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Apprendiamo da un articolo pubblicato sulla Stampa dell’11/04/2010, a firma di Gian Antonio Orighi, che il Ministero per l’Eguaglianza spagnolo ha lanciato la campagna “educando nell’eguaglianza” (www.educandoenigualdad.com) che punterebbe a destrutturare la visione patriarcale e maschilista della società contenuta nelle favole che vengono normalmente raccontate ai bambini e alle bambine, quali Cenerentola, La Bella Addormentata nel bosco, Cappuccetto Rosso e altre. A questo scopo è prevista la distribuzione nelle scuole di 42.000 opuscoli per gli insegnanti, dove queste fiabe vengono rilette e rivisitate in modo tale, questa la versione ufficiale, da smontare i messaggi da sempre maschilisti che vi sono contenuti.
“Il nostro opuscolo vuole cercare favole non sessiste, visto che fiabe come quelle di Charles Perrault sono di solito piene di stereotipi”, ha spiegato Laura Seara, direttrice dell’Istituto della Donna , presentando l’iniziativa. “E quasi tutti – ha sottolineato – collocano le donne e le bambine in una situazione passiva, in cui il protagonista, generalmente maschile, deve realizzare diverse imprese per salvarle”.
Non solo, il Minculpop femminista-zapaterista si è preoccupato di sfornare anche una nuova fiaba, “La Principessa differente” (ma guarda un po’…) la cui protagonista si chiama Alba Aurora. La storia è più o meno questa.:”C’era una volta una principessa di nome Alba Aurora, delicata ed amabile ma anche molto agile e sportiva e a cui piaceva scalare montagne e fare camping in spiaggia. Un bel giorno bussò alla sua porta un principe azzurro che la voleva salvare da un orco o da un mago malvagio intenzionato a farle del male”. E qui arriva la sorpresa che lascia tutti di stucco (grandi e piccini). “Qui non ci sono maghi cattivi né orchi – risponde la principessa già “liberata” – e se anche ci fossero sarei in grado di liberarmene da sola, non ho certo bisogno del tuo aiuto”. Il principe, a quel punto, con fare da cane bastonato, se ne torna sui suoi passi, mesto e scornacchiato. Ma proprio in quel momento la principessa “liberata” lo chiama e gli propone di fare un bel viaggio insieme alla Grande Muraglia. Lui accetta entusiasta, lei lo prende per mano, lo fa ballare e lo abbraccia. Dopo di ciò saltano in moto e partono per la Grande Muraglia, come buoni amici…Non è dato sapere se vivranno felici e contenti oppure se lungo il cammino la principessa lo smollerà per qualcun altro più divertente e simpatico di lui o magari un po’ meno romantico…
La domanda che sorge spontanea è la seguente. Se tanto mi dà tanto perché non essere coerenti e conseguenti e non mettere mano anche a tante altre opere letterarie che si fanno studiare ai ragazzi alle scuole medie?
Potremmo cominciare a rileggere e a riscrivere, ad esempio, i grandi poemi omerici, perché no, L’Odissea, L’Iliade, o anche l’Eneide, oppure ancora Giulietta e Romeo. Perché non dovremmo farlo?
Prendiamo ad esempio l’Odissea, che ho studiato quando avevo si e no dodici o tredici anni e di cui ero personalmente appassionato. Se proviamo a porci dal punto di vista femminista non possiamo che ravvisare dei contenuti altamente maschilisti in quel grande poema.
Potremmo provare a ripensarlo, che ne dite? Ci vogliamo provare?
Ulisse, che tutti noi da ragazzini immaginavamo come un grande leader e guerriero, uomo dal multiforme ingegno, capace di grandi imprese, innamorato della conoscenza, amante dell’esplorazione e dell’avventura, timorato degli dei ma pur sempre irriducibilmente e fieramente Uomo al punto di rifiutare l’immortalità, in realtà non era nulla di tutto questo.
Ma chi era allora Ulisse in verità? Quali erano il suo vero volto e la sua vera natura? Presto detto. Era un irresponsabile a cui piaceva vagabondare per il mondo a scoparsi questa e quell’altra, millantando imprese eroiche per cercare di far colpo sulle malcapitate, sicuro del fatto che tanto a casa c’era quella cogliona di sua moglie Penelope che lo aspettava. Per lo meno questo era ciò di cui lui era convinto …Ma le cose erano messe proprio in questo modo?
Sembrerebbe proprio di no, alla luce della Nuova Odissea, rivisitata e corretta.
E allora un bel giorno il nostro ex eroe, decide di tornare a casa ma, con grande sorpresa, trova che la sua reggia è stata adibita a luogo di feste, canti, balli e sedute di autocoscienza femminile. E indovinate un po’ chi è l’animatrice di tutto ciò? Naturalmente la nostra Penelope la quale, nel frattempo, si è risposata per ben due volte con due Pretendenti, dopo di che li ha smollati entrambi non senza essersi cuccata le loro case e pure un vitalizio (perché nel frattempo lei, regina di Itaca, ha cambiato le leggi in favore delle donne). Ora se la fa con il più giovane dei Proci, ha una ventina d’anni meno di lei, ma è solo il suo amante; d’altronde, dopo tre matrimoni alle spalle ne ha abbastanza. E poi ormai, che senso avrebbe sposarsi per l’ennesima volta, meglio godersi la libertà, tanto più che Telemaco, suo figlio, è ormai adulto, ha preso la sua strada e ha dimenticato completamente il padre…
Al “povero” Ulisse, cornuto e mazziato, non rimane che tornare sui suoi passi e meditare sulle scelte fatte nella sua vita. “Che fare? Si domanda il nostro. “Tornare dalla bella e giovane Nausicaa? Figuriamoci, quella avrà sicuramente cominciato una carriera da Principessa, figurati se si accolla un vecchio rudere come me, ha ben altro a cui pensare…”.
“La maga Circe? Quella ne ha cento in fila, e io sono stato così fesso da mollarla”. “Forse l’unica soluzione – continua a chiedersi il meschino – potrebbe essere quella di fare una bella autocritica, in fondo con le nuove leggi in vigore a Itaca un piccolo spazio per un maschio-maschilista-pentito, si può trovare. In fondo Penelope era una donna comprensiva…
Che ne dite? Potrebbe funzionare come storia? Potremmo rieducare milioni di giovanissimi italiani grazie ad un saggio utilizzo di questo grande poema, una volta depurato di tutto il pattume maschilista di cui lo aveva infarcito quel vecchio vizioso di Omero. Vogliamo provare a proporlo alla nostra Ministra per le pari opportunità? Così scavalca pure a “sinistra” la sua collega spagnola. Sai che scoop!…
Fabrizio Marchi
229 Commenti
Faccio presente che la tua “versione” dell’Odissea la immaginò già Licofrone, poeta alessandrino, che immaginò una Penelope molto più disinibita con i Proci mentre Ulisse se ne stava in giro per il Mediterraneo.
Ma l’Odissea è forse proprio il poema che ha meno bisogno di venire “riscritto”: di bei personaggi femminili autonomi e forti ce ne sono già così. Penelope che per 20 anni si regge un regno da sola ed educa da sola un figlio, facendo fare la figura degli idioti ai Proci con l’inganno della tela e che quando Ulisse torna, invece di scondinzolargli incontro, lo sottopone ad una prova di astuzia per controllare che sia davvero lui e non un avventuriero (tosta, Penelope, il che spiega perché Ulisse, che non è affatto uno scemo, abbia voluto con tanta insistenza tornare da lei!).A Circe che vive da sola, sa difendersi benissimo, e si prende Ulisse come amante occasionale, lasciandolo poi andare via senza troppi rimpianti, perché, appunto, è una dea e di uomini ha la fila; a Elena, che, tornata in patria dopo tutto il casino combinato con Paride, si è riappropriata del suo ruolo di regina e tiene in riga Menelao ed il regno (si dimentica sempre che è Elena la regina di Sparta; Menelao è solo il suo principe consorte); ad Atena che mette in riga il padre Zeus e lo costringe a porre fine alle sventure di Ulisse… no, l’Odissea, credimi, lasciamola così.
Ci sarebbe anche un altro insegnamento finale tratto dalla rivisitazione dell’Odissea. Ulisse fa strage dei Proci in quanto maschio/padrone, incapace di assumere la libertà femminile di Penelope. Prima o poi ci arriveranno alla riscrittura dei poemi. Già hanno scritto che, udite udite, Omero e Fhakespeare fossero in realtà femmine. A tanto arriva la stupidità, che tuttavia non è per niente da sottovalutare nel suo impatto psichico sull’autostima maschile ed anche sulla conoscenza del passato vero, non di quello che si inventa di volta in volta per compiacere le idee dominanti.
Comunque la situazione è in movimento. Scrivevamo nei commenti ad un altro articolo che tutti siamo in flusso la cui direzione è orientata dalle idee dominanti. Bene, ma i flussi possono anche cambiare direzione lentamente. E’ di ieri la notizia (fonte Corriere della sera) che in Usa è nata la Foundation for mens studies, un’associazione di studiosi seri che si propone di rivalutare il genere maschile. E’ sua intenzione raccogliere 2 milioni di dollari per finanziare corsi di laurea in Studi maschili, sulla falsariga dei gender’s studies femministi che tanta parte hanno avuto nello spingere alla criminalizzazione del genere maschile.
E’, mi sembra, un’ottima notizia e segno anch’essa di un risveglio, di un inizio di presa di consapevolezza maschile. Tanto che inizia da subito a rendere inquieti i e le radical chic. L’articolo sul Corriere è a firma di M.L.Rodotà, ed è infarcito di sarcasmi e ironie. Buon segno, anzi ottimo.
armando
Ma la musica non cambia.
Gli uomini a morire e a spezzarsi la schiena nei lavori duri e usuranti, gli uomini a morire e nelle squadre di soccorso durante le sciagure naturali per salvare le persone(e quindi anche donne), gli uomini a morire per lasciare la precedenza alle donne: “prima le donne e i bambini”.
Questo per il quaraquaqua Zapatero, vuol dire che le donne “se la cavano da sole”.
Cenerello
C’era una volta un giovane adolescente, molto carino ma timido e senza un quattrino. Veniva deriso dai bulli e le ragazze si divertivano a trattarlo come zerbino.
Un giorno la figa della scuola, a cui piaceva ma era indispettita perché timido e senza un quattrino: con i suoi accoliti bulli si misero a prenderlo in giro. Mentre veniva picchiato e deriso, ad un tratto una donna bellissima vestita come la corsara nera dei fumetti porno: mise fuori uso i bulli con la spada e la figa della scuola in fuga a calci nel sedere.
La corsara rosa caricò sulla sua nave pirata
cenerello sfigatello e da quel giorno fotterono felici e contenti.
Mi verrebbe da rispondere in modo molto dissacrante.
Credo sia tutta una boiata…La Storia è piena di figure femminile toste e vincenti al pari degli uomini. E tante volte basta anche leggere tra le righe. Forse le favole e le storie andrebbero raccontate diversamente è questo il punto. Ritengo tutto ciò un inutile stravolgimento, un caotizzare senza senso.
Questa eterna gara è inutile, lo ribadisco, bisogna non solo saperla leggere una ‘cosa’ , ma anche raccontarla.
Ragazzi, fantastico, l’Eterno Ritorno di Galatea (che salutiamo con piacere)…
Allora aveva proprio ragione la buonanima di Nicce (come lo chiama il nostro Rino)…sono già tornate Lameduck e Chiara di Notte, e ritorneranno ancora, nonostante le valanghe di pernacchie e insulti di cui ci hanno fatto dono (e per la verità anche sul sito di Galatea non ci hanno fatto lo sconto…). Ma è acqua passata. Per lo meno, speriamo che lo sia…Comunque, dicevano, ritornano e torneranno ancora, abbiate fiducia. Sembra una vecchia canzone di Bruno Lauzi…
E’ più forte di loro, il nostro silenzio, o meglio il nostro “non ti curar di lor”, le induce a venire sul nostro sito a sfrucugliare…in qualche modo ce la devono cantare …non ce la possiamo cavare così, come se nulla fosse…
Dobbiamo però onestamente dare atto a Galatea che lei è posizionata su ben altri livelli rispetto alle altre due (e anche ad altri personaggi e personaggetti che circolano sula rete). Non foss’altro che per la sua cultura e anche per il garbo che dimostra quando si rivolge a noi direttamente (un pochino meno, per la verità, quando parla di noi non in nostra presenza…).
Naturalmente accogliamo con favore la sua critica puntuale e ironica che del resto fa pendant con la nostra…
A nessuno di noi, la rassicuro, è saltato per la mente di poter mettere le mani (e la penna) su un poema così bello.
Non avrei però la stessa certezza che hai tu, cara Galatea, sulla ministra spagnola per le pari opportunità (e non solo su di lei)…
Quella (e quelle/i) sarebbero anche capaci di censurare” Topolino” per manifesto sciovinismo maschilista…Naturalmente non senza prima aver dissotterrato i resti di Walt Disney dal cimitero delle vecchie glorie americane e averli gettati in un prataccio anonimo della più anonima periferia di una qualsiasi megalopoli americana. Ma questo è il rischio dei grandi…
Fabrizio
“Credo sia tutta una boiata…La Storia è piena di figure femminile toste e vincenti al pari degli uomini. “
Ma le donne non sono state sempre relegate e schiavizzate, forzate ai margini della società dagli uomini oppressori che hanno sempre impedito loro di esprimere il loro potenziale salvifico e intellettuale?
E com’è che essere “toste e vincenti” è seguito automaticamente dalla frase “come gli uomini”, mentre in altri contesti le donne “sono diventate violente e prevaricatrici perché si sono adeguate agli uomini”?
A sentirvi, affermazioni reciprocamente incompatibili sono entrambe vere contemporaneamente.
Decidetevi, una buona volta.
Anzi, no, usate pure l’una o l’altra delle coppie opposte di verità universali sulla storia umana a seconda del contesto e di cosa vi preme puntualizzare momento per momento.
Ma siccome a casa mia il bianco non può essere contemporaneamente nero, sappiate che d’ora in poi tutte queste argomentazioni verranno mentalmente sbianchettate da qualsiasi discorso si stia svolgendo e non ne influenzeranno in alcun modo la direzione.
Il gioco ormai è trasparente e non inganna più nessuno.
@Marco Pensante
Scusami, ma dove sarebbe la contraddizione? Ti risulta io mi sia mai schierata a favore di un genere anzichè di un altro? Al massimo ho diviso i torti…
Non mi sono risparmiata nell’evidenziare i difetti della mia appartenenza, cosa assai rara sia da una parte che dall’altra degli schieramenti…
La Storia ti piaccia o meno racconta di donne forti, dominatrici, sagge e anche spietate. E allora?
Io non sono con Zapatero su questa questione, la ritengo una minchiata assurda. E a ben vedere Biancaneve aveva ben sette zerbini tutti per lei, se alla favola vogliamo dare una chiave di lettura diversa.
Una storia ha diverse interpretazioni, dipende da chi la racconta anche…Vogliamo parlare di Cappuccetto Rosso, della Bella e la bestia, di Lady Oscar?.
Altro che sesso debole…
Io non sono andata fuori tema…mi sono attenuta al post e forse ti sfugge che sulla questione vi sto dando ragione. Mah!
Perché, mi ignoravate? Non me n’ero accorta. Strano, perché continuavo a trovare commenti di vostri frequentatori sul mio blog, alcuni dei quali si prendono la briga anche di scrivere cose poco gentili in blog terzi…
Di solito intervengo quando ho qualcosa da dire, e quindi l’Odissea mi stuzzica per il ricordo della mia formazione da antichista, ma devo ammettere che leggere il vostro sito mi diverte, soprattutto perché pare proprio che non riusciate a immaginare che le donne, come gli uomini, hanno tutte una loro particolare visione del mondo, mentre sembra che per voi tutte siamo delle veline, delle virago o le parodie delle peggiori femministe da operetta. Si vede che siete particolarmente sfortunati, se incontrate solo donne di quel tipo.
Comunque, ammesso che le tirate di Armando siano rivolte a me, ti informo che Ulisse, per i suoi tempi, del “maschio padrone” non aveva proprio nulla: la coppia che forma con Penelope è sorprendentemente moderna: le si rivolge sempre con grande rispetto, soprattutto quando torna dopo anni di esilio, e ha preferito sposare lei piuttosto che Elena di Sparta, di cui originariamente, nel mito, era andato a chiedere la mano, ma che scarta subito non appena conosce la meno appariscente ma più affascinante e intelligente cugina: Penelope, appunto. Tra l’altro, Ulisse neppure per un momento mette in dubbio che, lui assente, a Penelope sola spettasse il diritto di governare su Itaca: a lei aveva lasciato il comando, non al padre Laerte, che era troppo vecchio. Sono, da questo punto di vista, una coppia saldissima ed improntata su una straordinaria parità, vista l’epoca.
Quanto all’ipotesi che l’Odissea sia stata scritta da una donna, è stata avanzata in passato, per altro ripresa anche da un romanzo di Robert Graves. E’ ovviamente indimostrabile e non ha avuto gran successo nella critica letteraria ufficiale, anche se le confraternite di aedi potevano comprendere anche delle cantrici, e in Grecia esistevano in epoca arcaica fior di poetesse (Saffo, ma anche la più tarda Corinna), quindi non si può assolutamente escludere che l’Odissea possa aver attinto anche da materiale composto magari originariamente da donne.
L’idea di “studi maschili” mi fa deprimere come l’idea di “studi femminili”: la Storia, se vuole essere fatta bene, non può partire da tesi precostituite o con già in testa cosa deve dimostrare: sennò non è storia, è ideologia.
E quanto alle nuove favole, per carità, via a Cenerentolo, che è carina. Del resto già i bambini di adesso preferiscono quelle più moderne, tipo Shreck, dove le principesse si salvano da sole, snobbano i principi Azzurri fatui e si sposano gli orchi simpatici ancorché un po’ sovrappeso. Aggiornatevi anche voi, ragazzi.
Armando
“Già hanno scritto che, udite udite, Omero e Fhakespeare fossero in realtà femmine. A tanto arriva la stupidità, che tuttavia non è per niente da sottovalutare nel suo impatto psichico sull’autostima maschile ed anche sulla conoscenza del passato vero, non di quello che si inventa di volta in volta per compiacere le idee dominanti.”
Non solo: c’è pure chi sostiene che fu Mileva e non Einstein a formulare la Teoria della Relatività.
Gran brutta bestia l’invidia…
_________________________
EINSTEIN
Lo scienziato e il personaggio,
dalla relatività speciale alla ricerca
dell’unificazione della fisica
(Prima edizione: marzo 2004).
di Pietro Greco.
Pag. 35:
Gli anni del Politecnico sono anni felici per Albert, anche perché la famiglia si è sottratta al gorgo delle difficoltà economiche. Il corso di studi, liberamente interpretato dal giovane apolide, si conclude nel mese di agosto dell’anno 1900.
Quando Albert Einstein sostiene l’esame finale. I voti (espressi da 1 a 6) sono buoni, ma non sono il massimo: 5 in fisica teorica, fisica sperimentale e astronomia; 5,5 in teoria delle funzioni; 4,5 per un saggio sulla conducibilità termica. Il fatto è, scrive Abraham Pais, che le prove universitarie effettuate secondo schemi imposti da altri sono per lui autentiche prove del fuoco [Pais, 1986]. Albert non le sopporta. Gli ci vorrà un anno per riprendere il gusto della fisica, dopo l’esame finale al Politecnico di Zurigo. Esame in cui, peraltro, risulta bocciata una studentessa a lui molto cara, Mileva Maric.
Mileva ha un curriculum universitario di tutto rispetto. Nel corso di ciascuno degli anni accademici ha ottenuto voti migliori di quelli di Albert. E anche all’esame finale i voti sono discreti, tranne che in matematica. Un’insufficienza che risulta determinante. Mileva ripeterà l’esame l’anno successivo e di nuovo sarà bocciata. Dopo di che rinuncerà per sempre.
Molto si è detto del ruolo decisivo quanto misconosciuto che avrebbe avuto Mileva nella elaborazione da parte di Albert della teoria della relatività ristretta, di lì a cinque anni [Highfield, 1993]. In realtà, nessun documento fa emergere questo ruolo. Nell’epistolario Einstein-Maric 1896/1900 raramente si parla di fisica.
E quando se ne parla, a introdurre il discorso è sempre e solo Albert. E lei non risponde. Mai. Dopo il 1901, anno del secondo esame di Mileva al Politecnico di Zurigo, non risulta che la ragazza continui a occuparsi professionalmente di fisica.
E’ molto probabile che Mileva, come Michele Besso o Marcel Grossman, siano gli amici pazienti, fedeli e competenti cui Albert affida le sue riflessioni. E’ molto probabile, per usare una metafora pugilistica, che fungano da sparring-partner. E che Mileva sia la prima tra questi sparring-partner. D’altra parte Albert la definisce più volte “la mia mano destra”. Non risulta da alcuna documentazione però che Mileva, o Michele, o Marcel o Friedrich o qualche altro conoscente concorra in questi anni con Albert a elaborare una “nuova fisica”.
Pag. 39-40:
Nella lettera a Mileva dell’ottobre 1900, Albert Einstein parla al plurale. E sempre al plurale parla l’anno dopo, nel 1901, in tre diverse lettere a proposito della “nostra memoria”, quando commenta “se almeno avessimo la forza di continuare insieme questo stupendo cammino”, e a proposito della “nostra teoria delle forze molecolari”. Ancora più forte è l’evocazione, in una lettera del mese di marzo 1901, del tema già trattato nella lettera del settembre 1899, la relatività:”Sarò talmente felice e fiero quando saremo insieme e riusciremo a concludere con successo il nostro lavoro sul moto relativo!”.
Cosa significa questo parlare al plurale? Che Einstein e Mileva lavorano insieme a costruire i fondamenti di una ormai imminente rivoluzione in fisica o che, per un gioco affettuoso, Albert estende al suo sparring-partner intellettuale più vicino e più intimo, all’amata compagna, riflessioni che sono sue?
La storica serba Desanka Trbuhovic-Gjuric ha scritto un libro, nel 1985, in cui cerca di accreditare l’idea che quello tra Albert e Mileva sia anche un sodalizio scientifico. Secondo la ricostruzione di Trbuhovic-Gjuric sarebbe stata Mileva a sollevare per prima il problema dell’etere come punto di riferimento universale e sarebbe stata lei a “dare espressione matematica ai concetti [di quella che sarebbe diventata, nda] la teoria della relatività ristretta” [Trbuhovic-Gjuric, 1985].
La tesi della storica serba è che il sodalizio scientifico è reale e che Albert, in seguito, non avrebbe mai riconosciuto a Mileva questa sostanziale compartecipazione all’elaborazione nella teoria che avrebbe segnato una svolta nella storia della fisica. Nessuno può sapere come siano andate, davvero, le cose. Non ci sono documenti in proposito. Abbiamo, però, alcuni dati di fatto che possono aiutarci a capire.
In primo luogo, mai Mileva rivendicherà una qualche sua compartecipazione ai risultati raggiunti da Albert, neppure dopo il divorzio e le polemiche conseguenti al divorzio (eh, sì: la coppia si sposerà e si separerà). Inoltre è difficile che Mileva possa essere, come dire, la mente matematica della relatività ristretta. Per due motivi, ben evidenziati da Abraham Pais: il primo è che Mileva non era molto forte in matematica, tant’è che è proprio per l’insufficienza in questa materia che non è riuscita per due volte a superare l’esame al Politecnico di Zurigo. La seconda è che nella teoria della relatività ristretta la matematica è poco presente. E quella che c’è, è matematica elementare [Pais, 1993].
Probabilmente quello che la storia della fisica deve a Mileva è di aver saputo dare gli stimoli giusti e costruire il miglior clima affettivo e culturale possibile nella fase di massimo sviluppo della creatività di Albert Einstein.
Ma ci stiamo inoltrando troppo nel mare, pericoloso, delle ipotesi.
Pag. 61-63:
Sebbene Albert Einstein abbia organizzato il lancio dei suoi tre razzi fiammeggianti fuori dall’Accademia e senza mai avere un confronto con qualche altro fisico professionista, ha molti debiti intellettuali. O, per dirla con Isaac Newton, è salito sulle spalle di molti giganti.
Uno, naturalmente, è lo stesso Newton. Un altro, a maggior ragione, è Maxewll.
Ci sono, ancora, Lorentz, Boltzmann, Hertz, Plank. Due, però, meritano una citazione a parte: Ernst Mach e Henri Poincaré. Perché i due, per esplicito riconoscimento dello stesso Einstein, sono le personalità scientifiche che lo hanno maggiormente influenzato [Cerroni, 1999]. Sia pure da lontano.
[…]
… L’altra importante fonte di ispirazione per Einstein è il francese Henri Poincaré.
Considerato, insieme a David Hilbert, il più grande matematico di quel periodo. Poincaré è molto interessato ai problemi della relatività. E già nel 1898 aveva iniziato a interrogarsi sui problemi legati alla simultaneità degli eventi. Nel 1900, al Congresso mondiale dei matematici tenuto a Parigi, critica in modo serrato il concetto di etere. Ritorna sull’argomento nel 1902, quando scrive La science et l’hypothèse e sostiene esplicitamente che non esiste un tempo assoluto [Poincaré, 1989]. Nel 1904 in una relazione al Congresso internazionale di Arti e Scienza di Saint Louis, riprende il concetto di “tempo locale” di Lorenz e propone un “postulato di relatività”. Poincaré effettua uno di quegli esperimenti mentali in cui Einstein si va affinando e immagina due osservatori che si muovono di moto uniforme e che tentano di sincronizzare i loro orologi mediante segnali luminosi.
Quegli orologi non segneranno il tempo vero, ma solo un “tempo locale”. Tutti i fenomeni sono percepiti, da un osservatore rispetto all’altro, come rallentati.
E nessuno dei due avrà alcuna possibilità di sapere “se è in quiete o in moto assoluto” [citato in Pais, 1986]. Poincaré giunge a una conclusione:”Forse dobbiamo edificare una nuova meccanica, che riusciamo a malapena a intravedere […], in cui la velocità della luce sia invalicabile” [citato in Pais, 1986]. La conclusione è giusta, ma si tratta di un’ipotesi qualitativa.
Non c’è dubbio che, con queste due opere, Poincaré abbia contribuito come pochi altri a creare un clima favorevole alla crisi dei concetti di tempo e spazio assoluti.
Un clima che, come documenta Arthur Miller, travalica gli ambienti della fisica e della matematica fino a diventare fonte di ispirazione per gli artisti [Miller, 2001]. E’ anche ispirandosi a Poincaré che Picasso avrebbe dipinto nel 1906 Les Demoiselles d’Avignon, il quadro che inaugura il periodo cubista e che, a detta del critico Mario de Micheli, manda definitivamente in frantumi la concezione classica dello spazio [De Micheli, 2002].
Albert Einstein ha letto La science et l’hypothèse. Ne ha a lungo discusso con i suoi amici dell’Accademia Olimpia e ne è stato, per suo stesso riconoscimento, profondamente influenzato.
Alcuni ritengono, tuttavia, che Poincaré sia giunto in modo del tutto indipendente e addirittura prima di Einstein alla formulazione della teoria della relatività ristretta.
Il 5 giugno del 1905, infatti, presenta una relazione all’Accademia delle Scienze di Parigi in cui si avvicina moltissimo a quella formulazione. Tuttavia l’opinione di gran parte degli studiosi è che la proposta di Poincaré presenti molti punti deboli e che sia Albert Einstein l’unico e autentico inventore della relatività ristretta [Cerroni, 1999].
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LE SCIENZE, edizione italiana di SCIENTIFIC AMERICAN,
anno I, n. 6, dicembre 1998
EINSTEIN
quanti e relatività,
una svolta nella fisica teorica
di Silvio Bergia.
Pag. 9:
Il 1902 è l’anno della svolta. Muore Hermann Einstein e, venuta meno la voce più contraria, Albert sposa Mileva. Non solo, ma ottiene anche la cittadinanza svizzera e, soprattutto, grazie a Grossman, trova finalmente un impiego stabile all’Ufficio brevetti di Berna, città nella quale la coppia si trasferisce nel corso di quell’anno.
Quello con Mileva era stato un matrimonio d’amore. Ma anche un matrimonio fra due persone che potevano parlare fra di loro di matematica e di fisica. Che questo dialogo vi sia stato è documentato in alcune lettere indirizzate da Einstein a Mileva.
