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Solo pochi giorni fa mi trovavo a Marrakech, in Marocco, una delle storiche (e bellissime) città imperiali di quel paese,insieme a Fes e a Meknes con le loro Medine assolutamente imperdibili (specie quella di Fes).
Ho approfittato per recarmi ad un “hammam”, un bagno turco, uno di quelli popolari, frequentato prevalentemente da marocchini, arabi o berberi. C’erano però anche degli europei, presumibilmente turisti. Naturalmente questi luoghi sono separati in base al genere: ci sono quelli per uomini e quelli per donne.
Ho capito ben presto che non si trattava di un semplice bagno turco. Ovviamente posso parlare solo di quello maschile. L’hammam è un luogo dove gli uomini si incontrano, stanno insieme, chiacchierano, si rilassano e soprattutto si prendono cura l’uno dell’altro senza il timore di essere presi per omosessuali (nella qual cosa non ci sarebbe nulla di male, ovviamente). Ci si lava e ci si insapona l’un l’altro, ci si striglia con una spugna un po’ ruvida che serve a pulire la pelle dalle scorie, ci si versa dell’acqua reciprocamente e chi vuole può farsi praticare un massaggio dagli inservienti, sorseggiando dell’ottimo the alla menta che viene offerto agli avventori, in un’atmosfera semplice ma quasi sacrale.
Il tutto mi ha colto di sorpresa, devo essere onesto, mai e poi mai avrei pensato di ritrovarmi ad insaponare e a strigliare la schiena di un altro uomo a me sconosciuto e a mia volta di avere da lui lo stesso trattamento, tutto con molta dovizia e dedizione reciproca, con scambi di sorrisi e cortesie, mai gratuite o stucchevoli; maschili, mi viene da dire. Ma soprattutto mai mi sarei immaginato che potessero esistere spazi e luoghi di queste genere.
Non ho voluto raccontare questo episodio per esaltare la cultura di quel paese che ha mille contraddizioni, come e più del nostro, ma solamente per condividere quella che è stata un’esperienza molto piacevole alla quale non ero preparato e che non mi aspettavo.
Ho capito insomma che in quel contesto storico-culturale, spesso, diciamoci la verità, criminalizzato e demonizzato (“marocchino” è da sempre sinonimo di immigrato, in senso dispregiativo e razzista) e in realtà senza alcun dubbio molto più accogliente e conviviale del nostro, esistono degli spazi di condivisione ancora molto forti dove la maschilità viene vissuta in modo sereno e consapevole, senza nessun atteggiamento “machista” o sciovinista.
Uno spazio insomma, che nel nostro mondo non esiste se mai è esistito, e certamente non in quella forma.
Il paradosso (per noi) è che proprio in quel contesto, nel nostro immaginario considerato come l’essenza del maschilismo più bieco, gli uomini si coccolano l’un con l’altro in tranquillità e in disinvoltura proprio come quando si sorseggia un the in buona compagnia. Tutto ciò mi ha colpito molto. Pensate per un attimo se quegli stessi comportamenti, con quelle stesse modalità, con quello stesso approccio all’altro e con quella stessa filosofia, fossero praticati da qualcuno negli spogliatoi delle palestre, ormai ridotte, tranne pochissime irriducibili (si riconoscono dalla puzza del sudore, dalle mura fatiscenti e dalle urla dell’allenatore) a “centri benessere”, praticamente quasi discoteche dove tra uno “sculettamento” (femminile o maschile) da una parte e una lezione di salsa dall’altra, si fa finta di allenarsi.
E’ ovvio che in quel contesto c’è qualcosa di più alle spalle, una cultura (sia pure con tante contraddizioni che non sto ad approfondire) che consente l’esistenza di luoghi (intesi in senso più concettuale che fisico) dove poter coltivare e vivere la propria appartenenza di genere in modo sano.
