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La Questione Maschile, in quanto condizione reale (carne e sangue), presa di coscienza (elaborazione teorica) ed evento storico-sociale (uomini di fatto in azione) è un prodotto della società industriale giunta ad un dato stadio di sviluppo e definibile: Società Industriale Avanzata (SIA) (*1), questione sociale che nasce quando si creano le condizioni per cui il Genere femminile può mantenersi da solo senza il contributo maschile.
Quell’evento segna un passaggio epocale che minaccia di essere irreversibile. Esso ha in ogni caso ridislocato i fondamenti del rapporto tra i Generi. Se UU e DD fossero uguali (sotto ogni riguardo) e in particolare nelle ragioni (pulsioni e bisogni) che spingono gli uni verso le altre e viceversa, nessuna rivoluzione potrebbe alterarne la relazione. Perciò affermare che essa è stata sconvolta dalla SIA significa ammettere implicitamente ma necessariamente l’esistenza di una diversità precedente e di fondo che è condicio-sine-qua-non di quello stravolgimento.
I MM cercano nelle femmine sesso e cura, le FF vogliono dai MM protezione e mantenimento (mentre il fatto riproduttivo in sé – l’inseminazione – ha rilevanza di altro genere).
In sintesi estrema (ma essenziale) questa è la struttura del rapporto, fondato su uno scambio che è asimmetrico nella natura del baratto: benefici solo materiali (protezione e mantenimento) contro benefici sia materiali (cura) che psicologici (psicoemotivi: orgasmo) (*2). Benefici acquisibili anche senza relazioni con l’altro (protezione e mantenimento) o impossibili da ottenere autonomamente (attività sessuale). Libertà potenziale (ora fattuale) per F contro dipendenza sistematica e ineliminabile per M.
La connessione tra SIA e QM è stata pienamente colta 70 anni fa, ancorché esplicitata con riferimento al femminismo (che precede la QM storicamente e logicamente), da J. A. Schumpeter : “Il femminismo è un fenomeno eminentemente capitalistico”. Il femminismo postmoderno(*3) è la narrazione storica (l’Epopea) di un Genere che entra nell’era dell’autosufficienza e la QM è la reazione vitale (pragmatica) a quel processo e la risposta (“dialettica”) a quel racconto. (Il fatto che la QM sia stata posta soggettivamente – emersa alla coscienza – solo 40/50anni dopo la sua nascita strutturale/oggettiva è argomento rilevantissimo ma esula dal tema specifico).
Con l’avvento della SIA l’asse portante della relazione F→M si frantuma attraverso quella che va sotto il nome di “emancipazione femminile”, mentre non subisce alcuna variazione la relazione inversa M→F. Nasce allora un nuovo rapporto che può essere concettualizzato così: mentre le DD non hanno più bisogno degli UU, il reciproco non è vero. Di qui la supremazia strutturale del Genere F. Si tratta di un fatto fondante che potrebbe durare sino a quando esisterà la SIA nei suoi diversi stadi di sviluppo. Stadi che, prospetticamente, lasciano intravedere come certo(*4) l’avvento di una società nella quale le attività di polarità maschili (comportanti fatiche, usura, rischi, sporcizia) saranno ridotte a frazioni minimali e infine del tutto eliminate dalla robotizzazione del lavoro. Società dunque in cui tutte le attività produttrici di reddito potranno essere svolte dalle DD.
Nel suo sviluppo la SIA ha poi aperto la possibilità dell’autoriproduzione femminile, prima a mezzo della fecondazione assistita (fatto reale) e poi con la clonazione (prospettiva imminente). Due eventi dirompenti sul piano simbolico in quanto escludono il maschio e l’intero Genere anche dalla funzione riproduttiva. La femmina si mantiene e si riproduce da sola: l’inutilità maschile è conclamata. La distruzione strutturale del valore maschile sembra compiuta.
FEMMINILIZZAZIONE SOCIALE
Non basta. La SIA infatti non sta all’origine della QM solamente per i motivi detti, così nuda e senza connessioni con altri aspetti e fattori. Quasi tutto in essa è correlato, confacente, pertinente alle polarità del femminile. Si fonda infatti sull’espansione del ciclo produzione-consumo-produzione, e quindi sul consumismo (shopping), sulla creazione (per l’immediata soddisfazione) di nuovi e crescenti bisogni (capricci/mode). Il progresso tecnico aumenta poi senza fine il numero e l’estensione applicativa delle facilitazioni/semplificazioni (le “comodità”) degli automatismi, delle sicurezze etc..
La SIA è intrinsecamente femminilizzante e questo suo carattere si manifesta progressivamente ad ogni successivo stadio del suo sviluppo. Tecnica (effetto e causa della SIA), femminilizzazione e femminismo sono fenomeni diversi ma strettamente correlati e tutti sinergici e simbionti. SIA: una creazione maschile che sembra fatta precisamente sul calco delle polarità femminili. Nessuno stupore che le DD vi si siano placidamente “accomodate”. “Liberami di te, amore!” – “Ecco fatto, tesoro!”.
IL VERSANTE CULTURALE
E’ necessario non equivocare: i fatti soprarichiamati rappresentano fattori condizionanti ma non determinanti giacché tutte le relazioni sociali si collocano in una zona intermedia tra la dimensione materiale e quella immateriale (culturale in senso ampio).
Del resto, se la componente materiale fosse meccanicisticamente determinante,la storia sarebbe senza aperture (sarebbe prescritta), ogni azione mirante a orientarne il corso sarebbe assurda, la responsabilità individuale e collettiva svanirebbe ed il valore dei fattori culturali sarebbe nullo. Ma la storia stessa mostra che non è così ed il presente lo conferma. Se conoscenza e valori (che danno forma alla psiche collettiva) fossero ininfluenti la propaganda non avrebbe motivo di esistere. Nel nostro caso, il pestaggio morale antimaschile non avrebbe ragion d’essere e l’intera Grande Narrazione Femminista non sarebbe che uno sterile vaniloquio: un puro rispecchiamento di rapporti di forza materiali. Invece essa è feconda e produttrice di valori: ossia di comportamenti orientati, condizionati, mirati. Poiché a questo argomento è dedicato il mio saggio (Qmdt, disponibile in rete) rimando ad esso.
Nel rapporto tra i sessi poi, i fattori psicoemotivi hanno un peso ancora maggiore che nelle altre relazioni (e in quello genitori-figli essi sono decisivi).
Vi sono quindi due versanti da tenere in considerazione e sui quali possiamo agire con diversa incidenza. In modo (potenzialmente) incisivo, diretto e fattivo su quello culturale, in modi tutti da individuare e con effetti tutti da valutare su quello materiale, ossia sulla forma socioeconomica della società occidentale postindustriale globalizzatrice ( “capitalismo assoluto” per dirla con C. Preve). La dimensione culturale è una roccaforte (potenzialmente) conquistabile, ma che dire di quella materiale ed economica (strutturale, per usare un concetto marxista)?
SOCIETA’ INDUSTRIALE O CAPITALISMO?
Quella che segue non è una questione di lana caprina, ma di sostanza nella lettura del reale e del possibile e perciò nel posizionamento ideal-politico del Movimento maschile in tutte le sue componenti (gruppi e individui) ovunque si collochino, nonché nella individuazione delle possibilità di incidenza della nostra azione.
La SIA coincide con il capitalismo o questo ne è solo la forma passata e attuale? Questa è la domanda.
Se con il termine “capitalismo” si intende puramente e semplicemente riferirsi alla “società industriale” sotto qualsiasi forma e in qualsiasi stadio del suo sviluppo, allora la QM pone – ed è – una critica (nella teoria e nella prassi) al capitalismo stesso, giacché SIA e capitalismo sarebbero sinonimi. Se invece “capitalismo” è limitato alla società industriale del libero mercato e della proprietà privata (al suo specifico “modo di produzione” – oggi vincente) allora si ammette l’esistenza possibile di una diversa SIA, fondata bensì su un modo di produzione non capitalistico (oggi tutto da inventare) ma, nel suo carattere centrale (riferito alla QM), analoga in quanto espressione di un nuovo stadio del suo sviluppo ma preservatrice dell’attuale squilibrio strutturale tra i sessi.
La società industriale è nata in forma capitalistica e ad essa è ritornata, ma dal 1917 (o almeno dagli anni Trenta) al 1989, in una vasta parte del mondo si è articolata in una diversa versione. Abbiamo avuto per 70 (o 40/50) anni, due società industriali: una capitalista (libero mercato e proprietà privata) e l’altra comunista (proprietà statale a economia pianificata). Storicamente (de facto) è esistita dunque in due versioni fino ad un certo stadio di sviluppo, da identificarsi con il passaggio dalla società dell’industria pesante a quella dell’industria leggera e dei servizi. Se nel passato ha avuto più forme, nel futuro potrà accadere lo stesso? Potrebbe abbandonare quella che oggi ha?
Insomma la domanda è: la SIA, società della tecnica (o la “Tecnica” tout court) coincide necessariamente con il capitalismo o la sua attuale forma (capitalistica) è solo un fenomeno contingente?
Con la fine dell’uno muore anche l’altra (e viceversa) o può quella durare e svilupparsi senza questo, sotto altri ‘modi di produzione’, in altri contesti, in altre forme, sotto altri cieli e valori?
Se la critica/condanna del capitalismo include anche quella della SIA, comunque data, ciò indica che ci si oppone alla SIA e la si considera superabile e reversibile.
Se invece la critica/condanna si limita alla sua forma contingente (capitalismo), c’è il rischio di salvare ciò che davvero ha sbilanciato i rapporti F/M: la Tecnica, la quale però potrebbe – in futuro – anche brutalmente riequilibrarli (almeno in parte, come vedremo).
“Il capitalismo ha i secoli contati”, scriveva G. Ruffolo, ma la SIA postcapitalistica (la società tecnologica, la “Tecnica” di U. Galimberti*6) potrebbe avere addirittura …i millenni contati. Potrebbe forse costituire il destino umano a tempo indeterminato.
AMBITO DELLA LOTTA E FUTURO DELLA QM
Si tratti di secoli o di millenni, resta il fatto che, così stando le cose, la QM sembra senza soluzione per molte generazioni a venire.
Di qui l’attesa e talvolta l’evocazione aperta della Grande Catastrofe, dello Sconvolgimento Epocale, della Rovina Planetaria della SIA (costruita dai maschi a proprio danno) come condizione della rinascita fondata sul ritorno all’epoca in cui erano indispensabili. Invocazioni all’Armageddon provenienti – episodicamente – da uomini di Dx e di Sx, da atei e da credenti.
Un brutale ritorno all’equilibrio rappresentato dal millenario, esplicito e crudo, ma al tempo stesso sano e salutare …baratto.
Eruttazioni di cuori esacerbati, inequivocabili segnali del fatto che non si vede luce in fondo al tunnel.
Ipotizziamo dunque che la Società Industriale Avanzata non smetta di …avanzare, (a prescindere dalla forma sociale che assumerà) e che con essa si sia entrati in una condizione irreversibile. Allora saranno irreversibili anche alcuni di quei suoi effetti che hanno sbilanciato il rapporto tra i sessi. Rimanendo sul piano materiale, si può però immaginare che essa potrebbe creare in futuro gli uteri artificiali e la produzione massiccia di amanti sintetiche.
Due invenzioni (per ora solo a livello di grezzi prototipi) che in effetti lederebbero a fondo il valore del genere F, anche se non è certo che sarebbero in grado di azzerarlo come quello degli UU. In particolare il secondo potrebbe rappresentare un fattore decisivo, benché sia difficile pensare che un corpo in carne ed ossa possa essere sostituito (psicoemotivamente) da una entità sintetica, per quanto “perfetta”.
In questa prospettiva la SIA starebbe per dare alle FF una stangata (quasi) pari a quella già subita dagli UU.
Ma le cose stanno davvero così? Davvero non c’è rimedio allo squilibrio se non nell’evoluzione stessa della SIA e nei suoi venturi (aberranti) ritrovati tecnici? La parità dovrebbe collocarsi solo al fondo della disumanizzazione e nelle forme dell’apartheid? I ponti crollati non sono in alcun modo sostituibili, bypassabili e quelli che possono crollare, lo faranno necessariamente?
No, se si riconosce l’esistenza di condizioni e forze in grado di equilibrare il rapporto ad onta di quei fatti. Ora, non potendosi trovare sul piano materiale (che opera in direzione opposta), quelle forze devono agire nella dimensione immateriale, psicologica e valoriale. E infatti è là che si trovano ed è a mezzo di una battaglia, o meglio di una guerra culturale – di lunga durata – che la partita può essere vinta.
In sostanza siamo chiamati ad intervenire nella dimensione psichica, a rigenerare il sistema simbolico, l’insieme dei valori (stati, condizioni, dinamiche psicoemotive) che presiedono, regolano e guidano la relazione M/F e l’intera società. Si sa e, prima ancora, si sente che quello è il terreno di lotta. Di qui il fascino oscuro – quasi inconfessabile – dell’Islam (comunque lo si giudichi), che fonda la sua forza sulla difesa di un sistema simbolico intatto e che ne protegge l’integrità in tutti i modi, come se temesse che, corroso quello, la rovina dilaghi. I talebani considerano la Tv un’arma impropria pericolosissima, benché dal monitor non escano bombe. Hanno ragione, ne escono le psicobombe della seduzione, le quali devastano (“corrompono”) il territorio-base della civiltà: la psiche.
Ora quelle forze e dinamiche immateriali che di fatto agiscono in direzione mortifera possono e devono agire nell’altra, quella salvifica.
La QM innesca un aperto conflitto culturale volto a modificare lo stato psichico collettivo attraverso la costruzione di un nuovo racconto maschile, da gettare sul piatto della bilancia. Vi è inclusa la riumanizzazione della relazione. Un nuovo Passato e un nuovo Presente per un futuro vivibile. Sotto qualsiasi cielo.
RDV
*1) Società Industriale Avanzata (SIA): ogni periodizzazione/denominazione di processi, eventi e fenomeni è sempre criticabile, precisabile, modificabile, sostituibile. (Vedasi Società dell’industria pesante, S. dell’industria leggera, S. dei servizi, S. postindustriale, S. del Terziario, S. del Quaternario etc. etc.: dove, quando, fin quando, perché, etc.- Ad es. il termine SIA – che a qualcuno può persino suonare nuovo – è stato criticatissimo a Sx negli anni 70/80 per ragioni che qui tralascio). L’importante è non fissarsi sul dito ma guardare la luna.
*2) Orgasmo come fatto psichico: ogni entità/evento/esperienza ha ovviamente un sostrato materiale. Si tratta di capirsi.
*3) Postmoderno: vale quanto alla prima nota. Si possono/devono fare molte precisazioni sul senso attribuito da Schumpeter a “femmimismo” e “capitalismo” nonché sul significato di “moderno” “postmoderno” etc. Ad es. anche il femminismo “classico” dell’Ottocento-primo Novecento era un prodotto del capitalismo (nella sua fase di sviluppo che precede la SIA). Etc. etc.
Ovviamente si può opinare sull’uso del termine “classico” etc. etc.
*4) …intravedere come certo…: ovviamente nulla è certo, perciò si dice che non bisogna fare previsioni …sul futuro. Qui viene assunta come ipotesi di base la durata sine die della SIA. Se invece crolla, il discorso cambia, ça va sans dire.
*5) URSS (e Cina non citata:): vale la nota *1 con molte altre osservazioni e precisazioni. Tra cui: intendo che la Cina sia un paese capitalista dall’epoca delle “4 Modernizzazioni” le quali sono state avviate allo scopo di immettere il paese nella SIA, condizione per la creazione della sua potenza economica planetaria. Tesi opinabile (…come le altre, del resto).
*6) Per quanto ho potuto saperne, né Schumpeter, né Ruffolo, né Galimberti*, né Preve (né infiniti altri) si esprimono sulla questione se il capitalismo coincida necessariamente con la società industriale (si potrebbe però discutere su Galimberti e il suo concetto di “Tecnica”).
190 Commenti
Complimenti. Davvero una disamina interessantissima con tantissimi spunti di riflessione. Valida soprattutto in riferimento al presente delle società occidentali, dove il “maschile” incomincia ad avere sempre meno valore del corrispettivo femminile, come acutamente osservato. E gli scenari futuri? Andiamo verso una democrazia “femminista”, come appare inevitabile al giorno d’oggi, o il futuro ci sorprenderà ancora una volta, magari realizzando, sia pure in maniera imperfetta, quella reciprocità e spontaneità tra i sessi che sarebbe davvero una rivoluzione culturale senza precedenti?
Alessandro(Quota) (Replica)
Secondo me il valore degli uomini non può essere completamente azzerato : un robot che costruisce non può mai essere come un UOMO che costruisce . Ad esempio già alcuni ponti progettati interamente al pc sono stati abbattuti all’istante perchè a rischio crollo . Comunque quali sono secondo voi le soluzioni ? C’è qualche rimedio o davvero bisogna sperare nell’utero artificiale per “ristabilire la parità” * ?
* nel complesso buona l’analisi di rino, ha però dimenticato di omettere che nel caso venga al pubblico l’utero artificiale, ci mettiamo le mani nel fuoco ardente che ci saranno feroci opposizioni sia dalle femministe che dalle donne.
Silent Hill(Quota) (Replica)
“Comunque quali sono secondo voi le soluzioni ? C’è qualche rimedio o davvero bisogna sperare nell’utero artificiale per “ristabilire la parità”?”
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La seconda che hai detto
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Con l’avvento della SIA l’asse portante della relazione F→M si frantuma attraverso quella che va sotto il nome di “emancipazione femminile”, mentre non subisce alcuna variazione la relazione inversa M→F
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Questa è però una responsabilità nostra: la relazione inversa può benissimo essere variata, a patto di volerlo.
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In questa prospettiva la SIA starebbe per dare alle FF una stangata (quasi) pari a quella già subita dagli UU.
Ma le cose stanno davvero così? Davvero non c’è rimedio allo squilibrio se non nell’evoluzione stessa della SIA e nei suoi venturi (aberranti) ritrovati tecnici? La parità dovrebbe collocarsi solo al fondo della disumanizzazione e nelle forme dell’apartheid? I ponti crollati non sono in alcun modo sostituibili, bypassabili e quelli che possono crollare, lo faranno necessariamente?
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Io credo che si tratti di un passaggio obbligato.
La componente psicologica è certamente importante, ma non credo sia sufficiente che gli uomini aprano gli occhi per cambiare le cose.
Questo rappresenta la premessa necessaria, ma le conseguenze di una presa di coscienza collettiva, non possono che andare, dal mio punto di vista, che in una direzione: quella del “chi di tecnologia ferisce di tecnologia perisce”.
La tecnologia è sempre stata cosa maschile: nel momento in cui gli uomini dovessero cominciare a svegliarsi, la prima cosa che farebbero (più che giustamente secondo me), sarebbe proprio quella di ritorcergliela contro.
Tra l’ altro ci vorrebbe pochissimo.
Questo secondo me è uno stadio senza passare il quale, è impensabile ricostruire una qualsiasi forma di rapporto col genere femminile.
Loro ci rispettano solo nel momento in cui non gli conviene non farlo: hanno sempre fatto così.
sandro(Quota) (Replica)
..Credo che Rino abbia visto nel futuro..difatti cio’ che cità esiste gia’.. anche se in forma non proprio completa ma..
per dare un’occhiata, eccovi uno dei numerosi filmati di donne robotiche:
http://www.youtube.com/watch?v=in8B-PCGsRo&feature=related
In futuro.. potremmo avere anche un orgasmo “MADE IN JAPAN”.. chissà.. speriamo che non le creino stronze come le vere..
..per i nostalgici delle bambole, e dell’utero artificiale esiste già la versione avanzata e siliconica:
http://www.realdoll.com/
..questa volta, un orgasmo “MADE IN U.S.A.” (..e getta..)
..meno male che per la loro ultimazione io sarò troppo vecchio per pensarci.. o meglio ancora magari morissi prima, così mi levo dalle pelotas sto mondo marcio..
Damien(Quota) (Replica)
Lucidissimo Rino, come sempre. Secondo me la chiave sta nel fatto che uomini e donne non sono nè solo materia, nè solo cultura, cioè nell’eterno dilemma della “separazione inseparabile” fra natura e cultura. Se prendiamo per buono questo assunto, allora ciò che le donne hanno sempre chiesto all’uomo sotto il profilo materiale (mantenimento/protezione fisica) è solo una facciata del problema. Rimane l’altra, non facilmente oggettivabile ma pure esistente, dei bisogni psichici femminili rispetto alla controparte maschile. In quanto psicospirituali e quindi non oggettivabili, è difficile individuarli con precisione, non solo da parte maschile ma anche e soprattutto da parte femminile, da cui la sempiterna di esse ambivalenza (lo scagliarsi contro il maschio oppressore e il lamentarsi della scomparsa dei veri maschi, concetto non leggibile sul piano materiale della potenza sessuale). Eppure, il solo fatto dell’esistenza della contraddizione indica che lì, proprio lì, esiste uno snodo non risolto e dunque una breccia nel muro di apparentemente non scalfibile onnipotenza femminile odierna in funzione dell’evoluzione della Sia che Rino ha tratteggiato.
Nessuno può sapere come andrà a finire, è ovvio. Però quello che possiamo fare noi, iniziando da subito, è PENSARE ED AGIRE DA MASCHI nel senso che noi pensiamo tale secondo le strutture psichiche profonde non così facilmente modificabili nel tempo. Ma cosa può significare in concreto?
1) Imparare a “sentire” cosa riteniamo antropologicamente “giusto” per noi stessi. Niente paura, la struttura psichica profonda maschile non è affatto orientata alla distruzione del femminile come il maintream (ridicolo nonchè falso ) proclama. In essa c’è anche , eccome e nonostante tutto, la salvaguardia del femminile anche contro il femminile stesso, per il “semplice” motivo che la coscienza è simbolicamente maschile; la coscienza di sè come esseri che vivono nel cosmo ma non sono il cosmo, è argine e linea del Piave contro i mai sopiti pericoli di regressione della psiche ad epoche “uroboriche” di “partecipation mistique” dell’uomo (inteso come umanità) al cosmo stesso, epoche caratterizzate infatti dal matriarcato psichico e dal dominio dell’indistinto e dell’inconscio. E dunque si tratta anche di difesa del femminile, in quanto soggettività autocoscenziale, da se stesso e dalla sua tendenza psichica regressiva (archetipo della Grande Madre, di cui i movimenti new age e di ritorno alla natura in senso panteista sono esempio e dimostrazione).
2) Ciò significa anche pensare ed agire in indipendenza dal femminile, senza che ciò significhi non tenerne conto o rinchiudersi in un egoismo autistico, cosa che, ripeto, non corrisponde alla struttura psichica maschile in sè tesa all’universale.
Che non sia facile è scontato, perchè anche i maschi subiscono l’influsso del ritorno dell’archetipo grandematerno sotto le duplici sembianze del macho che disprezza la Vergine (intesa anch’essa come archetipo e non come condizione fisica, ma idolatra la Madre) e fa parte del seguito, come agente psichico e scherano , della Grande Madre da un lato. Dall’altro sotto le sembianze di colui che disprezza il maschile (dunque se stesso) e idolatra il femminile dichiarandosi pronto a cedere ad esso prima ancora che in termini materiali (sociopolitici ed economici), in termini di sottomissione psichica e culturale.
Difficile, certo, ma la “terza via”, per me unica strada di rinascita oltre la SIA comunque intesa e oltre le strutture materiali della società è questa.
armando
armando(Quota) (Replica)
@ armando –
Però quello che possiamo fare noi, iniziando da subito, è PENSARE ED AGIRE DA MASCHI nel senso che noi pensiamo tale secondo le strutture psichiche profonde non così facilmente modificabili nel tempo.
@
La domanda che io ti-vi faccio è: come farlo capire alla inconsapevole massa maschile, sempre pronta a scannarsi per una partita di calcio, ma assolutamente incapace di buttar giù un discorso non stereotipato in materia di donne?
Marco(Quota) (Replica)
http://it.viaggi.yahoo.com/p-promozione-3360693
Un viaggio per celebrare la nascita di un amore, e un altro per suggellarne la fine. In occasione di San Valentino sono migliaia gli innamorati che partiranno verso le mete più romantiche. Tra le destinazioni ideali per un weekend pieno di passione non possono mancare Londra, dove si festeggia un santo chiamato Jack Valentine, Parigi, non a caso soprannominata Città delle luci, Barcellona, dove a metà febbraio il clima è già primaverile, Lisbona, dove la festa degli innamorati si chiama Dia dos Namorados, ma anche Oslo, Copenhagen, Stoccolma e Helsinki.
LUNA DI FIELE – Meno romantica la guida dei viaggi per chi intende divorziare, che al primo posto vede Mosca. Secondo l’Annuario Demografico, una raccolta di statistiche pubblicato dalle Nazioni unite, la Russia guida infatti la classifica mondiale dei Paesi con più divorzi: ben cinque ogni 1000 matrimoni.
TOP 10 DEI DIVORZI – Nei primi 4 posti ci sono inoltre Bielorussia, Ucraina e Moldavia. E se le isole Cayman possono sembrare il luogo più bello del mondo per quanti amano sole, sabbia e paradisi fiscali, non tutto però è così perfetto. Il Paese caraibico è infatti il quinto al mondo per numero di divorzi. Gli Usa invece si collocano al sesto posto con 3,4 divorzi ogni mille persone. La top 10 mondiale è quindi completata da Isole Bermuda, Cuba, Lituania e Repubblica Ceca. Su dieci Paesi, sette sono Repubbliche comuniste o ex comuniste: Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Cuba, Lituania e Repubblica Ceca.
[I VIAGGI ANTI-DIVORZIO: COME USCIRE DALLA CRISI CON UNA VACANZA A…TRE]
CAPITALE DELLE SEPARAZIONI – Le ultime statistiche mostrano una forte evoluzione rispetto agli anni ’60, quando la capitale dei divorzi era la città di Reno nel Nevada. Reno è diventata popolare a partire dagli anni ’30 quando lo Stato del Nevada si inventò il «divorzio breve». E quanti speravano di divorziare rapidamente iniziarono ad affluire in massa nella città. Oggi però Mosca ha soppiantato Reno, con un tasso di separazioni cresciuto nel tempo: nel 2007 era infatti di 4,8 divorzi ogni mille persone. E la durata media dei matrimoni che si concludono con un divorzio in Russia è di 9,4 anni, relativamente bassa, se si pensa che nell’area Ue è tra i 10,6 e i 16,8 anni. PRAVDA: «IL MATRIMONIO SCOMPARIRA’» – Per la legge russa, quando entrambe le parti accettano di divorziare e non hanno figli minorenni, possono porre fine al loro matrimonio con una semplice procedura che non richiede nemmeno l’intervento del tribunale, e la cui durata è mediamente di un mese. «La Russia sta perdendo gradualmente interesse verso il matrimonio – osserva la Pravda -. E non è escluso il fatto che scompaia del tutto nel prossimo futuro».
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Ho postato questo articolo per far notare che l’equazione società capitalista+femminismo=frantumazione della famiglia e dei rapporti con l’altro sesso regge solo parzialmente, perché in realtà i Paesi dove la famiglia è vicina all’autodistruzione e i rapporti umani fanno ancora più schifo, sono in larga parte quelli dell’ex URSS, ossia laddove del femminismo non c’era la benché minima traccia. Anche le isole Cayman e Bermuda, nonché Cuba, non hanno mai conosciuto rivoluzioni culturali tipo il nostro sessantotto; pertanto come lo spiegate un fatto del genere?
