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08 Giu 2011  |  0 Commenti

Se ti dico che sei eccitante ti offendi?

Chiedo che venga pubblicato questo articolo sul vostro sito perchè lo trovo illuminante.
Riceviamo e pubblichiamo da Massimiliano Parente un articolo che “Il Giornale” ha rifiutato: massimiliano parente «Se ti dico che sei eccitante ti offendi in quanto donna? Io lo penso davvero ma mi serve per un’indagine» scrivo via sms a Anna Maria Bernardini De Pace, e lei mi risponde subito «Certamente no! Anzi, ero contenta prima di sapere che si trattava di un’indagine… Mannaggia, Parente!». Già che ci sono ci provo anche con Barbara D’Urso: «Barbara, mi ecciti. Ti senti offesa da questo?». Risposta: «Ovvio che no! Offesa??? Parente non ci faccia ridere, come diceva Totò!!!». Oh, meno male, e con tutti questi punti esclamativi forse c’è ancora salvezza e io mi accontento e godo, in fin dei conti ormai non sono né eterosessuale né omosessuale ma solo uno stalker tecnologico, senza corpo e fine a se stesso. Tanto ultimamente non potete manifestare desiderio sessuale per nessuna donna pena l’essere bollati come maschi maschilisti, fascisti, berlusconiani e chi più ne ha più ne tolga, e perfino Berlusconi ormai è incolpato di essere sessualmente berlusconiano o, addirittura, per impropria associazione d’idee, strauss-kahniano, e anche lì avrei da ridire. Certo, io non posso permettermi una suite al Sofitel di New York e però nel mio piccolo, un mesetto fa, ho scritto a proposito di una giovane critica letteraria sanguinetiana del Manifesto che era così sexy da avermi provocato un’erezione sanguinetiana, non l’avessi mai scritto: lo scandalo di questa erezione dichiarata è rimbalzato di blog in blog e sulle riviste letterarie e nei forum e nelle mailing list e ancora se ne parla, e la critichessa, Gilda Policastro, nomen omen benché donna, si è molto risentita, neppure l’avessi aspettata in camera nudo come un Kahn. E pensare che la mia eccitazione per la sanguinetiana del Manifesto era perfino inventata, cioè era pura letteratura, figuriamoci se vado in giro a avere erezioni, alla mia età: quaranta e non li dimostro, e a me sessualmente basta internet. L’obbligatorio sillogismo comunque sarebbe questo, volendo: se dite a una che è bella, significa che è stupida. Ma allora, viceversa, se dite a una che è un cesso, significa che è intelligente e ti manda un mazzo di fiori per ringraziarti? Si ripete sempre che gli anni Settanta furono gli anni dell’utero è mio e me lo gestisco io, e tuttavia negli anni Ottanta e Novanta, forse per eccesso di autogestione, esplose il calo del desiderio maschile, le riviste femminili non parlavano d’altro, il sessuologo era una professione à la page e si cercavano alchimie per riattivare i sensi al maschio in crisi, e quant’era sexy Alessandra Graziottin e la sua rubrica su “Anna”, che oggi è solo “A” ma perché è una rivista femminile, se fosse maschile si chiamerebbe “Ahi!”. Il nuovo millennio in compenso fu segnato dall’avvento del Viagra che a molte e molti non sanguinetiani parve una salvezza, ma subito la festa finì e venne l’11 settembre e il filosofo Jean Baudrillard lo festeggiò come l’abbattimento del fallocentrismo economico americano: le torri gemelle andarono giù e con esse, di nuovo, l’identità del maschio occidentale. Così oggi neppure la Lega ce l’ha più duro, Umberto Bossi si limita a dare pugnetti simili a buffetti, come fanno i senegalesi, e Pierluigi Battista vorrebbe che a una certa età si smettesse e basta, altrimenti si diventa vecchi e pervertiti, come Strauss-Kahn. L’ultima moda intellettuale è avercela con il Viagra, perché protrae le funzionalità della vecchiaia, non si capisce allora perché non