E’ significativo invece che proprio nel nostro contesto gli uomini abbiano smarrito anche la dimensione più immediata del loro essere ed esistere nel mondo, e cioè la fisicità e la sua condivisione, maldestramente camuffata dietro a fisici “palestrati”, a muscoli gonfiati ad arte e all’ideologia che c’è dietro a tutto questo.
La costruzione di una nuova, consapevole e sana maschilità passa anche attraverso questo passaggio, cioè la ricerca e la individuazione di spazi maschili consapevoli (non solo, come dicevo, in senso fisico) che non siano le “fabbriche di consenso” di cui sopra, oppure le curve degli stadi, i bar e le bische delle periferie, vere e proprie scuole di “machismo” dove masse di maschi beta vengono addomesticati.
9 Commenti
Fabrizio Marchi
@
E’ significativo invece che proprio nel nostro contesto gli uomini abbiano smarrito anche la dimensione più immediata del loro essere ed esistere nel mondo, e cioè la fisicità e la sua condivisione, maldestramente camuffata dietro a fisici “palestrati”, a muscoli gonfiati ad arte e all’ideologia che c’è dietro a tutto questo.
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Infatti, al pari di altri utenti di questo blog, quello che io riscontro quotidianamente negli uomini italiani è un profondo disprezzo di sé e degli altri uomini, nonché una spaventosa dipendenza dalle donne, che suppongo in quei paesi musulmani sia molto più ridotta.
Simone M.(Quota) (Replica)
Bell’articolo di Fabrizio Marchi.Anch’io vedrei bene il sorgere di spazi maschili sani come quelli che hai descritto tu.Uno spirito di fratellanza e cameratismo(nel senso buono)maschile.Un ambiente così potrebbe essere costruttivo anche a sviluppare una buona identità di genere.
Forse anche a sviluppare personalità più consapevoli di se.
Retiarius(Quota) (Replica)
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo491096.shtml
Luke Cage(Quota) (Replica)
Tra i vari post in fin dei conti forse questo è quello più adatto per segnalare questo link:
Contro gli stereotipi maschili: uomini, stand up!
di Simone Perotti | 28 marzo 2013
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“Di cosa parlano i giornali maschili!?” Me lo sono chiesto e sono andato a vedere le prime pagine e i sommari dei maggiori magazine per uomini. Cerco di sintetizzare:
Men’s Health: “i segreti per sedurre Brittany Belle, Danielle Ruiz, etc, le quattro bellissime…”; Ben due articoli sul body building e l’esercizio fisico; “Convivenza? Pensaci 7 volte!”; “Quanto sei forte (fisicamente…)?”; “I segreti per farti desiderare”; E l’imperdibile: “Come spiegarle il fuorigioco?”. Accidenti… Max: “Robert Downey Jr. è l’uomo Max di questo mese. Perché… ribelli si nasce!”; “Personaggi fuori le righe, maledetti, ironici e borderline. Come piacciono a noi”; e poi molti articoli di cultura: l’ultimo album di Eric Clapton, la recensione del film cult “Il cacciatore di giganti”, il concerto di Laura Pausini. Affascinante. ForMan Magazine: “Perdi 5 chili”; “Bicipiti in metà tempo”; “Il segreto dei vincenti è dormire”; “Spalle a V”; “4 super tablet provati per te”. Però! – GQ: “Il ritorno di Volverine”…
Qui, lo ammetto, mi sono fermato. Esisteranno senza dubbio giornali maschili diversi… Chissà.
Non mi sono stupito, non vivo nel paese delle meraviglie. Però sono un po’ stufo. E non tanto che nei giornali maschili si persegua questo stereotipo di uomo vincente, muscoloso, più o meno analfabeta, parlando al quale occorre rallentare la frase per farsi seguire. Molti giornali femminili inseguono un’immagine simile e rovesciata delle donne.
