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Mi capitava pochi giorni fa di chiacchierare con una coppia di amici.
Un uomo e una donna. Per sopravvivere fanno i rappresentanti.
Si intuisce come fossero stati non dico ricchi, ma benestanti, prima.
Poi si sa: arriva la crisi, e i piccolo borghesi diventono proletari. Piu` o meno.
Ma non e` di proletarizzazione della piccola borghesia che voglio parlare.
Il capo di questi due e` un signore. Uno ricco.
Chiacchierando con la coppia, piano piano arrivo a capire che si`, certo, e` un tizio, il capo, bravo.
Uno che si da da fare, certo.
La ragazza soprattutto me lo descrive con occhi luccicanti come un genio che si e` fatto da se`.
Si, per altro, proprio di fronte al compagno, ma lasciamo perdere.
Piano piano pero`, fra gli elogi sperticati che, soprattutto la lei della coppia tributava a questa fantomatica figura di gran signore creatosi da` se`, arrivo a capire, semplicemente, banalmente, come il tizio, che ha una societa` qua, una la`, che e` sempre in viaggio per affari nonostante si mostri molto alla mano e vesta non da manager ma da sfigato qualsiasi (per mescolarsi ai plebei, probabilmente) eccetera, eccetera, e` in qualche modo rampollo delle famosa famiglia X.
Non scrivo il nome, ma il cognome del tipo la dice lunga, lunghissima.
Uno di quei cognomi che, in Italia, si sentono nei telegiornali molto, molto spesso.
Ed effettivamente, non era solo una omonimia casuale.
A me venivan da pensare le solite cose. E avete voglia a dirmi che sono sfigato, che giustifico i miei fallimenti, che odio i ricchi perche` io non ce l`ho fatta, bla, bla ,bla (ma poi, voi che mi leggete – siete proprio sicuri che chi scrive queste righe sia un fallito, uno sfigato che non ce la fa…? Lasciamo cadere gli accenni).
Semplicemente il tizio ce l`ha fatta perche` aveva le spalle copertissime, punto. Per fallire nelle sue condizioni doveva essere non un cretino, ma un vero e proprio ritardato mentale. E neanche: in quel caso gli sarebbe stato nominato un tutore, e il tutore avrebbe gestito le sue proprieta` ereditate.
Sottolineo: ereditate. Riscrivo, per chi non avesse capito: ereditate.
Non che ci sia di male, nel nascere ricchi. Capita.
Vero e`, pero`, che la delusione, la tristezza, il dolore quasi fisico nel notare come a quella squallida sbarbina brillassero gli occhi a parlare in maniera quasi erotica del proprio capo, e per altro di fronte al proprio ragazzo, mi stavano uccidendo.
No, care ragazze. Non ce la fate proprio.
La vosta ineludibile, inevitabile, inesorabile Ipergamia non la potete proprio controllare.
Un famoso sito, anonimo, molto efficace, scritto da neomachiavellici, riporta tutta una serie di machiavellicissime massime, politiche e relazionali. A molti potranno apparire misogine, ma sono talmente realistiche da togliere il fiato. Leggetevele https://illimitablemen.com/2015/07/17/fifty-shades-of-red/. Se avete dimestichezza con l`inglese, sono delle vere perle.
La migliore, inutile dirlo, quella che riporta, lapidaria: “Women don’t care about your struggles, only your successes.”. “Le donne non si curano dei tuoi sforzi: solo dei tuoi successi”.
Non conta come ci arrivi. Non contera` mai. Conta se ci sei arrivato.
Non importa se sei partito a un centimetro dal traguardo: figuratevi.
La cosa che fa piu` impazzire di rabbia il sottoscritto, pero`, non e` il problema della donna e della sua relazione ormonale incontrollabile con il potere. Questo, credetemi, e` un problema marginale, che puo` sembrare importante solo a chi vive in funzione del proprio cazzo (nota a margine: non sono gay).
Il problema grave e` che e` il sistema economico e sociale nel suo insieme, l`economia capitalista, e` tutta basata su questo…su questo ciarpame. E non fa altro che riportarci immagini di meritocrazia. Non fa altro che sproloquiare, di meritocrazia.
Non fa altro che proiettare immagini di potere ovunque, sussurrando o urlando che se vuoi ce la puoi fare anche tu.
Peccato che lo stesso sistema si basi sulle eredita`, sulle conoscenze, sugli agganci. Ti dicono che e` la cerchia relazionale che conta, e che quindi se non ci sai fare e` giusto che sprofondi.
L`ammissione implicita del fatto che si tratta di una societa` semplicemente verticistica, di raccomandati, ereditieri e amici degli amici, cioe` NON meritocratica.
N on e` vero che se ti impegni ce la fai.
Forse ce la fai a essere te stesso, a realizzare dei sogni, tipo diventare il campione della bocciofila sotto casa: ma certo non a sfondare, a fare successo nel senso comunemente inteso, cioe` a guadagnarti il benessere.
Puoi essere felice, ma quello, certo, dipende molto piu` da te e dal tuo assetto interiore che altro; e quindi funzionerebbe anche in una societa` di caste medievali indiane.
Arricchirsi e` un altra cosa. Viene presentato come la felicita`, e certo essere ricchi e infelici…la vedo ardua.
Ma non e` certo possibile, non e` certo alla portata di chi si impegna.
Non e` depressione, ma realismo. Semplicemente, costantemente, matematicamente, la vita intera mi mostra che di mille persone benestanti novecentonovantanove hanno ereditato, in un modo o in un altro. Uno… ha vinto la lotteria.