Poiché in qualcuna di esse Einstein parla di quella che noi avremmo in seguito imparato a chiamare relatività ristretta come della “nostra teoria”, si è da più parti speculato sulla possibilità di un contributo decisivo di Mileva a quei risultati; quando non anche di un’espropriazione che Einstein avrebbe compiuto ai danni della sua compagna. In nostro autore, come commenteremo brevemente, esce tutt’altro che bene, nel complesso, dalla sua prima vicenda matrimoniale. Ma su questo punto è difficile prendere sul serio la tesi appena ricordata. Messi di fronte al fatto che il catalogo di Einstein è forte di oltre trecento titoli, mentre quello di Mileva è vuoto, appare molto più probabile che l’espressione einsteiniana abbia preso corpo in uno stato d’animo che gli faceva usare espressioni come Doxerl (bambolina) nel rivolgersi a Mileva.
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SCIENZA NUOVA, edizione italiana di NEW SCIENTIST, ottobre 1998 – Anno 1 – N° 7, pag. 54-61.
Il sogno del genio
di Pietro Greco.
Pag. 55-56:
Michele Besso non è solo il migliore amico di Einstein. Che gli resta spiritualmente accanto anche quando Albert lascia la Svizzera prima per Praga, poi per Berlino e infine per Princeton. E’ il suo confidente scientifico. L’uomo che, come rileva Pierre Speziali, tra il 1903 e il 1905, “con le sue critiche e i suoi suggerimenti”, stimola il giovane Albert e lo costringe “a presentare con esattezza l’espressione del proprio pensiero”, rendendolo “sempre più severo di fronte a se stesso” (Pierre Speziali, “Introduzione”, in Albert Einstein, Corrispondenza…, op. cit.).
Nel 1905 Albert Einstein pubblica finalmente quei tre famosi saggi sull’effetto fotoelettrico e la natura corpuscolare dei quanti di luce, sul moto browniano e sulla relatività ristretta che, come dirà Louis de Broglie, “sono tre razzi fiammeggianti che nel buio della notte improvvisamente gettano una breve ma potente illuminazione su una immensa regione sconosciuta” (Ronald Clark, Einstein: the Life and the Times, Avon, 1984). Sono naturalmente tutta farina, quelle idee, del sacco di Einstein. Ma, aiutando l’amico a individuare i giusti obiettivi e a calibrare l’esatta rotta di quei tre razzi fiammeggianti, Michele Besso ha reso, come giustamente sostiene Paul Rossier, “un immenso servizio” alla scienza (Pierre Speziali, “Introduzione”, in Albert Einstein, Corrispondenza…, op. cit.).
L’amico Michele Besso non si limita a svolgere questa funzione, per così dire, maieutica del pensiero scientifico di Einstein. E’, soprattutto nella prima fase del loro rapporto amicale, il consigliere culturale che fornisce a Einstein indirizzi precisi e preziosi dove allenare il suo genio. E’, infine, l’amico di penna che per quarant’anni, dopo quel 1905, lo segue premuroso sia nelle pene della separazione dalla prima moglie, Mileva, sia nell’amarezza della separazione dalle conseguenze epistemologiche che Einstein ritiene legate allo sviluppo della nuova fisica: la meccanica dei quanti.
Un’amarezza, lucida e dolorosa, non risolta, che ritorna appunto nell’ultima lettera di Albert Einstein a Michele Besso.
Caro Michele,
la tua esposizione della teoria della relatività
generale ne mette in luce molto bene l’aspetto
genetico. E’ però anche importante, in un secondo
tempo, analizzare l’intera questione da un punto
di vista logico-formale. Infatti, fino a quando non
si potrà determinare il contenuto empirico della
teoria, a causa di difficoltà matematiche
momentaneamente insormontabili, la semplicità
logica rimane l’unico, anche se naturalmente
insufficiente, criterio del valore della teoria.
… Il fatto che io non sappia se questa teoria
[unitaria del campo] sia vera dal punto di vista
fisico dipende unicamente dalla circostanza che
non si riesce ad affermare qualcosa sull’esistenza
e sulla costruzione di soluzioni in ogni punto
esenti da singolarità di simili sistemi non lineari
di equazioni.
… Io considero però assolutamente possibile
che la fisica possa non essere fondata sul concetto
di campo, cioè su una struttura continua.
Allora, di tutto il mio castello in aria, compresa la
teoria della gravitazione, non resterebbe praticamente
niente.
Cordiali saluti
tuo A. E.
(Albert Einstein, Corrispondenza…, op. cit.,
lettera 210 [E. 97])
Ancora una volta, l’ultima, Michele Besso ha costretto Albert Einstein a essere “severo di fronte a se stesso”, ma anche “a presentare con esattezza l’espressione del proprio pensiero”.
Ancora una volta Einstein non lo delude.
Il fisico registra, con palpabile delusione ma implacabile lucidità, le “difficoltà matematiche insormontabili” che incontra la sua teoria unitaria del campo.
Riconosce che la teoria risponde a una (sua personale) esigenza logica, ma che non è (ancora) una teoria “vera” dal punto di vista fisico.
E questo non è poco per chi, essendo il più noto fisico vivente, alla ricerca di una “vera” teoria unitaria del campo ha dedicato ben oltre trent’anni di lavoro, sfidando la solitudine e l’isolamento scientifici. E non temendo la sconfitta.
Per non parlare di tutto il resto…
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=14946240&st=75
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Chi_fotografo_la_doppia_elica_del_DNA/1287700
Mi piace che si parli dell’Odissea perchè nei miti è già scritto tutto. Dunque, vediamo.
C’è prima di tutto la forza maschile, centrifuga, dall’interno verso l’esterno. Nomadica, avventurosa, assetata di conoscenza, capace di assumere consapevolmente i rischi e di uscirne vincente. C’ l’unione della forza paterna di Ulisse con quella filiale di Telemaco che cooperano per sconfiggere i Proci E c’è anche la forza maschile negativa e predatoria, i Proci appunto, che però vengono sconfitti da quella sana di Ulisse.
Poi c’è la forza femminile, indubbiamente, statica e centripeta, che attrae a sè piuttosto che “andare verso”. Nulla di strano, la psiche deriva anche dalla biologia nella dialettica interno/esterno. Anche nella forza femminile c’è quella sana di Penelope che per amore dello sposo e fedeltà a lui, tiene in scacco i Proci per lungo tempo, ma che alla lunga sarebbe soccombente se non intervenisse il maschile che salva (Ulisse). C’è la sana forza materna di Penelope che, è vero, alleva da sola il figlio. Ma lo fa nel segno e nel nome del padre, in attesa del suo ritorno. Quando Telemaco manifesta la voglia di andare a cercare il padre Penelope non si oppone, cede, sa che il destino virile del figlio è nell’incontro col padre. E Penelope non piagnucola, non si lamenta dell’assenza di Ulisse, perchè conosce i doveri e il destino maschili, diversi dai suoi, e li accetta.
Poi c’è la forza femminile malsana, quella possessivo/divorante di Circe che non esita a trasformare gli uomini in porci. Tutti tranne Ulisse che le resiste e minacciandola la induce a ridare ai suoi compagni sembianze umane. Dunque Ulisse, simbolo della forza coscenziale autonoma maschile, pur amandola ed avendo figli da lei, sconfigge la forza malefica di Circe. Anzi può amarla solo avendola sconfitta, e salvando se stesso salva i compagni (cioè il maschile) dal risucchio della maga/Grande Madre. C’è la forza virginale di Nausica che si innamora dell’eroe e vorrebbe farlo suo sposo, ma che quando Ulisse, a sua volta ovviamente attratto dalla fanciulla, decide di partire, non medita personalmente vendetta e risentimento. Anch’essa accetta il maschile per quel che è, e lo ama e ammira così. E c’è anche la splendida Calypso, la vicenda della quale è davvero emblematica. Farebbe di Ulisse un re, lo renderebbe anche immortale. Ma Ulisse, anche quì , la ama a lungo ma alla fine non accetta. Ad una regalità donatogli dalla ninfa, all’immortalità tributaria del volere femminile, all’amore di e per lei, preferisce infine l’amore di Penelope e il suo regno di Itaca, in cui è davvero Re motu proprio e non principe consorte, per sempre tributario dell’investitura femminile.
Quanto ad Atena, dea della conoscenza, ricordo che è nata da una coscia di Zeus, a simboleggiare che la ri-nascita spirituale e coscenziale, la vera nascita oltre quella “animale”, è nel padre e non nella madre. E questo dice tutto sulla sua figura. Atena, ricordo ancora, è colei che nell’Orestiade di Eschilo, prende le difese di Oreste uccisore della madre Clitennestra che a sua volta aveva assassinato il marito Agamennone per vendetta e lo salva dall’ira vendicativa delle Erinni, simboli del diritto di sangue matriarcale, consentendo la loro sussunzione , in forma delle benevoli Eumenidi, sotto il sorgente diritto paterno della legge e della norma oggettiva, valida “erga omnes”.
L’Odissea è il poema dell’affermazione della coscienza egoica maschile che si affranca dalla Grande Madre (di cui i Proci sono scherani) e di cui beneficia anche il femminile. In termini psichici è anche la storia dell’iniziazione maschile, del raggiungimento della sua autonomia dal femminile e consapevolezza per diventare Re, della sua Itaca ma prima ancora di se stesso.
Salviamola dunque, anzi leggiamola e rileggiamola. Ha molto da insegnarci anche a noi moderni.
armando
Fabrizio
“Quella (e quelle/i) sarebbero anche capaci di censurare” Topolino” per manifesto sciovinismo maschilista…”
Io, invece, sto aspettando “con ansia” che facciano altrettanto nei confronti di questo “sporco maschilista”…
http://comicsandoimage.files.wordpress.com/2009/06/tex-willer-gallery-2.jpg
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P.S. Possedevo la collezione di Tex, dal N°1, intitolato “La mano rossa” a ben oltre il N°200, intitolato “L’idolo di cristallo”. Non solo: mi ricordavo a memoria tutti i primi cento numeri…
(Quest’ultimo si intitolava “Forte Apache”.)
Sorpresa: a Galatea piace Ulisse, il Re di Itaca che lascia il governo alla moglie perchè impegnato nella guerra, e che, dopo aver molto viaggiato e amato e guerreggiato, torna, la salva dai Proci e si riprende, con lo scettro regale, il suo posto di Re. E le piace tutta l’Odissea coi suoi significati simbolici che ho sottolineato nella mia “tirata”, nel cui merito non entra perchè quelli sono, e non altri. Piace anche a me l’Odissea! Strana questa “convergenza”? Per niente. Quando un maschio sa qual’è il suo posto e lo occupa, anche la femmina occupa il suo, inevitabilmente, e ne è perfino contenta. Tutto quì.
armando
Galatea:
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Comunque, ammesso che le tirate di Armando siano rivolte a me, ti informo che Ulisse, per i suoi tempi, del “maschio padrone” non aveva proprio nulla: la coppia che forma con Penelope è sorprendentemente moderna: …
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Galatea dunque informa Armando, e con lui noi, che non è vero che tutti i miti sono espressione della millenaria misoginia maschile, non tutti sono costruzioni mistificatrici dei rapporti tra i Due, non tutti sono strumenti di manipolazione delle masse secondo i pregiudizi maschili, non tutti sono stati pensati ed elaborati a fini di oppressione, sfruttamento, negazione, umiliazione, forclusione della donna e del Femminile.
Come e da dove ci è venuta dunque quella idea balorda che ora Galatea viene – finalmente – a toglierci dalla testa?
Marco ha sottolineato il carattere perennemente contraddittorio delle affermazioni femministe. Contraddittorietà che ha il suo evidente scopo. Lo ottiene attraverso vari effetti.
Uno di questi è che tu sei ogni volta costretto a ricordare alle interlocutrici femministe (e ai loro lacchè) quel che esse stesse da 50 anni giurano. Quel che hanno giurato a riga uno e poi negato a riga due e che beffardamente ti rimandano indietro con un bel: “Non mi risulta…!”
Galatea ci sta dicendo che il femminismo è menzogna.
Nientemeno!
Che non è vero che TUTTO ciò che è esistito e che esiste (compresa la matematica*) è stato pensato e creato da una banda di criminali (l’intero genere maschile) a danno di mezza umanità.
Non è vero che tutto ciò che esiste è MALE perché porta il timbro del patriarcato e della misoginia.
Non è vero che tutto ciò che esiste deve essere eliminato o rigenerato o reinterpretato o rimodellato per ripulire il mondo dalle tracce dell’odio maschile. Fiabe comprese, ovviamente.
Forse ci dirà anche che:
“Non è vero che ogni coito è uno stupro!”
“Non è vero che ogni erezione è uno stupro!”
“Non è vero che ogni parto è uno stupro!”
“Non è vero che l’intera storia è violenza, prevaricazione e stupro!”
Chissà dove l’abbiamo imparato noi. Dove mai abbiamo letto e sentito simili stupefacenti e …gradevolissime verità. La sola spiegazione è che ce le siamo inventate.
Galatea ci sta dicendo che la descrizione femminista del passato (e del presente) come di una tuttalità imbrattata dalla misoginia è un’invenzione colpevolizzatrice e crimininalizzatrice che ha il solo scopo che può avere.
Galatea ci sta dicendo che il femminismo è una menzogna.
Mi permetto di dire che …lo sospettavamo.
RDV
P. S. Poiché so che si fingerà di non saperlo (=”Non mi risulta…!”), informo che il femminismo ha postulato la necessità della creazione di una nuova matematica: la matematica femminista. Proprio così. Non vi “risulta”?
Non importa un fico secco. L’importante è che “risulta” a me.
Rino.
, informo che il femminismo ha postulato la necessità della creazione di una nuova matematica: la matematica femminista. Proprio così. Non vi “risulta”?
Non importa un fico secco. L’importante è che “risulta” a me.
.
Quale sarebbe Rino?
La cosa mi interessa perchè anch’io me ne sono occupato…
A proposito dei presunti scippi subìti dalle femmine, leggete cosa scriveva tal M. Giacobino, su NOIDONNE, del settembre 1989.
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Inserto – pagina 9
LE NOSTRE ANTENATE
Una genealogia al femminile
(ovvero quello che la storia
ufficiale non ci ha detto)
Nata nel 1789 a Hagenfeld sulla Mosella, Margarethe Von Hagebutten venne educata dalle zie materne, donne di vasta ed eccentrica cultura e circonferenza, cuoche eccellenti ed apprezzatissime, nella cui locanda la giovane ebbe modo di incontrare e frequentare le massime personalità della cultura e della politica del suo tempo, tra le quali Goethe.
La studiosa Ulrike Umfrage ha rintracciato frammenti del carteggio Goethe-Von Hagebutten, che si dice sia stato dato alle fiamme dallo stesso padre della letteratura tedesca, in un moto di costernazione e di invidia verso Margarethe. Ella fondò in seguito il “Tempio dell’arte e della filosofia femminile” una casa- albergo riservata a scrittrici, pittrici, filosofe, musiciste ed enologhe, fornita di una eccezionale cantina di vini del Reno, che divenne ben presto meta di veri e propri pellegrinaggi da parte di nobildonne illuminate, artiste ed intellettuali.
Tra queste si contano la soprano Kamille Liederhorn, una delle più celebri valchirie dei palcoscenici tedeschi, e Sofronia Schopenhauer, moglie del filosofo omonimo, che abbandonò preferendogli la compagnia di Margarethe e delle altre.
Il filosofo, sconvolto dalla partenza della moglie, ne impazzì (anche se i suoi lettori non cominciarono a dubitarne se non molti anni più tardi, quando le sue opere avevano ormai irrimediabilmente influenzato il pensiero di due o tre generazioni di tedeschi).
Margarethe divenne famosa per la sua produzione letteraria di carattere miscellaneo ed eclettico, in cui si mescolano poesia e prosa, verità e invenzione, teoria e prassi e alcune fra le più sublimi ricette di punch che la letteratura tedesca possa offrirci. DEfinita dai contemporanei imbarazzati una “scrittura femminile temperamentale”, da essa emerge il ritratto di una donna forte e appassionata, tutta votata al culto della libertà, soprattutto della propria, alla ricerca di una sempre più alta bellezza ideale e, potendo, anche materiale.
Delle sue opere, più volte ristampate nel corso della sua vita, non rimane oggi che qualche esemplare, faticosamente rintracciato dalla Umfrage nelle biblioteche parrocchiali della zona.
Si ritiene che esse siano andate distrutte ad opera di alcuni discepoli dello stesso Schopenhauer.
(…)
@Rino: Parlare con voi delle volte dà la stessa soddisfazione che dare capocciate contro un muro. Così come “tutti” gli uomini non la pensano nella stessa maniera, così “tutte” le donne non dicono le stesse cose. Finché non ti renderai conto di questo, non potrai nemmeno impostare una conversazione non dico utile, ma anche solamente logica.
Io non sono mai stata “femminista”, quindi piantala, una buona volta, di attribuirmi, solo perché sono una donna, opinioni che non condivido minimamente. E piantala, una buona volta, di attaccarmi su cose che sono emerite cazzate, sparate da una minoranza di “femministe” arrabbiate e su cui non rispondo per il semplice motivo che non mi riguardano. Sennò poi è inutile che vi arrabbiate se in questo sito, ogni volta che una donna prova a interagire con voi, alla fine vi manda al diavolo: per forza! Vi lamentate tanto che le donne accusano indicriminatamente “gli uomini” di tutti i crimini, ma voi fate lo stesso, attribuendo a qualsiasi donna le opinioni di qualche tizia. Sarebbe come dire che tutte le donne vogliono andare a letto con Ahmadinejad perché una ragazzina padovana in cerca di pubblicità ha detto in un libro che gliela darebbe…su, via, siamo seri.
“Galatea” ha solo riportato le “sue” opinioni (e di quelle si ritiene responsabili e risponde) sull’argomento “riscrivere l’Odissea in chiave femminista”, che, ammesso che qualcuna lo proponga, è una emerita cazzata, come lo sarebbe “riscrivere” la Divina Commedia, o Lolita. Le opere d’arte vanno studiate e lette per ciò che sono, contestualizzandole eventualmente nel loro periodo storico.
@armando: E’ veramente ridicolo che a voi sembri “strano” che ad una donna non possa piacere l’Odissea. Probabilmente non concepite nemmeno che ci possano piacere i romanzi di Jules Verne? Pensate che non leggiamo gli scritti di Einstein perché è un uomo?
Le opere letterarie e scientifiche parlano a tutti, indipendentemente dal sesso dei protagonisti. E, cosa che manderà forse in palla molte delle vostre elucibrazioni, noi ragazzine, quando leggiamo l’Odissea da piccole, per esempio, non ci identifichiamo con i personaggi femminili, ma con Ulisse, perché è curioso, non si arrende, viaggia, è intelligente.
Poi, caro armando, la tua lettura dell’Odissea e dei ruoli dei protagonisti è solo una delle tante possibili: le opere d’arte vere questo hanno di bello: che ognuno ci può trovare dentro diversi significati. A me, ripeto, Ulisse è sempre sembrato invece un personaggio affascinante per motivi del tutto diversi dai tuoi, e nella tua esegesi del poema non mi ci ritrovo punto, tanto meno nel bisogno che le “donne” accettino per forza determinati ruoli. Io ho amato e amo Ulisse perché l’ho sempre sentito molto simile a me come carattere, e non importa se è un uomo, questo è un dato del tutto secondario: è un essere umano che mi piace e che può essere un modello per chiunque. Io mi considero un essere umano di sesso femminile: il che vuol dire che mi posso identificare con qualsiasi altro essere umano, nel bene e nel male, al di là della differenza di sesso: homo sum, nihil humani alienum esse puto.
Però Galatea, adesso non esageriamo: non è che anche tu sei sempre stata un esempio irreprensibile. Ieri ti sei proposta in maniera molto seria e hai dato un contributo prezioso al dibattito, rivelando anche raffinate capacità di analisi letteraria, ma non sempre è andata così, lo sai perfettamente. La stessa sensazione di cui tu ti lamenti nelle prime righe del tuo ultimo messaggio l’abbiamo provata un pò anche noi, qualche volta, ragionando con te.
Circa il femminismo poi, contano più le posizioni sulle singole questioni che non una vaga affermazione: se si è contro le quote rose, se si è contro i privilegi di genere, tutti favorevoli alle donne, in qualsiasi ambito si manifestino, se non si vede a ogni piè sospinto un attacco alla dignità femminile ( vedasi l’esempio della mimica sessuale di Luttazzi considerata “maschilista”), se non si vede dovunque la mercificazione della donna ( se si è, per esempio, fortemente critici nei confronti di quel dozzinale film/libro intitolato “Il Corpo delle donne”), se si è cioè per la parità tra i sessi, allora si può affermare orgogliosamente di non essere femministe/i.
Comunque sono in buona parte d’accordo con te: non tutte le donne pensano allo stesso modo, nè tutti gli uomini per fortuna. Qualcuno/a si può ancora salvare. Inoltre quando io vedo e ascolto i vari Napolitano o Schifani, cito questi due per par condicio, mi chiedo se non sarebbe meglio che ci fossero al loro posto queste esaltate della educandoenugualidad, almeno mi farei quattro risate.
Le storie vanno lette e contestualizzate nel loro periodo storico e anche raccontate da diverse prospettive. Lo sto dicendo da farmi seccare la lingua.
E aggiungo anche che un dibattito è molto bello e costruttivo , solo se non c’è chi si sente più meritevole, colto e sapiente di un altro. Si possono dire cose sensate in due battute. Non rispondere, significa voler dare l’idea…Taci sei una cretina o un cretino
, non hai compreso un cazzo in poche parole.
Ho amato anche io l’Odissea e Ulisse…ma anche Penelope sua degna compagna.Persino il cane ho amato…
Ad ogni modo mi sembra alle volte di parlare alla luna.
P.S.
Sono d’accordo con Galatea anche sul fatto che citate (già l’ho scritto in passato) delle donne che dicono minchiate estremiste . Non partite dagli estremi, quelli non piacciono a nessuno!
Galatea, nel merito del tuo ultimo post ti risponderanno gli interessati.
Solo un paio di cose, per chiarezza.
Non è affatto vero, come dici tu, che tutte le donne che vengono qui ci mandano al diavolo. Diverse donne sono venute e hanno interloquito serenamente e animatamente con tutti, come ad esempio sta facendo in questa fase Nicole, che ha anche un suo blog e che scrive praticamente tutti i giorni sul nostro, criticandoci e contestandoci senza nessun problema e soprattutto senza che nessuno glielo impedisca. Viceversa un’altra donna, Elisa, che ha scritto un articolo dal titolo “La botte vuota e il marito sobrio” pubblicato nello spazio degli “articoli”, ha addirittura aderito ufficialmente al nostro Movimento.
Poi ci sono stati personaggi come Lameduck e Chiara di Notte che sono venute qui esclusivamente per insultarci, ma questo è un altro discorso sul quale non vale la pena soffermarsi se non per chiedersi dove abbiano origine tanto rancore e disprezzo.
Tu stessa, come certamente ricorderai, sei ripetutamente intervenuta sul tema aborto e nessuno ti ha risposto con acredine o con livore. Anzi. Mi pare che sia stata una buona discussione su un tema molto delicato e controverso che peraltro ha sollecitato il sottoscritto ad assumere una posizione ufficiale sulla questione (puoi leggere l’articolo nello spazio degli editoriali con il titolo “Aborto: questione politica e (non solo) etica, a meno che tu non l’abbia già fatto).
Poi, ad un certo punto, hai deciso che era giunto il momento di irritarti, non so per quale motivo, e te ne sei andata con fare seccato. Nessuno aveva avuto atteggiamenti ostili nei tuoi confronti. Anzi, ricorderai senz’altro (d’altronde puoi andarti a rileggere il mio post) che io stesso ti ho invitato a rimanere per continuare a dare il tuo contributo al dibattito.
Mi permetto di dirti, cara Galatea, e ti prego di credermi, perché ti sto parlando in modo molto sincero, che se decidessi di gettare alle ortiche una volta e per sempre quel retrogusto di mal celato sarcasmo e di atteggiamento saccente che si avverte in ogni tuo intervento, potresti dare un grandissimo contributo alla discussione. Non solo, ne guadagneresti sotto ogni aspetto perché è evidente che sei una donna colta che ha delle sue specificità così come tanti amici, collaboratori, utenti del blog e il sottoscritto hanno le loro.
E’ questa la ricchezza di questo spazio dove si esprimono uomini (e donne) con formazioni culturali, politiche e filosofiche diverse (anche se il sito ha una sua linea editoriale e politica di cui non fa mistero) e di ogni provenienza sociale.
Questo è un luogo dove ciascuno, con il linguaggio che gli è proprio e con gli strumenti di cui dispone, è portatore dei suoi saperi e delle sue esperienze, oltre ad essere uno spazio assolutamente libero, come d’altronde puoi evincere tu stessa. Fondamentale è naturalmente che tutti si esprimano nel più totale rispetto degli altri, non solo nella forma ma anche nella sostanza. Qui sono state allontanate persone il cui comportamento, per motivi differenti, era irrispettoso e lesivo degli altri. E non sto parlando solo degli insulti gratuiti alla Lameduck o alla Chiara ma di atteggiamenti contrari allo spirito che anima questo sito. Qui, piaccia o meno, siamo tutti eguali: uomini, donne, ricchi, poveri, bianchi, neri, cristiani, musulmani, destra , sinistra. Se qualcuno/a ha la presunzione, per qualsiasi ragione, di ergersi al di sopra degli altri, viene allontanato, come è già accaduto e come tutti possono confermarti. Questa è la filosofia degli Uomini Beta e deve essere rispettata da tutti/e. Quindi anche da te.
Tu affermi che noi facciamo di tutt’erba un fascio, che vediamo in ogni donna una femminista e che naturalmente questo atteggiamento aprioristico condiziona il nostro modo di porci. Bene, è una critica che accettiamo e sulla quale rifletteremo. Può anche darsi che tu abbia delle ragioni. Del resto non siamo infallibili nè abbiamo la presunzione e il desiderio malsano di esserlo .
Ecco, perché non provi anche tu a fare altrettanto? In fondo gli altri sono il nostro specchio…E può darsi che anche in queste mie parole possa esserci qualcosa di vero. Non trovi?
A presto.
Fabrizio
Sembra non essere facile per una donna di oggi voltarsi, constatare l’evidenza, ed accettarla: la storia della creatività umana è declinata in sostanza esclusivamentemente al maschile. Gridare al complotto è istintivo ed è istintivo girarsi dall’altra parte concludendo: per me le opere e i giorni al maschile si traducono in una domanda impossibile: dalle mie mani di donna, dal mio cuore, dalla mia mente che cosa è storicamente uscito? E ci si può dichiarare presenze casuali e straniere, alienate in un mondo maschile, o peggio ancora esercito di prigioniere oppresse dall’altra metà del cielo, nell’intero corso della Storia dell’Umanità? Quando poi un ruolo fondamentale, seppure radicalmente diverso, come donne lo si è svolto? e un percorso di liberazione lo si è percorso eccome insieme e grazie ai maschi? ha senso tutto questo? o tutto questo, se ha un nome, si chiama sentimento irrazionale e ingiustificato di odio ed è autodistruttivo e distruttivo? motivo certo di sicura sconfitta e per tutti?
A me sembra ragionevole invece che le donne apprezzino le opere e i giorni al maschile, certe del valore delle opere e dei giorni al femminile. E a partire da un profondo sentimento di apprezzamento e riconoscenza verso il mondo maschile, dimostratosi capace di liberare tutti e in particolare le donne, cimentarsi da amiche libere e forti in un analogo percorso di liberazione per i maschi per i prossimi cinquantamila anni. A parte confortanti e rare posizioni personali, sta succedendo questo oggi? Oppure è successo e sta succedendo esattamente il contrario? e le rare, quanto discretissime, voci femminili fuori del coro, (tra l’altro per tanta parte anche interessatissimo coro maschile) possono forse pretendere, che grazie a loro, sia diversa la realtà e la percezione di questo quotidiano sport dei media e delle istituzioni e delle leggi nella società Occidente che è il pestaggio antimaschile? e forse non dovrebbero fare ben altro per essere credibili nella loro professione di incarnare un femminile diverso dalle “minoranze femministe”? così che all’orizzonte si possa intravvedere qualcosa che manca del tutto oggi e assomigli davvero ad un dono femminile di liberazione per tutti?
