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Mi permetto di evidenziare questo passaggio contenuto nell’articolo:
“Se, come già Engels aveva scritto, sono le donne la classe più oppressa, anche la signora Agnelli, se offesa o maltrattata, deve essere sostenuta dalla solidarietà delle altre, a prescindere dalla sua appartenenza alla classe dei padroni”
Infatti era proprio quello che voleva dire Engels…
Della serie “W l’ermeneutica” e la libera interpretazione che ci consente appunto di interpretare liberamente (e soprattutto piegare ogni concetto pro domo nostra) tutto quello che ci pare. Del resto siamo in piena era relativista dove tutto e il contrario di tutto, per quel che conta, può essere detto. Tanto il capitale e il mercato sono stati naturalizzati, “ontologizzati”, e quindi sottratti alla chiacchiera filosofica. Per cui, sbizzarritevi pure e dite quello che vi pare, per quello che conta.
E devo dire che questo assunto viene preso alle lettera, come possiamo constatare ogni giorno. Del resto, anche l’ideologia femminista è stata sottratta al carosello di opinioni (a questo è stata ridotta la filosofia) per diventare verità assoluta, incontrovertibile. Due processi – naturalizzazione del capitale e “reificazione” dell’ideologia femminista – del tutto convergenti. L’articolo in oggetto conferma ciò che sosteniamo da sempre, e cioè la natura intrinsecamente sessista e interclassista del femminismo. Le donne prima di tutto, siano esse ricche o povere, suore o puttane, socialmente impegnate o squallide arriviste, filantrope o assassine.
Il riferimento a Engels non è casuale, serve a giustificare ideologicamente (naturalmente piegando il paradigma engelsiano ai propri fini) una concezione appunto sessista e interclassista.
Naturalmente, per quello che può contare, ci si guarda bene dal ricordare che il primo vero pensatore “femminista” della storia fu il liberale e liberista (i due concetti , come sapete, per me non sono del tutto sovrapponibili, nonostante lo siano per i più) J. S. Mill. Ma questi sono dettagli.
Si omette anche di dire che un altro pensatore socialista di formazione marxista dell’epoca, Belfort Bax, era invece un ardente antifemminista, ma anche questo è un dettaglio.
Ovviamente, come nelle migliori scuole opportuniste, si decontestualizza (e si piega pro domo propria) il pensiero di un filosofo e lo si riporta “paro paro”, come si suol dire, ai giorni nostri.
Sono trascorsi più di 150 anni da quando Engels scrisse quella sua “famigerata” (si fa per dire…) opera (che io personalmente condivido solo in parte), citata a ogni piè sospinto dalle/dai femministe/i ma ancor di più dalla gran parte degli antifemministi neoconservatori e tradizionalisti che la ripropongono sistematicamente per dimostrare che il femminismo sarebbe figlio del comunismo (a nulla vale ricordargli che si è affermato ed è diventato ideologia dominante nel contesto storico della cosiddetta post modernità capitalistica…).
Al di là del punto di vista engelsiano (sul quale, naturalmente, avrei da dire molto…), dire che la realtà della relazione fra i sessi da allora è COMPLETAMENTE MUTATA è un eufemismo, e dico poco. Nonostante ciò si continua a battere sullo stesso tasto. Del resto: “Finchè funziona e finchè nessuno mi dice senza tanti complimenti che sto dicendo una coglionata (a me funzionale), perché smettere, chi me lo fa fare?…”.
E allora eccoci qua, a celebrare per l’ennesima volta l’ideologia più “borghese” (anche se è improprio, a mio parere, definirla tale, ma per l’immaginario collettivo i concetti di “borghesia” e di capitalismo sono ancora del tutto sovrapposti…) e “interclassista” che abbia mai fatto la sua comparsa nella storia (tant’è che si è affermata nel sistema capitalistico e non nell’URSS o nella Cina comunista), come un’ideologia rivoluzionaria.
Strano concetto di rivoluzione. In Italia una di queste “rivoluzionarie” è addirittura Presidente della Camera dei Deputati. Negli USA (dove contestualmente si è in pieno regime di dittatura del proletariato…) ricopre addirittura la carica di segretario di stato. Del resto lo stesso Presidente è un femminista militante…
Conviene diventare rivoluzionari. Non è detto che non si abbiano da perdere che le catene ma certamente si ha un mondo da guadagnare…
W la Rivoluzione!
4 Commenti
Sul fatto che si tratti di una posizione sessista e direi razziale c’è poco da aggiungere.
E sostenere l’attualità di una posizione, ammesso che fosse valida allora, a più di 150 anni di distanza (quando l’Italia non esisteva tanto per dare un’idea delle cose) significa trattare i lettori come persone acritiche, forse ignoranti e orientabili sulla base di gridi di battaglia che facciano leva sul piano emozionale più che razionale.
Ma a me viene da fare una considerazione aggiuntiva, sul piano della logica, più che sul piano storico.
Se si assume che la classe delle “donne” fosse oppressa 150 anni fa, significa ammettere che una parte della popolazione può essere oppressa. Quindi o si assume dogmaticamente che “solo le donne possono essere oppresse” oppure si ammette che qualsiasi altre gruppo può essere oppresso, quindi teoricamente anche quello maschile. Quindi oggi su quale base si può affermare che le donne rappresentano collettivamente una classe più oppressa di quella del gruppo complementare quello maschile? Sulla misura di quali elementi sostanziali? Educazione, qualità della vita, libertà sessuale, libertà d’opinione? Sarei curioso di capire.
fabriziaccio(Quota) (Replica)
Mannaggia…stavolta avevo resistito alla perversione di leggere un articolo di Monica Lanfranco e me lo menzionate qui.
Adesso mi tocca leggerlo.
Continuerò a preferire Bill Hicks, sappiatelo.
Riccardo C.(Quota) (Replica)
Riccardo C.,
Dalle poche righe che sono riuscito a leggere prima di avere la nausea, ti garantisco che anche Topolino sarebbe una lettura migliore.
Pappagallus sibiricus(Quota) (Replica)
Ho letto da qualche parte che tra i fondatori dei primi movimenti femministi ci furono alcune famose sataniste.
Renzoni(Quota) (Replica)