione femminista) in cui le donne sarebbero state obbligate dagli uomini fin dalla notte dei tempi (questa semplificazione-riduzione interpretativa, ideologica e manichea, è poco più o poco meno che una favola per bambini).
Ritengo invece che ciò sia da individuare in quella divisione del lavoro, dei ruoli e delle funzioni, all’interno di processi evolutivi antropologici e sociali-culturali molto complessi (e anche traumatici e spesso violenti, sia chiaro, la storia dell’umanità non è stata e non è un giardino incantato per nessuno e per nessuna) , che hanno visto gli uomini e le donne posizionarsi per una serie di ragioni (ambientali, fisiche, antropologiche e in seguito sociali, culturali ecc.) in un determinato ambito dell’organizzazione sociale e del lavoro piuttosto che in un altro.
Ora il discorso si farebbe lunghissimo e non ho nessuna intenzione di farlo perché altrimenti dovrei scrivere un altro libro (ti suggerisco, a tal proposito, la lettura del libro “Questa metà della Terra”, di Rino Della Vecchia e del suo articolo dal titolo “L’emergere storico della QM”, sempre a sua firma nello spazio degli editoriali, e anche del nostro Manifesto, “il Movimento Beta”, a mia firma, sulla homepage del sito) …
La terza. Il fatto che aspetti al varco il commento “utile” per attaccarci dimostra che segui con una certa attenzione (sarebbe sciocco negarlo) il nostro dibattito. Perché? Questa è la domanda che dovresti porti, sempre laddove fossi in grado di essere intellettualmente onesta con te stessa (cosa di cui sarei felice).
Se ritieni che siamo solo dei sessisti misogini (malamente) camuffati da “progressisti”, perché tanta attenzione nei nostri riguardi? I conti non ti tornano? Il cerchio non si chiude? Qual è il problema?
Credo che se riuscissi a mettere da parte per qualche minuto il tuo ego che ti impone di fare il muro contro muro nei nostri confronti, forse potrebbero emergere degli aspetti interessanti. Pensaci, provaci, mettici un po’ di impegno. Lo stesso che metti nella (attenta, devo dire) lettura di questo blog.
Non sarà un semplice caso, o no?
Fabrizio

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Sandro2 1:33 pm - 24th Gennaio:

http://www.giornalettismo.com/archives/191699/il-maschio-e-causa-di-tutti-i-mali/
Il maschio è causa di tutti i mali?
Tommaso Caldarelli
>
23 gennaio 2012
>
Uno studio conferma che la libido maschile è la prima responsabile di guerre e violenze
>
Lo studio del professor Mark van Vugt, noto psicologo evoluzionista della Vrije Universitat di Amsterdam e collaboratore ad Oxford, pubblicato sul Philosophical Transactions of the Royal Society B, riprende in mano il ruolo della libido maschile nei comportamenti sociali. Secondo lo studio, la tensione al sesso del maschio sarebbe la prima responsabile di tutti gli eventi violenti che la storia dell’umanità possa sperimentare, dalle guerre alle violenze urbane, agli scontri negli stadi. Tutto per alcune caratteristiche tipicamente maschili, geneticamente implementate per la difesa degli uomini primitivi ma, forse, attualmente non più necessarie.

L’UOMO, UNA SCIMMIA – Il Daily Telegraph le riassume: “Le attitudini tribali dell’uomo, pensate per aumentare le proprie possibilità di riproduzioni, sono simili ai comportamenti territoriali degli scimpanzé. Gli studi hanno esaminato inoltre le prove che suggeriscono come gli uomini abbiano un senso di gruppo ben maggiore delle donne, e che svilupperanno legami più stretti con le altre persone della loro comunità se sono in competizione con i rivali”. Come dicevamo, però, “le risposte ostili dell’uomo, più adatte a combattere le minacce esterne, potrebbero non essere più funzionali in tempi moderni e spesso sono controproducenti”, scrive lo scienziato. E’ una questione di mentalità, radicata forse e instancabilmente attaccata a quel che ci serviva per sopravvivere nelle grotte. “Una soluzione ai conflitti”, dice van Vugt, “rimane lontana. Una ragione potrebbe essere la difficoltà che abbiamo nel cambiare il nostro modo di pensare, evolutosi da migliaia di anni”

QUESTIONE DI ISTINTI – “La nostra mente è formata in modo tale da perpetrare i conflitti con gli estranei”: comportamenti, in sintesi, assolutamente scimmieschi. “Vediamo qualcosa di simile nei primati. I maschi pattugliano continuamente i confini del loro territorio. Se una donna da un altro gruppo si avvicina, potrebbe essere convinta ad emigrare nel gruppo; ma se un maschio si avventura troppo lontano, probabilmente sarà picchiato brutalmente e forse ucciso”, spiega lo psicologo. In sintesi: “L’istinto di violenza contro gli altri ha aiutati gli uomini primitivi a migliorare il loro status e ad avere più accesso ai partner, ma oggi questo può portare anche a guerre molto estese”; per contro, scrive lo studio, “le donne sono naturalmente equipaggiate con un atteggiamento disponibile ed amichevole, il che significa che sono in grado di risolvere i conflitti pacificamente per proteggere i bambini”.

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Leonardo 1:41 pm - 24th Gennaio:

erica
però mi sembra di capire che se qualcuno fa dei riferimenti razzisti in questo spazio viene censurato o rampognato severamente, mentre chi ipotizza l’inferiorità intellettuale delle donne viene tollerato.
in pratica è tabù dire che i negri sono inferiori ma è lecito dirlo a proposito delle donne
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Per me, se la donna è meno intelligente non sarebbe un problema; ma è l’invidia delle donne (femministe e non) che mi scoccia molto. Il confronto che cercate sempre per trovare qualcosa di superiore all’uomo, tutta la cavalleria e il servilismo maschile verso di voi, evidentemente molte donne e uomini non si accontano di come sono.
Ma perché vi ostinate sulla maggiore intelligenza? Certo fisicamente non siete più forti, allora si ricercano fesserie come le donne non puzzano, sono più belle…mentre l’intelligenza non essendo misurabile solo come dimensioni del cervello, volete essere più intelligenti. Alla fine siete voi che comandate e valete di più, discriminando il maschio. Quando a me di tutte le superiorità delle donne non frega niente. Va bene: facciamoci del male.
p.s. Il comportamento delle donne verso il maschio avvertito come superiore è proprio negargli il sesso.