Veramente io ho scritto: “strana questa convergenza? Per niente!” E dunque……
Quanto alle possibili letture “alternative” dell’Odissea, quali sarebbero? Dov’è che la mia non piace? Mi piacerebbe capire.
Certo che le grandi opere poetiche piacciono a tutti. Esprimono lo spirito universale che si incarna nei personaggi, ed anch’io ho amato Ulisse e Penelope, Attore e Andromeda ed anche Achille e Patroclo e Aiace etc.
Se ci sono donne, e pare di sì, che buttando alle ortiche la paccottiglia della reinterpretazione femminista in chiave di oppressione di miti, fiabe, leggende, tragedie e quant’altro costruito in millenni dalla cultura umana, ben vengano. Dimostrano di essere persone intelligenti. Ed allora lo siano anche nel comprendere in che direzione sono diretti gli strali di questo e altri siti dei movimenti maschili. Non le donne in quanto tali sono il bersaglio, dunque non loro in prima persona.
Piuttosto dovremmo (e dovrebbero) riflettere su una cosa. E’ vero o non è vero che esiste una tendenza culturale e mediatica larghissimamente prevalente, che legge il presente ed il passato con le lenti deformanti dell’oppressione maschile eterna e generalizzata? E che questo clima si respira ovunque, anche quando non espresso in modo grossolano ma più sottile e sottinteso?
Solo un esempio per farmi, spero, capire.
Quando si critica il velinismo e l’immagine della donna che ci restituisce la TV si ha perfettamente ragione, ma si attribuisce la responsabilità ad una generica cultura maschilista assolvendo invece le donne come vittime inconsapevoli. Ma è davvero così?
armando
@fabrizio: me ne sono andata perché ero piuttosto stufa del fatto che, quando si rispondeva a me, si citavano in automatico gli interventi di altri/altre, e, appunto, si finiva per fare di tutta l’erba un fascio. Inoltre molte delle domande che ponevo non ricevevano risposta: nella discussione sull’aborto, io citavo articoli di legge, e ci si limitava a rispondermi che la legge era “femminista” oppure che ero troppo sofista. A quel punto, discutere era inutile, visto che non ci si poteva confrontare sulle fonti, ma sulle convinzioni che ciascuno ha elaborato, spesso in maniera del tutto personale e arbitriaria. Dialogare con alcuni che per principio hanno deciso che hai torto è uno spreco di tempo.
Personalmente io del vostro “movimento” non condivido l’assunto fondamentale: posto che, come dite, il femminismo abbia creato una vulgata (secondo me, sopravvalutate l’impatto, in realtà le posizioni femministe sono state recepite davvero da una sparutissima minoranza, persino fra le donne, che magari ha un po’ di risonanza sui media, ma nulla più) non ho capito perché, se quello è una boiata, bisognerebbe farne uno uguale ma di segno opposto, con tanto magari di borse di studi per gli “studi maschili”, come proposto sopra da Rino, mi pare. Forse vale la regola della assurda par condicio, per cui se faccio una cazzata di sinistra, ne devo fare una uguale di destra, così il conto si pareggia?
Secondo, perché, appunto, spesso nella discussione, finite per considerare pericolose “femministe” donne che invece partono da ben altri presupposti, cioè, semplicemente, la parità fra gli esseri umani, il diritto inalienabile di ciascuno a seguire i propri desideri e perseguire i propri sogni e la libertà che ognuno deve avere di disporre di sè senza che altri mettano bocca.
Terzo perché la vostra definizione di “uomo beta” mi pare piuttosto vaga, così come quella di “uomo alfa”, e speculare a quella delle “femministe” che vogliono descrivere ogni donna come una vittima a priori. Chi è ‘sto bendetto “uomo alfa” che sarebbe il modello vincente cui tutte le donne cadono ai piedi? Alle volte lo descrivere come il proptotipo del manager di successo, altre del tronista della de Filippi; e giù a dire che tutte le donne sono disposte a buttarsi nel fuoco pur di guadagnarsi uno di questi esemplari (per altro, perché ne sono affascinate, par di capire dalle vostre descrizioni, solo per motivi meramente economici). Nella realtà penso -spero- che voi tutti vi rendiate conto che le cose sono molto più complicate di così, per fortuna. Ragionate però con gli stessi stereotipi che portano le vituperate “femministe” oltranziste a dire che ogni uomo in quanto uomo è uno stupratore. Il che è una emerita minchiata, ma in molti commenti di questo blog si sente dire sulle donne cose ben peggiori (e, Fabrizio, non vale che tu mi dica che devo fare riferimento solo ai post, perché quello che viene scritto dai commenti viene considerato da te come un contribuito fondamentale, e affermazioni pesanti si trovano anche nei contributi e negli articoli).
Infine, per rispondere ad @Alessandro: Personalmente non è che smani per le quote rosa (che comunque, va ricordato, in Italia non esistono), nè difendo i privilegi di genere (che però non sono, mi spiace per te, solo al femminile: già che tu scriva una cosa del genere, se permetti, è una forma di generalizzazione che deriva da un pregiudizio; quelli al maschile, molto spesso, non li si vedono perché sono così radicati nella mentalità comune che non vengono nemmeno percepiti, e le leggi apparentemente “prodonna” servono solo a riequilibrare: fermo restando che le leggi si applicano a tutti, non solo alle femmine), e non vedo in ogni cosa detta sulle donne un attacco alla loro dignità. Ma mi incazzo quando degli stereotipi piuttosto stupidi e superati vengono usati per descrivere le donne,e soprattutto presentati come verità “naturali” ed evidenti. Per essere per la “parità dei sessi” non occorre certo essere membri del vostro movimento: ma la parità dei sessi significa anche riconoscere che in Italia c’è ancora una mentalità ferocemente tradizionale, antimoderna e maschilista (diffusa in gran parte della popolazione, sia uomini che donne), ed è questa che determina l’arretratezza del nostro paese e presenta le donne come naturalmente relegate in certi ruoli: la bella senza cervello, la madre di famiglia tradizionale, la puttana del potente, etc. E’ la stessa mentalità che porta poi i giudici ad assegnare in via quasi esclusiva i figli alle madri, per dire, perché si crede che la madre sia “naturalmente” meglio per allevare la prole, in quanto femmina. Ma, ragazzi, non potete voi stigmatizzare questo fatto e non vedere tutto il resto, sennò fate esattamente come quei mariti che non sono contrari al fatto che la moglie lavori, anzi, però poi pretendono che a casa faccia tutto lei come faceva la loro mamma, e se non ci riesce e li manda al diavolo si incazzano e dicono che è diventata poco femminile. Non vi rendete conto che molti dei problemi nella gestione odierna nelle coppie e nelle famiglie non deriva, come credete voi, dal femminismo, ma dal fatto che molte donne, che grazie alla liberazione femminile hanno cominciato a considerarsi “esseri umani” e come tali ad avere sogni ed aspirazioni che vanno oltre quelle tradizionalmente permesse alle donne (madre, moglie), ma si ritrovano però in una società che pretende ancora da loro l’assunzione in via praticamente esclusiva dei compiti tradizionali. Solo che la risposta che la società dà loro è: tornate ad occuparvi di quello che tradizionalmente la donna fa, perché quella è la vostra natura e da là non si scappa. E su questa lunghezza d’onda, anche se magari in modo inconscio, sono la gran parte degli articoli e dei commenti di questo sito. Dote che dobbiamo tornare al riappropriarci della “femminilità” del “ruolo proprio della donna”… e se ci rifiutiamo siamo o virago o femministe.
Questo non lo accetto e non lo accetterò mai: lo trovo offensivo e orribile, ma non perché sono una donna, solo perché non si può accettare nei confronti di nessun essere umano.
” Quando si critica il velinismo e l’immagine della donna che ci restituisce la TV si ha perfettamente ragione, ma si attribuisce la responsabilità ad una generica cultura maschilista assolvendo invece le donne come vittime inconsapevoli.”(Armando)
Mesi fa scrissi un articolo sul mio blog su questo argomento. Il Velinismo è un prodotto del Femminismo:
http://ilvolodidedalo.blogspot.com/2009/06/velina-ergo-femminista.html
galatea: In Italia non esistono le “quote rosa”!! Dovresti sapere che vari comuni sono stati sciolti perchè nella giunta(eletta dal popolo) non c’era un numero prestabilito(quindi, a priori, alla faccia della democrazia) di donne, alle recenti regionali si è votato con la doppia preferenza(una donna), molte aziende vengono chiuse se non assumono un certo numero prestabilito di donne(ecco, un’ azienda deve assumere in base al sesso, non in base alla meritocrazia! questo è Sessismo!!!)!! Le “quote rosa” vi sono eccome!!!
Cara Galatea, Fabrizio non ha mai detto che le donne devono rimanere a casa!!!! Uomini Beta è per la parità assoluta, in termini di pari opportunità, diritti e doveri tra uomini e donne! Qui si sta parlando di giustizia tra i generi e sociali, senza rivendicazioni di genere. Per farti una idea sui principi di questo Movimento, devi leggere gli articoli, non i commenti dei vari utenti(eccetto quelli di Fabrizio)
Ci stai dando una descrizione “per sentito dire”.
Scusa Armando, ma qualè l’immagine che la televisione ci restituisce della donna? Quella di essere una “velina”? Questa è una posizione femminista, di chi vede solo ciò che fa comodo vedere e non credo proprio sia la tua. La donna viene essenzialmente celebrata in televisione. Il fatto che ancora ci siano le “veline” testimonia che il processo di femministizzazione della società e quindi della televisione italiana non è stato ancora pienamente compiuto. Quando scompariranno le “veline”, così invise alle femministe, ci sarà poco da ridere, perchè saremmo messi peggio degli spagnoli.
Inoltre non capisco perchè una donna si debba sentire offesa perchè un’altra donna si presenta in televisione indossando una minigonna e ballando piuttosto che prendendo per i fondelli i telespettatori come fanno decine di “autorevoli” personaggi, uomini e donne, del piccolo schermo. Evadono forse le tasse, stanno distruggendo la scuola pubblica come la Gelmini, lei sì donna di cui ci dovrebbe vergognare, o la sanità ecc.? Sono semplicemente ragazze che cercano di ritagliarsi uno spazio al sole come fa chiunque altro con i talenti che gli sono propri. Sarebbe come se io mi sentissi offeso come uomo perchè compaiono in televisione i “tronisti” o come si chiamano. Il limite di molte donne è che esse quando osservano una persona ne vedono prima l’appartenenza di genere e poi l’individualità.
L’unica mercificazione che io constato esistere nella nostra società è quella di chi si arrampica disperato in qualche impalcatura per avere ciò che gli spetta, ossia lo stipendio che si è guadagnato; di chi lavora per quattro soldi, senza alcuna tutela, mentre altri intascano un mare di quattrini nel dolce far niente; di chi vive quotidianamente l’incertezza di essere sbattuto fuori dal proprio posto di lavoro senza una giusta motivazione. Questi sì che sono merce, oggetti che vengono utilizzati finchè fa comodo e poi buttati via, nonostante siano ancora nel pieno delle loro capacità psicofisiche. Ovviamente della vera mercificazione non si parla. Mi rendo conto che queste mie posizioni sono in controtendenza rispetto alla linea maggioritaria in uomini Beta. Come scrive, però, Fabrizio, questo è uno spazio libero, quindi penso possano trovare la loro collocazione anche posizioni diverse.
P.s.: ho preso spunto da una tua domanda retorica, Armando, ma certamente il mio intervento non voleva essere polemico nei tuoi confronti, tutt’altro, bensì una mia semplice presa di posizione su questi temi.
Galatea, ma per te cos’è, in sostanza, questa maledetta “parità” ? E che vuol dire che le donne “grazie alla liberazione femminile hanno cominciato a considerarsi “esseri umani” e come tali ad avere sogni ed aspirazioni che vanno oltre quelle tradizionalmente permesse alle donne (madre, moglie)” ? Ma dimmi un po’ una cosa: secondo te, gli uomini di un tempo, (quelli provenienti dal basso non dall’alto) se la passavano veramente meglio delle rispettive madri, mogli e figlie?
http://antifeminist.altervista.org/risorse/lavori_ripugnanti.htm
@Icarus: Scusa, mi puoi citare le fonti? Intendo dire, quali Consigli Comunali (o Provinciali, o Regionali) italiani sono stati sciolti perché non c’era una quota di donne? E qual è la legge (numero, riferimento alla Gazzetta Ufficiale, etc, approvata quando?) che imporrebbe la chiusura dell’azienda se non ha un tot numero donne in consiglio di amministrazione? E i nomi delle aziende italiane che sono state chiuse per questo motivo? Immagino che ci siano degli articoli recuperabili su questo e certo tu li hai visto che citi casi così precisi. Sono curiosa, perché non ho mai avuto notizia di niente di simile. Se puoi quindi fornirmi i riferimenti precisi, grazie.
Ah, scusa, io alle recenti regionali ho votato in Veneto. Non ricordo, sulle schede elettorali, alcuna “doppia preferenza obbligatoria” per una donna, e non credo che le schede fossero diverse da Regione a Regione… quindi, scusa, ma di preciso a cosa fai riferimento? Non ho capito.
ma si ritrovano però in una società che pretende ancora da loro l’assunzione in via praticamente esclusiva dei compiti tradizionali. Solo che la risposta che la società dà loro è: tornate ad occuparvi di quello che tradizionalmente la donna fa, perché quella è la vostra natura e da là non si scappa. E su questa lunghezza d’onda, anche se magari in modo inconscio, sono la gran parte degli articoli e dei commenti di questo sito. (Galatea)
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Ma di chi parli? A quale società e a quale epoca fai riferimento? Le giovani donne di oggi sono la maggior parte delle diplomate e delle laureate, non sono costrette a salire sulle impalcature né a lavorare in fonderia, tantomeno a fare le asfaltiste. Scelgono se sposarsi o no, se avere figli o no; quando escono con un uomo e ci vanno a spasso o a cena, quasi mai spendono un centesimo. In sostanza, i soldi di lui vanno nelle tasche di lei; i soldi di lei restano nelle tasche di lei (eccezioni a parte). Se vogliono possono far sesso quando vogliono e con molta più facilità di un uomo comune. Nonostante ciò vi atteggiate continuamente a “vittime del sistema maschilista”. Che schifo.
@Alessandro: Oddio, credo che l’immagine della velina possa essere “celebrativa” della donna quanto quella del “tronista” dell’uomo, non credi? Entrambi, sia la velina che il tronista, usano la loro immagine – anche perché non hanno altro: di talento vero se ne vede ben poco- per “vendersi”. Per carità, è una loro scelta e rispondono ad una esigenza di mercato.
Per me le Veline sono liberissime di fare quello che fanno, anche se, a volte, trovo un po’ degradante che vengano usate come un elemento decorativo fine a se stesso. Ma trovo deprimenti anche i tronisti.
Mi preoccupo però quando molti pensano che l’unico modello “vincente” di donna, o di uomo, sia la velina o il tronista, e quando il messaggio che passa è che al mondo è lecito fare tutto pur di ritagliarsi un po’ di visibilità, non importa ottenuta come o per quanto. Ma, come vedi, questo è un discorso che va al di là dell’essere uomo o donna, come al solito.
@Armando: Che nel corso dei secoli passati le donne avessero meno diritti degli uomini e non fosse riconosciuta loro alcuna forma di parità è un dato di fatto storico. Quando si analizza il passato, se ne deve tenere conto,e ricordarlo non è una ricostruzione arbitraria: sarebbe un falso storico presentare ricostruzioni in cui le donne vengono presentate come pari all’uomo. Nella Grecia classica, nella democratica Atene, per esempio, un donna, formalmente non era mai maggiorenne, non poteva ereditare ma solo passare il patrimonio eventualmente al marito, non aveva alcuna reale libertà. Ciò è perdurato de iure fino alla Rivoluzione Francese, ma in realtà si è protratto fino alla seconda metà del ‘900. E’ soltanto a partire dal ‘900, quando hanno ottenuto il diritto di voto, e poi sono andate a lavorare a hanno cominciato ad entrare in ogni ambito sociale che le donne hanno raggiunto una reale forma di affrancamento e di libertà. In Italia, per dire, è solo dagli anni ’60 che le donne, anche se in possesso del titolo di studio, possono fare i concorsi per entrare in magistratura, o nella pubblica amministrazione. Questo va ricordato perché è storia.
Quanto alla “cultura maschilista”, non so perché tu pensi che essa sia praticata solo dai “maschi”. Molto spesso anche le donne sono ferocemente maschiliste: basti pensare alle differenze di educazione che le madri impartiscono, spesso ancora oggi in talune famiglie molto tradizionali, alle figlie femmine e ai figli maschi.
@Alessandro: Tante volte Fabrizio, Damien, Luke, Marco e io e altri abbiamo spiegato cosa intendiamo per “mercificazione”.Diverso da quello che intendono le femministe.
Le femministe odiano le Veline semplicemente perchè ne sono invidiose. La loro motivazione nobile della lotta contro la “mercificazione” serve solamente da paraculo per celare la loro reale motivazione per cui si oppongono al Velinismo: sono invidiose che milioni di occhi maschili sono puntati sul culetto delle veline e non sul loro. Del resto, le femministe vanno vestite proprio come le veline: in modo succinto e provocante.Difendono con le unghia e con i denti il diritto di cammionare mezze nude in pubblico, esattamente come le Veline. Il Velinismo è proprio il prodotto della cultura femminista. A parole dicono di contestarlo, ma intanto ci marciano. Perchè speculando sui desideri sessuali maschili si ricavano interessi personali e di mercato.
Leggiti questo mio commento di alcuni giorni fa, nell’ articolo Dalla:
Lo “smutandamento” tanto spacciato per “libertà sessuale delle donne”(mai poi al momento opportuno, ipocritamente imputato al “maschilismo” e alla sua concezione della “donna oggetto”) vuol dire Potere, Potere Sessuale e tutto ciò che questo Potere comporta(e dopo vedremo il perchè). Il messaggio subliminale è più o meno questo “oh maschietto, io mi vesto in questo modo per costringerti ad arraparti ed ad eccitarti..però io non te la dò…e non dandotela, ti arreco senso di frustrazione, perchè al desiderio fisiologico che ti ho innescato, non seguirà una sua realizzazione, un suo appagamento, a meno che tu non sia o non faccia altro, altro, altro”.
Dove questo “altro” può significare cose diverse a seconda del momento o dell’ opportunità del momento: può significare essere un “bellone”, oppure un uomo da cui si vuole ottenere qualche forma di vantaggio. La donna che va in giro o a lavoro a all’ università, scollata e/o con il filo interdentale in mezzo alle chiappe che le esce dal pantalone a vita bassa e attillato, non lo fa per concedersi sessualmente(altrimenti sarebbe un trombare continuo, e nessuno andrebbe più a prostitute), ma solo e soltanto per provocare sessualmente, perchè “sa” che quando va vestita in questo modo, tutti gli occhi maschili sono puntati su di lei, e quindi molti maschi si venderebbero pure l’anima a lei per poter usufruire della sua “Somma” e “Aurea” fessura in mezzo alle gambe. Se non altro “sa”, ad esempio, che dovendo attraversare la strada, c’è la possibilità, che non dovrà attendere il verde(o trovare le strisce pedonali) perchè sempre ci sarà qualche automobilista che la faccia passare per osservare inebetito il suo culo sculettante e schiappetante; oppure che dovendo sostenere un esame all’università, magari, c’è una possibilità che il suo prof le possa mettere un voto più alto(questo è un classico), oppure che facendo l’impiegata in un ufficio, il suo capo sedotto dal filo interdentale delle sue “divine” chiappe o dai seni scollati in rilievo, arrivi a farla salire di ruolo con la (spesso vana) speranza che lei si conceda; oppure che possa trovare un maschietto zerbino che inebetito di fronte alle sua grazie corporee si mette a sua disposizione come lo schiavetto e darle sempre ragione “gne, gne” con la (sempre vana) speranza che lei si conceda a lui(le donne, del maschio cavaliere, galante e zerbino di tutto si servono tranne che del suo pene, è bene che lo sappiate cari signori “maschili plurali” , “uomini in cammino” e “maschi per obbligo”); oppure che mettendosi in politica, c’è sempre la possibilità, che a differenza degli uomini beta e delle donne “brutte” come la Bindi(o cmq non attraenti), non debbano fare anni e anni di militanza politica a sorbirsi attacchi e insulti, o a cercare una raccomandazione, ma basta esibire il culetto,e poi con qualche pompino, diventare deputata o addirittura ministra. E così via.
Per questo le tante lamedukkine.. si oppongono alla Prostituzione: perchè dietro la motivazione nobile della lotta contro “lo sfruttamento del corpo femminile” si cela, in realtà, una motivazione inconfessabile, perchè ben poco nobile: cioè i tanti vantaggi che si possono ottenere dal Potere Sessuale: cioè facendo eccitare il maschio, ma poi reprimere o controllare i desideri innescati, rendendolo succube psicologicamente in modo tale poterlo ricattare o controllare a proprio piacimento per ottenere i vantaggi, di cui quelli prima detti, non sono che un piccolo esempio.. Ma non lo ammetteranno mai, perchè hanno la coscienza sporca.
Si gioca, quindi, sui desideri sessuali maschili, per una questione di potere e di interessi. Ed è sciagurato giocare sugli istinti fisiologici, cioè innescando il desiderio sessuale, ma poi non permettergli di realizzarlo(se non nelle condizioni dette prima): è come mettere una bistecca di fronte ad un affamato, facendogliela odorare,risvegiandogli violentemente gli istinti alla nutrizione, ma poi non permettergliela di mangiare a meno che non sia un ricco. L’esempio e l’analogia di prima calzano alla perfezione con la dinamica della provocazione sessuale. Pur non potendo essere messi sullo stesso piano(l’istinto alla nutrizione è più vitale e importante di quello sessuale), sono entrambi desideri e istinti fisiologici, e che come tali non possono e non devono essere innescati se non per permettere di appagarli. Altrimenti è SADISMO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
chiedo scusa se mi intrometto: ammetto di non aver letto tutti gli interventi, riga per riga, ma solo sommariamente e quindi mi scuso in anticipo se dico una cosa già detta.
Come sempre, si estremizzano un po’ le posizioni da ambo le parti: se il femminismo (o certo femminismo come sostiene Galatea) ha deresponsabilizzato la parte femminile per farla apparire sempre e comunque vittima nella storia, di conseguenza colpevolizzando la parte maschile, non è nemmeno giusto fare il contrario. Va da sè che nel momento in cui si evidenziano responsabilità di genere rosa si è attaccati di norma ovunque in misura maggiore che non se si fa il contrario.
Non sono d’accordo con te Galatea quando dici che non rispondi (cito testualmente)
su cose che sono emerite cazzate, sparate da una minoranza di “femministe” arrabbiate e su cui non rispondo per il semplice motivo che non mi riguardano.
Secondo me mi riguardano eccome. Anche se una sola femminista estremista sparasse pubblicamente una cazzata a nome del genere femminile, perchè mai io non dovrei dissociarmi e manifestare la mia contrarietà?
Si è fatto un mantra sul principio che la violenza maschile deve riguardare anche gli uomini che violenti non sono, perchè mai non ci dovrebbero riguardare le cazzate sparate a “nome di tutte” da qualcuna?
@Galatea:
Sì, un comune pugliese fu sciolto da una sentenza del Tar perchè nella giunta non vi erano donne(alla faccia della democrazia e delle meritocrazia, in base alle quote rosa si deve ragionare per sessi non per individui). Se vuoi cerca anche su google, vi sono centinaia e centinaia di informazioni:
http://blog.panorama.it/italia/2009/09/24/taranto-niente-donne-giunta-sciolta-femminismo-o-sessismo/
Per quanto riguarda le doppie preferenze, forse da te non si è fatto così, da me(a Napoli e in Campania), invece per ogni partito si poteva scegliere per due candidati(nella doppia preferenza era obbligatorio mettere una donna, alla faccia della libertà di scelta).
Per quanto riguarda gli enti e le aziende che sono tenuti a rispettare le quote rosa, vi sono valanghe di informazioni, basta mettere un pò il naso nel mondo o cmq fare una semplice ricerca su internet.
Silver, sicuramente, avrà materiale da mostrarti.
@Galatea:
http://www.altalex.com/index.php?idnot=47759
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/quote-rosa-rischio-1600-giunte.shtml?uuid=9dc97f40-ac06-11de-8787-08bef260efb1&DocRulesView=Libero
@Galatea
Il tradizionalismo e l’arretratezza culturale che denunci le attribuisci al maschilismo che attecchisce a tuo avviso sia su uomini che su donne.
Quello che non sottoscrivo Galatea è questa tua diagnosi, viziata dalla presunzione aprioristica che i responsabili di questa situazione siano fondamentalmente gli uomini (maschilisti e non),anche se non lo dichiari.
La realtà come giustamente hai detto, è un pò più complicata.
Riprendendo quanto tu stessa hai ammesso, contrapporre ad una cazzata,un’ altra cazzata non ha senso ma è proprio questo non-senso che qui noi denunciamo riferendoci al femminismo (meglio ancora al post-femminismo).
La maggioranza delle donne diversamente da quanto tu dici nella pratica si ritrova a fare di necessità virtù, ovvero a mettere in gioco se stesse abbracciando i valori dominati che l’attuale società ha consacrato.
Possiamo stare qui fino a domani ma vedrai che alla fine sarai costretta a darci ragione concludendo “è vero quello che dite,ma io non ho mai ragionao così e come me tante altre”.
Io credo che vi sia malafede e/o inconsapevolezza da parte di molte donne che da un lato rivendicano pari dignità rispetto agli uomini e su questo siamo tutti d’accordo, ma dall’altro fanno perno ESATTAMENTE su quei retaggi culturali di cui non mancano di lamentarsi,addossandone immancabilmente ed esclusivamente la responsabilità alla controparte dominante/maschile.
Siccome Uomini Beta è movimento che nasce a sinistra, ha scelto come metodo di adottare la dialettica basata sulla distinzione tra classe dominate e classe subalterna : si tratta più che altro di una scelta di metodo e non di incasellare le persone,ma serve per dare un orientamento politico al tipo di trasformazione sociale che un movimento di sinistra tradizionamente propugna.
L’assunto base che tu critichi Galatea non dovrebbe essere tanto quello che secondo noi la maggior parte delle donne sono zoccole (cosa per altro non necessariamente vera,almeno per quel che riguarda me e altri..) o opportuniste quanto il fatto che attualmente il ruolo che la donna si ritrova è quella di segretaria/portaborse/assitente/consulente/velina e chi ne ha più ne metta messa lì dall’uomo alfa di turno, e che l’emancipazione della donna è stata fatta in qualche modo “pagare” da quest’ultima con la svendita dell” “anima” e/o della propria femminilità secondo alcuni…
In particolare Fabrizio nel suo libro azzarda proprio quanto appena da me scritto ovvero che le istanze favorevoli all’emancipazione delle donne sono state accolte proprio nel momento in cui le donne hanno fatto loro certi tratti “maschili/dominanti” e si sarebbero quindi prestate,in cambio di una libertà attesa da secoli, ad essere le prime sostenitrici del sistema che le ha concesso di “esprimersi” e che tutt’ora le esalta.
Noi abbiamo scelto di diffondere questa consapevolezza e la troviamo fondamentale.
Accusarci di opporre al femminismo una sorta di neo-maschilismo machista è alquanto riduttivo, se non fuorviante.
Cmq sono contento che hai cominciato ad “attaccarci” senza essere insolente ed arrogante come qualcun’altra,non che non me l’aspettassi (personalmente non ho mai fatto confusione tra Galatea, Nicole e altre), significa che non ti sei fermata a qualche post che preso singolarmente risulta indubbiamente non rappresentativo delle nostre idee, e questo non può che farmi piacere.
@Icarus: Non ti preoccupare, caro, per farti capire che non verrei con te manco morta, se mai ti incrocio vedrò di mettere un burka.
Ah, io aspetto ancora i riferimenti normativi o le fonti per le affermazioni che hai fatto (Consigli Comunali sciolti perché non vi era una quota di donne, schede alle passate regionali con seconda preferenza obbligatoria alle donne, etc.) e che ti ho chiesto sopra. Se sei in grado di fornirle, fallo, altrimenti cataloghiamo le tue affermazioni in merito nel pittoresco archivio delle leggende metropolitane.
