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La Questione Maschile, in quanto condizione reale (carne e sangue), presa di coscienza (elaborazione teorica) ed evento storico-sociale (uomini di fatto in azione) è un prodotto della società industriale giunta ad un dato stadio di sviluppo e definibile: Società Industriale Avanzata (SIA) (*1), questione sociale che nasce quando si creano le condizioni per cui il Genere femminile può mantenersi da solo senza il contributo maschile.
Quell’evento segna un passaggio epocale che minaccia di essere irreversibile. Esso ha in ogni caso ridislocato i fondamenti del rapporto tra i Generi. Se UU e DD fossero uguali (sotto ogni riguardo) e in particolare nelle ragioni (pulsioni e bisogni) che spingono gli uni verso le altre e viceversa, nessuna rivoluzione potrebbe alterarne la relazione. Perciò affermare che essa è stata sconvolta dalla SIA significa ammettere implicitamente ma necessariamente l’esistenza di una diversità precedente e di fondo che è condicio-sine-qua-non di quello stravolgimento.
I MM cercano nelle femmine sesso e cura, le FF vogliono dai MM protezione e mantenimento (mentre il fatto riproduttivo in sé – l’inseminazione – ha rilevanza di altro genere).
In sintesi estrema (ma essenziale) questa è la struttura del rapporto, fondato su uno scambio che è asimmetrico nella natura del baratto: benefici solo materiali (protezione e mantenimento) contro benefici sia materiali (cura) che psicologici (psicoemotivi: orgasmo) (*2). Benefici acquisibili anche senza relazioni con l’altro (protezione e mantenimento) o impossibili da ottenere autonomamente (attività sessuale). Libertà potenziale (ora fattuale) per F contro dipendenza sistematica e ineliminabile per M.
La connessione tra SIA e QM è stata pienamente colta 70 anni fa, ancorché esplicitata con riferimento al femminismo (che precede la QM storicamente e logicamente), da J. A. Schumpeter : “Il femminismo è un fenomeno eminentemente capitalistico”. Il femminismo postmoderno(*3) è la narrazione storica (l’Epopea) di un Genere che entra nell’era dell’autosufficienza e la QM è la reazione vitale (pragmatica) a quel processo e la risposta (“dialettica”) a quel racconto. (Il fatto che la QM sia stata posta soggettivamente – emersa alla coscienza – solo 40/50anni dopo la sua nascita strutturale/oggettiva è argomento rilevantissimo ma esula dal tema specifico).
Con l’avvento della SIA l’asse portante della relazione F→M si frantuma attraverso quella che va sotto il nome di “emancipazione femminile”, mentre non subisce alcuna variazione la relazione inversa M→F. Nasce allora un nuovo rapporto che può essere concettualizzato così: mentre le DD non hanno più bisogno degli UU, il reciproco non è vero. Di qui la supremazia strutturale del Genere F. Si tratta di un fatto fondante che potrebbe durare sino a quando esisterà la SIA nei suoi diversi stadi di sviluppo. Stadi che, prospetticamente, lasciano intravedere come certo(*4) l’avvento di una società nella quale le attività di polarità maschili (comportanti fatiche, usura, rischi, sporcizia) saranno ridotte a frazioni minimali e infine del tutto eliminate dalla robotizzazione del lavoro. Società dunque in cui tutte le attività produttrici di reddito potranno essere svolte dalle DD.
Nel suo sviluppo la SIA ha poi aperto la possibilità dell’autoriproduzione femminile, prima a mezzo della fecondazione assistita (fatto reale) e poi con la clonazione (prospettiva imminente). Due eventi dirompenti sul piano simbolico in quanto escludono il maschio e l’intero Genere anche dalla funzione riproduttiva. La femmina si mantiene e si riproduce da sola: l’inutilità maschile è conclamata. La distruzione strutturale del valore maschile sembra compiuta.
FEMMINILIZZAZIONE SOCIALE
Non basta. La SIA infatti non sta all’origine della QM solamente per i motivi detti, così nuda e senza connessioni con altri aspetti e fattori. Quasi tutto in essa è correlato, confacente, pertinente alle polarità del femminile. Si fonda infatti sull’espansione del ciclo produzione-consumo-produzione, e quindi sul consumismo (shopping), sulla creazione (per l’immediata soddisfazione) di nuovi e crescenti bisogni (capricci/mode). Il progresso tecnico aumenta poi senza fine il numero e l’estensione applicativa delle facilitazioni/semplificazioni (le “comodità”) degli automatismi, delle sicurezze etc..
La SIA è intrinsecamente femminilizzante e questo suo carattere si manifesta progressivamente ad ogni successivo stadio del suo sviluppo. Tecnica (effetto e causa della SIA), femminilizzazione e femminismo sono fenomeni diversi ma strettamente correlati e tutti sinergici e simbionti. SIA: una creazione maschile che sembra fatta precisamente sul calco delle polarità femminili. Nessuno stupore che le DD vi si siano placidamente “accomodate”. “Liberami di te, amore!” – “Ecco fatto, tesoro!”.
IL VERSANTE CULTURALE
E’ necessario non equivocare: i fatti soprarichiamati rappresentano fattori condizionanti ma non determinanti giacché tutte le relazioni sociali si collocano in una zona intermedia tra la dimensione materiale e quella immateriale (culturale in senso ampio).
Del resto, se la componente materiale fosse meccanicisticamente determinante,la storia sarebbe senza aperture (sarebbe prescritta), ogni azione mirante a orientarne il corso sarebbe assurda, la responsabilità individuale e collettiva svanirebbe ed il valore dei fattori culturali sarebbe nullo. Ma la storia stessa mostra che non è così ed il presente lo conferma. Se conoscenza e valori (che danno forma alla psiche collettiva) fossero ininfluenti la propaganda non avrebbe motivo di esistere. Nel nostro caso, il pestaggio morale antimaschile non avrebbe ragion d’essere e l’intera Grande Narrazione Femminista non sarebbe che uno sterile vaniloquio: un puro rispecchiamento di rapporti di forza materiali. Invece essa è feconda e produttrice di valori: ossia di comportamenti orientati, condizionati, mirati. Poiché a questo argomento è dedicato il mio saggio (Qmdt, disponibile in rete) rimando ad esso.
Nel rapporto tra i sessi poi, i fattori psicoemotivi hanno un peso ancora maggiore che nelle altre relazioni (e in quello genitori-figli essi sono decisivi).
Vi sono quindi due versanti da tenere in considerazione e sui quali possiamo agire con diversa incidenza. In modo (potenzialmente) incisivo, diretto e fattivo su quello culturale, in modi tutti da individuare e con effetti tutti da valutare su quello materiale, ossia sulla forma socioeconomica della società occidentale postindustriale globalizzatrice ( “capitalismo assoluto” per dirla con C. Preve). La dimensione culturale è una roccaforte (potenzialmente) conquistabile, ma che dire di quella materiale ed economica (strutturale, per usare un concetto marxista)?
SOCIETA’ INDUSTRIALE O CAPITALISMO?
Quella che segue non è una questione di lana caprina, ma di sostanza nella lettura del reale e del possibile e perciò nel posizionamento ideal-politico del Movimento maschile in tutte le sue componenti (gruppi e individui) ovunque si collochino, nonché nella individuazione delle possibilità di incidenza della nostra azione.
La SIA coincide con il capitalismo o questo ne è solo la forma passata e attuale? Questa è la domanda.
Se con il termine “capitalismo” si intende puramente e semplicemente riferirsi alla “società industriale” sotto qualsiasi forma e in qualsiasi stadio del suo sviluppo, allora la QM pone – ed è – una critica (nella teoria e nella prassi) al capitalismo stesso, giacché SIA e capitalismo sarebbero sinonimi. Se invece “capitalismo” è limitato alla società industriale del libero mercato e della proprietà privata (al suo specifico “modo di produzione” – oggi vincente) allora si ammette l’esistenza possibile di una diversa SIA, fondata bensì su un modo di produzione non capitalistico (oggi tutto da inventare) ma, nel suo carattere centrale (riferito alla QM), analoga in quanto espressione di un nuovo stadio del suo sviluppo ma preservatrice dell’attuale squilibrio strutturale tra i sessi.
La società industriale è nata in forma capitalistica e ad essa è ritornata, ma dal 1917 (o almeno dagli anni Trenta) al 1989, in una vasta parte del mondo si è articolata in una diversa versione. Abbiamo avuto per 70 (o 40/50) anni, due società industriali: una capitalista (libero mercato e proprietà privata) e l’altra comunista (proprietà statale a economia pianificata). Storicamente (de facto) è esistita dunque in due versioni fino ad un certo stadio di sviluppo, da identificarsi con il passaggio dalla società dell’industria pesante a quella dell’industria leggera e dei servizi. Se nel passato ha avuto più forme, nel futuro potrà accadere lo stesso? Potrebbe abbandonare quella che oggi ha?
Insomma la domanda è: la SIA, società della tecnica (o la “Tecnica” tout court) coincide necessariamente con il capitalismo o la sua attuale forma (capitalistica) è solo un fenomeno contingente?
Con la fine dell’uno muore anche l’altra (e viceversa) o può quella durare e svilupparsi senza questo, sotto altri ‘modi di produzione’, in altri contesti, in altre forme, sotto altri cieli e valori?
Se la critica/condanna del capitalismo include anche quella della SIA, comunque data, ciò indica che ci si oppone alla SIA e la si considera superabile e reversibile.
Se invece la critica/condanna si limita alla sua forma contingente (capitalismo), c’è il rischio di salvare ciò che davvero ha sbilanciato i rapporti F/M: la Tecnica, la quale però potrebbe – in futuro – anche brutalmente riequilibrarli (almeno in parte, come vedremo).
“Il capitalismo ha i secoli contati”, scriveva G. Ruffolo, ma la SIA postcapitalistica (la società tecnologica, la “Tecnica” di U. Galimberti*6) potrebbe avere addirittura …i millenni contati. Potrebbe forse costituire il destino umano a tempo indeterminato.
AMBITO DELLA LOTTA E FUTURO DELLA QM
Si tratti di secoli o di millenni, resta il fatto che, così stando le cose, la QM sembra senza soluzione per molte generazioni a venire.
Di qui l’attesa e talvolta l’evocazione aperta della Grande Catastrofe, dello Sconvolgimento Epocale, della Rovina Planetaria della SIA (costruita dai maschi a proprio danno) come condizione della rinascita fondata sul ritorno all’epoca in cui erano indispensabili. Invocazioni all’Armageddon provenienti – episodicamente – da uomini di Dx e di Sx, da atei e da credenti.
Un brutale ritorno all’equilibrio rappresentato dal millenario, esplicito e crudo, ma al tempo stesso sano e salutare …baratto.
Eruttazioni di cuori esacerbati, inequivocabili segnali del fatto che non si vede luce in fondo al tunnel.
Ipotizziamo dunque che la Società Industriale Avanzata non smetta di …avanzare, (a prescindere dalla forma sociale che assumerà) e che con essa si sia entrati in una condizione irreversibile. Allora saranno irreversibili anche alcuni di quei suoi effetti che hanno sbilanciato il rapporto tra i sessi. Rimanendo sul piano materiale, si può però immaginare che essa potrebbe creare in futuro gli uteri artificiali e la produzione massiccia di amanti sintetiche.
Due invenzioni (per ora solo a livello di grezzi prototipi) che in effetti lederebbero a fondo il valore del genere F, anche se non è certo che sarebbero in grado di azzerarlo come quello degli UU. In particolare il secondo potrebbe rappresentare un fattore decisivo, benché sia difficile pensare che un corpo in carne ed ossa possa essere sostituito (psicoemotivamente) da una entità sintetica, per quanto “perfetta”.
In questa prospettiva la SIA starebbe per dare alle FF una stangata (quasi) pari a quella già subita dagli UU.
Ma le cose stanno davvero così? Davvero non c’è rimedio allo squilibrio se non nell’evoluzione stessa della SIA e nei suoi venturi (aberranti) ritrovati tecnici? La parità dovrebbe collocarsi solo al fondo della disumanizzazione e nelle forme dell’apartheid? I ponti crollati non sono in alcun modo sostituibili, bypassabili e quelli che possono crollare, lo faranno necessariamente?
No, se si riconosce l’esistenza di condizioni e forze in grado di equilibrare il rapporto ad onta di quei fatti. Ora, non potendosi trovare sul piano materiale (che opera in direzione opposta), quelle forze devono agire nella dimensione immateriale, psicologica e valoriale. E infatti è là che si trovano ed è a mezzo di una battaglia, o meglio di una guerra culturale – di lunga durata – che la partita può essere vinta.
In sostanza siamo chiamati ad intervenire nella dimensione psichica, a rigenerare il sistema simbolico, l’insieme dei valori (stati, condizioni, dinamiche psicoemotive) che presiedono, regolano e guidano la relazione M/F e l’intera società. Si sa e, prima ancora, si sente che quello è il terreno di lotta. Di qui il fascino oscuro – quasi inconfessabile – dell’Islam (comunque lo si giudichi), che fonda la sua forza sulla difesa di un sistema simbolico intatto e che ne protegge l’integrità in tutti i modi, come se temesse che, corroso quello, la rovina dilaghi. I talebani considerano la Tv un’arma impropria pericolosissima, benché dal monitor non escano bombe. Hanno ragione, ne escono le psicobombe della seduzione, le quali devastano (“corrompono”) il territorio-base della civiltà: la psiche.
Ora quelle forze e dinamiche immateriali che di fatto agiscono in direzione mortifera possono e devono agire nell’altra, quella salvifica.
La QM innesca un aperto conflitto culturale volto a modificare lo stato psichico collettivo attraverso la costruzione di un nuovo racconto maschile, da gettare sul piatto della bilancia. Vi è inclusa la riumanizzazione della relazione. Un nuovo Passato e un nuovo Presente per un futuro vivibile. Sotto qualsiasi cielo.
RDV
*1) Società Industriale Avanzata (SIA): ogni periodizzazione/denominazione di processi, eventi e fenomeni è sempre criticabile, precisabile, modificabile, sostituibile. (Vedasi Società dell’industria pesante, S. dell’industria leggera, S. dei servizi, S. postindustriale, S. del Terziario, S. del Quaternario etc. etc.: dove, quando, fin quando, perché, etc.- Ad es. il termine SIA – che a qualcuno può persino suonare nuovo – è stato criticatissimo a Sx negli anni 70/80 per ragioni che qui tralascio). L’importante è non fissarsi sul dito ma guardare la luna.
*2) Orgasmo come fatto psichico: ogni entità/evento/esperienza ha ovviamente un sostrato materiale. Si tratta di capirsi.
*3) Postmoderno: vale quanto alla prima nota. Si possono/devono fare molte precisazioni sul senso attribuito da Schumpeter a “femmimismo” e “capitalismo” nonché sul significato di “moderno” “postmoderno” etc. Ad es. anche il femminismo “classico” dell’Ottocento-primo Novecento era un prodotto del capitalismo (nella sua fase di sviluppo che precede la SIA). Etc. etc.
Ovviamente si può opinare sull’uso del termine “classico” etc. etc.
*4) …intravedere come certo…: ovviamente nulla è certo, perciò si dice che non bisogna fare previsioni …sul futuro. Qui viene assunta come ipotesi di base la durata sine die della SIA. Se invece crolla, il discorso cambia, ça va sans dire.
*5) URSS (e Cina non citata:): vale la nota *1 con molte altre osservazioni e precisazioni. Tra cui: intendo che la Cina sia un paese capitalista dall’epoca delle “4 Modernizzazioni” le quali sono state avviate allo scopo di immettere il paese nella SIA, condizione per la creazione della sua potenza economica planetaria. Tesi opinabile (…come le altre, del resto).
*6) Per quanto ho potuto saperne, né Schumpeter, né Ruffolo, né Galimberti*, né Preve (né infiniti altri) si esprimono sulla questione se il capitalismo coincida necessariamente con la società industriale (si potrebbe però discutere su Galimberti e il suo concetto di “Tecnica”).
190 Commenti
Luca
A mio parere il problema di fondo è che gli uomini (i maschi) odiano profondamente gli altri uomini (maschi).
Quindi il vero problema è la misandria maschile.
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Vero.
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mauro recher
I’ m Broken, significa mi sono rotto?
