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La soggettività femminile nel momento in cui si è riusciti a far accettare dall’opinione pubblica che a lei è deputata la definizione del bene e del male, la classe dominante e i nuovi e vecchi governanti hanno colto l’occasione per operare una automatica trascrizione delle istanze della soggettività femminile in leggi prescrittive di comportamenti maschili. Un meccanismo formidabile per operare e legittimare politiche di repressione che consentano di mantenere il dominio nei momenti di maggior crisi.
Come funziona?
La soggettività femminile è per l’appunto soggettiva, ovvero il suo contenuto è definibile arbitrariamente, e siccome risulta che le donne tendono ad esprimere oggi una illimitata richiesta di “diritti” cui corrispondono simmetricamente altrettante prescrizioni verso il comportamento maschile, ecco che la soggettività femminile è diventata il pozzo da cui estrarre a piacere ogni norma prescrittiva verso i maschi. Già di per sé queste prescrizioni configurano una normatività a carattere repressivo in quanto nascono unilateralmente dalla soggettività femminile ben diversa da quella maschile.
Successivamente, sulla base di questa continua richiesta prescrittiva, si inserisce da parte del potere la definizione di ulteriori prescrizioni con finalità repressiva e con carattere di legge. Le une e le altre infatti godono poi di un veloce ed agevolato percorso parlamentare per cui diventano immediatamente leggi dello Stato e in quanto tali entrano a far parte e ad arricchire il dispositivo repressivo a disposizione del sistema di dominio e di qualunque politica repressiva e svolta autoritaria. E’ a causa di questo processo che la legislazione nei paesi occidentali assume di giorno in giorno sempre più il carattere di legislazione speciale ovvero finalizzata a normare i comportamenti di un solo genere, quello maschile, sulla base delle esigenze soggettive dell’altro genere.
Riformulando la tesi su esposta con altre parole, la soggettività femminile, nella sua infinita capacità di definire e imporre i suoi desiderata come bene assoluto e quindi trasformarli oggi in diritti e poi in leggi che normano i comportamento maschili (ricordo il reato di sguardo impudente a fronte della richiesta della soggettività femminile di essere guardate correttamente da cui il diritto allo sguardo corretto e il conseguente reato, oppure il reato di sesso a pagamento, le innumerevoli violenze/reato a “canone ricerca ISTAT”, ecc., cc.) , è dunque per il potere la fonte di definizione e legittimazione di qualunque arbitrio da tradurre poi in normativa repressiva finalizzata a liquidare ogni insorgenza che storicamente è solo maschile.
Sempre le politiche repressive e le svolte autoritarie hanno richiesto la individuazione e definizione di un ambito indefinito che costituisse la fonte socialmente condivisa di definizione del bene e del male da cui trarre un potenziale illimitato di prescrizioni e simmetriche accuse che si ponessero a fondamento della propria legittimazione. Dall’attentato alla purezza della razza all’accusa disfattismo, ecc. ecc.
Questo ambito oggi è stato individuato nella soggettività femminile così come viene teorizzata ed agita dalla lobby che si riferisce all’ideologia femminista. Questa tipologia di reati indefiniti ed illimitati, es. l’offesa alle donne recepito nella legislazione come reato di violenza, sono pericolosi presupposti di una politica liberticida e nella Storia il presupposto di internamenti arbitrari e di massa e di una conseguente politica di terrore.
Come non preoccuparsi delle violentissime quanto pretestuose campagne sessiste contro il genere maschile condotte persino in prima persona dalle più alte carico dello Stato? Campagne pretestuose, ma che si traducono immediatamente in leggi speciali. E ancora: sono forse pretesto per quale reale ma occulto progetto o inconfessata disponibilità?
La soggettività femminile che ha iniziato il suo cammino nella Storia dichiarandosi libertaria e promettendo libertà per tutti, si sta concretando come suo opposto, come fonte della legittimazione dell’arbitrio e della violenza del potere contro il genere maschile a fini di conferma del proprio dominio, ed il potere è pronto a ripagare profumatamente il favore.
Dal futuro ci si può aspettare di tutto se realisticamente lo interpretiamo alla luce della Storia passata. La speranza e l’impegno perché possa essere ben diverso, impone progetti e desideri nella certezza che sarà un futuro di maggior giustizia, libertà e benessere per tutti, ma legittima anche l’esercizio di trarre dalle linee di tendenza del presente anche le possibilità più nere, e grazie al Cielo anche più assurde. Tutti noi, come sentinelle, scrutiamo il futuro per scorgervi la luce dell’alba di vita nuov, ma è bene, perché non si ripeta, ricordare il passato e porsi pure le domande improponibili.