“Non ti preoccupare, caro, per farti capire che non verrei con te manco morta, se mai ti incrocio vedrò di mettere un burka.(Galatea)
Per te non esistono le vie di mezzo, gli equlibri, vero? O con il burqa o con il culetto fuori. Una via di mezzo?? ma per carità!!! Questa sarebbe libertà! Tenetevela pure, sta “libertà”!
Non verresti con me?? Non ci tengo, grazie.
” Ah, io aspetto ancora i riferimenti normativi o le fonti per le affermazioni che hai fatto”(Galatea)
Ti ho risposto prima, purtroppo Fabrizio li ha pubblicati in ritardo, prima che tu scrivessi questo commento.
Ecco la risposta di prima:
” Sì, un comune pugliese fu sciolto da una sentenza del Tar perchè nella giunta non vi erano donne(alla faccia della democrazia e delle meritocrazia, in base alle quote rosa si deve ragionare per sessi non per individui). Se vuoi cerca anche su google, vi sono centinaia e centinaia di informazioni:
http://blog.panorama.it/italia/2009/09/24/taranto-niente-donne-giunta-sciolta-femminismo-o-sessismo/
Per quanto riguarda le doppie preferenze, forse da te non si è fatto così, da me(a Napoli e in Campania), invece per ogni partito si poteva scegliere per due candidati(nella doppia preferenza era obbligatorio mettere una donna, alla faccia della libertà di scelta).
Per quanto riguarda gli enti e le aziende che sono tenuti a rispettare le quote rosa, vi sono valanghe di informazioni, basta mettere un pò il naso nel mondo o cmq fare una semplice ricerca su internet.
Silver, sicuramente, avrà materiale da mostrarti.”
Guarda qui:
http://www.altalex.com/index.php?idnot=47759
e
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/quote-rosa-rischio-1600-giunte.shtml?uuid=9dc97f40-ac06-11de-8787-08bef260efb1&DocRulesView=Libero
@Galatea:
” Non ti preoccupare, caro, per farti capire che non verrei con te manco morta, se mai ti incrocio vedrò di mettere un burka”
..sti cazzi!…ci risiamo con gli sfottò.
Complimenti!
Il pensiero di Galatea gira all’interno del più perfetto soggettivismo dal quale non può uscire: “Siccome io non sono femminista …il femminismo non esiste (ci sono solo 4 matte che straparlano)”. Ossia: “Siccome io non sono razzista il razzismo non esiste”.
Il femminismo è una boiata, quindi …di che preoccuparsi?
“Il razzismo si fonda su balle scientifiche, perciò è una boiata. Quindi i lager non sono mai esistiti.”
Galatea giura di non essere femminista. Lo crede in buona fede. Infatti parla come tutte le femministe praticanti (le quali si dichiarano tutte antifemministe). Alcune perle:
A – ” …che grazie alla liberazione femminile hanno cominciato a considerarsi “esseri umani” e come tali ad avere sogni ed aspirazioni che vanno oltre quelle tradizionalmente permesse alle donne (madre, moglie)”
Precisamente quel che viene predicato da 50 anni.
B – “è solo dagli anni ‘60 che le donne, anche se in possesso del titolo di studio, possono fare i concorsi per entrare in magistratura, o nella pubblica amministrazione. Questo va ricordato perché è storia.”
Questo va ricordato perché è un capo di imputazione contro gli UU, una delle tante cambiali da riscuotere da qui all’eternità.
C- ” Scusa, (Icarus) mi puoi citare le fonti? …(…) …Sono curiosa, perché non ho mai avuto notizia di niente di simile.”
Come previsto …non le risulta!
D- “…la parità dei sessi significa anche riconoscere che in Italia c’è ancora una mentalità ferocemente tradizionale, antimoderna e maschilista (diffusa in gran parte della popolazione, sia uomini che donne), ed è questa che determina l’arretratezza del nostro paese e presenta le donne come naturalmente relegate in certi ruoli:…”
Ne prendo spunto per far notare una delle tecniche del conflitto antimaschile che consiste in questo: nella descrizione a proprio uso e consumo di quel che “sta (starebbe) nella testa degli UU” La ricostruzione dell’interiorità maschile nel versante non solo delle esperienze, ma anche delle intenzioni.
Questo ha lo scopo di focalizzare l’attenzione non su quel che è, sulla realtà fattuale, ma su quel che gli UU pensano (tanti, pochi, tutti, nessuno che siano) e quel che pensano è – ovviamente – qualcosa di antifemminile. L’attenzione viene dirottata letteralmente sul contrario di ciò che esiste.
“Ci sono UU che pensano che le DD non dovrebbero insegnare” Che ci siano ancora uomini con queste idee è una bella indecenza, diciamo noi. E mentre noi pensiamo a questi retrogradi/farabutti …la scuola è dominata dalle DD.
“Ci sono dei maschi francesi che pensano le DD non dovrebbero stare in magistratura”. E mentre noi pensiamo a questi retrogradi/farabutti …le DD in Francia sono ormai quasi l’80% dei magistrati. (in Italia siamo in ritardo…)
“Ci sono maschi che pensano le femmine dovrebbero fare figli e basta” E mentre noi pensiamo a questi retrogradi/farabutti… la media dei figli è caduta così in basso che entro un paio di generazioni saremo finiti. Amen!
“Ci sono uomini che pensano che le femmine non dovrebbero studiare” E mentre noi pensiamo a questi retrogradi/farabutti… si va verso il F 3 – M 1 nelle lauree.
Ne parleremo.
Altra tecnica (inconscia, è quella del “non mi risulta” e della richiesta delle fonti. Ne ho scritto forse 5 anni fa sul vecchio forum.) Ci tornerò sopra.
RDV
Gala, sei davvero poco informata. Esistono quote rosa ovunque, dai consigli di amministrazione, alle borse di studio universitarie, ai corsi finanziati da regioni e Unione Europea, ecc..La tua ignoranza in materia è però ampiamente giustificabile, perchè di questi argomenti non si parla. Cosa vuoi che gliene freghi all’uomo alfa( da intendersi come uomo di potere o comunque altamente benestante, visto che c’è qualche difficoltà a inquadrarlo) che ha mille conoscenze di contestare norme che privilegiano il sesso femminile, quando potrà sistemare il proprio figlio ovunque vorrà appena schioccherà le dita? E una donna che ha elevato il “Noi Donne prima di tutto” che interesse potrà avere a diffondere queste conoscenze? Quanto riportato da Icarus è verissimo. Basta una semplice ricerca su internet per rendersene conto e tu che sei un’esperta del web non dovresti faticare a trovare ciò che t’interessa. Aggiungo anche che in un Comune dell’Emilia, se ricordo bene, una giunta di sole donne non è stata sciolta perchè si ritiene legittimo che ciò possa accadere, mentre il contrario viene ritenuto fuori legge. Altro esempio di due pesi e due misure ( ma su questo caso mi riservo di verificare). Altro che leggende metropolitane, è tutto su internet. Ti assicuro che sui privilegi di cui gode il sesso femminile potrei allungare a dismisura l’elenco. Invece i privilegi che tu attribuisci agli uomini quali sarebbero? Ecco questo è un tipico modo di ragionare femminista: attribuire privilegi, vantaggi che non esistono, facendo leva sui luoghi comuni, perchè dubito fortemente che tu me ne sapresti indicare uno solo. Lasciamo stare il passato, in cui si rifugia chi ha poco da dire sul presente.
Icarus: ho capito perfettamente che cosa tu o anche Fabrizio intendete per mercificazione della donna, così come il tuo punto di vista sullo “smutandamento”. Io penso però, diversamente da te, che “lo smutandamento” sia da considerare più come una forma di femminilità, di sensualità femminile, più o meno apprezzabile a seconda dei punti di vista, che una forma ricattatoria verso l’altro sesso. Che poi se ne faccia anche un uso improprio, vedi agevolazioni in cambio di sesso, questo accade e non lo metto in dubbio.Ci ritroviamo su tantissimi punti, su questo divergiamo un pò, è normale. Non siamo stati clonati
Per rspondere anche all’altra obiezione di Gala: io non ho scritto che le veline sono una celebrazione delle donne, ho scritto che per me non le degradano affatto, il che è abbastanza diverso. E poi per ogni velina in tv ci sono decine di poliziotte, scienziate, giornaliste, imprenditrici, psicologhe, ecc. ecc., che bazzicano nelle fiction o nelle varie trasmissioni di approfondimento. Bene queste figure femminili vengono sempre trattate con tutti gli onori e celebrate soprattutto quando decantano le virtù del proprio sesso di appartenenza, il che non accade certo di rado.
Luka Cage “Il tradizionalismo e l’arretratezza culturale che denunci le attribuisci al maschilismo che attecchisce a tuo avviso sia su uomini che su donne.
Quello che non sottoscrivo Galatea è questa tua diagnosi, viziata dalla presunzione aprioristica che i responsabili di questa situazione siano fondamentalmente gli uomini (maschilisti e non),anche se non lo dichiari.”
Non è che non lo dichiaro, non lo penso proprio e l’ho già detto: per secoli le donne hanno contribuito a perpetuare una società di tipo tradizionale, che era basata sulla rigida divisione dei ruoli. Avevano, è vero, scarse possibilità di cambiarla, dato che non avevano accesso all’istruzione, erano impossibilitate a controllare le nascite per giuntal’assenza di macchine che aiutassero nei lavori domestici tenevano la maggior parte delle donne occupate a mandare avanti la casama certo loro stesse hanno adottato e fatto propri molti di quei valori “tradizionali” (io preferisco chiamarli “tradizionali”, non “maschili”, come vedi).
“La maggioranza delle donne diversamente da quanto tu dici nella pratica si ritrova a fare di necessità virtù, ovvero a mettere in gioco se stesse abbracciando i valori dominati che l’attuale società ha consacrato.”
Be’ però deciditi: o siamo ormai padrone del mondo e elite dominante perché abbiamo, come si sostiene qui, una legislazione ed una società che ci appoggia e ci favorisce in toto, oppure siamo delle povere disgraziate che devono per forza appiattirsi sul maschio alfa per riuscire a fare un minimo di carriera. Quale delle due?
“Possiamo stare qui fino a domani ma vedrai che alla fine sarai costretta a darci ragione concludendo “è vero quello che dite,ma io non ho mai ragionao così e come me tante altre”. Frase perfettamente ribaltabile: sarai costretto a darmi ragione tu, perché molte donne non ragionano e si comportano come dite voi, quindi l’argomento non vale una cippa.
“In particolare Fabrizio nel suo libro azzarda proprio quanto appena da me scritto ovvero che le istanze favorevoli all’emancipazione delle donne sono state accolte proprio nel momento in cui le donne hanno fatto loro certi tratti “maschili/dominanti” e si sarebbero quindi prestate,in cambio di una libertà attesa da secoli, ad essere le prime sostenitrici del sistema che le ha concesso di “esprimersi” e che tutt’ora le esalta.”
Quello che proprio sembrate non capire è che le donne, quei caratteri che voi indicate come “maschili” li hanno sempre avuti, perché non sono affatto “maschili” o “femminili”, ma tipici di qualsiasi essere umano. Dire che le donne sono più sensibili, dolci, disposte al sacrificio, attaccate alla famiglia etc etc è semplicemente scambiare, molto spesso, caratteristiche che la società ha catalogato come “femminili” ed imposto per caratteri naturali. un po’ come una volta si iceva che le donne non si appassionano di sport o sono poco portate per le materie scientifiche (si è visto che non è vero).
Ci sono donne, come uomini, che amano il potere, vogliono e sanno prendere decisioni, sono egoiste/i e non vogliono sacrificarsi per nessuno, preferiscono il lavoro alla famiglia tradizionale; altrei/e che sono dolci, attaccati alla famiglia, corretti, onesti, non accettano di svendersi, etc. Ogni individuo va giudicato per ciò che fa, non per il sesso cui appartiene. Non è che tutte le donne “decisioniste” fanno così per imitare il maschio: semplicemente hanno un carattere di quel tipo, così come non tutti gli uomini dolci e comprensivi sono “effemminati”. Nel corso dei secoli la nostra società ha etichettato come “maschili” alcuni tipi di atteggiamenti, e come “femminili” altri, e ha insegnato ai maschietti a enfatizzare quegli atteggiamenti “maschili” e alle femminucce ad enfatizzare quelli “femminili”. Ora, per fortuna, siamo in un periodo in cui ciascuno, invece, può secondare più liberamente il proprio io. Quindi io posso dare sfogo liberamente ad alcuni lati poco “femminili” del mio carattere senza per questo sentirmi meno “femmina”, mentre anche solo trent’anni fa non avrei potuto farlo senza venire giudicata “stramba”. E’ per questo che sono tanto, ma tanto, ma tanto contenta di essere nata ora. Ed è per questo, però, che voi rimanete a volte molto spiazzati davanti alle donne d’oggi: non vi rendete conto che sono esattamente come le vostre mamme o nonne, solo che le vostre mamme o nonne, certi lati del carattere avevano imparato che dovevano reprimerli per essere socialmente accettate, mentre noi donne moderne non abbiamo più questa necessità, e quindi molto spesso ci comportiamo in maniera molto più simile a voi, sotto tutti i punti di vista.
Galatea, complimenti per il fulgido esempio di discussione tollerante. Facciamo una cronologia: alle 14.12 (mezz’ora più, mezz’ora meno, visto che i commenti devono prima passare da Fabrizio e non sta certo ogni secondo a controllare) chiedi conto a Icarus delle sue affermazioni. Questo in genere è il momento in cui a una domanda simile dalla controparte le femministe e postfemministe (cioè quelle che hanno interiorizzato talmente bene i metodi femministi da dichiararsi per nulla femministe rispondono “non è mio dovere spiegarti, sei tu che devi informarti”) . Alle 15.46, cioè un’ora e mezza dopo, Icarus ti fornisce le fonti. alle 16.50, cioè un’altra ora dopo, “stai ancora aspettando”, altrimenti decreti ex cathedra il tutto “leggenda metropolitana”. E come mai? Perché a te “non risulta”, come sintetizzava Rino.
Scommetto che sei il tipo che manda un’email a qualcuno e dopo un’ora gliene manda un’altra chiedendo perché mai non ha ancora risposto. E magari gli togli il saluto.
E forse non hai ancora capito che qui la gente non ti risponde nella speranza di “venire con te”. Ti è mai venuto in mente che forse sei tu a dover dimostrare se vale o meno la pena di parlarti? Se vuoi metterti un burka o meno sono affari tuoi, nessuno te l’ha chiesto. Quelli che sperano di “venire con te” rispondono sul tuo blog con garbata ironia floreale e la premessa d’obbligo: “Sono un maschietto”.
@Icarus: Quindi, tanto per cominciare, non è il Consiglio Comunale (che è votato dai cittadini) che è stato sciolto (o meglio: solo minacciato di scioglimento: gli è stato concesso del tempo per emendare l’irregolarità amministrativa riscontrata), ma la Giunta Provinciale di Taranto. Ora, la Giunta non è un organismo elettivo: le deleghe agli assessori vengono date dal Sindaco o, come in questo caso, dal Presidente della Provincia, su suo esclusivo mandato, e possono essere da lui revocate in qualsiasi momento: esso però si deve attenere, nell’indicare i personaggi di sua fiducia, ai regolamenti ed agli Statuti dell’istituzione di appartenenza. In questo caso, se c’è un regolamento (lo Statuto della Provincia di Taranto) che prevede una quota riservata alle donne, e il Presidente nel formare la Giunta lo viola pur sapendo che esiste, ovviamente la Giunta può essere sciolta dal TAR.Se voleva fare le cose a norma di legge, doveva prima far approvare dal COnsiglio la modifica dello Statuto, con abolizione della quota rosa, e poi avrebbe potuto farsi la sua Giunta tutta di uomini senza rischiare nulla. Diciamo che, come politico, non ha dimostrato grande abilità e soprattutto scarsa conoscenza dei Regolamenti, che è grave.
Il voto dei cittadini, però, non è per nulla inficiato, perché loro non eleggono la Giunta, ma il Consiglio (che può essere sciolto o commissiariato solo per decisione del Governo e del Ministro dell’interno, mentre qui, come vedi, si fa riferimento solo allo Statuto della Provincia di Taranto e al TAR).
Poi si può discutere se sia lecito riservare una quota fissa alle donne in una istituzione locale o meno, ma quando citi una cosa, almeno stai attento a riportare correttamente i termini, o prendi fischi per fiaschi, come in questo caso. L’articolo del Sole24ore che riporti ha una uguale imprecisione: dice che dopo questa sentenza del TAR sarebbero a rischio più di 1600 Giunte. Il che è inesatto: potrebbero essere a rischio solo se anche in quei 1600 posti ci fosse uno Statuto o un regolamento che prevede una “quota femminile” nella Giunta. Se non c’è, sono a rischio del piffero. L’articolo 6 comma 3 del testo Unico del 2000 citato, infatti, non prevede affatto che si debbano per forza istituire delle quote rosa, ma solo favorire la partecipazione femminile alle Giunte e Commissioni.
Parimenti valga per l’assunzione di personale femminile nelle aziende: nessuna azienda, come tu scrivi, può essere “chiusa” per non aver assunto delle donne. Le grandi aziende (per le piccole e medie imprese le regole sono diverse) sono invitate a favorire l’inserimento di personale femminile, ma possono essere condannate solo se viene dimostrato che hanno operato politiche volte a non garantire pari accesso al lavoro alle donne o a discriminarle. Questo non per una fantomatica “quota rosa”, ma perché sarebbe una violazione dell’articolo 3 della Costituzione, nonché dello Statuto dei Lavoratori.
Quanto alle schede “campane” che tu mi citi, non ne ho notizia: ma se così fosse, mi pare strano che nessuno abbia fatto ricorso: non vi può essere infatti nessun obbligo per l’elettore a votare un determinato candidato. Sarebbe anticostituzionale e peraltro impossibile da verificare (se vota due maschi, che faccio? Annullo la scheda? Oppure lo accompagno dentro la cabina e mi assicuro che voti due nomi e che uno sia femmina?) Quindi, se mi puoi fornire un link che spieghi meglio la faccenda, te ne sarei grata, perché così come la racconti tu mi pare molto strana.
Il tradizionalismo ricordato da Galatea è poi una palla al piede per uomini e per donne. E’ imputabile a esso, per esempio, il logorante corteggiamento che un uomo si ritiene debba esprimere per conquistare la donna che brama o che desidera per una semplice avventura. Sarebbe da buttare a mare con somma soddisfazione di uomini e donne.
Non confondiamo le acque. Se gli individui sono tutti uguali, e non devono esserci discriminazioni di sesso ( v. art. 3 della Costuituzione ), qualsiasi quota rosa in qualsiasi ente o gruppo , discrimina gli uomini. Insomma, o si e’ uguali , o non si e’ uguali.
O no ?
A proposito, visto che Omero, Einstein , ecc hanno rubato idee femminili ( o dietro c’erano ” grandi donne” ), anche Hitler in realta’ era Adolfa, come anche Tamerlana, Attila, jaqueline la squartatrice,
e la d.ssa mengele Giuseppina
@Galatea:Allora non hai capito nulla. Chi ha scelto tale giunta è stato ELETTO,e anche se non fosse stato eletto, ha il diritto di scegliere le persone per la sua giunta come gli pare, e non certo su base sessuale!!! La stessa cosa, io datore di lavoro, ho diritto di scegliere in base a quelli che io ritengo elementi meritocratici e non certo su base sessuale, razziale o religiosa! Le quote rosa sono anticostituzionali!
E cmq so di un comune (chi lo, per piacere, lo citi, io non mi ricordo)in Italia, in cui vi è una giuta tutta al femminile!!!!!!!!!! Due pesi e due misure!!!
” Parimenti valga per l’assunzione di personale femminile nelle aziende: nessuna azienda, come tu scrivi, può essere “chiusa” per non aver assunto delle donne”(Galatea)
Ti sbagli di grosso!!! Alcuni enti, anche nei concorsi, sono obbligati far rispettare una soglia prestabilita di percentuale femminile!! Io stesso ho fatto dei concorsi e in questi bandi era obbligata una percentuale obbligatoria femminile, tant’è che io in uno di questi sono stato escluso per far spazio ad una donna, in base alle quote rose, nonostante io avessi un acquisito un punteggio superiore a lei!!!!!!!!!!!!!!
” . Le grandi aziende (per le piccole e medie imprese le regole sono diverse) sono invitate a favorire l’inserimento di personale femminile,”(Galatea)
Ah si??????? Già, “invitate” a “favorire”. Da quando in qua si “favorisce” un “genere” o una categoria, se non apaprtenente ad una fascia debole??!!!! Implicitamente, state affermando che le donne sono una “fascia debole”(come gli invalidi). ma non eravate voi il “vero sesso forte”??? Oppure siete il sesso superiore tale da pretendere vantaggi, come i bianchi nel Sud Africa dell’ Apartheid???!!!!!
” Quanto alle schede “campane” che tu mi citi, non ne ho notizia: ma se così fosse, mi pare strano che nessuno abbia fatto ricorso:”(Galatea)
Sei così saccente, che ritieni di sapere meglio di me ciò che è successo nella mia città nella mia regione!!!!
Vedi qui:
http://www.metropolisweb.it/Notizie/Politica/legge_elettorale_campania_addio_listino_ok_quote_rosa.aspx
http://www.ilsussidiario.net/News/Come-si-vota/2010/3/25/ELEZIONI-REGIONALI-2010-Come-cambiano-le-modalita-di-voto-nelle-regioni-Toscana-Marche-Campania-Puglia-e-Calabria-elezioni-regionali-2010/3/75178/
A proposito dei presunti scippi subìti dalle femmine, leggete cosa scriveva tal M. Giacobino, su NOIDONNE, del settembre 1989. (Silver)
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Silver, mi sembri una enciclopedia vivente…
Ma come fai a ricordarti del tale articolo pubblicato sul tale giornale, ad oltre vent’anni di distanza?
Cara Galatea, mi scuso per la eccessiva lunghezza ma hai messo tanta carne al fuoco e la sintesi non è mai stata il mio forte. Per questo ti risponderò per punti. Comunque ti ringrazio perché mi dai l’opportunità di chiarire alcuni concetti che era opportuno chiarire a prescindere. Per questo, come è già accaduto altre volte, non escludo di trasformare questa risposta in un vero e proprio articolo da pubblicare sul portale.
Con una premessa. Per un confronto proficuo e costruttivo, oltre che pacatezza e rispetto dell’altro, è necessaria anche una discreta dose di onestà intellettuale altrimenti non si va da nessuna parte. E’ bene ricordarlo sempre…
a) Ho ripetuto fino alla noia ma lo ripeto ancora, non c’è alcun problema, che la linea editoriale e politica del Movimento degli Uomini Beta è quella espressa negli articoli sul sito; tutti quelli sulla homepage e tutti quelli negli spazi denominati “editoriali” ed “articoli”. Anzi, per essere più precisi ancora, la linea ufficiale è quella contenuta nel nostro “Manifesto”, Il Movimento Beta” che puoi leggere sulla homepage e che ha anche un suo spazio autonomo. I valori ai quali ci ispiriamo sono quelli che leggi nella nostra “Carta Costituzionale” sempre sulla homepage: i Principi.
Poi c’è lo spazio dei “contributi” dove vengono pubblicati anche articoli che riteniamo interessanti anche se a volte non del tutto in linea con la filosofia del sito.
Il blog, cioè lo spazio dei commenti, come ho ripetuto fino all’inverosimile, è assolutamente libero. Ciò significa che chiunque può esprimere la sua opinione indipendentemente dalla linea ufficiale del sito.
Il fatto che io abbia detto che ritengo questo o quel commento importante o fondamentale non significa affatto che io lo condivida.
Avrei potuto scegliere un’altra linea, cioè fare un sito “chiuso” dove scrivono solamente il sottoscritto e quelli che la pensano come lui. Ho optato invece per un sito aperto, proprio per favorire la discussione e costruire un luogo realmente democratico. Credo, con un pizzico di orgoglio, di esserci riuscito. Qui scrive gente di sinistra, di destra, di centro. Fra noi ci sono socialisti, anarchici, anarcoidi, marxisti, ex comunisti, ex sessantottini, democratici, ex e post fascisti, tradizionalisti, cattolici, atei, liberali, moderati, abortisti e antiabortisti. Ognuno esprime le proprie opinioni in libertà senza mettere in discussione la linea ufficiale del sito. Chi sceglie di stare qui sa in che luogo si trova e lo accetta. Tutti rispettano tutti e nessuno cerca di cambiare idea all’altro o di stravolgere la filosofia del sito stesso.
Credo che questa sia una ricchezza e non so in quanti altri luoghi della rete ci sia questo tasso di democrazia dove tante persone con formazioni così diverse riescono a convivere nel pieno rispetto reciproco. Non solo, le posizioni del sottoscritto vengono spesso contestate, come è giusto che sia, cosa che non avviene nella maggior parte dei siti dove la gran parte degli utenti fa il verso al gestore…Forse anche nel tuo?…
Il fatto che il 60-65% dei commenti nel blog siano a sfondo, diciamo così, neo tradizionalista o conservatore, è dovuto al fatto, cara Galatea, che questo argomento, non certo per mia responsabilità, a sinistra, è tabù. Ripeto, tabù. Ed è proprio per questa ragione che è nato questo Movimento. Proprio per cercare di aprire una riflessione “a sinistra” sulla relazione fra i generi, in quella sinistra che ha sposato in toto le ragioni del femminismo. Quel femminismo che tu stessa ammetti abbia detto e dica un sacco di “minchiate” (parole tue). Saranno pure “minchiate”, e noi siamo d’accordo con te, ma sono minchiate diventate cultura e ideologia dominante. A tal punto che anche solo osare avanzare una critica all’infallibilità del femminismo e più in generale del “femminile” (e successivamente entrerò nel merito), significa andare incontro alle peggiori accuse sia sul piano politico che personale. Non ti devo ricordare ciò che è stato detto di noi sui soliti noti siti. E a proposito di affermazioni pesanti espresse sul nostro blog, cara Galatea, mettiti una mano sulla coscienza e vai a rileggerti cosa è stato detto sul tuo e cosa tu stessa hai detto… Ma va bene lo stesso, io non sono uno di quelli che chiede l’autocritica…Cosa fatta. Punto a capo. Siamo qui e discutiamo serenamente.
Ora tu mi critichi perché dici che, cito testualmente “non vale che tu mi dica che devo fare riferimento solo ai post, perché quello che viene scritto dai commenti viene considerato da te un contributo fondamentale, e affermazioni pesanti si trovano anche nei contributi e negli articoli”. Sui commenti ti ho già risposto, relativamente agli articoli non so proprio dove tu possa aver trovato affermazioni pesanti o lesive della dignità di chicchessia. Ma, soprattutto, siamo onesti, se avessi fatto un sito “chiuso”, cioè a senso unico, mi avresti criticato comunque perché mi avresti tacciato di essere uno stalinista oppure uno che non dà spazio alla discussione e al confronto. Il sito invece è aperto (e democratico) e puntualmente arriva la critica perché ci sono posizioni diverse da quelle ufficiali da te giudicate offensive e orribili…. Della serie, comunque vada “ti tirano le pietre”, come recitava una celebre canzone…
b) Cito testualmente dal tuo post: “Ragionate però con gli stessi stereotipi che portano le vituperate “femministe” oltranziste a dire che ogni uomo in quanto uomo è uno stupratore. Il che è un’emerita minchiata, ma in molti commenti di questo blog si sente dire sulle donne cose ben peggiori”.
