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Ho gironzolato su Femminile Plurale.
Un giro al supermarket del femminismo, deposito delle verità oggi universalmente credute e riversate da decenni – a spicchi o a camionate – contro gli uomini. Verità propagandate ogni giorno dai media, insegnate in tutti gli ordini di scuola, infiltrate in ogni opera cinematografica, letteraria e teatrale. Presenti in ogni saggio di filosofia come di psicologia, di storia come di etnologia o sociologia o quale che sia disciplina umanistica o biologica. Rinvenibile persino in testi di filosofia della fisica, di meccanica quantistica e di cosmologia (a richiesta – e a pagamento per le femministe – ne presenterò recentissimi esempi: titolo, pagina, quotation) Verità distribuite poi imprevedibilmente a casaccio come cioccolatini dalle nostre amiche (e amici), colleghe/i, commensali, parenti e via dicendo, nelle più disparate e impensabili occasioni (mai però sussurrate dalla sposina al maritino mentre risalgono la navata centrale tra la musica di Strauss. Come mai?…).
Un affastellarsi senza fine di contraddizioni, deformazioni, parzialità, leggende metropolitane e verità vere aventi come scopo e risultato la riconferma di quel che alcuni refrattari (noi) non vogliono digerire: la storia è storia del male creato dagli UU che hanno sempre avuto tutto il potere. A questo trend universale ha cercato di porre rimedio, per la prima volta da sempre, il femminismo occidentale, la cui opera però è ben lungi dall’essere compiuta ed anzi sta subendo rinnovati attacchi da coloro che non tollerano le conquiste e le libertà femminili (noi). Il privilegio maschile è ancora quasi del tutto integro e il genere femminile è la Vittima innocente che esige compensazioni e risarcimenti. In questo quadro gli UU non hanno alcun titolo per rivendicare alcunché e non vi è ragione per perdere tempo ad ascoltarli. Si lagnano del potere perduto e/o in via di erosione.
Ho detto che ci sono pure delle “verità vere”. Certo, non si pretenderà che una grande menzogna sia priva di verità inconfutabili. Al contrario. Vi svolgono il ruolo dei tondini nel calcestruzzo. Ne esce una struttura inattaccabile. Che si possa manipolare tanto con le bugie quanto con la verità è un dato acquisito. Meglio però usare un sapiente impasto delle due. La narrazione femminista in ciò è insuperabile.
In quel ginepraio di argomentazioni si possono trovare tutte le contraddizioni, le aporie, le “dimenticanze”, le incoerenze, i sofismi, i paralogismi, le proiezioni, gli stravolgimenti immaginabili. Il movimento maschile mondiale ne ha fatto la radiografia da tempo. Qualsiasi forma di coerenza e di logicità vi è impossibile: la loro applicazione manderebbe in pezzi il racconto femminista. Infatti l’intera azione del movimento maschile non è altro che la pretesa dell’applicazione agli UU di quegli stessi criteri/valori che oggi si applicano alle DD in modo esclusivo. La lealtà fa saltare per aria il femminismo.
Da questa insalata russa di argomentazioni pesco solo alcune stravaganze e assurdità.
1- La società è ancora maschilista, lo prova il fatto che ci sono ancora stupri. Nella società femminista non ci saranno più. Bene.
Dunque, posto che in una società civile non ci sono né furti né rapine ne segue che nessuna società è mai stata civile e che nessuna lo sarà mai, perché furti e rapine ci saranno sempre. E si badi la sottigliezza della cosa. Dicendo che furti e rapine ci saranno sempre non è necessario aggiungere “Speriamo che l’evoluzione della civiltà le riduca e magari le azzeri” e non è necessario professarsi “nemici dei furti e delle rapine”. Se invece si osa dire che di stupri ce ne saranno sempre, immediatamente si viene sospettati e denunciati come “giustificatori dello stupro”. Quel criterio che si applica in una direzione, subito viene stravolto quando torna utile. In ogni caso, posto che presenza stupri = società maschilista, la conclusione è chiara: la società maschilista è eterna e come tale verrà descritta ai nostri pro-pro nipoti per i millenni a venire. L’assurdità dell’equazione è smaccata. Ma utile. Utile nella guerra contro gli UU.
2- Aborto. Essendo quelli del MUB antifemministi, si suppone a priori, si “sa già” che sono antiaboristi. Poi si scopre che non lo sono, anzi che magari rivendicano addirittura il diritto di disconoscere la paternità, al pari di quel che fanno le DD con l’aborto. Il diritto maschile all’aborto. A questo punto ci si trova c’accordo, ma in che modo? Con una risposta soggettiva: “Io credo che anche gli UU debbano poter decidere…”. Ma l’argomento non è se Maria Rossi sia d’accordo o meno che anche gli uomini possano decidere della loro vita. L’argomento è se gli UU qui ed ora lo siano e la risposta è: NO oggi non lo sono. L’argomento non sono le opinioni soggettive di Anna Verdi: è se un simile stato di cose meriti o meno il nome di delitto. Di crimine istituzionalizzato a danno dei maschi (e a vantaggio delle femmine). Con la risposta soggettivista si elude il problema. Si capisce: è un problema maschile la cui soluzione metterebbe a repentaglio un pezzo del potere femminile sulla vita (e il reddito) degli UU. Meglio glissare.
Il tema del contendere è: come mai Lei si e Lui no? Quali forze e quali ideologie hanno portato a questa disparità? Come mai il detentore del potere quasi assoluto ha ceduto sulla questione più importante della sua vita trasformandosi in esecutore della volontà femminile?
Come mai il simmetrico diritto alla parità nella decisione sulla generazione non è mai apparso nessun saggio femminista? Come mai il femminismo che ha nella parità assoluta il suo dogma, il suo idolo, il suo Dio, si è dimenticato di questo piccolo particolare? Come mai in 40 anni non ne abbiamo mai sentito parlare? Da nessuno e mai.
Il quadro è chiaro. Anche in questo caso le interessate “sanno già” tutto a priori. Perciò non leggono i testi del movimento maschile (di cui “si sa già” l’origine, il contenuto, lo scopo), non guardano i manifesti dei movimenti presenti nel web, non ascoltano la voce dei separati etc.
Il sistema psicoemotivo che sta alla base del femminismo e le conoscenze che esso mette in circolazione formano un barriera assolutamente insuperabile. Non ci sono argomentazioni, considerazioni, dati, statistiche, cose, fatti, avvenimenti che possano erodere l’assoluta certezza dell’assoluta intangibilità del femminismo, dei suoi dettami e dei suoi obiettivi.
Abbiamo visto che si è giunti sino al punto di affermare che 1 è più grande di 1000 (“Ne muoiono più per violenza maschile che per qualsiasi altra causa.”)
Se passa una “verità” siffatta, può e deve passare ogni menzogna.
Dove c’è benevolenza non servono argomentazioni. Dove queste sono sterili vuol dire che non c’è benevolenza. Quelli del Momas la chiamano misandria. Infinito egoismo, infinita superbia e infinita presunzione femminista. XXI Capitolo dell’Odissea del Rancore.
Colpisce noi.
RDV
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Tratto dal libro: LASCIATE IN PACE GLI UOMINI, di Cheryl Benard e Edit Schlaffer, sociologhe dell’Istituto di ricerche politiche e di studi sui rapporti interpersonali di Vienna, che già venti anni fa avevano al loro attivo sette opere sul rapporto uomo-donna.
“LASCIATE IN PACE GLI UOMINI” è stato a lungo nella lista dei best seller in Germania.
Titolo dell’opera originale:
LASST ENDLICH DIE MANNER IN RUHE; 1990 by Rowohlt Verlag GmbH, Reinbek bei Hamburg
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Gli uomini si sono riuniti in un cartello. Che cosa amministrano chiusi nella loro consorteria, per ottenere dalle consumatrici il prezzo più elevato possibile? Che cosa offre il cartello degli uomini? La sessualità, un bisogno umano primordiale, è incluso nel catalogo, ma per quanto concerne questo prodotto gli uomini non sono solo offerenti ma anche acquirenti – il che riduce notevolmente il loro potere di trattativa e pone un limite alle loro richieste. Nell’ambito sessuale oggi esiste una certa parità; a lungo le donne sono state addirittura in vantaggio, a voler ragionare in termini di mercato, in quanto gli uomini credevano di avere un fabbisogno di sesso superiore a quello delle donne e quindi pensavano di dover fare concessioni.
Inoltre gli uomini possono ancora offrire: la tranquillità economica, in quanto è l’uomo che guadagna maggiormente, la conseguente rivalutazione dello standard di vita della donna e le prestazioni sentimentali, che ci si aspetta in una convivenza o in un rapporto di coppia. Analizzando i tre prodotti offerti dal cartello degli uomini, salta subito all’occhio che offrono solo due esigue possibilità di trattativa. Con la sessualità l’uomo non ha un grosso potere contrattuale, in quanto in questo campo gioca contemporaneamente il ruolo del venditore e del compratore o, per esprimersi più amichevolmente, perché riunisce in un’unica persona richiesta e offerta. La questione economica è invece un’arma molto pericolosa, di cui l’uomo ha sempre saputo far buon uso. Le donne, infatti, si trovavano in posizione tale da temere più di un uomo il divorzio, perché il loro standard di vita e la loro posizione sociale erano più direttamente minacciati.
Ma, grazie al fatto che oggi le donne sono attive professionalmente e hanno raggiunto l’indipendenza economica, anche questo punto di forza vacilla.
La merce di scambio più lucrativa resta dunque la sensibilità, la profferta di sentimenti e un rapporto qualitativamente affogante. Qui il cartello ha serrato le file in modo imponente ed efficace.
Con una costanza e una solidarietà, che Lilistrata non poteva nemmeno immaginare, gli uomini mettono sottochiave la loro vita interiore e ricattano le donne con una strategia mirata del rifiuto e della rinuncia.
Come ci si comporta in un cartello? Un paragone con altri cartelli, per esempio quello del petrolio, sarà molto utile. Ci si coalizza con altri venditori per avere più potere contrattuale. Poi si cercano i punti deboli sia del cartello sia dei singoli membri per fare breccia nella loro solidarietà. Si riesce a mettere contro la Libia o l’Arabia Saudita? Bene. Si può offrire qualcosa all’Arabia Saudita per lasciare l’Iran con un palmo di naso? Benissimo!
Questi sono in ogni caso provvedimenti d’emergenza. In verità esiste un’unica possibilità per contrapporsi vittoriosamente a un cartello. Si cercano fonti d’energia alternative. Ci si rende indipendenti dai fornitori che ci possono ricattare.
Tratto sempre dal sopracitato libro:
Quando abbiamo riletto, per il capitolo sulle “relazioni tipo”, gli scritti di Simone de Beauvoir, vi abbiamo trovato delle riflessioni che confermano le nostre osservazioni. Già prima che scoppiasse la controversia tra le fautrici del lavoro casalingo e quelle dell’attività professionale, Simone de Beauvoir aveva espresso al proposito pensieri profondi. Casualmente si era ritrovata a frequentare una nuova cerchia di persone ed era venuta a contatto con donne che erano completamente diverse dalle sue solite amiche.
“Non avevo mai avuto a che fare con donne che conducessero una normale vita di coppia… Improvvisamente conobbi un buon numero di donne al di sopra dei 40 che, nonostante la diversità di estrazione sociale, avevano una cosa in comune: tutte vivevano in dipendenza di un’altra persona.
Siccome ero una scrittrice e non ero del giro e probabilmente anche perché avevo la dote di stare ad ascoltare, mi raccontarono molte cose. Mi presi a cuore le loro difficoltà, le fallaci seduzioni del loro modo di vita, le trappole e i mille ostacoli della vita di una donna normale”.
Dipendenza. La Beauvoir ha colpito nel segno nell’identificarvi l’essenza della classica vita da casalinga. E continua:
“A me personalmente è stata risparmiata la maledizione che pende sul capo della maggior parte delle donne, la maledizione della dipendenza. Infatti sia che si sentano da questa gravate sia che vi facciano l’abitudine sia che se ne compiacciano, alla fine non è che una maledizione… Guadagnarsi da vivere rimane però l’unica via, per ottenere una stabile e interiore indipendenza… L’indipendenza economica permette a una persona di sentirsi tale. Quando (da giovane insegnante) raggiunsi questo traguardo, mi fu possibile evitare una vita parassitaria e tutte le comodità pericolose che mi venivano offerte”.
“Fallaci seduzioni”, “comodità pericolose”, la Beauvoir esprime così un’acuta osservazione.
Nelle nostre interviste ci siamo imbattute, e anche spesso, in donne, nel cui caso non ci aspettavamo affatto una tale confessione. Solo una era riuscita a sfuggire completamente al tentativo di scherzare al pensiero dell’alternativa domestica. E nessunissima di noi, nemmeno la più impegnata donna in carriera, non ha mai pensato, nemmeno per alcuni secondi, come sarebbe starsene a casa. Non dover più essere in orario prestabilito in un certo luogo, non avere più riunioni, appuntamenti e un capo. Quasi in nessun luogo nella nostra società occidentale ci sarà una donna il cui marito non avrà interrotto a un certo punto le sue lamentele su di una faticosa giornata lavorativa dicendole che non ha affatto bisogno di andare a lavorare e che potrebbe starsene a casa. Spesso questa offerta è finanziariamente poco realistica, poiché la famiglia necessita di due stipendi. Ma, dal punto di vista della dinamica di coppia, lo è sempre perché se un partner dipende dall’altro non può esistere una convivenza equilibrata e un armonico sviluppo della coppia. Prendiamo allora le idee casalinghe per quello che sono: uno scherzo, una veloce fantasia rilassante per lavoratrici stressate. E tale dovrebbe rimanere in ogni caso: infatti alla lunga fare la casalinga non è né salutare né distensivo.
Per concludere…
________________
1) GLI UOMINI.
Andrebbe meglio se gli uomini fossero diversi? Può darsi. Forse andrebbe anche meglio se il clima tedesco fosse più mite e le grandi metropoli meno inquinate.
Gli uomini sono come sono.
Tutti i loro sforzi per cambiare mancano di entusiasmo e la loro disponibilità a investire sui sentimenti non ha nulla di spontaneo.
Gli uomini infatti sanno perfettamente che la loro cosiddetta “difficoltà di rapporti” è un metodo infallibile per poter fare i propri comodi.
2) MOLTE STRADE CONDUCONO ALL’INFELICITA’, OVVERO:
LE DONNE ORGANIZZANO IL PROPRIO MATRIMONIO.
Uomini e donne si sposano per motivi diversi e con aspettative contrastanti.
Per lui “matrimonio e famiglia” occupano poco posto nell’esistenza; importanza vitale hanno invece la sfida professionale, il prestigio e il successo.
Per lei “matrimonio e famiglia” sono la vita, alla quale va adattata, spesso a prezzo di sofferenze, la propria personalità.
3) IL MATRIMONIO DI LUI – IL MATRIMONIO DI LEI.
OPINIONI CONTRASTANTI SULLA QUESTIONE DELLA FELICITA’.
Esistono motivazioni concrete e astratte, razionali e nevrotiche per sposarsi.
Ma di solito entrano in gioco tutti questi fattori insieme, in diversa misura.
Questo vale per entrambi i partner. Ma fondamentalmente diverso è il loro punto di partenza:
la donna vuole diventare “una coppia”, creare qualcosa di nuovo insieme al marito.
L’uomo vuole rimanere se stesso e migliorare ulteriormente la propria condizione grazie al rapporto di coppia.
4) LA DONNA UTILE.
E’ la donna che sta dalla parte dell’uomo, che vive pressoché alla sua ombra, che si rende indispensabile, che gli cuce i calzini, che gli tiene lontani i bambini rompiscatole e favorisce la sua carriera.
Il tutto fino ad annullarsi e fino a quando lui non se ne trova un’altra.
5) USARE LA TESTA AL POSTO DEL CUORE CI RISPARMIA MOLTO DOLORE.
Esistono i matrimoni d’amore e quelli dettati invece da considerazioni razionali e una tale contrapposizione porta molte donne a credere che più un rapporto è irrazionale, maggiore sarà anche il suo valore intrinseco.
Per gli uomini invece l’amore è un fattore meno importante nella scelta della propria partner.
Lei deve essere carina, sportiva, avere magari anche una certa intelligenza…
Criteri poco romantici, che comunque gli uomini di solito ammettono apertamente.
Tuttavia le donne si rifiutano semplicemente di ascoltarli.
6) VIOLENZA PSICOLOGICA.
Gli uomini hanno cercato in tanti modi di impedire alle donne ogni forma di ascesa sociale, ma ormai i metodi usati in passato non funzionano più.
Leggi, divieti di carattere religioso, tradizioni, reddito, adesso tutto è cambiato a favore della donna.
L’unico strumento efficace con il quale l’uomo riesce ancora a creare una forma di dipendenza nella sua compagna è rappresentato dalle emozioni, dai desideri, dalle speranze, dai sentimenti.
E l’uomo, oggetto numero uno di tutte le proiezioni della psiche femminile, ne approfitta.
La tecnica usata è questa: egli fa in modo che la donna concentri tutta se stessa su di lui.
Amici, famiglia, colleghi, lavoro, tutto quanto costituisce altrimenti la vita della donna, deve sparire come un’immagine in dissolvenza. L’uomo deve alternare momenti di tenerezza e comprensione a momenti di freddezza e indifferenza. Il suo scopo deve comunque essere quello di suscitare in lei emozioni molto forti e contemporaneamente accrescere la sua dipendenza psicologica. Non importa se queste emozioni nascono dalla paura, dalla delusione, dalla speranza, dalla stanchezza o da che altro sia. Questo è un vero e proprio lavaggio del cervello, di cui Shakespeare ci offre una versione classica nella “Bisbetica domata”.
7) IL RAGNO…
L’amore è talmente utile agli uomini da farci credere che siano stati loro ad inventarlo.
Essi tessono l’amore come un’insidiosa ragnatela fatta con fili di seta: poi si siedono e aspettano una mosca.
Che meraviglia, pensa la mosca quando vede la ragnatela che luccica al sole.
Il ragno invece non la pensa così, non si lascia catturare dalla rete che lui stesso ha teso.
Il ragno, mie care, il ragno sì che sa come va il mondo.
Jill Tweedie, In The Name of Love – New York 1979.
Tanto per cambiare, su PANORAMA di questa settimana, è stato pubblicato un articolo scritto dalle “scienziatesse” Donatella Marino, Antonella Piperino, Lucia Scajola, ed intitolato:
“SVEGLIATI, MASCHIO!” (pag. 56-60).
“Secondo la Federazione europea
di sessuologia, in 10 anni si è ridotto
di due terzi il desiderio maschile degli
italiani. Che ne è del mito del latin lover?
Troppo stressati, inibiti dall’eccessiva
iniziativa femminile, stanchi di sentirsi
sotto esame. Al punto di preferire l’astinenza,
l’autoerotismo e il mondo hard di internet.
__________
Sentenzia Simona Izzo:
“Poveri uomini: le donne possono affrontare
una notte di sesso anche se svogliate. Loro no,
ossessionati come sono dal loro organo, un
“navigator” che non sempre risponde ai comandi.
Forse per questo oggi preferiscono erotizzare
il potere, il successo, i soldi. Meglio comandare
che fottere, come insegna il famoso detto”
_________
Chiosa Cristina Del Basso, altra famosa “scienziatessa” rifatta, nonché “bomba del sesso” (a chiacchiere…)
“Non so cosa stia capitando agli uomini.
Sempre stanchi e stressati. Già dopo 8
mesi di relazione le mie amiche devono
pregarli per una performance sessuale.
Il fidanzato di una bellissima preferiva
andare a funghi”.
________
Insomma, niente di nuovo sotto il sole.
Basti dire che su PANORAMA del 19 aprile 1987, fu pubblicato un articolo di Maria Luisa Agnese, intitolato (pag. 174-185):
“ALMENO GUARDAMI”
“IL RITORNO DELLA MINIGONNA NELL’ERA DELL’AIDS”.
Sempre su PANORAMA, del 18 ottobre 1987, la sopracitata Maria Luisa Agnese scrisse un altro pezzo (pag. 206-213) intitolato:”FUORI LA DONNA! – SVOLTE ESTETICHE/LA NUOVA ERA DEL MOSTRARE”, in cui il sociologo ginevrino, Philippe Perrot affermava:”COSI’ FINI’ LA SEDUZIONE”.
E ancora: su L’ESPRESSO del 13 gennaio 1995, Daniela Minerva scrisse il seguente articolo (pag. 104-111): RAGAZZO, ADESSO TI USO IO – SESSO/ E’ LA DONNA CHE COMANDA”; mentre in prima pagina il summenzionato settimanale titolava:
“SESSO ’95 – INCHIESTA: COME E PERCHE’ ADESSO COMANDA LEI – DONNA PADRONA”.
Ma non è finita qui: il 27 giugno 1996, L’ESPRESSO titolava in prima pagina:”COPPIE ’96: CORSA AGLI ADDII – MANUALE DELL’ARTE DI LASCIARSI – STASERA TI BUTTO” (articolo di Daniela Minerva – pag. 54-58), il tutto “condito” dalle foto di un lui nudo, girato di spalle e con le mani sul viso, ed una lei vestita da uomo, sicura di sé, vincente e dall’aria soddisfatta.
_________
… diceva Coco Chanel:
“Non esistono uomini impotenti ma solo donne incapaci”…
(Frase rovesciata dalle femministe in:”Non esistono donne frigide ma solo uomini incapaci”.)
P.S. Naturalmente potrei riesumarne altri di articoli del genere, ma penso che per oggi basti.
http://fematrix.altervista.org/?p=262
@ Damien –
si potrebbe capire come mai di tutta questa guerra tra sessi planetaria, come mai nascano sempre meno figli maschi
>>
Non è così, Damien, in realtà, ancora oggi, nascono più maschi che femmine.
>>
PS – Fabrizio, perché le farneticazioni femministe sì, e Mobius no…?
Vedi Lestat, tu sei qui per cazzeggiare e quindi puoi permetterti di scrivere di tutto e di più. Ma noi no. Noi siamo qui perché perseguiamo un progetto, quello cioè di dar vita ad un Movimento di uomini fondato sui Principi che puoi leggere sulla homepage del sito in basso a sinistra. Quella è la nostra Carta Costituzionale.
Lì sono contenuti i valori ai quali ci ispiriamo e che devono essere rispettati anche da coloro che entrano in questo sito.
Quel commento che hai inviato e che non ho pubblicato strizza palesemente l’occhio a posizioni sessiste e razziste fondate sulle teorie di uno scienziato, Mobius, a cui fai riferimento in quello stesso post.
Sarebbe sufficiente questo per spiegarti la scelta di non pubblicarlo. E infatti è così. Ma c’è anche dell’altro.
Se pubblicassi farneticazioni razziste come quelle contenute in quel tuo post, esporrei il sito agli attacchi dei nostri avversari (che sono tante/i) i quali non aspettano altro che di vederci scivolare su una buccia di banana. Insomma farei solo danni enormi al sito e al nascente Movimento. Non mi sembra una cosa intelligente. Non trovi? Peraltro alcuni di noi in questo progetto ci stanno mettendo la faccia, l’immagine pubblica, la credibilità personale, e non mi sembra il caso di metterle a repentaglio per una sciocchezza di questo genere.
