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Caro Fabrizio,
riprendo un concetto già espresso e che mi sta molto a cuore.
In sintesi: lasciamo perdere il confronto, defatigante e inutile, con gli annebbiati/e dal femminismo e dal politicamente corretto e dedichiamoci fattivamente alla ricostruzione, simbolica e non, del maschile.
Mi rendo conto dell’immensità del problema e non ho la pretesa di soluzioni facili ed a portata di mano. Né tantomeno sono cosi presuntuoso da tracciare percorsi di elaborazione concettuale per i quali non sono attrezzato. Altri, e se permetti ti ci metto dentro, possono farlo centomila volte meglio di me.
Potresti obiettarmi, oltre alla titanicità dell’impresa, che il senso della mia proposta esonda dal perimetro di uominibeta e necessariamente deve coinvolgere tutte le anime del movimento maschile, con tutte le difficoltà del caso.
E sarebbe un’obiezione sacrosanta.
D’altra parte nel Manifesto di Uominibeta mi ci ritrovo, ne condivido l’impostazione e l’elaborazione che sta dietro. Perché allora questa ricerca degli “altri”?
Cercherò, per come posso, di illustrare al meglio il mio ragionamento.
Una ricostruzione del maschile, dopo tutti questi anni di denigrazione, demolizione e sberleffi è, secondo me, un’esigenza sentita da tutte le diverse sensibilità inerenti alla QM. Ovviamente ognuno di questi movimenti, gruppi o altro ha una propria visione ed un proprio progetto. Questo comporta e comporterà una QM (Questione Maschile) culturalmente ricca e stimolante, quanto di difficile penetrazione sociale nel complesso, visto che le forze di per sé esigue, allo stato dell’arte, finiscono a disperdersi in diverse direzioni.
Come uscirne allora? Pragmaticamente.
Io ritengo che Uominibeta, così come gli altri gruppi che si occupano di QM, debba individuare una griglia condivisa, un substrato comune se preferisci, da presentare e rivendicare agli “altri”, istituzioni e organismi sociali compresi.
Qualcosa di solido e tangibile da ottenere. E’ ovvio che non sarà comunque facile, ma un obiettivo semplice, chiaro e condivisibile dalla stragrande maggioranza degli uomini, aiuta.
Con una metafora informatica, la QM dovrebbe “girare” su di un unico hardware, usando ognuno il software che ritiene più consono. Ovviamente il software più affidabile alla fine si imporrà.
Esiste questa griglia, substrato o hardware che dir si voglia? Secondo me si.
Personalmente, il cuore pulsante di questo substrato comune, ritengo debba essere il recupero della centralità della figura paterna, in senso lato, quindi biologica o meno.
Attenzione non sto proponendo ricette precotte o ritorni all’antico.
Dico solo che dobbiamo combattere, tutti assieme, per ridare dignità ed autorevolezza al nostro ruolo di padri.
D’altra parte se il femminismo, aiutato dalle forme capitalistiche prevalse nelle nostre società, si è così con successo dedicato alla demolizione della figura paterna, qualcosa vorrà pur dire: quello è il focus!!!
Ed allora ritorno all’inizio: la ricostruzione del maschile da qui deve ripartire, dobbiamo riappropriarci dei nostri figli!!
Della loro formazione e della loro crescita morale e culturale. Ovviamente parlo di entrambi i sessi. Ma basilare e indispensabile è riappropriarsi del ruolo che dicevo prima, soprattutto con i “nostri piccoli uomini”.
Ovviamente sono cosciente del fatto che le odierne società occidentali vanno in tutt’altra direzione. Ed allora, cosa fare? Alzare le mani e seguire la corrente?
Tutt’altro. Semmai organizzarsi e ri-conquistare gradualmente gli spazi a noi dovuti, peraltro abbandonati non in tempi remotissimi.
Sinteticamente ed a scanso di prolissità, il primo passo, la prima battaglia, culturale e politica (nella sua accezione più nobile) che io intraprenderei, chiamando a raccolta tutte le sensibilità che si occupano di QM è la “SCUOLA“.