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Sandro2 8:02 pm - 27th Gennaio:

Per concludere…
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>
NOI DONNE – Settembre 1989
>
L’AMORE SENZA POSSESSO DI “BA” E “BAPU”
di Mirella Converso
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Si chiamavano affettuosamente “Bapu” e “Ba”.
Noi li conosciamo semplicemente come il Mahatma Gandhi e la moglie Kasturbay. Si sposarono quando avevano 13 anni, secondo le regole del costume indiano. Fu un matrimonio combinato, come tutti a quei tempi, e si incontrarono la prima volta per la cerimonia nuziale. Vissero insieme per 62 anni. Ebbero quattro figli maschi: Harilal, Manilal, Ramdas e Devandas. Insieme diedero vita non solo a una famiglia, ma al pensiero della non violenza. Generalmente si crede che questa pratica, morale e politica, sia frutto solo dell’acume politico e della profondità morale del Mahatma Gandhi. Invece oggi in India si sta recuperando il ruolo chiave che ha avuto in tutto questo
l’umile moglie quasi analfabeta, Kasturbay. Il Mahatma nei suoi scritti riconobbe chiaramente che tutto fu costruito “insieme” perché insieme raggiunsero “il non possesso” dell’uno sull’altro che sta alla base della teoria della non violenza. “Non so descrivere le sensazioni profonde che provo per Ba. Mia moglie mi ispira come nessuna donna al mondo potrebbe… C’è tra di noi la condivisione interiore di un legame indissolubile” (Bapu). “Nessuna donna ha avuto la fortuna di avere un marito come Bapu. E’ per merito suo che io mi sono liberata e ho conquistato stima di me stessa e la stima del mondo” (Ba). E’ con la moglie che Gandhi cominciò a riflettere sulla condizione di semischiavitù storica della donna indiana. “L’uomo per generazioni ha dominato la donna e così questa si è creata un complesso di inferiorità. Ha creduto alla verità dell’interessato insegnamento dell’uomo secondo il quale essa gli è inferiore. Di tutti i mali di cui l’uomo si è reso responsabile, nessuno è così degradante, disgustoso e brutale come l’abuso da parte sua della metà migliore dell’umanità. Per me la donna non è il sesso debole, ma il più nobile. Senza di lei l’uomo non potrebbe essere. Se la non violenza è la legge della nostra esistenza, il futuro è con la donna”. Dalla convinzione alla pratica:”Se soltanto le donne dimenticassero di appartenere al sesso debole, non ho dubbi che potrebbero opporsi alla guerra infinitamente meglio degli uomini. Dite voi cosa farebbero i vostri grandi generali e soldati, se le loro mogli, figlie e madri si rifiutassero di sanzionare la loro partecipazione a qualsiasi forma o tipo di militarismo. Le donne sono le naturali messaggere della non violenza se soltanto si rendono conto della loro elevata condizione”. Per Gandhi il futuro è donna: “Per attuare l’ideale di una incorrotta indipendenza in termini di massa servendo di esempio al mondo, le donne possono marciare in testa perché sono la personificazione della forza”.
>
(Le citazioni sono tratte da: Mahatma Gandhi, Antiche come le montagne, Edizioni Comunità; e da: Ba and Bapu, Mukulbhai Kalarthi.)

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Sandro2 8:16 pm - 27th Gennaio:

http://www.nelvento.net/archivio/68/femm/operaie.htm
Sul movimento maschile

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<> è lo slogan che da anni il movimento maschile va gridando. Bisogno reale. Programma demistificato. Per gli uomini, al di fuori della fabbrica, della scuola, ecc. non esiste lo <> del tempo libero. Essi sono oggetti del nostro lavoro domestico. Essi sono compromessi contro di noi col Capitale perchè sfruttano il nostro lavoro domestico, la nostra vita per poter sopravvivere loro. Questa è la strettoia dove il Capitale li ha infognati. Ma non vederla come strettoia gli ha fatto concepire un programma riformista di lotta per la vita. Crisi nei rapporti, crisi nella sessualità, crisi di identità in sé stessi: sono lacerazioni che la lotta delle donne ha inflitto. Ma essi vogliono superare subito questa crisi, tagliando i tempi alla nostra lotta, esigendo subito una riforma del nostro rapporto con loro. Il giusto adeguamento nostro alle loro nuove esigenze, ai loro nuovi bisogni. Vogliono da noi un nuovo modo di lavorare. Ma la nostra lotta è rivoluzionaria, va in fondo alle cose! E’ tutta contro il lavoro, per la sua distruzione. La lotta delle donne: questo è il motore che ha stravolto completamente la vita capitalistica degli operai, dei proletari, degli studenti. Ma ne siamo orgogliose. La lotta delle donne contro il quotidiano lavoro domestico: vita come lavoro, sempre. Affetti come lavoro, sessualità come lavoro, sorrisi come lavoro, carezze come lavoro, toni di voce come lavoro, sogni addirittura faticosamente lavorati. La miseria del quotidiano ha avuto ancora un nome, una causa: il lavoro domestico. La vita come lavoro domestico dalle donne svolto, dagli uomini vissuto, preteso.
>
Volete riappropriarvi della vita?
>
Intanto, distruggete i padroni che sono in voi, distruggete le caratteristiche capitalistiche che sono in voi. Distruggetevi come nostri padroni. Distruggetevi come aspiratori inesauribili del nostro lavoro domestico. Non c’è altra via d’ uscita. Il risultato della nostra lotta, della distruzione del nostro quotidiano, della miseria del nostro quotidiano è spesso il deserto: deserto di sorrisi, di sguardi, di gesti, di parole, di attenzione, di affetto, di sentimenti, di amore, di tenerezza. Quando i fiori del giardino non profumano più, quando le foglie si rifiutano di sbocciare e gli uccelli di cantare, il padrone del giardino va in crisi. Ma è una crisi salutare. E’ la crisi del rapporto di potere. Ma il potere va distrutto non riformato. E allora? Compagni: state ad ascoltare le donne, guardate quello che fanno le donne, battete le mani e state contenti perchè la strada del piacere è stata finalmente battuta. Ma non accelerate i tempi altrimenti raccogliereste solo il frutto dei riformismo della vita. Ma è un frutto che puzza di morte.