Mi devi dire dove, quando e chi ha mai fatto delle affermazioni di una simile gravità tanto da essere considerate peggiori della “minchiata” femminista da te citata. Dimmelo e lo butto subito fuori dal blog. Naturalmente chiederò a te di fare altrettanto con tutti coloro che sul tuo sito ci hanno ricoperto di insulti molto gravi. Il fatto che noi la prendiamo a ridere è un’altra cosa, ma gli insulti rimangono.
c) Uomini Alpha e Uomini Beta. L’uomo alpha può essere un top manager o un calciatore, un divo del cinema o un banchiere. Non conta la professione, contano il ruolo, la funzione e la posizione sociale che un uomo occupa nella gerarchia sociale. Per essere ancora più chiari, oggi un professore di filosofia o di matematica al liceo che guadagna millecinquecento euro al mese è un beta, mentre il proprietario di una catena di rosticcerie o di supermercati è un alpha. Il primo, secondo i valori dominanti (se non siamo degli ipocriti) è ormai considerato un fallito, mentre il secondo è un uomo di successo. Il primo con il suo stipendio ci campa (male), il secondo con l’equivalente di quello stesso stipendio ci passa una serata con una delle sue Patty…
Naturalmente, come ci sono diverse categorie di uomini alpha, ci sono anche differenti tipologie di donne. E’ ovvio che una ragazza di borgata o di periferia con un livello culturale basso o medio-basso impazzirà per un calciatore o per un qualsiasi personaggio dello spettacolo mentre una ragazza piccolo medio borghese sarà più attratta da un professionista affermato o da un imprenditore. Diversamente (ma non cambia la sostanza), una donna più “intellettuale”, diciamo così, avrà come archetipo appunto un intellettuale di grido.
Cambia la tipologia ma la sostanza è la medesima. E’ l’archetipo (tu mi insegni) del maschio dominante, a tutt’oggi e soprattutto oggi, radicato nel profondo della psiche femminile, quello che fa la differenza.
Naturalmente, come abbiamo già spiegato in altre occasioni (così ti risparmio una inutile obiezione) la sociologia ci insegna che anche nel sistema più pervasivo e totalitario esiste ed esisterà sempre, grazie a Dio, un margine di irriducibilità. Quindi non tutte le donne ragionano secondo il suddetto clichè , è ovvio, ma la grande maggioranza sì. Puoi star sicura che se a vent’anni ci si può innamorare di uno studente squattrinato e fuori sede che vive in una soffitta di venti mt quadri e che per campare suona il sassofono in una metropolitana o dipinge Madonne sui marciapiedi, per i suoi occhi verdi, il suo sorriso, la sua simpatia, il suo aspetto fisico e il suo “raggio traente”, a venticinque o a trenta la musica comincia a cambiare e, chissà come mai (si fa per dire), quel ragazzo scanzonato con i riccioli che gli arrivavano sul collo che tanto ci faceva sognare comincia a perdere il suo appeal perché si comincia a “cercare altro”…E “quell’altro” che si cerca, credimi, non è un impiegato delle poste, anche se di bell’aspetto. Se è di bell’aspetto ci si può divertire, sia chiaro, ma se abbiamo l’opportunità di incappare nell’archetipo (sempre a seconda della tipologia di appartenenza), quel giovanotto di bell’aspetto salterà per aria come i tappi di sughero all’ultimo dell’anno…
Vogliamo entrare ancor di più nello specifico, per non sottrarci neanche a livello personale, per evitare che qualcuna/o possa pensare che dietro a queste considerazioni ci siano in realtà i soliti “sfigati” che si inventano teorie bislacche pur di mal celare la propria meschina condizione ? Bene, ti assicuro che io sono fisicamente molto più prestante e tonico di Massimo Cacciari nonostante i miei quasi 52 anni (attività sportiva a parte), credimi, ma sono convinto che se ci trovassimo nello stesso momento e nello stesso contesto, che so, in un salotto o durante un ricevimento, o in una università, il sottoscritto sarebbe considerato alla stregua di una formica, nel senso che diventerebbe praticamente trasparente (prima ancora che riesca a pronunciare due parole dalle quali qualcuna potrebbe anche pensare che io non sono proprio un idiota, senza per questo paragonarsi a Cacciari…)
Naturalmente per capire le ragioni profonde di questo archetipo, e soprattutto su come sia venuto evolvendosi e trasformandosi nel corso del tempo e come sia stato declinato nel contesto attuale, non è sufficiente un post. Ho tentato di farlo nel mio primo libro che mai forse leggerai e tenterò di spiegarlo ancora sul sito con gli articoli che scriverò col tempo. Non lo faccio ora per ovvie ragioni.
d) Nessuno di noi, per lo meno non il sottoscritto che è di fatto il rappresentante ufficiale del Movimento nonché il suo fondatore, è animato dalla volontà di scatenare una sciocca e qualunquistica guerricciola fra i sessi (questa peraltro è già stata scatenata dalle femministe ormai tanti anni fa).
Leggendo con più attenzione il sito ti renderai ben conto come la nostra analisi abbia il suo baricentro in un approccio critico strutturale all’intero attuale sistema. Noi riteniamo che il “femminile” abbia scelto di declinarsi in questa fase storica secondo i valori dell’ideologia dominante, fondata sulla ragione strumentale ed utilitaristica, cioè la forma specifica che il concetto di “dominio” ha assunto in questa determinata fase storico-politica . La questione quindi è estremamente complessa e va inevitabilmente ad intersecarsi e a sovrapporsi con le altre grandi questioni, quelle di ordine sociale, economico, con tutti i risvolti del caso a livello culturale e psicologico, cioè ciò che noi chiamiamo “etosfera” e “psicosfera”. Tranquilla, non siamo su Marte, avremo occasione, se vorrai seguirci nella discussione, di approfondire anche questi argomenti.
La relazione fra i generi non solo non sfugge a questi meccanismi ma anzi ne costituisce uno dei pilastri fondamentali, forse addirittura l’asse centrale, per lo meno in questa parte di mondo.
Quindi il problema centrale non è tanto la critica ad un femminismo militante ormai quasi esaurito (ma che ha vinto ideologicamente, leggi eto e psicosfera) quanto l’analisi lucida e razionale dei meccanismi altamente sofisticati attraverso i quali il sistema dominante, che è innanzi tutto un pensiero dominate, è in grado di alimentarsi e perpetrarsi. Fra questi non vi è alcun dubbio, per lo meno per parte nostra, che il “femminile”, concepito e declinato secondo le dinamiche e le logiche che, faticosamente, cerchiamo di spiegare, giochi a tal fine un ruolo assolutamente determinante.
e) Femminismo e maschilismo, Galatea, sono due facce della stessa medaglia. L’uno esiste perché l’altro esiste. Il femminismo è stato abile a relegare il maschilismo a destra e a conquistare spazio a sinistra. Ma è solo una finzione ipocrita. Il maschilismo è un atteggiamento idiota che si fonda su una presunta superiorità di genere. Il femminismo, specie quello della differenza, utilizza le parole d’ordine dell’eguaglianza e della parità (che sono anche e soprattutto le nostre) ma in realtà nei fatti ha dimostrato di essere un’ideologia qualunquista, interclassista, sessista e razzista, nel momento in cui ha scelto di criminalizzare e colpevolizzare l’intero genere maschile (cosa che noi ci guardiamo bene dal fare a parti invertite).
f) Tu vedi una società intrisa di veteromaschilismo? Riporto testualmente:”…in Italia c’è ancora una mentalità ferocemente tradizionale, antimoderna e maschilista ed è questa che determina l’arretratezza del nostro paese e presenta le donne come naturalmente relegate in certi ruoli: la bella senza cervello, la madre di famiglia tradizionale, la puttana del potente…”.
Francamente, Galatea, mi sembra un’analisi datata. Non perché non ci siano ancora delle sacche anche robuste di questa mentalità, specie forse nelle province più profonde sia del sud che del nord, però non mi sembra proprio che questa sia la questione. Mi sembra una interpretazione molto retroattiva e obsoleta rispetto a quanto accaduto negli ultimi quarant’anni.
Quando Marx scriveva di operai e capitale la grande maggioranza della popolazione, anche nei paesi europei più avanzati, era ancora composta di contadini poveri e gran parte delle società erano ancora di tipo semifeudale; pensa alla Spagna, alla Polonia, alla Russia, all’Italia, ma in gran parte anche alle stesse Germania e Francia. Eppure lui aveva ben capito che il mondo stava andando in ben altra direzione e non ci si poteva attardare…
Ecco, nel momento in cui ti ostini a parlare ancora di maschilismo nei termini in cui lo fai, mi sembra di ascoltare una vecchia liturgia, un approccio interpretativo anacronistico e non più attuale ai fini della comprensione della realtà. La tua analisi rischia insomma concretamente di rimanere completamente fuori dalle dinamiche reali che oggi sono, a mio avviso, tutt’altre.
Ti consiglio, a tal proposito, la visione di un vecchio e bellissimo film, se non erro, dei primi anni ’70, dei fratelli Taviani, dal titolo “San Michele aveva un gallo”. Vedilo, se vuoi, è molto interessante.
Fabrizio
P.S. proprio ora, al termine di questo lungo panegirico (guarda il tempo e l’attenzione che ti ho dedicato,e poi vienimi pure a dire che sono un maschilista…), dando un’occhiata al blog, leggo purtroppo con dispiacere, che sei ricaduta nel vecchio vizietto della provocazione gratuita. Mi riferisco ad un post da te indirizzato ad Icarus.
A Roma diremmo:”Aò, ce sei, o ce fai?” Allora? Di nuovo? Non riesci a contenerti? Mi tocca riprenderti come una bambina?…e su, cerchiamo di essere seri, mi pare di averti parlato chiaramente e pacatamente proprio poche ore fa…Mi sembrava anche che stessimo trovando una certa qual modalità di confronto, e tu te ne esci con queste bambinate? (non tela do, non te la darei mai, il burqa che neanche mi vedi e stronzate simili…)…E su…per favore… poi ti incazzi se qualcuno si innervosisce, ti risponde in malo modo e vai in giro a raccontare che siamo dei trogloditi maschilisti…E dai…così ti metti sul piano di Chiara di Notte. A una come lei non avrei mai scritto un post di questo tipo così come ho scritto a te. Vuoi proprio obbligarmi a ripensarci?…
Galatea non sa dell’esistenza delle quote rosa, cioè del qui e dell’ora e sa, per certo, delle discriminazioni subite dalle donne nella Grecia antica…
Ma come se le inventano, manco la buon’anima di Bramieri (Gino) ne sarebbe stato capace.
Me fanno morì! :-))))
Ragazzi non vi seguo in tutte queste mail e faccio confusione.
Qualcuno, mi pare, non sapeva che anche la matematica fosse considerata maschilista.Ecco quà il pensiero di una luminare del pensiero della differenza (che peraltro, come affermazione di principio io non disprezzo affatto), Luce Irigary:
[Luce Irigaray]…“L’equazione E = mc2 è sessuata? (quella della relatività di Einstein). Forse si.
Facciamo l’ipotesi che lo sia nella misura in cui essa privilegia la velocità
della luce in rapporto ad altre velocità che ci sono vitalmente necessarie.
Quello che mi pare indicare la natura sessuata dell’equazione, non è
direttamente il suo utilizzo per gli armamenti nucleari, è piuttosto il fatto
di aver privilegiato ciò che va più veloce…
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Su veline e pubblicità. Ritengo che la sessuomania imperante sia nefasta per i maschi “stimolati” di continuo, ma anche negativa per le donne che si fanno strumento della stimolazione mediante smutandamento. Comunque, in pubblicità è sostanzialmente vero che la donna è presentata come superiore, più intelligente, saggia, assertiva quando non aggressiva etc. mentre il maschio come un povero stupidotto. Vedere sulla pubblicità http://www.maschiselvatici.it/index.php?option=com_content&view=article&id=228:-il-museo-del-gusto-perduto&catid=24:pubblicita-regresso&Itemid=37
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Più in generale, sul tema uguaglianza/differenza, posto che ognuno debba essere libero di seguire il suo progetto di vita, credo si debba riflettere in modo pacato. Credere nella differenza non significa voler relegare la donna ai margini o vietarle qualcosa per legge, ma solo che esistono in linea di massima inclinazioni, passioni, interessi e attitudini diverse, e dunque che esistono cose più da maschi e cose più da femmine. Basta osservare i bambini fin da piccolissimi per capirlo, anche quelli allevati in famiglie liberal e progressiste come era la mia.
Tantomeno significa che l’uomo,per sentirsi maschio, si debba rifiutare di cambiare un pannolino o di preparare la cena, per esempio. Al contrario ritengo che un uomo debba essere autonomo sia psichicamente che materialmente, anche nelle cose quotidiane della vita. E’ essenziale, altrimenti si viene gestiti dalla moglie/compagna e le si conferisce un potere enorme, di cui non ci si rende conto immediatamente ma che pesa enormemente. Io, che sono un “tradizionalista” , non ho mai avuto, e non ho, alcun bisogno di una donna/mamma. Poi, che in una convivenza ci sia una divisione dei compiti anche in funzione dei rispettivi lavori o preferenze, è altro discorso.
E’ invece frutto di ideologia forzare la natura femminile e maschile verso l’omologazione e l’intercambiabilità, di cui il progetto zapatero è esempio. Maschi e femmine differiscono solo per alcuni orifizi o protuberanze insignificanti sulla psiche che potrebbe essere modellata a piacimento (come sostiene una fortissima corrente culturale), oppure da quelle differenze fisiologiche nasce anche una differenza psichica, come io credo, il che è poi anche il motivo dell’attrazione reciproca?
Ma se è così non ha senso ragionare sul passato in termini di oppressione piuttosto che di funzionalità di certi assetti rispetto alle esigenze di vita e di inclinazioni naturali. Assetti oggi mutati, ma nei quali, attenzione, l’influenza femminile era molto più marcata di quello che siamo portati a credere dal fatto che il potere pubblico era sicuramente in mano maschile. Eppure le donne, seppure non ufficialmente, hanno sempre avuto grande influenza, eppure il “privato” conferisce grande potere sull’altro, tanto che spesso maschi potentissimi pubblicamente, diventano nanetti in casa. Credo in altre parole che il vero potere che conta ai fini dell’autonomia psichica e dell’indipendenza emotiva, è quello su se stessi e non quello sugli altri.
Se indagassimo su ciò che accade in tante famiglie, forse la maggioranza, ci accorgeremmo di questo stupefacente fenomeno.
E penso anche che molte donne difficilmente sapranno rinunciare a questo potere “occulto” e contemporaneamente, proprio perchè non ufficiale, anche senza “responsabilità”.
armando
@Galatea
” Nel corso dei secoli la nostra società ha etichettato come “maschili” alcuni tipi di atteggiamenti, e come “femminili” altri, e ha insegnato ai maschietti a enfatizzare quegli atteggiamenti “maschili” e alle femminucce ad enfatizzare quelli “femminili”.
Quindi al di là di qualche differenza fisiologica ritieni le differenze di genere puro frutto del contesto culturale in cui si esprimono, mi pare di capire.
A me sembra una forzatura (sono più d’accordo con Armando per intenderci,su questo punto).
Tra l’altro non hai contestato la tesi che ti ho esposto ma ti sei dilettata nello spulciare le contraddizioni che saltano fuori da qualche vocabolo che ho utilizzato apparentemente in maniera impropria (maschile/dominante ad esempio l’ho utilizzato facendo mio il punto di vista femminista,non perchè lo condivido ma per evidenziare la dinamica dietro la tesi della “rivoluzione mancata”).
Va bè che insegni ma dacci tregua,metti giù la penna rossa almeno quando non lavori…
Vorrei spostare la tua attenzione su queste tue parole:
“…sono esattamente come le vostre mamme o nonne, solo che le vostre mamme o nonne, certi lati del carattere avevano imparato che dovevano reprimerli per essere socialmente accettate, mentre noi donne moderne non abbiamo più questa necessità, e quindi molto spesso ci comportiamo in maniera molto più simile a voi, sotto tutti i punti di vista.”
Questo è una lettura semplicistica ma funzionale alle tue idee.
Intanto dire che le donne di due generazioni fa fossero di norma più “represse” delle donne di oggi è una azzardo se non altro perchè parliamo di individui che avevano aspettative,valori e problematiche diverse rispetto ad oggi.
Considera (e interverranno altri più ferrati di me a fartelo notare) che a ruoli “prestabiliti” erano vincolati anche gli uomini, a meno che non pensi che la donna sia stata sempre e comunque alla mercè del maschio di turno.
E poi com’è che oggi una donna che si comporta in maniera più simile ad un uomo è una donna “con le palle” (= cosa positiva,emancipazione)mentre un uomo che si comporta in maniera più simile ad una donna è un frocio (= cosa negativa,emarginazione) ??? (provocazione,non sto dicendo che lo sostieni tu..). Eh..”non ci sono più gli uomini di una volta”…mai sentita ‘sta frase?
Cambiando totalmente argomento.
Hai presente quando al telegiornale dicono :”è caduto un aereo,tutti morti MA NON CI SONO ITALIANI fra le vittime” oppure “Incidente stradale:albanese uccide italiano”, ecco:la stessa identica ipocrisia io la ritrovo quando in TV si parla di violenza contro le donne.
Ma come? La violenza contro le donne è una violenza di serie A?Sarebbe come pensare che l’antisemitismo è una forma di razzismo più grave rispetto al razzismo contro qualsiasi altra minoranza.
L’attuale clima culturale ha inculcato queste aberrazioni così profondamente nella mentalità delle persone anche di un certo spessore culturale che spesso non ci rende conto di averle fatte proprie;
basta ad esempio pensare a tutta la sequela di notizie in cui donne responsabili dei più efferati crimini vengono parzialmente giustificate da vissuti problematici (vedi la Franzone,oppure Erika di Novi Ligure,o la ragazza delle Bestie di Satana) mentre per l’uomo (peggio ancora se extra-comunitario,altra ipocrisia) generalmente è colpevole e basta.
Comunque ho divagato,volevo che almeno una tua risposta sulla rivoluzione mancata delle donne,ma se devi rispondermi che non hai capito nulla delle considerazioni sopraelencate oppure che non le trovi pertinenti (senza prenderti la briga di dirmi perchè non le condividi ) lascia perdere e continua pure con altri, non mi offendo anzi…se mi permetti un consiglio cerca di non polemizzare inutilmente con chi non lo fa con te perchè se no dai l’impressione di non avere i requisiti per far fronte alle considerazioni che qui si fanno e sinceramente,non per fare il lecchino, non penso sia il tuo caso.
Evita però di apostrofarci con un generico “voi” quando scrivi e vedrai che anche “noi” cominceremo,ciascuno,a rivolgerci a te singolarmente senza assegnarti il ruolo di rappresentante delle nazi-femministe misandriche.
>Luke
Considera (e interverranno altri più ferrati di me a fartelo notare) che a ruoli “prestabiliti” erano vincolati anche gli uomini, a meno che non pensi che la donna sia stata sempre e comunque alla mercè del maschio di turno.
.
Luke, l’esempio più classico, era il servizio di leva obbligatorio, quando questo voleva dire, come era accaduto a mio nonno, dover andare poi in guerra.
Tu crei che mio nonno poteva dire, “il corpo è mio e in guerra (a morire, non a fare un figlio eh) non ci vado”?
Seee……come no!
X Galatea
In bambini e bambine vi è il germe innato della differenza sessuale.
Ma l’idea che sia la disposizione genetica che spinge a selezionare gli stimoli dell’ambiente secondo il ruolo sessuale, contraddice la tesi molto popolare e in voga non solo fra le femministe, ma anche presso molti e stimati ambienti scientifici, secondo la quale la differenza sessuale è frutto esclusivamente dell’ambiente culturale, il prodotto di una secolare educazione agli stereotipi.
I dubbi intorno a questa concezione sociogenetica hanno cominciato ad addensarsi in seguito all’esperienza di asili alternativi sorti dopo il ’68.
All’epoca, molte giovani coppie di genitori decisero di rompere con i ruoli sessuali tradizionali impartendo ai figli un’educazione non repressiva e sessualmente neutra. L’idea era che le differenze tra maschi e femmine sarebbero andate così via via scomparendo, anzi non sarebbero sorte affatto.
In Germania, tra le varie iniziative, vi fu l’organizzazione di asili autogestiti da cooperative di genitori, che furono battezzati “Tante-Emma-Laden”, le botteghe della zia Emma. In questi Kinderladen o botteghe dell’infanzia, si cercò di praticare una cultura della non-violenza e di favorire l’affermarsi di comportamenti solidali e reciproci. I promotori dei Kinderladen intendevano soprattutto mettere in discussione i tradizionali ruoli sociali, per cui, per esempio, le bambole erano tabù per le femmine.
Gli psicologi Horst Nickel e Ulrich Schmidt Denter, all’epoca ricercatori presso l’Università di Dusselfort, ed essi stessi simpatizzanti di un’educazione antiautoritaria, si prefissero di documentare il progetto dei Kinderladen dal punto di vista scientifico.
Misero quindi a confronto lo sviluppo di circa 400 bambini in età compresa fra i tre e i cinque anni provenienti in parte da scuole tradizionali e in parte da quelle alternative. In un primo momento, i rilevamenti sembrarono confermare le aspettative: le attività di gioco nei Kinderladen palesavano una minore tendenza alla conflittualità.
Ma la ragione era che, in caso di contrasto, le bambine cedevano subito, senza colpo ferire.
Si scoprì così che le differenze comportamentali erano ancora più pronunciate nei bambini cresciuti nelle antiautoritarie “botteghe di zia Emma”, i quali si avvicinavano agli stereotipi sessuali più dei bambini educati tradizionalmente. I maschi erano più aggressivi e inclini all’uso della forza e le femmine più paurose e portate a cedere ai maschi in situazioni di esasperata competizione. Le femmine imparavano a difendersi solo verso i cinque anni. La conclusione fu scoraggiante: gli stereotipi che gli studiosi si aspettavano di trovare negli asili tradizionali erano ancora più ingombranti nei Kinderladen alternativi. Successive ricerche hanno avvalorato i dubbi sulla tesi sociogenetica della differenza sessuale.
L’educazione agli stereotipi maschio-femmina durante i primi anni di vita non è mai tanto sistematica da spiegare l’insorgere di comportamenti specifici solo attraverso la socializzazione.
Questo vale in maggior misura per le categorie “autoaffermazione e aggressività”, dove le differenze di comportamento vanno ben al di là di quanto possa incidere l’esempio trasmesso quotidianamente dai genitori.
Anche l’esperienza dei kibbutz israeliani, animati da uno spirito egualitario e dall’obiettivo di “emancipare” le femmine dagli “svantaggi” della maternità, hanno dimostrato in maniera incontestabile la diversità esistente fra i due sessi. Nei kibbutz l’accesso alle professioni era aperto a tutti indiscriminatamente, le femmine erano educate a non porre eccessiva cura nell’aspetto esteriore e invece di crescere in nuclei familiari tradizionali i bambini erano allevati in speciali comunità per l’infanzia. In modo affine ai Kinderladen tedeschi, anche nei kibbutz l’educazione era strettamente unisex e mirava a estirpare gli stereotipi maschio-femmina. Tra il 1956 e il 1958 l’antropologo americano Melford E.Spiro dedicò un’ampia ricerca alle conseguenze dell’educazione innovativa applicata ai kibbutz israeliani. E fu il primo a sorprendersi scoprendo che i piccoli istraeliani sviluppavano le classiche preferenze per giochi maschili e femminili.
A dispetto di tutti gli sforzi degli educatori, particolarmente spiccata era la preferenza delle bambine per giochi mamma-bebè.
L’antropologo andò oltre: tornò a controllare i soggetti del suo studio dopo un intervallo di vent’anni.
Le bambine dei kibbutz, ora adulte, erano diventate donne “emancipate”, tenaci nel perseguire gli stessi obiettivi professionali dei colleghi uomini?
Avevano sviluppato gli stessi interessi professionali dei maschi della loro generazione? Al contrario.
Spiro constatò una specie di controtendenza: la maggior parte delle femmine cresciute nei kibbutz era tornata coscientemente ai ruoli tradizionali, con l’annessa divisione dei compiti. Invece di continuare la lotta per “l’emancipazione” impegnandosi nell’eliminazione di pregiudizi e ingiustizie, queste femmine cresciute all’insegna dell’ideale della parità dei sessi ora chiedevano di dedicarsi ai figli e al focolare domestico, contrapponendo a quell’ideale unisex una scelta di vita ispirata ai ruoli tradizionali.
Spiro, fino ad allora fautore della tesi sociogenetica dei ruoli sociali, concluse “ipotizzando” l’esistenza di “fattori preculturali determinanti”: fattori biologici, dunque, che determinano in modo decisivo le costanti comportamentali di maschi e femmine.
1- Molte differenze fra i sessi si ritrovano in altri primati, anzi, in tutta la classe dei mammiferi. I maschi tendono a competere con maggiore aggressività e a essere più poligami; le femmine a investire di più nell’allevamento dei figli. In molti mammiferi un raggio territoriale più ampio si accompagna a una maggiore capacità di orientarsi usando la geometria della configurazione spaziale (invece che ricordando singoli punti di riferimento). E ad avere il raggio territoriale più ampio è più spesso il maschio, come avviene anche fra i cacciatori-raccoglitori umani. La superiorità degli uomini nell’uso delle mappe mentali e nella rotazione mentale tridimensionale non è forse casuale.
2- I genetisti hanno scoperto che, in persone diverse, la diversità del DNA nei mitocondri (che uomini e donne ereditano dalla madre) è molto maggiore della diversità del DNA nei cromosomi Y (che gli uomini ereditano dal padre). Questo fa pensare che, per decine di millenni, gli uomini abbiano conosciuto una maggiore variazione nel successo riproduttivo rispetto alle donne: alcuni hanno avuto molti discendenti, altri nessuno (lasciandoci con un piccolo numero di cromosomi Y diversi), mentre un maggior numero di donne ha avuto un numero di discendenti più equamente distribuito (lasciandoci con un maggior numero di genomi mitocondriali diversi). Sono esattamente queste le condizioni che causano la selezione sessuale, in cui i maschi competono per le occasioni di accoppiamento e le femmine scelgono i maschi di migliore qualità.
3- Il corpo umano contiene un meccanismo che fa che sì che il cervello dei bambini e quello delle bambine divergano durante lo sviluppo. Il cromosoma Y innesca nel feto maschio la crescita dei testicoli, che secernono gli androgeni, ormoni tipicamente maschili (come il testosterone) che hanno effetti duraturi sul cervello durante lo sviluppo fetale, nei mesi successivi alla nascita e durante la pubertà, ed effetti transitori in altri periodi. Gli estrogeni, ormoni sessuali tipicamente femminili, influiscono anch’essi sul cervello per tutta la vita. Oltre che nella corteccia cerebrale, i recettori degli ormoni sessuali si trovano nell’ipotalamo, nell’ippocampo e nell’amigdala nel sistema limbico del cervello.
4- Gli androgeni hanno effetti permanenti sul cervello in sviluppo, non solo effetti transitori sul cervello adulto. Le femmine che soffrono di iperplasia adrenale congenita producono un eccesso di androstenedione, l’ormone androgeno reso famoso dal grande giocatore di baseball Mark McGuire. E anche se i loro livelli ormonali vengono portati alla normalità subito dopo la nascita, crescono come dei “maschiacci”, giocano di più a fare la lotta, mostrano più interesse per i camion che per le bambole, hanno maggiori abilità spaziali e, crescendo, sviluppano più fantasie sessuali e provano più attrazione per altre ragazze. Quelle trattate con ormoni solo a infanzia avanzata mostrano, divenendo giovani adulte, modalità sessuali maschili, come una pronta eccitazione di fronte a immagini pornografiche, un impulso sessuale autonomo centrato sulla stimolazione genitale e l’equivalente di polluzioni notturne.
5- Un immaginario ma conclusivo esperimento per separare la biologia dalla socializzazione consisterebbe nel prendere un neonato, sottoporlo a un’operazione di cambiamento di sesso e farlo allevare dai genitori e trattare come una bambina. Se il genere è una costruzione sociale, dovrebbe avere la mente di una normale bambina; se invece esso dipende dagli ormoni prenatali, dovrebbe sentirsi un maschio intrappolato in un corpo femminile.
L’esperimento è stato compiuto, non per curiosità scientifica naturalmente, ma in seguito a malattie e incidenti. Uno studio ha preso in esame 25 bambini nati senza pene (un difetto congenito noto come estrofia cloacale), poi evirati e allevati come bambine: tutti giocavano a fare la lotta come i maschi e avevano comportamenti e interessi tipicamente maschili; più della metà dichiaravano spontaneamente di essere dei maschi, uno a soli cinque anni di età.
