- Views 22805
- Likes 1
La sentenza, che riportiamo di seguito perché è fondamentale leggerla con attenzione – Sentenza Fortezza da Basso -, che ha assolto (perché il fatto non sussiste) i sei ragazzi fiorentini accusati di aver abusato sessualmente diversi anni fa di una ragazza al termine di una serata in discoteca, ha scatenato l’immediata e veemente reazione del mondo femminista e di “sinistra”, più o meno in tutte le sue articolazioni.
Quello stesso ambiente che normalmente (e giustamente, per ciò che mi riguarda) si erge a garantista e a paladino delle “differenze”, di ogni forma di “diversità”, dei diritti di tutto e di tutti (da quello dei condannati per strage o per associazione mafiosa fino a quelli dei colibatteri del fiumiciattolo che scorre nel parco davanti casa mia che vanno salvaguardati e protetti, non sia mai…), si capovolge nel suo opposto trasformandosi in un’ orda giustizialista, securitaria e forcaiola, in tema di reati sessuali.
Tutto ciò, naturalmente, quando ad essere accusati di violenza sessuale sono degli uomini, in questo caso italiani, colpevoli per definizione in quanto “maschi occidentali, eterosessuali, bianchi e proprietari“, anche se non hanno un euro in tasca e nella vita fanno i manovali o i camerieri precari. Quando invece ad essere accusati per lo stesso reato sono degli immigrati, le parti si invertono e il compito di scatenare la furia giustizialista (castrazione chimica, condanna all’ergastolo, sospensione di ogni garanzia costituzionale, più gogna mediatica e marchio dell’infamia vita natural durante) spetta alla destra e in particolare a quelli della Lega Nord più fascisteria varia al seguito (quando si parla di divisione sociale – in questo caso, politica – del lavoro!…). Comunque sia, questo è bene sottolinearlo, ad essere sottoposti al tiro incrociato, sono appartenenti al genere maschile; è questo ciò che accomuna i due schieramenti…
Non da meno -in questa vicenda così come in altre simili – sono stati i media, i cui funzionari, a stipendio fisso o variabile, senza neanche aver letto la sentenza (mi ci gioco quello che volete, è troppo lunga da leggere e conosco i miei polli; gli è stato sufficiente riportare e commentare, secondo un copione già scritto, il lancio di qualche agenzia di stampa, che a sua volta ripete il medesimo copione…), hanno avallato la tesi sostenuta dalle femministe e dal loro codazzo mediatico-politico secondo la quale i magistrati (due donne e un uomo) sarebbero pervenuti a tale sentenza assolutoria nei confronti dei sei non sulla scorta dell’analisi lucida e imparziale dei fatti bensì del pregiudizio moralistico e ideologico nei confronti della ragazza, delle sue abitudini sessuali e del suo stile di vita.
Nulla di più falso. Chi avrà voglia di leggere con attenzione la sentenza capirà perfettamente che i giudici hanno invece agito in questo caso con grande equilibrio, limitandosi ai fatti, decostruendo fino a ribaltarla la sentenza di primo grado che peraltro non condannava i sei per violenza sessuale, come la vulgata mediatica ha lasciato intendere, ma per il presunto “abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della persona offesa”. I sei avrebbero cioè approfittato del suo stato di alterazione alcoolica (dimostratosi poi inesistente in seguito ai test etilici) e del fatto di essere in gruppo. E’ altresì fondamentale ricordare, cito testualmente la sentenza (siamo al primo capoverso di pag. 16), che “per la diversa ipotesi di atti sessuali con violenza o minaccia l’assoluzione del Collegio (di primo grado) non è stata impugnata dal PM e quindi è intangibile in quanto passata in giudicato”. Tradotto per i comuni mortali come il sottoscritto e fuori dal linguaggio giuridico (con il quale non ho nessuna dimestichezza), neanche la parte “offesa”, cioè la ragazza, ha contestato né tanto meno impugnato formalmente il verdetto del Collegio di primo grado.
Ora, non entro nel merito della sentenza perché bisognerebbe scrivere almeno quaranta pagine per spiegare nel dettaglio tutte le incongruenze e le contraddizioni presenti nel racconto della ragazza (se ne contano ben 29, tutte o quasi decisamente clamorose), confrontato con le testimonianze dei sei accusati e dei terzi, cioè di altre persone, ragazze e ragazzi presenti quella sera, e soprattutto con i riscontri oggettivi, i fatti e le prove concrete (documentazione sanitaria del Centro Antiviolenza e dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria che escludono ogni violenza, rilievi, prelievi di materiale organico, analisi scientifiche, perizie sulle persone, sugli abiti, nell’abitacolo dell’automobile dove secondo la ragazza si sarebbe consumata la violenza, tabulati telefonici, raffronti ecc.) che dimostrano inequivocabilmente non solo che non c’è stata alcuna violenza ma che il tutto (molto poco in realtà, non entro nei dettagli “tecnici” e rimando alla lettura del testo…) si è svolto con il consenso pieno, attivo e consapevole della ragazza stessa. La quale, a un certo momento, nel corso della serata all’insegna della trasgressione (cosa assolutamente legittima), ha cambiato idea e ha deciso di porre fine al “gioco” (decisione altrettanto legittima e rispettata dai ragazzi) che lei stessa aveva iniziato poco prima praticando un atto sessuale orale nel bagno della discoteca ad uno dei ragazzi che lei stessa aveva indicato come facente parte del “branco” (fatto dimostratosi essere del tutto falso perché quest’ultimo era rimasto all’interno del locale e confermato anche dalla sentenza di primo grado) che le avrebbe successivamente usato violenza, e proseguendolo successivamente fuori della discoteca con gli altri.