>

da <> – giugno/luglio ’76
>

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erica 2:05 am - 28th Gennaio:

a Fabrizio: intervengo su queste tematiche perché mi interessano particolarmente, ma non è che aspetto al varco ogni tipo di commento di questo genere per intervenire!
il fatto è che tu parli di differenza tra diversità e inferiorità, e io continuo ad insistere che non abbiamo una mole di dati sufficiente per affermare che ci sono meno donne ingegneri perché sono naturalmente meno portate per la matematica o che non fanno i carpentieri perché meno propense per la manualità, cosa che alcuni dei forumisti invece danno per scontato pur non essendo questa la posizione ufficiale del movimento (ma è anche comprensibile che un visitatore occasionale possa equivocare su ciò).
ma a parte questo sei sicuro che saresti d’accordo a sostenere questa tua posizione in ogni caso? recentemente un’articolista di Der Spiegel ha scritto che gli italiani sono un po’ tutti come Schettino, cioè fanfaroni, caotici e indisciplinati. se venisse accusato di essere razzista lui potrebbe replicare dicendo che non si tratta di razzismo ma di diversità: i tedeschi sono laboriosi, disciplinati, efficienti, gli italiani sono simpatici e adatti a fare gli animatori in un villaggio turistico ma guai a dargli in mano il timone di una nave o altri incarichi di responsabilità, pasticcioni di natura come sono.

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Fabrizio Marchi 9:41 am - 28th Gennaio:

Non ho tempo per risponderti, Erica (a parte che l’ho fatto tante volte ma vedo che non riusciamo a capirci…), lo farò in modo più dettagliato domani stesso o nei prossimi giorni.
Per ora mi limito a constatare un fatto: la Camusso, leader del più grande sindacato italiano, e La Cancellieri, ministro degli Interni, possono serenamente dichiarare che le donne sono migliori degli uomini, nell’indifferenza generale e senza che nessuno gli dica “Ma vi rendete conto di quanto sia aberrante quello che state dicendo?”,mentre se un uomo sostiene un concetto a mio parere del tutto evidente, e cioè che uomini e donne sono diversi (concetto peraltro sbandierato da sempre dal femminismo della prima ora…) viene immediatamente messo sotto accusa per sessismo.
Ora sono io che mi rivolgo a te, Erica: non ritieni tutto ciò quanto meno contraddittorio?
Lascia perdere per un momento, le posizioni di uno o due “forumisti” di UB (vedo che batti sempre su questo tasto…) e prova a riflettere su quello che ti ho appena detto.
Fabrizio

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armando 10:03 am - 28th Gennaio:

Con l’articolo postato da Sandro 2 “I movimenti maschili”, siamo arrivati alla quintessenza del ridicolo. E’ davvero esilarante. Il ribellarsi femminile al lavoro domestico sarebbe ribellarsi al capitale e ai maschi che ne avrebbero usufruito. Lo sciopero delle pignatte come atto rivoluzionario supremo!
Ma è proprio questo che oggi il capitale chiede, esige, verso cui spinge con tutte le sue forze per il semplice fatto che non gli è funzionale.
Armando

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Rino 10:26 am - 28th Gennaio:

1- Maschi bianchi e maschi neri sono geneticamente uguali, idem per le femmine, perciò ogni diversità va riferita alla storia, alla cultura, alle condizioni sociali, alle diverse mentalità (formae mentis) che maturano nei diversi contesti. FF e MM invece sono geneticamente diversi, ciò indica che hanno VOCAZIONI diverse. Il più e il meno possono essere sensatamente (e scientificamente) riferiti a caratteri particolari, attinenti alle due polarità, non al loro valore integrale, alla loro costituzione letta nella sua totalità. Questo lo fa il femminismo, degradando gli UU.

2- La tesi che sentiamo da 50 anni secondo cui le DD non hanno fatto quel che invece hanno fatto gli UU perché ne erano impedite è vera quando è vera ed anche quando è falsa.
Perciò è falsa sempre. Essa copre sia gli impedimenti reali=esterni (non ho fatto perché non ho potuto) sia il disinteresse o l’inadeguatezza (non ho fatto perché non mi interessava o perché non ho voluto pagare il prezzo di quel fare.) Quella tesi infatti sarà sostenuta anche tra 1000 anni, quando si verificherà ancora che in astronomia ci saranno ancora pochissime DD: perché una barriera di cristallo le tiene lontane. Così, se la causa fosse (come è), che ci sono VOCAZIONI diverse quella verrebbe negata eternamente mettendo in campo invisibili impedimenti e rovesciandola in accusa eterna contro gli UU.
La tesi non è falsificabile, perciò sembra sempre vera: quindi è falsa.

3- Quanto alle differenze (medie) di mentalità tra tedeschi e italiani le affermazioni dello Spiegel saranno anche strumentali, ma hanno un preciso fondamento. Le differenze ci sono, nel bene e nel male. Che gli italiani siano pressapochisti, refrattari al metodo, alla precisione, al rispetto delle regole (in tutti i settori) è banale. Lo confermano tutti i celebratori della “fantasia” italica e critici del grigiore teutonico. Infatti, una polarità contrasta con l’altra. Anzi, mi spingo oltre, dicendo che se i treni svizzeri-tedeschi sono puliti e in orario mentre quelli italiani sono sporchi e in ritardo, invece di offendersi perché gli altri ce lo fanno notare, sarebbe ora di fare come gli altri.