6- I bambini affetti da sindrome di Turner sono geneticamente neutri. Hanno un singolo cromosoma X, ereditato dal padre o dalla madre, invece dei normali due cromosomi X delle bambine (uno ereditato dal padre, l’altro dalla madre) o X e Y dei bambini (l’X ereditato dalla madre, l’Y dal padre). Siccome lo schema corporeo femminile è quello standard fra i mammiferi, essi hanno l’aspetto e il comportamento di bambine. I genetisti hanno scoperto che il corpo dei genitori può influire a livello molecolare sui geni del cromosoma X rendendoli più o meno attivi nel corpo e nel cervello in sviluppo del figlio. Una bambina con la sindrome di Turner che prende il cromosoma X dal padre ha probabilmente geni ottimizzati dall’evoluzione per una bambina (perché un X paterno porta sempre a una femmina), mentre una bambina con la sindrome di Turner che prende il cromosoma X dalla madre ha probabilmente geni ottimizzati dall’evoluzione per un bambino (poiché un X materno, se può portare all’uno come all’altro sesso, opererà senza incontrare opposizione solo in un maschio, che manca di corrispettivi dei geni X sul suo cromosoma Y).
E infatti le femminucce che presentano tale sindrome differiscono psicologicamente a seconda del genitore da cui hanno ricevuto il cromosoma X. Rispetto a quelle che l’hanno ricevuto dalla madre (caso in cui esso è pienamente attivo solo in un maschio), le bambine che l’hanno ricevuto dal padre (caso in cui esso è destinato a una femmina) sono più brave a interpretare il linguaggio corporeo, a leggere le emozioni, a riconoscere i volti, a maneggiare le parole, nonché ad andare più facilmente d’accordo con gli altri.
In definitiva, maschi e femmine sono intrinsecamente diversi e non hanno menti intercambiabili.
http://www.promiseland.it/view.php?id=1481
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Riporto un’intervista all’antropologa femminista Ida Magli, pubblicata su Panorama il 31/03/1995.
(Questo tanto per evidenziare, qualora ce ne fosse bisogno, quanto le idee di Galatea e compagnia cantante, siano vecchie come il cucco.)
In quell’occasione il noto settimanale si occupò del cervello umano e delle relative differenze esistenti fra maschi e femmine. L’articolo era intitolato:”E il tuo cervello di che sesso è?”.
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“MA IO NON CI CREDO” (di Ida Magli)
Diverse attitudini, diverse capacità a partire da uno stesso cervello: Ida Magli, antropologa che studia da anni la differenza culturale femminile, a queste nuove differenze sostenute dalla scienza non crede molto.
E in questa intervista spiega perché:
I ricercatori dicono che il cervello maschile e quello femminile funzionano con modalità diverse: qual è il rilievo sociale e culturale di questa affermazione?
“Gli indirizzi più recenti della biologia ci dicono che c’è una stretta dipendenza tra ambiente esterno e specializzazioni neuronali. Non si tratta di affermazioni di parte: gli studi di uno scienziato come Gerald Edelman lo dimostrano. In secondo luogo, ormai si sa – e anche qui posso farmi scudo del nome di uno scienziato maschio: Oliver Sacks – che anche le localizzazioni encefaliche che si ritenevano predisposte a un certo tipo di attività si modificano in base alla necessità”.
Che cosa vuol dire con questo?
“Che l’attività encefalica è talmente complessa che non si può studiarla in maniera esaustiva e che spesso le conclusioni che si tirano da ricerche parziali sono molto rozze, per non dire di peggio”.
Di peggio?
“Sì, perché certe ricerche e certi risultati che si presentano come sconvolgenti non fanno che riproporre vecchie convinzioni: che le bambine sono più precoci nel linguaggio, che i maschi sono più portati alle scienze, che le donne sono più attente ai particolari”.
E non potrebbero essere delle effettive differenze che partono dal cervello?
“Non è quello il punto. Prendiamo la maggior capacità delle donne a cogliere il significato di certe espressioni del viso, la loro reattività alle fisionomie. Certamente è vero e sicuramente ce ne sarà un riscontro cerebrale, ma significa che le donne sono state costrette da sempre a un’estrema attenzione del vissuto intorno a loro, che dovevano decifrare in base alle emozioni e non a strumenti culturali che non avevano. Voglio dire che l’attitudine è stata determinata da un allenamento socio-culturale, da una precisa stimolazione dell’ambiente. Tant’è vero che questa attitudine a cogliere gli aspetti visivi non si è poi tramutata per le donne nella possibilità di diventare grandi pittori. E le stimolazioni dell’ambiente costituiscono una vera eredità”.
In senso sociale?
“No, anche in senso biologico: c’è un ramo della biologia che studia l’ereditarietà culturale a livello encefalico. Questo è preoccupante”.
Perché?
“La mia paura è che, siccome sono state messe in moto certe attività neuronali nelle donne e certe altre negli uomini attraverso un’azione di secoli e secoli, adesso ci sia una specializzazione neuronale diversa che venga considerata un dato naturale e irreversibile.
Mentre non è affatto così”.
Ma non potremo, invece, pensare nella scoperta delle specializzazioni neuronali, delle diverse attitudini, ci sia un dato positivo e che ognuno in base a queste differenze, possa fare ciò per cui è più portato?
“Un cervello è diverso da ogni altro cervello. Prendere per buone le diverse attitudini apparentemente naturali maschili e femminili significa rinchiudere non solo le donne, ma anche gli uomini,in una soffocante gabbia di ruoli. Che vantaggio c’è per la società se il 55% della sua popolazione è indirizzata a un certo tipo di lavori e il restante 45% a un altro tipo? Non ci sono vantaggi né economici, in società dove è necessaria la flessibilità, né umani, dal momento che non c’è specie al mondo che non si avvantaggi della diversità e della varietà”.
Dunque la ricerca scientifica non fa bene a insistere sul tema della diversità maschile-femminile?
“La scienza per capire un fenomeno comincia sempre con lo studiare le diversità.
All’interno delle differenze si cercano poi i fenomeni simili.
Quando, però, questo atteggiamento si trasferisce sugli esseri umani, può esserci un’interferenza indebita: sulla ricerca si riversano più o meno inconsapevolmente aspettative, paure, nonché una certa volontà di colpire l’opinione pubblica con rivelazioni”.
C’è un atteggiamento ricorrente e specifico della scienza quanto si tratta di donne?
“E’ difficile dire se le tendenze della ricerca siano consapevoli o inconsapevoli.
E’ evidente, però, che le donne pongono il problema.
Il femminismo non si è reso conto di quanto fosse radicale – molto più della rivoluzione francese o di quella industriale – il cambiamento che stava proponendo.
Se cambia la posizione della donna, cambia l’assetto del mondo.
Per questo, per rimettere ordine e sfuggire a questo cambiamento, molti sperano di trovare delle differenze biologiche che chiudano la partita”.
Elisabetta Rasy
Riporto alcune affermazioni, fatte in passato da esponenti di primissimo piano delle scienze sociali, che si diedero il cambio per dichiarare che “la tabula era rasa”.
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Gli istinti non creano costumi; i costumi creano istinti: i presunti istinti degli esseri umani, infatti, sono sempre appresi, mai originari.
ELLSWORTH FARIS (1927)
I fenomeni culturali non sono sotto nessun aspetto ereditari, ma tipicamente e senza eccezione acquisiti.
GEORGE MURDOCK (1932)
L’uomo non ha natura; quello che ha è storia.
JOSE’ ORTEGA Y GASSET (1935)
Con l’eccezione delle reazioni istintoidi degli infanti a repentine sottrazioni del sostegno e forti rumori improvvisi, l’essere umano è del tutto privo di istinti. L’uomo è uomo perché non ha istinti; perché tutto ciò che è ed è divenuto l’ha appreso, acquisito, dalla sua cultura, dalla parte dell’ambiente prodotta dall’uomo, da altri esseri umani.
ASHLEY MONTAGU (1973)
Si è costretti a concludere che la natura umana è incredibilmente malleabile, tale da adattarsi infallantemente, con aspetti contrastanti, a condizioni culturali in contrasto.
MARGARET MEAD (1935)
Gran parte di quella che è comunemente detta “natura umana” è meramente cultura passata per un setaccio di nervi, ghiandole, organi sensoriali, muscoli, ecc.
LESLIE WHITE (1949)
Le nostre idee, i nostri valori, i nostri atti, perfino le nostre emozioni sono, come lo stesso nostro sistema nervoso, prodotti culturali fabbricati usando tendenze, capacità e disposizioni con cui siamo nati, ma ciò non di meno fabbricati.
CLIFFORD GEERTZ (1973)
Anche l’antropologo Loren Eiseley scrisse:
La mente umana, con la sua indeterminatezza, con il suo potere di scelta e di comunicazione culturale, è prossima a sfuggire al cieco controllo di quel mondo deterministico con il quale i darwinisti avevano inconsapevolmente incatenato l’uomo. Le caratteristiche innate imposte a quest’ultimo dagli estremisti della biologia si sono sbriciolate. Wallace vedeva giusto quando diceva che con l’avvento dell’uomo l’evoluzione di parti era divenuta in notevole misura qualcosa di superato, che ora era la mente l’arbitro del destino umano.
Il Wallace menzionato da Eiseley è Alfred Russel Wallace (1823-1913), che scoprì la selezione naturale contemporaneamente a Darwin e si allontanò poi da quest’ultimo sostenendo che la mente umana non poteva essere spiegata con l’evoluzione e doveva essere stata progettata da un’intelligenza superiore. Assolutamente convinto che la mente umana potesse sottrarsi al “cieco controllo di un mondo deterministico”, Wallace divenne uno spiritista e passò gli ultimi anni della sua vita alla ricerca di un modo per comunicare con le anime dei defunti.
QUESTIONI DI SESSO E DI GENERE di G.V. Caprara
Gli psicologi evoluzionisti sembrano esserne convinti: c’è un’irresistibile forza del gene a riprodurre sè stesso. Ne deriva, come ovvia conseguenza, la tendenza del maschio ad inseminare più donne che può. Anche la donna ha il problema di riprodurre i propri geni. Per questo ha bisogno, sempre secondo gli psicologi evoluzionisti. di un partner fedele che la protegga durante la gravidanza e custodisca il più a lungo possibile la sua prole. Questa regressione all’infinito nell’eredità è suggestiva, fondamentalmente conservativa e in quanto tale rassicurante. Ma serve davvero appellarsi all’evoluzione per reclamare il diritto alla diversità quando si parla della personalità di maschi e femmine?
Libertà vs necessita
Il presidente Clinton è la delizia degli psicologi evoluzionisti. È infatti la testimonianza esemplare dell’irresistibile forza dei gene a riprodurre se stesso. La prova vivente dell’incontenibile tendenza del maschio a propagare i suoi geni e di conseguenza ad inseminare tutte le donne che può.
Secondo gli araldi della nuova dottrina è inevitabile che i grandi inseminatori abbiano avuto la meglio nel segnare la storia della specie e che il modo di risolvere i problemi riproduttivi abbia alla fine plasmato la personalità. Non sarebbe perciò sorprendente se l’interesse per il DNA del presidente Clinton andasse ben al di là dell’accanimento un po’ crudele col quale si è dibattuto di un contatto sessuale più o meno appropriato.
Se effettivamente l’inseminazione del maggior numero di femmine è ciò che assegna un vantaggio evolutivo al maschio, si dovrebbe provvedere a rifornire le banche del seme non con quello dei grandi scienziati, come ingenuamente qualcuno ha suggerito in passato, ma con quello dei grandi “scopatori”. La saggezza popolare, in fondo, si era già approssimata a quest’idea, quando recitava che «l’uomo porcello è tanto più bello».
Anche alle donne si è posto lo stesso problema di massimizzare le probabilità di riproduzione dei propri geni, ma la soluzione per loro è stata un’altra. Poiché la gravidanza è lunga e vulnerabile, alle donne è convenuto cercarsi compagni prestanti e fedeli, che prima assicurassero il buon esito del parto e poi evitassero di dissipare energie e risorse a vantaggio della prole altrui. Non so se sia vero quanto hanno riferito i giornali scandalistici ma, se lo fosse, il desiderio della signorina Lewinsky di avere una bambina dal presidente sarebbe del tutto naturale, non meno della gelosia della signora Clinton.
Gli argomenti degli psicologi evoluzionisti non sono da sottovalutare perché, al di là degli usi strumentali, quello delle differenze di sesso o di genere che essi ripropongono è un terreno su cui le mode teoriche vanno e vengono, ma i pregiudizi resistono, a dispetto delle battaglie e delle affermazioni di principio a favore della parità di dignità, opportunità, responsabilità di uomini e donne.
La regressione all’infinito nell’eredità è suggestiva, fondamentalmente conservativa e in quanto tale rassicurante. Vale perciò la pena di tentare di fare il punto della situazione, partendo dalle conoscenze che oggi abbiamo a disposizione, per approdare ad alcune lezioni di cautela che possiamo trarre dall’esperienza.
Maschi e femmine sono biologicamente diversi ed è inevitabile che anatomia e fisiologia influenzino la loro psicologia. La loro differenziazione biologica comincia al concepimento, continua con lo sviluppo del feto e si estende lungo tutto il corso della vita, in accordo con l’influenza decisiva che gli ormoni esercitano nello sviluppo delle strutture e nella regolazione delle funzioni che inequivocabilmente distìnguono gli organismi maschile e femminile.
Maschi e femmine hanno corpi diversi. Ancora menopausa e gravidanza sembrano essere prerogative femminili. Nelle nostre società le femmine sono generalmente meno vulnerabili alla nascita, anticipano il loro appuntamento con la pubertà, sono generalmente più longeve. Certo, non è solo la biologia a dettare il corso di questi eventi, ma sarebbe incauto sottovalutarne l’importanza, anche in un’epoca in cui la cultura estende pervasivamente la sua azione in ambiti che tradizionalmente erano il dominio della natura. È intuibile che le differenze tra maschi e femmine non possono essere solo fisiche, ma il corpo comunque reclama la sua parte.
Non è d’altro canto necessario appellarsi all’azione tanto lunga quanto difficilmente definibile dell’evoluzione della specie per reclamare il diritto alla diversità di maschi e femmine quando si affronta il discorso delle loro personalità. Nessuna tra le cause che stanno alla base delle differenze individuali è più ovvia e verosimilmente più pervasiva di quella legata al sesso, anche per tutto ciò che alle differenze sessuali si associa: pressioni sociali, attribuzioni di ruolo, rappresentazioni di sé. Il problema è, piuttosto, che quando dal corpo si passa alla personalità, dalle differenze fisiche a quelle psicologiche, nessuno sa rendere ancora pienamente conto di quelle diversità che tutti hanno la sensazione di intuire.
Di fatto, la natura lascia un’ampia discrezionalità alla cultura e agli individui stessi nel decidere che cosa fare del patrimonio di potenzialità che essa fornisce. I nessi tra morfologia e fisiologia, da un lato, e caratteristiche di personalità, dall’altro (abbracciando con questo termine il temperamento, il carattere e l’intelligenza), sono molteplici e, in condizioni di normalità, largamente flessibili. Vi sono infiniti modi di assecondare le richieste del proprio corpo e perciò di essere maschi e femmine, e tutti non indifferenti al contesto in cui si vive e alla storia di ciascuno. È stato perciò naturale che molti studiosi abbiano considerato con sempre maggiore attenzione i moventi e i meccanismi sociali che nel corso dello sviluppo orientano maschi e femmine ad adottare modi di pensare, sentire ed agire diversi, in conformità ai differenti ruoli assegnati a uomini e donne nei vari contesti ambientali.
Sesso e genere sono termini che il discorso scientifico impiega distintamente per riferirsi a differenze individuali che, in un caso, riflettono determinanti biologiche (cromosomi, gonadi, ormoni) e, nell’altro, determinanti psicologiche e sociali. Sempre più spesso si tratta di differenze sessuali quando ci si riferisce a proprietà e caratteristiche fisiche, mentre si tratta di differenze di genere quando ci si riferisce a proprietà e caratteristiche psicologiche. Si inquadrano dunque nell’ambito del discorso sulle differenze di genere gli sviluppi di quelle discussioni che in passato hanno affrontato il problema delle “differenze sessuali” nel caso dell’intelligenza e delle varie abilità cognitive, dei tratti di personalità e degli atteggiamenti sociali, della diversa vulnerabilità di maschi e femmine a varie forme di disadattamento sociale. Quello delle differenze tra maschi e femmine è un discorso che, nel corso degli anni, ha continuato a restare al centro dell’attenzione degli studiosi e ad accumulare straordinarie quantità di dati. È un discorso che ha oscillato tra opposte posizioni, acclamando indifferentemente il diritto alla diversità e alla similarità. È un discorso che ha però anche avuto il merito di denunciare tutta una varietà di false credenze, più o meno mascherate scientificamente, sulle ipotetiche inferiorità o superiorità dell’uno o dell’altro genere.
Ma è un discorso che tuttora può sembrare lontano, come prima accennavo, dal rendere ragione di ciò che tutti sembrano intuire. Quanto ci viene accordato dai test di intelligenza e di personalità, dagli esperimenti di laboratorio, dalle frequenze e dalle correlazioni dei vari indicatori di vulnerabilità può infatti apparire contradditorio.
Da un lato, l’assenza di sostanziali diversità in capacità e disposizioni attesta le pari potenzialità di maschi e femmine. Molteplici meta-analisi hanno sgombrato il campo dai vecchi pregiudizi sulla minore intelligenza delle femmine, sofisticati esperimenti hanno confermato la pari accessibilità di maschi e femmine ad una molteplicità di comportamenti e ruoli sociali che tradizionalmente erano ritenuti prerogativa degli uni o delle altre, mascolinità e femminilità si sono rivelati tratti di personalità il cui unico fondamento è culturale e ideologico. Dall’altro lato, sono stereotipi che ancora vengono avvalorati empiricamente quelli del maschio “più energico e aggressivo” e quello della femmina “più remissiva e sensibile”. Ma vi sono notevoli differenze da contesto a contesto, resta discutibile l’esistenza di fasi specifiche di tipizzazione sessuale e ancor più problematica risulta l’esistenza di modalità universali.
Le statistiche criminologiche attestano la maggiore propensione dei maschi alle condotte antisociali, come d’altro canto gli studi epidemiologici confermano la maggiore vulnerabilità delle femmine alla depressione. Ma anche in questi casi vi sono considerevoli differenze relative al modo in cui gli stessi fenomeni si palesano, vengono riconosciuti e trattati, all’interno dei diversi contesti sociali e culturali, nei maschi e nelle femmine.
Per la maggior parte delle differenze tra maschi e femmine il peso della natura sembra assai meno decisivo di quello della cultura. Per non scomodare la biologia può bastare un minimo d’intelligenza sociale: è sufficiente guardarsi attorno, nella scuola, nei posti di lavoro, oppure accendere quella straordinaria macchina di significati, mode e prescrizioni sociali che è la televisione. Anche limitandoci al contesto culturale che ci è più familiare, sono evidenti i diversi trattamenti ricevuti da maschi e femmine, le differenti rappresentazioni sociali del maschile e del femminile, i differenti percorsi professionali che si raccomandano e si rendono più facilmente accessibili.
Verosimilmente, l’intreccio di relazioni di cui maschi e femmine vengono a far parte, le aspettative che gli uni e le altre suscitano e debbono assecondare, i ruoli che trovano e possono negoziare, segnano la strada che dalle potenzialità porta alle capacità, fanno da sostegno alle concezioni di sé e significativamente improntano il corso che uomini e donne possono imprimere alla loro vita.
Come per altri temi, anche per quanto riguarda le differenze tra maschi e femmine il pendolo della discussione non ha cessato di oscillare tra natura e cultura appellandosi indifferentemente all’una e all’altra. Gli anni Settanta si sono conclusi sotto il segno dell’androginia con la quale si reclamava per entrambi i sessi il diritto a condividere quanto in passato era stato loro differentemente precluso e riservato. Si reclamavano per uomini e donne qualità che tradizionalmente erano state privilegio degli uni (l’assertività) o delle altre (la tenerezza), al servizio della loro piena realizzazione nella sfera degli affetti e del successo. Negli anni Ottanta il movimento femminista, opportunamente, ha posto in guardia verso un’omologazione tra maschi e femmine che poteva finire col penalizzare entrambi.
Negli anni Novanta la psicologia evoluzionista ha riaffermato con nuovo vigore la diversità tra maschi e femmine, traendo i propri argomenti dalla riflessione sull’evoluzione della specie. Maschi e femmine sono diversi, affermano gli psicologi evoluzionisti, perché i problemi che hanno dovuto affrontare per la loro sopravvivenza e per la riproduzione della specie sono stati diversi. I maschi hanno mirato ad inseminare il maggior numero di femmine e hanno coltivato le arti della guerra per avere e preservare l’accesso alla maggior quantità e varietà di risorse, tra cui ovviamente le donne. Queste, al contrario, in ragione dei limiti naturali posti all’estensione della loro figliolanza, dalla lunga gravidanza e dalla sterilità che sopravviene coll’avanzare dell’età, hanno mirato a catturare e preservare uomini ricchi e prestanti, che fossero in grado di assicurare il sostentamento e la crescita dei loro figli.
Dai diversi problemi che maschi e femmine hanno dovuto risolvere, sempre secondo gli psicologi evoluzionisti, sono derivate differenti strategie di adattamento alla realtà, che la selezione naturale ha poi ben radicato in differenze biologiche. Non sarebbe perciò la cultura, ma la natura, a rendere gli uomini più assertivi e aggressivi, più infedeli e più sensibili al fàscino della bellezza e della giovinezza. Sarebbe d’altro canto la natura a rendere le donne maggiormente inclini alla tutela e più portate ad apprezzare soprattutto la solidità finanziaria dei maschi. Sarebbe ancora la natura a rendere ragione delle diverse espressioni della gelosia in maschi e femmine. Mentre gli uomini sarebbero soprattutto disturbati dall’idea di dover mantenere i figli degli altri, le donne sarebbero soprattutto preoccupate che le risorse dei loro compagni vengano distratte a favore di figliolanze altrui, a danno delle proprie.
Si tratta, tutto sommato, di argomentazioni non nuove. Argomentazioni che, per molti aspetti, sembrano riportarci indietro al tempo degli istinti e ad un’interpretazione ingenua dell’evoluzione e dei suoi meccanismi. Ma stupiscono il clamore che esse suscitano in larga parte della comunità scientifica ed il favore che incontrano nel grande pubblico, soprattutto negli Stati Uniti.
Sembra però improbabile che i criteri secondo cui ha operato la selezione della specie nel corso di migliaia di anni possano essere decifrati secondo un ragionamento ed un calcolo di utilità che può valere, o esser valso, in situazioni contingenti e che, inequivocabilmente, pare influenzato dalle categorie conoscitive e dalle esperienze della nostra cultura.
Mentre vi sono culture che solo in epoca recente hanno compreso pienamente i meccanismi attraverso cui opera la procreazione, la tecnologia (le analisi del DNA) si fa garante oggi della paternità tradizionalmente ritenuta incerta. Ma non vi sono dubbi che, ancora una volta, può essere più rassicurante appellarsi ai disegni della natura.
A lungo si è vantata la superiorità del maschio sulla femmina, con vari argomenti, non raramente mascherati scientificamente. Poi si è reclamata l’uguaglianza. Infine, si è acclamata la diversità nella parità di diritti ed opportunità, confidando nelle illimitate potenzialità di maschi e femmine. Gli psicologi sono stati complici dì tutto questo: quando hanno accreditato la minore dotazione intellettuale delle donne, quando hanno cercato nella natura le cause di differenze che stavano invece nella cultura, quando infine hanno smascherato gli errori dei loro predecessori indicando, nelle interazioni di natura e cultura e nelle proprietà autonome di ciascuna persona di partecipare al proprio destino, i luoghi dove indagare per cogliere i meccanismi del divenire e del sentirsi femmina e maschio.
Per il passato è verosimile la tesi di quanti, come la Eagly (1987), hanno sostenuto la diversa propensione di femmine e maschi rispettivamente a preservare le relazioni (“communion”) e a perseguire le realizzazioni (“agency”) in corrispondenza a determinate condizioni di vita, forme di organizzazione del lavoro e pratiche di socializzazione che indirizzavano nell’una o nell’altra direzione. Il futuro forse aiuterà a chiarire quel che c’è di vero nelle tesi dì quanti, come la Chodorow (1978), sostengono la maggiore propensione al maternage e perciò agli affetti delle donne sulla base della loro prolungata identificazione con la madre.
Certo è che le cose sono destinate a cambiare rapidamente in concomitanza del massiccio ingresso delle donne nel mondo del lavoro e del graduale riequilibrio tra componente maschile e femminile nelle diverse professioni e nelle varie posizioni di responsabilità.
Sarebbe tuttavia riduttivo ritenere che tutto dipenda soltanto dalla cultura e dal sociale. Anche nelle condizioni più avverse del passato vi sono state donne che con successo hanno sfidato le barriere sociali del loro tempo. Anche in culture convintamente maschiliste vi sono stati uomini che sono stati capaci di amare teneramente, di coltivare i propri affetti e di fornire modelli di accudimento esemplari. Evidentemente, natura e cultura impongono importanti condizioni, ma non bastano ad esaurire ciò che ognuno può trarre dalla propria condizione di maschio o di femmina.
Le due metà del cielo sono ugualmente attrezzate a rendere conto della notte e del giorno. Verosimilmente, nessun altro ambito di indagine sembra più promettente di quello delle differenze tra maschi e femmine per capire come natura e cultura operano sottilmente e di concerto nel determinare ciò che è unico di ciascuna individualità. Forse nessun altro settore di ricerca sembra più illuminante per capire quali sono i gradi di libertà che a ciascuno sono accordati nel farsi artefice del proprio destino.
Riferimenti bibliografici
Bandura A., Bussey K. (1999), Social cognitive theory of gender development, «Psychological review», in stampa.
Bonnes M. (1988), Mascolinità e femminilità. In G. V. Caprara (a cura di), Personalità e rappresentazione sociale, 190-217, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
Buss D. M. (1995), Psychological sex differences: Origins through sexual selection, «American Psychologist», 50, 164-168.
Chodorow N. (1978), The reproduction of mothering: Psycho-analysis and the sociology of gender, Berkeley, University of
California Press. Eagly A. (1987), Sex differences in social behavior. A social role
interpretation, Hillsdale, n. j., Erbaum. Gilligan C. (1982), In a different voice, Cambridge, Harvard University Press.
Gould S. J. (1987), An urchin in the storm, New York, Norton.
Lips H. (1988), Sex and Gender, Mountain View, ca., Mayfiles Publishing Compagny.
Gian Vittorio Caprara è Ordinario di Psicologia della personalità alla Facoltà di Psicologia dell’Università «La Sapienza» di Roma. È stato Presidente dell’European Association of Personality Psychology, membro del Council of International Society of Research on Aggression e dell’Academia Europaea Study Group on Youth and Social Change e Visiting Professor of Personality Psychology and Social Psychology in numerose università statunitensi, tra cui Universìty of California, la Stanford University e l’Univeisity of Michigan. È attualmente Direttore del Centro Interuniversitario per la ricerca sulla genesi e sullo sviluppo delle motivazioni prosociali e anasociali.
Alla femminuccia la Barbie, al maschietto l’automobilina. Ma è veramente quello che i cuccioli di uomo desiderano o è ciò che la nostra società fa credere loro di desiderare? Per rispondere alla domanda Gerianne Alexander, psicologa della Texas A&M University, ha studiato il comportamento dei cercopitechi, un genere di scimmie africane che vive in gruppi numerosi. Con la collega Melissa Hines dell’Università di Londra, la ricercatrice ha messo a disposizione delle scimmie giocattoli “da maschio” o “da femmina”, per poi registrarne le scelte, sicuramente non influenzate dagli usi e costumi della nostra società. Le femministe potranno anche restarci male, ma in effetti le scimmie femmine passavano la maggior parte del tempo a giocare con le bambole, mentre i maschi davano la preferenza alla palla o alle automobiline. I giocattoli che piacevano a entrambi i sessi erano gli animali di peluche o, al massimo, le intramontabili e “unisex” matite colorate.
Insomma, proprio quello che succede di solito negli esseri umani; il che ha fatto concludere alle ricercatrici che la preferenza per uno o l’altro tipo di giocattoli sia innata e legata al ruolo che si avrà da adulti.
Nelle femmine la preferenza per le bambole o i pupazzi di colore rosa fa pensare che esse le considerino neonati da allevare, mentre il fatto che i maschi preferiscano oggetti che si muovono o che si lanciano si può spiegare con la loro attitudine a spostarsi e cacciare.