E allora non venite a raccontarmi palle meritocratiche, per cortesia.
E, soprattutto, non venite a raccontarmi palle relazionali secondo cui le donne vanno coi veri uomini, quelli che si mostrano inconsciamente sicuri di se`. La sciacquetta di cui sopra cercava in tutti i modi di nascondere a se` stessa e a i suoi interlocutori quanto si arrapasse, anche con il suo uomo accanto, al pensiero di un tizio che e` ricco semplicemente perche` ricco c`e` nato.
E cercava di inventare anche a se` stessa giustificazioni per questo suo stato, e per creare quadri pittoreschi in cui il suo oggetto dei desideri si “era fatto da se`”, quando non era minimamente vero.
Come lei, ne ho conosciute milioni. Un caso?
Ma non e`certo solo un problema di donne. Come lei ho conosciuti miliardi di individui che magnificano le sorti progressive di un sistema basato sull`ereditarieta` dei privilegi. Ma si definisce democratico e meritocratico. Un sistema schizofrenico, davvero.
Un sistema la cui economia stessa e` intimamente basata su questo loop irrisolvibile.
Certo, e` vero che i miei personali genitori sono dei veri idioti che alla loro morte mi lasceranno solo debiti, per carita`. Ma non e` certo solo per questo, e per colpa loro, che io il sistema lo odio.
Lo odio soprattutto perche` quei tizi che nell`ovatta ci sono nati mi tolgono lo spazio, l`aria stessa che respiro: mi ostruiscono l`uscita verso la liberta`. Con la loro stessa e semplice esistenza.
Avreste il coraggio di biasimarmi?
Fonte foto: Enciclopedia della PNL
3 Commenti
Gran parte del testo e` infilata sotto le finestre sulla destra, e non si legge
Rutilius Namatianus(Quota) (Replica)
Io non ti biasimo affatto e le cose che dici sono verissime. Il problema, però, non è la mancanza di vera meritocrazia, è la meritocrazia in sè. 1)Chi decide cosa è merito e cosa non lo è? Dunque, perchè la cosa è in stretta relazione con i decisori, cosa dignifica merito? Discutiamone.
2)Ammesso che ci fosse una vera meritocrazia, “vincerebbero” i veramenti migliori, d’accordo. E gli altri? Che crepino, forse? Non credo che tu pensi questo, ovviamente. Voglio dire invece che, ammesso ci si trovi d’accordo su un concetto “oggettivo” di merito (può esistere?), il problema rimarrebbe intatto nella sua sostanza, che è a) quella della condanna a una competizione continua e senza sosta per emergere a capito del vicino, del collega che lavora a tuo fianco. b)dellle divaricazioni in termini di ricchezza che comunque si creerebbero, e dato il meccanismo del sistema, sarebbero comunque destinate ad allargarsi. A meno che si pensi che tutti possano vincere, se tutti fossero bravissimi. Il che è impossibile, perchè contraddice la logica del meccanismo in cui siamo immersi. Un rimedio, potrebbe essere che quandi un tizio di successo muore tutte le sue ricchezze vadano allo Stato senza se e senza ma. Irrealistico in termini di rapporti di forza ma anche contrario all’indole umana, che tende, appunto umanamente, a trasmettere ai figli ciò che si possiede.
Non sono contrario in astratto al merito ove fosse possibile trovarsi d’accordo sul concetto, voglio precisare, perchè anche questo sarebbe non solo irrealistico ma anche ingiusto. Che il merito valga, dunque, ma dopo, e solo dopo, che sia assicurata per tutti una vita dignitosa. E se per ottenere questo obbiettivo si deve sacrificare qualche “merito” lo si faccia pure, anche perchè un merito la cui conseguenza è la fame per altri esseri umani non può essere definito tale. E’ il mio un discorso di “sinistra”?. Niente affatto, non lo sono più da tempo. E’ un discorso da “comunista”? Neanche, semmai da comunitarista che ha a cuore la coesione sociale, ma soprattutto ritiene delittuoso che nel mondi ci siano miliardi di esseri umani sradicati e miseri. Ma attenzione, sradicati e miseri non significano semplicemente poveri se confrontati coi nostri standard. Significano sradicati dalla propria cultura, le proprie usanze, le proprie tradizioni, tutto ciò insomma che non solo da senso all’esistenza ma costituisce anche quel legame che assicura la coesione. Non ho una soluzione, nè un progetto, anche alla luce delle catastrofi prodotte dai tentativi, magari anche generosi, di uscire da questo meccanismo. Dico solo che dovremmo sforzarci, nella quotidianità, di individuare un modo di stare in relazione cogli altri che sia fuori dalla logica del sistema, e che non sia nè riassorbibile nè strumentalizzabile. E stare fuori dai meccansimi significa, una volta in grado di condurre una vita dignitosa, fottersene delle ricchezze, della corsa aa consumare in modo insensdato e stupido, e rivolgere lo sguardo altrove, ad altre cose, E se c’è un prezzo da pagare, va bene lo stesso, ammesso che sia davvero un prezzo piuttosto che una liberazione mentale. Poco? Lo so benissimo. Il resto lo dovrebbe fare una politica “alta”, ma non si vede nulla del genere all’orizzonte.
armando(Quota) (Replica)
https://femdominismo.wordpress.com/2017/08/30/i-deliri-della-sinistra-fucsia/
mauro recher(Quota) (Replica)