Giunti a questo punto qualcuno potrebbe legittimamente porre una domanda:”Perché quella ragazza ha prodotto una falsa denuncia per violenza?” Le risposte potrebbero essere tante e diverse ma scelgo volutamente di non darle proprio perché non voglio entrare nel merito della sua sfera personale e psicologica e alimentare la tesi di chi sostiene che la sentenza di assoluzione dei sei ragazzi sarebbe stata viziata dal pregiudizio. Mi limito solo a dire che per quanto mi riguarda ho sempre sostenuto la libertà di ciascuno/a di vivere la propria sessualità in assoluta e totale libertà (nel rispetto della dignità, della libertà e dell’integrità fisica e psicologica degli altri e delle altre, ovviamente). Il che significa anche libertà di poter cambiare idea in qualsiasi momento e di ritirare il proprio consenso anche se si è nel bel mezzo di un atto sessuale consapevolmente iniziato, e conseguentemente a questa decisione, non essere sottoposti/e a nessun genere di pressione né tanto meno di violenza da parte del partner o degli eventuali partner. Esattamente quello che secondo i giudici è accaduto in quel frangente a cui invece ha fatto seguito la denuncia (evidentemente falsa) per violenze da parte della ragazza.
Ma la riflessione, a questo punto, diventa di natura politica, e cioè: ”Perché questa sentenza non è accettata dalle femministe e da tutto il papocchio politicamente corretto mediatico-politico largamente dominante e viene contestata così duramente? Perché si lanciano anatemi sui magistrati accusati di essere intrisi di cultura maschilista e patriarcale dura a morire?
Per una serie di ragioni che finiscono per convergere. Se si accettasse la sentenza, si dovrebbe anche accettare che la ragazza in questione ha prodotto una falsa denuncia e che, come lei, tante altre donne le potrebbero produrre come in effetti le producono, se è vero come è vero, confermato da magistrati, avvocati, neuropsichiatri, psicologi, criminologi e funzionari di polizia – False accuse: un fenomeno emergente, evidenziato da fonti autorevoli – che la gran parte delle denunce per violenza in ambito familiare si rivelano essere false e prodotte per ottenere vantaggi in sede giudiziale (assegni di mantenimento, assegnazione dell’alloggio, affido dei figli ecc.).
E ammettere questo significherebbe ammettere che le donne, esattamente come gli uomini, non sono innocenti (né tanto meno colpevoli) per definizione, come invece il femminismo, più o meno in tutte le sue correnti, sostiene. Ammettere questo significherebbe rompere un tabù che il femminismo non può permettersi di rompere, pena la sua stessa dissoluzione.
Ma la sentenza in oggetto ha la colpa (o il merito, a seconda dei punti di vista…) di rompere un tabù ancora più grande, uno degli architravi dell’ideologia femminista. Quello cioè secondo cui è la percezione soggettiva della donna a stabilire cosa sia o non sia violenza, se un rapporto sessuale avuto con un uomo sia stato violento oppure no. Sulla base di questo paradigma, di fatto già in vigore, anche in un secondo momento, anche dopo mesi, addirittura anni (un caso celebre è quello di Assange, accusato dopo mesi di violenza sessuale da due donne per aver fatto sesso senza usare il profilattico… – Assange:un regalo imprevisto – ) una donna può avere un ripensamento e decidere che quel rapporto sessuale o quella relazione avuta con tizio o caio è stato in realtà un rapporto dove lei ha subito violenza, magari perché secondo la sua percezione successiva si è resa conto di essere stata psicologicamente manipolata oppure semplicemente perché lei in quel momento specifico (e questo secondo me è il caso della ragazza di Firenze) pensava di desiderare quel rapporto ma in realtà così non era per le più disparate ragioni (legate comunque alla sua percezione) e quindi sarebbe stata di fatto abusata da parte di qualcuno che avrebbe approfittato della sua condizione, diciamo così, di non piena e totale presenza psicologica.
E’ evidente che se questo è il paradigma, e lo è (e proprio il rifiuto ideologico e la contestazione virulenta della sentenza in oggetto lo dimostra…) il diritto, che non può che fondarsi su fatti e soprattutto su criteri oggettivi e non sulla percezione soggettiva, viene mandato a farsi benedire perché in questo modo una parte, quella femminile, diventa al contempo accusatrice e giudice nello stesso tempo. Il che non è oggettivamente possibile, è un assurdo giuridico e non solo, una vera e propria degenerazione, preludio di una deriva autoritaria e anche peggio, perché lo stato di diritto viene di fatto sostituito dall’arbitrio. Se vogliamo dal “capriccio” che si fa legge e che diventa arbitrio, come ai bei (si fa per dire…) tempi delle monarchie assolute e dei re e delle regine che decidevano cosa era bene e cosa era male…
Tutto ciò, per non parlare degli effetti devastanti che inevitabilmente questa concezione ha sulla relazione tra uomini e donne, perché è ovvio che stando così le cose, si crea un clima di vero e proprio terrore. Per un uomo, in questa situazione, ogni rapporto potrebbe essere a rischio, ogni relazione, non necessariamente intima, potrebbe essere oggetto di ripensamento da parte della donna e tradursi in una denuncia per violenza. Anche una telefonata di troppo potrebbe far scattare una denuncia per stalking. E il bello (si fa sempre per dire…) è che ci sono tante donne che pure si lamentano “che non ci sono più gli uomini di una volta, quelli che si proponevano senza troppi problemi!” (ma non erano quelli che le opprimevano?…).