Maurizio(Quota) (Replica)
“Ho postato questo articolo per far notare che l’equazione società capitalista+femminismo=frantumazione della famiglia e dei rapporti con l’altro sesso regge solo parzialmente, perché in realtà i Paesi dove la famiglia è vicina all’autodistruzione e i rapporti umani fanno ancora più schifo, sono in larga parte quelli dell’ex URSS, ossia laddove del femminismo non c’era la benché minima traccia. Anche le isole Cayman e Bermuda, nonché Cuba, non hanno mai conosciuto rivoluzioni culturali tipo il nostro sessantotto; pertanto come lo spiegate un fatto del genere?” (Maurizio)
Te lo spiego con il fatto che stai dicendo una cosa non vera. La dissoluzione della famiglia e in generale dei rapporti umani è un fenomeno che nei paesi ex sovietici è esploso in modo eclatante e (devastante) appunto dopo il crollo dell’URSS e del sistema sovietico e in seguito all’avvento di un capitalismo ultraselvaggio, ultraliberista e violento (nel senso proprio del termine), senza regole, di nessun genere, spesso dominato dalla criminalità organizzata. Le sole regole e leggi sono l’arricchimento personale, il consumismo sfrenato e la mercificazione selvaggia di tutto e di tutte/i con qualsiasi mezzo e senza esclusione di colpi (proprio il nostro Damien poco tempo fa ci ha fatto un bel reportage di ritorno da un suo recentissimo viaggio in Ucraina, rileggiti i suoi post nel merito). . Si è dissolta in quei paesi quella rete di vincoli sociali e umani che in qualche modo quel sistema garantiva e proteggeva. Anzi, forse era proprio questa una delle caratteristiche positive che aveva (e non ne aveva moltissime). Fatti un viaggio nei paesi ex sovietici e moltissime persone ti ripeteranno più o meno gli stessi concetti:”Prima non c’era libertà ma c’era più sicurezza, più umanità e più solidarietà; ci si aiutava l’un con l’altro. Ora c’è più libertà ma non c’è più nessuna sicurezza e soprattutto nessun vincolo sociale e umano, nessuna solidarietà. Si è sfasciato tutto”.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare, e non attribuiamo altre colpe a chi ne ha avute tante ma non questa…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio
Prima non c’era libertà ma c’era più sicurezza, più umanità e più solidarietà; ci si aiutava l’un con l’altro. Ora c’è più libertà ma non c’è più nessuna sicurezza e soprattutto nessun vincolo sociale e umano, nessuna solidarietà. Si è sfasciato tutto
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Il concetto è giusto però è il modo con cui è stato detto che è sbagliato, perchè più che libertà io parlerei di falsa libertà…oggi molta gente è schiava di determinati istinti , è tutto fuorchè REALMENTE libera * . Però comunque è vero che non c’è il senso della solidarietà ed è in discesa l’umanità. Attenzione invece a quando si parla di sicurezza perchè molti regimi ( anche prossimi) spacceranno per sicurezza il loro comportamento autoritario
* è anche vero che la libertà vera unita alla solidarietà sociale è un’utopia ( forse ), però questo è un’altro discorso…
Silent Hill(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/d9889e325dab956af9eb09168f7092e9.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
Alessandra Farkas docet:
“Tutte queste conquiste non si sono tradotte in uguaglianza di reddito”, punta il dito il rapporto, sottolineando come le americane continuano a guadagnare meno degli uomini:
il 75% per essere precisi, a parità di studio ed incarico.
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http://www.foxnews.com/story/0,2933,133088,00.html
Mercoledì, 22 Settembre 2004
Di Wendy McElroy
Un rapporto dall’Ufficio del Censimento degli Stati Uniti del 26 Agosto ha affermato che lo stipendio medio a tempo pieno femminile per le donne era di 75,5 centesimi per ogni dollaro guadagnato similmente dall’uomo;
Valore che è inferiore dello 0,6 percento dal dato del 2002.
Le femministe di genere (“gender-feminist” nel testo N.d.T.) hanno immediatamente gridato: “la discriminazione sta aumentando!”
Questo atto d’accusa è veritiero?
In che modo viene utilizzato?
L’Istituto di Ricerca per la Politica delle Donne ha immediatamente pubblicato un comunicato stampa che ha usato il dato dei 75,5 centesimi per richiedere un aumento nello stipendio minimo ed un maggiore rafforzamento nell’applicazione delle leggi per le pari-opportunità.
Ma potrebbe non esserci alcun problema da risolvere.
Per prima cosa, lo 0,6 percento potrebbe essere una variazione statistica insignificante, poiché particolarmente gli stipendi delle donne sono aumentati costantemente durante l’ultima decade.
Inoltre un’indagine non è uno studio scientifico; indica soltanto che qualcosa può meritare più attenzione. Non spiega perché vi è un divario di stipendio.
Nel 2003, L’Ufficio Generale di Contabilità degli Stati Uniti (GAO) ha osservato: “dei molti fattori che concorrono nel determinare le differenze nei guadagni fra gli uomini e le donne, il nostro modello ha indicato che la tipologia di lavoro è un elemento chiave”.
Specificamente, le donne hanno in media meno anni di esperienza di lavoro, lavorano meno ore all’anno, è meno probabile che lavorino con orario a tempo pieno e lasciano il lavoro per periodi di tempo più lunghi rispetto agli uomini.”
Il GAO ha affermato di non essere in grado di “determinare se questa residua differenza sia dovuta a discriminazione o ad altri fattori.”
Per esempio, alcuni esperti hanno detto che alcune donne rinunciano ad avanzamenti di carriera e più alti guadagni a favore di un lavoro che offra flessibilità per poter gestire le responsabilità della famiglia e del lavoro.
In breve, più donne che uomini è probabile che cerchino dei lavori a basso-stipendio ma con orari flessibili per passare più tempo con le loro famiglie.
Se è così, quando prendete due liste di dati, una relativa agli impieghi delle donne ed una relativa agli impieghi a tempo pieno degli uomini ed andate alla metà esatta di ciascuna, ovvero la media, gli stipendi delle donne saranno naturalmente inferiori a quelli degli uomini.
Ma che dire a proposito di lavori a tempo pieno paragonabili?
Che cosa può causare una disparità di stipendio in quel caso?
Consideriamo soltanto due possibilità.
In primo luogo, la definizione di “occupazione a tempo pieno”:
La maggior parte delle indagini la definisce come un impiego di 35-o più o 40 ore alla settimana.
Ma esiste una differenza enorme fra un impiegato che cronometra 40 ore ed uno che ne lavora 60.
Per gli stessi motivi per i quali le donne cercano orari flessibili, è anche probabile che lavorino meno ore in un lavoro a tempo pieno.
Aumenti, indennità e promozioni si indirizzano più naturalmente verso gli impiegati che lavorano con orari più lunghi.
Effettivamente, quando si eliminano alcune variabili come il fatto di avere bambini, il divario di stipendio virtualmente sparisce.
Nel loro libro “Woman’s Figures” (1999), l’economista Diana Furchtgott-Roth e Christine Stolba hanno meticolosamente confrontato i dati sui guadagni degli uomini e delle donne senza figli dai 27 ai 33 anni. Hanno trovato che la disparità di stipendio è limitata a 98 centesimi.
Un secondo motivo possibile per la disparità di stipendio:
Le indagini non tengono conto solitamente di fattori quali i premi di spostamento.
Cioè spostamenti pericolosi o comunque indesiderabili sono più altamente pagati ed è più probabile che siano fatti dall’uomo.
Lavorare nel turno di giorno come tassista non è realmente la stessa cosa che lavorare nel più pericoloso turno di notte, ma è usualmente considerato in tal modo dalle indagini.
La disparità risultante negli stipendi non ha niente a che fare con la discriminazione contro le donne. Riflette le preferenze delle stesse donne.
Se questo è vero, quindi la disparità di stipendio non è un problema da risolvere.
È soltanto una statistica interessante che indica che uomini e donne, una volta offerto loro un campo da gioco livellato, tenderanno ad esprimere differenti priorità e, così, finiranno ad occupare posti differenti. (questa è una generalizzazione grezza, naturalmente, e non dice niente di diversi uomini e di diverse donne).
Persone, come me, che sostengono che la disparità di stipendio è principalmente un riflesso delle preferenze delle donne, sono spesso accusate di non preoccuparsi per niente di uguaglianza o giustizia.
Una affermazione più esatta è che è differente la visione di “uguaglianza” e di “giustizia”.
Da decenni, le due visioni sono in competizione l’una con l’altra nel dibattito a proposito del divario negli stipendi.
La prima visione — quella presentata qui — sostiene l’uguaglianza di opportunità (il termine in americano non ha niente a che vedere ovviamente col concetto italiano distorto di “pari-opportunità” – N.d.T.).
Cioè dovrebbe essere protetta ugualmente dalla legge la capacità di ogni individuo di esercitare i suoi diversi diritti nei confronti della persona e della proprietà, con nessun vantaggio assegnato ad alcuno.
Una tale uguaglianza di opportunità renderebbe inevitabilmente i risultati disuguali negli stipendi, per esempio — perché i risultati dipendono da molti altri fattori, compresa l’abilità, il lavoro duro, il carattere e la fortuna.
La disuguaglianza dei risultati non è un’indicazione di ingiustizia, perché la giustizia risiede nel fatto di ricevere ciò che ogni individuo (sia esso un lui o una lei) merita.
Gli impiegati che competono con uguaglianza di opportunità si meritano tutto ciò che sono in grado di negoziare con un datore di lavoro sulla base dei loro meriti e delle sue necessità.
Questa è giustizia.
Una visione alternativa definisce l’uguaglianza come il fatto la gente sia politicamente, economicamente e socialmente “uguale”.
La giustizia è misurata da quanto ugualmente tutte le persone condividono i profitti.
Questa visione è spesso denominata egualitarismo.
Winston Churchill ha fotografato la differenza che intercorre tra le due diverse visioni di giustizia con l’affermazione: Nessuna politica che sia priva di totalitarismo può assicurare il secondo principio.
La disparità di stipendio, infatti, ci dice qualcosa che merita attenzione circa la preferenza dell’essere umano e della società.
Gli egualitaristi dovrebbero ascoltare con più attenzione ciò che viene detto.
Wendy McElroy è redattrice di ifeminists.com e ricercatrice per l’Istituto Indipendente di Oakland, California.
È autrice e redattrice di molti libri ed articoli, compreso il nuovo libro, “la libertà per le donne: Libertà e Femminismo nel ventunesimo secolo “(Ivan R. Dee/Independent Institute, 2002).
Vive con il marito in Canada.
Sandro2(Quota) (Replica)
Nel 2001 una riunione dei rettori di nove università americane d’élite chiese “cambiamenti significativi”, come destinare sovvenzioni e borse al personale docente femminile, riservare ad esso i parcheggi migliori nel campus e garantire che la percentuale di donne nel corpo docente corrisponda a quella delle studentesse.
Ma in queste storie di messaggi negativi, barriere invisibili e pregiudizi sessuali c’è qualcosa di strano. Il metodo scientifico consiste nell’avanzare ogni ipotesi che possa rendere conto di un fenomeno ed escluderle una dopo l’altra conservando soltanto quella giusta. Gli scienziati apprezzano chi è capace di elaborare spiegazioni alternative e da chi sostiene un’ ipotesi ci si aspetta che confuti le altre, anche le più improbabili. Eppure, nei dibattiti in ambito scientifico è raro persino che si menzioni un’alternativa alla teoria delle barriere e dei pregiudizi. Una delle eccezioni è una scheda che accompagnava nel 2000 un servizio di “Science”, in cui veniva citata una relazione presentata alla National Academy of Engineering da Patti Hausman, studiosa di scienze sociali:
La domanda sul perché le carriere nel campo dell’ingegneria non vengano scelte da un maggior numero di donne ha una risposta piuttosto ovvia: perché a loro non piacciono. Ovunque si guardi, si troveranno molte meno donne che uomini affascinate da ohm, carburatori e quark. Rifare i programmi di studi non mi renderà più interessata a imparare come funziona la mia lavapiatti.
Una eminente ingegnere, seduta fra il pubblico, denunciò immediatamente quest’analisi come “pseudoscientifica”. Ma Linda Gottfredson, esperta di letteratura sulle preferenze vocazionali, fece notare che Hausman aveva i dati dalla sua parte:”In media, le donne sono più interessate a trattare con le persone e gli uomini con le cose”.
I test vocazionali indicano anche che i ragazzi sono più interessati a occupazioni “realistiche”, “teoriche” e “investigative”; le ragazze a occupazioni “artistiche” e “sociali”.
Quelle di Hausman e Gottfredson, però, sono voci isolate. Il gap fra i sessi è quasi sempre analizzato nel modo seguente: ogni squilibrio fra uomini e donne in materia di occupazioni e retribuzioni è prova diretta di pregiudizi sessuali, se non nella forma di aperte discriminazioni, in quella di messaggi scoraggianti e barriere invisibili. La possibilità che fra uomini e donne vi possano essere differenze che influiscono sui lavori che svolgono e su quanto guadagnano non può essere menzionata in pubblico, perché danneggerebbe la causa della parità sul lavoro e gli interessi delle donne.
E’ questa convinzione che ha fatto sostenere a Friedan e Clinton, per esempio, che non avremo raggiunto la parità fra i sessi finché donne e uomini non saranno ugualmente rappresentati e pagati in “tutte le attività professionali” (quindi anche in miniera…).
Nel 1998 Gloria Steinem e Bella Abzug, membro del Congresso, in un’ intervista televisiva definirono l’idea stessa di differenze fra i sessi una “scemenza”, una “sciocchezza antiamericana” e quando ad Abzug fu chiesto se parità fra i sessi significasse numeri uguali in ogni campo (perciò anche in fonderia e nei cantieri…), la sua risposta fu:”Cinquanta e cinquanta, assolutamente”.
Quest’analisi del gap fra i sessi è diventata anche la posizione ufficiale delle università. Che i rettori degli atenei d’élite degli Stati Uniti siano pronti ad accusare i colleghi di odiosi pregiudizi senza nemmeno prendere in considerazione spiegazioni alternative (per accettarle o rifiutarle, non importa), dimostra quanto il tabù sia profondamente radicato.
Il problema di quest’analisi è che l’ineguaglianza negli esiti non può essere portata come prova di un’ineguaglianza di opportunità, a meno che i gruppi comparati non siano identici in ogni tratto psicologico, cosa che potrebbe avvenire solo se fossimo tabulae rasae (non lo siamo).
Ma accennare alla possibilità che il gap fra i sessi sia dovuto, almeno in parte, a differenze fra i sessi rischia di far scoppiare la guerra, specie se a dirlo è un uomo bianco occidentale.
Chi osa farlo deve aspettarsi di venir accusato di “volere tenere le donne al loro posto” o di “giustificare lo status quo”. Il che non è meno insensato che accusare uno scienziato che studi i motivi per cui le femmine vivono mediamente più a lungo (salvo in Paesi come il Nepal, il Niger, il Lesotho o lo Zimbawe) di “volere che i vecchi di sesso maschile muoiano”. Lungi dall’essere una manovra architettata dagli uomini per difendere i loro interessi, le analisi che mettono in luce le pecche della teoria della barriera invisibile vengono in larga misura da donne, come Hausman, Gottfredson, Judith Kleinfeld, Karen Lehrman, Cathy Young e Camille Benbow, le economiste Jennifer Roback, Felice Schwartz, Diana Furchtgott-Roth e Christine Stolba, la studiosa di diritto Jennifer Braceras e, con maggiori riserve, l’economista Claudia Goldin e la studiosa di diritto Susan Estrich.
Sandro2(Quota) (Replica)
A figli madri dedicano doppio tempo padri
Rapporto Oecd, Italia all’ottavo posto nel mondo per congedo maternità
04 marzo, 17:55
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/03/04/visualizza_new.html_1560010063.html
ROMA, 4 MAR – Le madri di tutto il mondo dedicano più del doppio del tempo rispetto ai padri nella cura dei figli: un’ora e 40 minuti contro 42 minuti. Il dato è contenuto in un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) reso noto oggi, e nel quale risulta anche che l’Italia si pone all’ottavo posto tra 36 Paesi per i diritti al congedo di maternità. Il documento analizza anche la differenza di cura dei figli quando i genitori lavorano o meno.
Nei Paesi del Nord del mondo gli uomini dedicano lo stesso tempo (40 minuti) sia che lavorino sia non lavorino. I più bravi sono gli australiani, che spendono più tempo con i figli, che siano occupati o no. A dedicare meno tempo ai figli sono i papà sudafricani (8 minuti) e coreani (12 minuti). In media, gli uomini che lavorano dedicano alla cura dei figli 40 minuti e solo 10 minuti se lavorano, mentre le donne che lavorano spendono 74 minuti della loro giornata a questo compito e il doppio, 144 minuti, se non lavorano. L’Oecd fa anche un confronto sui diritti di congedo di maternità, dal quale emerge una differenza sostanziale tra i Paesi: se le donne britanniche godono di un intero anno a casa, di cui 40 settimane pagate, in Austria, Francia e Olanda hanno solo 16 settimane, per lo più a paga intera. L’Italia si colloca all’ottavo posto con 20 settimane interamente pagate. Gli Usa sono l’unico Paese dove le donne non hanno un congedo retribuito.
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So già per certo che arrivato all’età di 37 anni non mi sposerò più, ma se per ipotesi ne avessi avuta l’intenzione, notizie sistematicamente colpevolizzanti come questa me ne avrebbero ormai tolto la voglia. E’ un martellamento a dir poco intollerabile.
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P.s.: nel mondo industrializzato, quanto tempo della loro vita le donne dedicano a rincorrere e corteggiare gli uomini…?? Quanto spendono per loro?
E gli uomini, invece? Che prezzo ha per loro relazionarsi oggi con le donne? E soprattutto, tolto l’aspetto sessuale, (spesso neppure quello…) cosa resta ormai del rapporto uomo-donna? Secondo me, quasi niente.
Marco(Quota) (Replica)
Negli anni Settanta il sociologo Pierre Bordieu, metteva tutti in guardia sull’utilizzo strumentale dei sondaggi, uno strumento potentissimo di condizionamento dell’opinione pubblica. Aveva ragione. Oggi un sondaggio o una statistica condotti senza alcun criterio scientifico vengono sbattuti nelle prime pagine dei giornali o dei telegiornali. Sarebbe tempo di mettere un freno a tutto questo, ma si sa, qualsiasi strumento è legittimo pur di raggiungere l’obiettivo, purtroppo.
Alessandro(Quota) (Replica)
marco: tolto il sesso non resta niente perchè, per tutto il resto, è passata l’ideologia dell’omologazione. Se maschi e femmine, a parte il sesso, sono identici, con stesse passioni, inclinazioni, desideri, allora tanto vale stare con l’originale anzichè con la (brutta) copia. La faccenda dei lavori di cura è emblematica. Si vuole che padei e madri siano intercambiabili, ma non è mai stato così. perchè la femmina è più incline al dentro, alla cura e all’accudimento, ed il maschio più al fuori, alla società. Pretendere questo tipo di uguaglianza è forzatura ideologica e genera infelicità.
armando
armando(Quota) (Replica)
Bene, stanno cominciando a dar fuoco alle polveri.
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http://www.repubblica.it/politica/2011/03/05/news/se_non_ora_quando_l_8_marzo_iniziative_in_50_citt_italiane-13234396/?ref=HREC1-1
MANIFESTAZIONI
L’8 marzo: “Se non ora, quando?”
Iniziative e spettacoli in 50 città italiane
Tra flash mob, proiezioni e concerti il comitato, nato il 13 febbraio a Roma in occasione della manifestazione per la dignità delle donne, torna in piazza. La Gelmini: “No a falsi egualitarismi”
L’8 marzo: “Se non ora, quando?” Iniziative e spettacoli in 50 città italiane
ROMA – Una lunga giornata di appuntamenti in tutta Italia. E’ quella che il comitato “Se non ora quando?”,
nato in occasione della manifestazione dello scorso 13 febbraio a Roma 1, sta organizzando per la festa della donna, l’8 marzo. Tra le 50 città coinvolte nelle iniziative ci sono Benevento e Cagliari, Bologna e Bolzano, Caltagirone e Campobasso, Cuneo e Firenze per citarne solo alcune. Il ministro Gelmini: “Mi auguro che l’8 marzo sia una giornata in cui noi donne sapremo sgomberare il campo da rivendicazioni falsamente ugualitarie e sessiste”.
Gli appuntamenti a Roma. Si parte dalla mattina alle 7 con flash mob per le strade della città. Più tardi, dalle 13 alle 15 nelle stazioni della metropolitana di Castro Pretorio, San Giovanni e Repubblica le donne-libro dell’associazione “Donne di carta” citeranno passi di libri “sulla specificità dello sguardo delle donne sul mondo” e le proposte del comitato “Se non ora quando”. Nel pomeriggio, alle 16, le iniziative si concentreranno nei giardini di Piazza Vittorio con performance dedicate al lavoro, alla danza, allo aport, proiezioni di video e musica dal vivo. Sul palco operaie tessili, giornaliste, insegnanti, sportive, scrittrici, migranti, studentesse, insieme a Claudia Pandolfi, Valeria Golino, Tosca, Paola Minaccioni, Awa Ly e Carmen Consoli. Al termine degli interventi è prevista
la proiezione di Libere di Cristina Comencini con Lunetta Savino e Isabella Ragonese. Nella capitale si registra anche un flash mob di debutto: quello del neonato gruppo “Donne e informazione”. L’appuntamento (sempre l’8 marzo) è alle 17.30 alla scalinata del Campidoglio per poi confluire verso piazza Vittorio. E alla stessa ora (17.30) nello stesso luogo (Campidoglio) è anche l’appuntamento di “Donne e basta” con un flash bob nel segno dell’ironia: tutte vestite da oche (o con qualcosa di “ochesco”, come recita l’invito, un abito bianco, un becco di cartone) per gridare “Sveglia, italiani”.
Il ministro dell’Istruzione: “La dignità delle donne non può essere usata per attaccare l’avversario”. La dignità delle donne “non è né di destra né di sinistra e non può essere usata per attaccare Berlusconi”, ha detto il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, riferendosi alla protesta delle donne che avevano aderito alla giornata di “Se non ora quando?”. E in merito alle manifestazioni in programma per l’8 marzo, “le donne non devono essere uguali all’uomo – ha aggiunto – ma devono saper rivendicare la propria peculiarità, sensibilità e talento”. La questione della dignità delle donne, ha sottolineato Gelmini, “è un tema così alto e non può essere usato per attaccare l’avversario”.
(05 marzo 2011)
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/978f9f2665d7df98b6c99fad0d7a9b61.pdf
“L’ULTIMO ROGO DELLE DONNE”…
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mmm…
Ma Vittorio Zucconi non è il direttore de La Repubblica online…?
http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/spettacoli_e_cultura/passaparola-3/otto-marzo/otto-marzo.html
“La verità sull’8 marzo delle donne
per quel libro scovato per caso”
di SILVANA MAZZOCCHI
“La verità sull’8 marzo delle donne per quel libro scovato per caso”
SE, NELLA PARIGI del Fronte popolare si distribuivano i mughetti, nel 1946 quando l’Udi, l’Unione donne italiane, si trovò a organizzare il primo 8 marzo dell’Italia libera, le partecipanti alla discussione decisero di optare per le gialle mimose. “A noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli… pensammo che quel fiore era abbondante e, spesso, disponibile senza pagare…”, recita tra l’altro la testimonianza di Marisa Rodano, una delle tante voci raccolte nel bel volume 8 marzo, una storia lunga un secolo, in cui Tilde Capomazza (femminista e programmista televisiva) e Marisa Ombra (ex partigiana e presidente, negli anni Settanta, dell’editrice di Noi donne) ricostruiscono un secolo d’impegno femminile, restituendo dignità e adeguata importanza a una data troppo spesso ridotta a puro rito consumistico.
Il libro, già uscito nel 1987 con il titolo: Storie, miti e riti della giornata internazionale della donna per la casa editrice di nicchia Utopia e presto andato esaurito, esce ora per Jacobelli con una nuova edizione impreziosita dal Dvd originale, (anche questo introvabile fin dal 1988), che intreccia rare immagini storiche con le interviste e le testimonianze di alcune protagoniste della politica italiana degli ultimi cinquant’anni. Un documento molto utile per comprendere il vero significato dell’8 marzo e, dunque, per incentivare l’indispensabile passaggio di memoria tra le generazioni.
E’ ricco di notizie e di ricostruzioni storiche il lavoro di Capomazza e Ombra. E, già all’epoca, fece scalpore soprattutto una scoperta: il fatto che non fosse in realtà basata su alcun dato certo la convinzione comune che Clara Zetkin, nel 1910, avesse scelto l’8 marzo per ricordare le operaie americane morte due anni prima durante un incendio avvenuto nel corso di uno sciopero. E come, invece, fosse provato da una ricca documentazione che, a fissare il giorno delle donne all’8 marzo, fosse stata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 “per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviatala prima fase della rivoluzione russa”.
IL VIDEO
Tilde Capomazza, il vostro libro ha sfatato la leggenda che l’8 marzo sia nato per ricordare la morte delle operaie americane nell’incendio del 1908. Come lo avete accertato?
“Potrei dire ‘per puro caso’, ma in realtà fu la tappa felice di una ricerca che cominciata nel 1985 durò due anni: Marisa Ombra passava giornate in vari archivi, io sfogliavo libri, le poche riviste storiche esistenti; Internet allora per noi ancora non esisteva. Un giorno alla storica libreria delle donne ‘Al tempo ritrovato’ a piazza Farnese, a Roma, chiesi a Maria Luisa Moretti se per caso le fosse mai passato tra le mani qualche libro o rivista che parlasse della Giornata della donna, anche in lingua straniera, magari. Lei si mise a pensare, poi, rivolta a Simone, sua partner nella gestione della libreria, disse: ‘Guarda un po’ su quello scaffale … ti ricordi quando venne una ragazza francese e ci lasciò un libro?’ Simone non ricordava, ma cercò e trovò quel libro. Mancò poco che non svenissi. Titolo ‘La journée internationale des femmes. La clef des énigmes, la verité historique’. Autrice Renée Coté , canadese del Quebèc, quindi di lingua francese. Era un libro farraginoso, ma ricco di riproduzioni, di citazioni, di appunti relativi alla confusa storia della Giornata, tutta interna al Movimento socialista internazionale e successivamente alla Internazionale comunista. Fu lì che scoprimmo che di incendio non si parlava affatto, ma decisiva fu la lettura degli atti della Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen 1910 dove di Gdd si parlò ma non di incendi… La giornata, dopo vari tentativi fatti da Clara Zetkin fu poi approvata a Mosca nel 1921 , definita giornata dell’operaia, e ispirata alla rivolta delle donne di Pietrogrado contro lo zarismo avvenuta il 23 febbraio 1917( corrispondente nel nostro calendario gregoriano all’8 marzo)”.
Il libro e il dvd raccontano i 50 anni di questa ricorrenza. Qual è, oggi, il significato dell’8 marzo?
“Il libro per la verità, uscito nel 1987 cioè 21 anni fa, non aveva alcun intento celebrativo di una ricorrenza. Ci eravamo buttate in questa impresa Marisa ed io, non storiche, ma militanti del Movimento con percorsi diversi, perché avvertivamo che le manifestazioni dell’8 marzo stavano perdendo di forza, di efficacia, al limite, di senso. E pensammo di ripercorrerne la storia per capire cosa aveva spinto le donne che ci avevano precedute a costruire questo appuntamento annuale di lunga durata che aveva certamente prodotto importanti esiti. Era il caso di mollarlo o era bene rifletterci? Scegliemmo la seconda via scoprendo eventi impensati. Ma di tutto questo l’unica cosa che colpì la stampa fu la cancellazione dell’incendio e pareva che, con quella scoperta, avessimo voluto cancellare addirittura la giornata”.
Qual è il testimone che la generazione del femminismo e del Movimento ha trasmesso alle ragazze di oggi?
“Noi abbiamo studiato e scritto di quel filo affascinante che ha attraversato la storia del Movimento e che ha portato attraverso le piazze d’Italia le proteste, le denunce e le richieste che le militanti intendevano far conoscere sia alle altre donne , sia ai vari governi. Ma non abbiamo fatto storia del Movimento, anche se abbiamo dovuto attraversarlo. Sull’argomento le opinioni delle donne che sono state soggetti attivi possono essere molto diverse. Noi due, con il nostro lavoro, abbiamo voluto fare memoria storica di questo appuntamento annuale ricco di eventi, di sofferenze, di allegria, di grande impegno che è stato il prodotto di un soggetto collettivo molto forte e che ha impegnato ogni donna che ne faceva parte”.
“Al mito dell’incendio che ha avuto una funzione aggregante agli inizi, abbiamo sostituito la storia di questi soggetti reali che si sono fatti carico per sé e per tutte le donne di un processo di emancipazione e liberazione che deve continuare. Di fronte alla commercializzazione e volgarizzazione dell’8 marzo, noi proponiamo una riflessione sulla storia, molto gradevole nel dvd, molto avvincente nel libro. Questo è il nostro testimone e speriamo che passi in più mani lasciando tracce ispiratrici di nuovi impegni”.