Tuttavia, settimanali riviste femminili ad alta tiratura e di tutt’altro tenore, profondi e articolati quanto basta per dar conto che esiste anche un’altra donna, non solo la velina più o meno scema, ce ne sono, e parecchi. Basterebbe citare “Io Donna” del Corriere e “D” de La Repubblica, ma anche Amica, Marie Claire, Vanity Fair e gran parte dei mensili, che sono piuttosto ben fatti. E comunque, rispetto a questa immagine femminile, le donne tuonano da decenni, stigmatizzano il cliché, si oppongono allo stereotipo, garantendosi dunque anche il gusto di sedersi dal parrucchiere e leggere riviste banali, di tanto in tanto, con lo sguardo disincantato e critico che le contraddistingue nel resto del tempo.
Quello che mi colpisce è il passivo e prono silenzio degli uomini. Continuiamo a venire rappresentati come dei trinariciuti, monocigliuti, tetragoni imbecilli, gente che ha solo la funzionalità del pollice su un telecomando. Continuiamo a venire dipinti come dei somari a caccia solo di figa e tablet, salvo poi essere inadatti al trattamento della prima (tanto che abbiamo bisogno di consigli per sedurre) e all’uso dei secondi (che sono dei media, dunque veicoli di contenuti. Li abbiamo i contenuti?). Giocherelloni mai cresciuti, interessati solo al Salone automobilistico, all’ultimo modello di Harley Davidson, alle diete che ti fanno diventare bello in cinque giorni. Ecco, io mi oppongo. Vorrei che venisse messo agli atti che nel 2013 qualcuno si ribellava a questo stereotipo. Lo faccio per me, per quei cinque minuti prima di morire, in cui ripercorrendo la mia vita sarò lieto di aver detto e mi struggerò quando avrò taciuto.
Non ne posso più di questo modello maschile. Non ne posso più di uomini che non si sentono avviliti in questi panni. Non ne posso più del nostro silenzio, del fatto che quello che sentiamo e viviamo resta sempre dentro, nessuno gli dà voce. Noi non gli diamo voce! Non ne posso più di essere considerato in modo così superficiale. Io (molti…) sono un essere complesso, articolato, raffinato, fatto certamente di fisicità, ma non solo; fatto di ormoni, ma non solo; capace di leggere, ma non qualunque idiozia su di me.
Uomini, stand up! Incapaci di raccontarci (perché incapaci di saperci), continuiamo ad essere sottovalutati, strumentalizzati, vessati dal sistema produttivo ed economico. Carne da macello, questo siamo per la maggioranza della cultura imperante. Materiale umano da assumere e licenziare a ogni bava di vento (perché uno che deve comprarsi tutti i giocattoli maschili ha bisogno di soldi, dunque è schiavo del lavoro), da considerare poco perché vale poco, senza idee, senza progetti, senza sogni. Mi pare che basti, ormai. Proviamo ad alzarci e a dire che non siamo così. Proviamo a dimostrare che siamo migliori di così. Iniziamo con dei “no”, come si deve all’inizio di ogni cambiamento. Non dipingetemi così! Io non sono il denaro che ho; non sono le sopracciglia tra gli occhi che mi levo; non sono la macchina che guido; non sono l’idiota prono che tutto subisce; non sono senza prospettive; non sono senz’anima, senza sogni; non sono senza coraggio. Anche quando ho paura.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Il mio commento (sul FQ) al precedente link:
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Caro Perotti
il succo del suo discorso, sfrondato da paragoni non sempre attinenti e da orpelli vari, io lo condivido. E lo condivido alla grande.
Mi preme però avvertirla che il tema che lei sfiora, sostanzialmente la liberazione degli uomini dagli stereotipi e obblighi che la società (e quindi altri uomini e altre donne) gli impone è solo apparentemente un tema minore.
In realtà è un tema esplosivo e sovversivo che non ha implicazioni, come si suol dire in maniera riduttiva di “genere”. Viceversa è un problema di “sistema”. Sì, ha capito bene di sistema.
Non le sfugge sicuramente, giacché l’ha riportato nell’ultimo periodo, la funzionalità di questo stato di cose per il sistema di potere nelle sue diverse articolazioni.
E la sua convenienza nel mantenere lo status quo. E a farlo con tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi anche i più stupidi e rozzi, come quelli da lei citati.