Ma non è finita, pensiamo a quali effetti altrettanto devastanti possono esserci e ci sono in ambito lavorativo (di quelli in ambito familiare abbiamo già parlato) o simile (per esempio in ambito politico). Della serie:”Voglio far fuori qualcuno sul mio posto di lavoro oppure nel partito nel quale milito? Un collega, uno con il quale sono in competizione, o semplicemente perché non lo sopporto? Mi invento che mi ha molestata, magari solo perché è stato troppo insistente nel proporsi e questa sua insistenza ha provocato in me un forte disagio psicologico”. E così via…
Quei giudici, evidentemente in buona fede, non hanno pensato minimamente a quale vespaio avrebbero sollevato con la loro decisione, erano del tutto inconsapevoli del tabù che avrebbero incrinato. E proprio per questo vanno ringraziati. E’ la prova che hanno svolto il loro lavoro, una volta tanto, con serietà e soprattutto in autonomia, senza farsi condizionare dallo “spirito dei tempi” (scusate se è poco). E sappiamo che purtroppo non sempre, se non quasi mai, è così…
Fonte: http://www.linterferenza.info/editoriali/giustizialismo/
42 Commenti
il mio articolo, pubblicato anche sull’Interferenza, relativo alla sentenza che ha assolto i sei ragazzi di Firenze accusati di aver abusato di una ragazza.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Non mi è chiaro cosa impedisce a quegli uomini di citare in giudizio quella donna per diffamazione.
vincenzo mastriani(Quota) (Replica)
Uno dei migliori articoli di Marchi da sempre.
Pappagallus(Quota) (Replica)
vincenzo mastriani,
In effetti questo è il problema.
Ma i ragazzi sanno che andrebbero contro un muro di gomma, che farebbe spendere denaro, tempo con la certezza che non ci sarebbe condanna perchè “la vittima (vittima è d’obbligo) avrebbe agito in preda….”
fabriziaccio(Quota) (Replica)
un complesso di fattori, secondo me. Non ultimo dei quali in questi episodi vorrei anche capire quanto incida sull’uomo il “senso di colpa”. E qui .. ohibò scatta un preventivo “spero di riuscire a capirmi” a rafforzare la difficoltà di esprimere il concetto senza cadere in equivoci. Voi sentite la campagna martellante, asfissiante, sulla donna vittima di stupro che non denuncia perché in fondo “si sente sempre un po’ in colpa” (di essersela cercata, di essersi messa in situazione di pericolo, di non aver capito chi aveva di fronte, di aver lanciato il segnale sbagliato, di aver frainteso e via discorrendo a seconda del caso)? Perché, al contrario, non potrebbe esserci? Perché un uomo o più uomini (caso a scelta) soprattutto nel caso di perdita di lucidità come capita quando si è alzato il gomito di brutto non potrebbe interrogarsi sul fatto “ho ignorato qualche segnale? potevo capire che diceva sì o sembrava dire sì ma voleva dire no, che diceva sì o sembrava voler dire sì ma era alterata da una fuggevole minorazione psichica che tutti quanti nella vita ogni tanto percepiamo”. Tanto più che la società è asfissiantemente, martellantemente sempre tesa a far ricadere la responsabilità di “non essersi fermato quando i segnali c’erano” all’uomo, per egoismo, perché permeato della cultura dello stupro etc. Voglio dire sono pur sempre uomini immersi in questa cultura. Le loro versioni sono state saldo e sempre, puntualmente, confermate dai riscontri oggettivi esterni. Ma nella psiche, davvero non potrebbe maturare un senso di colpa? Non dimentichiamo (e qui la riporto, l’avevo riportata tempo fa) che in questo paese è stato negato il risarcimento per ingiusta detenzione ad un uomo falsamente accusato di stupro perché “col suo comportamento avventuroso” se l’era cercata (la denuncia) http://firenze.repubblica.it/cronaca/2011/02/10/news/sss_in_carcere_e_poi_assolto_ma_non_viene_risarcito-12311380/ — chissà se mi sono capita.. questo ovviamente esula e non ha nulla a che fare con le considerazioni legali. Anche da parte mia, una grande stima per i giudici.
Rita(Quota) (Replica)
In altre parole, per sintetizzare e per completare la risposta a Vincenzo sul cosa li potrebbe trattenere dall’incattivirsi con la denuncia per diffamazione direi.. “magari un antico residuo di cavalleria”
Rita(Quota) (Replica)
https://femdominismo.wordpress.com/2015/07/31/nel-dubbio-colpevole/
mauro recher(Quota) (Replica)
…
Senza alcun dubbio. Ad un uomo “non è consentito” accanirsi contro una donna.
E’ appena appena “consentito” che reagisca per salvare la cotenna se una dolce e sensibile donzella la mette in pericolo. Più in la non può andare.
Pena esclusione ed ostracismo sociale.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
http://www.giorgiofontana.com/1206-femminismo-per-i-maschi.html maschio pentito alla riscossa
mauro recher(Quota) (Replica)
mauro recher,
.
Incredibile … *dash*
E la cosa più grave è che questo si sente l’avanguardia delle armate del bene.