4- Quanto agli Schettini, mi pare che proprio ieri il portavoce dei Capitani di lungo Corso abbia detto che quello sciagurato è, in fondo, “uno di noi”.
Anziché liquidarlo come mela marcia, fanno corpo comune: c’è dunque da attendersi che al prossimo naufragio anche quel nuovo comandante lasci… coraggiosamente la tolda e si faccia cadere sulla scialuppa.

La mia opinione è questa: è ora che gli italiani la smettano di offendersi quando vengono pizzicati per i loro difetti: è ora che eliminino i difetti, anziché celebrarli. Quando la finiremo di inorgoglirci del nostro “furbismo” allora potremo offenderci. Fino ad allora sarà meglio tacere.

RDV

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Rino 10:40 am - 28th Gennaio:

Sandro2:
>>>
Per concludere…
NOI DONNE – Settembre 1989
>>>

Faccio notare – perché si deve dare a Cesare quello che è di Cesare – di quale archivio cartaceo, elettronico e …neuronico disponga Sandro.
Un pozzo senza fondo.

RDV

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Marco 12:11 pm - 28th Gennaio:

Scusate l’ignoranza, ma nel 1976 quali movimenti maschili esistevano?!? Ma di che parlavano quelle femministe? Mi è sfuggito qualcosa?

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Marco 12:20 pm - 28th Gennaio:

X Erica
Al contrario di Sandro2 so molto poco di ormoni, cromosomi, geni, ecc, perciò non vado ad impelagarmi in certe questioni che non ho mai studiato a fondo, ma di certo ti posso dire che nella vita di tutti i giorni ascolto qualcosa di molto diverso da quello che sostieni tu.
Ad esempio, io non conosco neanche una donna che non sia straconvinta di avere una “marcia in più” di qualsiasi uomo; e al tempo stesso (tolti questi blog dove si tratta la QM) non conosco un uomo che ritenga di avere una marcia in più delle donne (forza fisica a parte). Tutti alla pecorina, sempre pronti a prenderlo in quel posto. Perciò non preoccuparti, che tanto sei circondata da autentici imbecilli, fossero anche manager d’altissimo livello, laureati con 110 e lode ma costantemente sottomessi al femminile.

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Leonardo 2:50 pm - 28th Gennaio:

@ erica: quale è il problema?

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Rino 7:18 pm - 28th Gennaio:

Marco:
>>
Scusate l’ignoranza, ma nel 1976 quali movimenti maschili esistevano?!?
>>
Nessuno, ovviamente.
Si tratta di una invenzione assoluta del primo femminismo con la quale si tenta di predefinire, a propria utilità, di predeterminare i contenuti di una presa di coscienza maschile che era di là da venire.
Si costruisce un racconto maschile prima degli UU e al posto di essi.
Si pre-occupa il territorio.
RDV

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Fabrizio Marchi 10:24 am - 29th Gennaio:

In realtà, Rino e Sandro2, la questione è ancora più grave di come voi l’avete interpretata.
Quel “sul movimento maschile” scritto in quel documento, non si riferisce al movimento maschile in quanto tale, come è il Momas oggi, per capirci (che ovviamente non esisteva) bensì al conflitto sociale e politico dell’epoca (siamo nel pieno degli anni ’70) e al movimento operaio e studentesco che ne era il protagonista, che secondo l’interpretazione femminista era comunque un movimento maschile, cioè egemonizzato dai maschi e dal maschile. E’ per questa ragione che alcune autorevolissime femministe, fra cui la ben nota Carla Lonzi, quella che invitava a “sputare su Hegel”, consideravano il conflitto di classe un “affare privato fra maschi”.
Di conseguenza anche i movimenti sociali e operai vennero di fatto considerati varianti subalterne del sistema dominante capitalistico, proprio in virtù del fatto che la problematica di genere era assente, e quindi anche all’interno di quegli stessi movimenti, le relazioni fra i generi vedevano un sostanziale predominio maschile e una subalternità femminile . E’ in quella fase che l’operaio e il proletario diventano gli “oppressori”, né più e né meno dei “padroni”. E’ quello il punto di svolta, il punto più “alto” del pensiero e della prassi femminista. Non a caso nasce proprio in quel periodo il femminismo della differenza, il più razzista e integralista (anche se ideologicamente collocato nella sinistra più estrema). La lotta di classe, per lo meno fino a quel momento (poi verrà “riabilitata” grazie all’entrata sulla scena delle donne…), viene ridotta ad un affare privato fra maschi, l’oppressore non è più o soltanto il ceto dominante (o se preferite, dal loro punto di vista, i soli maschi dominanti), ma l’intero genere maschile, compresi soprattutto i maschi della classi popolari e proletarie che hanno interiorizzato e fatto propri i valori, gli stili di vita e l’ideologia delle classi dominanti (il che è anche vero, da un certo di vista, ma in un altra direzione, e qui bisognerebbe aprire un discorso lunghissimo…). Ne consegue che il primo nemico da abbattere diventa il proprio uomo, marito, compagno, padre, fratello. Perché anche e soprattutto all’interno di queste relazioni si ripropongono i rapporti di forza fra dominanti e dominati (anzi, dominate) dove naturalmente i maschi sono sempre, comunque e dovunque i dominanti e le femmine sempre e comunque le dominate.
Come abbiamo detto tante volte, qualsiasi ideologia, per essere credibile, deve avere anche degli elementi di verità, deve poggiare su alcuni fatti concreti e verificabili (che vanno a confondersi con le menzogne e con un’interpretazione parziale della realtà). E’ innegabile che la società italiana di cinquant’anni fa fosse completamente diversa da quella odierna e che all’interno di questa fosse ancora presente una forte tradizione patriarcale (così come una altrettanto forte componente matriarcale, negata dal femminismo, naturalmente…). Così come è altrettanto vero che fino al primissimo dopoguerra erano gli uomini, in larga parte, che lavoravano e di conseguenza portavano il salario a casa. Ovviamente questa situazione è stata interpretata dal femminismo a senso unico, come ben sappiamo, con il marito “libero” perché economicamente indipendente e quindi “padrone” della propria vita e della propria famiglia, e la moglie ridotta al rango di “serva”. C’è da ridere se si pensa alla condizione di “indipendenza” economica di decine di milioni di operai, braccianti, minatori e quant’altro , “liberi” di essere sfruttati dieci o dodici ore al giorno in condizioni di lavoro terribili per un salario che era a malapena sufficiente per nutrire i propri figli, ma lasciamo perdere… (come ho detto in un video preferisco mille volte “fare la “moglie-serva” di King Kong piuttosto che trascorrere la mia vita da “uomo libero” in una miniera, in una cava di marmo o su una locomotiva a spalare carbone, come il mio bisnonno).
Questa la situazione che, in tutta la sua complessità, come abbiamo spiegato tante volte, è stata interpretata a senso unico.
Ma quel contesto, che ha generato anche quell’interpretazione (con le sue verità e le sue menzogne), è mutato radicalmente, profondamente, fino ad essere completamente altro rispetto a ciò che era. Non entro neanche nel merito perché dovrei ripetere concetti che abbiamo spiegato tante volte nei nostri articoli.
Ciò che è straordinario è che quell’interpretazione è rimasta immutata nel tempo, come se questo si fosse fermato, come se un passaggio epocale, quello dal ‘900 al Terzo Millennio, non fosse mai avvenuto, come se i processi di trasformazione del Capitalismo e della SIA (Società Industriale Avanzata), con tutto ciò che questi hanno comportato e comporteranno, non fossero mai accaduti. Il che rende il tutto anche grottesco. Ma è evidente che le ideologie sono per loro natura immutabili. Se non lo fossero non sarebbero neanche più tali e sarebbero destinate a perire.
Fabrizio

