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Pochi minuti fa ho avuto la ventura di vedere un programma alla TV. Americano. Venivano descritte in modo melodrammatico le peripezie di una ragazza statunitense obesa che non riesce a perdere peso.
A parte il fatto che dubito molto delle solite giustificazioni autoassolutorie che la poverina cercava di raccontare all`intervistatrice/psicologa. Lungi da me fare fat shaming; spesso in passato sono stato io il primo a cedere al fascino della buona tavola fino a farsi male. Ma alcune cose vanno puntualizzate.
Le ossa grosse non esistono. Se mai, costituzioni eccezionalmente robuste sono un` altra faccenda. Diversa ed appunto eccezionale, vedi un certo atleta morto di recente, Jonah Lomu, che alle tabelle del Body Mass Index risultava obeso pur non avendo un filo di adipe addosso; questo, solo in virtu` della sua eccezionale prestanza.
Le malattie reali tipo l`ipotiroidismo sono poi una cosa; e sono rare. La debolezza di chi si sente in ansia e si strafoga di venticinque tavolette di cioccolata sono un`altra ancora. Non cosi` rara.
Quel che pero` mi ha colpito seriamente e` che la ragazza, pure piuttosto carina (e attraente) prima di lievitare ( causa il suo debole per la cioccolata, temo, e nient`altro: vedi sopra), a un certo punto della trasmissione ovviamente scoppia a piangere. E in mezzo alle lacrime se ne esce con una frase significativa: “Da quando sono diventata cosi`… mi sembra di essere trasparente.”.
Brava, stellina di zio.
Mettiamo da parte l`infelice scelta del termine trasparente in una situazione come la tua – e va beh. Riflettiamo su altro.
Quel che lasci -ops – trasparire e neanche tanto velatamente e` un fatto enorme, cara mia: che prima, per il semplice fatto di essere una donna, trasparente non lo eri. Non avevi una storia speciale, non avevi guadagnato dei titoli, non compiuti atti di eroismo, imprese. Non avevi alcun merito. Tranne uno: sei una donna, ed avevi, prima, un aspetto almeno normale.
E, solo per questo, non eri trasparente. Prima. E per altro quel prima era una condizione che e` sparita gradualmente. Difficile, poi, che sia sparita per colpe esterne.
Non auguro il male a nessuno, ovvio: devo pero` ammettere che nel mio immenso gelo interioredi vita – indotto, troppo rattristato e solidale con questa ragazza non riuscivo a essere nemmeno sforzandomi.
Non vi nascondo che la prima frase che mi si e` affacciata alla mente e` stata: tesoro, mi spiace; ma almeno ora sai come si sente la stragrande maggioranza degli uomini in quanto maschi al mondo.
I pretesi Patriarchi. Specie se separati, precari, sottoccupati, disoccupati, poveri: tutte condizioni ben difficilmente assimilabili dal punto di vista morale alla mancanza di autodisciplina alimentare. Tutte condizioni che poi, spesso, nascono dall`oggi al domani, come i postumi degli incidenti; il piu` delle volte, non solo per incapacita` o sfortuna, ma piu` spesso per il semplice capriccio di un padrone. O di una moglie divorziata.
Fermo restando, poi, stellina, che quella condizione in cui ti trovi ben difficilmente ti manda a finire sotto un ponte o a dormire in auto; men che meno, ovviamente, a morire di fame.
Uomini di ogni razza e retroterra, se caduti in disgrazia seriamente (non semplicemente ingrassati, cioe`) finiscono, quando non si ammazzano, in delle condizioni di pre–morte, altro che trasparenti. Vilipesi, abbandonati, spiaggiati in mezzo alla strada a fare i barboni. A gironzolare per piatire un pezzo di pane spalmato di sterco. Una debolezza, e muori. Non vieni perdonato. E il piu` delle volte indietro non torni, con buona pace delle storielle tipo quella – pur vera – del film Alla ricerca della felicita`.