Come video Rock appropiato credo sia pure Go to hell di Alice Cooper, che sarà la reincarnazione di una strega, ma sto video del 1978 esprime bene la situazione, specie nel finale:
http://www.youtube.com/watch?v=g86Gr3-Nwq8&playnext=1&list=PLBBEC69F0869947A3
Leonardo(Quota) (Replica)
@leonardo ,si significa proprio quello .sempre sopra le righe Alice Cooper
proprio oggi ho letto un intervista della Zanardo ,non manca il suo disappunto sugli uomini di oggi
http://womanjournal.wordpress.com/2011/05/20/quando-gli-uomini-fuggono-intervista-a-lorella-zanardo/
mauro recher(Quota) (Replica)
Riporto il titolo di un libro, l’autore e una citazione (da Il Foglio, Sabato 21 maggio 2011, articolo: “La tirannia della pornocrazia”).
Scruton è uno dei più influenti filosofi al mondo secondo il New Yorker e le sue idee sul sesso sono esposte nel saggio “Sexual desire” del 1986.
Veniamo al ruolo di vittima di Strauss kahn. Dice Scruton:
“L’isteria della liberazione sessuale ritiene ogni maschio colpevole. L’uomo è colpevole per definizione. La donna è invece la grande vittima ideologica del nostro tempo. Strauss Kahn è una sorta di capro espiatorio di un moto iniziato negli anni sessanta. Prendiamo il cosiddetto “date rape”, lo stupro nel caso in cui due persone sono almeno in parte consenzienti o si conoscevano. E’ un ottimo esempio del modo in cui le femministe hanno saputo rovesciare la questione sessuale, manipolarla, modificarla. Prima l’uomo ottiene il consenso, poi questo consenso viene ritirato, ovvero prima le donne sono incoraggiate a fare sesso con chiunque vogliano, perchè è questo che proclamano, poi rinnegano il consenso per punire l’uomo. E’ il ciclo di ossessione e alienazione che circonda il sesso”…….”Il caso Strauss Kahn dimostra quindi la distruttività della liberazione sessuale, la furia del femminismo ideologico. Il concetto di violenza sessuale è diventato un’accusa autoproliferante, un modo per rilasciare la rabbia femminile contro gli uomini, una rabbia che è lo stesso prodotto della liberazione sessuale” (voluta dal femminismo stesso; quella liberazione sessuale per cui) “Il partner sessuale non è più l’oggetto del desiderio ma un mezzo, la componente della macchina del piacere”…….
“Lamore personale, conclude Roger Scruton, è stato sostituiito da una ossessione mentale per i genitali”.
Commento (mio) chiarimento (mio) delle citazioni di Scruton: la liberazione sessuale imposta dal femminismo si è risolta nella sistematica accusa femminista di violenza sessuale. Fatto ogni sforzo per liberare il sesso dall’amore per la persona, per rivendicarne l’uso a mò di ginnastica liberatoria, quando poi il sesso si è liberato dall’amore, dalla sua effettiva connaturata capacità di coinvolgere interamente la persona, il femminismo lo ha accusato di essere solo violenza. Le innamorate inconsapevoli hanno insomma scoperto che il sesso senza amore non andava loro bene e lo hanno giudicato il Male. Da qui l’ideologia della donna vittima, del maschio colpevole, la donna il Bene e il maschio il Male; e il gioco del consenso e contemporaneamente del ritiro del consenso, la terribile trappola con cui si è trovato il modo di distruggere i maschi. E aggiungo: non c’è solo questo a mio avviso perchè, terribile a dirsi, ma verificato nella realtà, la terribile trappola è stata anche occasione per molti e per molte per sostenere e ottenere la sostituzione dei maschi e del maschile con le femmine e il femminile nel ruolo lasciato libero dall’accusato. Perchè non sostituire il Male con il Bene, nei posti che contano? Realtà per la quale, se sarà confermata nel tempo, mi viene in mente il seguente pensiero paradossale e assolutamente poco politycall correct: come si è fatta la legge che rende non edificabili i terreni che sono stati bruciati dai piromani, così i posti liberatisi perchè un maschio è stato bruciato da un’accusa sessuale dovrebbero non essere attribuiti alle donne. Altrimenti, visto che basta la parola femminile a dimostrare la colpa maschile e provvedere alla sua rovina, e vista l’azione di lobby internazionale sviluppata ormai dal femminismo e dai maschi pentiti, tra idennizzi milardari per le femmine denuncianti e carriere strepitose per le femmine sostituenti, la liquidazione di ogni ruolo maschile che conti sarà un obiettivo facilissimo da conseguire e sarà sempre più all’ordine del girono: basterà mettersi d’accordo per un’accusa sessuale. Fantasia assurda? nemmeno per sogno: organizzazioni di “piromani e piromane” che creano contro mariti e i padri false accuse di violenza sessuale si sono già viste e sono all’opera da tempo nei conflitti familiari (vedi quanto riporta Paul Josef Cordes,ediz. Marietti, 2002). Perchè qusto business criminale non potrebbe essere allargato ad altri campi ben più proficui di quello praticato oggi di far andare in galera e rovinare un papà?
cesare(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/650a1a551f275764d1dccfb52fc829de.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=14098:lettera-aperta-delle-donne-milanesi-a-giuliano-pisapia-grazie-sindaco-siamo-con-te-ora-una-vicesindaca-donna-e-rappresentanza-paritaria-in-giunta-e-nella-macchina-amministrativa&catid=43&Itemid=84
> LETTERA APERTA DELLE DONNE MILANESI A GIULIANO PISAPIA: GRAZIE SINDACO, SIAMO CON TE.
ORA UNA VICESINDACA DONNA E RAPPRESENTANZA PARITARIA IN GIUNTA E NELLA MACCHINA AMMINISTRATIVA.
Lettera aperta a Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano
Caro Sindaco,
innanzitutto i nostri complimenti per una vittoria di cui ci sentiamo parte e i nostri auguri di buon lavoro per la sfida impegnativa che attende te, la squadra che formerai, ma anche tutta la nostra città che ha dimostrato, durante questa lunga campagna elettorale, una vitalità intelligente e una capacità di progetto di cui pensiamo saprai, in autonomia di scelta, fare tesoro.
L’interlocuzione che hai avuto con il nostro comitato e con le associazioni che compongono il mondo femminile milanese, che è passata attraverso gli incontri, le lettere aperte e i lavori delle Officine, ci fa dire oggi che Milano sarà finalmente governata – nella giunta comunale, nella macchina amministrativa e nelle società partecipate – da donne e uomini secondo l’ottica della democrazia paritaria e della competenza, come tu stesso hai più volte affermato di voler fare.
Le donne milanesi con le quali abbiamo riempito le piazze del 29 gennaio, del 13 febbraio, dell’8 marzo e abbiamo “circondato” Palazzo Marino durante la campagna elettorale, presenti moltissime delle 180 candidate delle liste che ti hanno sostenuto, aspettano una risposta che sia all’altezza del loro investimento e che riconosca la loro forza e la loro competenza sulla città. La democrazia paritaria non si nutre infatti solo di numeri equivalenti tra uomini e donne, ma si fonda sulla sfida di uno sguardo differente sul governo metropolitano: per Milano è arrivato il momento di scegliere con decisione questa strada, già percorsa dall’Europa più avanzata.
Ecco perché siamo, con questa lettera aperta, a sollecitarti una scelta, concreta e simbolica insieme, che vada oltre la composizione paritaria e di pari peso della tua squadra di governo e che veda, accanto a te in qualità di vicesindaca, una donna.
In un momento in cui la città può e deve seriamente voltare pagina rispetto al fallimentare governo del centrodestra, non intendiamo avanzare né “sponsorizzare” candidature, ma vogliamo richiamare la tua attenzione sulla presenza di donne che vantano l’esperienza politica e la competenza amministrativa che un ruolo di questa importanza richiede. Donne che, oltre ai requisiti di cui abbiamo detto, hanno mostrato capacità di costante dialogo con le istanze dei quartieri, delle associazioni e del movimento delle donne e che sappiamo portatrici di quel prezioso sguardo sulla città che ci sembra imprescindibile per l’esperienza di governo che si sta inaugurando.
Siamo certe che saprai raccogliere il significato di novità e il valore aggiunto di una scelta del genere che non potrà che “fare bene” alla tua squadra di governo e alla nostra città.
In attesa di una tua risposta
Il comitato donne milanesi
Prime adesioni:
Amiche di Abcd, Arcilesbica Zami, Donne in quota, Di Nuovo Milano, Libera Università delle Donne, Udi Milano, Usciamo dal silenzio.
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da donne e uomini secondo l’ottica della democrazia
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Dal famoso “i maschi e le donne” di vecchia memoria, si è passati alle “donne e uomini”, anziché “uomini e donne”…
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P.S. Diversi anni fa, per la precisione nell’aprile del 1998, mi fu pubblicata una lettera su un noto settimanale, nella quale mi riferivo “all’uomo e alla donna”.
Beh, la redazione modificò le mie parole in “il maschio e la donna” (e perché non “l’uomo e la femmina”…?), particolare insignificante ai più, ma che in realtà non lo era e non lo è affatto.
Sandro2(Quota) (Replica)
Per la serie: sostenitori disinteressati…
Adesso è il momento di passare alla cassa. Le signore possono stare tranquille: Pisapia saprà essere molto generoso.
Mi ha colpito il termine “democrazia paritaria”, per giustificare la ripartizione dei posti ovunque le donne siano sotto rappresentate, ovviamente dove ci si accomoda in una poltrona o in un ufficio.
Se l’uomo occidentale non fosse quell’incredibile rincoglionito che è, sarebbe questo un grave autogol da parte delle femministe, perchè se applicassimo questo principio in tutto il settore pubblico, gli uomini avrebbero probabilmente risolto i loro problemi di disoccupazione e probabilmente vedremo le nuove eroine dei nostri tempi fare un’incredibile e comica retromarcia. Ah dimenticavo: la democrazia paritaria si applica solo dove lor signore desiderano. Questa sì che è coerenza!!!
Alessandro(Quota) (Replica)
http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:HKh72KvPEiwJ:www.bluestone.it/public/dpi/12-3.doc+qual+%C3%A8+la+percentuale+di+donne+iscritte+nei+partiti%3F&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESjIcR_46RnlsmK7cIgHcBvJZTiyNRyhxhHhCF-JOZRBfIj6CS0tgJyKWTUwJZQDP4Km2pIIo1VImv34f-tjC_wkP_w222gXMQndxW9P_zdnkNrMEXfCqZDb0fzvLX35s7v71t4R&sig=AHIEtbTn_26i7MuyTJ8We1XPSDi72lVIiA
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/e25487981b11569f4f8325cd003ede52.pdf
…
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/858fd2384ec47df77d79ec07e91d1bf5.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
Molto, molto interessante, Sandro, siamo di fronte ad una sorta di neostalinismo in salsa rosa http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/858fd2384ec47df77d79ec07e91d1bf5.pdf
Credo proprio che possiamo esprimere, per quello che può contare, tutta la nostra solidarietà ai lavoratori e ai sindacalisti della minoranza CGIL trentina espulsi da quel sindacato.
Un provvedimento d’altri tempi, ormai diventato anche ridicolo nel suo anacronismo (e non solo…). Ricordo personalmente, in tanti anni di attività e militanza politica,scontri interni di partito furiosi e spesso anche violenti (nel senso proprio del termine). Per non parlare delle male parole e degli improperi che ci si diceva, degli insulti e delle maldicenze che venivano fatti circolare ad arte (tutte robe assolutamente normali che chi ha fatto politica conosce benissimo…).
Se avesse prevalso, anche in quei frangenti, la logica dell’espulsione, ci sarebbero stati centinaia di migliaia di esplusi…
E’ evidente che i vertici della CGIL a livello nazionale hanno colto la palla al balzo per togliersi dalla scatole dei “rompicoglioni”; quale migliore escamotage dell’”insulto” sessuale al segretario nazionale? (ammesso che quello striscione possa essere considerato un insulto…)
Debolissima e anche squallida la replica di Giorgio Cremaschi, leader della minoranza interna della CGIL, che ovviamente, di fronte al presunto insulto sessista, è “costretto” a mettersi sugli attenti.
Sarebbe importante invece cercare di mettersi in contatto con quei lavoratori trentini. Mi attiverò in tal senso. Vale per tutti, ovviamente, specialmente se c’è qualcuno che ha relazioni sindacali.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Amiche di Abcd, Arcilesbica Zami, Donne in quota, Di Nuovo Milano, Libera Università delle Donne, Udi Milano, Usciamo dal silenzio, dicono grazie a Pisapia per il regalo di 6 assessorati per i famosissimi e sempre più riconosciuti meriti di santa Vagina, la categoria di pensiero e di valore più densa espressa oggi dalla civiltà occidentale (sic transit gloria mundi?).
Dal testo ufficiale di ringraziamento al Sindaco emerge un Pisapia “Mammo”, ringraziato da donne “bimbe/figlie”, per il suo regalo e la sua protezione. Un sorprendente (in USA le donne ti denunciano per discriminazione sessista ad aprir loro la porta!) tenerissimo salto indietro nel tempo a cui manca solo un Pisapia maturato in futuro nella ben più consistente paternità islamica per essere forse perfettamente adeguato ai desideri profondi delle “emancipate” figlie milanesi. Se così fosse, allora coraggio figliole, chè la Umma si avvicina: finalmente troverete il maschio credibile su cui poggiare il capo. Ecco a mio avviso, sottotraccia il senso del testo:
“Caro papino Pisapia, grazie che ci fai assessori e vicesindaci motu proprio, alla faccia delle regole della democrazia elettiva. Le tue bimbette a Milano per cantare la loro canzoncina, se tu non le avessi prese in braccio e messe sul tavolo davanti al pubblico dei cari familiari, avrebbero dovuto sfangarsela da sole. Per fortuna che Pisapia c’è! Continua a proteggerci anche per tutti gli altri giochi avendo cura che tutti siano obbligati a farci giocare, anche se, secondo le regole, non ne hanno la minima intenzione”.
cesare(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/442a04d0056d344c2bf1a0fd03cc7a8b.pdf
…
Sandro2(Quota) (Replica)
Non so se il capitalismo coincida con la SIA, anche se è lui che l’ ha creata (e oggi, in parte, l’ha
discreata per decompattare l’ avversario storico).
E’ vero che la tecnologia avvantaggia le donne perchè gli uomini hanno più forza muscolare, che con la tecnologia non serve più, e minori capacità
tecniche (forse, se si sta a vedere alle statistiche sulla maggiore incidenza dei disturbi di apprendimento, tipo dislessia, discalculia, disturbi di attenzione e iperattività, che sembrano colpire i maschi 4 volte di più delle femmine) che invece nell’ attuale società sono essenziali. Ma l’ assunzione che a causa di questo le donne non abbiano più bisogno degli uomini mi lascia perplesso. Ecco, forse sarò un sognatore, ma ogni essere umano, donne comprese, non ha anche bisogno di amore? Amore completo, non solo fisico.
Il ragionamento dell’ articolo non concede nulla al
sentimento. Anche se le donne avessero tutti i poteri del mondo e gli uomini fossero solo degli esuberi inutili, le donne non avrebbero lo stesso
bisogno dell’ amore degli uomini? Le donne non hanno sentimento?
Saturno(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/29ae84eca6932b6fd54d689736d9f1e6.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
oh finalmente non si parla male delle tecnologie sostituenti la donna (o l’uomo)!
aspetto l’articolo in tema.
invece ci sono due cose che non condivido di questo articolo:
1) l’atmosfera cupa
2) la schematizzazione dei rapporti tra uomo-donna . sei sicuro che anche le donne non siano alla ricerca di quel beneficio psicologico?
maschile individuale(Quota) (Replica)
http://www.ilgiornale.it/interni/usa_donne_piu_ricche_e_potenti/15-09-2010/articolo-id=473568-page=0-comments=1
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Usa, le donne più ricche e potenti
Per la prima volta negli uffici lavorano più femmine che maschi, ma soprattutto le giovani tra i 20 e i 30 anni hanno stipendi migliori dei loro colleghi. All’università le ragazze hanno superato i ragazzi nei dottorati di ricerca
di Cristiano Gatti – 15 settembre 2010, 09:54
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Se è vero che l’America prova dieci anni prima quello che poi proverà tutto l’Occidente, il maschio può prepararsi al suo tremendo declino. Proprio in questi giorni gli Stati Uniti certificano la fine dell’egemonia: gli statistici segnalano che nel 2009 sono arrivate al difficile «PhD», praticamente il dottorato per insegnare nelle università, più le donne degli uomini.