L’evangelizzatore del suo sesso con le sacre tavole del femminismo.
Che ovviamente quei beceri gorilloidi dei suoi simili non capiscono ed allora vai col bignamino femminista.
.
11. Temo che gran parte dei maschi abbia paura a definirsi femminista perché teme che così facendo si senta svilito in quanto maschio. Ma il femminismo non implica alcun tipo di svilimento.
.
Gran parte degli uomini non si definiscono femministi.
Vero.
Men che meno e soprattutto dopo aver letto questo post caro Fontana. *bad*
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Lei gli fa il filo, ossia lo concupisce e lo invita, ma la condotta avventurosa è quella di lui. Perfetto esempio di logica femminista, ovvero di non logica. Cosa della quale a loro non importa nulla. Basta che tutto sia funzionale alla grande narrazione, come dice i nostro Rino.
Armando(Quota) (Replica)
Chapeau, monsieur Marchì!
*hi*
Rino DV(Quota) (Replica)
I miei complimenti Fabrizio.
Davvero un ottimo articolo. Questa volta hai superato te stesso.
Denso, conciso (visto l’argomento) e sinottico, nonostante la vastità dell’argomento,
In realtà bisognerebbe sommermarsi su ogni singolo paragrafo.
Solo una cosa mi chiedo e riguarda quel movimento non di popolo (e si è visto) ma di vertice (politica e media) che risponde al nome di femminismo in tutte le sue articolazioni, branche e rivoli.
Come mai non hanno sollevato la gazzarra mediatica odierna al termine del primo processo? Quello in cui si escludeva la violenza sessuale cruenta e rimaneva (in parole povere) l’approfittamento di una persona in condizioni di minorità psico-fisica, temporanea o meno.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ottimo articolo,a cui a mio avviso devo fare una precisazione all’osservazione di Fabrizio sul fatto che la ragazza,parte offesa,non ha fatto ricorso in appello per l’assoluzione dei ragazzi per violenza.Nel processo penale non è la parte offesa che può proporre appello ma il PM,che non rappresenta la parte offesa ma lo Stato.Se il PM non ricorre la parte offesa non può fare niente.Per Rita e Vincenzo Mastriani:qui non si tratta di semplice diffamazione,reato perseguibile su querela,ma di vera e propria CALUNNIA(in quanto la diffamazione è stata concretizzata in una denuncia cosapevolmente falsa di fronte all’autorità giudiziaria)che è invece un reato PROCEDIBILE D’UFFICIO.Quello che c’è da chiedersi quindi è perchè adesso nessun PM incrimina la ragazza per questo reato.
andrea(Quota) (Replica)
Sempre su questo argomento ho trovato questo articolo femminista , abbastanza lungo ,ma che si poteva concludere con poche parole “Ogni coito è uno stupro”
http://femminismoematerialismo.blogspot.it/2015/08/una-sessualita-patriarcale-tra-consenso.html
mauro recher(Quota) (Replica)
Un articolo che conferma un ulteriore raffinameno sul tema della consapevolezza maschile del ns. Líder máximo!
Animus(Quota) (Replica)
Ma anche, “il co(g)ito della morale degli impotenti!”.
Non dimentichiamo, che questa “bestia” ha sempre due facce, è un Giano bifronte.
Animus(Quota) (Replica)
Fabrizio nell’articolo ha fatto benissimo a non entrare nel merito della parte della sentenza che da conto della possibile spiegazione della denuncia che tira in ballo la sfera psicologica della ragazza. La sentenza è incentrata su fatti e riscontri e il fatto che le “indignate in servizio permanente” l’abbiano usata come bandiera per una manifestazione è cosa che, personalmente e mi assumo la responsabilità personale, ha fatto rivoltare lo stomaco. Ha fatto benissimo perché ormai quelle frasi son state e continuano ad essere stralciate (solo ieri ho visto un’immagine su facebook di una serie dedicata alle “giustificazioni per lo stupro” con su scritto “…. indossava gli slip rossi”, in funzione politica femminista per sostenere questa fantomatica perenne ingiustizia legale che non “crede mai alle vittime” e costringe “le vittime a discolparsi anziché accusare i carnefini”. Questa è la sostanza. Ma è indubbio che quella parte della sentenza ha come effetto anche quello di scagionare la ragazza dal dolo e dalla consapevolezza della calunnia ammantandola della fragilità psichica ed emotiva. Che i giudici l’abbiano consapevolmente fatto proprio perché la vicenda non “è stata encomiabile per nessuno” e volevano evitare nuovi strascichi mettendo una pietra sopra alla vicenda non è da escludersi. Non lo sappiamo, quel che di sicuro sappiamo è che se quella è stata la loro intenzione è stata vanificata dal circo mediatico di una certa parte che ha imbastito il terzo processo mediatico. Complimenti anche da parte mia per l’articolo.
Rita(Quota) (Replica)
se davvero nella sentenza del fatto dell’anonimo peruviano che s’è fatto cinque mesi e più di galera per una falsa denuncia c’è scritto quel che l’articolo riporta (ormai, dopo l’esperienza della sentenza dei jeans e della Fortezza da Basso, la prudenza è d’obbligo), il risvolto sarebbe ancora più enorme. Gli avvocati (di parte) precisano infatti che un simil comportamento “avventuroso” (un rapporto sessuale con una ragazza già impegnata) avrebbe potuto far temere tuttalpiù una scazzottata col fidanzato geloso non certo una falsa denuncia in Tribunale cui sarebbero seguiti cinque mesi di galera. Quel che i Giudici avrebbero lasciato intendere con quelle conclusioni è che è normale che una ragazza per togliersi dagli impicci e scaricare la colpa di un rapporto sessuale con qualcuno possa anche presentare una falsa denuncia. Il che, se la logica ha ancora un perché, significa che non è affatto cosa rara come continua a sostener il mainstream
Rita(Quota) (Replica)
mauro recher,
Bravo Mauro, la chiamano “potenza di sintesi”.