Eccezioni che confermano la regola, quindi, statisticamente irrilevanti: fiabe, storielle – appunto.
Donne di ogni razza e retroterra trovano e troveranno pressoche` sempre mani amiche che le raccolgono in situazioni come disoccupazione, rovina economica, separazione; e figurarsi se, semplicemente, finiscono a prendere trenta chili in un anno.
A differenza dei maschi pretesi padroni. Pretesi Patriarchi.
A me viene malignamente da dire che ci sono diversi tipi di trasparenza. A me viene da dire che la maggior parte degli uomini che cadono in disgrazia piu` che trasparenti diventano invisibili.
Dati a supporto di quanto detto ce ne sarebbero anche, specie se si considera che si, esistono statistiche ufficiali sull`argomento, ma a differenza di quelle, per dire, sui femminicidi non vengono mai poste in risalto da stampa e altri media (e forse, anche solo per questo, sono tanto piu` attendibili): un esempio fra tutti, la maggior parte dei barboni sono maschi.
Un po` strano che la razza dei maschi padroni e fallocratici permetta ai propri appartententi di finire in quasi esclusiva a mendicare, a rimediare un tozzo di pane alla Caritas o a scaldarsi davanti agli incendi dell`immondizia, vero?
Di fronte a tutto questo, di fronte a questi – reali -problemi, in teoria, il fatto di prendere taglie alla vita dovrebbe scomparire. Ma non scompare. Non ci diventa, trasparente.
Certo: obesita`, disturbi alimentari sono un problema.
I disturbi alimentari in occidente riguardano prevalentemente il sesso femminile: e sono, un problema. Spesso anche di genere.
L`essere dei senzatetto riguarda prevalentemente il sesso maschile, invece. Dovrebbe, essere un problema. Di genere.
Dovrebbe.
Pongo a te che leggi una domanda: a prescindere dal pianto della ragazza di cui sopra: fra un barbone e una mangiatrice compulsiva quale dei due tende davvero a diventare socialmente, per tutti, piu` trasparente – per non dire invisibile?
6 Commenti
https://femdominismo.wordpress.com/2017/01/14/nessuna-empatia/
mauro recher(Quota) (Replica)
Il mio ultimo articolo sull’Interferenza: http://www.linterferenza.info/attpol/un-racconto-maschile-classe/
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
la mia risposta su facebook ad una signora che criticava il mio articolo sull’Interferenza:
“Puntualmente e soprattutto sistematicamente, ogniqualvolta si affrontano i temi che riguardano la relazione fra i sessi da un punto di vista critico nei confronti della narrazione ideologica femminista, ormai data per scontata e considerata una Verità a Priori, scatta da parte di molte/i una sorta di difesa d’ufficio che va ben oltre l’argomento trattato (a mio parere un modo per evitare un confronto logico-dialettico sul tema specifico); nel caso specifico di cui all’articolo http://www.linterferenza.info/attpol/un-racconto-maschile-classe/ la presunta disparità salariale fra uomini e donne dovuta ad una altrettanto presunta discriminazione sessista nei confronti delle donne.
A riprova di ciò, nell’ambito di una discussione sviluppatisi su un gruppo di FB, una signora, che chiamerò Rosalba, fra le altre cose, scrive testualmente, in risposta al mio articolo: “Onestamente, sono d’accordo con Anna. Se poi dobbiamo riscrivere la storia …”.
Ella si esprime, come è evidente, come se la versione femminista della relazione fra i sessi fosse “la Storia” e chi la critica vada contro la Storia, cioè contro il fatto OGGETTIVO. E per fatto oggettivo si intende ovviamente la narrazione ideologica femminista, la sua rivisitazione della storia, considerata appunto non come una INTERPRETAZIONE ma come un FATTO OGGETTIVO che, come tale, NON può essere messo in discussione. Chi lo fa diventa immediatamente un negazionista, considerato alla stessa stregua dei negazionisti dell’Olocausto o della schiavitù.