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Fonte: mente & cervello, n.1, anno 1, gennaio-febbraio 2003
ilmarmocchio
“A proposito, visto che Omero, Einstein , ecc hanno rubato idee femminili ( o dietro c’erano ” grandi donne” ), anche Hitler in realta’ era Adolfa, come anche Tamerlana, Attila, jaqueline la squartatrice, e la d.ssa mengele Giuseppina
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Sai cosa scriveva, anni fa, Horst Hameister, professore di medicina genetica all’Università di Ulm?
“… probabilmente dobbiamo ringraziare le “Eve” che vivevano in Africa milioni di anni fa, e che sceglievano il partner per l’intelligenza. Nel linguaggio economico odierno si direbbe che queste donne hanno avuto lungimiranza nell’investire capitali a rischio. Un investimento che è maturato a vantaggio degli uomini e delle donne di oggi”.
Perciò, sì, se Einstein, Leonardo, Fermi, Ramanujan, etc, sono stati un “prodotto”… dell’oculatezza femminile, allora lo sono anche Hitler, Stalin, Gengis, Attila e compagnia cantante…
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P.S. Provocazioni a parte, io ritengo che all’origine di tutto ciò, non vi siano né gli uomini né le donne, bensì Madre Natura.
Silver
>concluse “ipotizzando” l’esistenza di “fattori preculturali determinanti”: fattori biologici, dunque.
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Non solo Silver, non solo.
L’equivoco, irrisolvibile, nasce dal fatto che il problema è mal posto (natura/cultura), un po’ come quello dell’uovo/gallina.
E’ chiaro che posto in questi termini è iirrisolvibile, i ns. filosofi insomma, non c’hanno capito mai un … cxxxo.
Non avendo ora materialmente il tempo di rispondere alla valanga di commenti, gradirei però sapere una cosa da Fabrizio: quale sarebbe il post nel mio blog dedicato a insultare Luka Cage? No, perché io non me ne sono proprio accorta, di averglielo dedicato. Forse tendi a sopravvalutare un po’ il vostro impatto, oltre a quello del femminismo.
Io ho una nipotina, quando era piccolissima gli compravo giocattoli sia da maschio che da femmina, cioè quello che più desiderava: quindi l’automobilina e la barbie, il dinosauro e la winx, la palla e le pentoline. Solo quando ha iniziato ad andare a l’asilo ha cominciato a dire: no zio, questo è da maschio, visto il contatto con le altre bambine.
L’altalena e lo scivolo lo fanno sia maschi che femmine.
Certo c’è la natura che ci fa nascere maschi e femmine, pero si può dare un educazione migliore ad entrambi,
Galatea:” Che nel corso dei secoli passati le donne avessero meno diritti degli uomini e non fosse riconosciuta loro alcuna forma di parità è un dato di fatto storico. Quando si analizza il passato, se ne deve tenere conto,e ricordarlo non è una ricostruzione arbitraria: sarebbe un falso storico presentare ricostruzioni in cui le donne vengono presentate come pari all’uomo. Nella Grecia classica, nella democratica Atene, per esempio, un donna, formalmente non era mai maggiorenne, non poteva ereditare ma solo passare il patrimonio eventualmente al marito, non aveva alcuna reale libertà. Ciò è perdurato de iure fino alla Rivoluzione Francese, ma in realtà si è protratto fino alla seconda metà del ‘900. E’ soltanto a partire dal ‘900, quando hanno ottenuto il diritto di voto, e poi sono andate a lavorare a hanno cominciato ad entrare in ogni ambito sociale che le donne hanno raggiunto una reale forma di affrancamento e di libertà”.
Cara Galatea, fino ai primi del ‘900 le donne non avevano diritto al voto non perché gli uomini glielo impedissero ma semplicemente perché il diritto di voto non esisteva. La democrazia così come la intendiamo noi oggi, non era ancora stata concepita. Per millenni l’umanità ha vissuto sotto il tallone di tirannie insopportabili. Anche il solo concetto di democrazia era sconosciuto, tranne alcune rare, timide, parziali e molto imperfette eccezioni, quali sono state ad esempio la Grecia classica e la Roma antica, ma non sempre, solo in alcune fasi e comunque in ambiti estremamente ristretti. Quegli “elementi” di democrazia, se così vogliamo considerarli, non riguardavano certo la stragrande maggioranza della popolazione, maschile e femminile, ma solo una estremamente esigua minoranza di uomini (maschi), sulla base del censo e del livello di alfabetizzazione. E così si è andati avanti per millenni fino a non più di un secolo fa, salvo alcune rarissime eccezioni, come in Francia solo per pochissimi anni subito dopo la Rivoluzione.
Senza andare troppo a ritroso nella storia, nell’Italia ancora a Statuto albertino, nella seconda metà dell’800, si calcola che, in base al censo e al livello di scolarizzazione necessari per poter essere considerati come cittadini attivi, non più del 2% circa dell’intera popolazione maschile avesse diritto al voto (figuriamoci in quelle rare esperienze “democratiche” precedenti…). Solo nel 1912 verrà istituito il suffragio universale maschile. Dopo dieci anni il fascismo andrà al potere e non si parlerà più non solo di suffragio femminile ma neanche di libere elezioni per più di un ventennio. Dolo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, nel 1946, verrà istituito il suffragio universale maschile e femminile.
Negli altri paesi europei e anche in America le cose sono andate più o meno nello stesso modo. In Inghilterra il suffragio universale maschile e femminile viene istituito nel 1918, praticamente una ventina di anni dopo il suffragio universale maschile (che manteneva comunque moltissime restrizioni sulla base del censo e del livello scolastico). La stessa cosa negli USA (1918). Naturalmente in Italia la parentesi fascista ha ritardato le cose in questo senso. Quindi lo spazio temporale tra l’istituzione del suffragio universale maschile e quello femminile è assolutamente irrisorio per quelli che sono i tempi della storia.
Ergo, non solo le donne sono state escluse dalla vita pubblica fino a pochi decenni fa ma anche la stragrandissima maggioranza della popolazione maschile. Insomma, chi stava al vertice della catena di comando (molto più semplice, rozza e infinitamente meno gerarchizzata di quella attuale), erano appunto i maschi alpha ma spesso anche donne alpha, La storia ha conosciuto fior di regine e imperatrici che hanno fatto il bello e il cattivo tempo, hanno oppresso, scatenato guerre, impiccato, saccheggiato, torturato, nè più e né meno che i loro colleghi maschietti, alla faccia della specificità di genere che impedirebbe alle donne anche solo di concepire la violenza… Da Cleopatra a Messalina, da Elisabetta a Vittoria, da Maria Antonietta a Maria La Cattolica, da Lucrezia Borgia a Caterina la Grande. Naturalmente ne potrei citare centinaia, tedesche, austriache, inglesi, francesi, russe, spagnole…
Questo per dire che sarebbe un errore scindere la storia dell’umanità in due grandi tronconi: I buoni, anzi, le buone, cioè le donne, e i cattivi, cioè gli uomini. I detentori del potere (gli uomini), sempre, comunque e dovunque, e le oppresse dal potere (le donne), sempre, comunque e dovunque.
La realtà è sempre molto più complessa, ahinoi, di come vorremmo che fosse, e le semplificazioni non sono utili alla sua comprensione. Che senso ha parlare di uomini e di donne in questi termini? Tutt’al più bisogna parlare di alcuni uomini rispetto a tanti altri uomini, e di alcune donne, rispetto a tante altre donne.
Come si fa a sostenere che tutte le donne erano deprivate dei diritti di cui invece tutti gli uomini godevano? Forse uno schiavo aveva più diritti di una schiava? Un plebeo aveva più diritti di una plebea? Un proletario moderno aveva più diritti di una proletaria? O forse perché, come sostengono le femministe, gli uomini godevano dell’indipendenza economica rispetto alle donne? Ma quali uomini, in che misura e in quali condizioni? Come si fa a generalizzare in questo modo?
Secondo te un minatore o un qualsiasi operaio dei secoli scorsi (cioè il 95% della popolazione maschile fino ad una cinquantina di anni fa) poteva considerarsi un privilegiato rispetto a sua moglie solo perché percepiva un salario (di fame) scambiato per una vita d’inferno? Sinceramente, cara Galatea, se mi chiedessero di scegliere tra fare il minatore o la moglie del minatore, non avrei dubbi, anche se come marito mi toccasse avere King Kong prima maniera…Personalmente, pur di non passare una vita sepolto vivo 12 o 14 ore a duecento metri sotto terra (per morire, di malattia o di infortunio, con grande anticipo rispetto alla scadenza naturale) sarei disposto a tutto…
Con questo, ripeto, non voglio mettere il minatore contro sua moglie; questo è quello che ha fatto il femminismo a parti invertite. Non voglio scatenare una guerra fra poveri, me ne guardo bene, né sto dicendo che sua moglie fosse una privilegiata. Voglio semplicemente dire che vivevano entrambi due condizioni di oppressione, seppur con modalità differenti. Tutto qui.
Questa è stata la condizione della stragrande maggioranza degli uomini e delle donne per millenni a fronte di una condizione ultraprivilegiata di una minoranza di altri uomini e di altre donne.
Non siamo stati noi a porre la questione del genere; altre l’hanno posta. Noi vogliamo solo fare chiarezza sulle cose, senza scindere il bene dal male. Il nostro obiettivo non è il mero rovesciamento del paradigma femminista ma provare a fare un’analisi corretta e lucida della realtà e della storia fuori da liturgie ideologiche. E oggi è proprio questo il compito più difficile.
Fabrizio
Galatea, non è LukeCage ma Icarus l’amico che si è beccato la tua dose di sarcasmo (al quale evidentemente proprio non riesci a rinunciare; molto femminile, permettimelo…). Non dico che tu lo abbia insultato, come al solito non sei riuscita a trattenerti…ma se vuoi continuare a dialogare in questo blog dovrai sforzarti un pochino..anche perchè frasi del genere, lo ammetterai, sono delle cadute di stile per una donna erudita, colta ed evoluta come te. Comunque la frase “incriminata” è la seguente:”@Icarus: Non ti preoccupare, caro, per farti capire che non verrei con te manco morta, se mai ti incrocio vedrò di mettere un burka”.
Risparmiatele queste battute e argomenta, come sai fare. Queste stronzatelle lasciale ad altre. Ok? Tanto più che, se vuoi, hai molta carne al fuoco. Ti hanno risposto in tanti, compreso il sottoscritto…
@fabrizio: Le stronzatelle, a questo punto, risparmiatele anche tu. Grazie per la lezionicina di storia, ma almeno potresti controllare meglio le voci di Wikipedia che vai a scartabellare: il Suffragio Universale (maschile) venne concesso negli Stati Uniti già nel ‘700, e nel 1918 sia in Francia che in America le donne votavano. il partito Socialista era andato più volte al governo in Francia e in altre nazioni, portando in Parlamento deputati di estrazione popolare, e anche donne. Quindi scrivere “fino ai primi del ‘900 le donne non avevano diritto al voto non perché gli uomini glielo impedissero ma semplicemente perché il diritto di voto non esisteva. La democrazia così come la intendiamo noi oggi, non era ancora stata concepita” è una cosa rabbrividevole, che ti farebbe rimediare un 3 in una qualsiasi interrogazione alle medie. L’Italia arrivò ad una forma di Suffragio Universale maschile solo nel 1919; per attendere che il voto venga esteso alle donne bisognerà aspettare la caduta del Fascismo. Ma l’Italia era una naziona culturalmente arretrata, e, per certi versi, tale è rimasta anche adesso.
Quanto al sarcasmo di Icarus (Mi scuso con Luka Cage, ho inavvertitamente sbagliato nick) il gentile commento postato da lui (cito a caso: “Le femministe odiano le Veline semplicemente perchè ne sono invidiose. La loro motivazione nobile della lotta contro la “mercificazione” serve solamente da paraculo per celare la loro reale motivazione per cui si oppongono al Velinismo: sono invidiose che milioni di occhi maschili sono puntati sul culetto delle veline e non sul loro”): se il livello della discussione è questo, il sarcasmo è più che meritato. Solo che quando lo fanno i membri del club, è accettabile, perché tu lo difendi come “ironia”, se invece lo faccio io è una forma di stronzaggine. Benissimo, come vuoi tu. A questo punto sono una felicissima stronza, e devo confessarvi che restare qui a commentare mi pare perfettamente superfluo: fra l’altro, Fabrizio, lasciatelo dire: per essere il guru del movimento i tuoi interventi sono fra i meno interessanti. Vi lascio dunque al vostro circolo del cucito. Siete i più bravi, siete i più intelligenti, le donne cattive non vinceranno, e grazie alle vostre luminose analisi e alla vostra visione innovative conquisterete nuovamente il mondo. Adieu.
Rendiamoci conto…
Gli strumenti della lotta antimaschile non sono fucili o bastoni. Sono colpevolizzazione, dispregio, svalorizzazione, criminalizzazione*. Processi esercitati attraverso la pioggia battente della “verità” che arriva dal passato, dal presente e dall’altrove.
“Non bisogna dimenticare…!” è questo il comando. Dobbiamo sapere che questo ordine è il “Fuoco!” ai cannoni antimaschili. Yprite.
Chi ci ricorda le malefatte maschili (del presente, del passato e dell’altrove) sta facendo la guerra contro di noi. Che lo sappia o meno, che lo voglia o meno.
Non ha alcuna importanza se quel che dice sia vero o falso, se sia verosimile o incredibile, se sia solo esagerato o addirittura inconfutabile. Superverissimo. Non importa nulla.
Si può mentire tanto con le falsità che con le verità.
Verità e falsità del contenuto sono irrilevanti. Assolutamente irrilevanti.
Quanto alla malafede questa va del tutto esclusa. Tutto accade in perfetta buona fede. Ma le intenzioni (buone) non contano nulla. Solo gli effetti contano.
Solo gli effetti.
Rendiamocene conto, amici: Yprite.
RDV
* Oltre al resto.
A quanto pare galatea non ha neppure replicato ad una delle obiezioni di silver: evidentemente le si è incartato il cervello…
@ Rino
Gli strumenti della lotta antimaschile non sono fucili o bastoni. Sono colpevolizzazione, dispregio, svalorizzazione, criminalizzazione*. Processi esercitati attraverso la pioggia battente della “verità” che arriva dal passato, dal presente e dall’altrove.
>>>
Io mi sono avvicinato alla q.m. solo di recente, e devo dirti che fino a pochi anni fa, non credevo fosse possibile che le donne provassero un simile risentimento nei confronti degli uomini.
In proposito qualche giorno fa silver ha scritto una frase che mi fatto pensare, ovvero se ci fosse mai capitato di ascoltare degli apprezzamenti, non a singoli uomini, ma all’intero genere maschile: ci ho pensato bene, e devo dire che no, non mi è mai capitato.
Anzi, andando a ritroso nel tempo, a quando frequentavo il liceo, mi sono tornate in mente certe frasi di alcune mie prof, che avevo rimosso, e che oggi mi fanno rendere conto di quanto rancore covasse e covi in loro.
Alla signora Galatea fa male la Verità, cioè che :
1)Nel “terribile” patriarcato gli uomini si massacravano dalla fatica, al lavoro e nelle guerre e spesso morivano al posto delle donne.
2) Che il suffragio universale è in vigore solo dagli inizi del secolo scorso.
3) Che lei e le altre come lei sono invidiose del culetto delle Veline, e per questo le danno addosso. Del resto, vanno anche loro vestite come le Veline. Quindi perchè si lamentano?
4) Che le quote rosa non sono “legende metropolitane”
http://www.metropolisweb.it/Notizie/Politica/legge_elettorale_campania_addio_listino_ok_quote_rosa.aspx
http://www.ilsussidiario.net/News/Come-si-vota/2010/3/25/ELEZIONI-REGIONALI-2010-Come-cambiano-le-modalita-di-voto-nelle-regioni-Toscana-Marche-Campania-Puglia-e-Calabria-elezioni-regionali-2010/3/75178/
Ah a proposito, l”erudita”(ma solo lei ce l’ha la laurea in lettere?), la “grecista” Galatea, mi può, cortesemente, fare l’analisi Logica e del periodo di questa sua frase:
“Non ti preoccupare, caro, per farti capire che non verrei con te manco morta, se mai ti incrocio vedrò di mettere un burka”.
Una frase senza senso, sconnessa. E poi quel “mettere” senza la particella pronominale “mi”.
Mah!!!
Torna quando vuoi, Galatea, ci mancheranno le tue “bacchettate”…era dai tempi del liceo che non mi beccavo un bel 3! Sonoro, senza possibilità di recupero
Credo che l’ultimo me lo abbiano appioppato proprio in una versione di greco (che dovrebbe essere una delle tue materie, se non erro). Eppure andavo forte nei verbi greci…aoristo forte irregolare di “lambano”: elabon…ancora me lo ricordo. Correggimi se sbaglio, naturalmente…Mi ci interrogò proprio la prof. di lettere al ginnasio tra un’assemblea e l’altra… E’ ovvio che non mi applicavo abbastanza…quante volte ce l’avranno ripetuta questa frase…parole sante che sono rimaste nel vuoto…sono un incorregibile somaro!…
Un abbraccio e buon lavoro!
Fabrizio
Il comportamento di Galatea mi ricorda quello di chi dice che il razzismo non esiste, oppure Berlusconi che dice che Gomorra “ fa cattiva pubblicità” all’ Italia.
Non c’è niente da fare.
Come Sgarbi, che quando non ha argomenti da opporre si aggrappa a questioni di forma per difendere l’indifendibile.
La nostra insegnante andrà nuovamente in giro a dire che non l’abbiamo cagata,che l’abbiamo insultata, che è inutile parlare con noi etc. etc. etc.
E poi guai a dire che le molte donne sono paracule e/o in malafede…
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
Il potere della vita
«Negli Stati Uniti, nel 1920, le donne vivevano un anno più degli uomini. Attualmente le donne vivono sette anni di più. Il gap nella speranza di vita tra uomini e donne è aumentato del 600 per cento.»
Riconosciamo che il fenomeno dei neri che muoiono sei anni prima dei bianchi riflette l’impotenza dei neri nella società americana. Ma il fatto che gli uomini muoiano sette anni prima delle donne raramente viene considerato un riflesso dell’impotenza degli uomini nella società americana.
E biologico quel gap di sette anni? Se così fosse, non sarebbe stato di un anno soltanto nel 1920.
Se fossero gli uomini a vivere sette anni di più, le femministe ci avrebbero aiutato a capire che la speranza di vita è il metro migliore per misurare il potere. E avrebbero perfettamente ragione. Potere è capacità di controllare la propria vita. La morte tende a ridurre il controllo. La speranza di vita è la linea di demarcazione – il rapporto tra gli stress e le gratificazioni.
Se potere significa avere il controllo della propria vita, allora, forse, per valutare l’impatto dei ruoli sessuali e del razzismo sul potere sulle nostre vite non esiste metro migliore che la speranza di vita. Ecco il quadro della situazione:
Speranza di vita alla nascita come indice per stabilire chi ha il potere
Donne (bianche) 79
Donne (nere) 74
Maschi (bianchi) 72
Maschi (neri) 65
La donna bianca vive quasi quattordici anni più del maschio nero. Provate a immaginare quali sarebbero le reazioni se una quarantanovenne dovesse presumibilmente morire prima di un sessantaduenne.
Suicidio come impotenza
Così come la speranza di vita è uno dei migliori indici del potere, il suicidio è uno dei migliori indici dell’impotenza.
«Fino ai 9 anni, la percentuale di suicidi tra bambini e bambine è identico;
• dai 10 ai 14 anni la percentuale per i ragazzi è il doppio rispetto alle ragazze;
• dai 15 ai 19 anni è quattro volte superiore; e
• dai 20 ai 24 anni è sei volte più alto.»
«Sottoposti alle pressioni del ruolo maschile, nei ragazzi i suicidi aumentano del 25.000 per cento.»
«Il tasso di suicidi tra gli ultraottantacinquenni è 1350 volte superiore rispetto a quello rilevato tra le donne dello stesso gruppo d’età.»
” L’Italia arrivò ad una forma di Suffragio Universale maschile solo nel 1919; per attendere che il voto venga esteso alle donne bisognerà aspettare la caduta del Fascismo.”(Galatea)
Ueeeeeeee……capirai! 27 anni(1919-1946), prima di concedere il voto alle donne!!! Questa sarebbe stata l’ “oppressione”!
(Tra l’altro in Inghilterra, il diritto di voto fu concesso ancora prima.)
Galatea dovrebbe sapere, inoltre, che il diritto di voto era intimamente connesso con l’esercizio dell’ obbligo di leva. Obbligo che le donne(per loro fortuna) non avevano!!! Quando pochi anni dopo fu concesso il diritto di voto alle donne, fu fatta proprio una ECCEZIONE, una deroga, apposita per le donne che, quindi, scindeva, per loro e soltanto per loro, il diritto di voto con l’esercizio dell’ obbligo di leva!!! A differenza degli uomini i quali se volevano votare dovevano fare prima i loro 2 anni di servizio di leva!!!
Galatea, imparati la Storia, sia quella antica che moderna.Non conosci la storia.
Per quanto riguarda questa “società maschilista e arretrata”, beh, non c’è che dire: ogni anno i divorzi aumentano esponenzialmente, e avvengono per la maggior parte dei casi per INIZIATIVA della moglie(alla faccia del “marito-padrone”). Ormai esistono milioni di coppie scoppiate.E nel 96% dei casi, i figli vengono affidati alla moglie! Ciò significa che esistono milioni di famiglie in cui i figli vengono gestiti solo dalla madre. E questi signori ci vengono pure parlare di PATRIARCATO!!!!
Hanno il Ministero delle (dis)Pari Opportunità, in cui addirittura è vietata la presenza maschile, che stabilisce, alla faccia della Costituzione, impongono quote rosa(cioè assunzioni in base al sesso e non alla democrazia o alla meritocrazia). Hanno il corpo insegnante quasi tutto al femminile. Hanno tutta una serie di “discriminazioni positive” a loro vantaggio…eccetera, eccetera..e poi se ne vengono che sono “tutt’ora oppresse e discriminate”.
Ma in che mondo vivono?
Galatea, sai chi era Goebbels? No, non era un oratore greco, ma un politico nazista, precisamente il ministro della propaganda nazista. Sai cosa diceva? Diceva: “prendete una bugia, ripetetela, dieci, cento, mille volte, e il popolo la crederà”. Ecco, tu e milioni di persone avete creduto a queste menzogne femministe. Bravi!!
Poi voi vi considerate di “sinistra”. Beh, a parte il fatto che fate e credete alla stessa propaganda mistificatoria collaudata da Berlusconi(vittimismo, mistificazione della realtà, occupazione mediatica delle istanza che su vogliono diffondere, ecc), perchè anzichè venire qui, ad attaccare un sito di sinistra, non andate ad attaccare i fascisti berlusconiani e leghisti???!!! Non siete di sinistra, ecco qui.
p.s: ecco, come gli uomini se la “spassavano ai danni delle donne” nella “terribile” era del Patriarcato:
http://antifeminist.altervista.org/risorse/lavori_ripugnanti.htm
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
Perché il femminismo ha acuito il bisogno di studiare gli uomini
Il femminismo ha suggerito che Dìo potrebbe essere una «Lei», ma non che anche il demonio potrebbe essere di sesso femminile. Il femminismo ha mostrato il lato oscuro degli uomini e il lato luminoso delle donne. Ha però trascurato il lato oscuro delle donne e il lato luminoso degli uomini, così come non ha riconosciuto che all’interno di ogni individuo dei due sessi sono presenti sia il lato oscuro sia quello luminoso. Quando affiorò la questione delle molestie sessuali, ci fu detto che «gli uomini non capiscono», quando in realtà nessuno dei due sessi «capisce». Gli uomini non comprendono la paura delle donne, che nasce dal ruolo passivo; le donne non comprendono la paura che gli uomini hanno del rifiuto sessuale, paura che nasce dal ruolo iniziatico. Ogni sesso è talmente preoccupato della propria vulnerabilità da non «comprendere» la vulnerabilità dell’altro.
La differenza? Il femminismo ha insegnato alle donne a denunciare per molestie sessuali o violenze gli uomini quando prendono l’iniziativa con la persona sbagliata o al momento sbagliato; nessuno ha insegnato agli uomini a citare le donne in giudizio per i traumi sessuali determinati dal loro «sì» seguito da un «no», e poi da un altro «sì» e ancora da un altro «no». Il femminismo ha lasciato alle donne tre alternative sessuali: il loro antico ruolo, il ruolo «maschile» e il ruolo della «vittima». Agli uomini è rimasta meno di un’unica alternativa: ci si aspettava ancora che prendessero l’iniziativa, ma con la possibilità, se erano maldestri, di finire in galera. Per l’adolescente che solo vagamente sa che cos’è il sesso, si tratta di un’allarmante semialternativa.
Il femminismo difese il «potere della vittima», convincendo tutti che viviamo in un mondo sessista, dominato dal maschio, patriarcale. Il mito del potere maschile spiega che il mondo era bisessista, dominato dal maschio e dalla femmina, patriarcale e matriarcale nel contempo – in modi ovviamente diversi. Spiega perché «patriarcato» e «predominio maschile» si trasformano in parole cifrate per spiazzare il maschio.
Negli Anni Ottanta e Novanta l’abilità del femminismo nel mettere in risalto il lato luminoso delle donne e il lato oscuro degli uomini favorì la nascita di riviste per le donne, talk-show, libri «per migliorarsi», special TV il cui comune denominatore era riconoscere come «progressista» il fatto di considerare le donne come vittime e gli uomini come carnefici, ma raramente gli uomini come vittime (di false accuse, di violenza emotiva, di privazioni affettive…) e le donne come carnefici. In men che non si dica fu considerato progressista criticare i «legislatori maschi» perché fanno la guerra, senza riconoscere loro il merito di aver creato la democrazia. Abbiamo visto special TV intitolati L’uomo della porta accanto molesta le ragazze? ma non L’uomo della porta accanto protegge le ragazze?
Riconoscere la verità in tutte le sue valenze non veniva più considerato progressista ma piuttosto un atteggiamento regressivo. Erano le donne a comprare i libri, e gli editori cercavano di compiacerle. Le donne diventarono Donne che amano… e gli uomini diventarono Uomini che odiano… (il lato luminoso delle donne, il lato oscuro degli uomini). L’opportunismo trasformò un punto di forza femminile – la capacità di comprendere i rapporti – in una debolezza femminile: l’incomprensione degli uomini.
Nell’ultimo quarto di secolo il femminismo ha rappresentato per l’informazione quotidiana ciò che i batteri sono per l’acqua: la consumiamo senza sapere; buono e cattivo insieme. Dal punto dì vista maschile, il femminismo trasformò la Battaglia dei Sessi in una «guerra in cui solamente una parte si svela».[1]
Gli uomini non hanno saputo ascoltare con attenzione, nell’ultimo quarto di secolo, le donne che esprimevano ciò che volevano, ma hanno ascoltato abbastanza da assorbire decine di concetti nuovi («oggetto sessuale», «soffitto di vetro», «sindrome della donna maltrattata», «paternità esaurita», «femminilizzazione della povertà»), hanno sentito decine di slogan centrati sui problemi femminili («il diritto della donna di scegliere», «parità di salario a parità di lavoro», «il corpo è mio e me io gestisco io»), e hanno visto la loro sessualità condannata (molestie, violenze, pornografia, incesto, stupro, date rape, ovvero stupro al primo appuntamento).
Gli uomini non soltanto ascoltarono ma accettarono come verità decine di accuse di discriminazione contro le donne (le donne sono le maggiori vittime della violenza; la salute delle donne è più trascurata di quella degli uomini; le donne sono pagate meno per lo stesso lavoro; i mariti picchiano le mogli; gli uomini hanno più potere; abbiamo vissuto in un mondo patriarcale, sessista, dominato dal maschio). Molti uomini condannarono queste «discriminazioni nei confronti delle donne» pur accettando la «necessità» della discriminazione nei confronti degli uomini (commissioni di donne sovvenzionate dal governo in quasi tutti gli Stati e le contee; studi sulle donne; club per sole donne; programmi governativi per donne, neonati e bambini…)
Il coraggio di confrontarsi: le donne non possono capire ciò che gli uomini non dicono
Siamo stati fuorviati dalle femministe? Sì. È colpa delle femministe? No. E perché no? Gli uomini non si sono espressi. Più semplicemente, le donne non possono capire ciò che gli uomini non dicono. Gli uomini devono perciò assumersi la responsabilità di rivelare quello che vogliono, di trasformare una «guerra nella quale una parte soltanto si svela» in un «dialogo in cui entrambi i sessi si esprimono». Spesso mi sorprende vedere come gli uomini trasformino questioni relazionali in questioni femminili. Allorché un libro del tipo Il mito del potere maschile arriva nella redazione di un giornale, non di rado i giornalisti si affrettano a dire: «Questo è per Mary, lei è specializzata in questioni femminili». Per gli uomini è arrivato il momento di assumersi la responsabilità di porre fine all’era-delle-questioni-relazionali viste come questioni-femminili.