Tilde Capomazza, Marisa Ombra
8 marzo, una storia lunga un secolo
Prefazione di Loredana Lipperini
Jacobelli editore
Cofanetto libro*dvd, euro 19,50
(7 marzo 2009)
Sandro2(Quota) (Replica)
Reduan 8/3/2004
http://questionemaschile.forum…
Una “festa” inventata
di Vittorio Messori
Pensare la storia, San Paolo, Milano 1992, p. 107.
C’era una volta la festa di Sant’Agata, era la protettrice delle donne non maritate e delle madri che allattano, in molti posti il 5 febbraio è dedicato alle donne, con processioni, feste patronali, si fa il pane di Sant’Agata a forma di mammella (alla giovane Agata erano state tagliate le mammelle durante la persecuzione).
[vedi nella sezione SANTI la storia di Sant’Agata].
Oggi se ancora si festeggia, lo si fa con un misto tra goliardia e fede.
Gli uomini cucinano e servono a tavola, oppure accudiscono i pargoli e le donne si trovano tra loro a festeggiare.
Poi venne il ’68, la rivoluzione sessuale, le rivendicazioni femministe, e nacque la festa dell’8 marzo.
La leggenda narra che una femminista tedesca, Clara Zetkin durante il Congresso socialista di Copenaghen, propose la data dell’8 marzo, per la giornata internazionale della donna, in ricordo d un gruppo di donne arse vive all’interno della fabbrica nella quale lavoravano, e nella quale il datore di lavoro le aveva rinchiuse.
Da quel giorno si festeggia l’8 marzo, regalando mimose (fiore umile e puzzolente, ma reperibile in quel periodo). Scopriamo però, leggendo Messori, che si tratta di una bufala.
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C’erano una volta delle operaie tutte lavoro, fede socialista e sindacato; e c’era un padrone cattivo. Un giorno, le lavoratrici si misero in sciopero e si asserragliarono nella fabbrica. Qualcuno (il padrone stesso, a quanto si dice) appiccò il fuoco e 129 donne trovarono atroce morte. Era l’8 marzo 1908, a New York.
Storia molto commovente, con un solo difetto; che è falsa. Eh già, nessun epico sciopero femminile, nessun incendio si sono verificati un 8 marzo del 1908, a New York. Qui, nel 1911 (quando già la “Giornata della donna” era stata istituita), se proprio si vogliono spulciar giornali, bruciò, per cause accidentali, una fabbrica, ci furono dei morti, ma erano di entrambi i sessi. Il sindacalismo e gli scioperi non c’entravano. E neanche il mese di marzo.
Piuttosto imbarazzante scoprire di recente (e da parte di insospettabili quanto deluse femministe) che il mitico 8 marzo si basa su un falso che, a quanto pare, fu elaborato dalla stampa comunista ai tempi della guerra fredda, inventando persino il numero preciso di donne morte: 129…
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.noidonne.org/blog.php?ID=01602
Cent’anni di 8 Marzo!
Conferenza presso la Sede Nazionale Archivio centrale e dell’UDI per i cento anni della Giornata Internazionale della Donna
inserito da Piera Francesca Mastantuono
“Le donne hanno ancora tanto da dire” è uno degli slogan dell’UDI, proprio di un 8 Marzo, era il 1982.
Ed oggi, 2 marzo 2011, a Roma, si festeggiano i cento anni dalla ritualizzazione dell’8 Marzo. È infatti del 3 Maggio 1908 il primo Women’s Day organizzato a Chicago da donne socialiste sulla condizione della donna stessa. È stata la prima giornata della donna sulla quale abbiamo precisi resoconti nei giornali dell’epoca. È da allora non ci siamo più fermate!
E così, quando il 23 Febbraio 1921 le donne russe hanno sintonizzato il loro calendario con quello occidentale, è stato 8 Marzo, Giornata Internazionale della Donna, per tutte!
In Italia, nel dopoguerra, l’8 Marzo, l’UDI ha iniziato ad affrontare le prime battaglie per l’istruzione, il lavoro, i servizi sociali e l’accesso a tutte le carriere. In quell’occasione è stato diffuso uno dei simboli della Giornata: la mimosa.
Oggi, Pina Nuzzo, delegata nazionale UDI, prosegue raccontando l’8 Marzo nelle sue molteplici forme. L’ultima quest’anno, 2011, con la premiazione per un’iniziativa dell’8 Marzo 2010, dal titolo “Immagini amiche” che ha voluto denunciare gli stereotipi che creano uno strato di fondo su cui la cultura della violenza agisce promuovendo al contrario un’immagine positiva della donna nella pubblicità e ovunque. Questa iniziativa ha un importante punto di partenza nella risoluzione del Parlamento Europeo del 2008 con la quale il Parlamento stesso invitava i Comuni a non dare spazio a pubblicità offensive o stereotipate per ambo i sessi.
Vista la mancata attenzione per questa risoluzione l’UDI ne ha recentemente chiesto l’applicazione in tutta Italia impegnandosi in prima linea, con diverse iniziative, al fine di promuoverla, e, ad oggi, sono novantaquattro i Comuni italiani ad aver aderito concretamente all’iniziativa.
A conclusione del progetto il 4 marzo 2011 ci sarà la premiazione ufficiale presso la Sala delle Bandiere del Parlamento Europeo a Roma.
“E nel frattempo, in questi giorni, fino all’8 Marzo”, sottolinea Clara Albani (Capo Ufficio d’Informazione del Parlamento Europeo) “in tutta Europa si discute sul ruolo di leader delle donne in politica” e la chiave di tutto questo è “nella pubblicità”, come evidenziato da Daniela Brancati (Presidente del Premio “Immagini Amiche”) la quale ribadisce come il progetto “Immagini Amiche” abbia premiato sia l’agenzia creativa che i committenti per realizzare,finalmente, una pubblicità “socialmente responsabile”, per imparare sempre più a comunicare, consapevolmente.
2 Marzo 2011
Piera Francesca Mastantuono
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/03/01/visualizza_new.html_1559803449.html
8 marzo: il perchè di un sì e il perchè di un no
Camusso: festeggiarlo anche per rilanciare lavoro. Dall’Olio: orribile festeggiare una tragedia
06 marzo, 14:17
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DALL’OLIO, ORRIBILE FESTEGGIARE UNA TRAGEDIA – IL PERCHE’ DI UN NO
“Non mi è mai piaciuta l’idea di festeggiare la tragedia di 150 persone morte in un incendio nelle fabbriche nel 1911: è orribile”. Anselma Dall’Olio, scrittrice e giornalista, è tranchant nel bocciare l’8 marzo. Festeggiarlo, è la sua tesi, non è ora d’attualità, così come non lo è stato in passato: “Non si festeggia un giorno solo l’anno. Non c’é un giorno dell’uomo, perché tutti i giorni devono appartenere alle donne”. La sua convinzione è che ormai sia un anniversario senza più colore politico. “Anche se – sottolinea – questo tipo di festeggiamento, quello di una tragedia, non è nel dna della destra, almeno di una destra moderna”. Così come non ha dubbi sul fatto che non siamo agli albori di un nuovo movimento femminista, dopo la manifestazione di febbraio delle donne ‘Se non ora quando’.
“Dubito fortemente – dice a questo proposito – già scendere in piazza per conto di qualcun’altro non è una cosa femminista. E poi il moralismo non è femminista”. Battaglie femministe che la giornalista rivendica: “Io appartengo alle lotte degli anni sessanta e settanta. Ma erano per la fine del moralismo, del dividere le donne in ‘perbene’ e in ‘permale’ e del criticare i comportamenti sessuali anche degli uomini”. Tutto ciò, invece, “appartiene al moralismo”.
CAMUSSO, FESTEGGIARLO ANCHE PER RILANCIARE LAVORO – IL PERCHE’ DI UN SI’
L’8 marzo sia l’occasione anche per rilanciare il lavoro femminile. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, alla vigilia della Festa delle donne, che quest’anno compie 100 anni, rimarca tutto il suo valore. Sulla cui attualità, ancora oggi dopo un secolo, non ha dubbi: “Certo che ha senso festeggiarla” risponde in un’intervista ad ANSA.IT. “Sapendo – aggiunge – che è un festeggiamento finalizzato a rendere questa giornata la vetrina di una serie di rivendicazioni”. Lei, prima donna a guidare la Cgil, celebrerà l’8 marzo partecipando ad un saluto istituzionale del presidente della Repubblica. “Credo – osserva – che sia giusto valorizzare il fatto che il Quirinale dedichi quella mattina ad una riflessione sulla condizione delle donne”. Poi volerà a Bruxelles per l’esecutivo della Ces (la confederazione dei sindacati europei) che si riunisce per discutere sulle prospettive della politica economica. Una festa, quella di martedì, che quest’anno assume anche un significato in più: “Cade dentro una stagione di mobilitazione delle donne per la loro dignità – sottolinea ancora Camusso – ed è questo un fatto molto importante”. Dunque, un’occasione per rilanciare le parole d’ordine che hanno portato lo scorso mese tante donne in piazza. “Articolare maggiormente quelle parole – afferma – declinando la dignità non solo come riconoscimento delle persone, ma anche come ‘lavoro’, ‘cittadinanza’, ‘funzionamento del Paese'”.
Dunque, una festa anche per rilanciare il lavoro delle donne. Perché, se la crisi ha avuto effetti pesanti per tutti, li ha avuti ancor di più su di loro. “Una crisi – rileva – che nel nostro Paese si è voluta nascondere e si continua a farlo, visto che ogni volta che ci sono i dati sulla cassa integrazione o la disoccupazione, si prosegue a raccontarli come fossero miglioramenti. La verità è che durante la crisi, l’occupazione femminile è ulteriormente diminuita e che, di fronte ad una disoccupazione in aumento tra le donne, è ormai impressionante la quota che riguarda quelle giovani”. Per questo la sua convinzione è che l’8 marzo non deve essere un giorno dedicato genericamente alle donne. Piuttosto un giorno dedicato sì a loro, ma per costruire soluzioni e proposte, anche e soprattutto sul fronte del lavoro. Come agire? “Ormai – risponde la sindacalista – tutti gli studi economici sostengono che l’occupazione femminile abbia un’efficacia di crescita superiore, perché genera non solo reddito ma anche altro lavoro. Per questo servono politiche di incentivazione del lavoro, perché sia stabile e per le assunzioni. E perché ci siano i servizi”.
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“Non mi è mai piaciuta l’idea di festeggiare la tragedia di 150 persone morte in un incendio nelle fabbriche nel 1911: è orribile”.
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Eh già…
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Non c’é un giorno dell’uomo, perché tutti i giorni devono appartenere alle donne”.
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Fenomenale.
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http://antifeminist.altervista.org/risorse/lavori_ripugnanti.htm
Gravi incidenti in miniera in Ucraina e Kazakhstan – 5.10.2006
Due gravi incidenti in due miniere dell’ex Unione Sovietica, hanno provocato la morte di almeno 50 persone. Sotto accusa il degrado delle strutture. In Kazakhstan, nella miniera che porta il nome di “Lenin” ed è proprietà del gigante dell’acciao Mittal Steel, un’esplosione ha provocato un incendio ad oltre 500 metri di profondità, mentre circa 360 minatori erano al lavoro. Almeno 41 sono morti in questa miniera di carbone, un labirinto di sette piani, già teatro di tragedie simili. La miniera Lenin si trova nel centro del Kazaksthan. Un’ora prima un altro incidente è avvenuto nella regione orientale dell’Ucraina. In questa miniera di carbone, una delle più grandi del paese, una perdita di gas, ad una profondità di oltre un chilometro, ha provocato la morte di almeno tredici minatori. Alcune decine sono rimasti intossicati. Anche l’Ucraina non è nuova a questo genere di incidenti: nel paese dall’inizio dell’anno oltre 100 minatori sono morti sul lavoro.
Siberia, 12 i morti dopo l’incendio in una miniera d’oro. 21 ancora dispersi – 8.9.2006
Sono 12 i minatori morti intrappolati dall’incendio divampato ieri in una miniera d’oro in Siberia. È il numero di corpi ritrovati nelle operazioni di soccorso, 11 sono già stati identificati, mentre si cercano ancora 21 persone. Al momento dell’incidente c’erano 64 uomini sotto terra, 31 sono stati portati in salvo. Un dipendente della miniera spiega: “C’erano dei lavori di saldatura in profondità quando è scoppiato l’incendio. Tanto fuoco e tanto fumo. Qualcuno è riuscito a scappare, altri sono rimasti intrappolati. Anche mio fratello è laggiù”. L’incidente è avvenuto a un centinaio di metri di profondità in una miniera nella regione di Cità, al confine con Cina e Mongolia. Sul posto mancano attrezzature e soccorritori specializzati. Sono quindi stati inviati aiuti da tutta la regione, e sono in arrivo nelle prossime ore 40 esperti da Mosca e altri ancora da diverse regioni della Russia. La miniera, di proprietà della compagnia Highland Gold Mining, quotata sulla borsa di Londra, ha oltre cent’anni e, secondo alcuni testimoni, un vecchio sistema di ventilazione.
Minatori in trappola in India e in Russia – 7.9.2006
Nella Siberia orientale 19 persone sono rimaste bloccate sottoterra, e in una miniera di carbone indiana si teme siano morti 54 lavoratori 7/9/2006 Incidente in una miniera Minatori intrappolati in Russia e in India. Due incidenti si sono verificati tra ieri notte e oggi in una miniera d’oro nella Siberia orientale, dove 19 persone sono rimaste bloccate sottoterra, e in una miniera di carbone indiana, dove si teme siano morti 54 lavoratori. Un incendio è stato la causa dell’emergenza nella miniera russa. Le fiamme, secondo quanto riferiscono le autorità di Mosca, si sono scatenate ad una profondità compresa tra gli 85 e i 135 metri in un impianto della Highland Gold Mining nella regione di Cità, vicino al villaggio Vershino-Darasunski, al confine con la Cina. Al momento dell’incendio, alle 6:15 ora italiana, 48 persone erano al lavoro; le squadre di soccorso ne hanno tratte in salvo 29, mentre 19 sono tuttora intrappolate. «Si tratta della nostra miniera», ha confermato un portavoce della Highland Gold Mining, aggiungendo che «la situazione è complessa e la stiamo monitorando ogni 15 minuti». L’incidente in India si è verificato ieri notte nel distretto di Dhanbad, nello Stato orientale di Jharkhand. 54 operai sono rimasti bloccati nella miniera, in seguito al crollo di una volta causato da un’esplosione. Le cariche di esplosivo dovevano servire ad aprire una nuova area della miniera, ma la struttura non ha retto. «Si tratta di una situazione senza precedenti e le possibilità che sopravvivano sono pari a zero», ha dichiarato secondo la Reuters Partha Bhattacharya, presidente della Bharat Coking Coal Limited, compagnia proprietaria dell’impianto. «I minatori – ha continuato Bhattacharya – stavano lavorando ad una profondità di 460 metri quando l’esplosione e una fuga di gas hanno ridotto il livello di ossigeno quasi a zero». Le operazioni di soccorso sono partite in nottata, ma le squadre sono riuscite a raggiungere solo il terzo dei diciotto piani della miniera. I minatori, probabilmente, si trovano all’ultimo livello.
Sette minatori intrappolati a Jilin – 14.9.2006
Almeno sette persone sono rimaste intrappolate in una miniera nella provincia di Jilin, nel nord-est della Cina. I soccorritori stanno cercando di pompare l’acqua che ha inondato il tunnel, mentre in un altro incidente un minatore è morto per una fuga di gas in una miniera di Datong, nella provincia dello Shanxi. Nelle miniere cinesi, le più pericolose al mondo, muoiono in media oltre 5mila persone all’anno.
Esplosione in miniera: 15 morti Pechino – 16 Giugno 2004
Almeno 15 persone, più due soccorritori sono morti dentro una miniera della Cina centrale. L’esplosione è avvenuta alle 4.50 del pomeriggio di ieri nella provincia dello Shaanxi, mentre vi erano 85 minatori nelle gallerie sotterranee per estrarre carbone. Il maggior numero è stato tratto in salvo. Oltre ai 15 morti, vi sono ancora 7 dispersi, i cui corpi non sono ancora stati ritrovati. La miniera, di proprietà della Huangling, aveva cominciato ad operare nel 2001, con una capacità di 6,6 milioni di tonnellate. La Cina detiene il primato per i morti in miniera. Lo stato afferma che l’anno scorso vi sono stati 6.702 morti per esplosioni, franamenti e altri disastri. Organizzazioni internazionali denunciano un tasso di mortalità molto più grande
Esplosione in una miniera dell’Henan: almeno 56 morti e 92 dispersi – 21 Ottobre 2004
L’esplosione di gas in una miniera di carbone ha causato la morte di 56 persone; 92 minatori risultano dispersi, ma le autorità affermano che le speranze di ritrovarli vivi sono “esili”. Questo è considerato il più grave incidente minerario quest’anno.
Esplosione in miniera: 49 morti e 11 dispersi – 22 Novembre 2004
Almeno 49 minatori morti e 11 tuttora dispersi: è il bilancio di un grosso incendio divampato in una miniera di ferro nel nord della Cina. Secondo l’agenzia statale per la sicurezza sul lavoro i soccorritori hanno tratto in salvo 46 minatori: essi hanno inoltre recuperato i corpi senza vita di 49 persone. L’incidente si è verificato sabato mattina in una miniera di Shahe, nell’Hebei: un cavo ha preso fuoco e ha provocato un’esplosione all’interno della cava. L’incendio si è subito propagato in altre 5 miniere collegate, mentre nuvole dense di fumo rallentavano l’opera dei soccorritori.
Shaanxi: nessuna speranza per i 141 minatori dispersi – 29 Novembre 2004
“Non c’è alcuna speranza di trovare ancora in vita qualcuno dei 141 minatori intrappolati nella miniera”. Lo ha affermato Yan Mangxue, segretario del partito comunista nel villaggio di Yaoyu, luogo d’origine di 14 minatori intrappolati nella miniera di carbone statale di Chenjiashan, nello Shaanxi. La fuoriuscita di gas tossico ostacola le operazioni di recupero dei 141 minatori, tuttora intrappolati nella miniera di carbone statale; i morti accertati sono 25. Oltre 2000 uomini della sicurezza cercano disperatamente di salvare i minatori ancora intrappolati nella cava, ma la densità nell’aria del monossido di carbonio è arrivata allo 0,5%, un livello 5 volte superiore alla soglia di mortalità. Almeno 43 minatori sono stati ricoverati negli ospedali della zona con sintomi di avvelenamento da ossido di carbonio e 11 versano in condizioni definite “critiche”. Fra i superstiti 84 lavoratori che, al momento dello scoppio, si trovavano nei pressi dell’entrata come supporto tecnico per i minatori impegnati nell’estrazione.
Hunan: 4 morti e 16 dispersi per un incendio in miniera – 14 Dicembre 2004
Ancora vittime nelle miniere cinesi: un’esplosione in una miniera della Cina centrale ha causato 4 morti e 16 dispersi; nel frattempo i soccorritori continuano le operazioni di recupero di 36 minatori intrappolati, in seguito ad una inondazione, in una cava nel sud-ovest del paese.
Sichuan: 14 morti nell’esplosione di una miniera – 20 Dicembre 2004
Continua l’escalation di morti nelle miniere di carbone cinesi: un’esplosione ha ucciso 14 minatori e ne ha feriti altri 3. Secondo quanto annunciato oggi dal governo, l’incidente è avvenuto nel distretto di Xingwen, nella provincia sud-occidentale di Sichuan alle ore 1.40 di domenica mattina (le 18.40 di sabato in Italia).
Liaoning: almeno 203 morti in un’esplosione in miniera – 15 Febbraio 2005
È di almeno 203 morti e 22 feriti il bilancio dell’esplosione avvenuta ieri pomeriggio in una miniera di carbone a Fuxin, città nella provincia di Liaoning, Cina nordorientale. Tredici i minatori ancora intrappolati nel sottosuolo. Zhang Yunfu, vice manager generale del gruppo industria del carbone di Fuxin, ha raccontato che lunedì mattina le operazioni di lavoro si stavano svolgendo secondo la norma, quando alle 14.30 è avvenuta una scossa nella sezione N. 3316 della miniera di Sunjiawan, del gruppo Fuxin. L’esplosione di gas si è registrata intorno alle 15 a circa 242 metri di profondità. Pronto l’intervento dei soccorsi, mentre sono ancora in corso le indagini sulle cause della tragedia. Autorità del governo provinciale, di Fuxin e di altre dipartimenti di rilievo sono accorse sul luogo dell’incidente.
Shanxi: esplosione in miniera, 29 dispersi – 10 Marzo 2005
Ventinove minatori sono ancora intrappolati sotto terra in seguito all’esplosione di gas in una miniera di carbone nella Cina settentrionale. Lo riferiscono oggi i media di Stato. L’incidente è avvenuto ieri pomeriggio nella miniera N. 2 della Gola di Xiangyuan, provincia dello Shanxi, contea di Jiacheng. Secondo l’agenzia Xinhua, al momento dell’esplosione erano a lavoro 83 minatori.
Almeno 8 morti e 30 intrappolati in due miniere cinesi Jiaohe – 25 Aprile 2005
Un’inondazione ha colpito la miniera di carbone “Tengda” a Jiaohe, città nella provincia di Jilin – nord est del Paese – ed ha intrappolato sotto terra 69 minatori. La tragedia è avvenuta ieri, 24 aprile. I gruppi di soccorso hanno lavorato tutta la notte e nella mattina di lunedì hanno recuperato 39 lavoratori. Non si ha però alcuna comunicazione con i 30 ancora intrappolati. I dipartimenti locali di Pubblica sicurezza e di Prevenzione sul lavoro non hanno rilasciato commenti sull’accaduto. Almeno 8 minatori sono morti, invece, a causa di un incendio all’interno della miniera “Fushun” a Yuzhou, una città nella provincia dell’Henan – est del Paese. L’incendio è divampato poche ore prima dell’alluvione di Jiaohe. Il bilancio delle vittime potrebbe salire, perché 4 lavoratori risultano ancora dispersi.
Miniere di carbone nel nordest cinese: 51 morti – 6 Maggio 2005
Sale a 51 morti il bilancio ufficiale delle vittime in 2 degli ultimi incidenti nelle miniere di carbone più pericolose del mondo: quelle cinesi. Nella miniera “Tengda” a Jiaohe, provincia di Jilin – nord est della Cina – i soccorsi hanno trovato 29 corpi. All’appello manca ancora un minatore. “Non ci fermeremo finché non ritroveremo il disperso” ha dichiarato un responsabile statale della sicurezza sul lavoro. La tragedia, avvenuta il 24 aprile scorso, era stata causata da un’inondazione. Intanto sempre nel nord est del Paese, nella provincia dello Shaanxi, le autorità hanno confermato 22 morti in una miniera di Hancheng. Causa dell’incidente, un’esplosione di gas avvenuta la settimana scorsa.
Cina: esplosione di gas uccide 21 persone – 17 Maggio 2005
Un’esplosione di gas ha ucciso giovedì 12 maggio 21 minatori in una miniera di carbone nella città di Panzhihua, nel Sichuan (provincia a sudovest della Cina).
Cina, esplosione in miniera uccide 65 operai Fukang – 12 Luglio 2005
Un’esplosione dovuta ad un accumulo di gas è avvenuta ieri nella miniera di carbone di Shenlong – 38 chilometri ad est della città di Fukang, nella provincia nord del Xinjiang – ed ha ucciso 65 persone: altre 18 risultano al momento disperse.
Turchia: scoppio in miniera, muoiono in 17 – 2 Giugno 2006
I minatori sono deceduti in seguito ad un’esplosione di grisù avvenuta a Odakoy nella provincia di Balikesir – Tragedia in miniera in Turchia. Diciassette minatori turchi sono morti in seguito all’esplosione di grisù in una miniera di carbone avvenuta nel Nord-Ovest della Turchia . Altri 5 sono dispersi. Lo ha annunciato il ministro turco dell’Energia, Hilmi Guler. Su 57 minatori che si trovavano all’interno della miniera al momento dell’esplosione, 35 sono riusciti a scappare, ha spiegato in tv il ministro aggiungendo: «Purtroppo abbiamo perduto 17 dei nostri minatori». La tragedia è accaduta in una miniera gestita da una compagnia privata a Odakoy, nella provincia di Balikesir.
Messico: morti i 65 minatori intrappolati – 26 Febbraio 2006
La tragedia è avvenuta domenica scorsa in una miniera di carbone a San Juan de Sabinas, nel nord del Paese – Sono tutti morti i 65 minatori rimasti intrappolati domenica scorsa in una miniera di carbone a San Juan de Sabinas, nel nord del Messico, in seguito a un’esplosione. I soccorsi che per tutta la settimana hanno cercato di raggiungerli, non sono riusciti a salvarli. I dirigenti della miniera hanno dovuto comunicare alle famiglie dei minatori che non vi erano più speranze di trovare qualcuno in vita. Venerdì i dirigenti della miniera avevano fatto sapere che per motivi di sicurezza le operazioni di ricerca e soccorso erano state sospese. Il presidente del gruppo proprietario della miniera ha affermato che le conseguenze dell’esplosione «rendono impossibile la sopravvivenza». In particolare non c’è più speranza che vi sia dell’ossigeno all’interno delle gallerie. «Un’alta concentrazione di metano ha provocato una grande esplosione che ha riguardato l’insieme delle installazioni sotterranee. La temperatura ha raggiunto i 600 gradi e ha dato origine a un’onda d’urto che si è estesa a tutta la miniera», ha spiegato. Non è stato recuperato alcun corpo. Per ogni famiglia delle vittime il gruppo proprietario della miniera ha stanziato una somma di circa 60 mila euro più borse di studio per gli orfani. Le famiglie delle vittime hanno in passato denunciate le insufficienti misure di sicurezza della miniera.
Romania: esplosione in miniera, 7 morti – 14 Gennaio 2006
Nel giacimento di carbone di Anina a più di mille metri di profondità si trovavano circa 200 minatori – Almeno sette minatori sono morti e cinque sono rimasti feriti a causa di un’esplosione avvenuta sabato mattina nella miniera di Anina, nel sud-ovest della Romania. Lo ha annunciato la direzione della miniera. Il vice prefetto del dipartimento di Caras-Severin, Petre Seres, ha detto che i cinque feriti sono gravi e due hanno ustioni su oltre il 50% del corpo, un terzo è in coma per aver respirato ossido di carbonio. L’esplosione è avvenuta verso le 5,30 (le 4,30 in Italia). Nella miniera, ha detto ancora il vice prefetto, si trovavano circa 200 minatori, in gran parte usciti indenni dall’incidente. La miniera di carbone di Anina è situata a più di mille metri di profondità ed è una della più profonde d’Europa.
USA: I messaggi dei minatori prima di morire – 06 gennaio 2006
Trovati accanto ai cadaveri per rassicurare i cari che la fine non è stata atroce: «Papà si è solo addormentato». «Papà non ha sofferto, s’è solo addormentato»: è il messaggio che più di uno dei minatori deceduti nella tragedia della miniera di carbone di Sago ha lasciato ai propri cari. Messaggi analoghi, riferiscono familiari delle vittime alla stampa, sono stati trovati accanto ai corpi di più di uno dei 12 minatori deceduti. Peggy Cohen, il cui padre è morto nella miniera, ha detto di avere saputo dei messaggi da un medico legale. Gli uomini, consci che la fine era vicina, si sarebbero preoccupati di rassicurare i loro cari che la loro fine non era stata atroce. I minatori sapevano che l’effetto del monossido di carbonio è di fare piombare le persone in una sorta di torpore e poi in un sonno, da cui non c’è risveglio. La tragedia della miniera di Sago a Tallmansville, in West Virginia, s’è consumata tra lunedì mattina, quando un’esplosione ha scosso pozzi e gallerie, isolando 13 minatori, e mercoledì sera, quando le squadre di soccorso hanno raggiunto gli uomini dispersi, trovandone uno solo ancora vivo.
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Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.ansa.it/web/notizie/videogallery/italia/2011/03/04/visualizza_new.html_1559954262.html
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/e364b0e5236d456f018c95663891525e.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
8 marzo: un mix di autocelebrazione, vittimismo e consumismo un pò per tutti i gusti( se non circolassero tanti quattrini questa festa sarebbe scomparsa da un pezzo).