E’ dunque evidente come una INTERPRETAZIONE della storia venga trasformata in una VERITA’ storica OGGETTIVA. La qual cosa, oltre ad essere fuorviante sotto ogni punto di vista – in primis proprio la possibilità di una ricerca storica laica e razionale (e non ideologica) – impedisce a priori l’apertura di ogni pur minimo dibattito in tema. Per la semplice ragione che, dati i presupposti, chi lo apre non può essere che un negazionista, e quindi un maschilista, reazionario e nel peggiore dei casi un mezzo fascista se non del tutto fascista.
Mi viene alla mente (e certamente chi scrive non è oggettivamente tacciabile di anticomunismo…) una commedia di Dario Fo (mi pare si chiamsse “Le tigri”, ma non ne sono sicuro, ero un ragazzo quando lo vidi e ricordo che mi piacque moltissimo…) in cui si criticava la degenerazione burocratica degli stati-partiti comunisti dove il paradigma era, in estrema sintesi: ”Il popolo è al potere e governa attraverso il partito e lo stato che sono i suoi strumenti e rappresentanti, e quindi il partito-stato e il popolo sono la stessa cosa. Di conseguenza se uno critica il partito o lo stato, critica anche il popolo, ergo, è un nemico del popolo” (e naturalmente va represso…).
A quel punto, dopo una serie di gag molto efficaci che mettevano in risalto quella contraddizione arrivavano le tigri (metafora della rivoluzione culturale da poco esauritasi in Cina…) che spazzavano via i burocrati del partito-stato (la nuova borghesia che si era riorganizzata sotto altre spoglie, secondo la concezione di Mao, che condivido da questo punto di vista in toto…) e smascheravano la truffa ideologica…
In forme diverse, ci troviamo più o meno nella stessa situazione, soltanto che qui le “tigri” non ci sono. Da qualche tempo hanno però fatto la loro comparsa sulla scena alcuni “tigrotti” (che saremmo noi), passatemi la metafora, che hanno cominciato a criticare quella narrazione, da TUTTI gli altri accettata come VERITA’ Inconfutabile, Incriticabile e Assodata.
Per me e per molti miei amici e compagni invece NON lo è. Per noi il Femminismo (in tutte le sue correnti) NON è né una VERITA’ né tanto meno una SCIENZA ma una INTERPRETAZIONE della storia e della realtà. Legittima, in quanto tale, ma appunto per questo (cioè per l’essere una interpretazione) confutabile e contestabile, più o meno radicalmente, esattamente come lo sono TUTTE, e sottolineo TUTTE, le interpretazioni della storia.
La contraddizione evidente è che siamo nell’era – così si dice – della fine di tutte le grandi narrazioni ideologiche (in realtà ci si riferisce al Comunismo, ma ora sarebbe troppo lungo entrare nel merito…), e però quella femminista non solo non si considera defunta al pari delle altre ma addirittura è stata elevata, come scrivevo, a VERITA’ ASSOLUTA, e quindi di fatto a SCIENZA.
Ora, tornando a noi, il tema dell’articolo NON era la violenza subita dalle donne o il delitto d’onore (oppure la condizione delle donne in Afghanistan), temi tirati in ballo da Rosalba, bensì quello della disparità salariale o meglio la tesi in base alla quale le donne, secondo la vulgata mediatica/ideologica dominante, a parità di qualifica e mansione, percepirebbero un salario inferiore a quello degli uomini.
La qual cosa è palesemente falsa e mi sembra di averlo dimostrato in modo logico-dialettico nell’articolo sopra linkato. Qualora qualcuna/o non fosse d’accordo – molto probabilmente la grande maggioranza sia delle donne che degli uomini – invece di dirottare la discussione su altre questioni (rispetto alle quali NON mi sottraggo affatto ma ovviamente necessitano di una trattazione ad hoc…), dovrebbe confutare in modo altrettanto logico-dialettico le mie argomentazioni. Cosa che NON avviene MAI. Siccome però la speranza è l’ultima morire, resto in attesa.