Bella anche quella di Animus sul “lider maximo”
Rino DV(Quota) (Replica)
Uomini, non vi imbarazza lo status di incontrollabili animali?
http://www.lettera43.it/firme/uomini-non-vi-imbarazza-lo-status-di-incontrollabili-animali_43675181823.htm
romano(Quota) (Replica)
A dire il vero Romano ,mi imbarazza di più chi lo scrive e chi evidentemente , lo pensa
mauro recher(Quota) (Replica)
Commentato l’articolo della Giacomotti. Lo metto qui nel caso sparisca. Finora ha risposto solo una collega della Giacomotti: “Gné gné gné”.
Articoli come questo testimoniano dello stato pietoso in cui versa il giornalismo italiano, sempre alla ricerca di indignazione un tanto al chilo, condita con accuse generalizzate a metà del genere umano (“Uomini, non VI…?”). Giacomotti non si cura dei fatti, no: ha una tesi da sostenere, e perdio intende sostenerla a qualsiasi costo. La tesi di Giacomotti è che lei ha fatto un master in tecnica delle ricerche di mercato, e VOI maschietti dovete vergognarvi, tutti quanti. Tutti? Tutti. Ma andiamo con ordine. Per prima cosa non legge la sentenza, o meglio, legge solo la parte che le fa comodo, per poter parlare di “crescendo di orrore descritto con spietatezza”. Cosa che non fa neppure parte della sentenza, ma bensì del capo d’imputazione, vale a dire l’accusa da cui proprio la sentenza ASSOLVE gli imputati. E non solo: già la sentenza di primo grado, pur condannando 6 dei 7 imputati, li aveva assolti dall’imputazione di avere usato violenza, limitandosi a condannarli per “abuso dell’inferiorità fisico-psichica della denunciante”. In sostanza, per circonvenzione di incapace. Che è sempre un reato, intendiamoci, ma non c’è la violenza orrenda e bestiale che tante penne approssimative come Giacomotti ci sbattono in faccia come se fosse la verità rivelata, quando invece è tutta da dimostrare. Tanto è vero che dalla ricostruzione appare che, nel momento in cui la ragazza ha detto basta, cioè ha rifiutato di continuare, NESSUNO l’ha costretta a continuare, anzi, è stata riaccompagnata alla sua bicicletta per andarsene. Il caso è un classico “la tua parola contro la mia”. Il processo ricostruisce la vicenda tramite le testimonianze e arriva a una conclusione. Per arrivare a questa conclusione deve necessariamente indagare sulla condotta delle persone coinvolte, ma nella sentenza è espressamente scritto (comma 19) che il giudizio NON PUO’ essere moralistico ma deve riferirsi unicamente alla sussistenza del reato. E dalle testimonianze si arriva alla conclusione che l’accusatrice NON E’ ATTENDIBILE, e NON era in stato di inferiorità psicofisica. Non dice che “se l’è cercata perché aveva la minigonna” o che “se provoca, l’omo ha da pigliarla” o altre scemenze che vengono recitate a pappagallo da pappagalli (maschi e femmine) di quoziente intellettivo da temperatura ambiente. “Non è attendibile” vuol dire che le accuse NON SONO CREDIBILI, e quindi vengono ritenute FALSE ACCUSE. Se la ragazza si è sbronzata e ha fatto delle scemenze, era suo pieno diritto. Ma se poi si pente delle sue decisioni, non può mandare in galera sei persone per questo. I sei ragazzi non saranno persone perbene, ma NON SONO stupratori. Il nodo della questione è tutto qui. Ma per Giacomotti è irrilevante. Una ragazza ha avuto delle brutte emozioni, QUINDI qualcuno è colpevole di avergliele causate, QUINDI qualcuno DEVE andare in galera. E qui arriviamo alla tesi giacomottiana: maschi, TUTTI VOI siete colpevoli. Passando per similitudini esilaranti (uomini “brand da rilanciare”, “inferiori al benchmark”), si arriva a una definizione rivelatrice: “uomini, prodotto di serie B”. PRODOTTO. L’empatia di Giacomotti brilla, scintilla, trabocca. Complimenti per l’umanità. Si vede che ha studiato marketing, chiamiamolo marketing dello spargere vergogna su metà della razza umana (per chissà poi quale meccanismo proiettivo). E qui concludo dicendo che la sentenza non è affatto un boomerang, per noi uomini. Anzi. Tutto il contrario. Dimostra che si può ancora valutare un’accusa infamante nel modo più obiettivo e imparziale possibile, e ribadire che “in dubio pro reo”, vale a dire il fondamento della giustizia. Se mai, è il comportamento di Giacomotti e di tante altre indignate a costituire un boomerang per voi, donne. Questa canea stridula non fa altro che dipingervi come delle eterne adolescenti, incapaci di assumervi la responsabilità delle vostre azioni, sempre alla ricerca di un colpevole che DEVE essere un uomo. Avete libertà di pensiero, parola e azione come nessuno mai ne ha avuta prima, NEPPURE GLI UOMINI, checché andiate lamentandovi. E come usate questa libertà? Facendo scemenze di cui vi pentite per poi esigere che un uomo finisca in galera o, come le manifestanti di Firenze, finisca “al muro”. La giustizia umana è imperfetta, ma meglio del tipo di giustizia voluta da Giacomotti e dalle manifestanti che vogliono mettere al muro i sei ragazzi. Una giustizia che si chiama linciaggio. E perché mai? Perché hanno provato delle brutte emozioni. Fossi una donna, lavorerei davvero a fondo per migliorare questo brand.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Marco Pensante,
C’è un errore di merito in questo tuo commento, caro Marco (anche se capisco ciò che volevi dire…), quando dici:”I sei ragazzi non saranno persone perbene, ma…” ecc.