prendersela con i betabloccanti e gli Ace inibitori che impediscono di ammalarsi e crepare come vecchi quando si è vecchi. Inoltre nel secondo decennio del secolo ci si indigna per interposta persona, e non solo le donne: ho litigato con Barbara Alberti per aver attaccato il libri di Concita De Gregorio sulle donne; Marco Travaglio si è indignato con me perché ho scritto che Beatrice Borromeo mi faceva sesso e Padellaro ha chiesto al Giornale il mio licenziamento; la scrittrice Michela Murgia l’anno scorso si indignò per un complimento di Bruno Vespa alle tette della scrittrice Silvia Avallone; Gad Lerner si è indignato con Antonio Ricci per le tette e le cosce nude delle veline, e altre donne sono scese in piazza indignate contro le ragazze sveglie dell’Olgettina perché l’utero se lo gestiranno pure loro ma la fica la si dà a chi decide il Comitato di salute pubblica di Repubblica: a questo sì, a questo no, a quest’altro solo se vota sì al legittimo impedimento, se non del cazzo almeno ai processi di Berlusconi. Così, nella castrazione generale, ci si indigna senza sosta, ci si indigna anche per difendere Rosy Bindi dalle battutacce di Berlusconi ma ci si indignerebbe anche se io fossi feticista di Rosy Bindi e mi dichiarassi eccitato da lei come faccio senza problemi con la D’urso, sebbene nessuna a sinistra si indigni troppo per come sono trattate le donne dagli islamici, perché lì scatta un altro complesso della sinistra: il rispetto delle etnie, delle culture e delle minoranze in generale. A proposito di minoranze, spero passi la legge sull’omofobia, purché non si possa più dire a un omosessuale che è un cretino perché altrimenti si offende in quanto omosessuale anche se per te era un cretino e basta. A proposito di omosessuali, l’omosessuale deve essere virile, sentenzia Aldo Busi a Alba Parietti, accusata dallo scrittore di machismo, come se allora non fosse più machista e fallico lui nel discriminare gli omosessuali non virili. Busi paradossalmente accusa anche il sottoscritto di mettere etichette, quando per me non esistono neppure gli eterosessuali, non avendo oggigiorno un feticista degli alluci nulla da spartire con un feticista dei talloni o del pissing o del bondage o delle palline anali. Poi, certo, qualche etichetta bisognerà pur metterla anche nel sesso, tanto per sapere che cazzo vuoi e dove vuoi metterlo e prenderlo prima di finire a letto con qualcuno. Invece il più pragmatico Arbasino si è chiesto: cosa sarebbe successo se a Dominique Strauss Kahn fossero piaciuti gli uomini e fosse zompato addosso a un cameriere? Ecco, per esempio. In fondo nella vita tutto è stupro, fino a prova contraria, come scrisse l’intellettuale americano Robert Hughes, purtroppo conservatore. Che poi anche lì, al Sofitel di New York, sarà stato stupro ma ancora non si sa, malgrado tutti ne parlino con cognizione di causa e senza presunzione di innocenza perché troppo predisposti a condannare Dominique a priori, per il solo fatto di essere un maschio, scandagliando la sua biografia sessuale amante per amante, perché sessualmente era troppo sadico e brutale, mentre però un tempo sarebbe stato solo molto passionale e virile e focoso e uccello di rovo e ultimo tango a New York. Non si può neppure buttare lì il dubbio che un rapporto orale forzato a un uomo sia quantomeno sospetto, e Vittorio Feltri interpellato via sms sulla questione in generale risponde: «Farsi fare un pompino è una grande prova di coraggio e di fiducia». Ha scientificamente ragione: se nei vertebrati, nel corso di quattrocento milioni di anni, dai placodermi all’Homo Sapiens a Ophelia del Sofitel, si sono evoluti i denti, una ragione valida ci sarà.


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