Ho già spiegato che la rete è molto grande e ci sono tanti altri siti e blog dove andare a discettare sulla circonferenza cranica delle donne o dei “negri” o altre simili “amenità”.
Non c’è bisogno di farlo qui. Farlo qui è di fatto anche una provocazione gratuita. Capisco che la cosa ti diverta e capisco anche che tu abbia compreso la qualità di questo luogo rispetto ad altri dove il livello è quello che è e dove, guarda caso, si disserta serenamente sulle farneticazioni di cui sopra.
Però, come io capisco te, tu devi capire me. E allora, come si suol dire, o capisci e ti adegui, oppure vai a sostenere quelle cose in altri luoghi.
Guarda che qui c’è tanta gente che interviene e non la pensa come noi, come puoi ben vedere, ma non fuoriesce dal seminato, come si suol dire, intanto perché non condivide quella roba lì che hai postato ma anche perché capisce che si trova in un determinato luogo e si relaziona in modo adeguato.
Cerca di farlo anche tu, altrimenti sarò costretto, mio malgrado, a censurare i tuoi post. E guarda che non lo faccio spesso, anzi…
Ciò detto, le farneticazioni femministe di cui tu stesso parli nel tuo post, non sono affar mio. Dicessero quello che vogliono. A me interessa quello che noi diciamo. E siccome quello che noi diciamo è di fatto anche quello che viene detto nel blog (anche se ci sforziamo di ripetere che la linea ufficiale è quella contenuta nel Manifesto e negli articoli sul sito), è bene regolarsi di conseguenza.
Riflettici.
Fabrizio
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Sentenzia Simona Izzo:
“Poveri uomini: le donne possono affrontare
una notte di sesso anche se svogliate. Loro no,
ossessionati come sono dal loro organo, un
“navigator” che non sempre risponde ai comandi.
Forse per questo oggi preferiscono erotizzare
il potere, il successo, i soldi. Meglio comandare
che fottere, come insegna il famoso detto”
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Chiosa Cristina Del Basso, altra famosa “scienziatessa” rifatta, nonché “bomba del sesso” (a chiacchiere…)
“Non so cosa stia capitando agli uomini.
Sempre stanchi e stressati. Già dopo 8
mesi di relazione le mie amiche devono
pregarli per una performance sessuale.
Il fidanzato di una bellissima preferiva
andare a funghi”.
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Roba da matti… la pochezza di queste tipe e’ da Oscar.
Patetiche, ridicole e mentalmente poverissime.
http://www.corriere.it/roma
AL VILLAGGIO DEI PESCATORI
Fregene, surfiste in cerca dell’onda giusta
Il 17 e 18 luglio arriva il «Rip Curl Girls Tour»
Un «weekend da leonesse» per ragazze che si cimenteranno anche con yoga e capoeira
Lezioni di surf a Fregene
ROMA – Un weekend da leoni, o meglio, da leonesse. Sabato 17 e domenica 18 luglio a Fregene, le onde non daranno buca agli appassionati della surfboard; sì, proprio la tavola da surf. A proposito, dicevano fosse uno sport per soli uomini, duri, alla Patrick Swayze (il compianto protagonista di «Point Break», il film che nel ’91 ha letteralmente mitizzato i surfisti tutto muscoli e coraggio). Invece, ecco Hanalei Reponty, campionessa di origini thaitiane bellissima, bravissima e in grado di mettere i maschietti in riga aspettando l’onda perfetta. Tanto vale provare a imitarne le gesta, nelle acque di Fregene, domani e dopodomani, per il secondo anno del «Rip Curl Girls Tour»(nel 2009 ad Ostia) in programma al «Singita Miracle Beach», al Villaggio dei pescatori, sede dell’evento italiano dedicato al surf digitato al femminile. Con una guest star nella serata finale di domenica, tutta da scoprire.
La tavola conquista sempre più donne
TRA SURF E YOGA – Dalla Florida al Tirreno, in pratica, e cliccando sul sito Girlstour 2010(sono ammessi non più di duecento potenziali surfiste) per potersi iscrivere. Ma entro le 8,30 del sabato e della domenica. Tutte le ragazze partecipanti riceveranno tavola da surf e occhi solo per loro da parte delle colleghe espertissime del team Rip Curl. Alle 10,30, vento in poppa e onde nel mirino si comincia, divisi in due gruppi: dalle lezioni di surf teorico per poi passare a quelle pratiche con tanto di apprendistato per surf da onda, corsi di capoeira e yoga. Pausa pranzo alle 13; giusto il tempo di rifocillarsi e di nuovo in pista. Nel vero senso della parola, perché alle surfiste toccherà cimentarsi nelle lezioni di djmix e barman.
Donne e tavole da surf
COME A PUERTO RICO – Che c’entra la musica con la tavola? Beh, gli appassionati di questo sport che ogni anno si ritrovano a Puerto Rico, lo sanno: dopo tanta fatica, alla sera tutti on the beach in puro stile caraibico, come quello del Singita di Fregene, in via Silvi Marina, 54, dove, dalle 19 di sabato 18, scatta l’aperitivo a base di musica lounge e chillout mixata da Eliza C by Monster Energy e dai dj del Singita. Ma il clou della due giorni gratuita tra onde e musica da mixare, arriverà domenica sera, subito dopo le 19. Alla consolle ci sarà lui, Stephane Pompougnac, forse l’unico selezionatore francese che si rispetti: è di Stephane la serie Chillout Hotel Costes, oltre quattro milioni di copie vendute capaci di spaziare tra suoni diversi. Almeno nella musica, c’è ancora chi non si accontenta di seguire l’onda.
Peppe Aquaro
16 luglio 2010
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A proposito, dicevano fosse uno sport per soli uomini, duri, alla Patrick Swayze (il compianto protagonista di «Point Break», il film che nel ’91 ha letteralmente mitizzato i surfisti tutto muscoli e coraggio). Invece, ecco Hanalei Reponty, campionessa di origini thaitiane bellissima, bravissima e in grado di mettere i maschietti in riga aspettando l’onda perfetta.
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http://www.corriere.it
TEMPI LIBERI
Il femminismo può essere di destra?
La Palin e le altre: donne che contestano il copyright (della sinistra) sui diritti
Audaci spiriti di femminismo primitivo si aggirano per il mondo, dall’Europa all’America, e lanciano un’opa su una parola e una promessa di battaglie che non vogliono lasciare in mano alla sinistra. Nell’ironico ma quasi glamour calendario delle politiche ceche c’è la vice speaker della Camera in reggiseno e minigonna e la vice presidente morbidamente stesa sul letto con cagnolino, mentre la donna chiave del partito legge una rivista in autoreggenti. Tutte donne di destra, del partito Affari pubblici, che si offrono all’obiettivo con languidi sguardi e che hanno creato qualche perplessità nel Paese, velocemente rintuzzate dal gruppetto che, come ha riportato il Corriere, ha detto di averlo fatto per sottolineare l’avanzata rosa alle elezioni politiche mentre la deputata Lenka Andysova, 26 anni, fotografata anche lei semi gattonante su un lavandino, è andata oltre: «Esistono diversi tipi di femminismo»: insomma, siamo donne, siamo libere e intelligenti, perché nasconderci?
Ma se esistono vari tipi di femminismo con diritto di cittadinanza, allora va da sé che ci può essere un femminismo di destra? Sarah Palin, la sconvolgente governatrice dell’Alaska, risponde di sì e lo ha rivendicato di recente nel suo discorso di maggio a Washington: «C’è un’identità femminista conservatrice che sta emergendo» ha detto, elogiando le mamme orso, che più feroci dei pitbull difendono i figli e il diritto alla maternità, e subito dopo i risultati delle primarie per le sfide negli Stati americani le hanno dato ragione con la marea rosa repubblicana, da Meg Whitman a Nikki Haley a Sharron Angle, che ha trionfato in California, Carolina del Sud e Nevada. Modelli di donne tutt’altro che convenzionali d’altra parte sono proprio Sarah Palin, che ha sostenuto le sue tesi anti-abortiste scegliendo di portare a termine una gravidanza anche se sapeva che il piccolo era down, o Carly Fiorina, potente ex boss Hewlett and Packard che, dopo aver vinto le primarie per il Senato, si fa sorprendere mentre, a microfono spento, critica l’acconciatura della prossima rivale democratica di ottobre, Barbara Boxer. Un gruppetto di donne spiazzanti, in carriera e individualiste, che soffia vento fresco nelle vele di un movimento addormentato sugli slogan politically correct degli anni Settanta? Le leader della National Organization for Women non riescono ad accettare di fare un falò di tutto ciò su cui si era incardinato il femminismo progressista degli anni Settanta, dove nel pacchetto, insieme ai diritti delle donne e la battaglia per la maternità libera, c’erano anche quelli dei gay.
E così Tina Brown, opinionista e animatrice del sito The Daily Beast, ha detto che il femminismo antiabortista delle donne dei Tea Party è un colpo per il femminismo, e Tina Dupuy, blogger di tendenza e scrittrice, ha liquidato ancora più brutalmente quel vento insidioso: «È come dirsi vegetariano mangiando un panino al prosciutto, quelle non sono femministe, sono soltanto femmine». Allora forse, per uscire dall’angolo della contrapposizione muro contro muro che frena il dibattito americano, è bene alzare la testa e volare sulle ali della storia. Che ci dice che il femminismo degli anni Settanta ha rappresentato soltanto una fase, per quanto importante, di un’avventura più lunga e più vasta. «Chi l’ha detto che le vestali del femminismo sono loro? Voler mettere il copyright progressista su tutto ciò sarebbe, per dirla con Gillo Dorfles, puro radical-kitschismo » dice Anselma Dell’Olio, giornalista e femminista, che per le sue origini italo-americane ha seguito la storia del movimento con doppia visuale. E ricorda che le prime femministe, come Mary Wollstonecraft, che fece due figlie fuori dal matrimonio, giocavano su temi più ampi e trasversali e si impegnavano prima di tutto per la parità economica e sociale di uomini e donne, a cominciare dal voto. In tempi più recenti poi, Dell’Olio ricorda, sul fronte italiano, l’esperienza del Branco rosa del 2001 che ha cercato, senza successo, di mettere insieme donne di destra e di sinistra nella convinzione che il femminismo «o è trasversale o non è».
Come lascito di quel fugace ma prezioso tentativo è rimasta, comunque, la volontà di includere, non escludere. E difatti è proprio lo spirito del dialogo che pervade oggi chi in Italia si muove verso una ridefinizione del movimento, da entrambi i fronti: «Le donne ormai sono smagate e credo che nessuna, di destra o di sinistra, rifiuterebbe —a prescindere—il dialogo con l’altra parte» assicura Ritanna Armeni, scrittrice e politica. E anche quando non la pensano allo stesso modo, specialmente sui grandi temi etici (sui quali per altro i dubbi e le divisioni ci sono al di là del genere), hanno molta voglia di confrontarsi con le altre donne. «Io per esempio discuto spesso con Alessandra Mussolini e Daniela Santanchè e dialogo parecchio con Flavia Perina, direttrice del Secolo d’Italia in lunghe chiacchierate a cena». Da tutte queste total immersion rosa, Ritanna ne è uscita con una sua tabella su quali siano i rispettivi punti di forza e punti deboli degli opposti femminismi, di destra e di sinistra. Aspetto positivo del primo: saper valorizzare la propria persona: e, a parte gli esempi delle cecoslovacche, come dimenticare lo sbarco nel Parlamento italiano delle prime deputate di destra issate sui tacchi, e poi della più recente ondata, che marciava su trampoli ancora più alti? Aspetto negativo, al contrario, per le donne di destra, è quello di voler essere troppo uguali agli uomini, imitare i loro modelli (e qui Ritanna parla di «emancipazione subalterna »). Mentre per le progressiste, negativo è quello di essere troppo fedeli al partito (e al capo), di non sapersi smarcare («fedeltà subalterna »). Positivo, quello di saper marcare la differenza di genere. Lavoriamoci su, se vogliamo che il vento ingrossi le vele.
di Maria Luisa Agnese
17 luglio 2010
@Simona Izzo: sono le donne ossessionate dall’organo, hanno sempre delle frecciatine maliziose sui maschi.
Aspetto negativo, al contrario, per le donne di destra, è quello di voler essere troppo uguali agli uomini, imitare i loro modelli (e qui Ritanna parla di «emancipazione subalterna »). Mentre per le progressiste, negativo è quello di essere troppo fedeli al partito (e al capo), di non sapersi smarcare («fedeltà subalterna »). Positivo, quello di saper marcare la differenza di genere. Lavoriamoci su, se vogliamo che il vento ingrossi le vele
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bah .. curioso: le femministe di destra mirano al potere imitando gli uomini, ma stranamente promulgano il mantenimento delle differenze di genere nelle classi inferiori, secondo i vecchi ruoli. Le femministe di sinistra mirano al potere nel classico modo femminile (rimanendo “subalterne”ad un uomo di potere) promulgando però l’uguaglianza forzata tra maschio e femmina nelle classi inferiori.
A me pare che invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambi
Simone M
“Invece, ecco Hanalei Reponty, campionessa di origini thaitiane bellissima, bravissima e in grado di mettere i maschietti in riga aspettando l’onda perfetta.” (Peppe Aquaro)
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Sì, certo, come no…
Silverback 28/1/2007, 12:42
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=13959561&st=30
http://www.maschio100x100.org/media/articolo_punto_maschio.pdf
(…)
http://www.newsweek.com/2010/07/06/women-will-rule-the-world.html
http://www.rothbard.it/articles/contro-il-femminismo.pdf
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://en.wikipedia.org/wiki/Ernest_Belfort_Bax&ei=X9hFTNu2N8yQjAeQyMz1Bg&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CBwQ7gEwAA&prev=/search%3Fq%3DErnest%2BBelfort%2BBax:%26hl%3Dit
il file del maschio 100% non mi si apre
http://sport.libero.it/gossip/news/come-ti-spenno-il-paperol-ex-di-pato-ne11802.phtml
Al pari di altri uomini del momas mi faccio una domanda: se le donne sono veramente così furbe e intelligenti, di una spanna superiori agli uomini, come è possibile che vengano sistematicamente “ingannate” da quest’ultimi…?
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http://www.corriere.it
la Corte di Gerusalemme ha stabilito una pena di 18 mesi di carcere
Arabo si finge israeliano per sedurre
un’ebrea . Condannato per stupro
I due avrebbero fatto sesso consensualmente, ma quando lei ha scoperto la bugia lo ha denunciato
la Corte di Gerusalemme ha stabilito una pena di 18 mesi di carcere
Arabo si finge israeliano per sedurre
un’ebrea . Condannato per stupro
I due avrebbero fatto sesso consensualmente, ma quando lei ha scoperto la bugia lo ha denunciato
GERUSALEMME – Non sarà certo il primo uomo ad aver mentito a una donna pur di conquistarla, ma una bugia è costata davvero cara al palestinese Sabbar Kashur. Il fattorino trentenne, originario di Gerusalemme est, si è finto ebreo per sedurre una ragazza israeliana. Poco dopo essersi conosciuti, i due avrebbero fatto sesso consensualmente, ma quando l’israeliana ha scoperto la vera identità di Kashur, l’ha denunciato per stupro. Dopo più di un anno di processo lunedì scorso è arrivata la sentenza: la Corte distrettuale di Gerusalemme ha stabilito che il palestinese dovrà scontare 18 mesi di carcere per aver commesso il reato di «stupro con inganno».
PROCESSO – Le autorità israeliane temono che questa sentenza possa scatenare nuove violenze razziali e aumentare la tensione tra palestinesi ed ebrei. Sebbene ormai vivano da decenni fianco a fianco, in Medio Oriente sono davvero rare le relazioni sentimentali tra membri delle due popolazioni. Proprio per questo il processo di Sabbar Kashur ha catturato l’attenzione di entrambe le comunità. Secondo il resoconto della ventenne israeliana, i due si sarebbero conosciuti fuori a una drogheria nella parte occidentale di Gerusalemme, abitata principalmente da israeliani, nel settembre del 2008. Kashur, che è sposato e padre di due figli, si sarebbe presentato come uno scapolo ebreo alla ricerca di una moglie. Il trentenne palestinese ha raccontato in tribunale una diversa versione: “E’ stata lei ad avvicinarsi – ha dichiarato Kashur durante il processo – Era interessata alla mia moto e abbiamo cominciato a parlare. Non le ho detto nessuna bugia. Mi sono presentato come Dudu perché è così che tutti mi chiamano, anche mia moglie”. Ciò che è certo è che poco dopo i due hanno avuto un rapporto sessuale consensuale in un palazzo vicino. Più tardi, scoperto l’inganno, la ventenne ha denunciato Kashur: “Se non avesse pensato che l’accusato era uno scapolo ebreo interessato a una relazione seriamente romantica, lei non avrebbe ceduto” ha scritto nel verdetto finale il giudice Zvi Segal che ha rilevato come non si tratta del classico “stupro con forza”, ma di una violenza altrettanto subdola.
“SENTENZA RAZZISTA” – Kashur non ci sta e ha già dichiarato che farà ricorso in appello. Per quasi due anni è stato agli arresti domiciliari e la Corte non ha preso in considerazione l’opzione di una punizione più lieve come i classici sei mesi di lavoro nei servizi sociali. Per il trentenne si tratta di una chiara sentenza razzista: «Mi hanno tenuto chiuso in casa per due anni senza nessun motivo – spiega Kashur al quotidiano israeliano Haaretz (http://www.haaretz.com/print-edition/news/jurists-say-arab-s-rape-conviction-sets-dangerous-precedent-1.303109) – Se fossi stato un ebreo non mi avrebbero incolpato di nulla. Quello che ho fatto non è uno stupro. La ragazza era consenziente e sapeva ciò che stavamo facendo». Dello stesso avviso Elkana Laist, difensore d’ufficio, che ha definito il verdetto “paternalistico nei confronti delle donne”: Gideon Levy, noto editorialista e membro della direzione del quotidiano Haaretz, ha fortemente critica la sentenza: “Vorrei fare solo una domanda al giudice – ha scritto Levy sulle colonne del quotidiano israeliano – Se quest’uomo fosse stato un ebreo e avesse finto di essere musulmano per circuire una donna araba, che cosa sarebbe successo? Sarebbe stato condannato per stupro? Naturalmente la risposta è no”.
Francesco Tortora
21 luglio 2010
Estremamente interessanti i due post di LukeCage e di Marco. Peraltro c’è da dire che la questione israelo-palestinese per tanti aspetti è, metaforicamente parlando, emblematica e paradossalmente (ma neanche tanto) accostabile a quella della relazione fra i generi, per tante ragioni, a cominciare dal concetto di senso di colpa. Ma questo merita un discorso assai più approfondito…
Come molti di voi ormai sanno ho lavorato per alcuni anni come reporter proprio in Palestina, nei territori occupati da Israele, e ho potuto constatare di persona la brutalità di quell’occupazione razzista e neocoloniale. E naturalmente ho assistito spesso e volentieri alle angherie commesse dai soldati e dalle soldatesse israeliane (a pari merito, per lo meno in questo caso la par condicio funziona) nei confronti dei civili palestinesi, uomini, donne, vecchi o bambini che fossero.
Non solo, mentre in prima linea, guarda caso, ci vanno sempre i soldati, spesso e volentieri le soldatesse vengono utilizzate nelle retrovie, nei rastrellamenti e soprattutto ai check point, dove si fa il lavoro più “sporco”, quello cioè del ricatto, della pressione fisica e psicologica e dell’intimidazione sistematica sulla popolazione civile.
E’ dal 2003 che non vado più da quelle parti ma avevo già sentito parlare di questo “giochetto” (si fa per dire…) chiamato “spot and shoot”. Posso dirvi però che già dieci anni fa la tecnica del cecchinaggio “a vista” era utilizzata moltissimo e che spesso a questa pratica erano adibite proprio le soldatesse. In tanti casi si trattava di un vero e proprio tiro al piccione, in particolare nel campo profughi di Rafah, nella Strisca di Gaza, che si trova proprio al confine con l’Egitto. Lì bisognava stare veramente attenti perché i cecchini e le cecchine israeliane sparavano a tutto quanto si muovesse, spesso per gioco…Ora, da quel che si vede, l’omicidio sistematico è stato trasformato addirittura in una sorta di videogame…Dobbiamo entrare anche nell’ottica che per un israeliano (non proprio tutti per fortuna ma certo per la maggioranza) la vita di un palestinese non ha certo lo stesso valore di quella di un israeliano. Un po’ come accadeva (e in parte accade tuttora) in Sudafrica ai tempi dell’apartheid e della dittatura della minoranza bianca.
Ed è ancora più interessante la vicenda segnalata da Marco. C’è da aggiungere perché pochi lo sanno, che ormai da diversi anni è in vigore in Israele una legge (palesemente da regime di apartheid) che proibisce ai cittadini e alle cittadine israeliane di contrarre matrimonio con donne o uomini palestinesi dei territori occupati. Naturalmente questo provvedimento legislativo ha suscitato le proteste di quelle esigua minoranza di israeliani contrari all’occupazione e alla politica di Israele nei confronti degli arabi di Gaza e Cisgiordania, senza ovviamente ottenere alcun risultato. Non c’è quindi da stupirsi di fronte alla allucinante condanna per stupro subita da quel palestinese.
http://www.corriere.it/sport/10_luglio_21/Ribery_benzema_pagamento_bb4855b6-94cf-11df-91c3-00144f02aabe.shtml
I due calciatori incriminati
Zahia: Ribery e Benzema pagavano poco
La baby-escort: «Non sapevano che ero minorenne»
MILANO – Non avrebbero pagato il conto fino in fondo i due campioni francesi Franck Ribery e Karim Benzema finiti nei guai per aver avuto rapporti sessuali con una escort all’epoca diciassettenne. Secondo il sito del «Le Parisien», la ragazza, la franco marocchina Zahia Dehar, ha raccontato agli inquirenti di non aver guadagnato quanto sperava dalle prestazioni fornite agli illustri clienti. Ribery avrebbe sborsato 700 euro, 500 Benzema, a fronte di una «tariffa» di mille euro.
SQUILLO IN TRASFERTA – Zahia si è in particolare lamentata del fatto di essersi dovuta spostare fino a Monaco di Baviera per raggiungere Ribery. L’incontro con Benzema, attaccante, attualmente in forza al Real Madrid, avvenne invece a Parigi, in modo casuale. Nel 2008 si conobbero in una discoteca sugli Champs-Elysees, e poi conclusero la serata all’hotel Meridiem. Questa la versione della baby prostituta: «Gli dissi che la mia tariffa era 1.000 euro, ma non me ne diede che 500». L’anno successivo, per l’incontro con il centrocampista offensivo del Bayern Monaco Ribery, le fu pagato il biglietto aereo e il soggiorno all’hotel Kempinsky. In quella circostanza anche Ribery si sarebbe mostrato poco generoso. «Mi diede infatti 700 euro. Vidi che non era molto, per questo non tornai a Monaco di Baviera», ha messo a verbale la ragazza. Ma gli incontri con la stella dei blues sono comunque proseguiti in Francia fino alla fine dello scorso anno.