E non le sfuggirà sicuramente che, un cambio di paradigma di vita e di visione da parte degli uomini, anche solo di una buona parte di essi è letale per il sistema cosi com’è articolato. Necessariamente, qualora prevalesse, avremmo un’altra società. Un’altra articolazione di rapporti economici, produttivi e di relazione tra i sessi e non.
Io, si figuri, non so nemmeno immaginare che tipo di società ne verrebbe fuori, ma quale che fosse, sarebbe sicuramente distruttiva degli equilibri sviluppatisi a configurare l’attuale società e il sistema a essa sotteso.
Ora, se solo è d’accordo anche parzialmente con quello che ho scritto, la risposta del perché del passivo e prono silenzio degli uomini se la può dare anche da solo.
E’ necessario che gli uomini non sappiano, non si parlino, non capiscano. Che credano che quel mondo che gli è stato dato da vivere sia il migliore anche se da loro richiede obblighi, sacrifici e imposizioni sin dal primo vagito.
Che non abbiano spazi pubblici dove riflettere. Se questo riflettere può nuocere al sistema. E non saranno certo gli altri uomini, quelli di potere e i loro in ogni tempo cortigiani, gli intellettuali declinati in ogni accezione, a concederglieli.
E si può rispondere da solo anche sul perché tanto spazio è dato alle esigenze e rivendicazioni femministe. Queste, più che essere alternative al sistema (con lodevoli eccezioni certo, ma marginali e quindi ininfluenti), allo status quo ne sono la quarta gamba. Ma quest’ultimo è un discorso altrettanto complesso e non esauribile nello spazio di un commento per cui mi fermo qui.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Alcune cose dell’articolo di Perrotta sono condivisibili, in primo luogo il disagio per il modo con cui il maschile è raccontato e rappresentato, e il fatto che gli uomini, di solito, tacciano. Ma per carità non parliamo di D Donna e degli altri giornali al femminile come di elementi positivi. Lì c’è un essere antimaschile diffuso e dissimulato, e la rappresentazione del femminile è zeppa dei nuovi stereoptipi della donna (borghese) emancipata. Poi, ed è importantissimo, la comunità maschile è fatta più di azioni che di parole, più di silenzi condivisi che di autocoscienza. Quella lasciamola alle donne. Affermare che dovremmo imitarle è una pessima idea.
armando
armando(Quota) (Replica)
Sarebbe un bel discorso se non venisse dall’autore dell’ennesimo articolullo sul “ritardo evolutivo” del maschio e sulla meravigliosa meravigliositudine femminile che oggi è tanto meravigliosa e fa tantissimo spavento al povero maschietto. Ho commentato sull’ipocrisia, non è dato sapere se uscirà dalla moderazione. Come al solito.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Marco Pensante,
Va beh … Marco. D’accordo. Hai ragione. Tutto quello che vuoi.
Però il Perotti magari proprio in seguito all’uscita di quel libro, con le “scazzottature” che in qualche sede virtuale ne sono seguite (“Dove sono gli uomini?”: nel libro di Perotti ‘quello che le donne ci dicono’) magari qualche passo in avanti lo ha fatto …..
Io penso che valga la pena tentare di interloquire ….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Certo Luigi, hai ragione e sei più positivo di me, il tuo commento lo condivido, come sempre, e più che quello il tuo atteggiamento logico e sensato. Però io sono tignoso, non riesco a trattenermi se vedo l’ipocrisia, mi rimane proprio nel gargaroz. E sono stanco di usare la logica e la cortesia con gente che non sa neanche dove stiano di casa. Perotti è un po’ meglio, in questo senso, più ragionevole, ma mi viene il dubbio che lo sia solo per le scazzottature di cui parlavi. C’è gente che approfitta dell’educazione altrui, e diventa a sua volta educata solo dopo aver preso due o trenta mazzate nei denti. Quindi interloquire sì, ma sempre coi guantoni.
Marco Pensante(Quota) (Replica)