Autocelebrazione( siamo più brave, più istruite, più capaci…)e vittimismo( ma siamo discriminate, violentate, offese nella nostra dignità, a questo proposito basta mostrare una minigonna in tv, non ci vuol tanto). Tutto attorno il solito coro maschile politicamente corretto, ben espresso dal Presidente della Repubblica.
Spostandosi da un canale televisvo all’altro il solito piagnisteo: registe, giornaliste, professoresse universitarie, figlie di papà… che piangono miseria.
Poi ci sono anche le donne, non tante a dire il vero, che non chiedono privilegi di genere, scorciatoie, agevolazioni, ma diritti per tutti: a queste va il mio apprezzamento. Le altre, procedano pure nel loro cammino, mi auguro con sempre meno uomini attorno.
Alessandro(Quota) (Replica)
Più di una volta in questi giorni ho sentito la frase: l’8 marzo è la festa degli uomini!??? e anche: stasera usciamo è pieno di figa!
Ne è nata una discussione con gli amici, io solo contro 2-3 uomini, altri tacevano, risposte ai miei argomenti:
Quando troverai una che ti innamori cambierai idea.
Con le tue idee ti precludi il piacere delle donne.
Le donne hanno la figa!
Ma ti piace la figà?
Che centra che gli uomini fanno i militari, la guerra, per piacere alle donne, queste sono divagazioni; che te frega, scopa!
Le donne fanno una cosa che solo loro sanno fare: partorire!
Anzi, gli uomini diventano scienziati, geni …perché le donne fanno i figli (fino quì sono pure daccordo, ma poi seguita) : alla fine siamo noi che invidiamo loro.
Mi conoscono sono brave persone e quindi una discussione bonaria, seria ma anche con lo scherzo.
La voce del popolino, dei maschi beta.
Leonardo(Quota) (Replica)
@ Leonardo –
La voce del popolino, dei maschi beta.
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Purtroppo la media maschile è questa.
Devo dire che trovo sempre più sconcertante il disprezzo di sé degli uomini: un disprezzo di sé, del proprio sesso, che nelle donne non esiste.
Marco(Quota) (Replica)
Sono uscito a sentire un po’ di musica, stasera, che mi tiene vivo e au courant con la scena gggiovanile metropolitana. Suonavano vari gruppi, fra cui molte ragazze (è Carnevale e anche l’Otto Marzo! Figataaa!). Bisogna dirlo, se c’è qualcosa che le donne sanno fare bene come gli uomini è 1) scrivere 2) fare musica. Chiusa la parentesi. Siccome c’erano un sacco di ragazze, il presentatore della serata ha pensato bene di ripetere più e più volte “Viva le donne, i maschi fanno schifo”. Ora, al di là della compassione per lui che si faceva schifo da solo, mi domandavo: perché dice questo? Chi gliel’ha chiesto? Chi lo costringe? Mi ricordava un tipo che durante una discussione ripeteva: “E guardi, guardi che parlo contro il mio interesse”. Ma chi te lo fa fare di parlare contro il tuo interesse? Se non hai a cuore tu il tuo interesse, chi lo deve avere? Comunque, riflettendoci mi è parso di capire che quando diceva “i maschi fanno schifo” intendeva “io con un maschio non ci scoperei mai”. Che è legittimo. Dicendo “i maschi fanno schifo” intendeva: “a me piace la fica”. Fossi stato sul palco invece che in quarantaduesima fila, gli avrei risposto: “Ecché, ti credi speciale? Se intendi quello, perché non lo dici? Perché dici una cosa completamente diversa, una cosa che ha un peso per il quale sarai giudicato?”
Questo per dire perdonali, Signore, perché non sanno quello che fanno. Anzi, non ne hanno la benché più pallidissima idea.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Tutto e il contrario di tutto.
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/b19725f7743b975a48e22fdab6bf09d1.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
Si, ma quello che ancora nessuno capisce è che le donne in realtà li disprezzano i maschi che disprezzano se stessi. Se ne servono per i loro comodi e basta .
Silent Hill(Quota) (Replica)
@ Silent Hill
Si, ma quello che ancora nessuno capisce è che le donne in realtà li disprezzano i maschi che disprezzano se stessi.
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“Nessuno” chi, Silent? Ma di chi parli? Credo proprio che in questa sede lo capiscano TUTTI.
Marco(Quota) (Replica)
Marco, credo che quello di Silent Hill sia stato un semplice modo di dire, tutto qui, sono certo che non si riferisse a nessuno di noi in particolare. E’ un modo di esprimersi che uso spesso anche io . “Nessuno lo capisce”, è un’espressione generica per significare appunto che il modo di pensare corrente, della maggioranza degli individui, è quello che più o meno seguono in tanti, senza interrogarsi più di tanto sulle cose e sulle vicende della vita e del mondo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
La cosa è complicata sul disprezzo di se stessi: una donna tende a valorizzare il suo corpo in modo apparentemente esagerato perché crede che l’uomo fisicamente ha più vantaggi, quindi tende a disprezzare e colpevolizzare tutto ciò che è maschile, come tante volte leggiamo e sentiamo in televisione ecc….
Ma come si sentono gli uomini che si autoschifano?
Leonardo(Quota) (Replica)
Marco
“Nessuno” chi, Silent? Ma di chi parli? Credo proprio che in questa sede lo capiscano TUTTI.
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Grazie, questo lo sapevo. Intendo la gente fuori dalle discussioni antifemministe. Quindi confermo quanto detto da Fabrizio.
Silent Hill(Quota) (Replica)
http://27esimaora.corriere.it/
Sandro2(Quota) (Replica)
Domenica guardavo la trasmissione “Presa diretta” su Raitre, trasmissione che non sempre mi ha convinto in quanto ad argomenti proposti, ma che insieme ad Annozero, Report, ai mitici Angela, e poco altro, rappresenta il meglio della televisione italiana. Si parlava dello scandalo di parentopoli a Roma, ma ci sono piccole, grandi parentopoli sparse ovunque in Italia, enti utilizzati esclusivamente a fini clienterali, per piazzare, tramite chiamata diretta, amici, amanti, parenti, ecc.. Mi chiedevo perchè nessuno protesti contro simili scandali, mentre, per contro, tutti o quasi a scandalizzarsi per il nulla, fosse una donna svestita o un uomo che la paga per riceverne i favori sessuali. La risposta è abbastanza semplice: perchè parlando della prima questione e soprattutto operando per il suo superamento si è Rivoluzionari, mentre parlando dei secondi e operando per la soluzione di quei “problemi” si è solo piccoli Conservatori. La Rivoluzione,quella vera, fa ancora paura ai piccoli, grandi baroni sparsi nel territorio; meglio confondere l’opinione pubblica, pompando altre questioni e l’inossidabile ” questione femminile” va sempre bene allo scopo.
Alessandro
Alessandro(Quota) (Replica)
La mano che dondola la culla è la mano che governa il mondo
Carissimo Severgnini,
inesorabile come tutte le scadenze e gli anniversari, arriva l’8 marzo, festa delle donne.Il rituale che non si sbiadisca , le mimose che siano più vivaci e che le donne risultino sempre più gagliarde. La mia mente e il cuore vanno, per onorarne la memoria, a quelle vittime del tragico episodio statunitense. E qui giova ricordare il significato originale di questa celebrazione. Nell’inverno del 1908, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono chiedendo migliori condizioni di lavoro. Lo sciopero durò alcuni giorni, finchè l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte dell’opificio e imprigionò le scioperanti nella fabbrica alla quale venne appiccato il fuoco. Le 129 operaie morirono, arse dalle fiamme. Il mio pensiero in questa ricorrenza va, mai come in questo periodo triste ed elegiaco, alla tragica fine di Sarah Scazzi, alle due gemelline Alessia e Livia Scheep e a Yara Gambirasio. Morte atroci che hanno turbato profondamente l‘animo umano e sconvolto l’universo femminile. La mia intera solidarietà va anche a tutte quelle donne che vengono giornalmente sfruttate, violentate e stuprate nei luoghi più lontani e isolati del pianeta e quindi imploro che venga fatta giustizia sociale e riconoscimento dei loro diritti elementari finora conculcati. Il mio grido di dolore è: basta con il calpestamento della dignità e dell’onore del gentil sesso! Ricordiamoci che la donna è l’architrave della vita dell’uomo, e pertanto va amata e rispettata nella sua poeticità. Basti pensare al gran dono che il Signore le ha fatto: la maternità, evento spettacolare di bellezza divina e amore celestiale. L’uomo, per quanto si creda importante, ha sempre bisogno della presenza muliebre: moralmente e fisiologicamente. Senza la donna tutto diventa più asettico e disarmonioso. No alla perdita della capacità di bene da parte dell’uomo in questa società deviata. Che siano sempre di più gli uomini ad offrire il ramoscello di mimosa alla donna. Il mio augurio verace è che la donna raggiunga vette sempre più alte, tanto da farmi gridare all’antico motto anglosassone, che così recita: “The hand that rocks the cradle is the hand that rules the world” (La mano che dondola la culla è la mano che governa il mondo). Ringrazio vivamente per la cortese ospitalità e porgo molti cari saluti.
Franco Petraglia, petraglia.franco@libero.it
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Sandro2(Quota) (Replica)
Per un pò di operaie morte hanno tirato fuori una festa, per gli uomini non si potrebbe fare: ne muoiono tantissimi di operai e non solo…
Leonardo(Quota) (Replica)
E il “bello” è che quell’episodio NON E’ VERO. Si tratta di un clamoroso falso storico fabbricato per ragioni propagandistiche. Basterebbe documentarsi su Internet.
armando
armando(Quota) (Replica)
@armando
sì, è solo una festa, una galanteria, un elogio….. ci sono donne che la prendono come un qualcosa di offensivo e maschilista e dicono: che c’è la festa degli uomini?
Leonardo(Quota) (Replica)
http://maschileplurale.it/cms/
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.dasud.it/index.php?option=com_content&view=section&layout=blog&id=12&Itemid=70
RICEVIAMO DA DONNE CATANZARESI IN RETE
E’ trascorso più di un secolo dall’assassinio di 129 operaie nella fabbrica tessile di New York, morte d’asfissia, intrappolate in uno spazio che avrebbe dovuto garantire loro la vita. Ogni mattina si recavano in quella fabbrica perché il “lavoro” avrebbe dovuto emanciparle, riscattarle e invece il tempo trascorso fra macchinari e “alienazione” diviene tempo di morte, tempo che opprime, che soffoca persino il desiderio di maternità. Sono negati infatti gli spazi e i tempi per le lavoratrici madri che, insieme a tutte le altre donne, decidono di rivendicare.
E’ proprio allora che la disumanità si esplicita e lo sciopero delle operaie viene stritolato fra le fiamme di un incendio che le tiene tutte intrappolate e poi le uccide.
Quelle donne rivendicavano il diritto di lavorare e di diventare madri, di occuparsi dei propri bambini e di autodeterminare i tempi della maternità, quelle donne vengono uccise perché la società maschilista di allora negava alle donne il potere dell’autodeterminazione.
Fu allora che l’Onu e il mondo si accorsero che le donne facevano i bambini, fu allora che si comprese il senso della lotta di quelle operaie.
Celebrare l’8 Marzo a distanza di 100 anni ha senso eccome, soprattutto qui, soprattutto ora. A Catanzaro, unica città italiana nella quale Assessore provinciale alle Pari Opportunità è un uomo. Ricordiamo a chi legge che l’esigenza della nascita delle commissioni per le pari opportunità è datata 1984 perché sia consentita la reale applicazione dell’articolo 3 della Costituzione Italiana sulla non discriminazione delle donne.
Accade che il Comitato Pari Opportunità dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro promuova per l’8 Marzo un’iniziativa, un concerto presso il Teatro Politeama, i cui proventi saranno destinati ad un Centro inserito a livello nazionale nel “Movimento italiano per la Vita”, organizzazione che contrasta apertamente, e spesso con modalità aggressive e violente, l’applicazione di una legge dello Stato che laicamente garantisce il diritto alla scelta per una maternità libera e responsabile.
L’iniziativa, dicono, è contro ogni forma di violenza sulle donne.
Ma non è forse una forma di violenza, questa? Non è violenza negare alla donna il diritto di decidere del proprio corpo e della propria vita? Non è violenza la volontà di imporre una scelta sui corpi altrui? Chi può decidere, se non la donna stessa se sia in grado o meno di ospitare un altro essere umano dentro di sé, se non la donna stessa, che offre corpo e sangue alla procreazione?
Noi siamo per la vita perché siamo donne e la vita ce la portiamo dentro anche quando non la mettiamo al mondo, siamo palingenesi di carne noi, anche se non diventiamo madri. Non siamo incubatrici ma persone, non siamo proprietà della Chiesa e nemmeno dello Stato, siamo (o meglio vorremmo essere) Libere Cittadine.
Dunque il corpo delle donne è il luogo biopolitico per eccellenza e l’Amministrazione provinciale ci marcia sopra come un caterpillar, mentre la cittadinanza e i movimenti politici (anche quelli di sinistra) sono in stato narcolettico, rispetto al significato simbolico dell’evento promosso.
Desideriamo altresì sottolineare, nel “panorama” tutto locale, che l’ospedale Pugliese di Catanzaro sul numero complessivo del personale, dispone di soli due medici non obiettori (fonte:Emilia Celia, referente regionale Cittadinanza Attiva-Tribunale per i diritti del malato- Catanzaro). Come viene tutelata, anche in questo caso, la salute e la libertà di scelta delle donne? Non viene presa in considerazione, dalla struttura ospedaliera, la necessità di bilanciare il diritto all’obiezione di coscienza con la responsabilità professionale e con il diritto di ogni paziente ad accedere tempestivamente a legittime cure mediche ? Pare proprio di no.
Gentile Presidente Ferro,
disconosciamo con forza l’iniziativa dell’Amministrazione provinciale, che porta avanti il solito vessillo di chi non rispetta le scelte altrui e non è avvezzo a una dialettica democratica, ma impone la propria visione del mondo e dell’esistenza alla generalità delle cittadine e dei cittadini. La legge 194 è ancora in vigore: è una legge dello stato, è una conquista delle donne, ha permesso la caduta verticale del tasso di interruzioni di gravidanza nel nostro paese. La richiamiamo, Presidente Ferro, al rispetto di un ruolo istituzionale che ci auguriamo sia prevalente rispetto al suo orientamento personale, religioso e politico e che dovrebbe, prima di tutto tenere conto del dettato normativo e dei suoi principi ispiratori. Scegliere, sotto le mentite spoglie del “contrasto alla violenza”, di finanziare con i soldi della collettività un evento i cui proventi andranno a favore di chi apertamente nega il diritto al pluralismo delle idee, strumentalizzando il significato vero e profondo dell’8 Marzo, ci sembra assai discutibile sul piano istituzionale (ma non solo) e glielo segnaliamo pubblicamente.
Altre considerazioni avremmo potuto esprimere se, ad esempio, si fosse deciso di devolvere il ricavato dell’iniziativa ad un centro antiviolenza, uno dei tanti che rischia la chiusura e che ad oggi, nonostante la legge regionale 20 del 21 Agosto 2007, non ha ricevuto i finanziamenti a sostegno della propria attività. Questa si, che sarebbe un’iniziativa a favore del contrasto alla violenza sulle donne.
Donne Catanzaresi in Rete
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E’ trascorso più di un secolo dall’assassinio di 129 operaie nella fabbrica tessile di New York, morte d’asfissia, intrappolate in uno spazio che avrebbe dovuto garantire loro la vita.
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Sandro2(Quota) (Replica)
Navigando fra i vari siti critici nei confronti del femminismo coevo ritorna spesso l’idea che quest’ultimo sia un prodotto del Comunismo. Ora, è un dato di fatto che proprio laddove il Comunismo si è affermato ( Paesi dell’Europa Orientale o comunque ex Sovietica, Cina, Cuba) di femminismo non c’era e spesso ancor oggi, a distanza di anni dal crollo di molti di quei regimi, non c’è traccia. Vogliamo dirlo chiaro e tondo che il femminismo si afferma con l’affermazione del Capitalismo ed è a esso funzionale tutt’ora, in quanto strumento in grado di rompere la solidarietà di classe, pur sempre pericolosa per lo status quo? Scriviamolo chiaro e tondo: con il Comunismo, niente discriminazioni positive, niente quote rosa, niente vittimismo su mercificazione/dignità delle donne, niente autocelebrazione di genere, niente leggi favorevoli in materia di divorzio, e potrei continuare. Ancora oggi negli ex Paesi comunisti quest’impalcatura capitalistico-occidentale risulta ancora assente. Certo non ancora per molto, in quanto l’americanizzazione in atto inquinerà anche molti di questi Stati che hanno raggiunto un livello di parità tra i sessi decisamente superiore al nostro. Quindi rendiamo onore, sotto questo aspetto, al Comunismo, se riusciamo a liberarci una volta tanto dai nostri pregiudizi ideologici.
Diverso il discorso relativo alle forze politiche di sinistra così come si configurano in seno all’attuale società capitalistica. Queste hanno consentito al femminismo, e non alla sacrosanta affermazione della parità tra i sessi, di imporsi come una delle proprie voci più autorevoli. E’ stato un grave errore e ci vorranno anni, decenni per liberarsene. Ma mi chiedo: chi oggi, nel panorama politico attuale, ha il coraggio di esporsi contro il politicamente corretto femminista? L’allenza tra uomini alfa e femminismo è oramai sotto gli occhi di tutti. Spetta agli uomini comuni, beta, darsi una svegliata.
Alessandro(Quota) (Replica)
Sottoscrivo completamente il tuo intervento, Alessandro.
Purtroppo, senza voler aprire nessuna polemica perché di tutto abbiamo bisogno tranne che disperdere energie in diatribe inutili e dannose con altri siti e movimenti maschili, una gran parte di quello che definiamo Momas (Movimento maschile), è tuttora arroccato su posizioni anacronistiche, impermeabili a qualsiasi altra ipotesi interpretativa, e soprattutto fondate su analisi completamente errate, e quel che è peggio deformanti, della realtà (come sottolinei tu stesso con l’esempio che hai appena portato). Ci siamo sgolati nel cercare di spiegarlo fino a perdere la voce e le energie ma non c’è stato niente da fare. Come si suol dire “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…”.
Il problema è che le suddette posizioni, ormai sedimentate, di questa parte rilevante e tuttora maggioritaria del Momas, finiscono per essere dannose e controproducenti per la causa maschile perché l’unico effetto che riescono a sortire è quello di rendere poco credibile agli occhi della grande maggioranza degli uomini beta, il movimento maschile, che viene così interpretato come una congregazione di maschilisti (che sia vero o meno non cambia assolutamente nulla ai nostri fini), reazionari, nostalgici del passato (ma poi di quale passato?…) e della supremazia di genere.
Insomma, per dirla molto banalmente ma credo anche efficacemente, fanno il gioco dell’avversario.
Con questo, sia chiaro, non voglio lanciare nessun anatema nei confronti di chicchessia; ciascuno è libero di portare avanti le proprie opinioni come meglio crede, così come altri hanno il pieno diritto di criticarle e prenderne le distanze.
D’altronde Uomini Beta è nato proprio per offrire una prospettiva diversa agli uomini, che non sia il vicolo cieco di cui sopra. E proprio questa straordinaria analisi di Rino (“L’emergere storico della QM”), che non esito a definire una sorta di secondo Manifesto degli Uomini Beta, va in quella direzione.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
infatti questo è un punto fondamentale che mi ha spinto a seguire questo blog ,cioè una visione diversa degli uomini,
nel blog della terragni c’è un post intitolato
“uomini un passo indietro” praticamente portava ad esempio uno dei discorsi del 13 febbraio (naturalmente quello più “duro” nei confronti degli uomini e ,guarda caso ,più apprezzato)
sarebbe da chiedersi quali uomini devono compiere tale passo ,forse gli operai ,i muratori o peggio ancora chi un lavoro non c’è l’ha ancora ?? …..
più leggo di questi blog ,più sono convinto che di sinistra ,non abbiano proprio niente ,gia esaltare il proprio genere fa a pugni con tale pseudo posizione politica
mauro recher(Quota) (Replica)
Premesso che io non sono un vecchio della questione maschile, vorrei proprio sapere quali sono i forums e blog dove la gran parte degli utenti asserisce che “il femminismo è un prodotto del comunismo”. A me capita di leggere altro, ossia che il neofemmismo (non il femminismo delle origini) ha trovato terreno fertile nella sinistra occidentale del dopoguerra (che è cosa ben diversa dal sostenere che il femminismo sia stato partorito dal comunismo dell’ex URSS), ed a mio parere è una tesi più che condivisibile. Per il resto mi piacerebbe capire quale importanza abbia oggigiorno disquisire sull’origine di tale fenomeno, giacché noi viviamo nel XXI secolo, e non ai tempi di Mussolini o di Garibaldi. Ad esempio, su un noto forum dedicato alla QM, c’è chi attribuisce al cristianesimo l’origine del femminismo… Ma anche in questo caso, mi chiedo: ha forse qualche importanza, dato che TUTTO ha avuto origine da eventi precedenti? Del resto anche il femminismo delle origini aveva le sue ragioni; o no? Lo dico senza alcuna polemica gratuita.
Sergio(Quota) (Replica)
Dal punto di vista politico, specie della sinistra, il termine Uguaglianza sottende assenza di discriminazione sessuale, razziale, politica, religiosa e via dicendo. Un ideale questo molto giusto e nobile, e proprio per questo quindi usato spesso in modo sleale per fini disonesti.La propaganda femminista e femminile si è servita e si serve del concetto di Uguaglianza solo ed esclsuivamente per dar credito e legittimazione morale e politica alle sue lotte e alle sue farneticazioni. Schermandosi, o meglio, paraculandosi dietro questo termine così oggettivamente e universalmente accredidato, tale propaganda è riuscita ad imporsi come mentalità dominante. Del resto sappiamo bene come il Femminile attuale usi questo concetto in modo alternato, cioè a seconda di come torna utile. L’ uguaglianza dei generi(il che è una forzatura strumentale del sacrosanto e nobile concetto di parità di dignità e di trattamento tra i sessi) viene proclamata solo laddove si ritiene che le donne non possano competere con gli uomini, di qui lo slogan We Can Do It(Noi possiamo farlo) accompagnato dalla famosa mmagine di una donna con il bicipite contratto del braccio. Ma se in ballo vi sono rischi e responsabilità oppure se bisogna esaltare il genere femminile nei confronti di quello maschile, ecco come il Femminismo diviene improvvisamente paladino della più radicale diversità di genere, alla faccia di quella Uguaglianza di Genere che tanto predicano a chiacchiere. Trattamenti diversificati per genere quali le “discriminazioni positive” (vi ricordate cosa accadeva in Sud africa nell’ Apartheid per bianchi neri?) e proclamazione della superiorità delle donne nei confronti degli uomini.Oggi quasi non c’è più nessuno-uomo o donna che sia-che non proclami la superiorità intellettiva,biologica e morale del genere femminile su quello maschile. Addirittura ci si è spinti anche a proclamare la loro “superiorità genetica”. Concetti questi ben descritti sul “Mein Kampf”, sul “Mito del XX secolo” e altri manuali razziali della prima metà del ‘900 e che pacificamente consideravamo come sterco ideologico sconfitto dalla storia e dall’ umanità, oggi invece- applicati non più alle “razze” ma ai sessi- ce li vediamo riproposti sui principali quotidiani, riviste, canali televisivi nonchè dal parlare comune di tutti i giorni come se fossero cose scontate e ovvie cui bisogna credere e non obiettare pena l’esclusione sociale come “asociali” e “misogini”
Insomma un coacervo di disparità di trattamento tra i sessi e di sfacciate e farneticanti proclamazioni in pieno stile nazista della superiorità “umana, intellettiva, genetica e biologica” del genere femminile su quello maschile ,che viene fatto passare per Lotta per l’ Uguaglianza e per la Parità Tu chiamale astute.
raffaele(Quota) (Replica)
Premesso che io non sono un vecchio della questione maschile, vorrei proprio sapere quali sono i forums e blog dove la gran parte degli utenti asserisce che “il femminismo è un prodotto del comunismo”. >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Direi che in quasi tutti, a eccezione di UB e Antifeminist e pochi altri, capita di leggerlo spesso. Quindi andando per esclusione è facile individuare gli altri, perchè non sono poi tantissimi. >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>A me capita di leggere altro, ossia che il neofemmismo (non il femminismo delle origini) ha trovato terreno fertile nella sinistra occidentale del dopoguerra (che è cosa ben diversa dal sostenere che il femminismo sia stato partorito dal comunismo dell’ex URSS), ed a mio parere è una tesi più che condivisibile.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Concordo con quanto scrivi. >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Per il resto mi piacerebbe capire quale importanza abbia oggigiorno disquisire sull’origine di tale fenomeno, giacché noi viviamo nel XXI secolo, e non ai tempi di Mussolini o di Garibaldi. Ad esempio, su un noto forum dedicato alla QM, c’è chi attribuisce al cristianesimo l’origine del femminismo… Ma anche in questo caso, mi chiedo: ha forse qualche importanza, dato che TUTTO ha avuto origine da eventi precedenti? Del resto anche il femminismo delle origini aveva le sue ragioni; o no? Lo dico senza alcuna polemica gratuita.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Allora in base al tuo ragionamento dovremmo occuparci solo del mero presente, senza indagare sulla bontà delle scelte operate in passato. Invece è proprio dall’attento studio di ciò che è stato che noi possiamo trovare le soluzioni ai problemi del presente. Anche relativamente a questo fenomeno. Inoltre si tratta di dare a cesare quel che è di cesare. I sistemi comunisti avevano trovato la soluzione a questioni, come quella in oggetto, che oggi nella società attuale, dominata dal libero mercato, rimangono insolute, anzi alla mercè di un’estremismo di genere che incomincia a fare tanti danni. Rendiamo, quindi, onore al merito; per me questo è importante. D’altronde non passeranno tanti anni che si riguarderà al Comunismo per cercare alcune soluzioni a problemi attuali. E’ solo questione di tempo.
Alessandro(Quota) (Replica)
Nessuna polemica, Sergio, figuriamoci, anche perché non ce n’è ragione.
Alcune note obbligate onde evitare confusioni o fraintendimenti.
Uomini Beta è idealmente e culturalmente contiguo ad altri tre blog: “Il volo di Dedalo”, “Maschile Individuale” e naturalmente “Altro senso”.
Ciò non significa che fra noi non ci siano peculiarità e sensibilità anche diverse (e infatti è giusto che ciascuno mantenga la propria autonomia), date dal fatto che abbiamo (parlo dei rispettivi fondatori) formazioni e origini in parte differenti.
In linea generale però, abbiamo più o meno lo stesso approccio filosofico-interpretativo alla QM, il medesimo “programma politico” e anche una sostanziale unità di intenti.
Naturalmente fra noi, come nel caso del sottoscritto e di Rino Della Vecchia ,ma anche di altri, a quanto mi risulta (ed è bene che sia così perché l’amicizia è un mattone fondamentale della vita, e in particolar modo di quella degli uomini), si sono anche sviluppati rapporti di profonda amicizia.
Inoltre, come Uomini Beta, pur nella complessiva diversità degli approcci interpretativi, molto spesso anche profonda, dal punto di vista filosofico e culturale, abbiamo un rapporto di confronto leale e costruttivo con i Maschi Selvatici e in particolare con gli amici Cesare e Armando che, come vedi, intervengono abitualmente su questo blog.
Proprio la lealtà, la stima e la correttezza di fondo che ha contraddistinto il nostro rapporto con questi ultimi (la stessa stima, lealtà e correttezza che ha caratterizzato il rapporto con gli amici dei summenzionati blog) e in fondo, per diversi aspetti, anche una comune sensibilità, ci hanno portati a stipulare un patto di unità d’azione. Un patto che non scaturisce da una decisione presa a tavolino, ovviamente, ma che si è creato da sé, nel divenire spontaneo delle cose.
Poi ci sono altri siti e blog che si occupano di QM che hanno approcci interpretativi ideali e culturali profondamente diversi dai nostri e con i quali, a mio parere, non ci sono le condizioni minime per poter stipulare patti di unità d’azione né tanto meno alleanze strategiche.
Naturalmente questo non significa farsi la guerra. Io stesso ho avuto più volte contatti con esponenti di questi movimenti e ho comunicato loro ciò sto dicendo anche a te in questo momento. E cioè che la nostra diversità è troppo profonda e di conseguenza, è molto meglio per tutti che ciascuno porti avanti la battaglia sul terreno che più gli è congeniale e in base alle proprie convinzioni. E poi, come abbiamo detto più volte, chi avrà più filo da tessere lo tesserà…
Nel merito della tua osservazione sul Femminismo e le sue origini.