IL NODO DELL’ETA’ – Per la qualificazione del reato, è fondamentale appurare se i due giocatori fossero al corrente della minore età della escort. La quale ha più volte dichiarato alla polizia di aver avuto rapporti sessuali con Ribery fino allo fine dello scorso anno. Come filtrato grazie ad alcune indiscrezioni, la squillo ha assicurato agli inquirenti di aver mentito a entrambi i giocatori sulla sua età: spiegò di avere diciotto anni, quando le fu chiesto. Benzema e Ribery sono stati incriminati per aver avuto rapporti sessuali con una prostituta minorenne, reato punibile con la pena massima di tre anni di carcere e 45mila euro di multa. Ma perchè i due giocatori siano condannati deve essere provato che sapessero che Zahia non aveva 18 anni.
Redazione online
21 luglio 2010
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“i due calciatori incriminati
Zahia: Ribery e Benzema pagavano poco”
“la franco marocchina Zahia Dehar, ha raccontato agli inquirenti di non aver guadagnato quanto sperava dalle prestazioni fornite agli illustri clienti. Ribery avrebbe sborsato 700 euro, 500 Benzema, a fronte di una «tariffa» di mille euro.”
(…)
No comment.
D, la Repubblica delle donne; 24-30 dicembre 1996, n. 31
PAGA LUI O PAGA LEI?
Parità: una bandiera d’altri tempi.
Anche le più convinte femministe anni 70
stanno cambiando idea. E intorno vedono
solo il deserto delle buone maniere…
di Roberta Tatafiore
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Sei allegre signore in vacanza in Alto Adige decidono di concedersi una serata speciale.
L’hotel Corona di Vipiteno è famoso per il suo ristorante raffinato: tutto asburgico, dai pizzi
delle tovaglie ai piatti di porcellana alle pareti, con cameriere rigorosamente in costume sud tirolese (ma non quello di cotonina che si vende alle turiste) e capi camerieri rigorosamente in frac.
Le nostre, ossequiate, siedono al tavolo odoroso di candele leggermente profumate al pino e attendono la carta per ordinare. Imbarazzo. Il maitre traccheggia. Non si decide a consegnare loro la lista dei cibi e dei vini rilegata in cuoio brunito. Deve intervenire la proprietaria del ristorante, Frau Renate, che parlotta sottovoce con il maitre. E la carta arriva. Le nostre signore bevono e mangiano divinamente, ma non dimenticano quell’impaccio iniziale: pagano soddisfatte per i soldi ben spesi e chiedono di parlare con la padrona. Per complimentarsi e per sapere che cosa fosse successo all’inizio. Renate prende confidenza (tra donne, si sa!) e trascina le ospiti a visitare la cantina. Davanti a variopinti bicchieri da degustazione, ognuno diverso dall’altro per esaltare i diversi bouquet, svela l’arcano. Nel suo ristorante ci sono due tipi di carte del menu: quelle per i signori, con i prezzi, e quelle per le signore, senza prezzi.
Un’idea di Renate, un tocco in più di raffinatezza nostalgica. Le nostre signore, Renate compresa, ridono complici: sette donne emancipate e un po’ brille sghignazzano sui residui del passato.
Residui? Ma siamo poi così sicuri?
A sentire una delle partecipanti a quella divertente serata altoatesina, Adriana Papaleo, proprietaria di diversi negozi di abbigliamento a Catanzaro, dal come uomini e donne maneggiano i soldi negli acquisti emerge uno spaccato sociale ancora molto tradizionale: le donne pagano in contanti o con carte di credito “povere”, gli uomini esibiscono assegni o carte di credito prestigiose. Le donne vanno a comprare da sole i vestiti di stagione, gli uomini accompagnano le donne al momento dei saldi e controllano con meticolosità la merce, spesso abbondante, acquistata. Poi pagano con gesti vistosi, come se volessero mostrare che sono ancora loro ad avere l’autorità quando si tratta di fare “investimenti di famiglia”.
Adriana Papaleo racconta anche di una cara amica, arrivata trafelata e raggiante nel negozio sventolando un assegno in bianco. Glielo aveva regalato il fidanzato di turno per rinnovare tutto il guardaroba.
Si sbizzarrì: scelse i vestiti più costosi e sexy.
Le due G, Geld (soldi) e Geschlecht (sesso), vanno insieme, diceva il caro vecchio Freud, sempre per rimanere in clima asburgico. Il denaro è una metafora potente per risalire alle nevrosi che hanno sempre a che fare con questioni erotiche. E l’erotismo che impatta sul denaro si può giocare anche in trattoria.
“Io non conosco mezzi termini”, dice Angela Garbini, studentessa universitaria romana, “mi sento libera, massimamente libera, quando posso ‘prendere’ da un uomo che mi piace. Anzi, specialmente se mi piace.
Ma mi piace anche sfidare: invitarlo a cena e pagare il conto con apparente noncuranza. Funziona anche da provocazione sessuale: vediamo se sei capace, ora che sei in mio potere!”.
“Già che spendo i miei denari, mi voglio divertir”, cantava Don Giovanni. La Donna Giovanna, figlia di un ribaltamento epocale, fa tendenza.
Tendenza confermata da una breve inchiesta tra le trattorie e i ristorantini a luci soffuse di Borgo, quartiere romano addensato alla destra di San Pietro.
Fausto, cameriere da quarant’anni in ristoranti di buon livello, ha la statistica sulla punta della lingua: nel 70% delle coppie paga lui, nel 30% paga lei.
“Alla romana” – cioè ognuno per sé – pagano soltanto i turisti, le comitive, i gruppi di donne sole, che sono sempre più frequenti e i preti. La parità, evidentemente, va di moda solo in pizzeria. E nella coppia il ribaltamento dei ruoli è ancora molto più intrigante della parità.
Parità, bandiera d’altri tempi. Anche le terribili femministe rivendicative degli anni Settanta l’hanno lasciata cadere. Una che all’epoca ha sostenuto il conto e il coito paritario cerca di convincere la figlia ventenne a non essere così rigida:”Mi guardo intorno e vedo il deserto del galateo”, dice, “uomini che non ti usano più la minima gentilezza, ragazzi e ragazze che non conoscono più l’arte del sedurre.
L’importante non è più riequilibrare la differenza tra uomini e donne, ma trovare un modo meno algido di vivere il gioco tra i sessi”.
Avesse avuto ragione la baronessa Reanziska zu Reventlow?
Era una scrittrice dissipatrice dei primi del secolo di stanza nel quartiere bohème di Schwabing a Monaco di Baviera.
Braccata dai debiti, scrisse un esilarante romanzo, Il complesso del denaro (Adelphi), in cui prende in giro le mode innovative dell’epoca: la psicoanalisi innanzitutto e il femminismo:”Io nutro il massimo rispetto per le ragazze e le signore che nella vita provvedono a se stesse, benché ritenga che l’esservi costrette sia prova di un deplorevole traviamento della divina provvidenza”.
“Oggi la provvidenza ci fa nascere emancipate. E’ un obbligo”, ride Susanna Schimperna, direttrice del mensile Blue, specializzato in scritti e disegni sull’immaginario erotico, “e c’è una gran confusione. Tutte le donne che conosco, compresa me, sono felicissime se lui paga. Tutte le donne che conosco, compresa me, si lamentano poi del fatto che, se lui paga, è un po’ come se si fosse comprato i tuoi sogni. Il sogno di una serata romantica, di un ‘cena e dopocena’, di un fidanzamento, di un amore che duri tutta la vita. Oggi che il sesso non è più un segno riconoscibile della nostra identità, né lo è l’abbigliamento o lo status professionale, solo i soldi sono un segno che non dà adito a equivoci. Per gli uomini, spendere soldi per una donna è un modo per assicurarsi un trofeo: una donna deve ‘costare’, altrimenti perde gran parte delle sue attrattive. Personalmente trovo che se un uomo comincia in modo tale che sia lui a pagare il ristorante o il week end, non si nasconde la verità dei rapporti. E tutto funziona meglio. Quale che sia l’esito della vicenda”.
“Io ho dovuto superare il complesso della parità”, dice Ileana Taddei, insegnante di Ancona.
“Quando uscivo i primi tempi con il mio attuale compagno, mi rendevo conto che lo aveva anche lui. Aveva paura di offendermi proponendo di pagare le serate che passavamo insieme. Al momento del conto in pizzeria, succedevano scene di insicurezza veramente comiche. Tutti e due tiravamo fuori i soldi, il più in fretta possibile, come se ci vergognassimo di quel conto in sospeso tra noi. Una sera mi sono vestita con cura particolare e ho proposto di andare nel migliore ristorante di pesce della costa. Ho constatato che grazie a quel trucco ho suscitato in lui un amore appassionato”.
Una coeva della baronessa geniale e spendacciona, Iva Rubinstein, scriveva al musicista Igor Strawinsky:”Caro amico, sono certissima che intorno al 1990 le donne avranno ottenuto tutto. Il loro potere in Occidente supererà perfino quello delle società matriarcali. Ma non daranno più amore e meno ancora ne riceveranno…Mi rallegra pensare che non vedrò un momento simile”.
Succede oggi che le donne che hanno raggiunto tutto, che possono pagare tutto, creino problemi soprattutto a se stesse.
Louise Kaplan, l’autrice di Perversioni femminili (Cortina editore), il libro rivelatore del perché le nevrosi delle donne si annidino negli anfratti del quotidiano, racconta che una sua paziente, professionista di successo, doveva mettere in scena, al ritorno nelle mura domestiche, la commedia della dipendenza da suo marito. Dipendenza sessuale, affettiva e anche economica. Nascondeva quello che guadagnava per paura che lui, altrimenti, non l’avrebbe più amata.
Aveva paura di non essere abbastanza donna e cominciava a soffrire di fobie. Aveva paura della parità.
La psicoanalista argentina Clara Coria si starà mettendo le mani nei capelli! Ha scritto il libro, Il denaro nella coppia (Editori Riuniti), per mostrare che se non c’è l’indipendenza economica della donna le cose vanno molto male. Sostiene che bisogna cominciare fin dal primo giorno a stabilire territori distinti di autonomia. Le cene pagate, i fiori regalati, i regali più o meno costosi del corteggiamento, scrive, abituano le donne a rimanere in un guscio di dipendenza e protezione che può diventare soffocante. La donna si abitua a svalutare la propria capacità produttiva e scivola facilmente nell’inattività fuori casa. Così, quando è l’uomo ad avere sulle spalle tutto il mantenimento familiare, si ha “la donna che accetta il denaro a goccia a goccia, l’uomo che sopporta la richiesta del giorno dopo giorno. Entrambi sfiniti. Entrambi ostinati nella ripetizione del proprio ruolo”.
A giudicare dalla riuscita del matrimonio di Paola e Andrea, maturi architetti romani e partner anche nella professione, la parità economica, come la vuole Clara Coria, fa bene alla coppia. Lui paga le spese dello studio, lei quelle della casa, decisione presa dopo aver appurato, con adeguati calcoli, l’equivalenza delle spese. Vanno in vacanza con la “cassa comune”, come i boy scout; ciò che ciascuno compra per la vita quotidiana, dal libro al tostapane, dai dischetti per il computer alla carta da lucido, deve avere analogo valore. Lui ha acquistato una barca, lei la casa in campagna. E la fantasia?
“Gli concedo di pagare qualche volta la cena al ristorante”, confessa Paola, “perché vedo che gli fa piacere”.
“Se un amico o un fidanzato mi invita a cena, faccio in modo di offrirgli poi un drink o di pagare il cinema”, dice Jessica, professione prostituta. A Milano, in un appartamentino indipendente.
“Credo che noi donne dobbiamo mandare messaggi chiari. Non ci dispiacciono le attenzioni di un corteggiatore, di un amico o di un amante, ma dobbiamo fargli capire subito chi siamo davvero. Gli uomini sono stressati e angosciati perché non capiscono più le donne con cui hanno a che fare. Non capiscono la donna che pratica la libertà, ma che poi è disposta a sfruttare il complesso del denaro che ogni uomo ha. Se non paga, lui non si sente nessuno. E siccome lui non ha la forza di cambiare, penso che tocchi a me essere più matura e mostrare la sicurezza di essere indipendente. Certo, quando una donna è veramente indipendente, paga un prezzo. Si prepara quasi sempre a vivere in solitudine”.
Allora, sorge un dubbio: che siano ormai solo le contabili del matrimonio e le esperte del binomio sesso-soldi a tenere alta la bandiera della parità economica?
YOUR SELF – marzo 2005
Corteggiamento – ovvero la libera iniziativa
Dalla secolare ritrosia alla rivoluzione sessuale, alla
confusione dei ruoli. E poi? Ecco come i riti dell'”approccio”
sono cambiati negli ultimi decenni. Oggi ci sono maggiori
libertà e consapevolezza. E l’uomo ha capito che accettare
l’intraprendenza femminile nulla toglie alla propria identità
maschile.
I CINQUE VANTAGGI DELL’INTRAPRENDENZA
Sessuologi e psicologi consigliano oggi alla donna di non
esagerare con l’intraprendenza, di tener conto delle paure
di lui, di rivalutare almeno all’inizio del rapporto i ruoli tradizionali.
Ma se seguire gli schemi conosciuti è familiare e rassicurante,
non permette tuttavia di fare nuove esperienze. E se da
questo atteggiamento femminile, invece, l’uomo avesse
tutto da guadagnare? Proviamo per ipotesi a elencare
un po’ di vantaggi.
1. Una donna che si esprime eroticamente con libertà e
spontaneità sprigiona un calore e una passionalità ben maggiori
di una che si adatta a un ruolo passivo, magari solo per compiacere
il partner. Questo calore è contagioso: se non si irrigidisce in una
posizione di rifiuto, le iniziative di lei provocheranno inevitabilmente
una risposta di lui, in un gioco al rilancio dove chi ci guadagna non
è il narcisismo dell’uno o dell’altra, ma l’esperienza erotica di entrambi.
2. Passato il primo stupore, poi, la fantasia femminile si rivela
in genere divertente, leggera, stuzzicante, maliziosa: una rete in
cui è dolce farsi prendere, una proposta leggera e briosa, suscettibile,
se lui desidera, di aggiustamenti e variazioni: quanto di più lontano
da un esame o da una forzatura si possa immaginare.
3. La rinuncia al controllo è positiva. L’uomo è così abituato
all’idea di dover guidare le danze che forse non si è mai interrogato
sui costi di questo ruolo. Lasciare a lei le redini gli permette invece
un abbandono mai provato, una senzazione di leggerezza, di responsabilità
condivisa, una possibilità di perdersi anche totalmente nell’esperienza.
Il risultato è un piacere molto più intenso, ma non solo. In questo
lasciarsi andare fluiscono, non più sottoposti a censura, sentimenti
ed emozioni: l’incontro allora diventa più completo, più significativo.
4. Chi ha detto che la virilità si identifichi con l’iniziativa sessuale?
Nel mettere tutto in gioco, nella capacità di seguire una donna, nel trovarsi
improvvisamente a contatto con situazioni impreviste, spesso lui scopre
una mascolinità più profonda, spontanea e connaturata alla sua personalità:
non un modo di comportarsi, ma un modo di essere.
5. Lasciati da parte timori e preconcetti, si rinuncia alla polarizzazione
così diffusa e così triste: uomini da una parte e donne dall’altra, arroccati a
difendere le proprie posizioni e a sottolineare la diversità. Molto meglio, da
tutti i punti di vista, il venirsi incontro, l’apprezzare quello che un sesso ha
da dare all’altro.
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CI STO? NON CI STO? MEGLIO FUGGIRE…
Nella maggior parte dei casi, la prima reazione maschile di fronte a una donna
che si propone eroticamente è ancora un atteggiamento di perplessità, quando
non addirittura di timore. E’ comprensibile: non è facile cancellare con un colpo
di spugna secoli di condizionamenti. Ma non è solo la novità dell’approccio a
spaventare gli uomini; c’è il dato, più sottile, che una avance fatta da lei è come
un invito a un viaggio verso l’ignoto. Da sempre gli uomini percepiscono che
la sessualità femminile è più varia, diversificata, poliedrica e persino stravagante
di quella maschile, più tradizionalmente incentrata sulla genitalità.
Intuiscono allora che, se non sono più loro a condurre il gioco, il viaggio amoroso
può davvero approdare in territori stranieri. Una donna così coraggiosa da proporsi,
non avrà aspettative elevate, o fantasie strane, o richieste difficili da soddisfare?
Assolutamente comprensibile, allora, l’esitazione di un uomo che alla fin fine si
sentirebbe comunque responsabile della riuscita di un rapporto, anche se non
è stato lui a iniziarlo.
La prima reazione allora, per alcuni, è di rifiuto se non addirittura di fuga: meglio
rinunciare a qualcosa, che rischiare il tutto per tutto. Altri instaurano una specie
di tira e molla: ci sto, ma a modo mio. Rifiuto il tuo approccio oggi, forse ti proporrò
qualcosa domani. E’ quell’atteggiamento altalenante che tanto innervosisce le donne
di oggi…
Ma qualcuno riesce ad aprirsi, ad accettare senza pregiudizi, con apertura.
E le paure di lei? Raramente una donna così decisa da proporsi è vittima dell’ansia
di prestazione (pur diffusa oggi anche tra le esponenti del gentil sesso).
Però, c’è da dire che non sempre oggi una donna si fa avanti solo perché sente di
farlo. A volte si propone quando ha paura che lui non lo faccia, perché teme, se
non forza la situazione, di perdere l’opportunità di avviare la relazione, oppure
perché non regge lo stress dell’attesa. In altri termini, mette in gioco la propria
ansia. L’uomo lo percepisce, e sente scattare dentro di sé l’atavica paura del
possesso, dell’essere intrappolato…Ed è di nuovo fuga!
http://news2000.libero.it/primopiano/pp2701.html
http://www.corriere.it
studio inglese
Scollature e look estivo più succinto
Distratto il 29% degli uomini al volante
Ricerca della società di assicurazioni «Sheilas’ Wheels»
MILANO – Le temperature si alzano, le gonne delle donne si accorciano, le scollature precipitano e gli uomini vanno a sbattere con la macchina, perché distratti da tanto ben di dio. A dirlo, un sondaggio condotto su quasi 1.400 automobilisti dalla società di assicurazioni «Sheilas’ Wheels» che ha rilevato come in estate il 29% degli uomini al volante fatichi a rimanere concentrato alla guida se vede passare per la strada una donna in abitini succinti. Al contrario, la visione di un uomo in look estivo colpisce giusto il 3% delle guidatrici. Non solo. Le temperature più elevate accenderebbero anche il caratterino maschile, con il 21% che confessa di diventare molto più aggressivo al volante durante i mesi caldi e il 25% che ammette di aver avuto almeno un incidente (o di esserci andato vicino) negli ultimi cinque anni, a differenza del 17% delle donne.
AGGRESSIVITA’ – «Questa ricerca non è affatto una sorpresa – ha spiegato al Daily Express la psicologa del comportamento Donna Dawson – perché conferma che gli uomini si fanno distrarre molto più facilmente delle donne quando sono alla guida di un’auto e bastano dei cartelloni pubblicitari raffiguranti ragazze attraenti per far spostare rapidamente la loro attenzione. Non solo. Il testosterone gioca anche un ruolo importante per l’aggressività, perché rende gli uomini più inclini agli scoppi d’ira, a maggior ragione quando sono confinati in uno spazio angusto come un’automobile, e a farli irritare con più facilità rispetto alle donne». Nel 1994 fece scalpore il celebre cartellone pubblicitario della Wonderbra con le procaci curve di Eva Herzigova in bella evidenza e la scritta «Hello Boys», tanto che in molte strade si decise di vietarli perché rappresentavano una pericolosa distrazione per gli automobilisti. Sedici anni dopo, siamo ancora al punto di partenza. «Nell’era dell’aria condizionata, uno potrebbe pensare che gli automobilisti siano diventati molto più freddi al volante – ha commentato Jacky Brown, della «Sheilas’ Wheels», specializzata in polizze a favore delle donne – e, invece, gli uomini sono significativamente più propensi delle donne alle rimostranze e ai reclami. Ecco perché invitiamo tutti gli automobilisti a tenere gli occhi fissi sulla strada, indipendentemente dalle distrazioni che possono avere».
Simona Marchetti
30 luglio 2010
http://www.ansa.it
Indonesia, popstar sexy sfida gli imam
Yuli Rachmawati, in arte Julia Perez, si candidera’ alle elezioni locali
01 agosto, 10:18
NEW YORK – Nel più grande Paese musulmano al mondo, l’Indonesia, una giovane sexy cantante pop e attrice di soap opera, spesso succinta nell’abbigliamento, sfida gli imam e si candiderà alle elezioni locali che si terranno quest’anno. Ne dà notizia il New York Times che pubblica sul suo sito un’intervista a Jupe, 30 anni, un decennio trascorso tra Francia e Olanda, tornata da tre anni nel Paese natio.
Nata Yuli Rachmawati, nome d’arte Julia Perez, promette di infilarsi come un cuneo in una società divisa fra Islam e costumi occidentali, fra radicalismo religioso e secolarismo, con un curriculum, scrive il Times, che comprende video piccanti, spettacoli sexy e un album, il suo successo maggiore, dal titolo ‘Kamasutra’, la cui confezione includeva anche un profilattico. Abbastanza da attirarsi l’ira di religiosi e associazioni islamiche, che hanno ottenuto di bandire i suoi concerti da quasi tutte le città indonesiane tranne Giakarta. E altri strali sono piovuti su Jupe quando di recente ha annunciato di volersi candidare in elezioni locali previste in dicembre a Pacitan, a Giava, che è anche la città natale del presidente Susilo Bambang Yudhoyono.
E’ stata la goccia che fa tracimare il vaso: alcuni politici invocano per sbarrarle la strada una legge che impedisca la candidatura a chi abbia “difetti morali”. Ma per quanti la attacchino, altrettanti la difendono su molti media e blog, contrattaccando con l’argomento che se si dovessero giudicare i politici indonesiani per la loro condotta etica… “E allora? Se sono sexy?”, si difende lei nell’intervista al Nyt. “Se mi vedi domani puoi ancora mangiare. Ma se rubo il tuo denaro, tu domani non puoi mangiare, non puoi andare a scuola e sei un uomo senza speranze”.
Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Priva di esperienza politica, Jupe dice di voler contribuire a migliorare le condizioni di vita della gente di Pacitan, in un Paese, dice lei, in cui “forse il 30% sente di vivere in una democrazia”, mentre povertà e mancanza di opportunità privano il restante 70% di ogni possibilità di scelta. Nata in povertà, ricorda che sulla sua tavola da bambina spesso c’erano solo riso e un po’ di cipolla fritta. “Avere abbastanza da mangiare era il nostro unico sogno. Non avevo sogni perché non avevo soldi”. La sua fortuna, racconta, fu di entrare nelle grazie di una donna più anziana che faceva la segretaria in un albergo. Grazie a lei poté studiare e lavorare come segretaria per una compagnia olandese.
Si fidanzò poi col figlio del proprietario, che la portò in Olanda, spalancandole le porte di una nuova vita. Qualcuno sostiene che l’idea di candidarsi non sia farina del suo sacco: “Sembra più una provocazione da parte dell’opposizione per creare imbarazzo al presidente”, ipotizza Julia Suryakusama, autrice di un libro su sesso e politica. Può essere, dice lei, “ma forse la politica è questa”.
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Nata Yuli Rachmawati, nome d’arte Julia Perez, promette di infilarsi come un cuneo in una società divisa fra Islam e costumi occidentali, fra radicalismo religioso e secolarismo, con un curriculum, scrive il Times, che comprende video piccanti, spettacoli sexy e un album, il suo successo maggiore, dal titolo ‘Kamasutra’, la cui confezione includeva anche un profilattico.