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Sandro2 11:40 am - 29th Gennaio:

Fabrizio, come avrai notato ho soltanto segnalato quel documento (nonché tutti gli altri che sono all’interno di quel link) che conservo da parecchi anni, lasciando libera interpretazione di ciò, proprio perché so (e sapevo) che la questione è ben più grave.
Per esempio, chi mi conosce, sa che frasi simili alla tua:
“Ne consegue che il primo nemico da abbattere diventa il proprio uomo, marito, compagno, padre, fratello”,
è un “qualcosa” che io vado ripetendo da tempo; da ben prima che esistessero i movimenti maschili (e le associazioni dei padri separati).
Naturalmente, essendo il sottoscritto un “solitario battitore libero” da sempre, ufficialmente non esisto.

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erica 2:07 am - 30th Gennaio:

@Rino: a quanto pare l’articolo di Der Spiegel è stato male interpretato da Repubblica e l’intento non era denigratorio verso gli italiani.
ma rimane il punto che se qualcuno parlasse degli italiani(o di qualsiasi altra nazionalità) come un popolo incapace di disciplina e rigore per cause genetiche (e non culturali) sarebbe sempre una legittima sottolineatura di una diversità che non implica per forza razzismo perché diversità e inferiorità non sono la stessa cosa?
per quanto riguarda l’astonomia al femminile, di Margherite Hack ce ne sono poche per mancanza di stimoli, esattamente come ci sono poche donne chitarriste jazz o film-maker.

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Fabrizio Marchi 8:37 am - 30th Gennaio:

Erica, in tutta sincerità e senza nessuna polemica, credo che questa discussione rischi di diventare anche un po’ stucchevole. Ti abbiamo risposto in parecchi e a più riprese, fornendo argomentazioni a mio parere più che adeguate, e tuttavia non abbiamo fatto un passo in avanti che è uno. Non riusciamo ad uscire da questa impasse. Per te diversità è inferiorità. Punto. Abbiamo fatto di tutto per cercare di spiegarti le nostre ragioni, fino agli esempi più banali, ma ogni tentativo è stato vano e si infrange contro un muro che è impossibile da abbattere. Perché è il muro dell’ideologia che ti impedisce di aprire anche il più piccolo varco. Se solo lo aprissi, crollerebbero tutte le tue convinzioni. E quindi capisco questa resistenza; ci sono passato anche io e mi ci sono voluti anni e un duro lavoro con e su me stesso per accettare che la realtà è un’altra cosa rispetto all’ideologia.
La mia opinione (ma mi pare di avertelo già detto in un precedente post) è che questo incaponimento nel cercare di negare una realtà così elementare ed evidente come quella della oggettiva diversità fra i generi , derivi in effetti da un complesso di inferiorità che ha radici antiche con il quale molte donne, te compresa, non hanno ancora fatto i conti.
Vi auguro di farlo perché prima lo fate e meglio è per tutti e innanzitutto per voi stesse.
Ma questo è un tuo/vostro problema rispetto al quale noi, purtroppo, non possiamo fare oggettivamente nulla, se non quello che stiamo già facendo (che non è poco), e cioè dirvi le cose come secondo noi stanno. Non è difficile, Erica, basta fare come gli “antichi”, come si diceva una volta scherzando (ma correttamente). E’ sufficiente fermare la nostra mente per un attimo e dedicare qualche minuto all’osservazione della realtà e soprattutto, in questo caso, della natura, proprio come facevano i primissimi filosofi preclassici. Nell’arco di pochissimo tempo noi vedremo un cane che corre su un prato giocando con un bastone e una farfalla che si posa su un fiore. E non ci sarà necessità di particolari riflessioni per capire che sono entrambi meravigliosamente diversi.
Ma anche questo esempio ti è stato fatto più volte (proprio dal sottoscritto) e non ha sortito alcun effetto.
Forse è troppo presto. Il tempo ci dirà se ci saranno evoluzioni o cambiamenti in tal senso. Ora, se sei d’accordo, mi pare che il tema sia stato affrontato e sviscerato in modo esaustivo e, come ripeto, continuare a battere e ribattere all’infinito sullo stesso tasto non porterebbe a nulla.
Se hai altri argomenti da proporre, fallo pure tranquillamente. Così per lo meno diamo una mossa alla classifica, come si dice in gergo calcistico, e rendiamo più ricco e vivace il nostro dibattito…
Fabrizio