Dal mio punto di vista, la domanda che sarebbe invece il caso di porsi è: perché una simile clamorosa manipolazione della realtà viene sostenuta da tutti i media, da sinistra a destra, senza nessuna esclusione? Personalmente la risposta ce l’ho già ma lascio che ciascuno, socraticamente, se la dia…
Tornando a noi. Scrive Rosalba, commentando il mio articolo:” Secondo me quando viene scritto che i problemi legati al sesso femminile sono ‘presunti ‘significa invitare le donne a ‘stare al proprio posto ‘senza lamentarsi e polemizzare”.
Questa, cara Rosalba, è una sua illazione, una sua personalissima interpretazione che io NON ho MAI pensato, detto o scritto. Il “presunto” è legato appunto alla disparità salariale a parità di mansione e qualifica, che è appunto presunta, perché la realtà ci dice che le cose non stanno così. NON ho MAI pensato che le donne (così come gli uomini) “debbano stare al loro posto senza lamentarsi e polemizzare”. Anzi, io credo e sostengo esattamente il contrario, e cioè che in questo mondo che io NON condivido e che sottopongo a critica radicale, sia le donne che gli uomini NON dovrebbero affatto stare al posto che è stato loro assegnato. Al contrario debbano criticarlo e trasformalo radicalmente, ma senza inventarsi balle.
Continua Rosalba:” Qua pare che gli uomini in realtà siano stati sempre discriminati nei secoli dei secoli, mentre le donne godevano di infiniti privilegi? Mi sono persa qualcosa forse?”
Più che persa qualcosa, oserei dire che la signora NON ha capito quello che volevo dire o forse ha letto troppo distrattamente. Io non sono un femminista rovesciato come un guanto nel suo esatto contrario, e di conseguenza non penso affatto che la storia dell’umanità sia stata caratterizzata dal privilegio tout court femminile ai danni di quello maschile. Però NON penso neanche il contrario e penso invece che le cose siano estremamente più complesse di come le ha poste e continua a porle il femminismo. E dal mio punto di vista, sostenere che gli uomini, in quanto tali sono sempre stati e continuano ad essere in una condizione di privilegio e di dominio nei confronti delle donne, è una concezione SESSISTA e INTERCLASSISTA (oltre che fondata su presupposti FALSI), una clamorosa MANIPOLAZIONE della storia del tutto FUNZIONALE all’attuale sistema capitalista che vede come il fumo negli occhi il conflitto di classe ma è ben contento di alimentare il conflitto fra i sessi (dove naturalmente uno viene individuato come dominante e l’altro come dominato).