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In Occidente le donne si lamentano perché “costrette” ?? a spogliarsi dalla società maschilista e misogina ??, in Oriente si lamentano perché viene impedito loro di spogliarsi dalla società maschilista e misogina…
Le donne: tutto e il contrario di tutto.
La convivenza non uccide l’erotismo
Vivere col proprio partner migliora sessualità per 9 donne su 10. Studio
01 agosto, 12:27
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Anche in questo caso viene ascoltato solo il parere femminile…
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da ansa.it
La convivenza non uccide l’erotismo
ROMA – Quello che la convivenza sia la tomba della passione è un luogo comune. Lo dimostra uno studio realizzato dall’istituto Key Stone e i cui risultati verranno pubblicati sul numero in uscita il 4 agosto di Starbene, secondo cui l’andare a vivere con il proprio partner anzi migliora la sessualità per più di un terzo delle intervistate.
La ricerca ha intervistato 621 donne, tra i 25 e i 54 anni, che alla domanda se la relazione sessuale con il partner fosse migliorata o peggiorata in relazione alla convivenza hanno risposto per il 53% ‘non e’ cambiatà, per l’11% ‘e’ peggioratà mentre il 36% ha notato un miglioramento. Se si guarda ai risultati per classi di età, sembrano essere le donne più giovani a beneficiare di più della convivenza: se per il 45% della fascia tra i 25 e i 34 anni condividere tutto migliora la vita sessuale, la percentuale scende al 30% fra le over 45, più disilluse, al punto che quasi 6 su 10 dichiarano di non aver notato differenze.
“Se da un lato le donne più giovani, agli esordi della vita comune, trasmettono anche nella sessualità questi valori positivi – spiega Roberto Rosso, presidente di Keystone – dall’altro canto le intervistate più mature risentono del passare degli anni e perdono l’entusiasmo e l’aspettativa iniziali”
da ansa.it
Tv: 60 anni per Sabina Ciuffini
In minigonna uscì dagli schemi della Rai perbenista anni ’70 /FOTO
01 agosto, 16:43
di Patrizia Vacalebri
ROMA – Il 4 agosto Sabina Ciuffini, la leggendaria valletta di Mike Bongiorno per cinque edizioni di Rischiatutto negli anni ’70, compira’ 60 anni. Al telefono con l’ANSA, Ciuffini traccia un bilancio della sua vita e della sua carriera televisiva. Un percorso che lei, la prima valletta a prendere la parola e ad apparire in video in minigonna in tempi di censura perbenista e bacchettona, dice di aver visto “bloccare improvvisamente da un personaggio molto potente a causa di una sua lettera pubblicata dall’Espresso, dove parlava della libertà di espressione degli autori e dell’uso delle donne in tv”.
“A causa di quella mia lettera – ricorda Ciuffini – finii nella lista nera della tv, che è uguale sia per Rai e Mediaset e che ancora esiste. Un personaggio molto potente di cui non voglio rivelare il nome m’inserì tra i nomi degli indesiderati e seppi che non avrei mai più potuto lavorare in tv”. “Oggi sono quasi felice che sia andata così – rivela -: ho comunque ricevuto due Telegatti, uno per M’ama non m’ama (1984) e l’altro per Anima mia (1997). Quella lista nera mi ha permesso di vivere la mia vita di donna normale. Io oggi sento di essere una donna qualunque, che ha cresciuto i propri figli (ne ha due, Jacopo, 28 anni e Ilaria 25, ndr) e che ha potuto dedicarsi agli affetti, a mia sorella scomparsa qualche anno fa a causa di una leucemia, per la quale ho fatto il trapianto del midollo per anni. Un altro evento che mi ha profondamente cambiata, portandomi ad essere più proiettata verso il sociale, verso le donne qualunque, come me”.
Inevitabile che il discorso cada sul suo rapporto con Mike Bongiorno: “Ho avuto la fortuna – racconta – di incontrare due demiurghi. Uno era un uomo molto potente di cui non voglio parlare. L’altro era Mike che mi propose di lavorare con lui in tv dopo avermi notata dalla sua auto davanti al liceo Giulio Cesare, all’uscita di scuola”. Insomma Ciuffini ‘agganciata’ da Mike? “Per carità. Non ho mai subito pressioni di quel genere. Quella non era la tv di oggi. Era una tv formativa, quella di Mike e di Biagio Agnes. La mia mini era solo un fatto di costume. Oggi siamo nella civiltà dello show e le ventenni sono carne da macello: e se fossero nostre figlie? Anche Mike era molto amareggiato da questa società alla deriva e negli ultimi dieci anni, fuori dai riflettori, si sfogava spesso con me. Come quando i rapporti tra lui e viale Mazzini si era deteriorati e lui mi diceva: ‘dopo che ho fatto tanto per la Rai…'”.
Quanto al futuro, “oggi – confessa – sono una donna felice. Sono stata fortunata. I miei figli sono cresciuti e mi guardo attorno. Ma penso che il mio obiettivo sarà quello di aiutare l’universo femminile delle donne qualunque, influenzando in qualche modo i ‘decisori’, i padri, i mariti, i potenti. Sto girando l’Italia, dalla Sicilia al Piemonte. Non sono certo una femminista perché nel periodo in cui si bruciavano i reggiseni andavo in tv in mini. Voglio partire dal basso, dalle donne comuni”.
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La mia mini era solo un fatto di costume. Oggi siamo nella civiltà dello show e le ventenni sono carne da macello: e se fossero nostre figlie?
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Ma penso che il mio obiettivo sarà quello di aiutare l’universo femminile delle donne qualunque, influenzando in qualche modo i ‘decisori’, i padri, i mariti, i potenti.
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Queste donne sono veramente fuori di testa.
Più tempo passa e meno le stimo, anzi, i sentimenti che provo verso di loro, da un po’ di tempo a questa parte, sono un qualcosa di molto diverso.
Hanno veramente stancato.
Simone
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Queste donne sono veramente fuori di testa.
Più tempo passa e meno le stimo, anzi, i sentimenti che provo verso di loro, da un po’ di tempo a questa parte, sono un qualcosa di molto diverso.
Hanno veramente stancato.
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Resta il fatto che le femmine sono quello che sono, oggi come ieri. Non e’ su di loro che tocca lavorare, bensi’ sugli uomini, che di certe questioni non hanno la minima consapevolezza. Se l’ atteggiamento dei nostri simili restera’ sempre lo stesso, non cambiera’ mai niente.
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/08/01/news/il_nuovo_latin_lover_lo_studente_il_macho_italiano_non_esiste_pi-6000216/?ref=HREC2-7
Che noia…
“Resta il fatto che le femmine sono quello che sono, oggi come ieri. Non e’ su di loro che tocca lavorare, bensi’ sugli uomini, che di certe questioni non hanno la minima consapevolezza. Se l’atteggiamento dei nostri simili restera’ sempre lo stesso, non cambiera’ mai niente”. (Strider)
Sottoscrivo.
Fabrizio
Strider :
Se l’ atteggiamento dei nostri simili restera’ sempre lo stesso, non cambiera’ mai niente.
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Anche perchè le femmine non amano ometti zerbini senza dignità nè il rispetto di se stessi, come sono gran parte degli uomini di oggi.
Diciamocelo chiaro…
Silent:
Anche perchè le femmine non amano ometti zerbini senza dignità nè il rispetto di se stessi, come sono gran parte degli uomini di oggi.
Diciamocelo chiaro…
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Magari non lo amano nel lungo termine, ma nel corto mi pare di sì visto che spingono l’uomo ad esserlo. Inoltre, se come anche tu rilevi, questi sono una fetta di uomini affatto trascurabile, è segno che notano come questo comportamento sia ben visto dalla donna media (insieme all’ artificiosità).
E’ questo a mia parere una delle contraddizioni femminili, il gradire un qualcosa che si sa non lo sarà più successivamente, come se si aspettassero in una fase successiva un cambio di rotta.
@Strider: l’articolo che hai riportato è veramente squallido, dice:
Il macho da spiaggia non esiste più, al suo posto c’è un uomo timido dalla sensibilità femminile…
….da cacciatori si sarebbero trasformati in prede, mettendo a nudo il loro lato femminile…..
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Va di moda questo lato maschile e femminile, che è una propaganda oltre che femminile, anche gay.
La timidezza, la sensibilità non hanno sesso, devono sempre dare un sesso a tutto, anzi: visto che nella storia europea grandi artisti: musicisti, pittori hanno creato opere immortali, la sensibilità è più che altro maschile, sarei portato a pensare, ma quando un uomo è davanti ad una donna, finisce il suo essere una persona piena di qualità e deve diventare il maschio, e prendersi tutte le umiliazioni e luoghi comuni. Penso in realtà che ogni individuo ha il suo carattere, maschio o femmina che sia.
Una cosa che ho notato in molte donne è manipolare la realtà al proprio comodo, anche se completamente falsa, bisogna darle ragione e non puoi contraddirle, altrimenti può finire in lite.
Non sono Misogino sono una vittima: le donne non mi hanno permesso di avere simpatia per loro, sono sensibile, le donne non lo accettano, sono Misandriche, nazi-misandriche: che ne dite?
ATTENZIONE!!!!!!!!!!!!!!! INFORMATIVA URGENTE!!!!!!
E’ l’ Omicidio(e le sue varianti aggravanti quali l’ infanticidio e la strage) ad essere la violenza più grave che ci sia. Le altre forme di violenze, per quanto gravi siano, non possono essere paragonate, nemmeno lontanamente, all’ Omicidio(eccetto quelle violenze che provocano menomazioni fisiche invalidanti e permanenti). Togliere la vita ad un altro essere umano è la PIU’ infame delle azioni che possa compiere un essere umano, perchè è un qualcosa di irreversibile.Chi è ammazzato non può mai più ritornare in vita e i suoi cari strettissimi(genitori, figli, fratelli) mai potranno vederselo restituito. Mentre chi subisce altre violenze, certamente può subire un trauma interiore rilevante, ma non irreversibile, e cioè, anche se non è facile, può andare avanti nella vita. Per questo non accetto, non permetto, che si parli di “omicidio dell’anima” e altre menzognerie varie, per etichettare quelle violenze pur gravi e deprecabili, elevate indebitamente e truffaldinamente dal pensiero vaginocentrico dominante di oggi, a violenze “più gravi che ci siano”.
Ciò che ho detto dovrebbe essere considerata ovvia e banale evidenza. Invece in questo attuale clima di menzogna e di manipolazione mentale su base sessista e razzista in cui vive questa odierna società occidentale, queste considerazioni appaiono come pura eversione tale da attirarsi linciaggi e denigrazioni. Ma la Verità non ha prezzo. Va sempre detta, anche a costo di essere martirizzati. E io l’ho detta e la dirò sempre questa Verità, la urlerò sempre a chiunque, dappertutto, in ogni luogo della faccia della terra, in ogni angolo dell’ universo, finchè non morirò, assumendomi ogni responsabilità penale, civile e morale:
L’ OMICIDIO E’ LA VIOLENZA PIU’ GRAVE CHE CI SIA, IN ASSOLUTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Leonardo
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Una cosa che ho notato in molte donne è manipolare la realtà al proprio comodo, anche se completamente falsa, bisogna darle ragione e non puoi contraddirle, altrimenti può finire in lite.
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All’ origine di certi loro comportamenti, ci sono i complessi di inferiorita’ che si portano dietro fin da piccole. La realta’ e’ che molte femmine vorrebbero essere degli uomini. Peccato che ignorino quale sia la “vita vera” dell’ uomo qualunque: una vita di merda.
Silent Hill
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Anche perchè le femmine non amano ometti zerbini senza dignità nè il rispetto di se stessi, come sono gran parte degli uomini di oggi.
Diciamocelo chiaro…
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Non e’ solo questo il punto. Il fatto e’ che ancora oggi i maschi continuano ad ammazzarsi per le femmine, e molto spesso per motivi a dir poco futili. L’ amara realta’ e’ che l’ uomo è psicologicamente schiavo della femmina, soprattutto in una societa’ mammista come la nostra.
http://www.corriere.it/cronache/10_agosto_02/CATANIA_tredicenne_accoltellato_97aa5a52-9e0a-11df-a94c-00144f02aabe.shtml
@Jolly:
In un epoca consumistica come la nostra, dove persino i sentimenti sono divenuti e trattati come merce, appare evidente l’enorme lacuna di responsabilità che uomini e donne ostentano nei rapporti sentimentali, ergo appare chiaro che sia preferibile piu’ un rapporto mordi e fuggi anzichè dedicarsi responsabilmente a qualcosa di piu’ concreto, ecco quindi che trovano risposta molti dei comportamenti sociali, dove la donna preferisce l’effemminato e zerbino per un proprio tornaconto, veloce, non impegnativo, sia esso di amicizia piuttosto che per interesse allo sfruttamento dello status quo (gratuitismi vaginali vari) anzichè dedicarsi ad un UOMO.. egli infatti, e’ semplicemente rappresentato nei loro sogni femminili nella classica maniera, piu’ o meno scontata (alto, moro.. occhi verdi.. libero, interessato a loro anche se divorziate con 2 figli..) persino dalle 47enni ormai verso il tramonto si osserva tale esigenza, come soddisfare quindi le naturali esigenze reciproche di un rapporto paritario con queste gravi lacune e l’ineguagliabile egoismo femminile? benvengano quindi zerbini e scodinzolanti cagnolini, possibilmente bellocci e con la grana, poi nel futuro.. si vedrà… in fondo detengono loro il ficapower.. no?
@Leonardo:
Il famoso sillopismo femminile, tu gli parli che generalmente il tempo in italia e’ bello, e loro dicono io ieri al mare ho trovato brutto tempo.. tu le parli che generalmente in italia non ci sono posti di lavoro, e lei io l’ho sempre trovato.. non e’ vero cio’ che dici.. e via dicendo.. nulla di nuovo.. argomento ben conosciuto da queste parti eheh
Ma sapete cosa mi da tristezza? veramente tanta? e che in finale.. siamo un branco di single.. la solitudine resta la nostra unica certezza.. nell’affanno quotidiano dove trovi tante donne come uomini annaspare ad arrivare a fine mese, nessuno piu’ ricorda come da sempre uomini e donne, uniti, hanno vissuto le loro misere esistenze spesso in maniera piu’ che dignitosa.. e te le vedi li.. sole.. tra un letto e l’altro che cercano chissà chi.. chissà cosa.. ed intanto il tempo passa.. per tutti.. belli e brutti, alpha e beta.. un prosit alla vita!
@Icarus: certe invalidità fisiche ma soprattutto PSICHICHE DA TRAUMA portano a sofferenze gravi e al suicidio, a volte è meglio morire sul colpo, ma questo non toglie l’omicidio da sempre considerato il delitto più grave; e soprattutto sono sbagliati il linciaggio e leggi come occhio per occhio.
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@Strider: dovrebbero prendere coscienza gli uomini di essere uomini, e che le donne manipolano la realtà per sentirsi superiori.
@Leonardo: esatto, certi traumi psicologici possono portare anche al suicidio. Ma, come dicevo, non sono per forza di cose traumi irreversibili. Si può uscire da questi traumi, se si è aiutati. Non è facile, ma si può. E comunque, guarda caso, i traumi psicologici che più inducono al suicidio non solo quelli derivanti dal loro cosiddetto “omicidio dell’anima” ma quelli scaturiti in seguito ad un abbandono coniugale(moglie/fidanzata che pianta il marito/fidanzato), alla perdita del lavoro, alla solitudine, alla perdita di un caro stretto,ecc. I numeri, i dati, le statistiche indicano che queste sono le cause principali di suicidio e che il suicidio è a grande prevalenza maschile.
p.S: a me è stato tolto un padre(omicidio colposo), però, a differenza di coloro che denunciano di aver subito un “omicidio dell’anima”(sic!!), non posso usufruire del Patrocino gratuito(perchè per questa società malata l’omicidio è considerato ,meno grave della cosiddetta violenza sessuale) e nè tantomeno vengo invitato da Bruno Vespa o da Tette e Culi Studio Aperto a parlare della mia storia e chiedere linciaggi e forche. Eppure, nonostante questo dolore intenso,continuo a vivere, non faccio il vittimista e non chiedo vendette e linciaggi, ma solo Giustizia.
Leonardo
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@Strider: dovrebbero prendere coscienza gli uomini di essere uomini,
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Dici niente… Leonardo, io non so di quale regione tu sia (io sono umbro, sebbene lavori da anni in Toscana), ma ti assicuro che da queste parti e’ quasi impossibile trovare un uomo – piu’ o meno giovane – che esca fuori dal coro. Di norma sono tutti “allineati e coperti”…
Calcola che anche nel MoMas ci sono elementi distruttivi (davanti ad un pc, ovviamente…), il cui scopo principale e’ quello di sfogare le proprie frustrazioni provocando e offendendo a piu’ non posso il prossimo, solitamente sconosciuto.
Perche’, insomma, la realta’ e’ proprio questa: ossia, che nella grandissima maggioranza dei casi, nessuno conosce personalmente nessuno.
E in alcuni casi e’ una fortuna*, aggiungo…
>>>
* Per gli anonimi e “coraggiosi” provocatori, naturalmente.
Strider :
Non e’ solo questo il punto. Il fatto e’ che ancora oggi i maschi continuano ad ammazzarsi per le femmine, e molto spesso per motivi a dir poco futili. L’ amara realta’ e’ che l’ uomo è psicologicamente schiavo della femmina, soprattutto in una societa’ mammista come la nostra.
http://www.corriere.it/cronache/10_agosto_02/CATANIA_tredicenne_accoltellato_97aa5a52-9e0a-11df-a94c-00144f02aabe.shtml
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Non hanno un minimo di dignità…che razza di gente che si trova in giro.
MA chi glielo fa fare per un’estranea poi ? Fosse pure la moglie…il bello è che se rifiuti queste ” tradizioni” passi pure per misogino cagasotto …
Errata Corrige:
In un mio precedente post ho fatto un errore di trascrizione in una frase. Ora riporto quello corretto:
” E comunque, guarda caso, i traumi psicologici che più inducono al suicidio non sono quelli derivanti dal loro cosiddetto “omicidio dell’anima” ma quelli scaturiti in seguito ad un abbandono coniugale(moglie/fidanzata che pianta il marito/fidanzato), alla perdita del lavoro, alla solitudine, alla perdita di un caro stretto,ecc.”
Bisogna tener conto di un altro aspetto. Un tipo zerbino e ruffiano si presta ad essere ricattabile e manipolabile. Secondo me è questa la chiave di volta, anche se gli altri aspetti prima evidenziati hanno comunque un loro peso. Essendo la donna consapevole di detenere , oltre al potere sessuale, anche un altro morale da alcuni decenni a questa parte, le viene naturale portare all’ estremo questo aspetto facendo sì che l’uomo debba abbassarsi a recitare e mentire come condizione spesso obbligata. In modo da poter poi mantenere su di lui un vantaggio morale asserendo che “lui è stato falso, infabbidabile ” quando riterrà sia giunto il momento di scaricarlo o qualcosa di peggio.
Direi piuttosto che il maschio è oggi dipendente psicologicamente dalla femmina, e non solo per le sue pulsioni sessuali da soddisfare. Il fatto che arrivi ad uccidere perchè lasciato ne è prova. Vive la femmina come parte inscindibile di sè, in simbiosi con lei come quando era bambino piccolo con la mamma, e non gli è stato insegnato a reggere le ferite come sa fare un maschio adulto. Mancanza di padre, non altro, nella sostanza. Mancanza che danna i maschi ma che non avvantaggia, se non in apparenza, neanche le donne. Le quali si trovano si a detenere un fortissimo potere psichico (e materiale per le ragioni mille volte ricordate), ma che alla fine rimangono insoddisfatte nel profondo a relazionarsi con un uomo che le vive come madri. Mal voluto, si dirà. Verissimo, ma detto ciò il problema non è risolto. E può esserlo se, e solo se, i maschi riprenderanno in mano sè stessi e la loro vita. Le femmine non lo faranno mai perchè troppo abbagliate da un sistema che concede loro quei vantaggi e quel potere che non fanno loro scorgere il rovescio della medaglia. Al massimo qualcuna, più lucidamente di tante altre, ha chiara la situazione ma non ritiene di avere convenienza a cambiarla, come emere con una certa chiarezza anche dalle discussioni su questo blog. Per questo ritengo che i nostri interlocutori privilegiati debbano essere gli uomini.
Leggete l’ultima…
http://it.notizie.yahoo.com/7/20100802/tts-donne-piu-attratte-da-uomini-in-ross-c8abaed.html
@Strider: è proprio per questi complessi che non si rendono conto, oppure ci odiano, per trattarci come ci trattano; e più gli uomini le trattano da idoli, le mettono sull’altare, spendono un mucchio di soldi per loro: più le donne ci tratteranno da servi, più diventeranno viziate e scontrose. Ai bambini viene dato qualche schiaffone per “educarli” a non averla sempre vinta in tutto, per le donne invece possiamo pure crepare……
La regione non c’entra è una questione mondiale, Warren Farrell è americano
Leonardo
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La regione non c’entra è una questione mondiale, Warren Farrell è americano
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Non esageriamo, quella maschile non e’ (ancora) una questione mondiale. La realta’ della Cina, dell’ Africa, del Sud America o del medio oriente e’ ben diversa dalla nostra.
Volevo precisare che non sono per le botte ai bambini, anzi, li ho presi a modello in modo polemico, diciamo per denuncia, su modelli sbagliati di comportamento.
Non lo so, io conosco un cinese solo e ti pare che non gli chiedevo come sono le cinesi…stronze! a detta sua, pensano ai soldi come tutte le donne.
Ma il singolo non conta.
Conosco un donna Ucraina, che fa la badante: come li sa fare bene i suoi conti e calcoli.
La grande Beffa: noi desideriamo le donne, le amiamo (io non più ormai) e loro ci invidiano, sarebbe stato troppo bello avere donne che ci contraccambiano; facendoci del bene reciproco. Invece no, devono sempre far passare l’uomo per un bestio con il caxxo che deve essere violento o fesso….e rovinare rapporti che sarebbero semplicissimi.
@ Armando:
nel tuo ultimo intervento, a mio parere, hai in sintesi espresso lo spaccato sociale di cui discutiamo da mesi.. se non da anni per qualcuno ben piu’ “navigato” di me, roba da post-it da tenere sul monitor lcd bene in evidenza!
Ma le ragazze non erano più “giudiziose” e “mature” dei ragazzi…?
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_agosto_8/alcol-droga-donne-al-volante-1703541525901.shtml
Notate bene: si fa sempre riferimento agli uomini, mai alle donne, ovvero a coloro che detengono il potere sessuale e pertanto muovono i fili.
http://it.viaggi.yahoo.com/p-promozione-2931415
E’ veramente un mondo folle.
P.s.: personalmente ci credo molto poco… Secondo me gli uomini “gonfiano” sempre le loro “avventure”, per tutta una serie di motivi.
>>
Mai dire “flirt”
Gli italiani dichiarano nel 70% dei casi di aver avuto almeno un flirt durante le vacanze, seguiti rispettivamente dai francesi (62%), dagli inglesi (57%) e dagli spagnoli (52%).
>>
http://www.unita.it/news/donne/102071/zanardo_italiane_aspettano_consenso_del_maschio
Sempre più insopportabili questi articoli in cui l’unico scopo è quello di incensare le donne a prescindere, le quali, da sole, non sanno fare praticamente nulla.