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Sorpasso storico: 28.962 femmine, 28.469 maschi. Ovviamente i numeri si portano sempre dietro un significato: in questo caso, è un fatto che il sapere,l’educazione,la cultura saranno sempre più nelle mani delle professoresse. Non è una cosa da poco: si parla di un ruolo strategico, soprattutto in un luogo come l’America, dove l’università non è un deposito clientelare di rottami familiari, ma una formidabile trincea di ricerca e di progresso. Il Paese più avanzato del mondo in mano alle donne: questa, senza altri giri di parole, la simpatica novità. E il termometro dell’inarrestabile febbre rosa non sta soltanto nei numeri fondamentali dell’università. Ci sono altri segnali perentori e inequivocabili. È di poco tempo fa l’annuncio, sempre dall’America, che le donne hanno superato gli uomini anche nell’occupazione dei posti di lavoro. Complice la crisi, che ha segato soprattutto lavoratori maschi, ormai le lavoratrici sono più del 50 per cento. Può bastare per dichiarare la resa? Potrebbe bastare. Ma nel dubbio ecco il colpo di grazia: contrariamente a quanto crediamo da sempre, e cioè che comunque gli uomini guadagnano di più rispetto alle colleghe, viene annunciato il sorpasso persino nelle retribuzioni. Nelle grandi città che contano e che fanno tendenza, da New York a Boston, da Los Angeles a Chicago, le giovani donne sotto i trent’anni sono pagate mediamente più dei loro coetanei. Precisamente, più 17 per cento. Neanche poco. Quante certezze finiscono in poltiglia: l’idea che il maschio porti a casa la pagnotta e lei stia in cucina a fare la sguattera, servendo il suo stanchissimo sovrano, è ormai una favola medievale. Negli Stati Uniti, cioè quanto prima in tutto l’Occidente, la famiglia tipo si sta brutalmente capovolgendo: lei esce a guadagnarsi da vivere, lui sta in casa a fare il mammo e a tirare la cera. È evidente: come maschi, viviamo ormai in una riserva indiana. Siamo accerchiati. Ci stanno attaccando da tutte le parti e non c’è verso di resistere. Prepariamoci: nel giro di qualche anno, anche in Italia dovremo alzare la bandiera bianca (occhio a usare l’ammorbidente, perché sull’ammorbidente lei diventa una bestia). Sarà una catastrofe. Loro si prenderanno i posti di comando, nelle aziende e nelle università.
Guadagneranno anche di più, togliendosi il gusto irresistibile di rinfacciarcelo puntualmente, dopo secoli di penose e umilianti richieste per avere i soldi della spesa. Ci tocca. Ce la siamo cercata. Quante volte abbiamo calato dall’alto quei quattro denari portati in casa, riuscendo pure a farle sentire in colpa per il solo fatto di pagare le bollette e acquistare la fettina. La storia gira, i ruoli s’invertono, adesso saranno loro a dettare i tempi e i modi. Noi, maschi al tramonto, dovremo fatalmente assaporare il gusto amaro e avvilente della minoranza. Sì, ci toccherà vivere in un Paese senza dibattiti sulle quote rosa. Ci toccheranno governi senza ministeri per le pari opportunità. Ci toccheranno uffici senza colleghe che frignano perché la donna deve sempre dimostrare qualcosa in più, la donna deve sempre occupare ruoli secondari, la donna devesempre subire i ricatti subdoli dei capi maniaci… Di più: ci toccherà vivere in una società priva di donna oggetto. Se gli Stati Uniti sono un’Italia in anticipo di dieci anni, fra dieci anni niente sarà più come prima.
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Arriverà il nostro straziante turno. Dovremo chiedere quote azzurre, chiederemo un ministero per le pari opportunità, piangeremo in ufficio perché la capa non valorizza il nostro talento, a meno che non ci mostriamo carini e accettiamo l’invito a cena. È scritto nel destino: ci aspettano tempi durissimi, ma non possiamo evitarli. Le donne ci stanno portando via tutto. E presto festeggeranno il loro trionfo. Però patti chiari: indietro non si torna. Che non si mettano in testa, dopo, di rifare cambio.
Sandro2(Quota) (Replica)
Medicina difensiva.
Questo non è un portato diretto del femminismo ma di quello e della femminilizzazione socioculturale, che ne forma il terreno di cultura.
Medicina difensiva perché ormai non ci sono errori ma solo colpe. Gli effetti di questo principio occulto sono progressivamente devastanti e si ritorcono contro le dichiarate intenzioni di chi lo promuove. La medicina non è il solo ambito in cui agisce, giacché l’intero spettro della vita sociale ne è toccato.
Ne faccio cenno qui a futura memoria. Ci è capitato di sfiorarlo, ma ci andremo a sbattere ancora e non mancherà il tempo per approfondire la questione.
Sul tema esiste ormai una certa letteratura.
Qui un link odierno.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/443091/
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Se mi si viene a dire che negli USA si consumano l’80% delle risorse mondiali, ed il debito statale non è più nemmeno esprimibile in un numero che abbia senso economico, fossi un maschio USA, più che un PhD, mi procurerei un bel campo da coltivare per autoconsumo o studierei da fabbro, da falegname, da sarto o attività simili: prima o poi finisce anche il latte della Mamma.
cesare(Quota) (Replica)
Cosa ne pensate di questo?
http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=17828:a-proposito-di-differenza-di-genere-qualche-suggestione-antropologica&catid=209&Itemid=0
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Cosa ne pensate della questione del doppio cognome?
http://www.blitzquotidiano.it/economia/semplificazioni-doppio-cognome-prefetto-patroni-griffi-1131747/
In teoria si tratterebbe di un “passo avanti”, ma nei fatti mi sembra un ulteriore calcio in culo all’uomo e alla figura paterna, che più tempo passa e meno conta.
Tra l’altro, su un quotidiano locale, ho letto che l’attuale governo starebbe “lavorando” anche sulla possibilità di “invertire” i cognomi: ossia prima quello materno poi quello paterno. Resta sempre una domanda: ma l’uomo medio, in sostanza, cosa cazzo conta più?
Non parlo a titolo personale, perché io, al pari di altri uomini di questa epoca, non devo sposarmi né mettere al mondo dei figli; parlo semplicemente dell’inconsapevole massa maschile, che sa tutto di questioni calcistiche, ma brancola nel buio per quanto concerne la guerra dei sessi.
Marco(Quota) (Replica)
Sono sempre degli uomini a suicidarsi a causa della perdita del lavoro.
http://www.corriere.it/cronache/12_febbraio_26/sucidi-lavoro-crisi_bfad2bf0-6083-11e1-aa87-12427cb0d5f0.shtml
Il contrario non accade mai.
Marco(Quota) (Replica)
La propaganda prosegue imperterrita.
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http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/02/26/visualizza_new.html_104319768.html
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Una buona notizia per l’Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama “unadjusted gender pay gap”, l’indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un’illusione.
La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d’Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
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Marco(Quota) (Replica)
@Marco
A me piace. E d’altronde in altri paesi latini, tipo Spagna, esiste da sempre come regola e non su richiesta. E non penso che là gli uomini l’abbiano interpretata come una perdita.
Se un uomo e una donna si sposano è giusto che nessuno si annulli civilmente nell’altro. Come sarebbe altrettanto giusto vietare l’uso del cognome del marito (famoso ovviamente) a donne divorziate o vedove. Ma ditemi allora chi riconoscerebbe Rosa Villecco o Daniela Garnero ad esempio.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Se non ricordo male, Armando non era affatto favorevole al cognome materno, per tutta una serie di motivi che lui sa sicuramente spiegare meglio di me.
Fabio C.(Quota) (Replica)
“Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d’Europa) al part time.” ???????
Non capisco, o capisco troppo bene.
Se la scarsa occupazione femminile e lo scarso ricorso al part time sono cause di riduzione del differenziale di retribuzione, ciò può solo significare
a parità di occupazione e in presenza di impiego a tempo pieno, le retribuzioni tenderevvero all’uguaglianza. Il che è tanto ovvio quanto misconosciuto, perchè a parità di qualifica e orario qualsiasi contratto di lavoro non può prevedere retribuzioni differenti. Ovviamente se le donne si situano in qualifiche più basse, ciò non attiene al problema della differenza di retribuzione. E’ un’altra cosa da cui non si deduce affatto nessuna discriminazione. Come sempre i media espongono l’argomento in modo truffaldino, per fare apparire che una donna che fa lo stesso lavoro di un uomo venga pagata meno. E poi di statistiche ne circolano a decine, e per niente attendibili. Secondo alcune il differenziale, in Italia, arriverebbe anche al 30 o addirittura al 50%. Come sempre una grande confusione per impedire di inquadrare con precisione il problema, per non dire verità scomode e poter proseguire nella propaganda vittimistica. L’unica statistica chiara, perchè espone con chiarezza la metodologia usata, è quella di alcuni anni orsono dell’Università Bocconi, condotta da una donna, dalla quale apparive che il differenziale, a PARITà DI MANSIONI E ORARI, era del 2%, cioè quasi nulla e spiegabile con gli “ad personam” erogati in funzione della produttività. Tutto il resto è fuffa, mascheramento, intorbidimento delle acque.
Sul cognome materno confermo in pieno la mia idea. Sono contrario. Ogni paese ha la sua storia, naturalmente, e non è daòl modo con cui si assegna il cognome che si può dedurre il tasso di femminismo o maschilismo. Però è significativo il momento e il contesto in cui la proposta viene avanzata. Per un uomo dare ai figli il proprio cognome ha una valenza simbolica importante, molto di più che per una donna per il semplice fatto che il figlio non è stato per nove mesi nel corpo paterno ma in quello materno. Il cognome paterno trasmette simbolicamente un intero corpo di valori, trasmette l’identità familiare, la continuità della storia di una famiglia. Rompendo questa trasmissione si interrompe il legame simbolico col padre, la cui importanza viene ancor di più sminuita a vantaggio di quella della madre. La parità nel cognome non è affatto tale, ma nasconde l’intento di privilegiare l’aspetto biologico rispetto a quello simbolico/culturale. E’ meno ipocrita Pisapia, allora, che presentò un disegno di legge esplicito che prevedeva che ai figli fosse assegnato il cognome materno. Almeno permetteva si discutesse della cosa senza infingimenti e con chiarezza. Le altre proposte sono invece solo un cavallo di troia per veicolare altro di quello che dicono.
armando
armando(Quota) (Replica)
Tra l’altro una donna che desse il proprio cognome al figlio, in realtà trasmette il cognome del proprio padre, del proprio nonno etc etc.
Rita(Quota) (Replica)
http://www.repubblica.it/esteri/2010/02/25/news/berlino_maschio_crisi-2421175/
La rivoluzione tedesca. La società sta diventando più femminile: e in molti fanno fatica ad adattarsi
E arrivano le richieste per creare una nuova figura un incaricato per le pari opportunità maschili
“Tuteliamo gli uomini
il nuovo sesso debole”
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
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“Tuteliamo gli uomini il nuovo sesso debole”
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BERLINO – Povero maschio, stai messo male. Hai perso la guerra dei sessi, almeno nelle società più avanzate. Le donne, in realtà moderne come quella tedesca ma non solo, ti hanno sorpassato o ti stanno detronizzando in ogni campo. Hanno imparato a conciliare carriera e figli, studiano di più e meglio, hanno un approccio più flessibile con le nuove tecnologie. Fumano e bevono meno, sono più sane, hanno una vita più lunga, è più raro che scelgano il crimine. La situazione degli uomini oggi, in Germania e nelle altre società postindustriali, è talmente drammatica e desolata che rende necessaria una nuova istituzione, una nuova figura: un incaricato governativo o un ombusdman, che si prenda cura delle pari opportunità per gli uomini. I quali ormai, non c’è nulla da fare, sono divenuti il nuovo sesso debole.
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La proposta dell’ombudsman per le pari opportunità maschili sembra provocatoria, e vuole esserlo. Viene dal congresso sulla condizione maschile “Nuovi uomini. Ma è davvero necessario? Dibattito sull’approccio degli uomini a sentimenti ed emozioni” che si è tenuto all’università Heinrich Heine di Duesseldorf, per ironia della sorte anch’essa ormai un bastione del potere femminile: 60 studenti su cento sono ragazze. Come il 57 per cento dei maturandi nei ginnasi, le scuole superiori di qualità. Insomma, bisogna inventare un nuovo uomo, adattarlo al mondo nuovo, ma senza strappargli la sua virilità. Non è uno scherzo, hanno ammonito sociologi e psicologi nella conferenza al capezzale del maschio.
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“La promozione delle pari opportunità negli anni Sessanta e Settanta è stata un successo”, dice il sociologo Klaus Hurrelmann, ma inevitabilmente le donne hanno vinto a spese degli uomini. “Ci siamo dimenticati di loro, associandoci alla lotta del femminismo e delle donne”. Con il risultato, tra l’altro, per le nuove donne vincenti di sempre maggiori difficoltà per trovare il “signor giusto”. Donne vincenti ma a corto di uomini.
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È colpa anche dei maschi, ovviamente. Attraverso le tempeste della rivoluzione femminista, della caduta dei Muri, di Internet, hanno continuato ad aggrapparsi al loro ruolo tradizionale di capofamiglia che lavora, ammonisce Hurrelmann. Non hanno capito appieno che le donne, specie le giovani d’oggi, vogliono e sanno far coesistere carriera e successo con famiglia e ruolo di genitrice. Il quadro generale descritto dal professor Matthias Franz lascia poche speranze. Vediamolo: ben più ragazzi che non ragazze (60 su cento) interrompono gli studi. Le donne in media vivono 5 anni più a lungo. Sanno condurre una vita più sana, indulgono meno dei maschi ai malsani piaceri di fumo, alcol e droghe, sono colpite più raramente da infarto o altre malattie cardiovascolari. A scuola e nelle università sono più brave, si applicano con più concentrazione, e con idee più chiare su cosa vogliono fare da grande. “Insomma, nell’istruzione, nella salute ma anche quanto a conoscenza della propria identità, i maschi offrono un quadro desolato”. E senza un aiuto, istituzionale e politico, rischiano di non farcela.
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Persino sul futuro della coppia non sono più loro, i tradizionali ‘capofamiglià da secoli, a decidere. Il più delle volte è la donna a scegliere il divorzio o la fine della relazione, nota il sociologo Gerhard Amendt. E aggiunge: l’uomo che deve accettare divorzio o fine di un amore, il più delle volte non reagisce con un feeling di nuovo inizio della vita, ma ripiegandosi su se stesso. Per anni o per sempre. Così come a scuola e nelle università, i maschietti che si vedono e si sentono sorpassati dalle ragazze reagiscono chiudendosi su se stessi, lasciandosi andare nella quasi tossicodipendenza dai videogiochi, esplodendo in disperati accessi di aggressività. O cercando rifugio in famiglia, nel nido di mamma e papà, comodo ma senza domani.
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L’uomo forte insomma è leggenda macho di ieri, passé, nota lo svizzero Walter Hollstein, studioso della psicologia maschile. Il maschio di oggi non ha saputo adattarsi a un mondo divenuto più femminile, nel potere ma anche nella cultura e nei costumi. “Agli uomini si chiedono sempre più spesso qualità femminili: più comunicazione, più capacità di mostrare sentimenti ed emozioni”. Meno decisionismo, meno potere. E il maschio va in tilt. “Deve imparare più empatia, capire meglio se stesso”. Di questo passo, forse sembrerà necessaria persino una politica delle quote. Non più quote rosa, ma quote per i maschi. Con le quote, con l’ombudsman, con nuovi sforzi per capire se stessi, urge inventare l’uomo nuovo. Capace di adattarsi al nuovo potere delle donne. Magari anche pronto a cercare carriera o vocazione della vita in campi tradizionalmente femminili, dall’insegnamento agli asili. Povero maschio, dicono i congressisti di Duesseldorf, ha perso la guerra tra i sessi e va aiutato. Se non nascerà pian piano l’uomo nuovo, anzi il maschio nuovo, ci perderanno anche le nuove donne: mancheranno loro partner affidabili.
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(25 febbraio 2010)
Sandro2(Quota) (Replica)
Tutte le società violente e totalitarie si sono inventate come compito la costruzione dell’uomo “nuovo”. Aldous Huxley nel suo romanzo”Il mondo nuovo” del 1932 aveva gia prefigurato l’orrore delle società totalitarie del ‘900. La nostra si sta dimostrando altrettanto totalitaria con tutta la sua indicibile violenza di cui la richiesta di un “maschio nuovo”, nientedimeno che in in un congresso, è la prova e la manifestazione più evidente. Come la Storia ha sempre dimostrato quando si giunge a questa aberrazione di massa, più che un uomo nuovo, o un maschio nuovo, si finisce tutti in un nuovo terrificante disastro.
cesare(Quota) (Replica)
Sandro2
http://www.repubblica.it/esteri/2010/02/25/news/berlino_maschio_crisi-2421175/
Agli uomini si chiedono sempre più spesso qualità femminili: più comunicazione, più capacità di mostrare sentimenti ed emozioni”. Meno decisionismo, meno potere.