Dopo di che la signora Rosalba prosegue postando le immagini di alcune donne che lavorano come operaie o braccianti, come se il sottoscritto avesse sostenuto che le donne non abbiano mai lavorato nel corso della storia. Cosa ovviamente del tutto fasulla che mi guardo bene dal sostenere. Anche in questo caso si tratta di una lettura superficiale del mio articolo o di una sua maldestra interpretazione. Riporto testualmente uno stralcio del mio articolo, quello a cui probabilmente la signora Rosalba si riferisce:” Le donne hanno rivendicato il loro diritto all’indipendenza (e quindi al lavoro) da una settantina di anni a questa parte, da quando cioè il lavoro, in virtù della rivoluzione tecnologica-industriale di cui sopra, ha reso possibile l’inserimento massiccio delle donne nel mondo del lavoro. Prima di tale rivoluzione le donne che lavoravano, come operaie tessili, mondine, braccianti (o altro), non lo facevano per una libera scelta di autodeterminazione nè tanto meno di “realizzazione personale” (aspirazione, lusso o vezzo di cui la stragrande maggioranza degli uomini non ha mai goduto…) ma – esattamente come quasi tutti gli uomini con l’esclusione di una esigua minoranza di appartenenti alle elite sociali dominanti, delle quali facevano parte anche alcune donne – per una dolorosa necessità, quella cioè di sopravvivere. Una necessità alla quale, se avessero potuto, avrebbe volentieri rinunciato, e ne avrebbero avuto ben donde. Nessuna donna, infatti, ha mai rivendicato il diritto di lavorare in una miniera, in un cantiere edile, in una acciaieria, su un peschereccio, a riparare fogne o su un traliccio dell’alta tensione (e infatti le quote rosa vengono richieste solo per i consigli di amministrazione e per i parlamenti…). Questa rivendicazione di indipendenza economica (attraverso il lavoro) è stata avanzata dalle donne, come ripeto, quando le condizioni OGGETTIVE lo rendevano possibile e anche – diciamocela tutta – desiderabile”.
Il senso delle mie parole non è, come si evince, quello di dire che le donne non hanno mai lavorato, la qual cosa è una evidente sciocchezza, ma soltanto che la rivendicazione del diritto all’autonomia e indipendenza economica è stata avanzata quando le condizioni oggettive – fisiche, ambientali e soprattutto tecnologiche – lo hanno consentito. Sempre ammesso che assumersi l’onere di lavorare ed essere bestialmente sfruttati in una miniera o in una fonderia per mantenere a stento la propria famiglia, significhi godere dell’indipendenza economica (ho sempre sostenuto, obtorto collo, che preferirei di gran lunga essere “discriminato” e “relegato” ai lavori domestici piuttosto che avere il “privilegio” di passare la mia vita in una fabbrica o in una miniera…).
Naturalmente, onde evitare la solita ridicola obiezione, ciò che mi anima non è la altrettanto ridicola volontà di alimentare una guerra fra i sessi ma, al contrario, oppormi a chi quella guerra sessista (anche se camuffata da guerra di “liberazione”) la porta avanti da decenni, e di svelare quella che secondo me è una menzogna, una sostanziale manipolazione della storia e della realtà, in base alla quale tutti gli uomini, in quanto tali, avrebbero goduto di una condizione di privilegio loro garantita da una contesto maschilista e patriarcale.
Vorrei tanto, dunque, che qualcuna/o confutasse logicamente e dialetticamente quanto spiegato da me in quell’articolo. Chissà, non è escluso che anche il sottoscritto sia in errore (non sono mica l’oracolo della Verità…), però vorrei che lo facesse non a colpi di slogan o di ideologia ma di logica e di dialettica. Potrei anche arrivare a ricredermi, perché no. Però con i fatti e dimostrando logicamente che quanto ho scritto non ha nessun fondamento.
Resto in attesa”.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Resto in attesa”.
Fabrizio Marchi
Temo ci resterai. Nessuno ti confutera`, ma continueranno ad attaccare. Anche coi loro eleganti epiteti di sempre: “Frustrato, fallito, misogino, frocio, patriarcale, rossobruno, fascio”.
Cosi` facendo non fanno altro che darti, e darci, ragione. Ma nessuno sembra accorgersene.
Rutilius Namatianus(Quota) (Replica)
“Il femminismo non può sopravvivere ad un dibattito leale”.
Verità posta a mo’ di catenaccio sulla testata di
Antifeminist Altervista del grande Joker.
.
Non ci sarà mai alcun dibattito leale.
Rino DV(Quota) (Replica)
Gran bello articolo,Rutilius!!
Anche io sono un’altra persona trasparente!
Però come a tantissimi nella medesima situazione,non importa a nessuno.
L’obiettivo Digisuper ci degnerebbe di uno sguardo dall’alto dei suoi 35mm
Arturo(Quota) (Replica)