Sono convinto che la presenza educativa e formativa del maschile nella scuola, in particolare nel ciclo primario, ovvero dove è più assente, sia un punto della griglia o substrato comune di cui parlavo prima.
Se si ritiene quanto da me scritto sensato e valido, anche parzialmente, invito tutti ad un confronto, per un’elaborazione comune sull’argomento. Elaborazione non fine a se stessa, ma base di una proposta strutturata da portare avanti “politicamente” tutti insieme, nelle forme e nei metodi che si decideranno(*).
(*) Personalmente, in questo caso, rendendogli pan per focaccia, rivendicherei l’odioso sistema delle quote. Per vedere l’effetto che fa.
Luigi Corvaglia
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Non ci sono dubbi sul fatto che è indispensabile riequilibrare l’asse educativo con riferimento al peso dei due Generi anche nella scuola. Ma perché e come? Quali i presupposti e quali le implicazioni?
Il motivo è banale: l’assenza maschile in campo educativo produce danni (da leggeri a gravissimi, da temporanei a permanenti) a carico delle nuove generazioni maschili e – quantomeno – causa lacune, strabismi, deformazioni in quelle femminili.
Presupposto.
Il presupposto è ovvio ed è che esistono differenze psicologiche tra M ed F correlate alla diversa costituzione dei due, che alla diversità del corpo sia associata una diversità della psiche, irriducibile, non vicariabile, non surrogabile e ciò tanto negli educandi/e quanto negli educatori/trici. In caso contrario quel che fa un educatore lo potrebbe fare anche un’educatrice. Basterebbe istruire-formare queste in modo diverso e così la presenza maschile (a scuola, in casa e altrove) a fini educativi diverrebbe superflua. Il riconoscimento di una diversità irriducibile (nella sua radice) non comporta né la pretesa di poterla descrivere compiutamente né quella di individuarne i confini, i punti di sovrapposizione, di contrasto, di ridondanza etc. Infatti nel processo educativo (di questo si tratta) abbiamo a che fare quasi del tutto con l’inconscio sia degli uni (gli adulti) che degli altri (i piccoli). Tra i 4 terminali di quel processo (M e F educatori M e F educandi) si instaurano relazioni diverse e complementari a prescindere dal fatto che ne siamo consci e/o in grado di descriverli, ciò in risposta a esigenze, potenzialità, attitudini, vocazioni diverse che esigono quelle risposte simmetricamente differenti che i due Generi possono dare.
Educazione e istruzione.
La trasmissione di conoscenze (saperi, competenze etc.) in sé potrebbe prescindere dal Genere che le veicola e le somministra. Potrebbe trattarsi anche di un dispositivo elettronico o di un androide. La questione che si pone infatti è quella educativa, della formazione, della crescita e della maturazione non quella dell’istruzione (“leggere, scrivere, far di conto”). Impossibile qui non rilevare che questa funzione, che pure è quella capitale, in ambito scolastico è considerata centrale solo alla materna, di una qualche importanza (ma non decisiva) alle elementari e praticamente nulla alle medie e superiori, gradi di scuola dove ci si aspetta che il giovane assorba e ripeta nozioni e dove la funzione educativa è tanto marginale per i programmi quanto vissuta come un peso, un ingombro dal corpo insegnante (un onere che altre agenzie, la famiglia e/o la scuola degli anni precedenti o …non si sa chi… avrebbe dovuto accollarsi). Del resto gli esami non vertono su quel che un alunno/studente è diventato, ma su quel che ‘sa’ (inteso come “ciò che sa ripetere-risolvere”).
Maschi educatori.