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Meno decisionismo, meno potere: diciamo che questo bisogna chiederlo alle donne.
più capacità di mostrare sentimenti ed emozioni: questo invece è quello che non devono fare gli uomini di fronte alle donne, ma di fronte ad altri uomini…
Agli uomini si chiedono sempre più spesso qualità femminili: Vero, un po di egoismo e risentimento verso l’altro sesso (le donne) non guasta e soprattutto cercare di scroccare il più possibile e concedersi poco…
Articolo abbastanza scontato: si parte sempre dai luoghi comuni e dal celebrare le donne e il loro essere vincenti.
Leonardo(Quota) (Replica)
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Se non nascerà pian piano l’uomo nuovo, anzi il maschio nuovo, ci perderanno anche le nuove donne: mancheranno loro partner affidabili.
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Succo:
dobbiamo assumere una nuova identità, quella a Lei gradita e ciò per il Suo bene. Servo suo, signora!
Parce subjectis…
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
Può essere che accada quello che si dice accadrà. E’ probabile che, data l’età, dovremo attraversare un tempo desertificato la cui fine noi non vedremo, o forse potremo solo intravedere da lontano. Ma ogni civiltà ha un ciclo vitale, dopo il quale deperisce e muore, sostituita da un’altra. La nostra civiltà occidentale viene ormai definita post_moderna, e quando c’è il “post” è segno che si è già andati oltre il culmine. I segni di una crisi catastrofica ci sono tutti, e sono ormai anni che letteratura e cinema si cimentano con questo spettro che si tenta di allontanare ma che incombe. Allora, senza tutte quelle tutele che gli uomini hanno inventato per offrirle in primo luogo alle donne, tante chiacchere varranno zero, e vedremo chi ha davvero più frecce al proprio arco.
Nel frattempo non ci rimane che continuare a fare quello che facciamo, ossia tenere in piedi uno spazio non normalizzato il più ampio possibile, da offrire a chi vorrà occuparlo per ripartire.
armando
armando(Quota) (Replica)
Il punto focale che, per quanto mi riguarda, trovo errato e quello dell’analisi del lavoro secondo cui la donna non sarebbe più dipendente dall’uomo per la sua riproduzione. Obiezione: i rapporti di riproduzione umana hanno motivazioni più profonde della semplice economia, motivazioni genetiche, istintuali, filogenetiche.
L’economia e’ solo un modo, evnon una causa, in cui la riproduzione si compie. Vedi Engels in “Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”. In effetti gli affetti sono la causa e il fine dell’economia, altrimenti bisognerebbe pensare all’economia come una religione. L’economia invece e’ funzione dipendente dal cambiamento della forma della forma affettiva e familiare.
L’altra distorsione che trovo nell’analusi di Rino sta nella visione dei rapporti tra i sessi come rapporti di bisogno e non di amore, e per amore intendo l’istinto al completamento tra due entità diverse e non simmetriche. L’amore e’ una esigenza istintuale e non solo di natura economica o di “baratto”.
Quello che una donna da un uomo e’ riprodurre stati dell’animo già noti e vissuti nella famiglia di origine in modo di continuare a vivere in una situazione di benessere e di sicurezza. Chi vede invece una dimensione legata al mero opportunismo di un baratto vuol dire che e’ quello che ha vissuto nel suo habitat familiare-formativo, quella e’ la sua proiezione personale, ma non e’ lecito generalizzarla e imporla anche agli altri.
In estrema sintesi la categoria dell’affetto, dell’amore, della sessualità, seguono gli stessi percorsi per cui un individuo da “soggetto” aggettivo, nel senso di sottoposto, diventa “soggetto” sostantivo, cioè protagonista della propria vita raggiungendo il culmine della propria vita nella riproduzione umana.
Lucrezia(Quota) (Replica)
Una considerazione e una segnalazione che ben si attaglia al titolo dell’editoriale.
La considerazione: non credo che Rino, ma sarà lui più preciso, voglia in assoluto escludere dall’amore ogni altro aspetto che non sia il bisogno. Credo, più semplicemente, che descriva il trend attuale dove certi aspetti prendono il sopravvento su altri proprio a causa del processo indubbio di mercificazione di ogni aspetto della vita umana e dove, appunto, l’economia è diventata la vera religione di massa, ci se ne renda o meno conto.
La segnalazione riguarda un libro di Roberto Marchesini ” Quello che gli uomini non dicono, la crisi della virilità”. (Sugarco edizioni). Marchesini è uno psicoterapeuta che collabora con la stampa periodica cattolica. Non tutti (anzi pochi) in questo blog penso condividano il pensiero di fondo dell’autore, tuttavia nel suo libro possiamo leggere da un lato termini quali “uomini pentiti” e “zerbini” , dall’altro l’elencazione di una serie di diritti e doveri “affermativi” dell’uomo sui quali è difficile dissentire. Solo per dare un’idea:
– diritto di sbagliare senza sentirsi in colpa
– diritto di dire No
-diiritto di non offrire ragioni per il mio comportamento-
-diritto di prescindere dalla benevolenza altrui….
Fra i doveri.
-. difendere la mia vita, la mia salute fisica e psichica, la mia dignità e la mia libertà……
– di correggere le persone a cui viglio bene se a mio giudizio sbagliano.
– cercare un significato per la mia vita ed uno scopo al quale votarla.
………………
……………..
armando
armando(Quota) (Replica)
A- Se si vuole approfondire l’analisi del perché UU e DD siano stati e stiano insieme, al di là del mero bisogno nei suoi aspetti eclatanti, ci si scontra con alcuni ostacoli. Oltre alla difficoltà di individuare le fonti degli altri legami (siamo infatti nell’area della pura psiche) c’è la resistenza preventiva di fronte al timore di scoprire ciò che non si vorrebbe, di svelare qualche altarino. C’è la questione del rapporto costi/benefici dato dalla conoscenza, problema che io ho sempre tenuto in standby in ambito QM, perché qui si opera nel reale, questa non è pura contemplazione. La nostra non è solo un’analisi è anche una terapia: si tratta di un’analisi-terapeutica. Se per caso ci imbattessimo in verità deprimenti o patogene cosa dovremmo fare? Denunciare (magari in modo piuttosto grossolano e provocatorio come faccio) l’equazione amore=bisogno ha una funzione smantellatrice del romanticismo, ossia di alcune illusioni.
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B- Quanto alla biograficizzazione delle opinioni con connessa inevitabile psicanalisi del parlante/ scrivente (dici X perché hai vissuto X, sostieni Y perché hai sperimentato Y, pensi Z perché hai la biografia Z…) osservo che essa ha quasi sempre dei buoni fondamenti. Tuttavia ha anche alcuni gravi difetti. Tra cui:
– può (anzi deve, per coerenza) venir rovesciata e applicata anche verso chi la promuove (e così il gioco finisce).
– in quanto applicabile ad ogni posizione/pensiero li spiega e li liquida tutti con la medesima obiezione. Perciò non ne contraddice alcuno, non potendo entrare nel merito delle argomentazioni. Se efficace è il comun denominatore che azzera tutto e chiude ogni discorso, ovvero, se sterile, si tratta di uno sparare a salve: lascia il tempo che trova.
– L’analisi dovrebbe cmq essere un pochino smaliziata, in grado di prevedere – ad es. – che si pensa X non solamente perché si è vissuto X ma forse perché si è sperimentato l’ANTI-X o combinazioni ben più complesse (e inestricabili) di vissuti.
– L’idea da cui si parte resta però sempre la stessa: nessuno pensa e parla contro se stesso, e infatti è così. Salvo si tratti di un masochista o di uno terrorizzato dal solo sospetto di raccontare bugie a se stesso. Parlare contro se stessi, vedere ciò che invece di esaltarci ci accascia, andare coscientemente incontro alla sterilità (e alla depressione) è roba da pazzi. I pazzi esistono.
Ovviamente in sede attiva/operativa bisogna usare il tutto a fini terapeutici. C’è un limite.
In sede contemplativa invece si può – si deve – andare fino in fondo, senza guardare in faccia nessuno: noi stessi per primi.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Rino@”La nostra non è solo un’analisi è anche una terapia: si tratta di un’analisi-terapeutica”.
Concordo con questa considerazione di Rino che in sostanza alla domanda che fine ha questo ragionare di condizione maschile, risponde: ha finalità “terapeutica” o “ricostruttiva”. E naturalmente non c’è solo il ragionare ma anche l’agire. E la principale forma di “terapia” per chi ha la necessità di “ricostruirsi” è sempre stata nella Storia, e a mio avviso lo è tuttora, quel ragionare e quell’agire che è consistito e consiste nel riunirsi in comunità di coloro che condividono la medesima condizione di disagio e sofferenza e intendono combatterla e superarla. E’ nell’ambito della comunità che si esperimenta quella solidarietà che permette di superare gli ostacoli che impongono al singolo di distogliere lo sguardo da ciò che fa talmente male che rende impossibile guardarlo e di dare voce a ciò che altrimenti resterebbe bloccato in gola dall’angoscia di dirlo. Per questo motivo chi vive questa condizione ha sempre cercato di costituirsi in comunità omogenee: per esempio africani con africani, operai con operai, ed oggi, a mio avviso, maschi con maschi.
Non è un caso che oggi, senza la presenza del “commissario politico” donna, il regime femdominista guarda con sospetto ogni forma di aggregazione programmaticamente solo al maschile e in molti casi ha già dichiarato fuorilegge queste comunità solo maschili. Che appunto sono “terapeutiche” e non solo per i maschi: “guarire” il maschile è guarire tutti.
Quello che si può iniziare a intravvedere nelle dinamiche attivate dal potere attuale a propria tutela è che la nuova fattispecie del reato di eversione dell’ordine costituito è individuato nella aggregazione maschile per la difesa e l’affermazione della specificità di genere del genere maschile. Non i maschi sono i nemici del potere costituito ma lo sono i maschi associati in quanto tali a difesa e ad affermazione della vitalità rigeneratrice propria del maschile e della sua capacità di dono e di sacrificio. Da tempo il potere ha capito da dove viene il rischio del cambiamento, dell’erompere di una realtà nuova ma mortale per i suoi equilibri.
cesare(Quota) (Replica)
@ cesare
“guarire” il maschile è guarire tutti.
>>
Ma è veramente così? Ma è realmente così importante tentare di “guarire” un qualcosa che è in buona parte (non del tutto, ovvio) un costrutto culturale, che genera continuamente disagio agli stessi uomini?
Voglio dire: è vero che esiste una base genetica – quindi naturale – per cui l’uomo, il maschio, è sostanzialmente quel che è; ma perché continuare sulla vecchia strada? Ma ha realmente senso?
Inoltre, come è possibile “guarire” un intero popolo o, peggio, un intero pianeta? Chi può farlo? E come? Con quali mezzi e quali “armi” ?
Massimo(Quota) (Replica)
@Massimo ,certo non posso risponderti per Fabrizio o per altri ,se vogliono ,lo faranno loro ma ,per quanto mi riguarda e credo che nessuno l’abbia mai pensato (almeno io non l’ho mai letto) che il cambiamento sia una “passeggiata”( la famosa frase ,”la rivoluzione non è un pranzo di gala”) e,sempre per quanto mi riguarda , dopo aver visto anche l’altra parte (prima di venire qui ,frequentavo il forum de “il corpo delle donne” ) mi sono chiesto , ma davvero la colpa è solo ed esclusivamente degli uomini (tutti compresi) ? Uno che guida una ferrari viene equiparato ad uno che dorme per strada ,ricoperto dai cartoni ,solo perchè sono dello stesso sesso ? per me c’è qualcosa che non quadra …detto questo ,perchè non provarci a far cambiare qualcosa ?
mauro recher(Quota) (Replica)
Scusa Massimo ma per te il maschile è un costrutto culturale? e il maschile è una malattia?
Io penso che ogni grande cultura ( e ogni grande politica), ha saputo (le grandi civiltà) e sa interpretare e valorizzare (lo sforzo di ricostruzione/”cura” attuale di cui parlo) le potenzialità intrinseche al dato naturale: è in questo senso che intendo i termini “curare” e “guarire”. Non certo nel senso di quella concezione del “curare” o “rieducare” o peggio ancora “creare ex nuovo” (sogno delirante di tutti i regimi, oggi quelli femdominsti) che è oggi in vigore e che in realtà è un “deformare” (come chi cura la “malattia” della maternità o la “malattia” della potenza creativa al maschile). E’ la pseudo cultura (esiste la cultura e la pseudo cultura) contemporanea che “deforma” l’umano e, per esempio, si scandalizza del maschile e del femminile, e invece di valorizzarne le naturali specifiche potenzialità, per l’uno si propone di indicargli come modello superiore il femminile e per l’altra il modello maschile. Entrambe però non valorizzati ma rigorosamente de-naturati. Per non parlare di quella cultura che va per la via più breve e, senza tanti complimenti, taglia corto: nè maschio nè femmina, ma un bel neutro e tutti i problemi, sesso compreso, se li porta via. Stile pace romana per intendersi: “hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace”. O sbaglio?
Quanto a chi guarisce chi, e come, la risposta è semplice: da sempre quando la negazione dell’umano supera il limite della sopportazione del dolore e della possibilità di sopravvivenza, ognuno, con un gesto fondativo di assunzione personale di responsabilità e amore verso se stesso e verso gli altri, prende quanto si trova ad aver a disposizione (esempio: strumenti professionali, culturali, esperienza, capacità di donazione, ecc.) e la utilizza per rimuovere ciò che l’opprime e non si ferma nella sua azione finchè non se ne è liberato. Solo dopo, a liberazione avvenuta, si sa chi l’ha fatto e come l’ha fatto e con quali mezzi. A mio avviso nemmeno i protagonisti del mutamento lo sanno: sono come le gocce di un fiume in piena.
cesare(Quota) (Replica)
1- “Analisi terapeutica” in quanto riferita alla rigenerazione del maschile, precisamente.
Vogliamo capire non solo perché mossi dar un bisogno di lucidità ma anche per guarire.
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2- Armando:
>>
Non tutti (anzi pochi) in questo blog penso condividano il pensiero di fondo dell’autore…
>>
Ecco, il pensare “contro se stessi” include anche l’operazione dolorosa di riconoscere verità (e capacità terapeutica) anche nelle posizioni che ci sono estranee e addirittura avverse. Non nel loro insieme (giacché è che questo segna la reciproca differenza) ma in parti sia piccole che grandi del loro racconto. Nel caso specifico a mio parere si vede ancora una volta come il mondo cattolico si mantenga in una posizione di equilibrio sulla questione M/F. Semmai gli si potrebbe rimproverare la debolezza, ma sarebbe un rimprovero ingeneroso: che dire allora di tutti gli altri che addirittura lavorano a rovescio?
Che dire del mondo “laico progressista” che è invece paladino della guerra antimaschile e antipaterna? Qui si può solo condannare e senza remore.
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Consideriamo ad es. un aspetto diverso, ma intimanente connesso alla QM e ai caratteri dell’attuale sistema socioeconomico.
Sono stati aperti i supermercati anche la domenica (metà giornata persino a Pasqua).
Ci sono state flebili proteste sindacali per le conseguenze sull’orario e la vita delle commesse, ma l’opposizione aperta per ragioni di opposizione al consumismo e alla desacralizzazione totale sono venute da ambienti cattolici, rimasti però isolati in questa santa, anzi SACROSANTA battaglia. Ci sono state manifestazioni di cattolici, neglette e quasi derise come battaglie di retroguardia. Un parroco di Venezia ha detto che andare al supermarket di domenica è peccato: santo subito questo intelligentissimo e cristianissimo prete! Santo subito!
Intanto i “laici” ridono. Modernisiti sinistristi che hanno per paladino l’innominabile Renzi (che tali aperture addirittura auspicò). Renzi: vera incarnazione del “male che verrà”.
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Quanto alla questione “peccato” ci tornerò presto perché è da tempo che aspetto l’occasione.
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I nemici veri del consumismo non possono lasciare soli i preti nella condanna delle domeniche commerciali, nella battaglia per salvare il sacro.
Perché dove finisce il sacro e quando si rende lecito “peccare conrto il sacro” (ossia il limite) dilaga il saccheggio.
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Mi pare di essermi già autocitato con il link a
“I bordelli della materia” ma ad ogni buon fine
lo rimetto:
http://metromaschile.it/altrosenso/2011/05/01/i-bordelli-della-materia/
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Per quanto mi riguarda, pieno appoggio alla “resistenza cattolica”!.