Anche noi siamo perfettamente consapevoli che il Femminismo ha attecchito nella sinistra liberal e “politically correct da una parte, sessantottina, post sessantottina e radical-chic dall’altra, entrambe occidentali (cioè un pezzo del “sistema dominante”, né più e né meno che le “destre”, nelle loro svariate salse…). Il problema è che per noi questo è solo uno specchietto per le allodole, non certo l’origine e la causa prima della questione che affonda le sue radici “strutturali” altrove, e cioè in quei processi assai complessi che cerchiamo di spiegare, forse maldestramente, ormai da molti anni e che possono essere sintetizzati in alcuni articoli pubblicati sul sito (il Movimento Beta, “L’emergere storico della QM” e altri ancora).
A differenza nostra, invece, molti militanti del Momas (ahimè, tuttora la maggioranza), individuano la “causa prima” proprio in quella “sinistra”, “liberal” o “radical” che sia, che, come hai capito, per noi è solo un aspetto (comunque da non sottovalutare) della vicenda, ma certamente non quello fondamentale, strutturale. Per questi il nemico pubblico numero uno sono le “toghe rosse o rosa”, i partitucoli di ciò che rimane della “sinistra”, le conventicole veterofemministe varie e le redazioni femminil-femministe di diversi organi di stampa della “sinistra” (per non parlare di quando individuano il problema nell’Islam o negli immigrati e le culture di cui sono portatori…). Insomma, per farla breve, il nemico è fondamentalmente la “sinistra” (come vedi ci metto sempre molte virgolette e ti invito a rileggere il mio articolo “Destra e sinistra”). Una volta distrutta questa (comunque figlia del Comunismo, secondo la loro concezione…) e tutte le sue diramazioni politico-giudiziarie, il problema è risolto. Se vogliamo una visione anche un po’”berlusconiana” dell’intera questione, sia dal punto di vista del metodo che dell’orizzonte culturale, assai limitato, a mio parere. Perché così facendo dimostrano, dal mio punto di vista, di non aver compreso nulla di ciò che è accaduto e sta accadendo e della complessità dei processi (di vario genere, su diversi piani e su diversi livelli) in corso, sui quali non mi soffermo in questa sede, rinviandoti alla lettura degli articoli già segnalati.
Naturalmente loro penseranno che siamo noi a non aver capito nulla, e va bene così. Nessun problema. E’ la ragione per la quale, come ripeto, non ci sono le condizioni per un percorso comune.
Fabrizio
P.S abbiamo un proficuo rapporto di collaborazione anche con Antifeminist che, come puoi vedere, pubblica molti articoli su questo sito.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Insomma, per farla breve, il nemico è fondamentalmente la “sinistra” (come vedi ci metto sempre molte virgolette e ti invito a rileggere il mio articolo “Destra e sinistra”). Una volta distrutta questa (comunque figlia del Comunismo, secondo la loro concezione…) e tutte le sue diramazioni politico-giudiziarie, il problema è risolto. Se vogliamo una visione anche un po’”berlusconiana” dell’intera questione, sia dal punto di vista del metodo che dell’orizzonte culturale, assai limitato, a mio parere. Perché così facendo dimostrano, dal mio punto di vista, di non aver compreso nulla di ciò che è accaduto e sta accadendo e della complessità dei processi (di vario genere, su diversi piani e su diversi livelli) in corso”
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Non capiscono o FANNO FINTA di non capire?
Teniamo sempre ben presente che gli uomini non appartengono tutti alla medesima classe sociale, e che, gli uomini da una certa classe sociale in su, QM o non QM, lo status quo lo difendono con le unghie e con i denti, dato che gli offre vantaggi di portata nemmeno paragonabile allo svantaggio dato dall’ esistenza di una QM.
La QM portata avanti da questi qua è una presa per il culo e null’ altro.
La usano, strumentalizzandola, come una bandiera, ma, per portare avanti sul serio una battaglia di questo tipo, la maggior parte di loro dovrebbe sputare nel piatto dove mangia, dato che la QM non è altro che il prezzo pagato dagli UB per il loro benessere e per quello delle donne.
sandro(Quota) (Replica)
Confermo quanto detto da Alessandro. Non si tratta di nessuna polemica ma di una constatazione di un dato di fatto e quindi pacifico. Questa è la tendenza maggioritaria del momas. In verità c’è chi si limita solamente a sostenere l’incompatibilità della sinistra con la QM, ma la maggior parte si spinge ben oltre arrivando a sostenere che il Femminismo è una invenzione di Engels, Lenin e via dicendo.
Quanto alla storiella trita e ritrita del Femminismo “buono”, cioè quello cosiddetto “delle origini”, ovviamente è una falsità. Il femminismo malvagio e brutale era, e malvagio e brutale è oggi. Si veda qui:
http://antifeminist.altervista.org/risorse/mito_femminismo_buono.htm
Il Femminismo come ideologia non è nato nel ’68 ma nei paesi anglosassoni ben oltre un secolo prima delle proteste del 1968 e per di più-e questa è la cosa importante- ponendosi in posizione contigua alle culture reazionarie e razziste, quindi ben lontano dalle sinistre . Semmai del 1968 in poi i movimenti di sinistra hanno cercato di accogliere nel proprio seno le istanze femministe conferendo ad esse una parvenza di “progressismo”. Tuttavia già a partire dai primissimi anni successivi al ’68 il femminismo italiano ed europeo, già di per sè brutale, incominciò man mano a convergere, fino a convergere del tutto, a quello anglosassone il quale come abbiamo visto è proprio il femminismo delle origini,cioè quello vero, ben lontano dalla sinistra e funzionale proprio a quelle logiche carceriste e repressive proprie delle istanze poliziesche e Leghiste.
Il risultato, ecco qui:
https://www.uominibeta.org/2011/03/12/femminismo-sinistra-vera-e-sinistra-ogm/
http://ilvolodidedalo.blogspot.com/2010/12/le-farneticazioni-del-femmicarcerismo.html
raffaele(Quota) (Replica)
D’accordo, prendo atto di quanto asserite e cioè che molti sosterrebbero che il femminismo è un’invenzione del Comunismo, anche se io, in verità, non l’ho letto da nessuna parte ed è proprio per questo che mi sarebbe piaciuto sapere chi sono gli uomini che l’hanno scritto.
Un’altra cosa che non ho compreso bene è: ma il momas (cioè il movimento maschile) è solo un’entità virtuale oppure è anche reale? Ossia, ha una sua base ben precisa o esiste soltanto sul web? Lo chiedo perché a me sembra che nei fatti non esista. Ma forse mi sbaglio.
Sergio(Quota) (Replica)
Naturalmente, Sergio, il tuo è un quesito che richiede più risposte da parte dei vari esponenti dei differenti movimenti maschili (siti, blog, associazioni) e non può certo essere il sottoscritto a parlare a nome degli altri.
Quindi questa che leggi è solo e soltanto la mia opinione né pretende di essere altro.
In linea di massima, per quella che .è la mia concezione di “movimento”, il “Momas (Movimento Maschile) è tuttora ciò che io definisco un movimento prevalentemente di “opinione”, composto da vari siti, blog, e anche qualche associazione, che fino ad ora non è stata in grado di sviluppare una azione significativa a livello sociale e pubblico. Con la sola eccezione, molto importante, del Movimento dei Padri Separati, composto da diverse associazioni, di cui la più significativa (ma non voglio togliere nulla a nessuno, sia chiaro) mi sembra essere la GESEF, presieduta e guidata da Vincenzo Spavone.
Quello dei Padri separati è l’unico, al momento, e sempre dal mio punto di vista, definibile come un “movimento”. Composto da uomini in carne ed ossa, auto organizzatisi per difendere i loro diritti calpestati come padri, è stato capace, grazie ad un lavoro tenace e paziente, di ottenere dei risultati, certamente parziali ma significativi, anche dal punto di vista legislativo, il che non è affatto poco. Non solo, è stato l’unico, per le sue caratteristiche e per i temi che affronta, in grado di organizzare pubbliche manifestazioni di piazza e di conquistarsi anche una visibilità a livello mediatico.
La mia personale opinione, che tutti conoscono, è che questo movimento, che ha grandi meriti e che appoggio al 100%, ha il limite (e forse non potrebbe essere altrimenti) di essere, diciamo così, corporativo, e, per questa sua caratteristica, di non riuscire a porre la Questione Maschile in tutta la sua complessità e complessività, che va ben oltre la questione in sè, sia pur fondamentale e drammatica, dei padri separati.
Non è una critica o un giudizio nei confronti nessuno, sia chiaro. Ma solo una constatazione partendo da quello che è il mio punto di vista sulle cose.
Nondimeno, il Movimento dei Padri Separati, al momento è l’unico “movimento reale fatto di uomini in carne ed ossa capace di intervenire concretamente e praticamente nella e sulla realtà, che in ultima analisi è quello che conta di più, sempre dal mio punto di vista.
Ciò detto, sarebbe però un errore interpretare queste mie parole come una diminutio di tutte le altre istanze che orbitano nel Momas. Anche scrivere libri, promuovere dibattito, discussione, aprire siti, blog, muovere le coscienze, cercare di sensibilizzare gli uomini, intervenire in pubbliche riunioni, beccandosi la solite dose di insulti e pernacchie (e spesso anche reazioni aggressivi e violente…) significa “fare” movimento, agire concretamente nella realtà. Insomma, ciò che usiamo definire come “prassi”,
Anzi, sono convinto che senza questa attività “teorica” alle spalle, anche il movimento “pratico” avrebbe, alla lunga, gambe corte. Non credo sia necessario sottolineare (tutti conoscono la mia concezione) che relazione ci sia e debba esserci fra teoria e prassi…Da questo punto di vista e per quelle che sono le sue peculiari caratteristiche, Uomini Beta, lavora per superare del tutto questa che viene spesso vissuta e interpretata come una contraddizione insanabile…
Resta il fatto, e questo è tuttora il suo grande limite, che il Momas, come dicevo prima (con la sola eccezione del movimento dei padri separati), non è riuscito ancora ad uscire da una dimensione, diciamo così, un po’ “carbonara”, se mi passi il termine. Insomma, non ha ancora “bucato”, come usiamo dire sempre, dal punto di vista della visibilità e della sua capacità di promuovere e organizzare un “rapporto di massa” con la grande maggioranza degli uomini.
D’altronde, le difficoltà in tal senso, come sappiamo, sono a dir poco enormi . Ci riflettiamo e ne discutiamo spesso e al momento non abbiamo trovato soluzioni . Ma questo è un altro discorso che richiederebbe ben altro spazio e tempo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
(raffaele)
Il Femminismo come ideologia non è nato nel ’68 ma nei paesi anglosassoni ben oltre un secolo prima delle proteste del 1968
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Ma certo, chi ha mai sostenuto il contrario? Io stesso mi sono riferito al NEOfemminismo.
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(raffaele)
Quanto alla storiella trita e ritrita del Femminismo “buono”, cioè quello cosiddetto “delle origini”, ovviamente è una falsità.
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Ho letto gli articoli da te segnalati, ma mi scuserai se non prendo per oro colato tutto ciò che vi è scritto, perché sono del parere che NESSUNO possa essere depositario di Verità Assolute. A mio parere, e nonostante certe inaccettabili estremizzazioni, il femminismo delle origini aveva ANCHE le sue buone ragioni. Sostenere indirettamente che gli uomini non hanno mai sbagliato nulla, equivale a mettersi sullo stesso piano di queste donne femministe, secondo le quali gli uomini sono il Male e le donne il Bene. Mentre io non credo né all’una né all’altra tesi.
Sergio(Quota) (Replica)
Ho letto gli articoli da te segnalati, ma mi scuserai se non prendo per oro colato tutto ciò che vi è scritto, perché sono del parere che NESSUNO possa essere depositario di Verità
Ma qui non si tratta di voler pretendere di essere depositari della Verità. Qui si tratta di dati di fatto e non di opinioni. Sull’articolo di Antifeminist, ma non solo quello, è descritto il pensiero femminista anglosassone dell’ 800 e della prima metà del ’900, cioè proprio quello delle “origini”, efferato, razzista e contiguo alle culture razziste e reazionarie dell’epoca. Sono citate a tal proposito i pensieri e gli scritti delle femministe dell’epoca. Contariamente a quanto affermate voi, il ’68 ammorbidì le efferatezze femministe cercando di coniugarle con le tematiche proprie della sinistra: umanesimo, pacifismo, ambientalismo, opearismo, dirittumanismo. Solo che essendo queste ultime inconciliabili con il Femminismio, la sinistra è finita per depistare. La sinistra è mutata, non il femminismo o meglio il femminismo è mutato in senso regressivo convergendo a quello anglosassone, cioè quello delle origini..
“il femminismo delle origini aveva ANCHE le sue buone ragioni.”
E’ falso. Non esiste il femminismo “onesto”(cioè quello di prima) e quello disonesto di oggi. Il femminismo è stato sempre disonesto e sessista.
Sostenere indirettamente che gli uomini non hanno mai sbagliato nulla
Io non ho mai sostenuto una cosa del genere. Solo che bisogna precisare cosa si intende per “sbagli” e a quali di essi.
raffaele(Quota) (Replica)
“A mio parere, e nonostante certe inaccettabili estremizzazioni, il femminismo delle origini aveva ANCHE le sue buone ragioni. Sostenere indirettamente che gli uomini non hanno mai sbagliato nulla, equivale a mettersi sullo stesso piano di queste donne femministe, secondo le quali gli uomini sono il Male e le donne il Bene. Mentre io non credo né all’una né all’altra tesi”. (Sergio)
Sono d’accordo, e credo che qui lo siano un po’ tutti. Non siamo dei manichei integralisti smaniosi di tribunali speciali o di comitati di salute pubblica, e uno dei nostri obiettivi è proprio quello di smascherare l’interpretazione super ideologica e super ideologizzata della relazione fra i generi, portata avanti dal Femminismo, ormai di fatto l’ ideologia ufficiale dell’attuale sistema sociale e di genere dominante.
Non pensiamo certo che il “Bene” sia tutto da una parte e il “Male” tutto dall’altra. Questa è appunto una forzatura ideologica che serve,come cerchiamo di spiegare, a camuffare per fini strumentali la complessità dei processi sociali, culturali e di genere occorsi (e tuttora in corso) e più in generale della relazione fra i sessi, con tutti i suoi numerosi e diversi risvolti.
Non a caso ci chiamiamo Uomini Beta, altrimenti avremmo potuto definirci semplicemente Uomini. Ma così facendo avremmo posto l’intero genere maschile in un unico indistinto calderone, deresponsabilizzandolo e celebrandolo, e quindi ponendo in essere di fatto e a parti invertite, come affermi tu stesso giustamente, la stessa operazione portata avanti, peraltro con successo, dal Femminismo.
Naturalmente, le differenze(e i livelli di responsabilità) tra gli uomini (così come fra le donne) non sono solo di natura sociale o di appartenenza di “classe”. Né tanto meno il fatto di appartenere a questo o a quel gruppo sociale significa di per sé che un uomo o una donna siano “buoni” o “cattivi” (entrano in ballo, specialmente quando si tratta di QM, tanti altri fattori di varia natura, comunque tutti interdipendenti fra loro, e con quello sociale). Significa però offrire una chiave di lettura interpretativa della realtà che non può prescindere dalla collocazione sociale che va inevitabilmente a condizionare anche tutti gli altri aspetti dell’essere uomini e/o donne nel mondo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Momas, dx e sx. Per chiarire, naturalmente secondo me. Il fatto che UB si dichiari esplicitamente di sinistra, e che sia l’unico movimento maschile a farlo fin dalla sua dichiarazione d’intenti, non credo autorizzi a classificare automaticamente gli altri movimenti come di dx. Al solito esistono sfumature, posizioni intermedie non esattamente definibili sul piano politico. Faccio un esempio per capirsi. Ms, di cui faccio parte, ha preso esplicita posizione a favore di alcune leggi fatte da Berlusconi come quella sulla fecondazione assistita, così come si schierò con la Lista Ferrara nel 2008 perchè si era formata su un tema che è anche nostro. Basta questo per dire che MS è di destra? Sul piano politico non credo proprio. E anche se è non di sx nella misura in cui la sx si è sempre sistematicamente schierata su posizioni contrarie alle nostre su questi e altri argomenti (affido condiviso, diritti dei padri, quote varie etc. etc.), purtuttavia non ci siamo mai interessati di come i nostri singoli aderenti votano, e assicuro che c’è chi vota PD, chi B, chi Casini e chi non vota. Altro argomento, e questo si che dovrebbe essere oggetto di discussione, è se essere, per esempio, contro l’aborto e la fecondazione assistita eterologa o per donne single, oppure pensare che, per quanto distantissimi da tutti i maschi “pentiti” o femministi per convizione o convenienza, purtuttavia anch’essi fanno parte del campo maschile, significa essere culturalmente di destra. Chiaramente quì il piano della discussione sarebbe diverso, e con implicazioni che vanno oltre la politica comunemente intesa. Piano di discussione che implica anche il tema, secondo me molto interessante e da approfondire senza pregiudizi, del rapporto fra femminismo, comunismo, capitalismo, in senso pratico certamente, ma anche e sopratutto in senso culturale e, diciamo, filosofico.
armando
armando(Quota) (Replica)
“Il fatto che UB si dichiari esplicitamente di sinistra, e che sia l’unico movimento maschile a farlo fin dalla sua dichiarazione d’intenti, non credo autorizzi a classificare automaticamente gli altri movimenti come di dx”. (Armando)
Non l’ho mai fatto e di certo non in maniera indiscriminata. Ti riporto di seguito quanto ho scritto nel merito un paio di giorni fa che forse ti è sfuggito:
“Uomini Beta è idealmente e culturalmente contiguo ad altri tre blog: “Il volo di Dedalo”, “Maschile Individuale” e naturalmente “Altro senso”.
Ciò non significa che fra noi non ci siano peculiarità e sensibilità anche diverse (e infatti è giusto che ciascuno mantenga la propria autonomia), date dal fatto che abbiamo (parlo dei rispettivi fondatori) formazioni e origini in parte differenti.
In linea generale però, abbiamo più o meno lo stesso approccio filosofico-interpretativo alla QM, il medesimo “programma politico” e anche una sostanziale unità di intenti.
Naturalmente fra noi, come nel caso del sottoscritto e di Rino Della Vecchia ,ma anche di altri, a quanto mi risulta (ed è bene che sia così perché l’amicizia è un mattone fondamentale della vita, e in particolar modo di quella degli uomini), si sono anche sviluppati rapporti di profonda amicizia.
Inoltre, come Uomini Beta, pur nella complessiva diversità degli approcci interpretativi, molto spesso anche profonda, dal punto di vista filosofico e culturale, abbiamo un rapporto di confronto leale e costruttivo con i Maschi Selvatici e in particolare con gli amici Cesare e Armando che, come vedi, intervengono abitualmente su questo blog.
Proprio la lealtà, la stima e la correttezza di fondo che ha contraddistinto il nostro rapporto con questi ultimi (la stessa stima, lealtà e correttezza che ha caratterizzato il rapporto con gli amici dei summenzionati blog) e in fondo, per diversi aspetti, anche una comune sensibilità, ci hanno portati a stipulare un patto di unità d’azione. Un patto che non scaturisce da una decisione presa a tavolino, ovviamente, ma che si è creato da sé, nel divenire spontaneo delle cose.
Poi ci sono altri siti e blog che si occupano di QM che hanno approcci interpretativi ideali e culturali profondamente diversi dai nostri e con i quali, a mio parere, non ci sono le condizioni minime per poter stipulare patti di unità d’azione né tanto meno alleanze strategiche.
Naturalmente questo non significa farsi la guerra. Io stesso ho avuto più volte contatti con esponenti di questi movimenti e ho comunicato loro ciò sto dicendo anche a te in questo momento. E cioè che la nostra diversità è troppo profonda e di conseguenza, è molto meglio per tutti che ciascuno porti avanti la battaglia sul terreno che più gli è congeniale e in base alle proprie convinzioni. E poi, come abbiamo detto più volte, chi avrà più filo da tessere lo tesserà…”. (Fabrizio)
Come puoi constatare tu stesso, Armando, non ho mai etichettato MS come un movimento di “destra”, né tanto meno, se pensassi questo, potrei stipularci un patto di unità d’azione. Anche per i patti di unità d’azione, spesso, come sai bene, sono comunque necessari dei punti di contatto che vanno al di là della semplice convenienza o utilità dal punto di vista meramente tattico. Esempi, come al solito, se ne possono fare mille, ma è sufficiente citare quello che consentì alle forze antifasciste italiane di riunirsi nel CLN per combattere il nazifascismo. Come ben sappiamo proprio da quel Patto scaturì la Costituzione Repubblicana, sintesi delle differenti posizioni che quella coalizione così eterogenea aveva al suo interno. Ma quelle forze fra loro così diverse (comunisti, socialisti, socialdemocratici, azionisti, cattolici, democratici cristiani, repubblicani, liberali) riuscirono a stare insieme proprio perché condividevano alcuni importanti valori (che si sono concretati nella Costituzione)
La mia opinione è che una gran parte, tuttora la maggioranza, anche se lentamente la tendenza si sta riequilibrando (oggi ci sono diversi siti e blog dichiaratamente di sinistra che fino a poco tempo fa non esistevano), degli uomini orbitanti nel movimento maschile, siano attestati su posizioni, culturalmente e politicamente parlando, dichiaratamente di destra. E di una tipologia di “destra” con la quale è impossibile, a mio parere, individuare degli elementi per poter portare avanti una battaglia comune.
E secondo me, se vuoi la mia opinione (anche se non sono certo io che devo decidere la linea politica e le “relazioni esterne” dei MS), questo non vale e non dovrebbe valere solo per Uomini Beta, Il Volo di Dedalo, Maschile Individuale o Altro Senso, ma anche per gli stessi Maschi Selvatici.
Ma, come ripeto, questo non è certo affar mio e ciascuno è liberissimo di operare nel modo che ritiene migliore…
Fabrizio
P.S. ripeto e sottolineo, con grandissima soddisfazione, che UB non è più il solo punto di riferimento di sinistra, in ambito Momas, come dici tu all’inizio del tuo post. Spero anzi che si moltiplichino i siti,i blog e le associazioni maschili orientate a sinistra e che presto (quando ce ne saranno le condizioni) si possa anche ipotizzare la costruzione di una sorta di federazione unitaria, ciascuno mantenendo la propria autonomia.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio, io parlavo in generale, senza specifici riferimenti a te. Altrimenti non sarei quì a scrivere.
armando
armando(Quota) (Replica)
Infatti, Armando, ne ero certo, però, come sai, quando si toccano determinati argomenti, è sempre bene puntualizzare, onde evitare possibili fraintendimenti da parte di chicchessia o possibili strumentalizzazioni.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Naturalmente, le differenze(e i livelli di responsabilità) tra gli uomini (così come fra le donne) non sono solo di natura sociale o di appartenenza di “classe”. Né tanto meno il fatto di appartenere a questo o a quel gruppo sociale significa di per sé che un uomo o una donna siano “buoni” o “cattivi” ”
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Un momento.
Che tra coloro che stanno ai livelli bassi della scala sociale non siano tutte rose e fiori mi ci può stare: in effetti è così.
Ma non accetto, in quanto sostanzialmente priva di riscontro, la tesi che pure ai “piani alti” della società sia la stessa cosa.
Forse decenni fa poteva essere vero, ma oggi, a me sembra plateale il fatto che, da un certo gradino della scala sociale in su, si trovi solo merda che parla e che cammina.
Basta chiedersi: che cosa ha fatto sta gente da 30 anni a questa parte che non avesse come obiettivo quello di peggiorare la qualità della vita altrui per migliorare la propria?
Trovatemi solo UNA cosa.
sandro(Quota) (Replica)
Sandro,non era certo mia intenzione mettere in discussione il nostro approccio analitico alla QM e alla realtà nel suo complesso,ma solo dire che non è certo la sola appartenenza di classe a fare l’uomo. Casomai il concetto di responsabilità e il rapporto che si stabilisce con questa, anche in relazione alla propria appartenenza sociale.
Possiamo incontrare uomini degni di essere definiti tali, indipendentemente dalla loro origine sociale. Questo non significa negare la natura di classe (e di genere) del sistema dominante e la necessità del suo superamento, sia chiaro. Ritengo però riduttivo, limitativo e anche fuorviante pensare che un individuo abbia o non abbia un valore solo in considerazione della sua appartenenza sociale. Oppure ancora che il solo fatto di appartenere ad un determinato ceto sociale (dal nostro punto di vista quello popolare) sia di per sé una garanzia o una patente di onestà e virtù.
L’essere umano è una realtà complessa, come sappiamo. E la sola appartenenza di classe non può di certo costituire un elemento sufficiente per considerare il valore di un singolo individuo, che si compone di tanti aspetti, fortunatamente. Diverso è se, dall’aspetto individuale, passiamo ad analizzare i fenomeni nella loro complessività. Allora l’elemento dell’appartenenza di classe (e il concetto di responsabilità a cui sia te che io facciamo riferimento) assume necessariamente un diverso significato. Su questo non c’è alcun dubbio.
Cito un esempio che credo possa aiutarci a comprendere la questione. L’assemblea costituente che scaturì dalla Rivoluzione Francese, per anni, subito dopo la Rivoluzione, si interrogò sulla necessità o meno di giustiziare il deposto re Luigi XVI. Naturalmente i moderati erano contrari mentre i radicali (che prevalsero) erano favorevoli alla sua esecuzione.
Robespierre, che naturalmente era fra questi ultimi, pronunciò un memorabile e bellissimo discorso (indipendentemente dal giudizio di ciascuno sul personaggio) che merita di essere letto nel quale sostanzialmente sosteneva che una Rivoluzione Epocale come quella francese non poteva lasciare in vita il simbolo stesso dell’assolutismo, dell’oppressione e del privilegio di casta . Il re DOVEVA essere giustiziato e non certo per un problema di natura personale, ma per ciò che egli rappresentava. Lo stesso concetto vale per tutti gli altri episodi di questo genere. Pensiamo forse che Cromwell o Lenin avessero problemi di natura personale rispettivamente con Carlo I e con lo zar Nicola? Forse qualcuno del CLN che decise la condanna a morte di Mussolini poteva averne , ma non c’è dubbio che anche quella decisione fu di natura esclusivamente politica, non certo personale.
Capovolgiamo la questione e avremo lo stesso risultato(ma in termini positivi).
La grandissima maggioranza dei leader rivoluzionari di tutto il mondo (non solo politici ma anche filosofi e letterati) non proveniva certo dalle classi subalterne; al contrario questi erano quasi sempre di estrazione borghese se non addirittura aristocratica. Tu mi risponderai (e io sono d’accordo con te) che questo è normale perché è ovvio e scontato che le classi subalterne non hanno certo le stesse possibilità di accesso alla conoscenza che hanno le classi dominanti. Verissimo.
Tuttavia, e proprio questo esempio lo dimostra , negli esseri umani esiste (fortunatamente) un margine di irriducibilità, indipendentemente dalla loro collocazione sociale. Ne potremmo fare tanti altri, ovviamente, ma credo che ci siamo capiti sul concetto. Sia la sociologia che la psicologia spiegano, con differenti approcci, come anche nei contesti socio-culturali più pervasivi e totalizzanti, esista questa “irriducibilità”da parte di alcuni gruppi e soprattutto individui. E proprio la stessa nostra esistenza e del movimento maschile dimostra questo. Pensaci. Non possiamo neanche escludere a priori l’ipotesi che nel futuro qualche cosiddetto “maschio alpha dominante”, scelga di aderire al nostro movimento, invece di pensare a godersi i piaceri che la sua condizione gli garantisce. Non sarebbe certo la prima volta che accade nella Storia…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@ Fabrizio
Ritengo però riduttivo, limitativo e anche fuorviante pensare che un individuo abbia o non abbia un valore solo in considerazione della sua appartenenza sociale. Oppure ancora che il solo fatto di appartenere ad un determinato ceto sociale (dal nostro punto di vista quello popolare) sia di per sé una garanzia o una patente di onestà e virtù.
L’essere umano è una realtà complessa, come sappiamo. E la sola appartenenza di classe non può di certo costituire un elemento sufficiente per considerare il valore di un singolo individuo, che si compone di tanti aspetti, fortunatamente.