Questo è di fatto un giudizio o un pregiudizio di ordine morale o moralistico che potrebbe essere capovolto nel suo opposto e rivolto alla ragazza che nell’arco di poche ha fatto sesso con due persone prima andare in discoteca (fra cui uno sconosciuto) , poi con un ragazzo ne bagno della discoteca e poi con gli altri ragazzi accusati.
E questa è proprio l’accusa (del tutto infondata…) che è stata mossa ai giudici dalle femministe, quella cioè di essersi lascati condizionare dai pregiudizi morali e ideologici.
E per quale ragione i sei non sarebbero persone perbene? Perché hanno fatto sesso o provato a fare del sesso con una disponibile (nel senso che ha palesato la sua disponibilità)? E’ forse un reato fare sesso di gruppo? O fare sesso in sei uomini e una donna o il contrario?
La verità è che la reazione delle femministe è in palese contraddizione con l’ideologia femminista stessa che celebra l’autodeterminazione della donna e poi in questi casi si ripara dietro al fatto che la donna in questione sarebbe stata in una condizione di minorità e di disagio psicologico(condizione smentita dai fatti e dalla sentenza).
Dopo di che può essere abbastanza probabile (ma niente affatto scontato) che una donna che faccia sesso con una decina di uomini diversi in un giorno possa vivere un momento di confusione o di disagio personale e che questo possa portarla a fare esperienze di cui non è neanche convinta. Però è altrettanto vero che ci sono tante donne che invece praticano sesso “hard” o di gruppo, che frequentano club privè ecc. e sono assolutamente coscienti e presenti a loro stesse.
Quindi il problema non è dato dal tipo di sesso che si fa (ciascuno deve essere libero di fare quello che vuole) ma dalla condizione psicologica che si vive. Il che però non presuppone che un altro debba esserne a conoscenza o debba interpretarla. Tradotto in parole più povere. Se io una sera vado in un club privè e faccio sesso con una (che magari prima di me è stata con altri tre o quattro uomini oppure con nessuno…), non è che mi sto a interrogare sulla sua condizione psicologica, ci vado e basta. E non è che lei il giorno dopo ci ripensa e può denunciarmi per “abuso di persona in condizioni di disagio psicologico…”.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sì, è vero. In effetti stavo ancora ragionando sul testo della sentenza, dove si dice che la condotta di TUTTI i coinvolti è stata deplorevole. Togliendo gli occhiali da sole della morale comune, non si capisce perché dovrebbe essere deplorevole che sei persone si scopino a turno un’altra persona che chiede di essere scopata. Ma riguardando la sentenza, c’è una frase che secondo me getta una luce interessante sulla vicenda, dove a pagina 18 si dice (enfasi mia): “…tutti avevano mal interpretato la sua [della ragazza] disponibilità precedente, orientandola ad un rapporto di gruppo che alla fine nel suo squallore non aveva soddisfatto nessuno“.
Da porco maschilista, mi sembra la conferma di quello che vado ripetendo su questo sito e altrove da anni:
Qualunque cosa sia successa, se a lei è piaciuto, è libertà.
Se a lei non è piaciuto, è stupro.
E qualcuno deve andare in galera.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
P.S.: E il fatto di “mal interpretare” il consenso (prima) deriva dal fatto che alla fine nessuno è rimasto soddisfatto.
Se il risultato finale è soddisfacente, avevi il consenso.
Se il risultato finale è insoddisfacente, hai male interpretato il consenso.
In uno dei due casi, devi andare in galera. O anche al muro, come vogliono le eroiche vendicatrici di Firenze.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Concordo con Marco e anche con Fab sulla sua osservazione.
Marco tocca molti punti interessanti, tra cui quello che rappresenta la sintesi estrema della costellazione psicologica su cui fa presa il femminismo presso le DD.
E’ quella individuata da Nicce praticamente con le stesse parole: soffro, ergo qualcuno deve pagare.
Ma anche Cioran dice la stessa cosa.
.
La Convenzione di Istanbul, dopo un lungo elenco in cui dettaglia tutte le violenze immaginabili (per giunta ripetendosi) conclude: ogni comportamento (maschile) che provochi sofferenza alla Donna. Questa è la violenza “di genere”.
.
La Convezione, ora atto dell’ordinamento italiano, fa sua quella equazione: se D soffre è per colpa di qualcuno e quel qualcuno è il maschio e la deve pagare. Possibilmente molto cara.
.