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RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
A ben vedere dietro tanti aspetti della vita contemporanea che sembrano e vengono fatti passare per aspetti sociologici in realtà è la dimensione antropologica quella chiamata direttamente in causa. Pongo qui la questione perchè la QM interseca a mio avviso direttamente la questione antropologica, ovvero quella trasformazione antropologica dell’umano (che assume sempre più spesso il carattere orrendo della deformazione, detto in ambito religioso anche “peccato”) che deriva direttamente dalle trasformazioni percepite come sociologiche. In altri termini le trasformazioni percepite come trasformazioni sociologiche nel rapporto tra i generi, attengono direttamente a trasformazioni antropologiche. Gli esempi sono innumerevoli.
Per citarne uno faccio riferimento alle conseguenze antropologiche della cancellazione della domenica che è tutt’uno con la cancellazione della centralità dell’orientamento al sacro, all’assoluto, all’universale e alla contemplazione nella vita dei maschi. Orientamento che è attitudine storicamente prevalentemente maschile e che ha sorretto l’identità maschile in tutta la Storia umana.
cesare(Quota) (Replica)
Ma l’avete letto l’articolo di questo deputato del PD?
Patetico; per fortuna che alcuni lettori gliele hanno cantate e suonate.
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http://27esimaora.corriere.it/articolo/potere-condividiamolo-per-cambiarema-mai-piu-sole-donne-a-lanciare-appelli/#comments_list
Ho letto le riflessioni proposte sul Corriere e su La 27esima Ora da Giulia Bongiorno e Mara Carfagna, due colleghe molto impegnate per le politiche di genere e la valorizzazione delle donne in politica.
Un filo “rosa” unisce i due interventi: Giulia Bongiorno si concentra sulle difficoltà che spesso le donne hanno nel “fare squadra”, mentre Mara Carfagna rilancia un appello alle donne presenti in Parlamento per una nuova legge elettorale che garantisca la democrazia paritaria.
Entrambe motivate e appassionate, le tesi e le riflessioni di Giulia Bongiorno e Mara Carfagna vanno sostenute, con convinzione e tenacia, da quei parlamentari consapevoli che la vittoria della battaglia per la democrazia paritaria non è per le donne ma per il Paese. La parità di genere nelle istituzioni si traduce in un benessere per la società intera, ormai su questo non c’è più dubbio alcuno.
Ma allora perché la politica italiana è evidentemente ancora distante dal sostenere l’impegno delle donne in politica?
La mia risposta aggiunge un tassello alle riflessioni delle due colleghe. Eccola: a mio avviso, se ancora resiste quello che spesso viene chiamato il tetto di cristallo non è solo a causa della difficoltà delle donne nel fare squadra o dell’ assenza di massa critica nel raccogliere la sfida del momento. Se questo asfissiante tetto non si frantuma è anche colpa delle pareti di cristallo che troppo spesso dividono il lavoro e la passione delle donne e degli uomini.
Troppo spesso viviamo la nostra esperienza politica determinando impegni paralleli e quasi mai convergenti in Parlamento.
Lo schema necessario per vincere questa sfida passa per la creazione di una lobby che sia trasversale nei generi e negli schieramenti. Mai più sole donne a lanciare appelli per l’equilibrio di genere e, aggiungo, mai più recriminazioni interne al mondo femminile sulla capacità-necessità di stare insieme, di starci meglio, di condividere battaglie e appelli.
E giunta l’ora di parlarne insieme!
E’ giunto il momento di abbattere le pareti di cristallo nell’affrontare le battaglie per la parità, per rompere insieme il tetto di cristallo, consciamente e inconsciamente costruito dagli uomini per limitare e difendere l’accesso al potere.
Sostenere la partecipazione delle donne nei luoghi decisionali, è una battaglia di civiltà e un impegno per il Paese e di questo io per il PD e i colleghi Roberto Occhiuto (UDC), Fabio Rampelli (PDL), Aldo Di Biagio (FLI) e molti altri che hanno dato la loro adesione all’appello, “Parlamento ed Equità di Genere”, siamo consapevoli.
Consapevoli fino al punto da passare dal talk al walk scrivendo un appello a tutto il Parlamento e realizzando un sito, un gruppo su Facebook e una serie di iniziative di lavoro, di confronto e studio con tante associazioni che da tempo si occupano del deficit di rappresentanza femminile, cercando di individuare le modalità per frantumare quel “tetto di cristallo” che separa le donne dai vertici, tanto nelle imprese quanto nelle istituzioni.
Dobbiamo proseguire nel nostro percorso, sensibilizzando e sollecitando sia i media sia la società civile; stiamo per scrivere ai “saggi” al lavoro sulla riforma della legge elettorale perché la questione della parità di genere diventi uno degli elementi indiscussi della proposta ma dobbiamo anche operare nel tessuto sociale, stimolando la riflessione sulla democrazia paritaria, sul ruolo della donna nella società che intendiamo costruire, promuovendo insieme donne ed uomini iniziative e convegni su questo tema.
Perché se è triste, oltreché antico, un tavolo di presidenza a un convegno dove siedono soli uomini posso tranquillamente affermare che non edifica un tavolo di sole donne che discute e sollecita la parità di genere.
Occorre mettere in subbuglio gli schemi di lavoro finora sperimentati.
Se possibile, fornendo bellissimi, magistrali esempi. Perché dove non arrivano gli studi, i numeri e le teorie, può arrivare la forza travolgente di una storia, accaduta nel mondo reale e che, nel mondo reale, ha prodotto un cambiamento di portata straordinaria.
Mi riferisco alla battaglia di Aung San Suu Kyi, leader birmana che da quasi venticinque anni si batte con coraggio per la libertà del suo popolo. Una battaglia che Aung sta vincendo grazie all’impegno e all’amore per la sua sfida oltreché per il suo destino di un marito straordinario che si è battuto perché le venisse riconosciuto il Premio Nobel per la pace, che ha allevato i loro figli e passato le notti a fare fotocopie per il partito guidato da questa straordinaria donna.
Per riflettere insieme sulla storia di Aung, insieme ad alcuni colleghi, abbiamo perciò voluto organizzare una proiezione aperta a tutti del meraviglioso film-omaggio The Lady, diretto da Luc Besson e distribuito in Italia dalla Good Film, martedì 17 aprile alle 19 preso l’Aula dei Gruppi Parlamentari. Sarà un’occasione per apprezzare il valore e la forza delle donne e ammirare la splendida figura del marito di Aung San Suu Kyi.
Quante sono le donne che nella nostra Italia, per amore della politica e, più in generale, del proprio lavoro, sono costrette a mettere in discussione affetti e aspirazioni, davanti alla scelta ingiusta tra vita privata e vita professionale?
Sono tantissime e io dico: troppe. Non vogliamo che nella società che intendiamo costruire, in cui vivranno i nostri figli, l’unico spazio per le donne in politica sia per le eroine o per anomale eccezioni. La presenza delle donne nei luoghi istituzionali deve essere un fatto normale, non straordinario. E’ assolutamente urgente e necessario che la politica e la società intraprendano il percorso del cambiamento per consentire alle donne appassionate e motivate di impegnarsi e di lavorare con tutto noi per far crescere il nostro Paese: solo se saremo insieme senza “pareti” né “tetti di cristallo” ovunque, nelle istituzioni locali e nazionali, potremo elaborare e sviluppare politiche di genere che ridefiniscano modelli e comportamenti portando il nostro Paese su frontiere più avanzate.
Mi piace pensare al lavoro che insieme ai colleghi stiamo realizzando come la versione italiana di un noto progetto americano, che ha anch’esso il Web come punto di snodo concettuale e operativo, Men Advocating Real Change (MARC), attorno a cui si ritrovano gli uomini pronti a battersi per le politiche di genere nei luoghi di lavoro. Sono iscritto a Marc e sono convinto sia giunto il momento di lanciare esperienze analoghe nel nostro Paese, con un osservatorio che riunisca gli Italian MARC, a partire, ovviamente, da coloro che siedono in Parlamento.
L’agenda, per il prossimo futuro ma anche e soprattutto per il lungo periodo, è fitta e molte sono le cose da fare per arrivare a risultati concreti. Mara e Giulia guardano all’universo femminile: la prima indirizzando alle donne dei singoli partiti e soprattutto ai loro segretari l’appello per l’introduzione di meccanismi incentivanti la parità di genere nella prossima riforma elettorale, la seconda per un cambiamento d’atteggiamento nella condivisione di strategie e battaglie. Io mi permetto di rilanciare dicendo loro: facciamolo insieme. Solo in questo modo, superando schieramenti di genere e lavorando in sinergia per il raggiungimento di un obiettivo che deve diventare comune, accadrà qualcosa di eccezionale. Lavorando all’appello e incalzando alcuni leader di partito, sull’opportunità di avere una riforma elettorale che affermi la democrazia paritaria, mi sono accorto che la loro disponibilità cresceva proporzionalmente al fatto che chi sollecitava non era mosso da interessi di parte o, per meglio dire in questo caso, di genere, ma si batteva per una conquista collettiva.
Stravolgiamo gli schemi e iniziamo a collaborare, approfittando della condizione offerta da questa “strana maggioranza”, valutando la nascita di un Intergruppo per la Democrazia Paritaria, per questa e per la prossima legislatura, in cui uomini e donne lavorino insieme per affermare diritti e battaglie che non sono di un genere solo ma dell’Italia intera e di una civiltà più avanzata che il nostro Paese merita.
Facciamo, insieme, in modo che il desiderio espresso dal Presidente Napolitano, nel declinare gli inviti a restare, e nell’ immaginare un successore donna diventi realta’. Lavoriamo insieme perché il desiderio dell’uomo che ha salvato l’Italia dal naufragio si trasformi da “sogno”, come l’hanno descritto tanti titoli di giornali, in una possibilità concreta. Vinciamo, insieme, la battaglia sulla riforma elettorale e sarà possibile scattare una foto al Quirinale in cui il nostro amatissimo Presidente della Repubblica lascia con un grande sorriso sulle labbra la sua scrivania a una donna dallo sguardo eccezionale. Io ci credo.
sergio(Quota) (Replica)
Mah…si tratta del solito pastone pro femministardo, nulla di nuovo.
Solo due note. La prima è che anche questo articolo (qualora ce ne fosse stato bisogno) conferma come il femminismo abbia calato la maschera e si presenti per quello che è: un ‘ideologia di genere politicamente trasversale. Basta leggere le sigle dei promotori dell’appello: PD, PDL, UDC, FLI. Assente SEL solo perché non è in Parlamento.
La seconda è che tutti i commenti, tranne uno, sono esplicitamente critici nei confronti dell’articolo. Accade da tempo anche questo. Sono sempre più numerosi gli uomini (molti sono aderenti e simpatizzanti del Momas) che intervengono e ribattono colpo su colpo sui vari blog (27ma Ora del Corsera, ecc.D Donna, Repubblica ecc.).
Anche questo è un segnale (naturalmente positivo)
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Avrà intorno il suo “circolo magico” anche lui. Oggi, quale maschio che conta un qualcosa (o un qualcosina) non ce l’ha?
cesare(Quota) (Replica)
Rino@: “Perché dove finisce il sacro e quando si rende lecito “peccare conrto il sacro” (ossia il limite) dilaga il saccheggio.”
Sottolineo e sottoscrivo in pieno. Renè Girard ha scritto pagine di eccezionale valore sull’argomento. Da “La violenza e il Sacro” a “La pietra dello scandalo” passando da “Delle cose nascoste dalla fondazione del mondo”. Non che il Sacro sia immune dalla violenza, anzi vi si intreccia assai, ma senza il Sacro la violenza (il saccheggio) sono destinati a dilagare senza limiti. Come nel caso della crisi del maschile si scambia la soluzione col problema. Oggi , nell’era della ragione calcolante dove pure la violenza si è incrementata e non ridotta come si sperava, ci si accanisce contro il Sacro come se fosse la causa e non la soluzione. Follia totale, non riesco a dire di più.
armando
armando(Quota) (Replica)
Massimo@:”Inoltre, come è possibile “guarire” un intero popolo o, peggio, un intero pianeta?”
Diciamo che quando un qualsiasi organismo mostra segni di malattia o degenerazione, o si tenta di guarirlo o si lascia morire. Non c’è altra scelta. Semmai è giusto discutere cosa si intende per guarigione. Guarigione DAL maschile, come vuole il femminismo e la pseudo cultura dominante, o guarigione DEL maschile? Se si vuole la guarigione del maschile, comunque si pensi del passato, si dovrà per forza trovarvi (nel passato) qualche elemento positivo da ri-valorizzare e sui cui far leva per guarire, qualsiasi sia l’obbiettivo di tale guarigione. Se pensiamo che nel passato non ci sia alcunchè da salvare, allora vorrebbe dire che la malattia è ontologica, innata, e non generata dalla cultura perchè nessuna cultura si fonda puramente sulla falsificazione della natura, per quanto possa tendere a “superarla.”
armando
armando(Quota) (Replica)
Pensare da maschi , ovvero ritrovare gli esempi storici che sono al 99% maschili . La storia è fatta di grandi uomini. Ricordiamocelo prima che avvenga la grande mistificazione ( ==> la storia è fatta da grandi donne ) . Per questo la storia è ingombrante per la SIA , non sa che farsene. Vi prego manteniamo la storia, la memoria…. solo così potremo tramandare che sono esistiti i maschi e che hanno così fatto progredire l’umanità.
Quinto Aurelio
Quinto Aurelio(Quota) (Replica)
Quinto Aurelio, sono del tutto d’accordo. La storia è maschile e non solo non deve essere dimenticata dalle mistificazioni in essere, ma non può nemmeno essere “processata”, perchè come tutte le storie e come ogni manifestazione dell’umana realtà, è fatta di cose superbe e magnifiche e di orrori e abiezioni. Solo chi non vive non ha colpe, ma nemmeno meriti.
Armando
armando(Quota) (Replica)
Diego Fusaro è un giovane ricercatore filosofico, allievo del filosofo contemporaneo Costanzo Preve,
di cui personalmente sono un grande estimatore. L’intervento nel video, che condivido integralmente,
non ha direttamente nessun collegamento con la QM ma tocca argomenti che, ovviamente,
ci riguardano, e molto, specie alla luce dell’analisi contenuta in questo articolo di Rino,
che di fatto (e per quanto mi riguarda anche formalmente) è il manifesto “teoretico” del nostro movimento, da affiancare a quello “politico”.
Di seguito il video con l’intervento di Fusaro:
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Resta sempre il fatto che nessun filoso odierno è in grado di dare una spiegazione, non dico esatta, ma che perlomeno si avvicini a quella reale, delle relazioni fra i due sessi e dell’odierna e non dichiarata guerra in atto. Gli unici che al momento lo hanno fatto sono degli uomini sconosciuti (come lo stesso Rino), che nella vita si occupano di altro, e pertanto, non essendo “del settore”, non hanno alcun impatto nella società.
Non possono neppure averne, perché a differenza di un Farrell – che è un uomo “del settore” – sono degli “autodidatti”, e pertanto le loro (vostre) parole non sarebbero neppure prese in considerazione in certi ambiti. So bene che lo avete già scritto, ma credo proprio che gli odierni intellettuali abbiano delle responsabilità e delle colpe enormi, per il solo fatto di lasciare simili oneri a degli autodidatti.
Secondo me sono imperdonabili e lo saranno anche nei secoli a venire, sempre che dell’umanità resti qualcosa.
Riccardo(Quota) (Replica)
1- Condivido l’esperienza di chi ha scritto che la nuova configurazione del sito mi rende molto difficile seguire il flusso dei commenti.
.
2-Riccardo:
>>Resta sempre il fatto che nessun filoso odierno…>>
E’ così. Gli “operatori del settore” tacciono. Parlano altri.
Qui un mio articoletto sul tema:
http://metromaschile.it/altrosenso/2012/01/13/liberi-e-fecondi/
Chi – data la collocazione, lo status, il ruolo – dovrebbe parlare non parla perché non può. Non può perché se parla perde la collocazione. Se pur osasse perderla, a quel punto scomparirebbe ed entrerebbe nel limbo dove noi ci troviamo.
Si può rischiare l’ostracismo avendone però in cambio una fecondità. Ma perché perdere tutto per finire nella sterilità sociale? Uscire dal coro per finire tra i reprobi che non subiscono onorevoli condanne (magari!), o dignitose impiccagioni, ma imbarazzanti dileggi…
Sorrisini annichilatori…
Il capestro si può affrontare,
il sorrisino di scherno no.
.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Comunicazione di servizio.
Vista la confusione che ingenerava l’attuale configurazione si è ripristinato il vecchio status dei commenti. Quindi non ci sarà più possibilità di replicare direttamente sul commento.
Sono comunque sempre ben accetti suggerimenti e critiche per migliorare la fruibilità del sito.