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cesare 11:13 am - 30th Gennaio:

Davvero il genere femminile sembra nutrire oggi (o è da sempre?) un odio furibondo contro se stesso se ogni riferimento alla specifica diversità tra i generi scatena tanta angoscia e resistenza. Quella angoscia che fa chiedere allo Stato da una bioeticista inglese finanziamenti per lo sviluppo dell’utero artificiale: per lei la gravidanza è una malattia che i maschi invece non soffrono. Non solo: per la maggioranza delle donne il concepito nel proprio ventre è un grumo di cellule, un minaccioso invasore ; e per tante l’educazione alla vita di un figlio, la condanna ad una condizione di minorità. Lo spirito di accoglienza e la gentilezza, e la grazia femminile, giudicati risultanze di una calcolata e maligna educazione alla servitù. Da ultimo il proprio corpo e la sua bellezza, insufficienti: un errore originario della natura da rifare al meglio nelle sale di chirurgia estetica. La bellezza poi, se davvero presente, una condanna da rifiutare perchè impegnativa.
Amiche carissime, se non ci fosse il desiderio maschile, possente, autentico amore incarnato, che sarebbe di voi ai vostri occhi?

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erica 12:40 pm - 30th Gennaio:

@Fabrizio: ma tu credi solo alle differenze congenite tra i due generi o anche tra popoli, etnie e razze diverse?

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Fabrizio Marchi 12:51 pm - 30th Gennaio:

Erica, la tua è una domanda capziosa, e lo sai perfettamente. Non intendo tornare sull’argomento perché ti ho risposto più e più volte dedicandoti fin troppo tempo, mentre tu continui a rispondermi come un disco rotto, utilizzando lo stesso identico ritornello del razzismo ecc.…Non ha alcun senso proseguire.
Se hai altri temi da proporre, ne saremo tutti felici. Altrimenti per me la questione è chiusa. Se qualcun altro ha intenzione di perdere energie e tempo facesse pure, non ho nulla in contrario. Del resto la posizione ufficiale del Movimento è ben chiara nel merito e si evince in tanti e tanti articoli, nel Manifesto e nella Carta dei Principi.
Anche la pazienza ha un limite: il buon senso.
Fabrizio
p.s. peraltro nel merito specifico del tuo ultimo commento, ti ha già risposto Rino, ma tu non ci senti (non vuoi sentire…)

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erica 2:04 pm - 30th Gennaio:

guarda che non ti sto accusando di razzismo.
ma tu dici che la storia dell’umanità è l’evidenza stessa di come le donne non abbiano determinate predisposizioni rispetto all’uomo.
ma allora se guardiamo alla storia dei popoli possiamo vedere che la Francia ha contribuito molto di più alla civiltà rispetto al Tagikistan. E cosa ne dobbiamo dedurre? che i francesi sono naturalmente predisposti a fare certe cose rispetto ai tagiki? o ci sono forse mille altre variabili da prendere in considerazione?

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Leonardo 2:07 pm - 30th Gennaio:

@erica
Vedo che le tue domende sono indirizzate sempre a Rino o a Fabrizio (?)
Per me le differenze tra razze e tra sessi sono anche psicologiche: fossi nato in Iran sarei stato molto diverso, anche se fossi stato adottato da una famiglia irachena ma figlio di italiani, avrei ricevuto un educazione islamica e vissuto tra condizioni climatiche e paesaggistiche diverse. Sarei stato diverso se adottato da una famiglia ricca o povera o da una famiglia violenta e una comprensiva e non solo…
Tra maschi e femmine che sono sessi diversi, la differente psicologia non è solo dovuta all’educazione-ambiente, ma anche a diversità psicofisiche.

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Rino 2:17 pm - 30th Gennaio:

Fabrizio
>>
p.s. peraltro nel merito specifico del tuo ultimo commento, ti ha già risposto Rino, ma tu non ci senti (non vuoi sentire…)
>>
Non vuole. Pur se in questo caso, non dovrebbe cambiare i suoi valori (resistenza comprensibile) ma riconoscere banalmente che qui non stiamo giocando a basket ma a pallavolo.
Non c’è verso: insiste che noi qui, a nostra insaputa, stiamo giocando a basket.
Vabbèh…

RDV

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Fabrizio Marchi 3:10 pm - 30th Gennaio:

Bravo Leonardo, le cose sono così semplici e invece ce le complichiamo…ma guarda un pò…

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erica 3:26 pm - 30th Gennaio:

ecco, Leonardo ha risposto direttamente alla mia domanda e adesso conosco la sua opinione.
Invece Fabrizio e Rino continuano a schivare la questione. Se pensate che voglia estorcervi opinioni controverse per poi andare in giro a parlare male di voi allora preciso che non ho nessun interesse nel farlo.

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Fabrizio Marchi 4:32 pm - 30th Gennaio:

Mi ero ripromesso di non tornare sull’argomento ma Leonardo mi ha dato uno spunto interessante che forse, e dico forse, potrebbe esserci utile a sbrogliare la matassa una volta per tutte (ripeto il forse perché l’ideologia è una forza molto potente, dopo di che alzo veramente le braccia e mi arrendo…).
Il filosofo liberale Montesquieu (quello che ha inventato il principio della divisione dei poteri, per capirci…), nella sua celebre opera “L’Esprit de Lois (Lo Spirito delle Leggi)” scrisse un famosissimo capitolo sulla “teoria dei climi”. Il Montesquieu, che certo non era un teorico della supremazia della razza, spiega in quel capitolo (ricordo che fui interrogato proprio e anche su questo argomento durante l’esame di Storia delle dottrine politiche, dalla Prof. Anna Maria Battista, ormai da tempo deceduta) come le condizioni climatiche condizionino in modo determinante l’ economia, la cultura, l’organizzazione sociale, la religione, la vita stessa di un popolo e di una comunità.
E’ evidente – spiega il Nostro – come lo sviluppo industriale, per dirne una, non avrebbe mai potuto darsi in un contesto come quello centroafricano (solo per fare un esempio), con 90° di umidità e 45° all’ombra. Ciò vale naturalmente, come abbiamo detto, per tutte le altre attività umane. Riesce veramente difficile pensare ad un Dostoievskj in versione caraibica così come, viceversa, la musica afrocubana in versione siberiana…Non parliamo poi delle religioni. Proviamo solo per un attimo a pensare se il Calvinismo, con la sua concezione dei costumi che definire rigida è un eufemismo, avrebbe potuto nascere e svilupparsi a Cuba o a Santo Domingo…
Come al solito gli esempi potrebbero essere milioni…Naturalmente, come abbiamo spiegato mille volte (e il sottoscritto in particolare nell’articolo “Natura e cultura”) gli aspetti climatici, ambientali, antropologici, psicologici, culturali, sociali, economici, religiosi e quant’altro, si sono sviluppati e mescolate assieme al punto che è pressoché impossibile stabilire un prius.
Ora, se le differenze climatiche, come è ovvio, arrivano a condizionare in modo così potente la vita dei singoli individui e dei popoli fino a modificarla fortemente (così per lo meno abbiamo risposto alla solita obiezione sui neri subsahariani…), qualcuno dovrebbe ragionevolmente spiegarmi per quale ragione le diversità fisiche e genetiche (oggettive) fra i due generi non dovrebbero comportare anche una diversità nel modo di essere, di pensare, di relazionarsi all’altro, di esprimersi nel mondo e nella vita. Senza dimenticare ovviamente tutto il resto che abbiamo appena detto, cioè la cultura, l’economia, i fattori climatici, ambientali e via discorrendo (che naturalmente contribuiscono anch’essi in modo determinante a formare gli individui, maschi o femmine che siano).
Ora, sostenere che le popolazioni caraibiche sono molto più portate per la musica e il ballo (per tutte le ragioni che abbiamo detto…) rispetto a quelle nordeuropee, significa affermare che le prime sono “superiori” alle seconde e che queste ultime sono “inferiori” alle prime?
Viceversa, sostenere che le popolazioni centronordeuropee (ricordo che in alcuni di quei paesi vivono per circa nove mesi all’anno nel buio…) sono più portate (sempre per tutte le ragioni che abbiamo spiegato…) ad un certo tipo di introspezione religiosa rispetto a quelle latinoamericane, significa affermare che le seconde sono “inferiori” alle prime e viceversa le prime “superiori” alle seconde (sia detto, per inciso, magari potessi vivere ai Caraibi dove, condizioni socioeconomiche a parte, me ne sbatterei altamente le palle della speculazione filosofico-teologica, che invece, guarda caso, per lo meno per quanto riguarda quella filosofica, è in qualche modo parte della mia vita…) ?
Spero che questi esempi e soprattutto l’aver tirato in ballo un “classico” (sono sempre riluttante, come sapete, a tirar fuori a sproposito i “classici”…ci vuole veramente tanta cultura oppure tanta presunzione per farlo così spesso come avviene oggi…) possa esserci stato di aiuto per sciogliere questi piccoli nodi.
Dopo di ciò se qualcuno/a viene ancora a chiedermi se penso che in virtù della mia idea di diversità fra i generi, i neri dell’Africa subsahariana siano “inferiori” ai bianchi europei, lo/a mando direttamente in quel posto…
Fabrizio

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Fabrizio Marchi 4:34 pm - 30th Gennaio:

“Invece Fabrizio e Rino continuano a schivare la questione. Se pensate che voglia estorcervi opinioni controverse per poi andare in giro a parlare male di voi allora preciso che non ho nessun interesse nel farlo”. (Erica)
Erica, anche volendo, non ce la faresti. Non essere presuntuosa, almeno questo…
Fabrizio

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erica 5:03 pm - 30th Gennaio:

vabbè, ho capito. sei dello stesso parere di Leonardo. facciamo che non siamo d’accordo e amici come prima. ad ogni modo non mi sento inferiore, semplicemente sto dubitando della validità del ragionamento.

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Leonardo 5:08 pm - 30th Gennaio:

L’argomento è interessante.
Il latini americani sono il risultato di un miscuglio di razze e culture europee e africane (e i nativi). Il carnevale di Rio in Portogallo non avrebbe potuto nascere nei mesi più freddi.
In nord America dove l’immigrazione nord europea è stata più forte: Halloween, il formarsi di scrittori di racconti gotici come Washington Irving e Edgar Allan Poe, è stato possibile grazie ai climi freddi degli usa, ma anche nelle zone più assolate della California e i deserti dell’Arizona hanno potuto far nascere il mito del far west, con i bianchi cha si battono in duello sotto il sole, e guarda caso un italiano come Sergio Leone è stato un maestro nel genere…
Nell’antichità le grandi civiltà si sono formate intorno al mediterraneo, tra i quali i romani, i greci e gli egiziani prima di tutto, dove oggi c’è l’islam, un tempo maschi e femmine andavano in giro nudi, come almeno sui vede negli affreschi dei loro templi pagani…
Tutto dipende dall’adattamento delle specie e dal caso fortuito per la nascita di civiltà differenti.

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Fabrizio Marchi 5:11 pm - 30th Gennaio:

Caro Leonardo, oggi ti vedo veramente in forma, mantieniti su questa linea…

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Leonardo 5:28 pm - 30th Gennaio:

Fabrizio Marchi
Caro Leonardo, oggi ti vedo veramente in forma, mantieniti su questa linea
———————————–
Con i climi e con le razze è facile; è con le donne che è difficile…
Poi erica non ci spiega neanche bene la sua posizione

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Rino 5:42 pm - 30th Gennaio:

Erica:
>>
…ad ogni modo non mi sento inferiore,
>>
E perché dovresti? Hai tutto il diritto di dubitare della validità dei ragionamenti di chiunque. Anzi ne abbiamo quasi il dovere, noi tutti. Perché questo problema?