@@@@@@
Concordo al cento per cento.
Marco(Quota) (Replica)
“Ritengo però riduttivo, limitativo e anche fuorviante pensare che un individuo abbia o non abbia un valore solo in considerazione della sua appartenenza sociale. Oppure ancora che il solo fatto di appartenere ad un determinato ceto sociale (dal nostro punto di vista quello popolare) sia di per sé una garanzia o una patente di onestà e virtù”
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Infatti io ho scritto:
“Che tra coloro che stanno ai livelli bassi della scala sociale non siano tutte rose e fiori mi ci può stare: in effetti è così.
Ma non accetto, in quanto sostanzialmente priva di riscontro, la tesi che pure ai “piani alti” della società sia la stessa cosa”
Ovvero, ai gradini inferiori della scala sociale c’è del buono e del marcio, a quelli alti il buono è sparito da un bel pezzo ed è rimasta solo la merda.
Dimostratemi il contrario.
sandro(Quota) (Replica)
Ci risiamo…
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http://27esimaora.corriere.it/articolo/denaro-da-investire-meglio-una-onna/#more-702
Denaro da investire? Meglio una donna
di Giuditta Marvelli
Le differenze tra uomini e donne cominciano in busta paga, ha scritto Benedetta Argentieri su questo blog qualche giorno fa. Vero. E continuano nel portafoglio. Ma, in questo caso, c’è da augurarsi che alla parità si arrivi con una spinta uguale e contraria. Con una maggior diffusione dello stile femminile nella gestione del denaro. Se ci sono dei soldi, tanti o pochi, le donne sono più attente, meno propense a buttarsi in avventure pericolose, molto esigenti e molto fedeli. La finanza è un pianeta maschile, ma da qualche anno i numeri rosa destano più di un blando interesse.
“Le donne vogliono di più”, una ricerca curata da Bcg-Boston Consulting Group, sottolinea che le signore lamentano poca attenzione da parte dei pianificatori finanziari rispetto alle circostanze che possono cambiare radicalmente la vita di una donna: il divorzio, l’arrivo di un bambino, la vedovanza.
Le donne sembrano molto più disposte a ragionare in termini di lungo periodo, di presa di coscienza del rischio, a cui non si abbandonano mai senza riserve.
Gli ultimi dati dell’Associazione italiana private banking rivelano che nel portafoglio delle imprenditrici ci sono tanti investimenti in Borsa (10%) quanti se ne trovano in quelli degli uomini. In compenso nei grandi patrimoni a guida femminile (in Italia sono il 37% del totale, secondo Prometeia), c’è una quota altrettanto pesante di polizze (9,2%), cioè di sicurezza, mentre in quelli maschili i prodotti assicurativi arrivano poco sopra il 4%. Anna Maria Tarantola, che siede nel Direttorio della Banca d’Italia, si è spinta a dire che le donne sono più pragmatiche e meno avide. E che, se studi e statistiche continueranno a confermare che la finanza al femminile è più prudente, la necessità di donne al vertice di banche & c. diventerà ancora più evidente di quanto non sia già.
Ma anche là dove la partita non si gioca in termini di potere e di ricchezza il femminile possiede, pare, una marcia in più di fronte al denaro. In molti Paesi Emergenti le donne sono ancora i più poveri tra i poveri e sono il target dell’84% dei finanziamenti erogati dalle diverse iniziative di micro credito sviluppate negli ultimi decenni. Le esperienze più interessanti, a cominciare dalla Grameen bank del Nobel per la Pace Muhammad Yunus (oggi in guerra aperta col governo del Bangladesh che lo accusa di ), hanno dimostrato che non basta dare denaro a chi non ne ha: bisogna aiutarlo a capire come usarlo. E da questo punto di vista le donne si sono rivelate decisamente più affidabili degli uomini.
Forse c’è, davvero, nelle donne una prudenza coraggiosa, che affiora in egual misura ai due antipodi che le statistiche cercano solo da poco di descrivere: le scelte di portafoglio delle donne ricche d’Occidente e la saggezza delle contadine africane o indiane, che riescono a migliorare il destino della loro famiglia con un piccolo finanziamento gestito bene.
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Tanto per evidenziare una volta di più come certe tesi sulla “superiorità intellettiva” femminile, siano trite e ritrite, riporto un articolo pubblicato sull’estinto mensile ultra-femminista CENTO COSE energy, nell’ormai lontano dicembre del 1994.
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I TEST DI INTELLIGENZA HANNO DIMOSTRATO LA SUPERIORITA’ FEMMINILE
Sondaggio della rete televisiva inglese BBC
Caro maschio, sei finito, è iniziata l’era della supremazia delle donne, ha sentenziato qualche settimana fa la serissima rete televisiva inglese Bbc, dopo un accurato monitoraggio sulla popolazione anglosassone. Le donne sarebbero di gran lunga più intelligenti e creative degli uomini. Le prove sono evidenti: in questo momento tra i migliori studenti di ogni facoltà universitaria due terzi sono femmine. Secondo il professor Richard Kimball è solo il primo segnale, le donne sono naturalmente più dotate e presto prenderanno il posto degli uomini, in ogni caso. Già adesso il numero delle studentesse supera quello dei maschi e anche i test d’intelligenza dimostrano che il loro cervello funziona bene, è più integrato. Gli ultimi studi scientifici attribuiscono alle donne anche una visione più globale della realtà. Che vuol dire prima di tutto una maggiore elasticità: la capacità di superare meglio lo stress, di mediare bene tra razionalità e emozioni. Tutte cose che portano inevitabilmente a un migliore adattamento ai cambiamenti. Non è affatto vero che le donne siano imprevedibili. Anzi hanno un maggior controllo di sé che aiuta nella competizione; i maschi, più calcolatori e freddi oppure troppo aggressivi, perdono invece terreno.
Ed ecco perché in Inghilterra, nella City, metà delle grandi banche ha scelto donne dirigenti. La ricerca è perentoria:”Immersi nei loro cliché i maschi si
sono lasciati andare, mentre le donne hanno risalito la china e ormai si trovano ad aspirare a importanti funzioni manageriali”.
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Articoli di questo genere erano la norma su tale mensile, così come su tutti i settimanali e mensili femministi dell’epoca. Non parliamo poi dei soliti riferimenti ai “maschi” e alle “donne”. Insomma, niente di nuovo sotto il Sole.
Sandro 2(Quota) (Replica)
Parole mie, risalenti ad una decina di anni fa.
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Fin da quando ero un ragazzino mi sentivo raccontare:”Le femmine sono più intelligenti, più intuitive, più creative, più empatiche, psicologicamente più forti dei maschi”. Insomma, superiori.
Ok. A quel punto però mi sorgevano spontanee alcune domande: se le femmine sono così superiori, come è possibile che siano state oppresse per millenni? Come può essere sottomesso chi è superiore? Per quale ragione i geni sono stati e sono quasi esclusivamente maschi? Perché l’Arte, la Scienza, la Tecnica, la Letteratura, la Religione, etc., hanno avuto dei Padri anziché delle Madri?
Risposta ufficiale: perché alle femmine è stato impedito di esprimersi dagli uomini che, “temendole”, le hanno sottomesse in virtù della loro superiore forza fisica (beh, perlomeno in qualcosa siamo superiori…).
Perfetto. Consequenzialmente, però, mi sorgeva spontanea un’altra domanda: se la discriminante fu solo ed esclusivamente la forza fisica, per quale motivo i nostri antenati appartenenti alla specie Sapiens, non furono sottomessi dai possenti uomini di Neanderthal (poi estinti), con i quali – a un certo punto della Storia – entrarono in contatto?
Perché la forza bruta non ebbe la meglio sull’intelligenza?
Mia risposta: perché il cervello è sempre più forte dei muscoli.
Ora, stando a quello che mi risulta, la nostra specie non ha avuto – negli ultimi trentacinquemila anni – ulteriori evoluzioni a livello cerebrale; questo significa che già allora le femmine erano “mentalmente superiori” ai maschi…
E allora per quale ragione non sono state loro a dominare il mondo?
Perché a fare la Storia – nel Bene e nel Male – è stato l’Uomo e non la Donna?
Altra mia risposta: perché la donna NON è superiore all’uomo.
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In merito mi sono state rivolte in più occasioni le seguenti obiezioni:
1- Le donne dovevano partorire (ma va?).
2- I rapporti fra uomini e donne non sono paragonabili a quelli esistenti fra due specie diverse (ma no?).
(…)
Sandro 2(Quota) (Replica)
http://lestanzedieva.blogspot.com/2011/03/se-le-donne-guadagnano-meno-anche-gli.html#more
Se le donne guadagnano meno anche gli uomini vengono di fatto discriminati
Il grafico qui a destra riporta i “differenziali salariali imputati” vale a dire la differenza percentuale tra i salari degli uomini e quelli delle donne quando si tiene conto del problema della selezione della forza lavoro, particolarmente forte in paesi come l’Italia, in cui il 46% circa delle donne in età lavorativa ha un’occupazione a fronte di tassi occupazionali maschili intorno al 75%.
In Italia lavorano prevalentemente le donne più istruite. Questo può far apparire le disuguaglianze salariali di genere più piccole di quanto siano in realtà perché le donne con salario potenziale più basso non lavorano. Il differenziale salariale imputato rappresenta quindi una migliore misura del divario salariale.
Il divario salariale imputato tra uomini e donne in Italia risulta quindi del 26,8 per cento rispetto al 6,7 per cento realmente osservato.
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002199.html
Una riflessione: la lotta per l’uguaglianza salariale interessa entrambi i sessi.Per esempio,conciliare famiglia e lavoro è sempre stato difficile sia per i papà che per le mamme.
I difensori della “famiglia” hanno forse approfondito il tema della nostra struttura economica che crea ineguaglianza e fa subire anche agli uomini,indirettamente, la discriminazione salariale tra i sessi?
Le disparità salariali li costringono a rinunciare al loro ruolo di padri attivi.
La perdita di guadagno che scaturirebbe da un lavoro a tempo parziale per potersi godere i figli che crescono, non potrebbe mai essere colmata completamente dal lavoro delle madri.
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Tratto da QUESTA META’ DELLA TERRA
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Che gli uni lavorino per dovere e le altre perché ne hanno il diritto è una disimmetria che nessuno vede tanto che persino i più duri maschilisti, generosamente, riconoscono che anche le donne hanno il diritto di conquistare l’indipendenza economica come se essi stessi l’avessero.
Si è portati a pensare che, se non il coniugato, almeno il single sia interamente proprietario del suo reddito ma si tratta di una verità parziale perché, come ognuno sa, la relazione tra i due impone sempre ai maschi un costo economico che non grava sulle femmine. Come non ci sono donne con un impiego che sposino disoccupati, né mogli che mantengano i mariti, né divorziate che facciano lo stesso verso i loro ex, così non ci sono donne che corteggino gli uomini, che spendano per avvicinarli, che li spesino nel vestire, che paghino per essi al ristorante. Non esistono donne sole che acquistino una macchina più grande per rimorchiare meglio né si trovano di quelle che, per quanto innamorate, paghino le ferie ai rispettivi.
Una single che sia interessata ad un uomo non deve per questo metter mano al portafogli, perciò, mentre il reddito della donna le appartiene interamente anche se entra in relazione con un uomo, quello dell’uomo gli appartiene completamente se e solo se non entra mai in relazione con una donna. Solo un maschio senza ormoni può essere economicamente indipendente.
In tutto ciò non vi è nulla di notabile se non il fatto che questa verità, che appartiene al racconto maschile, viene del tutto occultata per poter rivendicare alle donne quel diritto che gli uomini non hanno e non possono avere. All’origine della ricerca maschile del reddito, oltre al fatto banale che non vi è per i maschi altro modo per sostentarsi, vi è la certezza che senza di esso non potranno avvicinare nessuna e dietro gli sforzi per il suo illimitato incremento vi è anche l’aspettativa delle maggiori opportunità sessuali che crescono parallelamente al crescere di quello. Per le donne vale quasi il contrario nel senso che, oltre una certa soglia, più sono ricche e più difficile diventa trovare qualcuno cui legarsi che non sia ad esse inferiore, condizione cui i maschi possono sopperire solamente mettendo sul piatto del valore fama, potere, prestigio. Se li possiedono. Tutte queste banali verità traggono origine nella differenza di valore sessuale tra i due, nel fatto che per l’uomo la donna rappresenta lo scopo mentre per essa l’altro è uno strumento. Le donne, e solamente esse, sono perciò economicamente indipendenti sia quando non hanno reddito proprio, perché il marito ha l’obbligo di mantenerle, sia quando si guadagnano direttamente uno stipendio.
E’ un privilegio che perdono solamente quando le parti si invertono ed esse vengono a trovarsi nella condizione usuale di ogni uomo. Si tratta però di un rovesciamento del tutto virtuale come prova il fatto che mentre milioni di uomini in Occidente pagano gli assegni alle ex mogli, non esistono divorziate, per quanto ricche, che paghino assegni agli ex mariti. Per quanto possano essere innamorate le donne non trascurano mai l’aspetto economico del legame che si apprestano a stabilire in coppia. Si è scoperto (con meraviglia) che quando la donna percepisce un reddito il regime di comunione dei beni tra i coniugi, che è la condizione normale, viene sostituito dalla separazione.
E’ vero che anche le donne si innamorano e perdono la testa ma a quanto pare non smarriscono mai la calcolatrice. Dietro la corsa maschile al reddito ed al suo incremento si cela in realtà un grandioso ed invisibile corteggiamento che quel reddito presuppone. Se gli uomini fossero al governo tutti i costi di avvicinamento alle donne, tutti gli oneri economici affrontati per rendersi graditi, tutte le spese di corteggiamento sarebbero detraibili dalle imposte e non è azzardato immaginare che tale disposizione comporterebbe forse l’azzeramento pluridecennale del loro carico fiscale. Quando la donna occidentale ritira il suo stipendio sa che quel reddito le appartiene integralmente e può gloriarsi di aver raggiunto finalmente quella indipendenza che è da sempre privilegio maschile. In cosa esso consista nessun maschio con gli ormoni l’ha mai saputo.
Sandro 2(Quota) (Replica)
http://www.umbria24.it/terni-uccide-la-moglie-con-una-fucilata-e-poi-si-consegna-alla-polizia/30614.html
Terni, lei vuole lasciarlo e lui la uccide
davanti ai figli con un colpo di fucile
Nell’appartamento anche i due bambini. La vittima aveva 35 anni
Scritto il 23/3/11
L’omicidio è avvenuto in via Brodolini (Foto Umbria24.it)
di Ivano Porfiri e Maurizio Troccoli
Il tragico epilogo di una lite familiare vede vittima una donna, Marianna Vecchione, di origini pugliesi di soli 35 anni. Ad ammazzarla con una fucilata sarebbe stato, secondo quanto riportato dagli agenti della questura di Terni, il compagno, Giuliano Marchetti, 43enne residente a Terni.
Le prime ricostruzioni dell’accaduto Sono le prime ore del pomeriggio di mercoledì, probabilmente poco prima delle 15, quando nell’appartamento al numero 10 di via Brodolini, a Terni, quartiere San Valentino, si scatena una lite familiare. Secondo quanto appreso, lei avrebbe voluto interrompere la relazione sentimentale che aveva con Marchetti e cacciarlo via dalla casa di proprietà della donna. La tensione a questo punto si trasforma in violenza: il 43enne imbraccia il fucile, regolarmente registrato, ed esplode tre colpi, di cui solo uno mortale, contro la compagna. A quel punto Marchetti esce di casa, vaga frastornato, senza meta – questo confesserà agli agenti – quindi si consegna ai poliziotti: sono stato io.
I due bambini in casa Dopo la confessione gli agenti della squadra mobile ternana si sono precipitati sul luogo del delitto. Il corpo della donna è senza vita. E nella casa al terzo piano di via Brodolini (al quinto, invece, vive la madre di lei) ci sono anche i due figli della coppia di 3 e 7 anni. Se hanno assistito alla scena, se erano in un’altra stanza ed hanno ascoltato le urla della madre e del padre e l’esplosione di quel colpo mortale, è ancora da accertare. Appresa la notizia uno dei due fratelli della vittima, Massimiliano, è accorso sul posto dove, pochi minuti dopo, si è sentito male ricevendo poi le cure dei sanitari del 118.
La cameriera cresciuta a San Valentino Marianna Vecchione, che lavorava come cameriera al ristorante Il Portale di Stroncone, era conosciuta da tutti nel quartiere, quello di San Valentino, dove era cresciuta. In precedenza la donna aveva avuto un’altra figlia, di 16 anni, dal marito con cui era sposata. Giuliano Marchetti invece, tuttora trattenuto in questura, lavora presso la Standa della città. A coordinare le indagini è il pm Barbara Mazzullo.
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Il CORRIERE DELL’UMBRIA, 26 marzo 2011 (pag. 39).
di Antonio Mosca.
Lo sfogo dell’assassino di via Brodolini. Aveva pedinato la compagna prima dell’ultima tragica lite.
“MI UMILIAVA DAVANTI AI BAMBINI”
E lui aveva telefonato a sua madre per farsi aiutare.
TERNI – “Da novembre Marianna era un’altra persona.
Mi umiliava davanti ai figli, ero diventato il suo zerbino”. Di fronte al giudice, Giuliano Marchetti, il caporeparto dell’ex Standa di Borgo Rivo arrestato dalla polizia per l’omicidio della compagna, parla come un fiume in piena. Racconta per filo e per segno di come era trattato in famiglia. Come quando in palestra il figlio più piccolo fece cadere un pezzo di carta sul parquet. Lui, per educazione, corse a raccoglierlo, ricevendo dalla compagna una sequela irripetibile di insulti e sfottò da farlo diventare rosso in volto. Cose del genere – stando al suo racconto – erano all’ordine del giorno. “Marianna lavorava di notte in pizzeria, ma anche quando non era di turno capitava che tornasse a casa anche alle 4 del mattino”. Andava a mille, Marianna.
Con due pacchetti di sigarette e una dozzina di caffè al giorno, per reggere quel ritmo di vita forsennato.
E lui, intanto, preparava la cena ai figli, li metteva a letto e restava ad aspettarla.
Giuliano, nonostante la vita da separato in casa, era ancora innamorato e geloso di lei. L’aveva anche pedinata per due volte di seguito, pensando che avesse un altro. Ma aveva dovuto ricredersi.
L’identikit dell’uomo che ha ucciso a fucilate la madre dei suoi figli ha i tratti di una persona debole e insicura piuttosto che di un assassino freddo e spietato. Su questo sembrano concordare un po’ tutti. Non solo la difesa, ma anche medici e psicologi che l’hanno visitato in carcere e, per certi versi, gli stessi inquirenti che hanno raccolto la sua confessione-sfogo. Non si spiegherebbe altrimenti il suo comportamento in quell’ultimo mercoledì di follia. Marianna che lo sfida, che gli vieta di vendere la macchina per farsene una nuova, che gli chiede una pausa di riflessione ma in realtà sta per cambiare le serrature di casa per non farlo più entrare. E che, soprattutto, dal giorno dopo gli vieterà di andare a prendere i figli a scuola.
Lui non sa come farla ragionare e chiama al telefono sua madre per chiederle aiuto. L’effetto che sortisce, però, è peggiore del previsto. Marianna non vuole più vederlo, gli urla il suo disprezzo e, secondo quanto riferito dall’omicida, afferra un coltello in cucina per minacciarlo. Lui, ormai, è fuori di sé e prende il fucile da caccia. La donna però non sembra impaurita perché di solito quell’arma è scarica. E non la smette neppure quando Giuliano carica le munizioni. Il resto è storia nota.
Con i due colpi finiti sul soffitto e il terzo che purtroppo centra la vittima. La colluttazione va avanti a lungo. Tra le urla terrorizzate di Sara, la figlia di sette anni, impotente e disperata di fronte a quell’ultimo sussulto di violenza. E proprio lei veglierà la mamma che morirà dissanguata. All’avvocato Roberto Spoldi spetterà il compito di ribaltare l’accusa di omicidio volontario aggravato in preterintenzionale. La differenza la faranno le consulenze dei periti balistici che dovranno ricostruire la traiettoria dei colpi di fucile sparati a distanza ravvicinata mentre i due si prendevano a pugni e calci in camera da letto.
In quell’inferno di colpi alla cieca, lo sparo mortale potrebbe essere partito per sbaglio.
Senza che Giuliano volesse uccidere. Ma per dimostrarlo ci vorrà ancora del tempo. E non sarà per nulla semplice.
Sandro2(Quota) (Replica)
http://27esimaora.corriere.it/articolo/addio-maestri-servono-quote-azzurre/
Addio maestri: servono quote azzurre?
di Maria Luisa Villa
Tags: educazione, lavoro, scuola
Prima l’educatrice del nido, poi quella della materna, se c’è qualche difficoltà la logopedista e la psicomotricista, la tata, la vicina di casa, la baby sitter …. A un certo punto, evviva, si va a scuola. E lì, dove finalmente i bambini e le bambine potrebbero incontrare una figura maschile di riferimento esterna alla famiglia, si trovano tante, tante maestre. Che fine hanno fatto i maestri? Alle elementari, a Milano, sono il 3,8 per cento. Stipendio scarno, carriera inesistente o quasi, considerazione sociale scarsa: non è un mestiere da uomini. O non lo è più. Lode a tutte le brave maestre che educano con passione e competenza i nostri figli. Ma che cosa significa per i bambini rispecchiarsi in un modello prevalentemente femminile fino all’adolescenza?
Anche alle medie le cose sono sbilanciate, occorre aspettare le scuole superiori per conoscere, e rinosceresi, in un mondo adulto misto, fatto di maschi e di femmine. Secondo l’articolo Sono maestro, e resisto di Elisabetta Andreis, uscito sul Corriere, la femminilizzazione della scuola primaria procede inesorabile: nel 2000, sempre a Milano, era il 94,8 %, nel 2009 il 96, 2%. Dobbiamo pensare alle quote azzurre nella primaria? Ma le quote rosa hanno lo scopo di promuovere la presenza femminile là dove le donne non riescono ad arrivare, pur avendo preparazione e volontà. Qui è diverso: sono gli uomini ad aver abbandonato la scuola. Quei pochi che in nome della passione resistono, commentano: “se avessi figli, non potrei mantenere la famiglia”, oppure “il disprezzo delle istituzioni è un’arma efficace contro la passione per la scuola”. Eppure secondo Silvia Vegetti Finzi
“motivati, gli uomini possono essere educatori eccellenti. E nei maestri gli scolari possono trovare una figura maschile che conferma, o compensa, quella del padre”.
Basti pensare alla gloriosa stirpe degli insegnanti che hanno educato gli italiani, dal maestro Manzi a Gianni Rodari passando per Mario Lodi e don Milani. Cercasi eredi, disperatamente. Ma come?
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Ma le quote rosa hanno lo scopo di promuovere la presenza femminile là dove le donne non riescono ad arrivare, pur avendo preparazione e volontà. Qui è diverso: sono gli uomini ad aver abbandonato la scuola.
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… fenomenali.
Sandro2(Quota) (Replica)
Ottime osservazioni quelle di Fabrizio, Leonardo, Sandro e Marco(in risposta ad Enrico). Ho appena letto basito altrove(in un altro spazio dedicato alla qm) che:
Il Femminismo non esiste e non è radicato nella Società e quindi non esiste a livello culturale, semmai vi è solo un problema giuridico cioè di leggi e sentenze antimaschili, e inoltre (sempre a loro avviso) il femminismo sarebbe solo una questione di Elite in quanto la maggior parte delle donne rifiutano(secondo loro) le istanze femministe ma vengono…censurate(!!).
Fra poco diranno che il vero problema di questa società è il “Maschilismo”(oltre che l’Islam, altra loro autentica ossessione), così finalmente potranno acquistare la patente di correttezza e moralità davanti alle femministe e il popolobue
Io quando leggo queste cose non so se piangere o ridere, di sicuro mi metto le mani nei capelli. Mi chiedo io: se per costoro il femminismo non esiste a livello culurale e le donne in gran parte rifiutano la mentalità femminista per quale motivo costoro dicono di occuparsi di questione maschile?? Se non esiste il femminismo a livello culturale di conseguenza non può esistere nemmeno una questione maschile. Punto.
Risponderanno che il vero problema sono le leggi e le sentenze antimaschili. Ma, signori miei, secondo voi da dove scaturiscono queste sentenze e legislazioni antimaschili? Scaturiscono proprio da una cultura femminista che vi è alla base di questa società, ovvio. Le legislazioni antimaschili sono la punta dell’ iceberg di un mostruoso e criminogeno processo culturale fortemente radicato in questa Società: il Femminismo.Il Legislatore e il Giudice agiscono,infatti, in base al sentire comune, al pensiero dominante vigente, cioè alla cultura radicata nei più. Per lo stesso motivo qualche tempo fa mi sforzai, inutilmente, fino all’ inverosimile per cercare di ficcare nella testolina di più di qualcuno che non ci si può lamentare della legislazione che ha invertito l’onere della prova sui reati sessuali se prima non si rimuove alla base quello sterco ideologico dominante a riguardo della genesi e cause della c.d violenza sessuale. Il processo a catena è logico ed evidente: in merito ad determinata fattispecie di reato, le garanzie processuali a favore dell’ imputato vengono a diminuire(terzo ed ultimo anello della catena) nel momento in cui tale reato viene percipito(secondo anello della catena) dal sentire comune(in cui anche il legislatore e giudice sono immersi e quindi in base al quale agiscono) di gravità maggiore rispetto agli altri(sui quali invece permangono tali garanzie giuridiche e processuali) per cui vengono a innescarsi nel popolobue sentimenti isterici e irrazionali in cui di fronte al dubbio di colpevolezza tende a prevalere quel sentimento secondo cui si preferisce un innocente incarcerato piuttosto che un colpevole in libertà.E il grado di gravità di un reato viene percepito anche(e soprattutto) in base alle cause che il sentire comune attribuisce ad esso(primo anello della catena).
Un problema non può essere risolto se lo si guarda e affronta solo a valle, bisogna risalire a monte, cioè all’ origine.
raffaele(Quota) (Replica)
L’analisi di Raffaele è più che corretta. Le leggi antimaschili esistono perché c’è una cultura (dominante) che le produce. E’ evidente e non dovrebbe neanche essere necessario sottolinearlo.
Individuare l’origine e la causa prima della condizione maschile (beta)nella legislazione (antimaschile) e nel potere giudiziario che la applica (senza naturalmente sollevare quest’ultimo dalle sue responsabilità…) è a dir poco miope e conduce completamente fuori strada quegli uomini che si avvicinano alla QM.
Molti militanti e simpatizzanti del Movimento maschile sono ancora attardati su questa linea. Assomigliano un po’ a quelli che non riescono a vedere la luna perché sono concentrati ad osservare il dito di colui che gliela indica…
Ma non possiamo farci nulla. Ciascuno ha le sue idee ed è giusto che le porti avanti nelle sedi opportune. Noi , per quanto ci compete, possiamo solo indicare a tutti gli attivisti del Momas e soprattutto a tutti gli altri uomini quello che riteniamo essere il giusto percorso. Di più non possiamo e non dobbiamo fare.
Non vogliamo ingerenze nelle nostre questioni interne e di conseguenza non saremo certamente noi a commetterne nei confronti di altri.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Concordo pienamente col post di raffaele, aggiungo pure che magari buona parte delle donne si dichiara non femminista, ma a comportamenti E’ femminista, il che è ben peggio perchè è più subdola. Questa mentalità del “meglio un innocente in galera che un colpevole in libertà” è veramente da paese incivile.
Silent Hill(Quota) (Replica)
1) Scuola femminilizzata: la colpa è degli UU, è ovvio. E di chi altri?
Dove le DD mancano è perché ne vengono escluse. Dove mancano gli UU è perché non ci vogliono andare. Come sempre.
Il basso stipendio degli insegnanti è un refrain ma è una balla (la faccio breve: mia moglie è insegnante e io lo sono stato – sia pure per un solo anno – quindi parlo con conoscenza di causa). Non dico che sono alti, dico che non sono bassi, ma se anche lo fossero, come spiegare che gli UU si “tengono stretti” impieghi molto meno pagati?