@
http://www.repubblica.it
Usa, donna a capo di agenzia di servizi
Sarà la regina dello spionaggio satellitare
La nomina di Letitia Long a direttrice della National Geospatial-Intelligence Agency conferma la politica “women oriented” del presidente Obama. La neoeletta ha una laurea in ingegneria elettrica al Virginia Tech e un master in ingegneria meccanica alla Catholic University of America
Usa, donna a capo di agenzia di servizi Sarà la regina dello spionaggio satellitare Letitia A. Long
WASHINGTON – Barack Obama ha nominato Letitia Long a capo della National Geospatial-Intelligence Agency, una delle 16 principali agenzie di spionaggio Usa. L’ennesima scelta femminile di Barack Obama in un ruolo di grande potere è la conferma di un trend cominciato due anni fa. Con due donne-giudice alla Corte Suprema, una al superministero degli Interni e tre ai vertici delle authority di vigilanza su Wall Street, la politica “women oriented” del presidente Usa non è una sorpresa, ma stavolta la decisione ha fatto rumore. A Letitia A. Long la carica è stata assegnata ufficialmente questa mattina nel campus militare ipertecnologico di Springfield, in Virginia.
Dall’alto dei suoi 32 anni di carriera, la Long finora ha ricoperto cariche istituzionali di tutti i tipi: prima direttrice dell’Office of Naval Intelligence (ONI), poi sottosegretario alla difesa per l’intelligence e infine vicedirettore della Defense Intelligence Agency (DIA). Una figura che insomma rappresenta l’avanguardia del ruolo di vertice femminile nei servizi segreti. Che, peraltro, nel loro organico contano un nutrito numero di donne, circa il 38% del totale, e in sei delle principali agenzie è rosa il 27% delle cariche di vertice.
Ma la NGA, che si occupa di spionaggio satellitare, è uno dei principali punti di riferimento della politica di sicurezza nazionale americana, e questa nomina ha dunque un significato particolare. Quando si chiamava ancora Nima, l’agenzia assurse agli onori delle cronache perchè nel 1962 individuò i misili balistici che i russi stavano installando a Cuba. E la neo-direttrice, con una laurea in ingegneria elettrica al Virginia Tech e un master in ingegneria meccanica alla Catholic University of America, sembra tagliata apposta per questo incarico.
(09 agosto 2010)
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_agosto_10/ilay-francesco-totti-vanity-1703552667078.shtml
la blasi parla di famiglia, educazione e coppie
Ilary difende Totti: Francesco punzecchia
solo per sport, ma spesso viene frainteso
Intervista a Vanity Fair che le dedica la copertina
«Perdere fa male, se uno non rosica che sportivo è?»
la blasi parla di famiglia, educazione e coppie
Ilary difende Totti: Francesco punzecchia
solo per sport, ma spesso viene frainteso
Intervista a Vanity Fair che le dedica la copertina
«Perdere fa male, se uno non rosica che sportivo è?»
ROMA – «Francesco punzecchia per alimentare la rivalità sportiva. Ma il senso goliardico delle sue parole viene frainteso, e si sconfina nella politica da barzelletta». Ilary Blasi, a cui Vanity Fair dedica la copertina del numero in edicola domani, mercoledì 11 agosto, difende così il marito Francesco Totti che, definendo i padani «invidiosi» della bellezza di Roma, era entrato in polemica con la Lega. «Piuttosto bisogna capire che perdere uno scudetto all’ultima giornata è una cosa che fa male. Se uno non rosica un po’, che sportivo è?»
SCUDETTO SVANITO – E tornando sullo scudetto svanito, la Blasi prosegue: «Questa volta ci avevo creduto anch’io, avrei voluto vivere questa favola con lui. Per Francesco non c’è nessuna maglia come quella della Roma campione d’Italia. Quindi, sono rospi difficili da mandar giù».
Ilary, parlando poi dell’educazione del primogenito Cristian, 4 anni, ricorda i troppi delitti in famiglia di questa terribile estate. «Quando leggo di certi uomini, mi domando sempre da che mani di donna sono passati». In che senso? «Ex fidanzati che tornano per uccidere, ex mariti che danno fuoco alla madre dei loro bambini, pestaggi, abusi. Di fronte a queste storie, la frase più scontata è quella del crollo dei valori, ma si resta in superficie».
VIOLENZA CONTRO LE DONNE – «Ho l’impressione che ci stiamo subdolamente abituando a un alto tasso di violenza contro le donne – chiarisce Blasi -. Se le mamme lavorassero meglio sui figli maschi, invece di metterli sempre su un piedistallo, qualche tragedia si potrebbe evitare».
Qual è la cosa più difficile da insegnare? «I confini dell’amore. Troppo spesso i ragazzi credono che il fatto di provare un forte sentimento li autorizzi a qualunque gesto. La scusa è sempre quella: “Ero innamorato”. Così il rifiuto della ragazza diventa un peccato capitale».
«RAGAZZE, PIU’ AUTOSTIMA» – E conclude: «Poi c’è l’idea che, se uno ama, l’altro deve perdonargli tutto. Vorrei che le ragazze, soprattutto le ragazze, avessero più orgoglio, più stima di se stesse, e si prendessero più tempo per scegliere con chi andare per mano. Non vale mai la pena tollerare un fidanzato-padrone, uno che magari ti dice come devi vestirti o chi devi frequentare».
Redazione online
10 agosto 2010
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Qualcuno di voi conosce dei “fidanzati padroni” ??
Io no, neppure uno. In compenso conosco parecchie fidanzate scassaminchia.
Post scritto da una donna e trovato casualmente sul web.
@
Ciudad Juarez: La città della morte 10 settembre 2008 00:09,
Questo accade perchè l’uomo, inteso come maschio, crede di essere l’unico abitante di questo pianeta.IL suo razzismo ed il suo odio verso il sesso femminile lo portano a compiere gesti abominevoli in nome di un machismo e di un codice maschile deviato e malato.
La donna nn è la vittima, la donna è la vera abitante di questo pianeta, la dea madre, la natura. L’uomo è solo un intruso che cerca la distruzione ferendo colei che è l’unico essere in grado di generarlo. La mente maschile è la vera colpevole nn solo di quello che sta accadendo a juarez ma, anche in Africa e nei paesi dove la donna lotta quotidianamente per far andare avanti la razza umana. Dipendesse dall’uomo la nostra storia sarebbe terminata da un pezzo…
@
Segnalo pure questo.
http://www.metaforum.it/archivio/2006/indexb36c.html?t8331.html
@ Marco :
secondo me si è fatta una pera, si è evidentemente contraddetta . Purtroppo per lei i grandi scienziati non sono stati di certo di sesso femminile ( a parte qualcuna) , però devo ammettere che è irritante la sua megalomania . Quant’è brutta poi l’invidia…
Il “mitico” metaforum, gestito dall’ancor più “mitico” Roderigo da Torino, il quale, oltre quattro anni e mezzo fa, faceva notare che “le soldatesse battono i maschi”…
http://www.metaforum.it/archivio/2006/indexf8c1.html?t7996.html
Cioè una autentica barzelletta.
Non parliamo poi di tutto il resto.
http://www.metaforum.it/archivio/2006/index2591.html?f11.html
Misandria allo stato puro.
http://antifeminist.altervista.org/risorse/femmine_esercito_us.htm
(…)
DONNE IN PRIMA LINEA
Una bugia che si incrina
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Rapporto delle FFAA della Gran Bretagna – Maggio 2002
Raccolto, tradotto e presentato da L. Raveggi
__________________________
Qui di seguito la traduzione di un documento (“Le Donne nelle Forze Armate”) che ritengo decisamente assai interessante ed importante.
Si tratta del rapporto delle Forze Armate britanniche del Maggio 2002 presentato a conclusione di un ciclo di esperimenti e simulazioni fatte per valutare la possibilità di schierare le donne in servizio in ruoli di combattimento (qui il termine “close combat” viene tradotto “combattimento ravvicinato” – non si tratta tuttavia evidentemente di combattimento “corpo a corpo” ma di “combattimento” in senso lato).
Con questo rapporto è definitivamente tramontata nelle Forze Armate un’epoca – durata un paio di decenni – in cui sembrava che l’inclusione delle donne in tutti i ruoli (in modo indistinto con gli uomini) potesse essere solo una questione di abitudine culturale e quindi di tempo.
Il rapporto ha dovuto quindi introdurre – per confermare il bando antifemminile ai ruoli di combattimento – l’esito di esami e valutazioni dettagliate, che portano a conclusioni tanto ovvie quanto finalmente chiare ed inconfutabili.
Essi interessano dinamiche di interrelazione tra i generi i cui esiti scientifici hanno un impatto assai più ampio di quello – qui considerato – relativo alla sola vita militare.
Per quanto “cauto” nella forma (rispettosa della correttezza politica in auge) il documento dice per la prima volta senza mezzi termini che l’efficacia operativa (e dunque la sicurezza della nazione) non può essere compromessa per considerazioni ideologiche pro-feminist.
Da quanto mi risulta, anche l’amministrazione Bush sta (pur se in modo meno esplicito e “scientificamente” supportato da studi) facendo marcia indietro in merito all’impiego delle donne nelle FFAA in modo promiscuo con gli uomini (non solo il famigerato co-ed-training).
L. R.
____
LE DONNE NELLE FORZE ARMATE
INTRODUZIONE
1. Nel 1997, l’allora Ministro della Difesa annunciò che era in procinto di estendere le possibilità d’impiego per le donne all’interno delle Forze Armate in linea con il loro più ampio impegno di massimizzare le opportunità di carriera per le donne.
Di conseguenza dal 1998 le donne hanno potuto servire nel 73% dei posti in Marina, il 70% dei posti nell’Esercito e nel 96% dei posti nella RAF, ed esse ora costituiscono più dell’8% delle Forze Armate.
Le donne hanno continuato ad essere escluse soltanto dai ruoli di combattimento sul terreno, dai sommergibili e da alcuni ruoli subacquei. È stato deciso che le rimanenti restrizioni avrebbero dovuto essere riconsiderate in un tempo di circa due – tre anni.
2. Per facilitare quella riconsiderazione, è stato deciso che il MOD avrebbe dovuto effettuare un dettagliato studio delle prestazioni e dell’idoneità delle donne in ruoli di combattimento ravvicinato.
Questo ora è stata completato ed il rapporto intitolato Le Donne nelle Forze Armate reso pubblico.
3. Considerando i risultati dello studio, il Ministro della Difesa ha annunciato il 22 maggio 2002 che il processo per la rimozione delle attuali limitazioni per le donne nei ruoli di combattimento ravvicinato non veniva attuato. Il presente documento precisa i presupposti ed i ragionamenti per quella decisione.
RUOLO STORICO DELLE DONNE NELLE FORZE ARMATE DEL REGNO UNITO.
4. Le donne hanno svolto un ruolo vitale nelle Forze Armate per molti anni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, le donne sono state impiegate in un’ampia varietà di ruoli, compresi molti che le esposero a pericolo estremo. Dopo la guerra, fu riconosciuto che le donne continuavano ad avere un ruolo importante da giocare all’interno delle Forze Armate e sono stati stabiliti permanentemente i Servizi Femminili. L’inizio degli anni ’90, tuttavia, ha visto i cambiamenti più drammatici in tempo di pace nei loro impieghi, con donne che servivano sulle navi di superficie, come equipaggio di aerei per la prima volta, ed in una gamma di impieghi molto più grande nell’Esercito. I ruoli delle donne inoltre sono stati completamente integrati ed i Servizi Femminili separati nell’Esercito ed in Marina sono stati aboliti (il WRAF non è mai stato un servizio separato, anche se l’uso del termine è stato interrotto).
LE DONNE NELLE FORZE ARMATE DI OGGI
5. Questi cambiamenti hanno fatto un ulteriore passo avanti nel 1998, e le donne oggi possono trovarsi in prima fila nelle adunate sulle navi, come piloti di velivoli da combattimento, ed in una varietà di ruoli nell’Esercito compresi i ruoli di supporto al combattimento nell’Artiglieria e nel Genio. Oggi svolgono molte mansioni che sono state un tempo considerate come appropriate solo per gli uomini ed hanno fatto ciò con grande successo. In tal modo, le donne danno un contributo assolutamente essenziale alle abilità, agli atteggiamenti ed all’efficacia delle nostre forze. Noi siamo impegnati ad assicurare che più e più donne approfittino dell’ampia gamma di carriere militari aperte a loro.
Le donne non possono servire sui sommergibili o come sminatrici subacquee per motivi medici. Queste restrizioni furono argomento di una separata revisione e non sono considerate ulteriormente qui.
LA DOTTRINA MILITARE BRITANNICA
6. Le Forze Armate sono mantenute, strutturate ed equipaggiate principalmente per combattere.
Esse esistono per essere in grado di intervenire efficacemente quasi senza preavviso in qualunque tipo di conflitto fino ad una guerra generale. Esse sono addestrate quindi per guerra ad alta intensità, benché adatte ad operazioni a più bassi livelli. È stata l’esperienza negli anni recenti delle Forze Armate Britanniche il fatto che unità schierate per operazioni diverse da quelle di guerra possano anche dover ingaggiare un combattimento diretto senza preavviso. C’è quindi un sempre presente rischio di coinvolgimento in combattimento ad alta intensità.
ESCLUSIONI ATTUALI
7. Le aree principali da cui le donne sono escluse oggi – e che erano ciò di cui si occupa questo riesame – sono quelle che per le quali è richiesto di entrare deliberatamente a contatto ravvicinato ed uccidere il nemico faccia-a-faccia, cioè, i Fanti di Marina, la Cavalleria, i Corpi Corazzati, la Fanteria e il Reggimento dell’Aeronautica. Benché ci siano differenze fra le forze, tutte operano in piccole squadre delle quali la componente base è spesso la squadra “di fuoco” composta da quattro persone, che può dover affrontare il nemico a distanza ravvicinata. Questo ambiente pone esigenze straordinarie nei confronti degli individui e successo o fallimento – e sopravvivenza – dipendono dalla coesione della squadra nelle circostanze estreme rispetto alle quali non ci sono paragoni diretti nella vita civile o persino nella vita militare.
ESPERIENZE IN ALTRI PAESI
8. Nel considerare se cambiare l’attuale posizione, è stato tenuto conto dell’esperienza di altri paesi. Nella storia recente soltanto l’ex Unione Sovietica (nella Seconda Guerra Mondiale) e Israele (guerra del 1948) hanno usato le donne in ruoli di combattimento ravvicinato. Entrambi hanno abbandonato la pratica dopo la conclusione della guerra in questione. Attualmente, alcuni paesi permettono alle donne di applicarsi per servire in tali ruoli, ma non le hanno mai verificate in combattimento. Quei paesi, quali il Regno Unito e gli Stati Uniti, che ottimizzano le loro Forze per guerra ad alta intensità, generalmente non hanno aperto i ruoli di combattimento ravvicinato alle donne, o hanno disposto limitazioni su come possano essere schierate.
LE CONSIDERAZIONI CHIAVE
9. Lo studio Le Donne nelle Forze Armate è stato condotto per avere una migliore comprensione dell’effetto di impiegare le donne nei più esigenti ruoli di combattimento ravvicinato. Esso ha incluso un’indagine della letteratura scientifica disponibile, una revisione degli standard di selezione per le reclute, un’indagine di opinione condotta fra le Forze Armate e le loro famiglie ed i risultati di un esercitazione sul campo per esplorare l’effetto di squadre miste sulla coesione e sulle prestazioni militari. Attenta considerazione è stata data alla disponibile prova dell’effetto di includere donne in unità di prima linea. I dati esistenti e la nuova ricerca sulle prestazioni fisiche comparate di uomini e donne in un contesto militare, le differenze psicologiche che hanno effetto sulle prestazioni nel combattimento ravvicinato, le dinamiche di squadre miste e di quelle di un solo sesso e le questioni legali ed etiche che circondano l’uguaglianza e la diversità nelle Forze Armate, sono stato fra i fattori considerati.
Fattori Fisiologici
10. Le capacità fisiche richieste al personale che serve in ruoli di combattimento ravvicinato sono necessariamente alte. Qualsiasi riduzione degli standard comporterebbe rischi inaccettabili per l’efficacia operativa delle nostre forze e deve quindi essere evitata. I test fisici a cui sono sottoposte le potenziali reclute misurano la loro capacità di effettuare le mansioni che sarà loro richiesto di effettuare dopo addestramento specifico. La difficoltà dei test stabiliti sono giustificate dalle difficoltà dell’impiego.
11. Il rapporto Le Donne nelle Forze Armate ha esaminato le differenze di uomini e donne nelle abilità fisiche che sono rilevanti per le prestazioni militari ed ha osservato, non sorprendentemente, che differiscono in modo significativo. Le differenze fra donne ed uomini nella loro capacità di sviluppare forza muscolare e la forma fisica aerobica sono tali che solo circa l’1% delle donne possono eguagliare le prestazioni dell’uomo medio. Nel sollevare, trasportare e simili mansioni effettuate ordinariamente dall’esercito britannico, questo significa che, in media, le donne hanno capacità di lavoro più basse degli uomini e, quando esposte alla stessa quota di lavoro fisico degli uomini, devono lavorare più duro di un 50-80% per realizzare gli stessi risultati. Ciò le mette a maggior rischio di ferite. Nella marcia con carichi, un’altra fondamentale mansione militare, ed in tutte le altre mansioni simulate di combattimento, è stato riscontrato che le donne hanno prestazioni peggiori degli uomini e più grande il carico, più grande la discrepanza. Lo studio ha concluso che circa lo 0.1% dei candidati femminili e l’1% delle donne soldato addestrate raggiungerebbero gli standard richiesti per rispondere alle esigenze di questi ruoli.
Fattori Psicologici
12. Il rapporto ha trovato che poche delle differenze psicologiche fra uomini e donne potrebbero dirsi avere un significativo rapporto con le loro rispettive idoneità per ruoli di combattimento ravvicinato. La capacità di aggressione, tuttavia, era generalmente più bassa per le donne, che hanno richiesto più provocazione ed erano più probabili temere le conseguenze di un comportamento aggressivo. Vi era prova comunque che questo divario potrebbe essere colmato data una sufficiente libertà sociale e provocazione.
Efficacia di Combattimento
13. Elemento critico per l’efficacia di combattimento è la capacità di un’unità, formazione, nave o sistema d’arma di effettuare la missione assegnata. La fanteria e le unità corazzate operano primariamente in piccole unità così come le squadre d’assalto o gli equipaggi dei singoli carri armati ed il mantenimento della coesione fra i membri della squadra è una componente vitale nel sostenere l’efficacia di combattimento. Vi è una certa evidenza nella letteratura scientifica che l’inclusione di piccoli numeri di donne aumenta la difficoltà di creare il necessario grado di coesione. E’ stato trovato che gli atteggiamenti dei membri del gruppo, specialmente gli atteggiamenti positivi e negativi nei confronti del genere sessuale e degli stereotipi sessuali, potrebbero interessare le dinamiche di gruppo e in ultima analisi l’efficacia del gruppo. Il rapporto Le Donne nelle Forze Armate ha osservato che può essere più facile da realizzare e mantenere la coesione in una squadra di un singolo sesso.
14. Un altra prova tuttavia suggerisce che, nelle circostanze normali (cioè le difficili e ardue condizioni operative, diverse dalla guerra ma non di combattimento) e dati adeguati amministrazione e addestramento, la presenza di donne in piccole unità non ha un effetto nocivo sulle prestazioni. Tuttavia, gli studi rivisti non erano basati su situazioni di combattimento e non vi è prova per mostrare se questo rimane vero sottoposti alle condizioni estreme di un combattimento ravvicinato ad alta intensità. La realtà della battaglia è che la squadra di combattimento deve funzionare efficacemente per un periodo prolungato in condizioni caratterizzate da pericolo, confusione, affaticamento e rumore estremi. Non c’è modo di sapere se le squadre miste possano funzionare così bene come le squadre tutte-maschili in un ambiente di combattimento ravvicinato. La prova empirica a questo proposito non può essere ottenuta, poiché non c’è modo di replicare le condizioni di combattimento ravvicinato con alcun mezzo senza mettere a rischio le nostre forze in battaglia.
Posizione Legale
15. La Legge sulla Discriminazione in base al Sesso (1975) permette alle Forze Armate di escludere le donne da quei posti laddove il giudizio dei militari sia che l’impiego di donne insidierebbe e degraderebbe l’efficacia di combattimento. Questa politica è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia Europea nel mese di Ottobre del 1999, che ha stabilito nella causa Sirdar contro i l’Alto Comando dell’Esercito ed il Ministro che la Direttiva per la Parità di Trattamento non preclude l’esclusione delle donne da determinati posti nelle Forze Armate, laddove tali esclusioni siano necessarie ed adatte ad assicurare l’efficacia operativa, ma vi era un impegno di valutare periodicamente le attività interessate in modo da decidere se, alla luce delle evoluzioni sociali, la deroga dallo schema generale della Direttiva può ancora essere mantenuta.
MOTIVI PER LA DECISIONE
16. Il Ministro è convinto che poiché alcune donne saranno certamente in grado di soddisfare lo standard di prestazioni richiesto al personale in ruoli di combattimento ravvicinato, l’evidenza di una capacità fisica delle donne più bassa non dovrebbe, in sé, essere un motivo per mantenere le limitazioni. Né le differenze psicologiche identificate tra uomini e donne, o il divario nella capacità di aggressione, sono costringente prova che le donne avrebbero prestazioni meno buone in combattimento.
17. L’argomento chiave è il potenziale effetto di mischiare i sessi nelle piccole squadre essenziali per il successo in un ambiente di combattimento ravvicinato. La piccola dimensione dell’unità base di combattimento sul campo, accoppiata con l’inesorabile pressione mentale e fisica che si prolunga per giorni o settimane, li pone al di fuori degli altri ruoli militari. Anche piccoli fallimenti in un ambiente di combattimento ravvicinato ad alta intensità possono condurre a perdita di vita o fallimento della squadra nel conseguire i propri obiettivi. Nessuno dei lavori sia che è stato, sia che potrebbe essere fatto può illuminare la domanda chiave dell’effetto di mescolare i sessi nella squadra di combattimento nelle condizioni di combattimento ravvicinato.
18. Data la mancanza di riscontro diretto, sia derivante da esercitazioni condotte sul campo o da esperienze di altri paesi, il Ministro ha concluso che il giudizio dei militari deve costituire la base di qualsiasi decisione. Il punto di vista militare era che sottoposti alle condizioni di una battaglia senza quartiere ad alta intensità, la coesione del gruppo diventa di importanza molto più grande per le prestazioni di squadra e, in un tale ambiente, le conseguenze di un fallimento possono avere conseguenze ampie e gravi. Ammettere le donne, quindi, implicherebbe un rischio senza alcun guadagno in termini di efficacia di combattimento a compensarlo.
19. I suddetti argomenti sono stati considerati rispetto a ciascuna delle unità e dei ruoli in questione – i Fanti di Marina, la Cavalleria e i Corpi Corazzati, la Fanteria ed il Reggimento dell’Aeronautica – per decidere se essi si applicavano ugualmente a tutti loro o meno. Poiché tutti i ruoli necessitano di individui che lavorano insieme in piccole squadre che devono affrontare ed impegnare il nemico a distanza ravvicinata, il Ministro della Difesa ha concluso che il caso della rimozione delle attuale limitazioni per le donne nel prestare servizio in ruoli di combattimento non è stata dimostrata per alcuna delle unità in questione. Prendere il rischio che l’inclusione delle donne nelle squadre di combattimento ravvicinato possa avere un effetto negativo su quelle unità nelle circostanze extra-ordinarie del combattimento ravvicinato ad alta intensità non può essere giustificato.