Considerare i rapporti come se le donne ne fossero il centro è come considerare il sistema solare pensando che la Terra ne sia il centro. Ma, come scoprì Galileo, la scoperta costituisce soltanto la prima metà dell’impresa; l’altra metà consiste nel trovare il coraggio per presentare quanto scoperto. Tuttora, la maggior parte degli uomini è convinta di conquistare l’amore delle donne proteggendole, e molte donne pensano di ricevere la speciale protezione che concediamo alla vittima.
Quasi sempre, il tentativo di conciliare le convinzioni che abbiamo sulla vita relazionale produce lo sgradevole stridio della carta vetrata sulla nostra psiche. Ma, come il motto di una società immobiliare è «Affittasi, affittasi, affittasi», per le relazioni è «Ascoltare, ascoltare, ascoltare». La qualità dell’ascolto determinerà il risultato: un dialogo civile ovvero una guerra civile.
Se in futuro le donne sapranno ascoltare meglio di quanto abbiano fatto gli uomini in passato, questi ultimi non saranno costretti a parlare per un quarto di secolo. Se le donne si chiuderanno emotivamente, o reagiranno con accuse personali, o diranno agli uomini: «Io sono ricettiva, ma hai scelto il momento sbagliato per parlare», gli uomini si ripiegheranno in se stessi e ci vorrà più di un quarto di secolo prima che riescano a conquistarsi un pari diritto a essere ascoltati. Non è mai il momento giusto quando si tratta di ascoltare ciò che potremmo temere di udire (ed è sempre come carta vetrata sulla nostra psiche).
Le donne hanno dato il la. Gli uomini devono dare il loro contributo prima dì essere pronti a una sintesi.
«Il mito del potere maschile» non sarà l’altra faccia del femminismo?
Grande sarà la tentazione di vedere ne Il mito del potere maschile l’altra faccia del femminismo. Non è così. Il femminismo afferma: «Il mondo è patriarcale e dominato dal maschio». Il contrario sarebbe: «Il mondo è matriarcale e dominato dalle donne». Spiegherò perché è nel contempo patriarcale e matriarcale, e dominato dal maschio e dalla femmina. Il libro spiega perché l’uomo costituisce il sesso «da buttare», senza per questo negare l’analoga situazione di una donna (per esempio, quando un uomo cambia la moglie quarantenne con due ventenni). È infatti un approccio integrato.
Come è riuscito il femminismo a indurci a considerare integrato un approccio che è in realtà unilaterale? Affermando non che «le donne considerano il mondo patriarcale, sessista e dominato dal maschio», ma piuttosto che «il mondo è patriarcale, sessista e dominato dal maschio». Tutte le volte che il femminismo ritrae se stesso come se fosse il quadro nella sua totalità, si ha una forma di sessismo – così come sarebbe sessista un approccio «maschilista» se si presentasse come l’intero quadro.
Secoli di “oppressione” io cambierei la parola in “protezione” tenendo le donne in casa con i figli per assicurare il futuro, mentre gli uomini facevano tutti quei bei mestieri come la guerra, le miniere e roba simile; si dice a volte scandalizzati: hanno ucciso anche donne e bambini.
Galatea è greca quindi parla anche romanaccia: nun ce vengo manco morta, me metto er burka.
Per il burqa ci sono i Tuareg, dove sono gli uomini a portare il volto coperto
http://members.xoom.it/imaran/ituareg.htm
Fabrizio, ci sono tre domande che vorrei rivolgerti(vi):
1. Non pensi che il cosiddetto machismo abbia causato molti guai agli stessi uomini?
2. Non credi che se in tutti questi anni gli uomini non hanno mai replicato alle accuse femministe, è perché non avevano la coscienza del tutto pulita?
2. Non sei del parere che l’avanzata dell’ ideologia femminista, sia da imputare anche all’incapacità degli uomini di trattare gli argomenti relativi ai due sessi, sia in privato che in pubblico? Questo anche perché ritenuti dagli stessi, argomenti da “femminucce” ?
Non sono accuse le mie, ma semplici domande.
Davvero un brano illuminante questo di Farrell. Dovrebbe trovar spazio nelle antologie scolastiche, ma penso che passeranno ancora secoli prima che questo avvenga.
Victor: si il machismo ha causato e causa molti guai, io rivendico la mia sensibilità e debolezza di carattere come vera virilità. Tra i grandi artisti come Van Gogh oppure letterati come Poe e Lovecraft: si celebra la loro debolezza e angoscia che li ha portati a fare opere che le donne non hanno mai eguagliato.
” 1. Non pensi che il cosiddetto machismo abbia causato molti guai agli stessi uomini?”(Victor)
Ti hanno fatto il lavaggio di cervello con questa parola, “machista”. Chiunque si oppone al femminismo è un “machista”, “sessista”(da che pulpito!), “fascista”…
” 2. Non credi che se in tutti questi anni gli uomini non hanno mai replicato alle accuse femministe, è perché non avevano la coscienza del tutto pulita?”(Victor)
Ah, ancora con queste colpe collettive??? Per quale motivo io dovrei chiedere perdono e scusa ad un intero genere, ad una intera razza, ad una intera religione??? Io non ho mai commesso violenze o discriminazioni verso nessuna,e nè tanto meno verso una intera categoria umana(sesso, razza, religione) e come me la maggior parte degli uomini(al di la della la loro morale o meno).
Cmq, la maggior parte degli uomini non si ribella al femminismo per lo stesso motivo per cui le popolazioni sottoposte ad un regime totalitario finiscono per accettarlo e non ribellarsi ad esso. La PSICO-PROPAGANDA.
Da oltre 30 anni, su giornali e tv, vi è una costante e martellante propaganda vittimistica femminista e di celebrazione del femminile: non c’è un servizio del tg o una pagina di un qualunque giornale che non si lamenta di come siano “discriminate” , “sterminate”,”oppresse” le donne occidentali e di quanto le donne sono “più brave”, “più capaci” dei “maschi”. E questo tutti i giorni, da anni. Ovvio che qualunque uomo medio si senta in “colpa”, “colpa” di appartenere ad un genere che “opprime” e “stermina” le donne e succube psicologicamente nei confronti di un “sesso superiore” cui riverire, sdebitarsi, chiedere perdono: i Maschi Pentiti.
Molti, però, sono contrari al femminismo ma non lo dicono, perchè hanno la paura di essere tacciati come “machisti”, “fascisti” e quindi di incorrere nella emarginazione sociale.
” 2. Non sei del parere che l’avanzata dell’ ideologia femminista, sia da imputare anche all’incapacità degli uomini di trattare gli argomenti relativi ai due sessi,”
Ah sì….invece le donne non hanno nessuna colpa….La colpa è sempre solo e soltanto dei “maschietti”.
Icarus, l’hai fatta fuori dal vaso, tu hai troppo nervi scoperti e di conseguenza perdi lucidità. Forse non comprendi che la verità non sta mai da una parte sola. Mi auguro che almeno Fabrizio, che mi sembra molto più maturo e razionale di te, sappia rispondermi in maniera sensata.
Icarus, tu scrivi,
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Ovvio che qualunque uomo medio si senta in “colpa”, “colpa” di appartenere ad un genere che “opprime” e “stermina” le donne e succube psicologicamente nei confronti di un “sesso superiore” cui riverire,
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Ma chi te l’ha detto che qualunque uomo medio “si sente in colpa” ? Ma che vai blaterando ? Io sono un uomo medio di 35 anni, e non mi sento in colpa di nulla, così come non si sente in colpa mio padre né tanti altri uomini che conosco personalmente. Ma per favore…
Caro Victor, non ho minimamente pensato che le tue potessero essere delle accuse.
Vado per punti come tu mi hai chiesto.
1) Non ho alcuna esitazione a sostenere che il machismo abbia arrecato e arrechi danni enormi alla maschilità. Nessuno di noi lo ha mai dubitato. Non troverai una sola riga sul nostro sito che possa anche lontanamente inneggiare o strizzare l’occhiolino al cosiddetto machismo.
Il machismo, o maschilismo, a differenza del femminismo, non è un’ideologia, ma solo un atteggiamento idiota che nasconde in realtà una grande fragilità e anche un grande senso di impotenza. Una maschilità sana, autentica e consapevole non ha certo bisogno di assumere atteggiamenti di quel tipo per potersi esprimere ed affermare, sia nel mondo che nella relazioni con l’altro genere. E infatti gli uomini che, in qualche modo, “scelgono” (ammesso che sia una scelta consapevole e ho i miei dubbi) di assumere atteggiamenti di questo genere, non sono dotati di una grande personalità, al di là di ciò che appare, e hanno forti problemi di identità. Sono di fatto la caricatura di una maschilità più “antica”, se mi passi il termine, più “tradizionale”, diciamo così, con i suoi pregi e certamente anche i suoi difetti, che però aveva una identità molto più solida. Una maschilità, nella sua parte più sana, che non si affermava di sicuro attraverso quei comportamenti beceri e ormai anche grotteschi degli attuali “machisti” ma che affondava le sue radici in altri valori e tradizioni. Non tutti condivisibili,sia chiaro. Noi non siamo certo favorevoli ad una società patriarcale così come ad una matriarcale. L’orizzonte per il quale lavoriamo, come puoi evincere dal nostro Manifesto (Il Movimento Beta) pubblicato sulla homepage, che forse hai già letto, è quello di una relazione fra i generi all’insegna dell’eguaglianza, della parità e della reciprocità. E’ quindi evidente, partendo da queste premesse, che tutto abbiamo in testa tranne che restaurare vecchie logiche e dinamiche sociali, culturali e di genere che riteniamo superate.
Ciò detto, credo che sarebbe sbagliato considerare il femminismo (attuale, quindi il post-femminismo) come una risposta all’attuale machismo. E’, a mio parere, l’esatto contrario. Nell’incapacità di relazionarsi in modo consapevole e autorevole col il “femminile”, ormai dominante (e ti rimando alla lettura del Manifesto e anche di altri articoli), priva di una coscienza di sé e di genere, calpestata e colpevolizzata da decenni, la parte più fragile, culturalmente e psicologicamente più sprovveduta degli uomini, cerca o crede di reagire assumendo questa specie di pseudo personalità machista. Uno spettacolo penoso, avvilente, addirittura grottesco, che è testimonianza purtroppo del vicolo cieco in cui sono stati cacciati (e si sono cacciati o lasciati cacciare) la gran parte degli uomini.
Il primo obiettivo del nostro Movimento è proprio quello di lavorare per ricostruire una consapevolezza e una identità alla maggioranza degli uomini “normali”, cioè coloro che non appartengono alle elite dei cosiddetti maschi dominanti. Quegli uomini, e non altri, sono quelli che hanno pagato duramente l’attacco sferrato al “maschile” da un “femminile” a nostro giudizio completamente declinato e funzionale alle logiche del pensiero dominante, di cui ormai quello stesso “femminile” (inteso come pensiero e come prassi) fa parte a pieno titolo.
E’ assolutamente necessario, come d’altronde fecero le femministe molti ani fa, costruire questa nuova coscienza e farla diventare un soggetto collettivo. E’ assolutamente illusorio pensare che possano esserci soluzioni individuali. Lo abbiamo imparato proprio da loro…
2) Di fatto ti ho già risposto. In ogni caso non credo che gli uomini abbiano subito (e continuino a subire) passivamente da ormai quarant’anni perché sanno, come dici tu, di avere la coscienza sporca. Per un motivo anche molto semplice. Chi ha veramente la coscienza sporca, cioè chi è realmente colpevole, il problema non se lo pone neanche. Il senso di colpa non attecchisce mai sui veri colpevoli, caro Victor, i quali se ne fregano altamente del senso di colpa, altrimenti non sarebbero tali. Il senso di colpa è finalizzato a tutt’altro e soprattutto non è indirizzato ai veri colpevoli. Al contrario, è una potentissima arma di sottomissione, uno strumento sofisticatissimo per addomesticare e piegare le coscienze di tutti gli altri (i non colpevoli) inchiodandoli ad un diktat morale, alla impossibilità di estinguere il debito.
Ora, naturalmente, quanto quel debito sia presunto o reale, è materia troppo lunga e complessa da affrontare in questa sede. Noi, ovviamente, non condividiamo la reinterpretazione della realtà e della storia operata dal femminismo (ormai post-femminismo), altrimenti non saremmo neanche qui.
Avremo modo di approfondire se vorrai continuare a seguirci e a dare il tuo contributo di idee.
3) Su questo punto sono assolutamente d’accordo con te. Ma ciò avviene proprio perché gli uomini sono oggi talmente deboli che non hanno il coraggio e la forza di affrontare il problema. Pur di non mettersi davanti ad uno specchio e prendere atto della loro condizione, preferiscono far finta di nulla e continuare a recitare i soliti copioni. Non si rendono conto di arrancare e annaspare penosamente, di scivolare gradualmente ma inesorabilmente verso un possibile punto di non ritorno.
Se c’è una speranza e una possibilità per gli uomini di uscire da questo abisso oscuro in cui sono finiti, caro Victor, consiste proprio nel rovesciare la tua domanda.
Siamo veramente colpevoli? O è venuto il momento di cominciare a mettere in discussione questo assunto? Noi questa domanda ce la siamo posta, credimi, per lungo tempo. Anche perché sarebbe stato impossibile non porsela dal momento che oggi qualsiasi uomo faccia la sua comparsa nel mondo è già colpevole a presceindere…
Noi una risposta, anche se ci è costata tanta fatica, ce la siamo data.
E tu? Cosa conti di fare? Vuoi continuare anche tu ad espiare le presunte colpe dei tuoi nonni? Vuoi trasmettere il “debito” anche ai tuoi figli e ai tuoi nipoti?
Pensaci.
A presto!
Fabrizio
“Ma chi te l’ha detto che qualunque uomo medio “si sente in colpa” ? Ma che vai blaterando ? Io sono un uomo medio di 35 anni, e non mi sento in colpa di nulla, così come non si sente in colpa mio padre né tanti altri uomini che conosco personalmente. Ma per favore… “(Victor)
E certo, perchè altrimenti l’unica spiegazione al fatto che la maggior parte degli uomini non si ribella al femminismo sarebbe che: ” 2. Non credi che se in tutti questi anni gli uomini non hanno mai replicato alle accuse femministe, è perché non avevano la coscienza del tutto pulita?”
Ora, siccome io ho la coscienza pulita mi oppongo al femminismo. Mentre tu, siccome non ti opponi al femminismo, significa che non hai la coscienza pulita(ovviamente questo è solo ciò a cui porta il tuo distorto ragionamento, non che tu abbia davvero la coscienza non pulita).
” Forse non comprendi che la verità non sta mai da una parte sola”(Victor)
Son d’accordo con te. Ma tu prima avevi detto che gli uomini non hanno la coscienza pulita(cioè hanno fatto e fanno del male alle donne) e che la colpa è solo degli uomini in quanto non sanno ” trattare gli argomenti relativi ai due sessi, sia in privato che in pubblico.”
Parole tue.
Rispondo anch’io molto sinteticamente alle domande di Victor.
1) Sicuramente il “machismo” è altamente dannoso per gli stessi uomini.
2) Un uomo della tua età ha mediamente la coscienza sporca che ha una donna della tua età. Se di “colpe” si può parlare sono attribuibili alle generazioni passate. L’uomo d’oggi ha fatto passi da gigante verso la donna e per la comprensione del mondo femminile. Le responsabilità dei “padri, ma qui il discorso si fa complicato, non ricadono sui figli. La scorrettezza femminista consiste invece proprio nell’utilizzare il passato per colpevolizzare l’uomo con cui convive. Sarebbe come accusare i tedeschi di 30-40 anni di essere stati nazisti. Forse tu ed altri non vi sentirete in colpa, ma anche solo affermare ciò che io sto scrivendo significa infrangere un tabù e in tantissimi preferiscono non farlo. Non provano senso di colpe, ma preferiscono stare in silenzio, il che comunque denota molto imbarazzo.
3) Sul terzo punto hai colto nel segno. Gli uomini si sono sempre vergognati di trattare certi temi, perchè considerati “femminili”, essenzialmente quelli che ricadono nella sfera sentimentale privata. Ancora oggi quest’imbarazzo nell’affrontarli è assai diffuso. Eppure basta leggere tante testimonianze letterarie per comprendere come l’uomo posso essere anche molto fine nell’affrontarli. Questo è un limite che va superato.
Qui mi fermo per il momento.
Icarus
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E certo, perchè altrimenti l’unica spiegazione al fatto che la maggior parte degli uomini non si ribella al femminismo sarebbe che: ” 2. Non credi che se in tutti questi anni gli uomini non hanno mai replicato alle accuse femministe, è perché non avevano la coscienza del tutto pulita?”
Ora, siccome io ho la coscienza pulita mi oppongo al femminismo. Mentre tu, siccome non ti opponi al femminismo, significa che non hai la coscienza pulita(ovviamente questo è solo ciò a cui porta il tuo distorto ragionamento, non che tu abbia davvero la coscienza non pulita).
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Ti rammento che la quasi totalità degli uomini medi, a differenza di quanto accade per mafia, camorra e ‘ndrangheta, non sa nulla del femminismo; perciò certe questioni non se le pone neppure: questo è il punto.
C’entra ben poco il senso di colpa, che semmai attanaglia gli uomini più colti e/o consapevoli, ovvero una minoranza molto ristretta della popolazione.
Icarus
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e che la colpa è solo degli uomini in quanto non sanno ” trattare gli argomenti relativi ai due sessi, sia in privato che in pubblico.”
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Ripeto: tu sei troppo prevenuto, hai troppi nervi scoperti.
Se fossi sincero almeno con te stesso, riconosceresti – come hanno fatto invece Fabrizio e Alessandro – che gli uomini, in genere, non sanno trattare gli argomenti relativi ai due sessi, perché se ne vergognano. E non da oggi.
Rispondo solo alla 2 (centrale)
2. Non credi che se in tutti questi anni gli uomini non hanno mai replicato alle accuse femministe, è perché non avevano la coscienza del tutto pulita?
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Non è così semplice.
Tutto dipende da chi ha il potere sulla morale, lo stesso che fa in modo che si definisca il sesso forte, quello che viene sbattuto in strada e derubato di tutto, e debole, quello che si tiene figli, casa e assegni.
E’ ovvio che questa è una contraddizione, che pero’ si risolve nel momento in cui si capisce che è solo chi ha il potere morale, cioè è forte sul potere più grande, che puo fissare chi è forte/debole sugli altri.
“Io posso fissare che sono il debole, e che quindi tutto va a me, e tu sei il forte, e che quindi ti tolgo tutto, proprio perchè sono io quello forte (cioè il potere sulla morale ce l’ho io) e tu quello debole”.
Infatti ci fu qualcuno che disse, “è la mano sulla culla, quella che domina il mondo”.
Chi c’ha oggi la mano sulla culla?
Ecco.
Victor:” Se fossi sincero almeno con te stesso, riconosceresti – come hanno fatto invece Fabrizio e Alessandro – che gli uomini, in genere, non sanno trattare gli argomenti relativi ai due sessi, perché se ne vergognano. E non da oggi”.
Ti sei chiesto il perché di questo o pensi che ciò sia attribuibile solo alla cattiva coscienza degli uomini, come hai detto in precedente post?
Però, a rigor di logica, non dovresti pensarla in questo modo dal momento che tu stesso hai affermato che la maggior parte degli uomini non sa neanche cosa sia il femminismo…E allora se non sa neanche cosa sia il femminismo perché dovrebbe avere la cattiva coscienza di cui parlavi tu? Chi gliel’ha inculcata questa cattiva coscienza?… Qualcuno sarà stato, altrimenti non si capisce perché dovrebbe averla…Se le cose stessero come dici tu se ne dovrebbe fregare e invece non se ne frega affatto, a tal punto che subisce in silenzio appunto perché vive un senso di colpa, la famosa cattiva coscienza, di cui parli sempre tu (giustamente, peraltro). E allora? Come la mettiamo? O meglio, come la metti? Delle due l’una. Con le tautologie non si è mai andati da nessuna parte a casa mia…
Ciò che conta non è dunque se gli uomini conoscano o meno il femminismo prima maniera, ormai peraltro quasi del tutto esaurito. Ciò che conta è il messaggio profondo che il femminismo è riuscito a far passare, al punto tale che quegli stessi uomini che non sanno nulla di femminismo sono però paralizzati dal punto di vista psicologico-emotivo. Come te lo spieghi? La cattiva coscienza? Ma allora il cane si morde la coda…
Invece di accanirti con il nostro Icarus, che è un uomo giovane, passionale e sanguigno (e meno male) come è giusto che sia, e non un immaturo irrazionale, come dici tu, perché non provi a riflettere e magari ad articolare un ragionamento? Dal momento che sia Alessandro che io ti abbiamo risposto…Avrai pure qualche idea e non solo vis polemica…
Cosa pensi oggi della condizione degli uomini e quindi anche della tua? Senti di essere in una posizione dominante rispetto alle donne? Pensi di avere un potere decisionale nella relazione con l’altro genere? Sei tu a decidere dove, quando, perché e con chi, oppure sono loro? Pensi di gestire o di essere gestito? Sono loro a sbattersi per rimorchiarti o sei tu? La cena quando ci esci te la pagano loro o la paghi tu? Sono loro che vengono a prenderti sotto la tua abitazione oppure lo fai tu? Lo sportello della macchina glielo apri tu o te lo aprono loro? Il teatrino per arrivare al “conquibus” lo fanno loro o lo fai tu? E dopo la cena decidi tu se si scopa oppure decidono loro? Se sei sposato e ti separi sarai tu ad essere mantenuto vita natural durante o sarà lei? Si propongono sempre loro con te oppure lo fai sempre (o quasi) tu? La casa, in caso di separazione , laddove fossi sposato, anche se di tua proprietà, pensi che verrà assegnata a te oppure alla tua ex moglie? I figli verranno affidati a te oppure a lei? Deciderai tu quando vederli oppure lei? Pensi che non farebbe nessuna differenza nella tua relazione con le donne se tu fossi un divo del cinema o un operaio edile? Credi che il tuo fascino e il tuo appeal rimarrebbero immutati se tu fossi un ricco imprenditore oppure un postino? Ritieni che la tua collocazione sociale non incida per nulla nella tua capacità attrattiva oppure sì? Pensi che la relazione fra i sessi oggi sia all’insegna della spontaneità e della reciprocità oppure sia dominata da dinamiche piscologicamente (e non solo) strumentali?
Sono solo alcune delle domande che potrei farti. Guarda che non ho intenzioni polemiche. Vorrei solo che provassi a riflettere con onestà intellettuale, innanzi tutto con te stesso. E poi ne riparliamo. Nella speranza che la tua sia una risposta sincera e non un arrampicata sugli specchi pur di darmi torto a qualsiasi costo.
Ciao!
Fabrizio
Sono stato un pò brusco con Victor, chiedo venia. Mi sono arrabbiato perchè quando sento parlare di colpe collettive, vado in bestia. Nessun uomo deve chiedere scusa al genere femminile. Nessuna donna deve chiedere scusa al genere maschile. Le colpe sono individuali e non collettive
http://antifeminist.altervista.org/analisimedia/preti_femministi.html
Non ho ancora capito il pensiero di Victor, prima dice che gli uomini non hanno la coscienza pulita (” Non credi che se in tutti questi anni gli uomini non hanno mai replicato alle accuse femministe, è perché non avevano la coscienza del tutto pulita?”) e poi dice che ” C’entra ben poco il senso di colpa, che semmai attanaglia gli uomini più colti e/o consapevoli, ovvero una minoranza molto ristretta della popolazione”.
Comunque nessun problema.
>Victor
>C’entra ben poco il senso di colpa, che semmai attanaglia gli uomini più colti e/o consapevoli, ovvero una minoranza molto ristretta della popolazione.
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Ma come fa victor a dire che gli uomini non sono colpevolizzati..solo perchè non lo sanno?
Si vede che conosce ben poco, nulla direi, della dinamica della colpa.
Colui che è sotto l’influsso della colpa, la cui vergona a trattare certi argomenti/prendere le proprie difese è infatti la conseguenza, è proprio colui che non sa di esserlo, che la subisce a livello inconscio, e casomai proprio il contrario di quanto afferma, nel momento in cui è consapevole di essere colpevolizzato, inizia a potersi difendere, prendendone le distanze.
Prima non può farlo.
Insomma Victor, è proprio il contrario di quanto affermi te.
Fabrizio
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Cosa pensi oggi della condizione degli uomini e quindi anche della tua? Senti di essere in una posizione dominante rispetto alle donne? Pensi di avere un potere decisionale nella relazione con l’altro genere? Sei tu a decidere dove, quando, perché e con chi, oppure sono loro? Pensi di gestire o di essere gestito? Sono loro a sbattersi per rimorchiarti o sei tu? La cena quando ci esci te la pagano loro o la paghi tu? Sono loro che vengono a prenderti sotto la tua abitazione oppure lo fai tu? Lo sportello della macchina glielo apri tu o te lo aprono loro? Il teatrino per arrivare al “conquibus” lo fanno loro o lo fai tu? E dopo la cena decidi tu se si scopa oppure decidono loro? Se sei sposato e ti separi sarai tu ad essere mantenuto vita natural durante o sarà lei? Si propongono sempre loro con te oppure lo fai sempre (o quasi) tu?
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Ti riferisci a me, perciò ti parlerò (brevemente) di me.
Dunque, io sono un normalissimo uomo di trentacinque anni, di professione geometra, non sposato che vive ancora con i genitori (sicché faccio parte dei “bamboccioni”) e che non si è mai sentito dominante nei confronti delle donne, ma non a causa del femminismo, bensì del fatto che non essendo un bellone, né un uomo potente, ho sempre saputo di non esercitare alcuna reale attrattiva nei confronti delle donne. E per questo ci ho anche sofferto parecchio, da adolescente.
Mi chiedi se la cena la pagano loro o la pago io: di solito la pago io (anche perché vivendo con i miei, ancora posso permettermelo), ma non perché mi piaccia farlo, bensì perché certe vecchie usanze, che non hanno niente a che fare col femminismo, ancora oggi impongono questo. Pertanto se un uomo medio come me, dice alla donna con la quale esce:”Stasera tu paghi la tua parte”, io mi sono già “stroncato la carriera”, ossia posso scordarmi del tutto che otterrò qualcosa da lei, che subito mi giudicherà un tirchio, morto di fame, pronto ad essere spedito a quel paese.
Mi domandi se si propongono loro o mi propongo io: no, loro non si propongono mai con me, ed i motivi li ho già spiegati. Francamente non saprei dire con esattezza quanto c’entra la natura e quanto la società in questo: di certo so che all’origine di ciò non c’è il femminismo. Penso anche che, mestruazioni e rischio di restare incinta a parte, nascere maschi sia una vera e propria sfiga. Ed è anche per questo che proprio non riesco a prendermela col femminismo. Ovviamente questa è solo la mia personalissima opinione, che non pretendo affatto sia condivisa da te o dagli altri.
Fabrizio, tu scrivi anche,
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Pensi che la relazione fra i sessi oggi sia all’insegna della spontaneità e della reciprocità oppure sia dominata da dinamiche piscologicamente (e non solo) strumentali?
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Perdonami, ma quando mai le relazioni fra i sessi sono state all’insegna della spontaneità e della reciprocità?
Secondo me hanno fatto sempre schifo.
Icarus
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Non ho ancora capito il pensiero di Victor, prima dice che gli uomini non hanno la coscienza pulita
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Quando parlo di uomini, è implicito che mi riferisco a quelli colti, quindi agli intellettuali, ai giornalisti, ai professori universitari, che sono una minoranza della popolazione maschile. E’ chiaro, credo, che a replicare a certe accuse non possono essere dei muratori o dei carpentieri (che niente sanno del femminismo e dei sensi di colpa indotti dal medesimo), né dei modesti geometri come me.