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Questo in corsivo è il commento del nostro amico Anio Fusco Celado (che ringrazio per il contributo) che replica a questo mio articolo Gay Pride e Family Day: “progressisti” e “conservatori”?
“La prima deduzione non è automatica, e non è dimostrata dai successivi passaggi: l’inferenza deduttiva che SE “la famiglia tradizionale rappresenta, in quanto microcosmo familiare, l’ordine sociale dominante nel macrocosmo sociale”, ALLORA “dovremmo necessariamente e conseguentemente giungere alla conclusione che la famiglia non tradizionale, sia essa gay, lesbica, trans, allargata ecc. verso la quale si sta marciando a passo spedito, null’altro è se non la rappresentazione del macrocosmo sociale ultracapitalista attualmente dominante”, è solo una estrapolazione di comodo, sicuramente non necessaria né conseguenziale, poiché è altrettanto valida e legittima ALLORA la deduzione opposta, ovvero che tale nuova famiglia è invece un momento di rottura degli schemi intrafamiliari precedenti riproducenti il macrocosmo sociale vetero capitalista, nonostante tale nuova famiglia formalizzata giuridicamente veda la luce nell’era del dominio ultracapitalistico. Non entro nel merito delle due deduzioni, non so quale sia quella vera e quale quella falsa, dico soltanto che nessuna delle due possiede caratteristiche di necessità logica e quindi forma apodittica. Concordo che molta della fenomenologia familiare attuale (anche quella ancora non normata) è l’espressione sovrastrutturale del dominio strutturale capitalistico, ma la famiglia in sé esiste come fenomeno NATURALE da tempo immemore, sia pure sempre plasmata dal periodo storico e dalla cultura di riferimento. Personalmente sono convinto che tale aspetto naturalistico del fenomeno vada maggiormente rispettato, ed in questo solco mi pongo al di là di ogni considerazione sociologica e politica per affermare il mio rispetto e sostegno a tutti coloro che si battono per il diritto a formare alla luce del sole, ed in piena legalità, famiglie non tradizionali, siano esse unioni di fatto tra etero, tra gay, trans eccetera…”. (Anio Fusco Celado).
Di seguito, la mia controreplica:
Caro Anio, delle due l’una. Il tuo discorso può anche essere valido se ammettessimo che non ci sia o non possa esserci alcuna relazione (o solo molto parziale) fra il macrocosmo sociale e il microcosmo familiare, cosa secondo me impossibile. E questo non ha nulla a che vedere con il fatto – come dici tu giustamente – che la famiglia sia un fenomeno naturale. Certo che lo è, è sempre esistita fin da quando eravamo dei primati che vivevano sugli alberi, se è per questo. Ma allora se così è dovremmo anche dare ragione a coloro che sostengono che la “famiglia naturale”, da che mondo è mondo, è formata da un maschio e da una femmina, da un paterno e da un materno che a loro volta generano dei figli, e non certo dall’unione fra omosessuali, maschi o femmine che siano. Lo dico sulla scorta del tuo ragionamento, sia chiaro, sempre che la logica non sia acqua fresca.
Io penso che la famiglia, come tutte le cose del mondo, sia un fenomeno naturale e culturale nello stesso tempo, a meno di non operare appunto una separazione netta (a mio parere IMPOSSIBILE) fra natura e cultura. Perché è vero che la famiglia è un fatto naturale ma è altrettanto vero che questo fatto naturale va ad inserirsi all’interno dei vari contesti storici, sociali e culturali.
Ora, la “famiglia tradizionale borghese” (che, come scriveva Marx nel Manifesto del Partito Comunista, rispondendo alle ipocrite obiezioni dei pensatori borghesi che lo accusavano scandalizzati di voler abolire la famiglia, esiste solo nella misura in cui è stata distrutta quella proletaria) non è un’invenzione del sottoscritto, bensì è stata un fenomeno sociale e culturale dato, cioè esistita in una determinata fase storica. Prima ancora abbiamo avuto altre tipologie di famiglia, comunque inserite all’interno di altri contesti storici, sociali e culturali (ma sempre tutte rigorosamente formate dall’unione fra un maschile un femminile).