Luigi
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
@ Riccardo:
Hai perfettamente ragione sul ruolo dei cosiddetti “intellettuali”.
Due sole osservazioni al fine di una corretta informazione.
Per la verità il filosofo Costanzo Preve (che personalmente stimo moltissimo) si è pubblicamente e in più di un’occasione pronunciato in modo decisamente critico nei confronti del femminismo (anche con me personalmente, durante una relativamente lunga conversazione telefonica; in ogni caso basta vedersi su you tube alcuni dei suoi video, in particolare quello sul ’68 per verificarlo) , ma lo ha sempre fatto nell’ambito di un’analisi e di un’interpretazione filosofica molto più ampie.
Questo perché per Preve il femminismo è un fenomeno comunque sovrastrutturale (anche se lui forse non utilizzerebbe più questo termine, per lo meno nell’accezione marxiana classica, ma ci capiamo), un pezzo della neoideologia del “politicamente corretto”, strumento e stampella ideologica (l’unica rimasta e di cui ha necessità e che guarda caso, copre il suo versante “sinistro” ) del cosmo-capitalismo post borghese dominante filosoficamente auto fondato e svincolato da qualsiasi altra istanza, sia essa politica, etica o religiosa. E’ questo l’oggetto della sua analisi, il nodo centrale dell’intera questione (filosofica e politica), rispetto alla quale il femminismo è soltanto uno strumento ideologico fra gli altri, un pezzo di quella “falsa coscienza” comunque necessaria per l’imbonimento delle masse e per la perpetrazione del dominio capitalistico, sia nel cuore della “metropoli” (dividi et impera) che alla periferia dell’impero (guerre imperialiste camuffate per guerre umanitarie e per i diritti universali).
Personalmente, dopo aver letto diversi suoi libri (per chi vuole posso ovviamente segnalarne alcuni), condivido in larghissima parte la sua analisi e la sua elaborazione filosofica. La sola eccezione, per quanto mi riguarda, è proprio questa, e cioè che io, ovviamente, non considero la questione di genere “sovrastrutturale”, come è per lui, ma centrale.
Ciò detto, è già comunque un fatto importante che un filosofo di quel calibro (disconosciuto e additato al pubblico ludibrio da quasi tutto il clero accademico, sia chiaro, con la significativa eccezione di Gianni Vattimo,per lo meno tra quelli importanti e noti al grande pubblico) si sia pronunciato in tal senso, anche se non con quella incisività che noi vorremmo. Ma ciò è dovuto, come ripeto, unicamente alla sua analisi che colloca la questione di genere (e il femminismo) in una posizione secondaria rispetto a tutto il resto.
E non è un caso, se me lo consentite, che una simile presa di posizione venga da un filosofo hegelo (in primis) marxiano (in secundis) e radicalmente anticapitalista.
Credo e spero di incontrarlo prossimamente (è un uomo estremamente disponibile e cortese, oltre che di una cultura a dir poco straordinaria), così come mi aveva detto nel nostro colloquio telefonico. Voglio ultimare alcune letture per potergli sottoporre una serie di quesiti e naturalmente, in quell’occasione, non mancherò di chiedergli un’opinione più approfondita sui temi di cui noi ci occupiamo.
Relativamente al fatto di essere degli autodidatti (il tuo riferimento era a Rino, ma potrebbe valere per ciascuno di noi, e naturalmente anche per il sottoscritto che alle spalle ha un percorso di studi universitari tradizionale come tanti altri), personalmente non ho mai prestato troppa attenzione (se non nessuna) a questo genere di considerazioni e, in totale accordo con Preve, considero i cosiddetti “intellettuali”, specie i contemporanei, niente più e niente meno che una corporazione di funzionari stipendiati al servizio delle classi dominanti. In altre parole, dei servi. Da questa gente non dobbiamo aspettarci nulla.
P.S. trovo l’intervento del giovane ma molto promettente Fusaro (è di fatto l’analisi di Preve) estremamente interessante e invito tutti ad ascoltarlo con attenzione, in particolare il passaggio in cui descrive la cosiddetta tripartizione politica in cui si articola l’attuale forma del dominio capitalistico: economia/destra, politica/centro, cultura/sinistra. Quel passaggio è, a mio parere, assolutamente fondamentale e ci offre una chiave di lettura precisa e puntuale per comprendere la realtà nella quale ci troviamo.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Alcuni giorni fa ho avuto un primo e abbastanza lungo colloquio telefonico con la fondatrice del movimento“Femminismo a Sud”, conosciuta con il nome di “FikaSicula”, dalla quale, come sapete, eravamo stati contattati .
E’ stato un confronto sereno, franco e intellettualmente onesto con una donna disponibile, aperta al dialogo e all’ascolto, che ha imboccato da tempo un percorso per nulla facile, non arroccata su posizioni ideologiche aprioristiche e, soprattutto (ciò che più conta per noi) ,non pervasa da livore antimaschile viscerale e ideologico.
Non posso che dichiararmi soddisfatto di questa prima chiacchierata, avvenuta in un clima spontaneo, amichevole e sobrio.
E’ solo l’inizio, naturalmente. Sarà necessario ancora molto tempo e molti altri momenti di confronto, preferibilmente dal vivo ed eventualmente anche collettivi, qualora ovviamente maturassero le condizioni (non tanto per noi quanto per lei e le sue compagne, impegnate in una difficile transizione…), per poter entrare nel merito delle rispettive analisi e interpretazioni che ci siamo limitati a sfiorare .
Ovviamente, ci siamo ben presto resi conto (era ampiamente prevedibile) che i nostri approcci analitici, filosofici e interpretativi rispetto alla questione maschile/femminile (che, come ripeto, abbiamo appena sfiorato), restano strutturalmente distanti, se non addirittura completamente differenti.
Abbiamo però anche individuato dei punti più “politici”, dove invece c’è una sostanziale convergenza di vedute, anche se in parte generata, come inevitabile, da diverse motivazioni. Penso alla questione delle quote rosa, della critica radicale al femminismo “istituzionale” e in particolare a quello della differenza (ormai dominante) che lei stessa definisce del “separatismo opportunista”, e all’avversione netta nei confronti dello SNOQ (Se non ora quando) e di tutte le sue derivazioni politico-mediatiche.
Un’altra questione molto importante che abbiamo sia pur molto sinteticamente trattato è quella della cosiddetta violenza di genere, che lei sostiene esistere, ma non a senso unico. Posizione, a mio parere, decisamente interessante dati i tempi , nonché, per quanto mi riguarda, condivisibile…
Lei e il gruppo dirigente di Femminismo a Sud, come dicevo, sono impegnate in un difficile e complesso dibattito interno, che noi rispettiamo e rispetto al quale non abbiamo intenzione di interferire in alcun modo.
Per ora, mi limito a considerare che potrebbero crearsi, in un prossimo futuro, gli elementi per ipotizzare possibili future iniziative comuni, naturalmente senza venir meno alle rispettive peculiarità e diversità che, proprio in virtù di ciò, potrebbero suscitare un notevole interesse mediatico.
Ma è assolutamente prematuro per dirlo. Il tempo e la realtà lo confermeranno o lo smentiranno. Nel frattempo noi proseguiamo con il nostro lavoro.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Femminismo a sud
forse, l’apertura al discorso sulla violenza come realtà non legata al genere dipende anche dalla frequentazione di associazioni e attiviste lesbiche. Nelle coppie lesbiche la violenza domestica ha lo stesso carattere che ha nelle coppie etero. C’è una figura più forte e prevaricatrice che vittimizza quella più debole
dia(Quota) (Replica)
La mia domanda Fabrizio è la seguente: la QM, come io penso, evidenzia un fenomeno identico alla perdita della consapevolezza di sè dei neri deportati negli USA? perchè se, come già i neri USA, il genere maschile in Occidente ha subito un processo di radicale alienazione della coscienza di sè (femminismo come superideologia del dominio capitalistico) per cui, come in un famoso sogno di un ragazzo di oggi, “quando mi specchio nell’acqua non vedo più il mio volto ma solo quello delle donne che ho accanto”, allora faccio quest’altra domanda: le femministe buone, le fikasicule (i bianchi buoni) in questa fase di quanto mi avvicinano e di quanto mi allontanano dall’obiettivo della rinascita del maschile e della consapevolezza della sua specificità di genere? Insomma (estrema semplificazione) per i neri di ieri, ovvero i maschi occidentali di oggi, Malcom X o Martin Luther King?
cesare(Quota) (Replica)
Caro Cesare, il più grande limite (ma forse erano impossibilitati, dalle circostanze storiche, a poter fare altro) sia di Malcom X che di Martin Luther King (a prescindere dalla loro radicale diversità nell’affrontare la questione), dal mio modestissimo punto di vista (con il massimo rispetto e il massimo dell’umiltà nei confronti di questi due protagonisti del grande processo storico e dialettico che è la Storia del progresso e dell’avanzamento umano, civile sociale), sia stato quello di non aver saputo uscire dai confini della comunità afroamericana, di non essere stati in grado di fuoriuscire dalla dimensione razziale della questione (che pure era intimamente collegata a quella di classe), e di conseguenza di non aver saputo parlare alle grandi masse popolari e proletarie bianche (non che fosse facile, sia chiaro), proprio al fine di superare una falsa contrapposizione razziale artificialmente costruita dal potere capitalista e razzista (nelle mani dei bianchi, in quel caso come in altri) . Nel Sudafrica non aveva senso porsi questo problema perché i neri erano (e sono) la stragrande maggioranza della popolazione, e la dimensione razziale era del tutto sovrapposta a quella sociale (i neri erano anche i poveri). Ma non era così negli USA.
Per questa ragione, quella che a mio parere avrebbe dovuto essere una grande lotta di liberazione, si è limitata ad essere una battaglia per l’emancipazione dei neri (peraltro non ancora conclusa). Mi si risponderà che non è poco, certo. E io sono d’accordo, ci mancherebbe. Ma hai capito perfettamente ciò che voglio dire.
Come ripeto, forse era impossibile andare oltre. E non gliene faccio certo una colpa. Ma è un fatto che da quell’impasse non si è mai usciti. C’è anche da ricordare che i due sono morti prematuramente, essendo stati assassinati dai sicari dell’allora potere bianco “wasp”.
Ciò detto, voglio rassicurarti, caro Cesare, sul fatto che la rotta è tracciata, il timone è ben saldo nelle nostre mani e non abbiamo nessun bisogno di legarci all’albero maestro per non farci incantare da chissà quale canto delle sirene…
Come però ben sai, la politica è fatta di strategia ma anche di tattica; fra le due c’è una stretta relazione che a volte rischia di diventare anche ambigua, questo è vero. Ma ciò accade quando la dimensione concettuale, la struttura e l’intelaiatura filosofica, e soprattutto la motivazione e la tensione ideale, etica e morale che sono alla base delle scelte intraprese sono fragili.
Mi pare di poter dire, con un pizzico di immodestia, che non sia questo il nostro caso.
Partendo da questo presupposto, e spostandoci nella dimensione politica della vicenda (tu sai che per primo ho posto la QM come questione innanzitutto politica) si può dialogare teoricamente e potenzialmente con chiunque (nei limiti del ragionevole, è ovvio, e senza mai venire meno alle proprie convinzioni) senza correre nessun rischio.
D’altronde, siamo stati sollecitati al dialogo e al confronto e sarebbe sbagliato, oltre che scortese (ma questo secondo aspetto non è certo il principale) lasciar cadere questo invito rispetto al quale, come ho già spiegato altre volte, non abbiamo veramente nulla da perdere e tutto da guadagnare.
La cautela con la quale la stessa leader di Femminismo a Sud mi ha invitato a procedere, dimostra quanto il terreno sia per lei personalmente e per alcune di loro, assai delicato. Sono dell’idea che chi rischia e chi si mette in gioco in prima persona debba essere osservato con attenzione e rispetto.
Ma preferisco, in questa sede, non entrare nel merito per non disturbare, direttamente o indirettamente, in alcun modo, il loro dibattito interno, sia, come dicevo, per doveroso rispetto, sia perché non voglio offrire a chicchessia gli strumenti per farlo (e non mi riferisco all’ambiente momas…).
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
P.S. @ Cesare. Sempre a proposito della metafora dei neri americani (e di Malcom K e di Luther King), aggiungo, onde evitare fraintendimenti possibili (rileggendo il mio ultimo commento) che non volevo e non voglio porre la QM come succedanea alla questione sociale o di sistema, perché le due, per lo meno in questa fase storica, marciano parallelamente, ma solo mettere in evidenza i limiti (ripeto, molto probabilmente se non certamente inevitabili) di quella strategia.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
La QM sbarca in Cina. Non poteva essere altrimenti. Dove c’è capitalismo c’è femminismo…
http://www.ilfoglio.it/soloqui/15171
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
L’articolo sulla Cina è ridicolo: innanzitutto, il mercato immobiliare corre lo stesso rischio di produrre una bolla speculativa simile a quella che si è abbattuta negli Stati Uniti nel cinque anni fa; in secondo luogo, il fatto che in Cina le donne esplicitamente cerchino come requisiti negli uomini i soldi, la posizione sociale (e dunque una casa) è aria fritta. Si deve considerare che le case a due piani sono un lusso (ma non lo sono anche da noi?) e rientreranno nelle possibilità di pochi: perché la giornalista trasforma questo fatto nella causa dell’impossibilità dei cinesi di trovare moglie?
Ma davvero la giornalista crede che tutte le donne cinesi troveranno un uomo ricco? Dovrebbe farsi un giretto nelle campagne e nelle città e vedere come milioni di donne mediocri cinesi trovano mariti con poca (o tanta) disponibilità economica. Il fatto che i cinesi (maschi e femmine) lavorino molto e risparmino tanto non dipende solo dalla volontà di sposare una donna. In primo luogo perché le azioni della vita non sono orientate verso le donne (qualcuna lo sarà, ma sono poche) e le donne non sono il centro del mondo, lo scopo della vita o il fine dell’esistenza. Si prenda ad esempio i numerosi risparmi accumulati dal governo della RPC per capire come il risparmio sia un valore nella mentalità cinese.
In secondo luogo il fenomeno delle coppie sposate SENZA casa, né macchina, né niente (裸婚 letteralmente “matrimonio nudo”) è una realtà tale da essersi persino meritata una serie televisiva così come il problema dell’acquisto della casa e delle difficoltà coniugali nel vivere buchi affittati a caro prezzo……
LV(Quota) (Replica)
Cari amici, interrompo il mio silenzio che dura da quando ho cambiato lavoro (ne conto i giorni sulla bilancia: ogni giorno 100 grammi in meno) scelta che mi ha portato all’esaurimento quasi totale delle risorse.
Lo faccio però perché la sentenza di condanna contro coloro che “non hanno previsto” il terremoto d’Umbria è di portata tale che non è possibile tacerla.
Che io sappia, essa, letteralmente, non ha precedenti in tutta la storia umana.
Metto dunque qui una bandierina a futura memoria: quella sentenza si colloca nel centro pieno della QM. Nel suo cuore.
Per vederne le ragioni è però necessario fare a pezzi non poche delle nostre convinzioni. Bisogna spostarsi sull’asse cesariano: metafilosofia dei sessi. Andare più a fondo del fondo.
Con queste righe, ai 99 grammi persi sin qui oggi, ho aggiunto (e raggiunto) il centesimo.
Rimando dunque al futuro. Prossimo o remoto.
Ciao a tutti.
Rino DV
Rino DV(Quota) (Replica)
Carissimo Rino, hai colto ancora una volta nel segno. Quella sentenza si colloca nel pieno della QM, e mi hai preceduto perchè stavo pensando di scrivere anch’io. La questione è la seguente. La società a zero rischio, in cui tutto deve essere prevedibile e prevenibile, è una società profondamente orientata sul principio femminile di conservazione della vita. E’ la società dei protocolli, delle procedure minuziose, quella in cui si pretende che tutto sia calcolabile, anzi pre-calcolabile, e precalcolato. E’ l’opposto del principio maschile di rischio, di trasformazione, che implica anche andare verso l’incognito, e che comprende l’errore e la sconfitta sempre latenti, sempre in agguato, come prezzo necessario alla trasformazione stessa. Non è un caso che tutte le imprese “impossibili”e folli, quelle che hanno sempre aperto la strada verso nuove conoscienze, siano sempre state solo maschili. E maschile è la consapevolezza che nella vita non tutto può essere pianificato, che esistono spazi di imprevedibilità insopprimibili.