SVILUPPI FUTURI
20. Il governo si impegna a promuovere l’uguaglianza di opportunità. Il Ministro della Difesa e le Forze Armate continueranno a lavorare a stretto contatto con la Commissione per le Pari Opportunità e a condividere con loro i risultati di ulteriore lavoro per esaminare i più ampli argomenti sollevati da questo studio. Le donne devono avere le opportunità di fare carriera fino ai più alti gradi, e se faranno così devono essere trovati i modi per tenere più donne più a lungo. continueranno ad essere esaminate le modalità con le quali possono essere meglio riconciliate le uniche ed esigenti condizioni della vita militare, compresa l’illimitata responsabilità di schierarsi quasi senza preavviso, con le esigenze di vita familiare. Queste esigenze contrastanti interessano anche gli uomini, ma molto più spesso gravano sproporzionatamente sulle donne. Le forze armate continueranno a sviluppare regimi di addestramento che schiuderanno il potenziale di ciascun individuo tenendo tuttavia in considerazione le differenti capacità fisiologiche degli uomini e delle donne che il rapporto evidenzia. Si cercherà una migliore comprensione dell’effetto sulla coesione di squadra in quei ruoli in cui uomini e donne lavorano insieme. Per concludere, saranno esaminate le condizioni di servizio militare che offrano la più grande flessibilità di impiego ma senza compromettere i livelli generali di efficacia operativa.
Questo documento riflette la politica per il personale in servizio del Ministero della Difesa così come nel Maggio 2002. Qualsiasi richiesta di informazione sulla politica per il personale in servizio qui contenuta deve essere indirizzata a: Direzione per la Politica delle Condizioni del Personale in Servizio (Directorate of Service Personnel Policy Service Conditions).
Ministero della Difesa – Stanza 673 – St. Giles Court – Maggio 2002
1-13 St. Giles High Street – Londra – WC2H 8LD
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
Nella Guerra del Golfo, le donne affrontavano gli stessi rischi senza ricevere la stessa paga?
Durante l’invasione di Panama da parte degli USA, sulle prime pagine dei giornali fu dato ampio spazio alla prima donna che guidò i soldati al combattimento. Il New York Times chiarì che la donna pensava di trovarsi in prossimità di un canile incustodito, ma ciò non impedì a un membro femminile del Congresso degli Stati Uniti, Schroeder, di servirsi di questo incidente per dare vita a tre miti – miti che furono ulteriormente rafforzati durante la Guerra del Golfo:
1. Donne e uomini corrono gli stessi rischi.
2. Alle donne erano negati i posti di combattimento in prima linea per poter negare loro pari opportunità come ufficiali.
3. Alle donne venivano negati i posti di combattimento per poter negare loro la stessa paga.
Questi miti furono ulteriormente alimentati dalle cover stories dei nostri settimanali:
Ma i fatti forniscono un quadro diverso della situazione:
1. Stessi rischi. Se davvero le donne avessero corso gli stessi rischi, gli scontri a Panama non si sarebbero conclusi con la morte di 23 uomini e 0 donne (e 0 donne ferite); le operazioni per la Guerra del Golfo non avrebbero provocato la morte di 375 uomini e di 15 donne. Sommando le vittime delle due guerre, per ogni donna sono morti 27 uomini; ma dal momento che nell’esercito ci sono soltanto 9 uomini per ogni donna, per un uomo il rischio di perdere la vita era quindi tre volte superiore che per una donna.
Se gli uomini incidessero per meno del 4 per cento sul totale dei decessi e ogni singolo uomo avesse corso soltanto un quarto di rischio di morire, la Schroeder avrebbe ancora affermato che gli uomini correvano gli stessi rischi? L’eguaglianza non consiste nel rendere le donne vulnerabili per caso, quando gli uomini sono resi vulnerabili di proposito.
Alle donne venivano negati i posti di combattimento per poter negare loro pari opportunità come ufficiali? O per poter negare loro la stessa paga?
2. Pari opportunità come ufficiali. Le donne costituiscono l’11,7 per cento dell’intero esercito, ma il 12 per cento degli ufficiali. Le donne ottengono promozioni in numero più che proporzionato nonostante il tempo sproporzionato in cui hanno prestato servizio (le prime donne si diplomarono a West Point nel 1980).
3. Stessa paga. Durante la Guerra del Golfo tutti e due i sessi ricevettero un’indennità extra di 110 dollari. I due sessi ebbero la stessa paga sebbene i rischi non fossero gli stessi.
In breve, gli uomini ottengono meno promozioni e, di conseguenza, una paga inferiore per periodi più lunghi di servizio e rischi tre volte superiori di perdere la vita; nonostante tutto ciò, sentiamo parlare di discriminazione contro le donne e non di discriminazione a sfavore degli uomini. Quando gli uomini fanno il 30 per cento dei lavori domestici, li critichiamo perché non condividono i lavori domestici; quando una donna riceve il 100 per cento della paga speciale degli uomini in guerra e corre il 25 per cento dei rischi rispetto a un uomo, la definiamo una guerriera e le riconosciamo il merito di «condividere il pericolo».
http://www.youtube.com/watch?v=hPtt1JHMgs4
(…)
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=14682616
(…)
http://www.ioacquaesapone.it/articolo.php?id=578
lo metto qui… non saprei dove altro starebbe meglio.
Avrete sentito dell’ordinanza del sindaco di Pontedera che ordina la rimozione di manifesti pubblicitari lesivi della dignità del corpo femminile femminile.
http://firenze.repubblica.it/cronaca/2010/08/10/news/troppo_os_i_manifesti_pubblicitari_il_sindaco_di_pontedera_li_fa_togliere-6210223/
Ma a una mirabile pasionaria femminista viene un dubbio .. a onor del vero quanto meno si rende conto di poter “sembrare esagerata”
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/
E’ una buona notizia, non trovate? A me sembrava tale, però leggendo l’articolo ho iniziato a cambiare idea. Nell’articolo ciò che si mette in evidenza del manifesto è il fatto che la bella modella si tocca le parti intime alludendo all’autoerotismo. E’ questo il motivo per cui il manifesto è stato tolto? Se la modella non si toccava il manifesto sarebbe rimasto lì, sotto gli occhi di tutti/e? Che cosa è considerato offensivo della dignità della donna? Il fatto che possa trovare piacere autoctonamente?
Forse posso sembrare esagerata, però qui in Italia abbiamo un precedente. Ve la ricordate la locandina del film “Valérie – diario di una ninfomane”? Anche quella fu censurata perchè alludeva alla masturbazione femminile. Ma cosa c’è di offensivo o di lesivo in questo? Soprattutto per le donne? Perchè una donna dovrebbe vergognarsi di masturbarsi? Di provare piacere senza l’aiuto del pene? A me sembra, però correggetemi se sbaglio, che a sentirsi offesi da queste pubblicità siano quegli uomini che non accettano di non avere l’esclusiva sul piacere delle donne. Per molti uomini è inconcepibile che una donna possa raggiungere il piacere senza il pene, che il fallo tanto osannato può essere sostituito benissimo da dildi, dita, spazzole, pugni ed ecc… ognun@ può usare ciò che più le piace
@Rita: c’e’ un errore di fondo nel tuo ragionamento conclusivo, cara Rita.. il fallo NON PUO’ ESSERE SOSTITUITO da dildi, dita, spazzole, pugni.. aggiungerei lingua, coccole, carezze..in quanto tutto questo spesso entra a far parte della sfera sessuale, l’errore, a mio modesto avviso, è esattamente nei BIGOTTI che applicano tali censure, non curanti dell’ampiezza che la sessualità puo’ raggiungere.. non curanti che oggi le donne mediamente escono con un abbigliamento simile per andare in disco.. e spesso in preda agli effluvi alcoolici ed alla musica Disco si comportano in tal modo.. se non peggio.. che faranno? vieteranno loro l’ingresso in disco?
..che poi i minorenni guardino veline, paperette, ed affini seminude dimenarsi alle 2030 su qualsiasi format mediatico a nessuno importa..e spesso.. molte di queste hanno generosamente mostrato le grazie..leggasi seni e vulve rasate..durante i vari stacchetti (google docet)…
ehm.. solo una precisazione: l’ultimo pezzo del post precedente è preso dal link posto sopra. Quindi il ragionamento non è mio ma della suddetta femminista che, dopo aver gioito della decisione del sindaco di Pontedera si è posta immediatamente il problema che il manifesto sia stato ritirato perchè da (darebbe) fastidio agli uomini che si sent(irebbero) infastiditi dalla possibilità che si possa far da sè 😉
http://www.corriere.it/cultura/10_agosto_19/orgasmo-manuale-francia_9b756f34-abaf-11df-94af-00144f02aabe.shtml
IN USCITA IN FRANCIA IL 26 agosto
L’orgasmo, istruzioni per l’uso
Tra bibbia e manuale, un libro promette di svelarlo con un viaggio al cuore del piacere e del corpo femminile
MILANO – Il piacere femminile. Dove sta? Come si esprime? Sembrano argomenti vetero o forse triti. Ma restano vaghi. Si dibatte di velo, si affermano diritti, si chiacchiera di amanti. Sul piacere si divaga. Sesso e orgasmo femminile restano un tabù. Nonostante tutto. Nonostante i primi rapporti sessuali comincino prima. Nonostante le adolescenti non abbiano pudori a palpeggiare gli amici maschi. Nonostante sexy-toys, qualche volta pure griffati, invadano gli scaffali di fashion store che mischiano il piacere esteico con quello erotico, l’orgasmo resta un tabù. Una giornalista scientifica, Elisa Brune, e un medico, Yves Ferroul, sostengono che le donne adulte non abbiano ancora imparato a conoscerlo. Quindi mentono. Elise Brune e Yves Ferroul sostengono, dati alla mano, che in Francia e in Belgio il 61% delle donne simuli l’orgasmo. Molte, poi, conoscono poco le proprie zone erogene. Lo raccontano in Le secret des femmes. Voyage au coeur du plaisir et de la jouissance, breviario dell’orgasmo femminile che unisce testimonianze, sondaggi a segreti e meccanismi del piacere, in uscita in Francia per le edizioni Odile Jacob il 26 agosto. Qualche estratto di questa bibbia-manuale del piacere femminile è pubblicato sul settimanale Le Nouvel Observateur . Dall’orgasmo vaginale a quello mentale a come accendere i riflessi delle innervazioni orgasmiche, il libro promette di sfidare il tabù con la storia e storie e “istruzioni per l’uso”, stimolazioni elettrice, comprese. Con un capitolo di testimonianze di uomini pronti a svelare come “piace alle donne”.
Redazione Online
19 agosto 2010
http://www.repubblica.it/economia/2010/08/21/news/donne_nei_cda-6411823/?ref=HREC1-5
PROGETTO DI LEGGE
Donne nei Cda, adesso sono il 6%
Proposta bipartisan per arrivare al 30%
Alla riapertura della Camera sarà in dirittura d’arrivo un testo che impone di riservare un terzo dei posti nei consigli di amministrazione delle società quotate alle donne. In Norvegia è già così, in Francia si discute una legge analoga
ROMA – Con una misera quota del 6,2 per cento, le donne italiane rappresentano davvero una sparuta minoranza nell’ambito dei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa, come attestano i dati della Consob riferiti al 2009. Ma a breve la situazione potrebbe cambiare in modo radicale: alla ripresa dei lavori della Camera i parlamentari si troveranno sul tavolo infatti una proposta bipartisan che parte da due progetti di legge (firmati rispettivamente da Lella Golfo del Pdl e Alessia Mosca del Pd), già approvata dalla commissione Finanze di Montecitorio, e che prevede la presenza obbligatoria del 30 per cento di donne nei Cda.
Quest’obiettivo decisamente ambizioso (data la situazione attuale di partenza) dovrebbe essere raggiunto attraverso una modifica dello statuto delle società, prevista da tre articoli che verrebbero aggiunti al Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria (Tuf) del 1998. Si affida infatti proprio allo statuto delle società il compito di assicurare l’equilibrio tra i generi nel riparto degli amministratori da eleggere e tale equilibrio è raggiunto quando “il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti”. Qualora la norma non venga rispettata dalla composizione del consiglio di amministrazione risultante dall’elezione, i componenti eletti decadono dalla carica. Nel caso di sostituzione di uno o più amministratori prima della scadenza del termine, i nuovi amministratori sono nominati nel rispetto del medesimo riparto.
L’articolo 3 del testo, infine, stabilisce che le nuove disposizioni inserite nel Tuf si applicano anche alle società controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati.
Una norma necessaria ed equilibrata? Negli ultimi mesi se n’è dibattuto molto. I giornali che hanno seguito il dibattito parlamentari hanno ospitato commenti ironici dei lettori che suggerivano una quota analoga prevista per legge anche per i cantieri edili. Eppure l’Italia non è il solo Paese ad aver sentito il bisogno di introdurre una norma che riservi una quota alle donne nei consigli di amministrazione. La Francia sta discutendo la sua futura legge sull’equilibrio uomini/donne nelle stanze dei ‘bottoni’ prevedendo una percentuale anche più alta a favore delle consigliere: in sei anni, le società quotate in Borsa avranno l’obbligo di garantire una proporzione di ciascun sesso non inferiore al 40 per cento, con il raggiungimento di almeno il 20 per cento entro 3 anni dalla promulgazione della legge.
La stessa proporzione è prevista in Norvegia, fissata fin dal lontano 1978, per le commissioni e i comitati aziendali, e che dal 2006 è diventata obbligatoria anche per aziende quotate in borsa e di proprietà pubblica. Non ci sono numeri prefissati, ma dal 2007 vige l’invito a “una presenza equilibrata di donne e uomini” anche in Spagna. Sono solo tre esempi di come all’estero hanno regolato o pensano di regolare la materia. Tre esempi proposti ai legislatori italiani da un dossier messo a punto il mese scorso dal Servizio studi della Camera.
E comunque è importante ricordare che l’Italia attualmente è fanalino di coda nell’Unione Europea per la presenza delle donne nei Cda delle aziende quotate: come si evince dall’European professional women network, siamo al 29esimo posto su 33 paesi censiti, seguiti solo da Malta, Cipro, Lussemburgo e Portogallo. Se poi si considerano i Cda delle prime 300 società europee la situazione è ancora peggiore, poichè dei 375 ‘seggi’ di consigliere delle 23 società italiane presenti nella lista delle Big 300 europee solo 8 sono appannaggio di donne: l’Italia scivola così al penultimo posto su 17 paesi, seguita solo dal Portogallo.
Eppure, come dimostra una ricerca Cerved sulle donne manager, le imprese guidate dalle donne vanno meglio rispetto alle altre, incrementano più velocemente i ricavi, generano più profitti, sono meno rischiose. Secondo la società internazionale di strategie e consulenza aziendale McKinsey, infatti, i risultati economici delle società con elevata diversità di genere sono migliori rispetto alle medie di settore fino al 10 per cento in termini di redditività e addirittura al 48 per cento per Ebit (risultato ante oneri finanziari, ndr).
(21 agosto 2010)
Alla riapertura della Camera sarà in dirittura d’arrivo un testo che impone di riservare un terzo dei posti nei consigli di amministrazione delle società quotate alle donne. In Norvegia è già così, in Francia si discute una legge analoga
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Questa sì che è meritocrazia!
Nessuno/a che discuta una legge analoga per imporre una quota femminile in miniera, nei cantieri, in fonderia, nei pozzi petroliferi, ecc…
Che strano…
Sarebbe interessante approfondire la questione Norvegia. Il fatto che le donne nominate occupino più posti contemporaneamente in diversi Consigli d’Amministrazione puo’ stare a significare (i) che non ci sono così tante donne (in rapporto agli uomini) disposte ad assumere queste cariche (ii) che il criterio per le nomine nei Consigli di Amministrazione è percentualmente più clientelare/opportunista che non puramente meritocratico.
qui dice infatti che
http://www.presseurop.eu/it/content/article/184021-il-fattore-d
Nel frattempo le leggi sulle quote hanno avuto altri effetti imprevisti: le “gonne d’oro”, come i media norvegesi hanno definito le più ricercate donne dirigenti, hanno accumulato una serie di incarichi. Un’élite di 70 donne siede in più di 300 consigli di amministrazione, come ha reso noto il Center for Corporate Diversity
Il mondo alla rovescia…
http://it.tv.yahoo.com/20082010/21/lindsay-milione-dollari-per-raccontare-carcere-0.html
Rita
>>
Sarebbe interessante approfondire la questione Norvegia. Il fatto che le donne nominate occupino più posti contemporaneamente in diversi Consigli d’Amministrazione…
>>
La questione delle quote è importante per vari aspetti.
E’ uno scoglio che ci serve per smascherare le contraddizioni della Dx e della Sx, del mito del merito, di quello della mobilità sociale che le FF di classe media vi possono scorgere, della struttura semicastale della società etc.
La questione è davvero troppo ghiotta per lasciarla cadere. Ci sto scrivendo sopra alcune considerazioni.
RDV
da ilmessaggero.it
@
Lunedì 23 Agosto 2010
di STEFANO TRINCIA
A Mosca, tornati a riferire al duo Medvedev-Putin, i generali l’hanno definito “effetto rosa-shocking”. Nel senso del colore – più o meno correttamente associato all’eterno femminino – e della clamorosa sorpresa. Di vedere dall’altro lato del tavolo negoziale Start – la trattativa per la riduzione degli arsenali nucleari americano e russo – non i soliti volti maschili occhialuti e rugosi. Ma un quintetto di teste pensanti femminili, sorridenti e decise, pronte a affrontare la controparte diplomatica russa senza timori reverenziali o esitazioni da “sesso debole”.
A guidare il drappello di negoziatrici Usa in campo nucleare, la capo delegazione Rose Gottemoeller, fedelissima di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato. Al suo fianco la vice Marcie Reis, diplomatica di lungo corso. Ed ancora le due più autorevoli scienziate della squadra negoziale e la ex deputata democratica Ellen Tauscher cui è spettato il compito delicatissimo di tracciare le linee guida del nuovo trattato Start.
«Come mai avete portato tante donne?», avrebbe chiesto un generale russo secondo la ricostruzione che il quotidiano Washington Post ha fatto del negoziato. «E voi perché non ne avete portata nessuna?», avrebbe risposto con un ironico sorriso la Gottemoeller.
In realtà non di scelta al femminile si è trattato, hanno spiegato gli osservatori della scena washingtoniana. Ma di semplice necessità. Dai tempi in cui 25 anni fa Donald Regan, consigliere della Casa Bianca di Ronald Reagan, definiva le donne “incapaci di comprendere le complessità delle tematiche nucleari”, la situazione è cambiata radicalmente. E non solo per merito di Barack Obama.
L’aumento del peso specifico femminile nella struttura che alla casa Bianca ed al Pentagono si occupa del nodo nucleare è iniziato con la presidenza Clinton, si è consolidata con George Bush ed ora vive, grazie anche alla leadership di Hillary Clinton, una stagione particolarmente fortunata. «A partire dalla mia poltrona fino alla stanza della Segretario di Stato la filiera è tutta femminile», ha spiegato al Washington Post Karin Look, l’esperta che ha coordinato il programma di smantellamento del programma nucleare bellico della Libia.
Le donne, dicono le ultime statistiche, sfiorano il 30 per cento delle posizioni di comando al Dipartimento di Stato, al Pentagono, a nelle altre agenzie che si occupano di sicurezza nazionale e di politica estera. A livello di intelligence, oltre il 13 per cento degli analisti è donna. I nomi di spicco emergono dalla cronache politiche della capitale: Michele Flournoy, sottosegretario alla Difesa, una delle donne di maggior potere nella storia del Pentagono; Letitia Long, nominata di recente al vertice della National Geospatial-Intelligence Agency, l’ente che scruta dallo spazio i segreti militari di potenziali nemici e partner. E Laura Holgate, super esperta nucleare al National Security Council.
Non è il solito luogo comune sulla presunta predilezione femminile per le soluzioni pacifiche dei conflitti ad aver innescato la rivoluzione rosa in diplomazia. Piuttosto rispetto agli uomini le donne avrebbero dimostrato una capacità decisamente superiore di lavorare in squadra con un invidiabile e raro spirito di collaborazione:« E’ una capacità che risulta decisiva quando si affronta un negoziato difficile», ha spiegato l’Ambasciatrice Usa a Ginevra Laura Kennedy. Quanto ai russi, hanno diligentemente preso nota della novità. Ed alla tornata successiva di negoziati si sono presentati con tre giovani studiose in squadra.
RIPRODUZIONE RISERVATA
http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Dal%20Mondo&vxClipId=2524_d26f3506-af92-11df-bad8-00144f02aabe&vxBitrate=300
P.s: X Van Terron.
Ascolta bene, e nota come anche in questo video la solita giornalista (femminista) parli di “maschietti”…
Ecco come tutte queste donne “al potere” possono tornare utili…al potere:
http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Dal%20Mondo&vxClipId=2524_d26f3506-af92-11df-bad8-00144f02aabe&vxBitrate=300
http://www.corriere.it/esteri/10_agosto_25/Mian-la-carica-delle-neo-ottomane_a2c6b8a6-b050-11df-817a-00144f02aabe.shtml
SU «io donna» istanbul oltre le apparenze
La carica delle neo -ottomane
Tra le donne protagoniste della Turchia che svolta a Est
ISTANBUL – Il mondo ha gli occhi puntati sulla Turchia, perché sta cambiando rotta. Sempre meno filo occidentale e sempre più influente nei Paesi islamici legati al suo passato imperiale. Ma a sorpresa scopriamo che nell’élite di questo nuovo corso le donne sono determinanti. Decidono la politica energetica, guidano la svolta culturale e la rivoluzione estetica
Nooo… ma siete matti? Anche voi schiavi dell’antifumo! Vai a Istanbul, pensi di prenderti una boccata d’anarchia, di pippare alla grande con gente della tua razza e invece sotto la pensilina del tram, in zona Sultanahmet, un tipo con i baffetti giallini di nicotina ti fa segno di no, con l’indice a tergiscristallo. Vietato, spegnere. Istanbul messa a norma dunque, come una qualsiasi Minneapolis occidentale? Non è proprio così. Si tranquillizzino gli snob che in Europa amano l’idea di avere in famiglia la Turchia proprio per rompere la noia di un mondo troppo omologato. E non solo perché si continua a mangiare il pesce inquinato sul ponte di Galata («fa bene, contiene molto Bosforo» dice un amico) oppure perché qui nessuno t’impedisce di arrampicarti per sei piani di scale pencolanti e ballare nelle sgarruppate mansarde di Nevizade su ritmi fuori da ogni schema o moda.