Però non dire che io schivo le domande. Non schivo nulla, ma non ho energie per ripetermi né fantasia sufficiente per riarticolare i concetti.

Cmq Leonardo (in modo succinto) e Fabrizio (in formato A2) hanno riscritto quel che avevamo già detto.

Scrivo che diversità parziali non significano inferiorità (ad es. io sono inferiore a moltissimi in moltissime cose e sono inferiore alla media delle DD in un intero versante della vita) ma non per questo mi sento inferiore a chicchessia nel mio valore intrinseco e ontologico, e allo stesso modo giudico gli altri. Tu invece continui ad insistere che in fondo dietro ogni diversità parziale c’è, ci sarebbe, si intende che ci sia una inferiorità/superiorità tout court.

Nel XXI secolo non è più possibile dire queste cose.
L’era della valutazione sup/inf deve orami appartenere al passato, (anche se purtroppo perdura in vasti ambiti). Finirà del tutto quando finalmente si potranno criticare apertamente tutte le culture, tutte le etnie, tutte le religioni, le tradizioni, le storie senza paura di venir tacciati di pregiudizio razziale o etnico.
Chi ne è del tutto esente può permettersi di farlo già oggi, anche se si corre sempre il rischio di venir fraintesi non solo dai maligni (è ovvio) ma anche dagli ingenui in buona fede.

Quanto alle astronome (etc) invece di confermare l’uso della motivazione “sempre vera” e perciò sempre falsa (di cui parlavo) non sarebbe più facile dire: ci sono due polarità, due orientamenti, due gruppi di vocazioni con diverse attrattive su M o F. Chi è più orientato verso il mondo (le dinamiche umane) chi invece di più verso il cosmo (le dinamiche della materia). Se F è più “biologica” e M è più “fisico” perché bisogna sentirsi inferiori? Perché?

(In forma diversa – o uguale – ho espresso qs concetti centinaia di volte, e non solo io).

Sono esausto.

RDV

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Rita 5:56 pm - 30th Gennaio:

da qualche parte avevo letto anche una teoria in merito allo sviluppo delle religioni: quelle che prevedevano una sorta di cicli di reincarnazione continua pare si siano sviluppate in climi lussureggianti con ricca vegetazione. Quelle che prevedevano un’eternità in un’aldilà di benessere si sono sviluppate in climi aridi o aspri. In pratica pareva volesse dire, chi già viveva in una specie di paradiso terrestre auspicava un’eternità in loco, chi invece viveva in un purgatorio o in un inferno auspicava un’eternità in paradiso smile
E se pensiamo anche a come influiscono le religioni sulla cultura dei popoli. …

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Fabrizio Marchi 6:14 pm - 30th Gennaio:

“In forma diversa – o uguale – ho espresso qs concetti centinaia di volte, e non solo io).

Sono esausto”. (Rino)
Speriamo almeno, caro Rino, che tutto questo dispendio di energie serva a qualcosa. Qualcuno diceva che se anche riesci a convincerne uno (a) puoi considerarti soddisfatto…
Ma mi sa tanto che non ce l’abbiamo fatta neanche a questo giro di giostra…smile
Andiamo avanti…smile
Fabrizio

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Leonardo 7:54 pm - 30th Gennaio:

L’Europa è un paese molto nordico in latitudine, ma essendo piccola e formata da un insieme di penisole dove si insidia la corrente marina calda che proviene dal golfo del Messico, ha un clima molto più mite rispetto al gran parte del nord America e Asia a pari latitudine. Quindi un clima favorevole. Alle latitudini di città come Oslo, Stoccolma e Pietroburgo (andando verso Est in Russia e Asia il clima diventa più continentale e freddo) in Canada vivono gli Eschimesi, che sono popolazioni nomadi della tundra.
La Cina è molto più a sud dell’Europa, considerando Pechino alle latitudini dell’Italia ed è una civiltà antica.
Il Giappone è un isola a latitudini più o meno pari all’Italia ed è investita da una corrente calda oceanica e malgrado i forti terremoti è un paese con una civiltà antica.
In nord America vivevano i Pellerossa che erano nomadi. Gli europei dopo aver raggiunto un certo grado di evoluzione sono riusciti a raggiungere l’America e conquistarla; trovando a pari latitudine del mediterraneo climi adatti (si dice che il New England abbia temperature simili alla Romania)
Non so, ma nelle zone temperate sono nate le civiltà stanziali più antiche.

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mauro recher 8:45 pm - 30th Gennaio:

fabrizio ,mi sono permesso di usare un tuo post come traino a questo
http://femdominismo.wordpress.com/2012/01/30/lipocrisia-femminista/

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Rino 9:40 pm - 30th Gennaio:

Rita:
>>
da qualche parte avevo letto anche una teoria in merito allo sviluppo delle religioni…
>>
Cos’è che non influisce su culture, atteggiamenti, sentimenti come possibilità, necessità, stimoli, forniti da ambienti, luoghi, collocazioni…
Ad es.: i popoli del mare tendono ad essere aperti, curiosi, avventurosi, innovatori etc. Quelli dell’entroterra riservati, chiusi, conservatori etc.
Il Texas non è la California né il New England.
I partiti modernisti, europeisti vincono in Istria e Dalmazia, i conservatori nazionalisti all’interno della Croazia. La Lega ha scarso successo a Venezia e Rovigo. Trionfa a ridosso delle Alpi e sulle Alpi. Barcellona e Bilbao si oppongono al centro della Spagna. Amburgo e Brema cedono al cosmopolitismo, la Baviera è conservatrice e tradizionalista. E via elencando.
Da oggi?
Da sempre. Sparta era interna e agricola. Atene esterna e commerciale.
E via ragionando.
… Lo spirito delle Leggi, certo.
Cioè dei costumi, delle mentalità, degli orientamenti psicologici. Del “sentimento del mondo”…

RDV

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