Ancora: quella Giacomotti chiama in causa tutti i maschi. A tale proposito non si può dimenticare che i maschipentiti (quei pochi che in questi anni hanno interloquito con noi) ci hanno accusati di paranoia per aver sostenuto e sostenere che il femminismo criminalizza tutti i maschi.
Rino DV(Quota) (Replica)
sì sì è proprio così.Lo diceva anche Eretica. https://abbattoimuri.wordpress.com/2014/11/08/sessualita-e-abusi-nelladolescenza/
Per qualunque tribunale, immagino, il caso di Maria non si sarebbe risolto in una condanna per stupro. “Lei ci stava”, avrebbero potuto dire che era consenziente ed è difficile spiegare che per interrompere i sogni di una adolescente basta molto poco e che uno stupro è tale quando quel rapporto non corrisponde esattamente all’idea di sesso che ne aveva la ragazza.
Rita(Quota) (Replica)
Stupro di Firenze. Non smettiamo di parlare di quella sentenza perché giudica tutte le donne
http://www.huffingtonpost.it/maria-pia-pizzolante/stupro-di-firenze-non-smettiamo-di-parlare-_b_7902856.html?utm_hp_ref=italy&ir=Italy
romano(Quota) (Replica)
STRABISMO FEMMINISTA E FALSA COSCIENZA DI GENERE
.
LOTTA FEMMINISTA
.
LOTTA DI CHI?
.
LOTTA FEMMINISTA
.
LOTTA DI CHI?
.
LOTTA FEMMINISTA
.
LOTTA DI CHI?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Rita:
“… e che uno stupro è tale quando quel rapporto non corrisponde esattamente all’idea di sesso che ne aveva la ragazza”. Questa affermazione di Eretica la incastra senza vie di uscita: questo infatti è lo stupro femminista quale noi denunciamo da sempre e la cui esistenza le femministe e Eretica tra esse, negano risolutamente.
Significa che è la sensazione della donna quale essa percepisce a posteriori a stabilire se si sia trattato di un crimine o di una festa.
Ovviamente i segnali di dissenso al momento del fatto non sono contemplati. E come potrebbero essercene se la D stessa non sa ancora se vuole o non vuole?
E come allora potrebbe comportarsi il maschio se nessun segnale contrario arriva? La risposta è: chissenefrega! Che vada in galera.
.
Ritorno ora con la memoria alla famigerata domanda femminista: “Maschio, quale parte del NO non ti è chiara?”
Domanda oltraggiosa e insultante che depista radicalmente. Infatti mentre si fa credere di voler rispettato il NO esplicito, si fa passare lo stupro postdatato, quello in cui il dissenso non solo non viene manifestato, ma non può letteralmente esserlo, in quanto in quel momento ancora non c’è.
E si fa passare, come in effetti è, il principio secondo cui il maschio è colpevole anche se nessun segnale di dissenso è stato espresso.
Siamo dunque già ora ben oltre ciò che la più folle delle cassandre mai avrebbe potuto immaginare.
I cattivi principi si praticano ma non si enunciano, e quell’indicibile principio è questo: il no è sempre presunto il si è indimostrabile.
La D ha il diritto di non sapere essa stessa cosa davvero volesse in quel momento.
Ha il diritto di stabilire a posteriori ciò che in quel momento voleva: se le sembra di non aver voluto, è la galera.
.
Alcova? Lasciate ogni certezza o voi ch’entrate!
.
Stante la gravità della cosa, non c’è da stupirsi se gli uomini stessi non possono credere che sia vera.
E’ impossibile, pensano.
.
E’ impossibile che sia così, è impossibile che ciò possa mai accadere. Ragionano.
.
Contro ogni possibilità è invece accaduto, è qui, è ora.
E
Rino DV(Quota) (Replica)
https://www.facebook.com/www.marisanicchi.it/videos/1016748611671377/ Intervento di una deputata (o senatrice ) di SEL dicendo sempre le solite sciocchezze
mauro recher(Quota) (Replica)
mauro recher,
Non ce la faccio più ad ascoltare queste menzogne, il mio cervello si ribella. E’ già troppo che mi sforzo di leggere qualche articolo o documento femminista, perchè l’avversario va conosciuto, ma queste litanie sono inascoltabili, direi indecenti…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
Già lo sappiamo ,ma probabilmente ci seguono e si sono date alla lotta “proletaria” , perchè dai siti de ” il corpo delle donne” e il ricciocorno ,ci sono articoli che ricordano la figura delle braccianti donne italiane morte nei campi …
https://www.facebook.com/ilcorpodelledonne/posts/10155979731945381#
Naturalmente non si nominano gli uomini, o meglio solo gli extracomunitari,ma nessuno ,dico nessuno (uomini e donne senza distinzioni) si sia preso la briga di dire che muoiono i poveri e/o i dimenticati ma ,d’altronde se lo dicessero , crollerebbe il mito del potere maschilista
mauro recher(Quota) (Replica)
mauro recher,
…
La Zanardo o la Ricciocorna che si battono contro le ingiustizie di classe hanno lo stessa credibilità del sottoscritto che partecipa ad una sfilata di moda femminile ….. come modella!! *bad*
Cioè zero. Assoluto.
Comunque il mio atto d’accusa è generalizzato. E non sono un paio di siti con qualche post che possono smentirlo.
Io ancora non ho visto, e sono pronto a scommettere che non le vedrò mai, campagne potenti tipo quella sul femminicidio (con convenzione di Istambul annessa) e adesso quella sul presunto gender pay sull’argomento del mio commento.