Se la Turchia oggi è al centro dell’attenzione mondiale non è perché fa cose poco turche o resta ancora un luogo esotico. Ma perché va per la sua strada: Est o Ovest, moderna o nostalgica a seconda delle convenienze, con una leadership d’ispirazione islamica sicura di sé, determinata a forgiare una nuova identità e una nuova potenza regionale, modello di riferimento per il mondo musulmano, quello del passato imperiale ottomano, precedente la svolta laica e repubblicana di Mustafa Kemal Ataturk. Lo si è visto negli ultimi tempi nelle relazioni diplomatiche – dalla quasi rottura con Israele dopo la crisi della Mavi Marmara, alle disinvolte aperture all’Iran e alla Siria – così come è evidente nell’economia che marcia a ritmi cinesi grazie ai grandi affari con i vicini del Caucaso e del Medio Oriente. Ma la nuova Turchia fa notizia soprattutto perché punta sulle sue donne, sono loro le vere protagoniste della rivoluzione neo-ottomana.
Prima tra tutte Guler Sabanci, per Fortune quinta donna più potente del mondo, dal 2004 a capo di una holding famigliare di settanta società che vanno dalle banche alle auto, dagli pneumatici al cemento, dal tessile all’energia: 58 mila dipendenti. «Mi piace essere conosciuta come donna di successo, più che di potere » dice con la voce roca da ex fumatrice, seduta in una delle sale del museo di famiglia, il museo Sabanci che ora ospita una mostra sulla storia di Istanbul. «Credo nel potere del successo, determinato solo dai risultati. Avere successo vuol dire realizzare, fare la differenza. Come accade al mio Paese». Un ruolo, il suo, anche politico. Perché, da sempre decisa sponsor dell’entrata della Turchia nella Ue e molto in sintonia con il governo del premier Recep Erdogan, è l’interlocutrice privilegiata dell’establishment economico europeo. Insomma Guler Hanim, la signora Guler, ha in mano la bussola di un Paese in movimento, che alla faccia di un’Europa in crisi e turco-scettica può esibire quest’anno un Pil in crescita di quasi il 12 per cento: «Abbiamo fatto pulizia prima dell’Europa» dice «la nostra finanza è trasparente e incassiamo 5 anni di crescita sana e di nuova ricchezza diffusa. Ma la crisi porterà più coesione tra i paesi europei. Devi essere in difficoltà per apprezzare il tuo vicino; presto sarà più l’Europa ad aver bisogno della Turchia che non viceversa». Quel che conta, secondo Guler, è il processo di adesione alla Ue che ha costretto la Turchia a compiere grandi riforme democratiche e a concedere diritti, soprattutto alle donne, altrimenti impensabili: «A volte è più importante il viaggio della destinazione» ironizza, alludendo forse a quel cambio di rotta a Est che preoccupa soprattutto gli Stati Uniti, sospettosi sulle scelte azzardate del più importante alleato Nato. Mentre crolla l’import dall’Europa e il sostegno dei turchi all’adesione è passato dall’80 al 48 per cento in un anno, le cosiddette “tigri dell’Anatolia” costruiscono stadi, porti, teatri a Doha, in Georgia, al Cairo, in Kazakhistan. Gli investimenti in Iran sfiorano i sei miliardi di euro. «Siamo favoriti da una posizione geopolitica straordinaria» spiega Guler, vestita con una sobrietà calvinista: «La Turchia diventerà un hub internazionale per gas e petrolio. Ma saremo anche grandi produttori di energia, il mio gruppo conta di gestire entro il 2015 il 10 per cento della produzione e distribuzione dell’energia nazionale».
Un paese che cambia sguardo inaugura anche una nuova estetica. E il restyling la Turchia l’ha affidato a donne come Zeyrep Fadillioglu, architetta che lavora tra Istanbul – dove guida uno studio composto da 14 colleghe e solo 5 uomini – e Londra, con commesse che vanno da Berlino, al Golfo, all’India. Ma Zeyrep è oggi nota soprattutto per essere la prima donna a progettare una moschea, la straordinaria moschea Sakirin a Uskudar, nella parte asiatica di Istanbul. Cemento, metalli lavorati, tanto vetro e luce mistica: «Volevo dimostrare che una nuova moschea può non essere brutta e oppressiva, aggiornare il simbolismo, lasciare le tracce del mio tempo» dice Zeyrep. Che spiega cosa vuol dire essere una designer neo-ottomana: «Nel 1923, con l’avvento della Repubblica, la Turchia ha vissuto una frattura, furono addirittura cambiati l’alfabeto e il vocabolario. Tutto quello che c’era prima è rimasto in sospeso per tanto tempo, nessuno l’ha ripescato, mettere in dubbio il modernismo voleva dire negare i valori laici. Ora è diverso, il periodo ottomano viene rielaborato in molti campi. Io sono stata tra i primi designer a utilizzare tessuti e materiali tradizionali. Nessuno mi capiva. Poi un paio di anni fa ho scoperto che quel che facevo all’estero risultava famigliare e interessante ai turchi».
Oggi esiste una nuova generazione creativa, serena rispetto al passato e curiosa delle proprie radici, mentre il governo promuove il design turco, la moda turca. E il cinema turco. Come la soap opera Gumus, che spopola nei paesi musulmani, dalla Siria all’Egitto. Dove Songul Oden, la protagonista che interpreta il ruolo di una donna religiosa ma indipendente, è diventata modello di un islam moderno e moderato. Un successo che ha fatto incrementare quest’anno del 50 per cento il turismo dai paesi arabi, riversando a Istanbul comitive di donne nero-integralmente vestite: per i nemici del governo la prova di una pericolosa deriva clericale. Ma Songul ricorda che spesso anche le mogli del sultano erano straniere: «Durante l’impero i vicini erano vissuti come una opportunità, non come una minaccia» dice, consapevole di stare nel binario giusto per garantirsi ancora molte copertine di rotocalchi.
Eppure anche intellettuali sofisticate come la scrittrice Ipek Calistar, (diventata un’icona con la sua biografia della moglie di Ataturk) femminista dichiarata e sostenitrice delle quote rosa in Parlamento, ammettono il richiamo orientale: «Mi sento sempre più in famiglia in Siria e sempre meno in Germania». E la questione del velo, ultimo cavallo di battaglia dei politici ed esercito, difensori dei fondamenti laici della Costituzione, pare improvvisamente anacronistica anche per militanti dei diritti femminili come Lale Mansur, attrice che fece scandalo per aver interpretato, ancora nel 1992, il ruolo di una prostituta lesbica con tanto di scene di nudo: «Ha notato che a Istanbul non ci sono handicappati per le strade?» chiede. «Non ci sono perché non possono muoversi, la città gli è nemica. La stessa cosa accadeva fino a poco tempo fa alle donne velate. Non uscivano perché non si sentivano accettate. Ora si sentono a loro agio. Il velo non è la sharia. La vera battaglia è portare sempre più ragazze a scuola. La nuova Turchia ha bisogno di loro».
Marzio G. Mian
25 agosto 2010
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=116035&sez=LEALTRE
Le donne ben pagate rischiano di essere tradite di più
ROMA (24 agosto) – Le donne che guadagnano di più dei loro mariti o compagni sono più esposte al rischio di tradimento. Se l’uomo in questione è del tutto a carico della dolce metà, questa rischierà cinque volte di più di ritrovarsi accanto un compagno infedele. E’ una nuova ricerca presentata al convegno della American Sociological Association da Christin Munsch, sociologa della Cornell university riaprire la questione del gap di genere.
Il motivo dell’infedeltà da parte dei mariti non è legato ai soldi, secondo Munsch (che ha analizzato il comportamento di coppie tra i 18 e i 28 anni, sposate o conviventi da più di un anno, tra il 2002 e il 2007) ma è una questione di identità sessuale. Chi sente minacciata la propria identità metterà in atto comportamenti che tendano a ripristinare il ruolo nella coppia. In sostanza il tradimento sarebbe un meccanismo compensativo per l’uomo che così riafferma la sua funzione di capofamiglia.
Dalla ricerca emerge anche che a tradire più degli altri sono gli uomini che guadagnano bene e più delle loro compagne. Ma le motivazioni sono diverse: lo fanno perché ne hanno la possibilità
grazie alle lunghe giornate di lavoro, ai viaggi e redditi più elevati che rendono le scappatelle più facili da nascondere.
Il quadro non è incoraggiante ma per la sociologa esiste una “ricetta della felicità”, ovvero la giusta proporzione di reddito che un uomo deve guadagnare in più rispetto alla donna per evitare di essere tentato dai “meccanismi compensativi”: il 25% in più e, forse, la pace familiare è assicurata.
http://donna.libero.it/lifestyle/lei-mi-fa-soffrire-da-morire-dolores-posta-del-cuore-ne3038.phtml
Leggete qua…
http://www.ilpost.it/mauriziocodogno/2010/08/19/le-medaglie-fields-2010/
Anche in questo caso ci sono degli “uomini” che si chiedono come mai nessuna donna abbia mai vinto la medaglia Fields (il Nobel per la matematica), e uno di loro si domanda pure se “sia un problema di misoginia”…
L’ipotesi che in alcuni campi gli uomini siano semplicemente migliori delle donne, neanche li sfiora.
Perciò mi chiedo: ma l’uomo medio italiano è veramente stupido…? Ma possibile che le donne ottenebrino totalmente la mente degli uomini?
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# Maurizio Codogno scrive: 20 agosto 2010 – 15:00:21
faccio il mea culpa per non aver notato la mancanza di donne tra i premiati; non so se sia un problema di misoginia tra i matematici, visto che non credo proprio che la matematica sia una materia “maschile”, ammesso che ce ne siano.
Per quanto riguarda punte e base: il numero di bravissimi matematici in Italia è probabilmente costante, ma in percentuale diventa sempre inferiore. Per la base, non pensavo all’università – di cui non so nulla ormai – ma alle conoscenze matematiche medie.
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scusami Marco ,ma non sono d’accordo ,secondo me ,manca “a parità di condizione” ,come ad esempio stessi studi ,stessa facoltà ,non mi puoi fare l’errore del femminismo ,quello più estremista che i migliori siamo noi e stop . ci sono uomini e donne geni nella matematica ,altri completamente ignoranti…..comunque,sicuramente non è un problema di misoginia ….
In questo campo i migliori sono gli uomini.
http://it.wikipedia.org/wiki/Medaglia_Fields
mauro recher
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ci sono uomini e donne geni nella matematica
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I geni della matematica sono soprattutto uomini, che è un discorso diverso dall’essere bravi in matematica.
Tra l’altro il discorso “a parità di condizione”, non significa nulla, perché all’università ci sono più donne che uomini. Per esempio, anche in Brasile il 60 per cento dei laureati è donna; mentre in Iran è donna il 70 per cento dei laureati. Perciò io non faccio alcun errore, alla maniera del femminismo. Semmai l’errore è quello che fai tu: ossia di credere che uomini e donne siano uguali, mentre in realtà sono profondamente diversi.
Di conseguenza sono differenti pure i risultati in certi specifici campi.
io credo che il genio non abbia bisogno di “parità di condizioni”. Tuttalpiù di fortuna per essere riconosciuto. Ma stiamo parlando di percentuali talmente poco significative rispetto all’intera umanità.
Ad esempio:
http://it.wikipedia.org/wiki/Srinivasa_Ramanujan
Marco, credo che ciò che volesse dire Mauro è che non è il caso di mettersi a fare una competizione con le donne su chi è “più bravo” in questo o in quel settore o in una materia piuttosto che in un’altra. Ed io personalmente concordo con lui. Non credo che sia argomento utile rispetto a quelli che sono i nostri intendimenti. Non penso che la riscoperta di una nuova maschilità e la costruzione di un movimento maschile con solide gambe passi attraverso binari di questo genere. E in effetti è vero che spesso proprio le femministe, e non solo le più estremiste, come dice Mauro, hanno utilizzato argomenti di questo genere. Cito uno stralcio della postfazione di Lidia Ravera, scrittrice e giornalista nonché femminista storica, al mio primo libro:”Spesso la maggior parte delle donne è migliore della maggior parte degli uomini: meno violenta (basta guardare i numeri nelle galere), più scolarizzata e più brava a scuola (basta guardare i dati delle laureate e le medie delle studentesse), più sana e robusta (basta guardare i numeri della longevità), più attrezzata alla sopravvivenza (basta guardare i numeri delle singole o delle vedove), più utile alla specie (sono o non sono quelle che producono con il loro corpo il corpo degli uomini e delle donne del futuro?)”.
Ecco, questo è il modo di pensare di una femminista storica, come la Ravera, ma non estremista, credetemi, anche se sembrerebbe il contrario.
Vogliamo metterci sullo stesso livello di gente come questa? Io credo proprio che noi siamo una cosa profondamente diversa. Non solo, rileggendo queste banalità non ho potuto evitare alcune considerazioni spontanee. E questa sarebbe una donna di sinistra? Una che dice che gli uomini sono la stragrande maggioranza della popolazione carceraria perché sono più violenti delle donne. Bel modo di “risolvere” la questione, complimenti. Ma il carcere non era uno degli strumenti, il più estremo, della repressione di classe? Sembrerebbe di no, per lo meno se prestiamo fede alle affermazioni della Ravera secondo la quale in carcere non ci finiscono gli emarginati, gli immigrati, i tossicodipendenti, i marginali di ogni specie, il proletariato e il sottoproletariato delle periferie, gli appartenenti alle classi sociali inferiori, ma solo gli uomini violenti. E la selezione scolastica non era (e non è) forse il risultato di un sistema scolastico a tutt’oggi ancora profondamente classista? Sembrerebbe di no perché, sempre secondo la Ravera, le donne a scuola sono le più brave. E vai!…
A sentire queste parole sembra di ascoltare un “benpensante borghesotto” di destra amante dell’”ordine” con signora impellicciata al seguito e amante mantenuta, piuttosto che una donna (o un uomo) di sinistra con una coscienza sociale…Anzi, lei è addirittura una ex di Lotta Continua…
Ma allora, se le cose stanno in questo modo, non è vero che le donne sono sempre e comunque le oppresse visto che in galera non ci finiscono e a scuola sono le più brave.
Si conferma il fatto (non ce n’era bisogno) che il nostro avversario è capace di affermare e negare tutto e il contrario di tutto, a suo piacimento e a sua convenienza. E nessuno è in grado o ha la volontà politica di opporvisi. E’ con questo metaforico mostro a più teste e a mille tentacoli che abbiamo a che fare.
Dobbiamo entrare tutti in un’altra ottica, dobbiamo essere in grado di sviluppare una astuzia, un senso tattico e una capacità di comprensione psicologica particolare. Non possiamo rischiare di incappare in tranelli. Gli uomini impegnati nel movimento maschile, da questo punto di vista, peccano ancora di ingenuità e non è possibile combattere un avversario così potente e subdolo se non ci attrezziamo di conseguenza.
Un salto di qualità è richiesto a tutti noi.
Fabrizio
Il fatto è che qui si vogliono dare qualità alle donne che non hanno mai dimostrato di avere, solo perché sono donne. Cosi facendo si potrebbero mettere in ombra uomini che davvero hanno fatto grandi cose; ci sono molte donne a cui non frega niente di valere effettivamente qualcosa, basta che siano adulate dagli uomini. che si dica che le donne sono migliori e bla bla bla…insomma il potere.
Una vita di bugie quella che fa comodo alle donne e ahimé agli uomini.
“LE DONNE BATTONO GLI UOMINI”…
http://www.ilsussidiario.net/News/Calcio-e-altri-Sport/2010/9/3/TENNIS-Agli-Us-Open-le-uniche-soddisfazioni-italiane-vengono-dalle-donne/110417/
Che vuol dire ? Non si sa, pero’ in questo articolo ci “spiegano” che le vittorie delle tenniste italiane contro le tenniste di altri Paesi, in realta’ sarebbero delle vittorie contro i tennisti del proprio Paese. Addirittura la Pennetta arriva a sostenere che “le donne italiane sono piu’ forti degli uomini italiani”, perche’ lei e’ stata numero dieci, mentre la Schiavone e’ numero sette”. Come ebbe modo di scrivere piu’ volte su U3000 una mia vecchia conoscenza (Silver), essere la numero sette o dieci fra le tenniste, non equivale ad essere nemmeno la numero cinquecento fra i tennisti… Semplicemente pazzesco. Ancora piu’ pazzesca e’ la compiacenza dei giornalisti di sesso maschile, che non hanno mai nulla da obiettare.
Siccome non seguo questo genere di sport, mi piacerebbe sapere se a un giornalista uomo è consentito entrare negli spogliatoi femminili, per intervistare le atlete…
http://www.repubblica.it/sport/2010/09/14/foto/ines_accusa_i_new_york_jets_mi_hanno_importunata-7061591/1/?ref=HRESS-8
A quanto pare, ormai, l’unica soluzione per non finire in galera o, comunque, per non essere denunciati da una donna, è ignorarle oppure scambiarci il minor numero di parole e confidenze possibili.
Queste sono veramente malate.
http://www.clandestinoweb.com/sondaggi-da-tutto-il-mondo/10725-finlandia-donne-al-potere.html
Fabrizio Marchi
@Marco, credo che ciò che volesse dire Mauro è che non è il caso di mettersi a fare una competizione con le donne su chi è “più bravo” in questo o in quel settore o in una materia piuttosto che in un’altra. Ed io personalmente concordo con lui. Non credo che sia argomento utile rispetto a quelli che sono i nostri intendimenti. Non penso che la riscoperta di una nuova maschilità e la costruzione di un movimento maschile con solide gambe passi attraverso binari di questo genere.
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Fabrizio, non è questione di fare “a gara” a chi è più o meno bravo, non è questo il punto. E non penso neanche di essere un “ingenuo” o che la riscoperta di una nuova maschilità passi attraverso siffatti binari.
Ritengo però che ci siano delle verità che vadano evidenziate; tutto qua. Perciò non vedo proprio il problema. Tra l’altro, caro Fabrizio, il fatto che io sia più che felice del fatto che tu abbia creato uomini beta (e di questo ti ringrazio veramente) non significa che al tempo stesso condivida del tutto le tue posizioni.
Ossia, ne condivido molte, la grandissima maggioranza diciamo, ma su alcuni punti ho idee differenti dalle tue. Ma nemmeno questo è un problema, perché è normale che sia così: tu sei Fabrizio e io sono Marco, quindi due persone diverse dotate di cervelli diversi.
Figurati, Marco, non c’è nessun problema. Ci mancherebbe che non si possano avere opinioni differenti e tanto meno che non si possano esprimere pubblicamente, anzi…
La cosa importante è che il dibattito sia di qualità.
Completamente diverso, ovviamente, è il caso dei provocatori o delle provocatrici che ogni tanto fanno capolino per fare polemica fine a se stessa con argomenti capziosi e alcune volte solo per insultare.
Ma, come ripeto, questa è tutt’altra faccenda, ben diversa dal libero e democratico confonto, anche di opinioni diverse, come spesso accade anche fra noi.
Fabrizio
http://www.corriere.it/cronache/10_settembre_17/iodonna_figli_raffaelli_e70263d8-c25e-11df-a515-00144f02aabe.shtml
da «Io donna» Niente figli, sono un altruista Dicono che sono costosi, fastidiosi. Addirittura inquinano. Tra film, libri e blog, ecco l’elogio alla vita senza bambini da «Io donna» Niente figli, sono un altruista Dicono che sono costosi, fastidiosi. Addirittura inquinano. Tra film, libri e blog, ecco l’elogio alla vita senza bambini disegno di Valeria Petrone disegno di Valeria Petrone Mi basta essere zia». Alla fine, ridotta all’osso, è questa la filosofia di Elizabeth Gilbert. Autrice bestseller e unica autoreferenziale protagonista di Eat, Pray, Love. Specie se uno, dopo aver visto il filmone con Julia Roberts tratto dal libro, in uscita nei cinema italiani, sfoglia anche il nuovissimo sequel del romanzo, Committed. «Mangia, prega, ama» smonta, come è noto, il mito della famiglia tradizionale e dell’orologio biologico: perché consumarsi tra mariti noiosi e pannolini quando c’è un mondo da esplorare e assaggiare? Il nuovo diario-viaggiante di una delle autrici americane più popolari degli ultimi anni però si spinge oltre e dice, in pratica: «Il nostro amore (quello nuovo) funziona perché nessuno dei due vuole costringere l’altro all’allevamento di nuovi esseri umani». Carini i figli degli altri, insomma, ma la base di un’esistenza soddisfacente e di una buona vita di coppia è la non-procreazione. Radicale, ma perfidamente trendy. Perché le prime pagine saranno anche per le mamme ultra-longeve ma, sottotraccia, questo è l’anno dell’orgoglio child-free. I teorici della vita senza figli sono sempre di più, sono sempre più spesso in coppia, sono orgogliosi di se stessi e oggi ti dicono: «Siamo il futuro». Anzi: «Siamo dei benefattori». Qualche esempio? La Festa dei non-genitori, lanciata l’anno scorso in sordina da una coppia di Bruxelles, ha raddoppiato con un’edizione parigina che quest’estate ha fatto parlare mezza Francia e ha prodotto cloni in America e altri Paesi europei. Proprio con la Fête des non-parents si apre il docu-film in progress Maman, non merci, nel quale la cineasta canadese Magenta Baribeau sta raccogliendo materiale e interviste sulle coppie child-free, dalle storie di vita a scampoli ultratrash come il video della cantautrice GiedRé che, alla tv francese, canta la sua Ode alla contraccezione o il fiammeggiante saggio-autoanalisi L’Enfantasme di Katia Kermoal, una fenomenologia del bambino (degli altri) molesto, appena riedita in Svizzera. Associazioni, meeting e meetup on line di non-genitori di ogni età ed estrazione sociale si moltiplicano in tutti gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Aumentano anche le star dichiaratamente no-kid, da Hugh Grant («Figli? No, detesto il disordine! ») a Cameron Diaz. E prolificano anche i siti di child-free dating, per far incontrare partner che si giurano eterna sterilità. Tre anni fa, in No Kid: quaranta ragioni per non avere figli, la psicanalista francese Corinne Maier assaliva per la prima volta dai tempi del femminismo anni ’70 il dogma che solo con la prole una donna poteva dirsi pienamente realizzata. Si partiva da un pesante coming out: «Rimpiango quello che ho perso diventando una mamma» per arrivare al seguente messaggio. Primo: fare figli comporta problemi, rischi e rinunce (dal parto, alla non vita sessuale, alle spese, alle frustrazioni per figli che difficilmente saranno perfetti come nelle pubblicità) che nessuno, prima, vi spiegherà. Secondo: liberatevi dalla pressione sociale che vi vuole madri e decidete da sole. Ricordate? Allora la community Quimamme lanciò in risposta il manifesto Sì, kid, mentre il quotidiano cattolico Avvenire collezionò “40 motivi per avere figli”. Intanto i blog di tutta Europa (“pancia” virtuale d’Occidente) si intasarono di post di non-mamme e non-papà che finalmente si sentivano capiti. Un’ode a quello che tutti pensano ma nessuno ha il coraggio di dire. Era l’inizio del moderno No-kid Pride diffuso. Ovvero, figli se ne fanno meno, adesso è l’ora di dire anche perché. Anche se le varianti e motivazioni profonde sono tante. Sempre più blogger, intanto, scrivono che ci sono da smontare secoli di retorica familistica. In Italia – repubblica contraddittoria, fondata sulla Mamma ma col record di denatalità – l’autrice del blog Mamma? No, Grazie scrive: «E se io non volessi che venissero? Adoro i bambini. Ma ho fatto qualcosa per me: non ne ho procreati». E Rick, su alfemminile.com: «Ma ci rendiamo conto della responsabilità di avere un figlio col mondo che c’è? E io dovrei vivere col pensiero di un mutuo, un sacco di soldi per lui/lei e tutti i problemi che porta una nascita? Io credo che impazzirei, non vivrei più». È la paura di non farcela, che un figlio voglia dire la rinuncia ai propri sogni: carriera, viaggi, sesso, politica, amici. «Dovrei far vedere gli sms della mia (ex) amica laureata con il massimo dei voti» posta Anna «ora autodeclassatasi a cerebrolesa, tipo: “Il mio tesorino è andato dal parrucchiere…”». Per la cronaca, la maggior parte delle risposte sono d’accordo con lei. Poi c’è il rifiuto “filosofico”: perché donare ad altri una vita che è spesso solo sofferenza (del resto lo diceva anche Arthur Schopenhauer )? E c’è l’ostilità verso il “bambino piccolo”, oggetto oggi misterioso (solo circa 4 italiani su 100 hanno meno di 5 anni), ingestibile e fastidioso. «Ti ritrovi a cena con amici con i quali è impossibile avere una parvenza di conversazione» racconta la blogger Blimunda «perché i bambini strepitano, lanciano oggetti, o meglio, ti si lanciano addosso prendendo la rincorsa dal corridoio. I genitori? Impassibili ». Seguono varie pagine di commenti entusiasti. Alza il tiro lisa hymas, dal portale statunitense ecologista grist.org: non procreare non è solo un diritto, non solo ci si risparmiano problemi e spese (291.570 dollari nei primi 18 anni di vita, secondo dati raccolti dall’autrice), ma è una scelta “verde”. La soluzione a sovrappopolazione, innalzamento degli oceani e povertà. «Puoi vivere in una casa ad alta efficienza energetica, muoverti solo a piedi, in bici o con i mezzi pubblici, volare poco, comprare a chilometri zero, mangiare vegano. Per tutta la vita. Tutto ciò non contribuirà neanche lontanamente a migliorare l’ambiente quanto la decisione di non mettere al mondo un altro americano». Ci sono anche i numeri: ogni figlio “costa” 9.441 tonnellate di CO2, moltiplicando con la sua vita il tuo contributo all’inquinamento dell’atmosfera. E i “danni” della discendenza? Incalcolabili. Di qui l’immancabile acronimo: «Mi dichiaro Gink: Green inclination no kid», nullipara (se proprio volete il termine tecnico) per scelta ecologica. Ma i child-free consapevoli sono un’élite illuminata? No: secondo una ricerca citata dalla Hymas, nel 2002 il 59 per cento degli adulti americani negavano che una vita senza figli sia vuota (nell’88, erano il 39 per cento), e solo il 41 per cento, nel 2007, pensava che i figli fossero centrali nel matrimonio (erano 65 su cento nel ’90). Ci sono poi Gink moderati, che aprono alla possibilità dell’adozione, per provare le gioie della famiglia senza intaccare il saldo carbonico globale. E quelli radicali, come i fondatori del Movimento per l’estinzione volontaria dell’Umanità (Vhemt), che esiste da anni ma solo negli ultimi tempi è diventato un piccolo caso sui media americani. «Musica, letteratura, nuove varietà di tulipano. Gli umani hanno creato molte cose divertenti in un milione di anni» riassume uno dei fondatori, sotto lo pseudonimo Les U. Knight «ma divertenti solo per gli umani. Al pianeta e al resto delle sue specie abbiamo portato solo guai. Staranno meglio senza di noi. Non parlo di sterminio o suicidi. Dico solo: non procreate, grazie». Ah, al Vhemt si può aderire anche se si è già genitori, a patto di promettere di non cascarci più. Il loro manifesto? Potrebbe essere la vignetta di Katz, apparsa sul New Yorker ad agosto. Il classico Dio barbuto, che sbirciando dalla nuvoletta dice: «L’esperimento con l’uomo è durato abbastanza: spazio all’ippopotamo».