Come spiegare che i manovali sono tutti MM? Gli UU se ne sono andati dalla scuola ma non dall’edilizia… ma guarda un po’…
Gli UU sono stati cacciati dalla scuola, questo è ciò che va compreso e che va detto. Ovviamente dovrei motivare una simile perentoria affermazione con molte pagine di argomentazioni. Forse un giorno lo farò. Ci si stupirà di tanta perentorietà in una affermazione che avrò fatto forse un paio di volte dal 98. Ma è così.
La questione degli stipendi è un depistaggio ed è falso che gli UU se ne siano andati: ne sono stati cacciati. Punto e basta.
Se non ci appare chiaro il come, ci apparirà in tutta la sua evidenza almeno il fine, lo scopo, giacché questo è di una chiarezza abbagliante.
2) Concordo ovviamente con Raffaele nella sua dura critica all’idea che tutto dipenda dai vertici politici, dalle élites, dai magistrati, dai parlamentari, dalle agenzie sovranazionali. E’ una visione infantile e semplicistica, demagogica e seduttiva che ho cercato di demolire in QMDT e in ogni altra occasione. Poi mi sono stancato.
E’ chiaro però che quella idea è confacente alla propaganda politica dell’attuale classe dirigente. Se si vuole ottenere la pubblicazione su Libero o Il Giornale di una lettera sulla QM basta parlare dei padri separati e puntare il dito contro la magistratura “comunista” che li colpisce. Provare per credere. E tanto basti.
Tutti gli agenti della guerra antimale in corso devono essere considerati responsabili di ciò che fanno, questo è ovvio, ma ciò lascia il tempo che trova. Per capire il loro comportamento essi tutti devono essere considerati privi di consistenza interiore, privi di coscienza, di lungimiranza, di coerenza, di autonomia di pensiero, di coraggio, di riflessione.
Vanno considerati per quel che gli umani di fatto sono: turaccioli nella corrente della storia. Birilli. Smesso di occuparci dei turaccioli (che ci ostiniamo a scambiare per “Uomini”) possiamo spostare lo sguardo sulla corrente e capire qualcosa di essa.
Nella QM la teoria del complotto, dei vertici, delle caste, delle agenzie, dei comitati …è roba da bar sport.
Rino D.V.
Rino(Quota) (Replica)
a proposito di giustizia antimaschile mi è venuto in mente una storia che ho letto in un altro forum , ovviamente ho cancellato i nomi ….
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ma quello che ho subito io è qualcosa di surreale che mai e poi mai mi sarei aspettato da parte di altri esseri umani! Il mondo va alla deriva, il quoziente intellettivo si va sempre piu’ ad appiattire… giudicate!
In questo triste pomeriggio di inizio estate espongo la mia esperienza: 2 mesi fa ho subito una brutalissima aggressione all’interno di un locale di un paese vicino al mio, reo-colpevole di un presunto sguardo di troppo verso una ragazza che stava dentro la comitiva degli aggressori! Era una sera, stavo con un amico all’interno di questo locale e sorseggiando una birra parlavamo di tutto, lavoro, calcio, formula uno, tutto tranne che di ragazze! E come del resto si sa all’interno di un locale con la gente che ti passa sotto gli occhi è impossibile buttare gli occhi altrove. Tutto d’un tratto si avvicina questa tipa di fronte al mio tavolo e inizia a dire cose tipo “che cazzo ti guardi? Allora perchè mi guardi?” e cose così. Poi arriva uno dei tipi che mi dice “allora? Perchè guardi la mia amica? Che cazzo te la guardi?” poi mi si avvicina all’orecchio e mi fa “mo te la faccio conoscere io non ti preoccupare” e poi con una manata mi prende per la testa e me la schiaccia sul tavolo! Faccio resistenza, reagisco, arrivano rinforzi, altri 2 ragazzi del tavolo di fronte e a questo punto sono 3 contro 1; mi insultano, mi dicono frasi del tipo “brutto cesso sfigato che cazzo la guardi? non ti devi permettere di guardare nè la nostra amica e nè ogni altra forma femminile” poi uno da dietro mi prende dalla sedia e mi trattiene e gli altri due mi tirano calci e pugni ovunque! Il mio amico corre fuori a chiamare la polizia che arriva sul posto nel giro di 10 minuti! Il tempo loro di conciarmi comunque per le feste e di farmi “ancora piu’ brutto e inguardabile di quanto già lo sia”! Risultato finale: fratture multiple, setto nasale, braccio sinistro, sinistro, cassa toracica, lussazioni alla spalla, insomma 30 giorni in ospedale di cui 20 con mezzo corpo ingessato e 6 mesi di convalescenza dalla visita della commissione medica del lavoro! Spero che questi non si sognino di licenziarmi pure, ci mancerebbe solo questa!
I 5 dell’ave maria se la son data subito a gambe ma sono stati tutti rintracciati e denunciati per furto (dovendo scappare via non hanno pagato le consumazioni) e lesioni gravissime grazie alle testimonianze del mio amico, dei titolari del locale e di altri presenti! La cosa avrà per loro un risvolto legale visto che sicuramente verranno processati ma a me dell’aspetto legale e risarcitorio non importa nulla perchè quello che ho subito è una ferita che nel mio animo mai piu’ si cicatrizzerà e nella mia mente; i lamenti per il dolore fisico, l’ospedale, i flashback dell’aggressione, le loro parole che mi echeggiano nelle mie orecchie, sono ferite che mi porterò avanti per tutta la vita! Anche dopo essere completamente guarito!
Sono piu’ che certo che il vero motivo dello sguardo di troppo era soltanto un pretesto da parte della fighetta-superiore e i “belli-normal” di prendersela con qualcuno e passare la serata in un modo diverso!
cercate di perdonarmi se non interverrò molto ma battere la tastiera con uno solo braccio è ancora piu’ faticoso
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questa storia ,che è davvero surreale ,non so come sia finita ,ma la ragaza in questione come ha tentato di risolvere la faccenda ??
ovviamente con l’accusa di molestia
uno sguardo di troppo adesso è molestia …..
un applauso anche ai ragazzi che ,per salvarla dall’ orco brutto e cattivo ,hanno trovato di meglio che pestarlo a sangue
mauro recher(Quota) (Replica)
mauro recher
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Tutto d’un tratto si avvicina questa tipa di fronte al mio tavolo e inizia a dire cose tipo “che cazzo ti guardi? Allora perchè mi guardi?”
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Se è veramente andata così, la tipa lo ha fatto perché oltre ad essere cerebralmente lesa, “sapeva” di avere di fronte qualcuno “poco pericoloso” e parimenti il culo parato dai suoi amichetti.
Altrimenti si sarebbe guardata bene dal fare la Cynthia Rothrock della situazione.
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mauro recher
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un applauso anche ai ragazzi che ,per salvarla dall’ orco brutto e cattivo ,hanno trovato di meglio che pestarlo a sangue
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Storia vecchia, purtroppo.
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=12678742&st=180
Sandro2(Quota) (Replica)
quello che ho subito è una ferita che nel mio animo mai piu’ si cicatrizzerà e nella mia mente; i lamenti per il dolore fisico, l’ospedale, i flashback dell’aggressione, le loro parole che mi echeggiano nelle mie orecchie, sono ferite che mi porterò avanti per tutta la vita!
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Questa è la cosa grave, il trauma arriva quando meno te lo aspetti e non sei preparato a reagire, e poi la violenza delle donne fa più male.
Leonardo(Quota) (Replica)
Post molto interessante, Mauro, perché ci consente di fare luce su uno degli aspetti più beceri del “machismo”, quello violento e prevaricatore, che naturalmente, spesso e volentieri, si esprime sempre sui più deboli, come nel caso del vergognoso episodio che hai citato. Una violenza brutale che solo dei vigliacchi possono esercitare, che nulla a che vedere con la sana competizione agonistica, con la lotta, con l’audacia, con il combattimento leale fra pari che termina sempre con un abbraccio anche se ce le si è suonate reciprocamente di santa ragione fino a un secondo prima (mi riferisco ad attività sportive, ovviamente). Modalità, queste ultime,che invece, fortunatamente, appartengono ad uno degli aspetti più nobili della maschilità.
Questo machismo troglodita e di infimo livello,che purtroppo ancora alligna nell’animo di moltissimi uomini, spesso proprio in quelli di ceto sociale molto basso e più sprovveduti culturalmente, è in ultima analisi psicologicamente succube di un femminile altrettanto aggressivo, becero e arrogante che se ne fa scudo e lo utilizza come una sorta di “longa manus”, di protesi sostitutiva e compensativa del proprio narcisismo.
“Due maschi che si azzuffano per me”, oppure ancora “Guarda il mio uomo o i miei amici cosa fanno per me: è sufficiente che dica che uno mi ha rivolto uno sguardo di troppo e questi (idioti, non lo dice ma lo pensa, e ha ragione…)lo vanno subito a pestare”. Questi i pensieri che scorrono nel misero setaccio (il suo cervello) di quell’ancor più misera creatura che “ragiona” in questa maniera…
Due facce della stessa medaglia che si fanno spallucce fra loro. Non possiamo nasconderci dietro ad un dito. Anche questo è uno dei lati della maschilità, pur se della peggior specie. Non solo. E’ uno degli aspetti più funzionali al “sistema dominante” perché mantiene questa “categoria” umana e sociale in una condizione di minorità e subalternità psicologica, umane e culturale nonchè di totale inconsapevolezza. Non dobbiamo affatto sottovalutare questo aspetto (sul quale infatti avevo da tempo deciso di scrivere un articolo ad hoc e non escludo di farlo più avanti).
Praticamente tutti o quasi i fine settimana, per lo meno nelle grandi metropoli (ma anche in provincia), mandrie di maschi abbrutiti, ubriachi o impasticcati, si scannano per uno sguardo di troppo (alla “loro” donna o anche a loro stessi)oppure per una spinta più o meno volontaria (poco importa…) ricevuta in discoteca.
Spettacoli penosi, avvilenti e purtroppo ricorrenti, se non sistematici. Anche con questa realtà dobbiamo misurarci. Non possiamo cavarcela in corner. Un processo di crescita di una nuova maschilità deve affrontare anche questi aspetti, e senza fare il minimo sconto
Come vedete, non sono certo gli impegni che ci mancano…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sandro2
Altrimenti si sarebbe guardata bene dal fare la Cynthia Rothrock della situazione
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Esatto, lei di sicuro, i suoi amichetti vigliacchi invece ci avrebbero preso un bel pò di schiaffi se avessero provato a toccare una persona che si sa difendere.
Non c’è più cattivo di un buono quando diventa cattivo
Silent Hill(Quota) (Replica)
http://carta.ilmessaggero.it/view.php?data=20110401&ediz=20_CITTA&npag=13&file=DONNE1_278.xml&type=STANDARD
Venerdì 01 Aprile 2011
di CARLA MASSI
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Tanto che al “fenomeno” hanno deciso di dedicare un’intera giornata di studio, oggi a Firenze. I rappresentanti degli Ordini di tutta Italia si sono dati appuntamento per stamattina nell’aula magna dell’università. Titolo dell’incontro: “Leadership in Sanità, interpretazione al femminile, innovazioni, opportunità”.
Se ci fermiamo qui, la situazione sembra davvero rosa. I numeri preannunciano scenari tutti nuovi in corsia e, prima del futuro sorpasso di lei su lui dai trenta ai sessant’anni, la categoria già si prepara ad ipotizzare una rivisitazione dei modelli organizzativi. Se alziamo gli occhi, però, e andiamo a cercare le donne ai vertici dei reparti ne troviamo poche. Solo una su dieci. Una delusione che solo le dirette interessate sanno spiegare. Ai posti di comando troviamo lo strapotere maschile. Lo troviamo nei reparti ospedalieri ma anche negli Ordini professionali. Sui 106 che se ne contano nel nostro paese solo due hanno donne medico alla guida. Come dire che al nastro di partenza sono tante ma un numero assai risibile, ancora, riesce a sedersi sulle poltrone chiave.
Potrebbe essere stato il vento novello delle “quote rosa”, o il pesante chiacchiericcio su escort e veline a far correre i medici ad una rilettura del loro lavoro. Ad una obbligatoria riorganizzazione. «Negli ultimi dieci anni – spiega Teresita Mazzei, presidente della commissione per le Pari opportunità dell’Ordine di Firenze che ha promosso l’incontro di oggi – l’incremento del numero delle donne ai vertici del sistema sanitario è stato solo di pochi punti percentuali. Crediamo sia giunto il momento di discuterne le possibili ragioni e di iniziare azioni positive di sostegno». Alza la voce Teresita Mazzei ed è il ministro Mara Carfagna a raccogliere la sua denuncia e il suo appello. «Sappiamo – commenta che all’università le donne rappresentano il 60 per cento dei laureati e in media vantano un punteggio superiore rispetto ai colleghi uomini. Ma, molti fenomeni di esclusione, nella sanità e nella scienza, continuano a colpire il genere femminile come in molti altri settori della vita politica, economica e sociale». Proprio questo paradosso ci ha fatto additare nella Ue. Nel rapporto della Commissione Europea dell’anno scorso sulla parità di genere nella scienza le nostre ricercatrici rappresentano il 33% del totale (sopra la media europea, appunto, che sfiora il 30%) ma solo venti su cento raggiungono posizioni di leadership.
Se si entra in una qualsiasi università, facoltà di Medicina si scopre che per trovare un ordinario al femminile tocca cercare parecchio. Su 2.018 docenti solo 167 sono donne, poco più dell’8%. Se, invece, si entra in una corsia se ne incontrano tanti di camici rosa. In tutti i turni. Uno sguardo al futuro. Tra quindici, massimo venti anni il servizio sanitario diventerà un “feudo” al femminile. Basta fare due calcoli sui prossimi pensionamenti negli ospedali per capire meglio. Da quest’anno, sarà un esodo continuo fino al 2015: se ne andranno oltre trentamila medici. La maggior parte non saranno sostituiti. In sei anni più di un terzo della forza lavoro sparirà completamente. E saranno le donne a ricoprire i posti vuoti. Non più solo pediatre, genetiste o ginecologhe ma anche un esercito di ortopediche e chirurghe che, fino ad oggi, non sono ancora riuscite a scalfire il totale predominio maschile.
RIPRODUZIONE RISERVATA
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Tra quindici, massimo venti anni il servizio sanitario diventerà un “feudo” al femminile.
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http://carta.ilmessaggero.it/view.php?data=20110401&ediz=20_CITTA&npag=13&file=MEDICHE_283.xml&type=STANDARD
Venerdì 01 Aprile 2011
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ROMA – «Quando abbiamo finito di operare, quella mattina, erano le quattro. Fuori ancora buio. Ci siamo sedute stanche morte e ci siamo guardate in faccia. Eravamo sei donne. Abbiamo scherzato sul fatto che l’unico uomo era il paziente. Arrivato al pronto soccorso in serata con un grave problema all’addome». E’ uno sparo di energia Sabina Magalini, ricercatore a Chirurgia d’urgenza del Policlinico Gemelli-Università Cattolica di Roma. Lei, quella notte, guidava il “gruppo rosa”. Lei che gioca nel definirsi “aiuto anziano” del primario Daniele Gui. Lei, cinquantenne, un marito chirurgo e tre figlie femmine.
Ma quando le è venuto in mente di fare il chirurgo?
«Da piccola. Volevo essere medico, uno di quelli che risolvono i problemi rapidamente. Come un chirurgo, appunto. Nessuno è riuscito a fermarmi».
Lei, per giunta, ha scelto di stare in trincea. Prima il pronto soccorso e ora la sala operatoria d’urgenza. Lo rifarebbe?
«Certo che lo rifarei. Mi piace proprio stare nei posti in cui arrivano i pazienti in gravi condizioni e puoi intervenire subito. Entro in sala operatoria per un incidente stradale come per un’urgenza addominale come quella notte, qualche giorno fa, quando eravamo solo donne».
Che effetto vi fa?
«Un sodalizio pieno di orgoglio. Tutte unite. Letizia, della divisione di Chirurgia toracica come secondo dell’équipe; Annalisa, specializzanda in Anestesia; Gilda, specializzanda in Chirurgia; Paola, strumentista; Sonia, strumentista ed io, come Capo équipe».
Quali sono le differenze con i gruppi tutti al maschile?
«Noi siamo più calme. Non litighiamo, siamo meno aggressive».
Eppure si dice che le donne siano tanto competitive, isteriche. Soprattutto in posti così élitari. Non è vero?
«Noi abbiamo faticato per arrivare a guadagnare quel posto. Non abbiamo mai mollato, vi pare che una volta conquistato il nostro posto con tanta fatica molliamo per una lite? Fa comodo a molti pensare che siamo delle isteriche».
E i suoi colleghi come vi guardano?
«Tanti si sentono minacciati. A volte ci rendiamo conto che serpeggia una velata misoginia. Fino a qualche anno fa c’erano dei professori che non volevano donne in sala operatoria».
Mentre i pazienti?
«Si trovano bene con noi, riusciamo ad instaurare un buon rapporto con i malati. Ma quando ho iniziato non era così».
E cioè?
«Al mio collega maschio lo chiamavano dottore e a me sempre signorina».
Lei ha tre figlie, che faranno?
«Una sta per laurearsi in Medicina, una è al quarto anno e l’ultima va ancora al liceo».
Che consigli di vita dà alle sue studentesse?
«Che bisogna fare attenzione a non esporsi alle battute e alle critiche. Niente frivolezze, niente mollette colorate o smalto sgargiante quando si è al lavoro. Se sbatti gli occhi ti sorridono ma non ti considerano professionalmente».
C.Ma.
RIPRODUZIONE RISERVATA
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«Noi abbiamo faticato per arrivare a guadagnare quel posto. Non abbiamo mai mollato, vi pare che una volta conquistato il nostro posto con tanta fatica molliamo per una lite?
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Eh già, loro “hanno faticato”, invece gli uomini son o tutti intenti a grattarsi i genitali, ovvio.
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«Tanti si sentono minacciati. A volte ci rendiamo conto che serpeggia una velata misoginia.
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Ma figuriamoci, neanche a dirlo.
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«Quando abbiamo finito di operare, quella mattina, erano le quattro. Fuori ancora buio. Ci siamo sedute stanche morte e ci siamo guardate in faccia. Eravamo sei donne. Abbiamo scherzato sul fatto che l’unico uomo era il paziente.
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Questa nemmeno la commento, che è meglio.
Sandro2(Quota) (Replica)
Premesso che frequentare ragazze minorenni è reato, sarebbe interessante parlare con questi attori (e attrici) pieni di soldi e chiedere loro cosa sarebbe “un vero uomo”…
http://video.corriere.it/i-veri-uomini-non-comprano-donne/4f1cb732-64eb-11e0-99a5-e45596b05597
Soprattutto ci sarebbe da capire se la donna comune americana, quindi la propria fidanzata, moglie o amante, è gratuita…
Simone M.(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/b0ed542bcaaefec9dadbdc0fe4ffc657.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
Alla fine degli anni Sessanta, Herbert Marcuse nei suoi scritti parlava delle donne, dei gay, degli studenti…, come di coloro che avrebbero sovvertito, scardinato l’ordine costituito di stampo capitalista. Oggi, senza timore di smentita, possiamo dire che le sue doti di profeta si sono dimostrate alquanto mediocri. In verità proprio coloro che fino a 40-50 anni fa potevamo considerare “discriminati” sono oggi i puntelli più solidi del sistema, come si evince anche dall’articolo sopra riportato. In tempi di crisi i poteri economici, i sostenitori del liberismo più sfrenato, che sopravvive grazie alle conquiste della socialdemocrazia( sussidi di disoccupazione, cassa integrazione, ecc) hanno trovato dei nuovi alleati e anche questa volta non si è riusciti ad aprire un vero dibattito sulla bontà delle scelte
economiche prese da qualche anno a questa parte e che condizionano spesso negativamente la qualità della vita di tanti individui. Bisogna dire che chi tiene le fila della nostra società, occidentale, ne sa una più del diavolo. Ancora oggi abbiamo ricevuto in pasto lo scalpo di Osama Bin Laden per tranquillizarci tutti. Poco importa che i più grandi terroristi siano ancora a piede libero e anzi alcuni godano ancora di grandi consensi. Il Principe di Machiavelli conserva sempre una sua grande attualità.
Alessandro(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13534:amicizia-e-politica-tra-uomini-e-donne-attorno-al-centro-antiviolenza&catid=209&Itemid=0
> AMICIZIA E POLITICA TRA UOMINI E DONNE, ATTORNO AL CENTRO ANTIVIOLENZA
di Alessio Miceli*
3 maggio 2011
Quello che so dei Centri antiviolenza in Italia l’ho imparato qui a Milano e dal mio punto di vista maschile, in un percorso di reciproca conoscenza e di stima, che è diventato anche di amicizia e di collaborazione con Marisa Guarneri.
E’ stato un avvicinamento anche dei nostri due mondi associativi, cioè la Casa delle donne maltrattate che Marisa ha fondato con altre a Milano già negli anni ’80, e l’associazione nazionale Maschile Plurale con i suoi percorsi sulla maschilità e sulle relazioni con le donne.
E se penso effettivamente a cosa mi ha colpito dell’esperienza di Marisa e di altre donne di quel centro antiviolenza che ho conosciuto, devo dire che mi rimane una traccia che segna il campo del contrasto alla violenza in una città. Mi rimane il senso di una storia e di una prospettiva diversa e che fa la differenza, in questo ambito.
La storia, la matrice è quella di un DNA che si è formato dal movimento delle donne, dalle varie esperienze del femminismo, che mantiene ancora una forza nella sua irriducibilità ad altre logiche. Questa storia evidentemente non è finita in Italia, se una rete credo di 54 Centri antiviolenza come quella chiamata D.I.Re (donne in rete contro la violenza) si ritrova accomunata da una matrice di questo genere, anche con tutte le sue differenze e le sue mediazioni.
E la prospettiva, quando si mantiene quel radicamento, mi sembra fondata su alcune consapevolezze di fondo.
Per prima, c’è l’idea della relazione tra donne, come principio e metodo di accoglienza e di cura, in una società così fortemente segnata dalla violenza maschile. Le donne si curano e a volte si salvano, in uscita dalla violenza, nella relazione con altre donne.
E insieme, c’è la connotazione di questa relazione, sì con una valenza terapeutica e anche con dei ruoli, ma fondamentalmente come una relazione libera e di crescita. Per cui una scheggia che ritorna nel discorso di Marisa è che “se fosse previsto l’obbligo di denuncia da parte delle donne per rivolgersi al Centro antiviolenza (idea ricorrente nelle istituzioni), allora cadrebbe il muro portante della Casa delle donne maltrattate”
Queste sensibilità di alcuni Centri antiviolenza, dicevo prima, segnano il campo spesso in modo irriducibile rispetto ad altre sensibilità e politiche.
C’è per esempio la medicalizzazione, questo nuovo approccio agli uomini maltrattanti pensati come “le mele marce, i devianti”, a specchio delle donne pensate come “vittime” di violenza: gli uni e le altre, considerati come malati da curare.
Così si delegano le cure ad esperti, a diversi protocolli clinici per “le vittime” e “i carnefici”, che sono competenze anche importanti quando la violenza è esplosa ed è difficile da trattare (per esempio in carcere, alcuni gruppi di operatori lavorano anche bene con i sex offenders)…
Rimane però un senso di sradicamento di questa sensibilità e di questa politica di cura, se scollegata da un approccio più profondo alle zone d’ombra della nostra cultura, che fa della violenza maschile un modello culturale ancora dominante. E’ invece questa norma della violenza nella cultura dominante maschile, all’opposto della sua rappresentazione comune come devianza, che bisogna fare emergere e rimettere al centro della società e della politica, e questo non si fa per via di protocolli clinici.
Penso anche a quelle realtà di mediazione famigliare, che si danno ancora come obiettivo “la tutela della famiglia” anche nelle situazioni di violenza sulle donne, quando ormai tutti i dati disponibili (in particolare dopo l’indagine multiscopo dell’Istat pubblicata nel 2007) dicono che in situazioni di violenza la famiglia diventa un contesto molto pericoloso, lo scenario di una sorta di “guerra a bassa intensità” contro le donne e la loro libertà…
E ricordo come anche il preambolo del disegno di legge della Pollastrini contro la violenza sulle donne, nel precedente governo di centrosinistra, contenesse l’obiettivo della “tutela della famiglia”, frutto della mediazione con i cattolici al governo.
E invece, anche qui c’è una scelta da assumere: ovvero che la violenza sulle donne non si media, non è negoziabile, neanche con “il sacro principio” della famiglia.
Allora, quali sono state le risposte a questi orientamenti così diversi, introdotti dai Centri antiviolenza di matrice femminista, rispetto alla cultura più comune?
Qualcuno ha risposto qualcosa, alle questioni sollevate da impostazioni così diverse del contrasto alla violenza maschile sulle donne, come quelle che riportavo sopra?
E in particolare, dove sono le istituzioni rispetto a queste scelte politiche, e dove siamo noi uomini?
Riguardo alle istituzioni, un segno preciso viene per esempio qui in Lombardia, dai tagli o dalla non-assegnazione di risorse pubbliche ai Centri antiviolenza.
Non c’è ancora una legge regionale in questo senso, anche se da anni è stata richiesta, ma solo una proposta di legge avanzata dalle stesse donne dei Centri antiviolenza (a fronte, per esempio a Milano, di oltre 25.000 donne assistite dalla Casa delle donne maltrattate).
Ma per quanto riguarda noi uomini, anche se sono ben consapevole della deriva delle rappresentazioni maschili dominanti oggi in Italia, ho da raccontare una novità, una esperienza che riguarda me stesso e alcuni altri uomini e donne. E ho un forte senso di quell’amicizia e di una nuova possibilità politica, che dicevo all’inizio.
Per spiegarlo, riporto di seguito il documento introduttivo di un incontro pubblico, in cui racconteremo questa esperienza (Milano, 23 maggio, al Teatro Filodrammatici, ore 17).
Uomini e donne. Darsi occasioni di verità
Per un lavoro diverso sulla violenza
Durante questo appuntamento vogliamo raccontare un anno di incontri e di un nuovo intreccio di discorso avvenuto a Milano tra donne e uomini attivi contro la violenza maschile sulle donne.
Questa esperienza è iniziata dal nostro desiderio e dalla reciproca fiducia di potere parlare e pensare insieme, tra alcuni uomini e donne: a partire da sé e dai percorsi di accoglienza e di relazione tra donne alla Casa delle donne maltrattate di Milano, e dal lavoro su sé stessi e sulla maschilità dell’associazione nazionale Maschile Plurale. Ci siamo detti che già questa è una novità.
E poi abbiamo aperto il nostro tavolo ad altre donne e uomini che avessero un’attività, un ruolo nell’ambito del contrasto alla violenza sulle donne in diversi contesti (giudici, sindacalisti, sociologi, formatori, insegnanti…), ma che abbiamo invitato sempre per via di relazioni personali.
Così i nostri racconti ci hanno messo in gioco, ci hanno esposti gli uni alle altre, ci hanno portato a rispecchiarci nelle diverse facce della violenza. Abbiamo imparato quanto conta la capacità di ascoltare e integrare il punto di vista dell’altro con il proprio per comprendere la complessità, le ambivalenze e le difficoltà delle relazioni tra uomini e donne, e per trovare un punto di partenza più saldo e consapevole da cui cominciare a smontare il linguaggio e la logica della violenza.
Oggi sappiamo infatti che dietro la violenza sulle donne c’è anche una questione maschile e un’incapacità di abitare e interpretare altrimenti le relazioni tra uomini e donne, negli spazi affettivi, di lavoro e politici.
Per questo è importante che l’impegno quotidiano contro la violenza dia spazio al lavoro pubblico di ricostruzione di una civiltà delle relazioni tra uomini e donne.
Riteniamo che esperienze di questo genere, basate sulla costruzione di un racconto corale e a più voci, fondato sull’onestà e sull’ascolto reciproco, possano riprodursi e diffondersi, favorendo una crescita della consapevolezza nei contesti in cui abitiamo e operiamo.
L’esito ultimo di un percorso di questo genere può essere un salto politico:
– nello svelamento delle profonde radici relazionali e culturali della violenza maschile sulle donne, oggi occultate fino ad una sostanziale legittimazione di questa violenza;
– nel farne discorso pubblico che chieda la partecipazione di donne e uomini, in diversi contesti e in tante città, per suscitare nuove risorse culturali, sociali, psicologiche, esistenziali di fronte alla violenza;
– nel chiedere con autorevolezza le scelte politiche conseguenti, fuori da ogni implicazione securitaria o di tutela paternalistica delle donne come succede oggi, nel segno delle relazioni nonviolente tra i sessi.