Ora, una società che condanna la non previsione del non prevedibile è già un mondo che si avvia alla fine per consunzione nonostante tutta la sua potenza tecnologica e nonostante si creda onnipotente. Ed è una società mortifera, che ha sposato una concezione del mondo profondamente antimaschile. Ed anche totalmente paralizzante, alias castrante. Perchè sai cosa sarebbe accaduto se i membri di quella commissione avessero creduto a quello che aveva previsto il terremoto per il 26 marzo a Sulmona, che poi non c’è stato, e avessero chiesto l’evacuazione della città? Sarebbero stati inquisiti per procurato allarme. Insomma, qualsiasi cosa uno faccia è sempre inquisibile a meno che non le azzecchi tutte, ma proprio tutte, il che è antiumano e impossibile. Quindi da ora in poi o nessuno vorrà più far parte di nessuna commissione chiamata a valutare un rischio, oppure che alla minima possibilità che accada qualcosa, cioè sempre, si prenderanno provvedimente preventivi così drastici da paralizzare tutto quanto. E guarda che lo stesso accade con la medicina, che da curativa è diventata prima preventiva, poi predittiva. E’ l’ossessione femminile della sicurezza che si fa strada dappertutto senza capire che la vita esige non solo di essere conservata imbalsamata, ma che per andare avanti ed essere trasformata necessita la sopportazione di qualche rischio, cosa che, se gli uomini acquisiscono la forma mentis femminile, non avverrà più. Ed è perciò che la ns civiltà assomiglia a un morto che cammina.
armando
armando(Quota) (Replica)
Non è forse sotto processo il Padre eterno per aver tratto dal nulla l’essere, la libertà umana, per il sacrificio del Figlio, la Storia che ne è conseguita? e volete che non sia sotto processo ogni singolo papà che è padre? ogni singolo maschio che ha una femmina? ogni singolo uomo che fa qualcosa? ogni atto creativo e innovativo? ogni nascita?
cesare(Quota) (Replica)
Caro Armando
io sul concetto da te esposto sostanzialmente mi ci ritrovo.
Ma siamo sicuri che sia applicabile a questo caso?
Grandi rischi, la scienza non c’entra. I sismologi “condannati” dalla politica
Io aspetterei per capire meglio.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Aspettiamo pure, ma ho letto l’articolo che hai segnalato, e se per la scienza i terremoti sono imprevedibili, mi sembra impossibile che quegli stessi scienziati abbiano detto che “la scossa non ci sarà mai”, come è scritto nell’articolo.
la domanda è, allora, cosa doveva essere fatto in quella circostanza. Allarmare le persone su un evento che non si sapeva dove e quando sarebbe avvenuto? o forse dire. “attenti che prima o poi, a L’Aquila o a Sulmona o a Pescara o forse nelle Marche, forse ci sarà un terremoto forte, per cui fate un po’ come vi pare, dormite fuori casa o dentro, insomma fate voi, siete avvertiti. E se quel terremoto non ci fosse stato, come non c’è stato a Sulmona, credi forse che la commissione grande rischi che avesse lanciato l’allarme non sarebbe stata imputata di qualcosa?
Vedi, il fatto è, come dicevo, che viviamo in una coscietà che tratta tutti come bambini e dove si chiede allo stato di fare la mamma che ci tiene fuori dai rischi. Faccio un altro esempio, reale.
Il CAI, Club Alpino Italiano, sta discutendo su una proposta secondo me assurda e non so venuta da chi, secondo la quale i sindaci avrebbero il potere di vietare la frequentazione delle montagne in caso di pericolo di valanghe. Ma ciò significa, anzichè insegnare alle persone a calcolare i rischi per assumerli personalmente e responsabilmente, sostituire la decisione individuale con un organo/mamma che si assume lui/lei la responsabilità dei bambini/sudditi. E’ questo che è profondamente femminile e non maschile.
armando
armando(Quota) (Replica)
Leggo ora che un ministro se la prende con i giudici.
Puah…
Nessun nero impiccato innocente se l’è mai presa con i giudici.
Sapeva bene da dove si originasse la pestilenza e il suo destino.
Aspetto l’uscita pubblica di un qualche “intellettuale”.
Se ci sarà, bene.
Altrimenti vorrà dire che noi siamo l’avanguardia della coscienza filosofico-psicologica del paese. E forse anche di più.
Basta false modestie. Basta.
Rino
Rino DV(Quota) (Replica)
Credimi Rino, non ci sarà nessuna uscita pubblica degli “intellettuali”, almeno della grandissima maggioranza di loro. Intendo nessuna uscita pubblica che colga l’aspetto fondamentale della questione. Gli “intellettuali” ormai ragionano dentro i binari che hanno, da tempo, introiettato. Sono pronto a scommetterci.
armando
armando(Quota) (Replica)
Armando
Non credo che siano stati condannati per non aver saputo prevedere il terremoto. Lo diceva già il PM (come viene riportato nell’articolo) e non penso che il giudice abbia accolto le sue tesi ribaltandone i presupposti.
Probabilmente pagano, forse spropositatamente, per essersi piegati ad una gestione politica delle faccenda.
La previsione deterministica dei terremoti è una cosa. E’ impossibile e lo sappiamo.
La gestione di una situazione pesantissima, originata da innumerevoli scosse per mesi e mesi (4 se ricordo bene) è tutt’altro.
E sicuramente è stato uno sbaglio far gestire tale situazione da un organismo di quel tipo (basta leggere il verbale di quella sera per rendersene conto). A loro sarebbe dovuto toccare solo fornire quello che umanamente e allo stato dell’arte della conoscenza nel ramo era possibile fornire. Punto.
Ad altri, la Protezione Civile mi sembra il candidato naturale, indicare ad istituzioni locali e popolazione il da farsi.
Comunque capisco poco il tuo discorso. Che significa cosa dovevano fare? Visto che, seppur impropriamente stavano in quella posizione, dovevano agire come in tutti quei paesi più avanzati di noi nella gestione di questi eventi.
Ad es. spiegare che no, non era possibile prevedere scosse distruttive, ma che comunque nel proseguire di quelle che già erano avvenute era importante per ogni singolo cittadino o nucleo familiare, conoscere ed attuare tutta una serie di piccoli accorgimenti che sicuramente qualche vita in più, in caso di terremoto distruttivo, come poi si è verificato, l’avrebbero salvata. Faccio per dire:
Inezie di questo tipo, che però in caso di tragedia aiutano a salvare qualche vita.
Poi la popolazione si sarebbe regolata e avrebbe agito di conseguenza. Qualcuno se ne sarebbe andato (gli studenti per es.), qualcuno no, alcuni avrebbero seguito quei consigli, altri no. Ma io (in senso largo) sarei stato a posto con la mia coscienza di aver fatto tutto il possibile in questo senso.
Guarda l’ho già detto prima e torno a ripeterlo, sono d’accordo con te e con Rino sul concetto in generale. Ma se, e ripeto mille volte se, come a me sembra via via più evidente ci si è da una parte piegati ad esigenze tutte politiche dando “rassicurazioni” che non aveva senso dare, e trascurando piccole ma fondamentali accortezze in grado di salvare qualcuno beh … allora questo è proprio uno dei casi in cui lo stato (o suoi rappresentanti) ci ha trattato (ha trattato gli Aquilani) da bambini, non riuscendo peraltro nemmeno a tutelarli come tali.
Altri link sulla questione:
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/18/news/il_terremoto_negato-28369392/?ref=HREC1-3
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
sottoscrivo integralmente Luigi. E sullo Stato che ci tratta da bambini da tutelare (ma a chiacchiere), sapete come la penso. Sul pubblico (carrozzone) pure. De hoc satis.
Con le informazioni giuste ognuno avrebbe potuto (e dovuto) attrezzarsi. Invece, è andata com’è andata, purtroppo.
diait(Quota) (Replica)
Al di là di tutte le considerazioni che si potrebbero fare in merito, io resto sempre basito dai commenti di tanti giornalisti di sesso maschile, specie se si tratta di uomini che potrebbero essermi al massimo fratelli maggiori.
http://27esimaora.corriere.it/articolo/sylvie-goulard-e-quel-pasticcio-della-bce-senza-donne/
@ @
Stefano Montefiori:
la foto di famiglia mostra il non meraviglioso spettacolo di 23 uomini in giacca cravatta. Un club anacronisticamente precluso alle donne,
@@
Non ce n’è uno, manco a pagarlo oro, che sia in grado di andare controcorrente e di scrivere un qualcosa che abbia un minimo di logica e di senso.
Confesso che questi uomini, se così si possono definire, mi fanno veramente schifo.
Peraltro ho notato che questo modo di ragionare è molto più marcato fra i laureati, quindi fra persone (uomini o donne che siano) che hanno studiato.
Persone indottrinate che hanno acriticamente assimilato la propaganda femminista-liceale-universitaria-mediatica.
Resta il fatto che un cervello per pensare autonomamente lo hanno pure loro, perciò non hanno attenuanti, specie se appartengono al sesso maschile.
L’indottrinamento non può essere una giustificazione eterna.
Marco(Quota) (Replica)
Non vorrei né sbagliarmi né andare fuori tema, però ricordo che in passato Rino Barnart aveva sostenuto che i salari degli insegnanti italiani in realtà non sarebbero così bassi come si racconta.
A quanto pare c’è chi la pensa nello stesso modo.
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http://noisefromamerika.org/articolo/mito-docente-universitario-italiano-sottopagato#discussion
http://noisefromamerika.org/articolo/ancora-sui-salari-universitari
http://noisefromamerika.org/articolo/retribuzioni-docenti-universitari-confronto-italia-stati-uniti
Marco(Quota) (Replica)
Stamattina su UnoMattina in famiglia, condotto da Tiberio Timperi, era presente Diego Fusaro. Ne ho colto solo le ultime parole, tra cui l’intenzione del Timperi di re-invitarlo di nuovo, non so però di cosa parlassero.
Visti però i nomi dei due (T.T. penso sia l’unico giornalista e uomo di spettacolo abbastanza sensibile alle nostre tematiche) era giusto segnalarlo.
Cercherò di recuperare il video.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ho trovato per caso questo articolo, scritto da non so chi,
http://ienaridensnexus.blogspot.it/2013/01/il-mito-del-razzismo-nero-e-del.html
ma devo dire che l’accostamento fra la condizione dei neri (specie in passato) e quella delle donne, lo trovo a dir poco forzato e fuorviante.
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Dal mito del nero razzista all’attacco quotidiano agli uomini: la fallacia del femminismo autoritario.
Allo stesso modo, il più delle volte, vengono esposti casi di donne che abusano psicologicamente e fisicamente, oltre a tutti i mali possibili che possono fare gli uomini, col fine di dimostrare una sorta di equidistanza. Non si tratta di equità, quindi, e parlare di equidistanza è altamente ridicolo. Una donna può essere stupida, può essere una bastarda spregevole che tratta un uomo male. Ma ciò non significa che ella sia una femminista autoritaria, perché non esiste, e perchè significa sviare un discorso molto importante. Nel contesto attuale, il lavoro invisibile delle donne [5], la doppia giornata delle donne [6], e anche il tenere a cura le proprietà di suo marito, come la proprietà di terreni, le aziende agricole ed altri [7], soffre di un’invisibilità per quanto riguarda la sua salute [8], i salari più bassi rispetto a quello degli uomini[9], quando subisce la violenza domestica [10], e così via dicendo.
Senza dubbio, esistono donne idiote. Come esseri umani, abbiamo una vasta gamma di punti di forza e di debolezze. Ma il suo atteggiamento è individuale, mentre il patriarcato è una struttura sociale, che implica una distribuzione del potere, con pregiudizi di genere, che fa sì che le donne non partecipano nello spazio pubblico; c’è una divisione sessuale del lavoro, si mina la socialità delle donne; la femminilizzazione della povertà, meno autonomia personale nelle relazioni sociali. Un modo per definire ciò è: una forma di organizzazione politica, economica, religiosa e sociale basato sull’idea di autorità maschile e di leadership, che è data dal dominio degli uomini sulle donne, del marito sulla moglie, del padre sopra la madre e i figli, e della linea di discendenza paterna sulla madre. Anche se si universalizza l’ “Io” maschile, mettendolo come un metro di riferimento, esso è uno dei fondamenti della dominazione patriarcale [11].
Per questo, con tutto che ci possono essere donne idiote, non si può parlare di femminismo autoritario, semplicemente perché non si dispone di questa capacità. E mentre Obama è un nero, e la Merkel è una donna, l’ordine sociale rimane rigidamente inalterato. Ovviamente, sono stati compiuti progressi. Sono stati intaccati i pilastri che sostengono l’ordine. Ma l’unica direzione possibile è quella di continuare a farlo. Non per mantenere le cose come sono, ma demolire ciò che resta di esso; c’è ancora molto da fare. E per questo, è importante non cadere nell’autocompiacenza del “è troppo duro per me”, “io non tengo una vita dissoluta pur essendo una bianca” etc etc. No, ovviamente entrano altri fattori, compresa quella fondamentale: la classe sociale. Ma essendo bianco, non è così complicata come per un nero, o per un uomo non è così complicato come per una donna. Così che, con un’analogia sportiva: se alle altre persone gli si pone degli ostacoli, si capisce che sarà il primo a raggiungere il traguardo con la pista liscia perchè è privilegiato rispetto agli altri. Seguendo l’analogia, è possibile che il nostro obiettivo non è effettivamente raggiungere l’obiettivo, nè vincere la sfida atletica. Ma dal momento che siamo costretti a correre, va osservato che questi ostacoli esistono e bisogna denunciarli, non soffermandosi sul corridore che vince “perchè si allena duramente ogni giorno”.
Nessuno sta dicendo che la vita di un uomo bianco sia tutto rose e fiori. Ma non bisogna voltarsi. Non tutti gli uomini bianchi sono un gruppo di schiavisti e bastardi sessisti. Ma è paradossale che in una realtà in cui le donne muoiono o fanno turni doppi e tripli di lavoro o i neri sono legati alla povertà e alla prigione, a qualcuno viene sempre in funzione di difendere l’idea socialmente confortevole che “gli/le oppress* ti opprimono.” E no… possono gettare merda a tua madre, possono infastidirti, ma non ti opprimono, soprattutto perché non possono, almeno in base a questa identità concepita dalla società odierna in cui essi appartengono alla catetoria sociale inferiore.
Per favore, smettetela con l’autocompiacenza o di cercare ossessivamente esempi di “donne che trattano male gli uomini” o “gruppi femministi in cerca dello sterminio maschile” e di confondere articoli di riviste come quelle di Cosmopolitan con i principi femministi; o affermare che i “neri hanno anche fatto cose cattive “, “che gli zingari sono razzisti con altri individui” e diverse altre sciocchezze. A forza di confondere termini, non ci sono equidistanze o equivalenze che tengano in un contesto di disuguaglianza. E smettetela di far finta di usare questi argomenti per ammorbidire la differenza tra l’oppressore e le classi oppresse. O almeno, non ti credere tanto di sinistra se non ti muovi a cambiare certe cose, in quanto la tua comodità permette di perpetuare lo stato di cose.
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sergio(Quota) (Replica)
http://27esimaora.corriere.it/articolo/uomini-diversi-dalle-donne-e-una-questione-di-cervello/
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in base alla mia esperienza
03.06 | 21:41 zipper
in base alla mia esperienza di insegnante posso dire che le differenze cognitive e di apprendimento sono marginali, infatti le allieve femmine erano generalmente migliori in matematica e scienze ma poi sceglievano facoltà ad indirizzo umanistico perché influenzate da aspettative e condizionamenti vari.
le differenze veramente rilevanti sono quelle relative al comportamento sessuale.
@@@@@
Non ho mai capito una cosa: ma ad essere influenzate negativamente, sono sempre e solo le femmine?
I maschi no?
Marco(Quota) (Replica)
Questi di seguito sono due miei commenti di risposta ad un amico su face book all’interno di una discussione aperta nel gruppo “femminicidio?”, aperto da un amico del MFPG.
Ho pensato di pubblicarli anche qui anche perché molti di voi non sono su face book (e fanno male a non starci perché potrebbero dare un notevole contributo alla discussione…)
“Una reazione opposta e contraria sarebbe sbagliata e controproducente, perché farebbe proprio il gioco del femminismo “guerra sessista” dice Ettore, e ha ragione.
Però l’alternativa non può essere una sorta di “volemose bene”, “ e “scordammoce o passato”, anche perché il femminismo (chiamatelo come preferite) non ci sente sotto quel profilo e continua a bombardare a tappeto, per la semplice ragione che è chiamato dal sistema a bombardare, perché questo bombardamento fa parte di una strategia più ampia.
Come ho ripetuto tante volte, due interlocutori per poter avviare un dialogo realmente alla pari devono essere in una posizione di equilibrio, e oggi non è così e lo sappiamo e non possiamo far finta che le cose non stiano così.