Porre la questione della presenza maschile a scuola significa quindi porre il problema del suo compito primario. Invece essa oggi è centrata sull’istruzione (intesa come preparazione alla professione e finalizzata – anche se in Italia di fatto velleitariamente- a obiettivi economici) mentre considera marginale la funzione educativa. Qui siamo costretti a leggervi un altro riverbero di quella che Fabrizio definisce “ragione strumentale”: oggi scopo della scuola non è la formazione, la crescita umana, l’evoluzione psicoemotiva integrale, la maturazione equilibrata (=la salute psicologica) del singolo e quindi la sanità mentale della società. No: lo scopo è produrre degli ingranaggi adatti al meccanismo economico. I costi di questa deformazione non importano, non importano né la gravità né l’estensione sociale dei danni. Ora, sarebbe per noi assurdo darci da fare per avere più maschi istruttori. Quel che vogliamo è la reintegrazione del maschio educatore nelle agenzie formative il che implica e comporta il rovesciamento aperto delle priorità scolastiche: prima la formazione e dopo (molto dopo, direi) l’istruzione (che oggi ha mille modi per trasmettersi): si tratta di un rovesciamento dirompente. Non maschi per istruire, ma maschi per co-educare.
Quote? Sì, certamente!
Come è vero che i maschi devono rientrare nella scuola per esigenze di formazione e non di istruzione, così devono esser là non per rispondere a questioni di equilibri professionali, di generica parità tra gli adulti in quella istituzione, ma per garantire la presenza del maschile nella formazione delle nuove generazioni. I maschi adulti non vi devono rientrare per interessi degli adulti ma dei maschi (e delle femmine) in età evolutiva. Questo fatto capitale risolve l’annoso problema presente in ambito Momas: rivendicare le quote a scuola per M significa implicitamente accreditare, approvare le quote rosa ovunque. Falso. Le quote rosa non sono state pensate e imposte a vantaggio delle femmine (e men che mai dei maschi) in età evolutiva, ma come prebende (una forma spuria di eredità) per le femmine adulte delle classi medio-alte. Questa motivazione è essenziale e fa piazza pulita dei dubbi sulle quote maschili nella scuola che hanno motivazioni diametralmente opposte a quelle delle quote rosa altrove (tanto che per le prime sarebbe meglio adottare un nome diverso).
Rivalutare la maschilità.
Ovviamente la presenza di un adeguato numero di maschi nelle aule non basta, questo rientro deve essere accompagnato dalla rivalorizzazione del maschile, compito su cui tutti concordiamo, su cui siamo tutti impegnati (comprese le associazioni dei Separati). Senza rigenerazione del prestigio maschile, senza rivalutazione del ruolo insostituibile della presenza maschile nel mondo, senza la rinascita del valore della maschilità quella presenza sarebbe quasi del tutto sterile, forse persino dannosa perché deformante. Sarebbe come trasferire il mammo da casa a scuola… brrr! Dunque l’obiettivo è duplice e il bunker scolastico va conquistato da entrambi i versanti. Compito di portata storica.
Rino Della Vecchia
209 Commenti
Nell’accedere al post si avvia il sonoro in cui si ascolta l’interpretazione femminizta dei dati.
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I quali parlano sempre chiaro e sono sempre inequivocabili (ad es. 7.000.000 di molestate-violate) … ma quando parlano chiaro contro il regime allora, non svelano, ma nascondono. Depistano.
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E giustamente ci viene fornita la corretta visione delle cose: la femminilizzazione/femminiztizzazione della scuola è un male… per le femmine.
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Rino DV(Quota) (Replica)
Vi ringrazio e concordo su quanto avete esposto. Mio figlio 10 anni sta beneficiando di figure maschili al dopo scuola mentre è accaduto che a scuola la maestra abbia affermato che ci sono studi che dimostrano che le donne sono più intelligenti degli uomini. Questo non credo sia corretto nei confronti di bambini e bambine e mi sento di dire che instilla violenza e senso di rivalsa da ambo le parti. Avrei preferito inoltre non venisse somministrata la scheda di una donna importante, ma esempi validi capaci di far sognare sia per i maschi che per le femmine. Grazie
Chiara(Quota) (Replica)
Chiara,
Grazie per l’apprezzamento sig.ra Chiara.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)