Come sappiamo, nel campo delle scienze sociali è sempre molto difficile stabilire con certezza assoluta le cose perché, come sappiamo, la realtà sociale non può essere rispecchiata come si può fare con la natura. Questo è stato a mio avviso uno degli errori del materialismo dialettico post marxiano, sia quello engelsiano che quello della seconda e della terza Internazionale, passando anche per Lenin e la sua polemica con gli empiriocriticisti (fortunatamente grandi pensatori marxisti come Gramsci e Lukacs, per citare solo i più noti, hanno aggiustato, e di molto, il tiro…). Capisco quindi per primo che il sillogismo operato dal sottoscritto (modesto portatore di opinioni e non certo di certezze o verità assolute) nell’articolo di cui sopra, possa in linea teorica (e anche pratica) essere sottoposto a critica. Tuttavia, mi sembra di poter dire che quello stesso sillogismo abbia probabilità assai elevate di corrispondere al vero.
Intanto, se seguissimo il tuo modo di procedere, se cioè la famiglia gay o lesbica rappresentasse una rottura con l’ordine sociale capitalista, allora ne dovremmo necessariamente concludere che anche la famiglia tradizionale borghese (e capitalista) rappresentava una rottura rispetto al modello di famiglia preesistente nel vecchio ordine sociale preborghese e precapitalistico. Ma, come vedi, il cane torna a mordersi la coda. O la famiglia è una variante esogena e del tutto o anche parzialmente indipendente dal contesto sociale e culturale oppure invece, pur essendo un fatto naturale, è comunque interna ad esso, come io, da marxista, sia pure non “ortodosso”, sono convinto che sia.
Ora, che la “nuova” famiglia gay, lesbica ecc. sia un momento di rottura rispetto al vecchio ordine sociale borghese e capitalista, non c’è alcun dubbio, ed è proprio ciò che io sostengo. Ma è un momento di rottura che avviene all’interno di un processo di trasformazione del sistema capitalistico stesso che, come sappiamo e abbiamo spiegato tante e tante volte, si è disfatto del vecchio sistema valoriale e ideologico (il famoso Dio, Patria e Famiglia su cui si fondava l’ordine sociale vetero borghese, cioè la vecchia falsa coscienza necessaria) giudicato ormai obsoleto e addirittura potenzialmente di ostacolo al suo pieno dispiegarsi nella sua fase ultramatura (cioè quella attuale, non possiamo sapere come si evolverà nel futuro remoto), per assumere il nuovo, cioè l’ideologia politicamente corretta di cui anche la nuova concezione della famiglia è parte integrante. A tal proposito rimando chi lo volesse (rendendomi conto dello sforzo che chiedo ai lettori ma non si può fare altrimenti) alla lettura dei seguenti articoli:
Il Capitalismo all’offensiva su tre fronti
Il nuovo orizzonte del Capitalismo: la cancellazione delle identità sessuali
La nuova falsa coscienza dell’Occidente
Ciò detto, avresti ragione nel sostenere che la famiglia post tradizionale è un momento di rottura rispetto all’ordine sociale capitalista esistente, se questa istanza fosse stata portata avanti all’interno di un processo di trasformazione sociale, economico, politico e culturale più ampio che avesse messo radicalmente in discussione o anche semplicemente sottoposto a critica il sistema capitalista stesso . Non mi pare che le cose siano andate e stiano andando in questo modo nè tanto meno mi sembra di aver assistito negli ultimi trenta o quarant’anni ad un processo rivoluzionario che sia andato nella direzione della costruzione di una società comunista o comunque postcapitalista. Mi pare anzi di poter affermare esattamente il contrario, come è evidente peraltro a tutti. Il capitalismo, ahinoi, ha dimostrato di essere ancora in una fase “rivoluzionaria”, di essere vivo e vegeto, nonostante la crisi economica strutturale, e di avere una grandissima flessibilità e capacità di auto trasformazione. Oggi viviamo in una società ultracapitalista al punto tale da non avere più necessità del soccorso del vecchio apparato sociale “vetero borghese”, appunto il famoso “Dio Patria e Famiglia”, che è diventato la bandiera ideologica, ormai fuori tempo, di quei settori della borghesia “tradizionalista” – ancora però capaci di esercitare una certa egemonia culturale e ideologica su ampi settori popolari – che “resistono” o per meglio dire, reagiscono, al processo di globalizzazione capitalista che li ha, per così dire, messi politicamente ai margini. Ora che sotto i colpi del “politicamente corretto” anche il loro alleato di sempre, cioè la Chiesa cattolica, comincia a scricchiolare, la situazione si fa per loro sempre più precaria. Il “family day” è la risposta vetero tradizionalista all’incalzare del “nuovo” (cioè della nuova ideologia del capitale, dal mio punto di vista) che avanza. Un passaggio di consegne fra un’ ideologia/falsa coscienza ad un’altra (che ovviamente necessita dei suoi tempi fisiologici per compiersi), naturalmente camuffato sotto le spoglie dello scontro epocale fra il “vecchio” e il “nuovo”, tra l’ oscurantismo da una parte e il progresso dall’altra. Altamente simbolica, in tal senso, l’immagine della Casa Bianca (che non è propriamente la cabina di regia né tanto meno la centrale operativa dell’Internazionale comunista…) illuminata con i colori arcobaleno subito dopo la sentenza della Corte suprema USA in favore delle nozze omosessuali.
Alla luce di tutto ciò, è possibile considerare la “nuova famiglia” post tradizionale come un momento di rottura rispetto all’ordine sociale capitalista? A me, in tutta franchezza, pare proprio di no.
Il che non significa affatto essere contrari alle unioni gay. Personalmente non ho nulla in contrario in linea di principio (e anche de facto), anzi. La parità dei diritti per tutti e per tutte è fuori discussione, per quanto mi riguarda. A patto però di non scambiare questa rivendicazione, tutta interna all’ordine sociale dominante, con chissà quale processo rivoluzionario, come la fanfara mediatica celebrativa “laicista, progressista e politicamente corretta” (peraltro trasversale sia alla”sinistra” liberal e radical che alla destra laicista e liberista) vorrebbe far credere. A mio parere si tratta invece di un processo di sostanziale omologazione, come ho spiegato in questo articolo Gay: dal diritto alla diversità all’omologazione borghese che vede il movimento omosessuale retrocedere e ripiegare significativamente rispetto a quelle che erano le sue istanze originarie, che effettivamente contenevano degli elementi di sostanziale rottura con l’ordine sociale dominante. Basti pensare che il matrimonio, etero o omo, veniva allora considerato come una istituzione borghese e in quanto tale da rifiutare. Oggi il movimento gay sostiene l’esatto contrario. Difficile non scorgere in questo capovolgimento di posizioni un processo di sostanziale arretramento nonché di integrazione/omologazione, a meno di non pensare che il diritto alla ereditarietà dei beni (che nessuno qui disconosce) sia un fatto rivoluzionario. O era forse questo che Marx intendeva quando parlava di superamento della famiglia borghese? Oppure ancora il superamento della polarità maschile/femminile considerata dal “nuovo” che avanza come un mero “costrutto culturale”?
Mi permetto di sollevare più di qualche dubbio senza per questo sentirmi un reazionario, fascista, omofobo e sessista. Viceversa, respingo al mittente e con gli interessi tali ridicole e infamanti ingiurie con cui puntualmente viene ricoperto chi osa avanzare anche solo una pallida critica o una semplice perplessità all’impianto ideologico politicamente corretto.
Fonte: http://www.linterferenza.info/editoriali/3221/
5 Commenti
Il mio ultimo articolo sull’interferenza
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
ehi, Admin, lo sai vero che la colonna avviso ai naviganti si sovrappone al finale delle righe dell’articolo, sia in Chrome che in Mozilla? Vado a leggere ne L’Interferenza
mcc43(Quota) (Replica)
mcc43,
Grazie per l’avviso.
L’ho sistemato.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
ah, pensavo fosse un problema del mio pc…meglio così…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Il mio ultimo articolo sull’Interferenza, sempre in tema:
http://www.linterferenza.info/attpol/3225/
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)