Ergo, reazione opposta e contraria, no, ma esercizio di autocoscienza e consapevolezza maschile, sì.
E’ da cinquant’anni che ascoltiamo la narrazione femminil/femminista, diventata ideologia dominante. Quella maschile ancora non esiste, per la semplice ragione che deve essere ancora scritta. O meglio, l’ha scritta il femminismo per gli uomini e al posto degli uomini riducendo la storia del maschile ad una sorta di museo degli orrori.
Non credete che sia venuto il momento di dare un po’ meno importanza a qualche tatticuccia finalizzata a non farsi dare dei maschilisti estremisti (che comunque te lo dicono lo stesso…) e a fare la parte dei bravi ragazzi e cominciare invece a scrivere quella storia?
Vogliamo provare a smettere di pisciarci sotto dalla paura e cominciare a scrivere il nostro racconto?
Ancora troppi uomini (anche qui) si illudono di poter venire a patti con quella gente e di potersi ritagliare un posticino senza essere presi sistematicamente a calci nelle gengive. Chi pensa questo non ha capito qual è la posta in gioco e si illude ancora di potersela cavare in corner.
Forse non è chiaro ma non c’è problema, lo ripeterò all’infinito. E’ ormai da tempo in corso un processo di ingegneria sociale, culturale e antropologica che ha come obiettivo, fra gli altri, la distruzione del maschile. Perché la distruzione del maschile è propedeutica a quel processo di omogeneizzazione, indifferenziazione e massificazione che ha a sua volta come obiettivo quello di ridurre l’umanità ad una massa di consumatori passivi, etero diretti, privi di identità e di una autonoma soggettività, e incapaci di stabilire delle relazioni umane e sociali che si pongano al di fuori della forma alienata dello scambio mercantile.
Si chiama capitalismo assoluto, è la fase suprema del capitale (peraltro già prevista da Marx, ma lasciamo perdere, non è ora questo il punto..), cioè la reificazione totale dell’uomo, in quanto ente naturale, ormai completamente alienato a se stesso.
Se non abbiamo chiaro questo processo in corso, cari amici, non abbiamo chiaro proprio un bel nulla.
Alla luce di ciò, ammesso che questa mia riflessione (che è quella del movimento che ho fondato e che mi onoro di rappresentare, come tutti gli altri, del resto…) abbia un fondamento e non sia il delirio di un folle o di un gruppo di folli o di amanti della fantapolitica, cominciano ad apparire a mio parere anche un pochino stucchevoli i tentativi di alcuni di noi di trovare delle scorciatoie tatticistiche, di assumere comportamenti e atteggiamenti che non urtino eccessivamente la sensibilità di questa/o, di quella/o, di quell’altra/o.
Forse non è ancora chiaro che la guerra è stata dichiarata e da un bel pezzo. E non è stata dichiarata da questo o quel collettivo femminista, da questo o quel salottino mediatico, da questo o quel comitato di redazione femminista, da questa o quella pseudo intellettuale-consulente-giornalista-presenzialista o da qualche sciamannata di questo o quel centro sociale, ma da un intero sistema economico sociale politico culturale dominante.
Per cui (e ringrazio indirettamente Ettore perché mi ha fornito l’occasione per sottoporvi questa mia riflessione che del resto è quella che porto avanti da sempre), cari amici, è ora di mollare le menate, come recitava una vecchia canzone di Finardi, per chi se la ricorda.
Qui siamo all’interno di una partita che è infinitamente più grande dell’affido condiviso, della bi genitorialità, di questa o quella legge o leggina.
O lo capiamo una volta per tutte oppure stiamo perdendo il nostro tempo”.
Permettetemi di insistere su questo punto perché la questione è di vitale importanza.
E’ assolutamente fondamentale che gli uomini costruiscano dei momenti e degli spazi di autonoma riflessione e autocoscienza. Da questo punto di vista non ho nessuna difficoltà ad affermare che mutuo il metodo femminista che si è rivelato vincente.
Le donne oggi hanno una consapevolezza di genere che gli uomini non hanno e questo, gliene va dato atto, è stato merito del femminismo.
Noi dobbiamo fare altrettanto. Il problema principale oggi non è quello di tentare una improbabile mediazione che non può riuscire per la semplice ragione che l’avversario non ha nessun interesse a mediare, non vuole mediare perché il suo obiettivo strategico è quello che ho sommariamente tratteggiato nel precedente post.
Lo dirò in modo ancora più esplicito. Il processo attualmente in corso è una sorta di metaforica pulizia etnica psichica. E’ questo che gli uomini non hanno ancora compreso (compresi alcuni fra noi).
E’ una pulizia etnica psichica, apparentemente non violenta, che sta distruggendo il maschile e le sue fondamenta ontologiche e simboliche.
Per chi è appassionato come me di filosofia, mi sento di dire che la fase storica che stiamo vivendo è addirittura strabiliante, stupefacente. Siamo di fronte ad un processo di una intelligenza suprema, di una genialità eccezionale di fronte al quale non possiamo che toglierci il cappello, da un certo punto di vista. Ed è un processo – vi invito a riflettere su quale magnifico avversario abbiamo davanti a noi – che non è stato ancora compreso se non da pochissime persone (e non parlo solo del sottoscritto, sia chiaro…).
E anche qui fra noi ci sono ancora molti che continuano a parlare della Kollontai, di Hegel, di Engels, oppure della CGIL, di SNOQ, dei centri sociali, della redazione di IO Donna o della Terragni, …
Ragazzi, siamo testimoni di un gigantesco processo di ristrutturazione del sistema capitalistico planetario che prevede non solo la ridefinizione e la trasformazione (sconvolgimento) delle forze sociali ma addirittura la ridefinizione e la trasformazione delle identità sessuali.
Mi ci rendiamo conto dell’immensità di quanto sta accadendo? E noi stiamo qui a discutere se è il caso di assumere un tono un pochino più moderato oppure di preoccuparsi di coinvolgere sempre tutti e soprattutto tutte perché altrimenti ci accusano di essere sessisti, estremisti, e via discorrendo…
Cari amici, credetemi, a me dispiace di apparire come uno un po’ troppo caustico, però io penso che sia l’ora che una svegliata ce la dobbiamo dare…
E’ ora quindi di cominciare a prendere atto di quanto sta accadendo e cominciare a discuterne seriamente, innanzitutto in ambiti e spazi maschili. Qual è il problema? Le donne lo hanno legittimamente fatto e continuano a farlo, se lo fanno gli uomini è un comportamento sessista?…
Questo non significa nel mondo più assoluto avere un atteggiamento di chiusura o di ostilità verso il femminile, anzi, è esattamente il contrario.
E’ un maschile non evoluto e non consapevole che sviluppa comportamenti di ostilità o aggressività nei confronti del femminile. Ed è ovvio che sia così. Perché un maschile non evoluto e non consapevole è un maschile fragile che vive ancora dal punto di vista psichico e simbolico sotto l’ombrello della “Grande Madre”. E’ aggressivo e ostile perché non è ancora uscito dall’Uroboros femminile perché non ha conosciuto la rottura positiva che solo il maschile-paterno (non mi riferisco ovviamente al solo paterno biologico) può dargli. E’ anche per questo che il sistema vuole distruggere il maschile e il paterno, perché quella distruzione è funzionale a mantenere tutto e tutti in una sorta di metaforico Uroboros, dove la Grande Madre è la “Merce”.
E qui mi devo rifermare altrimenti non la finisco più. Ma è ovviamente da continuare…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio
“Permettetemi di insistere su questo punto perché la questione è di vitale importanza. E’ assolutamente fondamentale che gli uomini costruiscano dei momenti e degli spazi di autonoma riflessione e autocoscienza”.
Sono d’accordo. E’ possibile una interazione con chi teorizza l’annientamento della identità dell’altro? e peggio ancora, per interposto “interesse altrui di dominio sociale e politico”, consapevole o no che sia? a quali ulteriori aggressioni interne ed esterne di genere e sociali sono portate e porteranno?
A ciascuno il suo: vadano per la loro strada, revochiamo loro lo status di interlocutori e non perdiamo tempo nel seguire le loro parole di cui conosciamo, sotto una interfaccia di buone intenzioni, l’univoco ossessivo signficato: odio e invidia del maschile storicamente concretatosi in ideologia funzionale al potere.
Dopo il Mille la civiltà europea riparte quando si costituiscono comunità di maschi che riprendono i mano il proprio destino e così facendo quello altrui. Faccio riferimento a quel gigantesco ritorno in sè stessi del maschile e della civiltà costituito dal movimento cistercense. All’epoca il maschile, riunendosi in comunità maschili, trovò in se stesso la propria identità e verità, la fonte di energia che fece rinascere una civiltà. La “strada del ritorno in sè” (in interiore hominis habitat veritas) si riferì alla costellazione simbolica della fede cristiana.
E oggi? L’impegno di oggi a mio avviso è analogo, con la differenza che si tratta di dare vita a nuove forme organizzative di comunità maschili, in particolare capaci di accoglieren ed elaborare la diversità e la ricchezza della attuale costellazione simbolica e concettuale maschile. Si tratta di costruire in piena consapevolezza, in primis dentro di sè (conosci te stesso), un fronte, un’area, un “campo”, una “cattedrale”, in sintesi uno spazio e un tempo esclusivamente maschili dove questa impresa, sia collettiva che individuale, di ritrovamento e ricostruzione di sè e di una civiltà possa avere luogo.
cesare(Quota) (Replica)
nuovo articolo di Rino sull’Interferenza:
http://www.linterferenza.info/attpol/solo-la-tecnica-ci-puo-salvare/
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Il movimento maschile è finito su wikipedia…siamo segnalati anche noi come Movimento degli Uomini Beta, il libro di Rino, insieme a quello di Warren Farrell e Claudio Risè ecc.
Naturalmente ci sono tante imprecisioni e inesattezze e il tutto è trattato con superficialità e pressapochismo, basti pensare che viene inserito anche il libro di Stefano Ciccone e che vengono citati come rappresentanti del cosiddetto “mascolinismo”, uomini come Paolo Barnard e Massimo Fini che tutt’al più hanno avuto dei pronunciamenti o scritto qualche articolo ma non possono certo essere considerati dei rappresentanti del movimento maschile. Però sono famosi e per questo vengono citati e tanto basta (questo ci dice anche qualcosa su come funziona Wikipedia…)…
Però, meglio questo che niente. E’ già molto che la descrizione del movimento non sia avvenuta in chiave dispregiativa…
http://it.wikipedia.org/wiki/Mascolinismo
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Eviterei illusioni. Wikipedia è una “enciclopedia” molto fluida, nel senso che i contenuti delle varie voci subiscono nel tempo varie modifiche, cancellazioni, censure. Tutti quei (pochi) membri della QM che hanno cercato di dire la propria su wikipedia, sono stati stroncati, con diffamazioni e minacce. Se non erro anche Guit-Roberto ne è stato vittima. Prima su wikipedia c’era anche la voce Antifemminismo, ricca di contenuti in cui si spiegavano le ragioni della QM, oggi è stata ridotta a tre righe, nelle quali non è spiegato un bel nulla,Quindi anche la voce mascolinismo avrà vita breve. Wikipedia è l’ enciclopedia del politicamente corretto, del pensiero unico dominante, del Regime.
XY(Quota) (Replica)
XY,
Nessuna illusione, XY, abbamo soltanto registrato la cosa, unitamente al fatto che nella spiegazione, peraltro imprecisa, sommaria e superficiale del movimento maschile, non c’è un approccio dispregiativo o denigratorio. Si limitano a riportare alcune notizie e a fare un elenco di alcuni degli obiettivi programmatici del movimento maschile e dei movimenti che lo compongono.
Tutto qui. Illusioni non ce ne facciamo più da molto tempo, e non so neanche se sia un bene o un male…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
XY,
Infatti.
Ricordo che ai tempi, quando i primi autori del momas si adoperarono per scrivere la voce “movimenti maschili”, il termine “Mascolinismo”, seguendo le “direttive” contenute nel libro di Rino, non veniva riconosciuto da questi come appropriato per identificare le istanze del movimento.
Inoltre la voce era fatta decisamente bene, (credo che dietro ci fosse la “manina” di Rino, per lo stile, per come era scritta), distinguendo tra i vari movimenti (mitopoetici, libertati, equalitari, etc)
Naturalmente, la voce “movimenti maschili” è durata poco, fu cancellata, il contenuto rimodellato per farlo rientrare nelle rivendicazioni “mascoliniste”.
Epilogo praticamente scontato … l’unico possibile.
Già troppo….
Animus(Quota) (Replica)
Anche a me non sembra un granchè, questa voce di wikipedia. Non è spregiativa, ed è già un risultato, ma non si riesce davvero a capire la sostanza. Sembra una lista di rivendicazioni sindacali, che non disdegno, ma alla cui radice c’è ben altro. Perchè non proviamo a riscrivere totalmente la voce e la riproponiamo integralmente a wikipedia in modo che il lettore possa farsi un’idea più chiara, anche delle differenze che esistono nei movimenti maschili?
Armando(Quota) (Replica)
Se non sbaglio proprio te Armando avevi scritto un libro sulla questione maschile , certo mettere tutto su wikipedia sarebbe mastodontico ,ma si potrebbe sicuramente fare meglio ,perchè quella voce, oltre ad essere superficiale ed incompleta fa nascere anche molti dubbi ..concordo con la proposta
mauro recher(Quota) (Replica)
Nel libro ho cercato di offrire una panoramica. Per Wiki sarebbe troppo ampia, tuttavia ritengo che con molte sforbiciate potrebbe essere una base. Per quanto mi riguarda ci sto a dare il mio contributo, insieme ad altri.
Armando(Quota) (Replica)
Confermo – per quanto mi ricordo – ciò che ha detto XY. Mi pare infatti che tra coloro che tentarono di pubblicare una voce sul Momas (forse proprio “movimento maschile”) ci fosse Guit insieme forse a Reduan e ad un paio di altri.
Ringrazio Animus per il complimento, ma in quella occasione io non feci nulla (almeno così mi pare di ricordare…).
Cmq è un fatto che la voce dopo pochissimo tempo (forse un mese) venne cassata e cancellata a seguito di una “fatwa” dopo uno di quei sondaggi interni che, se non ho capito male, si svolgono tra i gestori.
Rino DV(Quota) (Replica)
Confermo, se non ricordo male (e non ho ricostruito male) una prima ondata di redattori di voce Wikipedia è stata costituita dal gruppo Reduan-Guit, a un certo punto (e questo lo ricordo bene) la voce venne modificata e ci furono pesanti contestazione ad opera di un wikipedista col nick Rockher, che influenzò pesantemente altri gestori. Qui una discussione interna del periodo http://wikipedia.sapere.virgilio.it/wikipedia/wiki/Discussione:Violenza_contro_le_donne/archivio03
la polemica sfociò anche fuori (io ricordo un articolo sul sito ufficiale dell’UAAR) e credo andò avanti per un bel po’ considerando che ho ritrovato questo che è di un anno successivo agli eventi che ricordavo http://www.uaar.it/news/2010/05/12/gruppo-maschilista-tenta-assalto-a-wikipedia/
Rita(Quota) (Replica)
Armando,
Non servirebbe Armando, su wikipwedia (nella cronologia) c’è ancora traccia delle proteste, risalenti addirittura al 2007, per lo scempio operato dall”enciclopedia “libera”, sulla ns voce.
Pensa, da ingenua, la voce distingueva persino tra movimenti maschili anti-femministi, e quelli filo femministi “uomini in cammino”, “maschile plurale”, etc, le “quinte colonne” insomma.
Rifarlo, vorebbe dire non aver imparato la lezione, ovvero, che è meglio esporre il ns pensiero negli spazi che possiamo controllare da noi (e che quindi non dipendono da altri).
Animus(Quota) (Replica)
Grande Rita: sei diventata una memoria storica del Momas!
Gli avvenimenti di allora inducono ad essere prudenti, perché c’è il pericolo di investire energie e tempo per fare una cosa ottima …e vedersela poi cancellata dai gestori.
Rino DV(Quota) (Replica)
Animus,
Mi rimetto all’esperienza altrui. Non sono addentro in wikipedia.
armando(Quota) (Replica)
Complimenti per l’analisi, tu sei qualcuno. Se volete potete inviare articoli a newscampania.it all’indirizzo associazionepensaweb@gmail.com
Vincenzo De Pietro(Quota) (Replica)
“La QM innesca un aperto conflitto culturale volto a modificare lo stato psichico collettivo attraverso la costruzione di un nuovo racconto maschile, da gettare sul piatto della bilancia.”
Si potrebbe essere più concreti e meno vaghi per favore???
Gianfranco(Quota) (Replica)