Non le vedrò mai perchè il femminismo è stato, è, e sarà sempre un movimento borghese (di fatto o d’aspirazione) che accompagna quella classe in tutte le sue trasformazioni.
Cosa vuoi che gliene freghi a queste quà dei poveracci, seppur di sesso femminile.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
Completamente d’accordo ,nulla da aggiungere
mauro recher(Quota) (Replica)
Dopo mangiato lei è meno restia.
http://cucina.corriere.it/notizie/15_agosto_14/amore-nasce-tavola-donne-sono-piu-romantiche-stomaco-pieno_edfac0bc-426b-11e5-ab47-312038e9e7e2.shtml
.
Con questo mio commentino.
1- Fare sesso con una donna “bevuta” (alterata da alcool o droga) è considerato stupro, anche se qualche volta i maschi se la cavano a causa del maschilismo imperante (vedi caso Fortezza).
.
2-Adesso si scopre che una donna “mangiata” risponde NO con minore difficoltà. Che differenza c’è dunque con il caso della “bevuta”?
Io non trovo alcuna differenza e voi? Aspettiamo però il giudizio finale di Lea Melandri, Michela Marzano, Luisa Muraro, Adriana Cavarero, Ida Dominijanni & C. .
Loro stabiliranno il destino di quei maschi che approfittano perfidamente di una “mangiata”.
Rino DV(Quota) (Replica)
Sentenza sul filo del rasoio.
Costringe la moglie al sesso la prima notte: stupro.
.
http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/08/14/news/costrinse_la_moglie_a_rapporti_sessuali_nella_prima_notte_di_nozze_condannato_per_stupro-120980731/?ref=HREC1-13
.
Siamo sul filo del rasoio per questo motivo.
1- Da una parte è inammissibile che si usi la forza per ottenere del sesso (in realtà per ottenere qualsiasi cosa e in qualsiasi situazione, non solo il sesso).
.
2- Dall’altra i presupposti e le implicazioni del contropotere femminile di diniego autocratico, senza limiti, senza motivazioni e sine die, sono tali che si evita accuratamente di evidenziarli. Portati alla luce infatti diverrebbero devastanti soprattutto per le nuove generazioni maschili.
.
Non resterebbe che un’alternativa: diventare gay.
.
Vostra opinione?
Rino DV(Quota) (Replica)
Credere che sposarsi significhi condividere sesso è usare la forza per ottenere del sesso.
Sposarsi è usare la forza per ottenere del sesso.
Chiedere sesso è usare la forza per ottenere del sesso.
Aspettarsi sesso è usare la forza per ottenere del sesso.
Pensare al sesso è usare la forza per ottenere del sesso.
Resta solo un’alternativa:
diventare bambini che pensano ai dinosauri.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Come ho scritto su facebook… da “Niente sesso siamo inglesi” a “Niente sesso siamo uomini”
mauro recher(Quota) (Replica)
Rino DV,
Soprattutto si evita di portare alla luce il substrato che conduce a tali sentenze, ovvero la definizione di violenza contro le donne ovvero la violenza di genere (questo è la violenza di genere, violenza dell’uomo verso la donna; il viceversa non esiste): “… qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica”.
Nel post sull’Istat a tal riguardo scrissi:
.
.
A prima vista sembra non essere pertinente al nostro caso, perchè è ovvio, come dici tu che: “…è inammissibile che si usi la forza per ottenere del sesso (in realtà per ottenere qualsiasi cosa e in qualsiasi situazione, non solo il sesso).”
Nessuna violenza è giustificata per nessun motivo. Ma il problema in situazioni del genere è: in che maniera i giudici sono arrivati non dico alle prove ma al convincimento dell’esistenza del reato?
Fermo restando che preferirei leggere la sentenza e non commentare su un articolo di giornale, sembrerebbe che tutto sia uscito a galla dopo la separazione.
Quindi oggettivamente senza prove concrete, almeno di quell’episodio. Quindi, con tutta evidenza i giudici, magari confortati da altri episodi documentati succeduti nel corso dei tre mesi (per questo servirebbe leggere la sentenza), hanno dato credito alla versione di lei. Tanto più sospetta, per quanto mi riguarda, perchè rivelata in seguito alla richiesta di separazione e quindi sospettabile di concorrere ad un irrobustimento delle tesi della donna stessa. Un pò come le false accuse nei confronti dei padri separati.
Ma cosi si ritorna a bomba.
I giudici hanno creduto, in merito a quell’episodio, alla versione della donna. E quello che sembrerebbe essere un chiaro caso di violenza sessuale potrebbe essersi non verificato o esssere stato vissuto dalla donna come tale a posteriori.
Cosa ormai giuridicamente accettata (ancorchè in maniera velata) come si evince dai passaggi da me linkati.
La mia opinione quindi, al di la del caso in questione, è che tale stato di fatto, ossia di essere in balia (anche giuridicamente) dei sentimenti e delle emozioni (anche postume) delle donne, dovrebbe essere portato a conoscenza in maniera chiara, massiccia, dettagliata e inequivocabile degli uomini.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi,
“…..la donna in questione sarebbe stata in una condizione di minorità e di disagio psicologico”
Insomma, oggi per farsi una scopatina occorre non solo passare prima dal notaio con due testimoni (consenso informato), ma esigere anche un nulla-osta dello psicologo, ovviamente non più vecchio di 30 minuti.
vincenzo mastriani(Quota) (Replica)