Ed infatti per quanto assurde così da sembrare folli ci sono domande nuovissime che nascono da un presente altrettanto nuovo che suggerisce anche scenari di fantapolitica: ci saranno ancora i campi di concentramento/rieducazione? e per chi potrebbero essere costruiti? E non potrebbero nascere campi di concentramento/rieducazione di “genere” dall’espansione illimitata della soggettività femminile in diritto e poi in legge sotto l’attenta regia di un potere repressivo e violento che li userà ai propri fini? L’estensione illimitata di leggi speciali per la repressione del genere maschile in quanto tale potrà portare a carcerazioni di tale estensione? Non ci sono forse già presenti tratti di questa terribile realtà nella popolazione maschile carcerata per reati definiti in base alla soggettività femminile? E l’incubo che all’ingresso possa esserci l’iscrizione: “Die Frau macht frei” resterà senz’altro un incubo?
5 Commenti
Invito tutti a riflettere attentamente dopo aver letto questo articolo di Cesare che accende i riflettori su un non impossibile futuro scenario.
Fantapolitica? Non lo so, a me sembra purtroppo non così lontano dalla realtà…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
In Francia la legge vieta ad un uomo incerto sulla vera paternità del figlio di ricorrere al test di paternità, con pena anche carceraria, ed anche se lo fa all’estero. Al contrario, un uomo può essere obbligato su richiesta di lei a sottoporsi al test di paternità.
Ciò che Cesare ipotizza è già realtà.
armando
ARMANDO(Quota) (Replica)
…e che ce frega a noi?!
Mica siamo francesi….
Rino DV(Quota) (Replica)
Rino cita la conclusione cui giunsero in tanti nella Storia quando la tempesta si stava abbattendo sulle case degli altri e lontane. Non corsero in aiuto, non diedero l’allarme, e furono spazzati via. Sta già succedendo e succederà di nuovo.
Eppure lo schema non cambia ed è riconoscibile per la “rivoluzione femminile” come per altri movimenti che da “rivoluzionari” sono finiti a minacciare e gestire galere per conto terzi: un potere in crisi le coopta concedendo una “emancipazione” dall’alto. Spesso addirittura imponendola. Poi le/li impiega come ascari al proprio servizio. E tutto resta come prima, anzi peggio. Prova ne è che questa partecipazione femminile al potere non porta altra novità che il medesimo potere col volto anche di donna. Puro maquillage. Nulla che possa essere riconosciuto come contributo innovativo alla gestione dol potere. Eppure dalla specificità femminile ci si aspettava qualcosa di bello e importante: non si è visto nulla.
Qualche assessora, come al Comune di Milano, ha dato il meglio di sè e si è compiaciuta di sostituire il termine papà e mamma con genitore A e genitore B, dimenticandosi che tanta novità era già stata espressa nei campi di concentramento e sterminio tedeschi nei quali ogni riferimento concreto alla persona era vietato e sostituito con un numero. Il potere da sempre odia che gli si contrappongano persone individuate da una precisa identità. E a Milano giustamente una mamma, di fronte all’imposizione di negare la propria identità firmando sotto genitore A o B, ha cancellato il tutto sovrascrivendoci la parola mamma. E mi viene in mente una ragazza che al momento di ricevere sul braccio l’attribuzione del numero di identificazione imposto nei campi di concentramento, improvvisò un passo di danza, unico modo per affermare la propria personalità: era una ballerina. Fu abbattuta da una raffica di mitra.
Ecco appunto:c’è un vento che annuncia ritorni orrendi mistificati da una veste nuova.
cesare(Quota) (Replica)
cesare,
Caro Cesare, da qualche mese sei in grandissima, direi splendida forma…
Sarà una nuova e rinnovata energia, l’incontro con (non casuale) Uomini Beta, la tua grande lucidità di analisi…sia quel che sia…sta di fatto che il tuo contributo negli ultimi tempi è straordinario…
Naturalmente questo tuo post deve essere trasformato in un vero e proprio articolo (lo faccio subito)…
Lo stesso invito lo faccio a Rita, che si limita (si fa per dire…) a commentare, e invece sarebbe importantissimo avere la sua firma sul sito.
Vale per tutti, sia chiaro, chiunque ne abbia voglia può cimentarsi. Qui contano le idee, non la grammatica (che comunque è sempre più che dignitosa per tutti…)…,Poi, volendo, siamo sempre in tempo a dargli un’aggiustatina”, qualora ce ne fosse bisogno… Ma insomma, ci siamo capiti…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)