Marisa Guarneri, Alessio Miceli, Manuela Ulivi, Marco Deriu, Gigliola Menazzi, Mariagrazia Gualtieri, Maurizio Giannangeli, Gabriella Ferraro Bologna, Caterina Folli, Renato Alfieri, Annamaria Gatto, Nerina Benuzzi, Aldo Bonomi.
* Maschile Plurale
Sandro2(Quota) (Replica)
A proposito di emergere storico della questione maschile e dello stato dei fatti, sottolineo che nella recente campagna elettorale milanese nessuno ha mai sottolineato che Pisapia nel 1996 fu il firmatario, insieme a Anna Finocchiaro di un disegno di legge per attribuire ai figli solo il cognome materno. Eccolo:
PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa del deputato PISAPIA Presentata l’8 agosto 1996 Modifiche al codice civile in materia di cognome dei figli
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Onorevoli Colleghi – Il nostro codice civile prevede per i figli naturali che, se il riconoscimento e’ stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, i figli assumano il cognome del padre.
Nessuna norma, invece, dispone espressamente che il figlio nato all’interno del matrimonio assuma il cognome del padre: tuttavia, per consuetudine secolare, al figlio legittimo e’ attribuito il cognome del padre.
A parte ogni considerazione sulla legittimita’ costituzionale di tale situazione, l’attuale legislazione si configura oggi inadeguata rispetto al mutamento del ruolo delle donne, nella famiglia e nella societa’.
Gia’ con il nuovo diritto di famiglia si sono fatti notevoli passi avanti rispetto a una concezione di famiglia di stampo patriarcale: il mutamento delle relazioni tra uomo e donna, e quindi nella famiglia con i figli, ha portato alla rottura di un ordine simbolico tradizionale e a un riconoscimento di “parita’” tra i coniugi.
Tuttavia la stessa legge sul diritto di famiglia, in molti punti qualificanti ancora attuale, e’ carente rispetto all’affermazione di principi e di diritti il cui fine ultimo e’ quello di riaffermare il rapporto “privilegiato” che la donna ha con i figli.
E’ significativo, a tale proposito, che – pur essendovi state diverse proposte di legge tese a dare ai figli il doppio cognome o a permettere, dopo una certa eta’, la scelta tra il cognome della madre e quello del padre – la disciplina relativa al cognome dei figli non sia stata disaccordo, ma anche – e soprattutto – per garantire alla donna il diritto (e non solo la facolta’ di poter dare il proprio cognome, che e’ un segno distintivo della persona nei confronti dell’intera societa’, al figlio o alla figlia che ha partorito.
Per quanto concerne, invece, l’altra soluzione teoricamente possibile, che potrebbe essere quella di adottare il criterio del doppio cognome – certamente la piu’ auspicabile dal punto di vista dell’uguaglianza nei rapporti di coppia – tale soluzione, oltre ad avere notevoli inconvenienti dal punto di vista pratico, comporterebbe in ogni caso una scelta al momento dell’attribuzione del cognome alla seconda generazione. Anche per questo motivo, quindi, si propone che i figli assumano il cognome della madre.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Dopo il secondo comma dell’articolo 6 del codice civile e’ inserito il seguente:
“Il figlio assume il cognome della madre”.
Art. 2.
1. L’articolo 237 del codice civile e’ sostituito dal seguente:
“Art. 237. – (Fatti costitutivi del possesso di stato). – Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti: 1) che la persona abbia sempre portato il cognome della madre che essa pretende di avere;
2) che la madre l’abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualita’ al suo mantenimento e alla sua educazione;
3) che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;
4) che sia stata riconosciuta in detta qualita’ dalla famiglia”.
Art. 3.
1. L’articolo 262 del codice civile e’ sostituito dal seguente:
“Art. 262. – (Cognome del figlio riconosciuto solo dal padre). – Il figlio riconosciuto solo dal padre assume il cognome del padre. Se la filiazione nei confronti della madre e’ stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte del padre, il figlio naturale puo’ assumere il cognome della madre, aggiungendolo o sostituendolo a quello del padre. Nel caso di minore eta’ del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome della madre”.
Art. 4.
1. Il terzo comma dell’articolo 299 del codice civile e’ sostituito dal seguente:
“Se l’adozione e’ compiuta da coniugi, l’adottato assume il cognome della moglie”.
Art. 5.
1. Gli articoli 143-bis e 156-bis del codice civile sono abrogati.
Art. 6.
1. Qualora, al momento della nascita, il padre abbia gia’ altri figli che portano il suo cognome, i genitori devono dichiarare all’ufficiale di stato civile, entro tre giorni dalla nascita, il cognome che intendono dare al figlio. In caso di disaccordo, il figlio assume il cognome del padre.
Art. 7.
1. La presente legge entra in vigore il 1 gennaio dell’anno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Invece che evidenziare questo profilo di Pisapia si è ricorsi ad accuse false e miserevoli di furto d’auto. Segno che nessuno, proprio nessuno, osa alzare un dito per dire una qualsiasi cosa in difesa degli uomini e dei padri, e che potebbe essere interpretata come contraria alle donne. Tutti zitti, allineati e silenziosi, nella stupida illusione di poter godere di qualche vantaggio per ruffianeria acclarata. Desolante, davvero.
armando
armando(Quota) (Replica)
Non sapevo di questa proposta di legge presentata da Pisapia e dalla Finocchiaro, che trovo ridicola oltre che molto debole, anche nella sua formulazione. Però, purtroppo, non mi sorprende affatto…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
…..e a un riconoscimento di “parita’” tra i coniugi.
Tuttavia la stessa legge sul diritto di famiglia, in molti punti qualificanti ancora attuale, e’ carente rispetto all’affermazione di principi e di diritti il cui fine ultimo e’ quello di riaffermare il rapporto “privilegiato” che la donna ha con i figli.
*+*x*+*x*+*
Ecco sì, boh, la legge aveva lo scopo di “parificare” i diritti dei coniugi. Però è carente per quanto riguarda la RIAFFERMAZIONE del rapporto privilegiato della donna con i figli… cioè, per come la interpreto io, che ci sia parità, ma non esageriamo, che alla fine non si perda il privilegio… aspetto una legge, dopo le discriminazioni cd “positive” tese a riequilibrare i diritti nel mondo del lavoro, che RIAFFERMI il privilegio dell’uomo nel lavoro..
Rita(Quota) (Replica)
la cosa straordinaria è che nessuno, a quanto mi risulti, ha ricordato questa cosa in campagna elettorale, nè la Moratti e nemmeno i sostenitori di Pisapia. Il che dimostra quanto la QM sia esplosiva. O perchè si teme di dispiacere alle donne, o perchè si teme che emerga alla coscienza maschile. Perchè non ho dubbi che la maggioranza dei maschi e dei padri, di fronte a questo evidente spossessamento dell’ultimo simbolo della maschilità e della paternità si ribellerebbero mandando a quel paese chi una proposta simile l’ha fatta e i suoi sostenitori. O se proprio non facessero così, almeno sarebbero indotti a pensare. Allora meglio passare tutto sotto un assordante silenzio.
armando
armando(Quota) (Replica)
Secondo me invece la questione è un’altra , Armando. E cioè che la stessa antagonista di Pisapia, Letizia Moratti, non utilizzerebbe mai quella proposta di legge contro i suoi avversari in campagna elettorale. Intanto perché si inimicherebbe la quasi totalità dell’elettorato femminile (che peraltro costituisce una buona fetta se non la maggioranza dell’elettorato del PDL), secondo poi perché lei stessa molto probabilmente condivide quella proposta.
Ciò che voglio dire è che ormai, con le dovute differenze di cui abbiamo già parlato, il post femminismo è stato assorbito e fatto proprio da tutte le donne e da tutte le forze politiche, indistintamente. Quelle di “sinistra” sono più legate storicamente ad un femminismo più radicale e militante, ormai anche un po’ retrò, quelle di “destra” rappresentano meglio delle prime proprio quel “post femminismo” contemporaneo (molto meno ideologizzato, se non per nulla, rispetto al primo, ma assai più aggressivo e intriso di ideologia dominante su tanti altri aspetti) che, come abbiamo più volte spiegato, è il risultato di tutti i processi intervenuti negli ultimi 30/40 anni.
In ogni caso entrambe queste due tendenze finiscono per incontrarsi, specie quando si tratta di affrontare questioni di particolare rilievo. Insomma, la Moratti e le forze politiche che rappresenta, mai e poi mai sarebbero anche solo sfiorate dall’idea di assumere una posizione, non dico antifemminista, ma anche solamente critica nei confronti del “femminile”. Anzi, se ne guardano bene e, come sappiamo, fanno a gara con quelli/e del centrosinistra a chi ha collocato più donne nelle liste elettorali, chi ha promulgato più leggi antimaschili, chi ha rispettato di più la logica delle quote e via discorrendo…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
infatti Fabrizio …..proviamo a leggere questo passaggio
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-si dice che le donne non votino le donne. Ed è una vergogna. Questa volta è indispensabile che le donne VOTINO LE DONNE. Non si transige. Se non ne trovate una che vi piaccia, fatevi piacere quella che vi pare meglio. Siamo troppo severe tra di noi, troviamo mille difetti nelle donne candidate. A ben guardare, in genere, non mi pare che gli uomini siano sempre un gran ché. Mi raccomando. DONNA VOTA DONNA. E perchè no? Magari anche UOMO VOTA DONNA ! Almeno fino a quando la situazione sarà riequilibrata e non ci sarà più bisogno del nostro voto per la sopravvivenza della specie.
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beh ,intanto mi fa un pochino sorridere l’ultima frase (sopravvivenza della specie) ,come un animale protetto dal wwf ……
ma le idee ,i programmi ??passano in secondo piano ,sembra veramente più importante quello che si ha in mezzo alle gambe ……
mauro recher(Quota) (Replica)
Mauro Recher: beh ,intanto mi fa un pochino sorridere l’ultima frase (sopravvivenza della specie) ,come un animale protetto dal wwf ……
ma le idee ,i programmi ??passano in secondo piano ,sembra veramente più importante quello che si ha in mezzo alle gambe ……
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Infatti. sono le stese persone che poi affermano la necessità di far prevalere il merito in qualsiasi ambito. Sono una contraddizione vivente. Inoltre ciò che viene affermato in quel messaggio, che è poi il programma elettorale( sic!) di tutti quei blog, forum, siti, gruppi dell’ orientamento che conosciamo e che affollano a dismisura il web, è un pò simile al bianco vota bianco o nero vota nero, e via dicendo. Non mi sembra proprio che sia ciò che desideravamo avvenisse, ma quando si considerano queste forze come reazionarie, regressive, anche se si nascondono dietro un partito di sinistra, non ci si stupisce affatto. Purtroppo a vederci chiaro sono sempre pochi
Per il resto penso che l’analisi di Fabrizio sia impeccabile. Non si parla di certi argomenti in chiave critica, anche a se personalmente la questione del cognome ben poco m’interessa, perchè sarebbe un boomerang. Ormai gli uomini “devono” recitare un solo copione. Questo copione lo hanno scritto le sessiste made in Usa e adesso lo recitano tutti, uomini e donne, in Occidente. Questioni di anni e lo sentiremo anche dai talebani
Alessandro(Quota) (Replica)
E’ molto difficile – pur se cmq possibile – che la proposta di legge di Pisapia sia sfuggita ai segugi del PDL.
Ma è molto più probabile invece che ne siano a perfetta conoscenza. E allora perché non l’hanno usata come “monnezza” a suo carico? Semplice, perché oggi una simile proposta non figura tra le “monnezze”. Al contrario, costituisce titolo di merito, perciò non è stata ricordata ma …sepolta.
Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
Le argomentazioni di Armando (“se i maschi sapessero di una simile proposta…”) si basano sull’idea che i sentimenti della società siano la somma di quelli individuali. Ossia che i valori di una comunità siano quelli della quasi totalità o almeno di una solida maggioranza.
Convinzione universale ma sbagliata.
Somma dei singoli, da una parte, e società, dall’altra sono due cose completamente diverse poste su piani totalmente separati.
Possono essere intercomunicanti, ma sono strutturalmente diversi.
Certamente sono in relazione ma sono dimensioni del tutto incommensurabili.
Questo spiega in modo lineare il motivo per cui (ad es.) siano state approvate le quote, cui sono contrari quasi tutti i maschi e almeno la metà delle femmine. Come è possibile?
E’ possibilissimo perché il valore collettivo non è la somma dei valori individuali. Sono due piani logici diversi. Spero di avere occasione di parlarne a voce (da qualche parte, prima o poi).
Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
“sottolineo che nella recente campagna elettorale milanese nessuno ha mai sottolineato che Pisapia nel 1996 fu il firmatario, insieme a Anna Finocchiaro di un disegno di legge per attribuire ai figli solo il cognome materno”
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E chi doveva tirarla fuori sta cosa? La Moratti?
Ma non mi far pisciare addosso dalle risate.
Leggi un pò qua:
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo325179.shtml
…a proposito, poi il taxi rosa lo ha fatto, ma è stato un flop da far ridere i polli.
L’ argomento di cui sopra lo ha lasciato fuori per un motivo molto semplice:
SI SAREBBE DATA LA ZAPPA SUI PIEDI.
sandro(Quota) (Replica)
Guarda Fabrizio che se leggi bene il mio ultimo post, ti accorgerai che ho detto, più o meno, le tue stesse cose. Il silenzio è stato di tutti perchè tutti, seppure per motivi forse (forse) diversi, erano accomunati da un identico interesse a tacere. Forse un interesse per qualcuno mal riposto, ma questo è il senno del poi.
A Rino: si, capisco la differenza che poni. E tuttavia se vale per la società politica che approva le leggi in parlamento, ciò non vale per la società civile quando si esprime nelle urne. O meglio, non varrebbe se la società civile fosse messa in condizione di conoscere per decidere oppure di percpeire con chiarezza la portata simbolica e pratica di certe leggi. Come ad esempio quella sullo stalking che inverte l’onere della prova. Se alla società civile fosse svelato il senso di quella legge, inorridirebbe. Invece quel senso è dissimulato dietro l’emozione suscitata dai numeri gonfiati, dietro l’insisitenza sul particolare abominio di quel reato. Ma, ribaterrai, qualsiasi persona dotata di intelletto dovrebbe essere capace di discernere. Eh già, bella obiezione! Questo è il punto, o uno dei punti. Un altro è che sembrano cose lontane che interessano gli altri, e non toccano il portafoglio, cosa ben altrimenti concreta e toccabile ogni giorno con mano. Così la maggioranza si accorge del senso delle cose solo quando vi incappa personalmente. Ed ancora non basta, come dimostra la difficoltà dei padri separati a prendere consapevolezza che la loro situazione è figlia non della cattiveria di un guidice o di un legislatore, ma di una intera cultura.
armando
armando(Quota) (Replica)
si dice che le donne non votino le donne. Ed è una vergogna. Questa volta è indispensabile che le donne VOTINO LE DONNE.
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E’ evidente che non si fidano tra di loro, una che dice: è frustrante che un uomo ti invita a cena solo perché vuole sesso da te…
Leonardo(Quota) (Replica)
Tutti sappiamo che l’Italia entrò in guerra nel 1915 per volontà di Salandra e di un gruppo di minoranza, contro la volontà dell’intero popolo italiano.Come del resto in mille occasioni le caste al potere si sono imposte a milioni di Italiani, trascinandoli spesso nella rovina e nella follia. Anche adesso la casta impone il nucleare, la guerra di Libia, e chissà in quali rovine miliitari e/o finanziarie finiremo invischiati. E quel che è peggio, la casta impone scelte di costume ad un intero popolo, scelte che soltanto agli occhi di mio padre, se potesse vedere, apparirebbero pura follia o semplici barzellette. E ahimè, non c’erano forse piazze urlanti che chiedevano cannoni al posto del burro? e non ci sono maschipentiti che sbrodolano su tutti i media per farsi “rieducare” dalle donne? Ecco: sembra che per capire il male delle scelte folli che le elites impongono ai popoli, l’unica strada per i popoli sia quella di passare attraverso il disastro che ne consegue. Chi ragiona e avverte del disastro incombente, è inascoltato. Non è comunque buona ragione per fare silenzio e la luce va tenuta accesa e se possibile ben visibile.
cesare(Quota) (Replica)
A seguito della vicenda Strauss Kahn, ecco scatenarsi l’attesa conseguente e coatta epidemia di confessioni e pentimenti, e relative dichiarazioni di abiura dal maschile, degli psicolabili che governano il Mediaculpop contemporaneo.
Da Il Foglio di oggi:
1) articolo di Buttafuoco descrive la registrazione del programma di Lerner “l’Infedele” su kahn e il corpo delle donne, che andrà in onda Lunedì prossimo sulla 7. Ecco quello che dirà Lerner come apertura del programma:
“La parte migliore di me è quella femminile. Ed è quella che mi ha spinto a prendere la tessera del PD. E’ quella che mi porta all’urgenza di una sensibilità altra. Ed è perciò che anche questa sera torniamo in argomento con un tema caro all’Infedele: il corpo delle donne.”
Non so perchè ma mi viene in mente la canzone dei Gufi:
“non correte scappiamo anche noi, alla pelle teniam come voi, meglio bekki e figli di troia, che far gli eroi per casa Savoia.”
Mah!
cesare(Quota) (Replica)
Il signor Strauss Kahn era il presidente del FMI, cioè di un’organizzazione creata per fare affari affamando gli Stati più poveri e/o in difficoltà. Il caso Strauss Kahn sarebbe stata l’occasione di riflettere su quest’aspetto. Ma i modesti giornalisti, categoria alla quale Lerner appartiene a tutti gli effetti, non ci arrivano. Meglio riproporci l’ennesima trasmissione intrisa di vittimismo femminista, più vicina alla propria mediocrità. C’era una volta, per la sinistra, un’emergenza chiamata “fame nel mondo”, di cui anche FMI è responsabile, sostituita oggi da una minigonna o da un decolletè in televisione. Come sarebbe stato interessante, invece, un bel “processo” sulle politiche economiche proposte dal signore sotto accusa e dai suoi compari, caro Lerner! Ah dimenticavo, non sono queste le emergenze oggiorno, come Lei da un anno a questa parte ci insegna: più importante è continuare a indignarci per la velina di turno.
Alessandro(Quota) (Replica)
beh ,cesare ,niente di nuovo ,purtroppo , sotto i palinsesti ,dove si traduce in gli uomini cattivi e le donne buone ,la trasmissione di Gad ledner potrebbe durare si è no un paio di minuti ,ma c’è da far parlare tutte quelle sinistroide (che con la sinistra ,quella vera ,centrano come il due di bastoni mentre si va a denari )
non conosco i gufi , ma essendo un metallaro incallito propongo un pezzo molto heavy …
pantera .i ‘m broken
http://www.youtube.com/watch?v=YmS-JuVvVf4&feature=related
mauro recher(Quota) (Replica)
D’accordo con Sandro. Un uomo come Strauss Kahn non può essere schiavo delle sue pulsioni sessuali. Tanto più che uno nella sua posizione non ha certo bisogno di esporsi né tanto meno di saltare addosso ad una donna delle pulizie di un hotel per fare del sesso. Ammesso naturalmente che sia vero (non l’atto sessuale che lo stesso Strauss Kahn ammette esserci stato, ma la violenza) perché, al momento, non si hanno prove certe e inoppugnabili né si hanno notizie su come si siano svolti realmente i fatti e, allo stato, l’unica cosa certa è la denuncia per violenza sessuale da parte della donna.
Quindi, anche in questo caso, come in tanti altri, è l’accusato che si trova nella condizione di dover dimostrare la propria innocenza e non il contrario. E come in altri casi simili, viene gettato in gattabuia senza troppi complimenti. Questo avviene perché, di fatto, per l’opinione pubblica ma anche per la giustizia, di classe (Strauss Kahn esce di galera e posto agli arresti domiciliari pagando una cauzione di 1 mln di dollari e “offrendone” altri 5 come garanzia; chi non dispone di queste cifre,cioè il 99% degli uomini, resta “ospite” delle rispettive patrie galere dove rischia di essere sodomizzato in base al codice non scritto che vige fra i detenuti) e di genere , americane, è già colpevole. Spetterà a lui dimostrare la propria innocenza e non all’accusa dimostrarne la colpevolezza.
Ciò detto, la vicenda non può non farci riflettere. Vado per punti:
1) L’accusa di violenza sessuale, vera, presunta o del tutto inventata, è diventata ormai uno strumento di lotta politica. Resto convinto che Strauss Kahn, al pari di tanti altri, sia stato vittima di un complotto ai suoi danni (magari giocando sulle sue debolezze…). Qualcuno sta brindando in questo momento e credo proprio che all’Eliseo e forse anche alla Casa Bianca qualche bottiglia l’abbiano aperta. D’altronde la Francia di Sarkosi è di fatto l’attuale gendarme degli USA in Libia e nel bacino del Mediterraneo e ambisce ad assumere il ruolo di potenza egemone in Europa, anche a livello militare, che per ragioni di ordine storico politico non può esseere assunto dalla Germania. D’altronde gestire un paio di guerre e di occupazioni militari in grande stile più una guerra “preventiva” e permanente strisciante su scala planetaria non è un impegno da poco per nessuno, neanche per l’America, e allora qualcuno una mano la dovrà pur dare…
Strauss Kahn sarebbe con ogni probabilità diventato il prossimo competitor di Sarkosi (le cui scelte politiche sono peraltro molto influenzate dalla moglie, Carla Bruni) alle future presidenziali francesi. E’ ovvio che in questo modo i giochi per lui sono chiusi, anche se dovesse uscire “pulito” dal processo.
2) Il reato di violenza sessuale è ormai stato assunto dalla pubblica opinione (oltre che dai codici penali degli stati occidentali) come quello più grave e infamante. Non c’è più nessuna proporzione fra le condanne comminate per stupro e quelle per qualsiasi altro reato, sia pur gravissimo, come ad esempio l’omicidio (per dirne uno). In Italia siamo arrivati al punto che i condannati per violenza sessuale sono gli unici a non poter usufruire dei benefici e degli sconti di pena previsti dalla legge Gozzini. Il che rappresenta una vera e propria aberrazione perché significa considerare un pluriomicidio aggravato meno grave di uno stupro. Il che è semplicemente aberrante. Ma questa degenerazione/manipolazione del Diritto è stata possibile appunto perché questa concezione è stata interiorizzata e fatta propria dalla cosiddetta pubblica opinione, che oggi è una miscela di quella che una volta chiamavano “maggioranza silenziosa” e benpensante e la nuova (maggioranza o minoranza? Minoranza nei numeri, ma maggioranza dal punto di vista politico, senza dubbio…) “politically correct”. Non è un caso che le leggi antimaschili e “scattamanette” vengono approvate all’unanimità da tutti i partiti dell’arco costituzionale.
3) Il concetto di stupro non è più quello che si intendeva una volta, cioè un rapporto sessuale estorto con la violenza o con la minaccia della violenza (verificato anche in seguito a perizia medica e con prove certe, come per qualsiasi altro reato, sia chiaro) perché si è modificato nel corso degli ultimi 40 anni fino ad assumere un significato completamente diverso rispetto a quello che aveva prima. Il caso Assange e le leggi in vigore nei paesi scandinavi e nordeuropei (ma la giurisprudenza di casa nostra è già da tempo su quella strada) ne sono l’esempio più evidente, laddove un rapporto sessuale non protetto è considerato stupro, così come un approccio sessuale troppo audace o magari anche eccessivamente aggressivo (fatto grave in sè, quest’ultimo, ma certamente non da considerare come uno stupro, che è ben altro…).
4) Negli USA il femminismo prima maniera è dominante da un pezzo. A mio parere l’”affaire” Strauss Kahn, un uomo di potere incastrato da una cameriera, oltre che un complotto ai suoi danni è al contempo anche un’operazione mediatica (la nuova gestione “politically correct” di Obama e consorte deve mandare dei segnali a quella fetta di borghesia“rosa” che la sostiene; guarda caso la stessa che ha difeso a spada tratta il regista intellettuale “liberal”, Roman Polansky, accusato di stupro ai danni di una allora minorenne) per dimostrare quel che più falso non potrebbe essere e cioè che in quel paese la “legge è uguale per tutti”, come ha tenuto a ribadire il Procuratore distrettuale di New York, Cyrus Vance. Balle, ovviamente. Fumo gettato in faccia alle pubbliche opinioni e ai gonzi che ci vogliono credere. Non esiste un sistema giudiziario più classista di quello americano, oggi anche sessista. Non lo scopriamo certo ora. Sarebbe interessante oltre che illuminante fare un viaggio nell’arcipelago penitenziario americano per verificare chi, perché e in quali condizioni è detenuto (quasi esclusivamente maschi, quasi tutti poveri, una gran parte di colore). Ciò detto (che già sapevamo) sarei curioso di vedere, a parti invertite, che cosa accadrebbe se un ascensorista maschio di un hotel denunciasse per molestie sessuali la prossima nuova direttrice dell’FMI (in pole position) .
5) L’”affaire” Strauss Kahn dimostra ancora una volta quanto sia fragile la maschilità, quali siano i suoi punti deboli (dipendenza sessuale e psicologica dal “femminile”), e questo sia se si appartenga alla “elite” dei maschi alpha piuttosto che alla moltitudine dei maschi beta. Anche questo lo sapevamo già ma è bene sottolinearlo.
6) Sottoscrivo ogni rigo degli interventi di Alessandro e Cesare. In fondo, da un certo punto di vista, l’”affaire” Strauss Kahn è simile a quello “Berlusconi”. Anche il secondo poteva e doveva essere messo sotto accusa (diciamo sotto attacco politico) per ben altre ragioni e invece, sarà un caso, ma la prima legnata elettorale gli è arrivato subito dopo lo scandalo delle escort e delle “olgettine”… Entrambi insomma sono scivolati sulla buccia di banana del sesso (naturalmente in modo estremamente diverso, data la diversità delle accuse) e stanno pagando a caro prezzo quella “debolezza”, che per questo “nuovo ordine sociale e di genere” è anche “colpevolezza”. Se la cavano e se la caveranno (relativamente…)soltanto perché sono maschi alpha (vittime di quel sistema che loro stessi hanno sempre sostenuto e continuano a sostenere).
Per Gad Lerner ma soprattutto per Adriano Sofri, devo essere onesto (e mi dispiace pronunciare parole così forti perché non è nella mia natura, ma non posso neanche fingere) provo un certo disgusto. Lerner è un abile mestierante, e va bè, non vale neanche tanto la pena perderci del tempo…Sofri è di una razza ben peggiore, è un “pentito”, nel senso più spregiativo del termine. E siccome non è un mediocre come Lerner ma un uomo di grandissima intelligenza e talento (ampiamente sopra la norma, e non parlo per sentito dire) il suo comportamento è decisamente più grave del primo. Un personaggio purtroppo molto negativo, per quanto mi riguarda. In questa sua vis “pentitistica” e “rinnegazionistica” avesse almeno avuto il coraggio di ammettere che in effetti non è del tutto estraneo all’omicidio di Calabresi (e non solo, come dice lui, per responsabilità morali…) avrebbe fatto molto di più bella figura rispetto a quella che ha fatto oltre ad essere anche più stimabile e rispettabile come uomo. Ma, ovviamente, sarebbe stato espulso dal “jet set politicamente corretto”, starebbe ancora in galera e non ci delizierebbe con i suoi editoriali su “Repubblica” dove, guarda un po’, illo tempore inneggiava alla guerra umanitaria nei Balcani contro i criminali serbi. Dopo qualche anno abbiamo scoperto che i “cattivi” non erano tanto i serbi quanto i kossovari e gli albanesi ma questo è un altro discorso… La cosa fondamentale è che la Serbia, da paese orgogliosamente panslavo quale era, sia stato ridotto a suon di bombe ad una provincia dell’impero occidentale….
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“La parte migliore di me è quella femminile”
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In questo caso, per coerenza dovrebbe mettersi a 90° e farsi sfondare il didietro da un nordafricano iperdotato, magari in diretta tv, così mostra a tutti la sua “parte migliore”.
Che dite? Glielo suggeriamo?
sandro(Quota) (Replica)
A mio parere il problema di fondo è che gli uomini (i maschi) odiano profondamente gli altri uomini (maschi).
Quindi il vero problema è la misandria maschile.
Luca(Quota) (Replica)