Gianfranco Raffaelli
17 settembre 2010
http://www.corriere.it/salute/10_settembre_17/bulli-famiglia-eva-perasso_bf0cacfc-c23c-11df-a515-00144f02aabe.shtml
Ricerca australiana Il bullismo si impara da papà I comportamenti violenti vengono spesso trasmessi dall’esempio dei genitori e dalle loro esperienze Ricerca australiana Il bullismo si impara da papà I comportamenti violenti vengono spesso trasmessi dall’esempio dei genitori e dalle loro esperienze dall’esempio dei genitori e dalle loro esperienze
MILANO – Uomini e donne che si fanno avanti al lavoro con intimidazioni, famiglie i cui modi violenti e aggressivi vengono riconosciuti come vincenti dai figli? È questo il terreno fertile per fare di un ragazzo un “bullo”, e la strada per uscirne non passa per forza dai programmi scolastici che scoraggino i comportamenti devianti, né tantomeno dalle punizioni esemplari.
BULLI IN FAMIGLIA – Lo sostiene una ricerca svolta in Australia, alla Queensland University of Technology dalla professoressa Marilyn Campbell della facoltà di Scienza dell’Educazione, che argomenta: «Quando i bambini vedono violenza tra le mura domestiche, che si tratti di un abuso fisico o emotivo, imparano che il potere della sopraffazione può essere usato per avere la meglio. Se i genitori, magari a cena, parlano dei loro comportamenti da bulli al lavoro, i figli lo registreranno come un metodo per arrivare ad avere quel che vogliono». È proprio per questa responsabilità familiare che le strategie anti-bullismo e le punizioni scolastiche non possono funzionare da sole, se non sono accompagnate da una radicale modifica dei comportamenti familiari sul tema. In generale, sostiene la professoressa, le punizioni esemplari non funzionano mai. Meglio tentare con metodi differenti, che provino a suscitare nel bullo quell’empatia con il prossimo che a loro manca.
SOCIALITÀ MANCATA – Sono i rapporti sani con gli altri a mancare totalmente a quei ragazzi violenti (in Italia addirittura uno su due): da adolescenti hanno difficoltà nell’instaurare rapporti sentimentali e i loro amici sono esclusivamente i coetanei più spaventati e sottomessi dai loro comportamenti, dunque non hanno mai rapporti da pari a pari. Da adulti poi, i ragazzini violenti rischiano maggiormente di fare abuso di alcol e sostanze stupefacenti, come tentativo di automedicazione per non saper affrontare le relazioni con gli altri. E, ancor peggio, tra i “bulli” più giovani – ovvero quelli che frequentano le scuole elementari – aumenta il rischio di commettere reati entro i vent’anni. Per questo la ricerca australiana sostiene che non sono solo le vittime di episodi di bullismo ad avere la peggio e portarsi dietro un peso psicologico per quanto è accaduto, ma entrambe le parti – vittima e carnefice – portano dentro di sé danni indelebili per le violenze fatte e subite.
Eva Perasso
17 settembre 2010
http://it.eurosport.yahoo.com/tacchetti-a-spillo/article/7054/
A pensare male si fa peccato, ma…
mar ott 05 14:20
Ah, la galanteria… virtù di altri tempi. O meglio, l’assenza di galanteria è il male dei nostri giorni. Non ho voglia, e non è questo il luogo per farlo, di aprire una discussione sul femminismo, ma quanto accaduto in Germania mi ha strappato sì un sorriso, ma a denti stretti. Perché il rispetto della donna, come di qualsiasi persona, dovrebbe venire sempre al primo posto.
Vi racconto un piccolo episodio che mi è accaduto: ero a cena con amici e, da buona giornalista sportiva che non riesce a staccare la spina neanche nei momenti liberi, stavo chiacchierando di tennis quando un commensale si è rivolto a me con un secco “Non capisci un c…”. Ora, uno può anche esprimere il suo disaccordo, ma c’è modo e modo di farlo. E il modo scelto dal mio amico non è piaciuto un granché. So perfettamente che non voleva essere maleducato o mancarmi di rispetto, però rimane il fatto che il suo gesto ha generato nel resto della tavolata una fragorosa risata, mettendomi in una situazione di disagio. Ho sorriso e, da signora, sono andata avanti, ma uno ‘scusa’ mi avrebbe fatto piacere. Sono sempre stata del parere che si rida con le persone, non delle persone e che il gioco, se di gioco (o di un’uscita infelice) si tratta, non debba prescindere dall’educazione.
Esattamente per lo stesso motivo posso ammettere che non mi è piaciuto quello che ha fatto Peter Niemeyer all’arbitro designato per la partita di Bundesliga 2 (la nostra serie B) tra Hertha Berlino e Alemania Aachen, la signora Bibiana Steinhaus.
E qui apro una parentesi sul fatto che in Germania un direttore di gara donna non crea curiosità. E’ una realtà accettata. E chiudo la parentesi.
Siamo al minuto 55 della partita, quando Niemeyer si avvicina al direttore di gara e senza guardare dove la sua mano potrebbe finire, cerca di farle un amichevole ‘pat pat’ sulla spalla. Peccato, però, che il giocatore prenda male le misure toccandole il seno. Una palpatina leggera che ha lasciato perplessa Bibiana che non ha trovato altro modo di reagire che ridere. Una palpatina che ha regalato a Niemeyer il soprannome di “breast wiper”.
Non sono una bigotta, non mi aspetto neppure che l’uomo scendendo dalla macchina mi apra la portiera, e sono la prima a giudicare innocente Niemeyer, perché non penso, o meglio non voglio pensare, che il giocatore abbia intenzionalmente toccato il petto dell’arbitro, ma forse le scuse immediate sarebbero sembrate un bel modo di chiudere l’accaduto, le stesse scuse che a me non sono arrivate.
Che poi, in realtà, a ben vedere il giocatore alza il braccio in segno di pace in risposta al sorriso del direttore di gara. Ci vogliamo credere? A pensar male si fa peccato ma s’indovina quasi sempre…
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Innanzitutto mi chiedo: ma che c’entra una donna arbitro con il calcio maschile? Poi come si fa a pretendere la “galanteria” in tempi di parità, femminismo e misandria? Ma poi che avrebbe fatto mai quel calciatore? Non so voi ma io queste donne moderne non le sopporto più.
http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:Jp2U0FmflocJ:www.ingegneria.unical.it/webingegneria/documenti/bandiperstudentesse/Bando_2010.pdf+ingegneria+%C3%A8+una+facolt%C3%A0+maschile&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESguCngWhwgldCIC0YpjxO0dz2BDeBmPYwBisPp-xx9Gk12YNfsZor3DtOhwBnHLj5L3-Etzj8p5HA1LuyqWoAXJwSDi3_2AouaLB_XyCMhEAXGWTX-Orv_ocu9zz4iUvDlBLXei&sig=AHIEtbThkLWYkHSjeR19tSMX4Auk_deRhQ
http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:A2Pldd2qfjgJ:www.aeeeitalia.it/documenti/ocse/ocse.pdf+percentuale+di+laureati+in+australia&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESgLNCwoOQSmBENUi43zI_O7Mrthh5rpOvz9Rs07_1xxISCAm8yRn1Tzn3WqZydd0y0KVvcuNjl0ya_vBe2kUr_JHomXwTP3cUYss8Po5duHhKH45EfiMS_-W8m1zEEf9sBD0Khx&sig=AHIEtbQgF7k1lqMcynU4yp1SpWPgAhY7Cw
http://www.corriere.it/spettacoli/10_ottobre_15/lilli-gruber-intervista_282d87a4-d81a-11df-ad4e-00144f02aabc.shtml
L’intervista La conduttrice di «Otto e mezzo» su La7
La Gruber «Tv italiana maschilista»
«Sì alle quote rosa, mi sono ricreduta Sono contro l’infantilizzazione dell’informazione»
MILANO – «A furia di semplificare abbiamo avallato un approccio semplicistico alla realtà, ma non è tutto bianco o nero. Se i cittadini sono meno consapevoli sono più docili, e c’è automaticamente meno democrazia. Prevale l’attitudine a non mostrare la complessità del mondo che ci circonda, io ci provo». Contro «l’infantilizzazione dell’informazione» – la definisce così – Lilli Gruber ci prova ogni sera (da lunedì a venerdì, alle 20.30) su La7 dallo studio di «Otto e mezzo» dove tra politica e attualità affronta l’argomento del giorno.
In cosa «Otto e mezzo» si differenzia dagli altri programmi di approfondimento? «È il primo dopo i tg: è la nostra forza perché veniamo prima degli altri, ma abbiamo lo svantaggio di avere la concorrenza più forte: Striscia, il quiz di Frizzi, il Tg2… Tutti i programmi di approfondimento durano quasi due ore, noi 35 minuti: un tempo ragionevole, né lungo né corto, per analizzare il fatto del giorno e consentire a chi ci guarda di avere un pezzo di informazione il più possibile onesta».
Anche non urlata, uno dei suoi obiettivi: «Cerco di imbastire una discussione vivace ma nel rispetto delle opinioni di tutti – spiega la conduttrice -, mi impegno a evitare la rissa (che va per la maggiore nella tv italiana) e ad arginare il tasso di animosità, punto sulla qualità del ragionamento». Ex volto storico del Tg1, ex parlamentare europea in quota Pd, «ci prova», anche ad essere imparziale: «L’obiettività dovrebbe essere una meta da raggiungere, altrimenti l’informazione è faziosa e di parte». E i telespettatori sembrano apprezzare: raddoppiati gli ascolti dopo il primo anno, in questa terza edizione «Otto e mezzo» ha una media di un milione e mezzo di persone (5,5% di share).
Vespa, Santoro, Floris e Vinci: i talk di informazione tra prima e seconda serata non mancano: «Per principio non do pagelle, tutti hanno una loro cifra stilistica e non sono paragonabili, ma non butterei mai dalla torre né Lerner né Santoro».
Vespa, Santoro, Floris e Vinci: lei è l’unica donna ad avere un talk politico in prima serata: «La tv italiana è maschilista anche se La7 ha dimostrato di essere all’avanguardia, è una rete che crede nella sua vocazione sperimentale. Per il resto basta vedere le cifre: l’unico direttore di telegiornale donna è Bianca Berlinguer al Tg3. Ma in fondo la tv è solo lo specchio di quello che avviene nel Paese dove le donne stanno sempre fuori dalla stanza dei bottoni. Per questo sulle quote rosa mi sono ricreduta. Quote rosa non significa che tra uno bravissimo e un’asina, si privilegia l’asina, ma che a parità di curriculum le donne vengano premiate. Sarebbe un vantaggio per il Paese».
Su chi sia il politico più ostico Lilli Gruber non ha dubbi: «Silvio Berlusconi, perché non è mai venuto nonostante l’abbia invitato diverse volte, anche personalmente. Comunque lui raramente partecipa ai contraddittori».
Inevitabile parlare degli editoriali di Minzolini, ma la riposta è gattesca: «Vado in onda subito dopo e il Tg1 non lo vedo quasi mai». Però sul Tg1 tira fuori le unghie: «Per tanti anni il Tg1 delle 20 è stato un appuntamento istituzionale. Io ho avuto la fortuna di condurlo quando il direttore era Rossella e faceva il 40 per cento di share. Il Tg1 è sempre stato leader, mentre ora è al 23 per cento. Al posto di Minzolini mi farei qualche domanda».
Renato Franco
Renato Franco
15 ottobre 2010
http://www.corriere.it/esteri/10_ottobre_14/minneapolis-donne-marzo-mian_5d1aa950-d7c1-11df-8fad-00144f02aabc.shtml
DA “IO DONNA” – una metropoli fatta a misura delle mamme che lavorano
Minneapolis, la città che ama le donne
Aziende con clinica e sala massaggi. Ogni due isolati un parco. Stipendi “da uomini”e quasi zero crimini
Pensi che, se uno scandinavo decide di emigrare, sceglie un posto al caldino. Invece svedesi, finlandesi e norvegesi, quando raggiunsero l’America nell’Ottocento, anziché piazzarsi in Florida sotto le palme, seguirono il richiamo della tundra. E salirono quassù nel Grande Nord semiartico, perché, come dice a Io donna la comandante del primo distretto di polizia di Minneapolis, Kris Arneson «per qualche ragione i nostri precetti luterani funzionano meglio sotto zero».
Primo indizio, dunque, per scoprire il segreto di Minneapolis: se è stata incoronata “la città ideale per le madri che lavorano” (classifica di Forbes del 2010) è anche perché ha robuste radici scandinave. Vuol dire che questa gente, in qualunque luogo (purché freddo) si acquartieri, produce una società evoluta a misura di donna. L’area metropolitana di Minneapolis con i suoi 3,5 milioni di abitanti, comprende anche la città di St. Paul, che è la sede del governo del Minnesota: “Twin Cities”, città gemelle, le chiamano; ma passare da Minneapolis a St Paul – una protestante, progressista e dinamica, l’altra cattolica, tradizionale e stantia – vuol dire fare un salto indietro di decenni.
Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne Minneapolis, la città che ama le donne
Dicono che a Minneapolis si pecca e a St Paul ci si confessa – ma è vero solo se per peccato s’intende lavorare troppo, perché i minneapolitani, quando gli chiedi la ragione del vasto campionario di primati collezionati dalla loro città, compreso quest’ultimo che ci ha portati qui a curiosare, rispondono per prima cosa: «Hard working», lavorare duro. E quando lo dicono, felici come un italiano il venerdì pomeriggio, vedi che per loro sgobbare è proprio una goduria.
Ma il riconoscimento di Forbes – Best Us city for working mothers (l’anno scorso era New York) – è il risultato di molti fattori positivi incrociati e appare quasi scontato se si pensa che qui, come dice la presidente del Consiglio comunale, Barbara Johnson «da almeno dieci anni non esiste più una questione femminile. Nel 1998 abbiamo avuto la prima donna di colore sindaco di una grande città americana. A Minneapolis la parità è cosa acquisita. Se trova una femminista in città mi butto nel Mississippi».
Il Grande fiume è appena nato poco più a Nord ed è gia grande, attrezzato per il lungo viaggio che lo porterà nel Golfo del Messico, quasi quattromila chilometri; come se nell’attraversare l’energetica Minneapolis, principale centro economico tra Chicago e Seattle, (unica città negli Usa ad aver abbassato il livello di disoccupazione in questi due anni di crisi), acquisisse la forza per compiere l’impresa. Dismessi e riconvertiti in residenze per artisti i vecchi stabilimenti per la lavorazione dei cereali, le sponde del fiume sono impreziosite da architetture di Frank Gehry (il museo dell’Università del Minnesota) e di Jean Nouvel (il Guthrie Theater). Quasi a simboleggiare il ruolo centrale della cultura nella vita di Minneapolis, uno dei fattori che secondo gli esperti qualificano una città “women friendly”.
CULTURA – Minneapolis è seconda solo a New York per numeri di posti a sedere a teatro pro capite ed è stata definita da Newsweek la città più colta d’America per numero di librerie, libri venduti e pubblicati. Soprattutto è un hub artistico per il Midwest – gallerie, atelier e musei – che compete con Chicago. Al Minneapolis college of Art and Design il 70 per cento degli iscritti sono ragazze che arrivano qui perché poi trovano lavoro. Come Emily, 22 anni, californiana: «Mentre studio sto già collaborando alle campagne di Target, che ha il quartier generale a Minneapolis. Molte mie amiche hanno incarichi per disegnare siti web per grosse aziende oppure curano il brending e l’immagine di enti pubblici e no-profit». Racconta che locali, pubs e librerie hanno siglato un impegno per esporre le opere di giovani artisti. «C’è un mix incredibile di etica del lavoro e creatività. Perfetto per le donne» dice. «E poi gli stipendi: qui una donna guadagna una media di 800 dollari alla settimana, contro i 620 del resto degli Usa e solo il 10 per cento in meno degli uomini».
LA RETE – Negli Stati Uniti sono solo il 15 per cento le donne nei consigli d’amministrazione. A Minneapolis sono il 35 per cento. Come mai? «Per molte ragioni, ma soprattutto perché qui fanno rete» dice Lili Hall, amministratore delegato e presidente della Knock, società di branding e pubblicità con una crescita del 40 per cento l’anno (tra i clienti Luxottica, New Banance, Target). «Qui sono nate organizzazioni femminili nazionali e di lobbing come “Women in the Board room”, oppure “Women Venture”, che consiglia, sostiene e finanzia donne che vogliono iniziare un’attività». A Minnapolis hanno inventato il certificato Wbe, (Women’s business Enterprise) che consente agevolazioni fiscali e altri vantaggi per le società avviate da donne se provano di aver cominciato con soldi propri. Julia Snow, uno dei pochi architetti donna americani a guidare un grosso studio (ha appena ottenuto l’incarico di rifare tutti gli edifici federali nei posti di confine) fa parte di un club molto potente in Minnesota, la Women economic Roundtable: «Professioniste che s’incontrano per fare affari». Julia dice che ha capito che la parità a Minnapolis era un obiettivo raggiunto quando ha visto crescere il numero delle clienti: «Donne che si fidano delle donne, non accade ovunque».
SICUREZZA – Una città che ama le mamme è una città sicura. Minneapolis, con soli 216 reati ogni 100 mila abitanti, ha stracciato tutte le concorrenti. Nel 2008 ci sono stati dieci omicidi ogni 100 mila persone, nel 2009 solo quattro. «È il risultato di una cooperazione tra noi, 250 poliziotte, e i comitati di quartiere» dice l’ispettore Kris. Gli 81 quartieri di Minneapolis hanno potere esecutivo, di spesa e anche di sicurezza. Le poliziotte incontrano i responsabili ogni mese, controllano che anche le zone più periferiche siano illuminate. Segnalano al consigliere comunale per Sicurezza e Qualità della vita, Elisabeth Glidden, i casi di minori a rischio che verranno cooptati per lavori di pubblica utilità: «Il 39 per cento delle donne è impegnato nel sociale, con una media di 44 ore di volontariato l’anno a testa» dice Elisabeth.
BUON VIVERE – Ogni mamma di Minneapolis ha un parco nel raggio di trecento metri. E ogni cittadino possiede” 72 metri quadrati di verde. A qualsiasi ora del giorno, lungo i 26 laghi che bagnano la città, vedi mamme sui pattini o di corsa che schizzano a tutta birra spingendo una carozzina. «Il sistema di trasporto è pensato per le donne» spiega il sindaco R.T. Rybak. «Non devono superare i 25 minuti per raggiungere il posto di lavoro ». Dei diecimila abitanti che ogni giorno vanno in ufficio in bici, le cicliste sono il 60 per cento. L’imprinting scandinavo non si smentisce alla voce tasse, le più alte degli Usa. Con effetti soprattutto sul servizio sanitario pubblico: dei sette ospedali metropolitani, quattro figurano tra i primi 20 del ranking nazionale. E l’Hennepin County Medical center, frequentato da operai e milionari, è stato premiato lo scorso anno come il miglior posto negli Usa dove partorire.
Ovvio che poi le aziende fanno a gara per coccolare le dipendenti. Vince da anni la General Foods, colosso dell’alimentare. Nel quartier generale (tremila impiegati e 4.400 opere d’arte contemporanea appese anche nei bagni) abbiamo visitato una vera clinica della prevenzione, con medici, dentisti, ottici. Sala massaggi, estetista, psicologa, nido aziendale. E naturalmente centro fittness: «Una donna non può avere successo se non si sente bella e in forma» dice la dottoressa Julia Halberg, appena tornata da un tour di conferenze all’estero. Dove, in Italia? «No, in Svezia».
Marzio G. Mian
14 ottobre 2010