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27 Giu 2010  |  35 Commenti

Gentile Signora Aspesi

Gentile Signora Aspesi,

intanto la ringrazio per aver pubblicato la nostra lettera e per la sua risposta. Ciò testimonia, pur nella radicale diversità delle rispettive opinioni, la sua disponibilità ad un confronto possibile e necessario nonché improcrastinabile, per quanto ci riguarda. Ed è per questo che mi permetto di rispondere alle sue osservazioni.

E’ proprio con il sistema dominante che “ce la prendiamo”, Signora Aspesi, e lei lo sa bene, perché prima di  pubblicare la nostra lettera, ha certamente  letto il nostro Manifesto (il Movimento Beta), come si evince dal fatto che nella sua risposta ha utilizzato il nostro stesso lessico. A questo proposito cito testualmente uno dei passi della sua lettera per coloro che non hanno avuto l’opportunità di leggerla:”Non dico che non si debba essere critici verso il femminismo(o verso il proletariato) ma mi sembrerebbe più corretto prendersela con quello che lei chiama “sistema dominante”.

E’ proprio questo il nodo, cioè nella diversa interpretazione (né potrebbe essere altrimenti) che abbiamo del ruolo e della funzione delle donne nell’attuale contesto. Noi riteniamo che il “femminile”, inteso dal punto di vista concettuale (quindi come categoria, non la mera sommatoria di tutte le donne, è evidente) ma anche e soprattutto come prassi,  abbia scelto di declinarsi secondo le logiche di quello che noi chiamiamo “sistema dominante” diventandone parte integrante e assolutamente determinante per la sua stessa sopravvivenza. Direi, senza timore di esagerare, il vero e proprio albero motore intorno al quale è stato possibile costruire il resto dell’intelaiatura. Per lo meno se parliamo del mondo occidentale e negli ultimi quarant’anni. Ed è qui ed ora che noi viviamo ed è con questo sistema che dobbiamo misurarci.

Naturalmente questo non significa che siano state superate le altre grandi contraddizioni che hanno caratterizzato la storia antica e moderna e in larghissima parte anche quella contemporanea: il conflitto fra capitale e lavoro, le diseguaglianze sociali, la distribuzione della ricchezza, gli squilibri fra le diverse aree del pianeta,  la divisione sociale del lavoro. Tutt’altro.  Queste permangono, anche se in parte in forme e modalità differenti. Se ne sono solo aggiunte delle altre. Una di queste, secondo noi strutturale, è quella di genere.

Ebbene, anche se il concetto potrà sembrare paradossale ai suoi occhi e al suo modo di leggere la realtà, noi riteniamo che oggi il paradigma femminista debba essere rovesciato esattamente nel suo contrario. Non le donne ma la grande maggioranza degli uomini sono il genere che si trova a vivere in una condizione di subalternità, oppressione e discriminazione, sia all’interno del sistema (dove all’apice si trovano elite e gruppi sociali sia maschili che femminili) sia nei confronti del genere femminile. Come e perché ciò sia avvenuto è argomento estremamente complesso che noi cerchiamo di spiegare sul nostro portale. 

Di conseguenza non c’è alcuna contraddizione nel nostro impianto interpretativo, come lei sostiene. La nostra critica al “femminile”  è assolutamente logica, conseguente e coerente con la nostra critica al sistema nella sua complessività. Il femminismo ha scelto di occultare la realtà dello stato delle cose, continuando a criminalizzare a senso unico il genere maschile, nella sua TOTALITA’. Un’operazione che noi non abbiamo alcuna difficoltà a definire strumentale, opportunista, qualunquista, interclassista, deresponsabilizzante (per le donne), sessista e razzista. Perché solo un’ideologia sessista e razzista può arrivare a criminalizzare un intero genere, senza distinzione di ruoli, funzioni e responsabilità storiche e sociali.

Le donne hanno effettivamente rappresentato il soggetto di una trasformazione epocale, ma non nella direzione da loro stesse auspicata agli albori del femminismo (ammettendo la buona fede originaria per lo meno di una parte di questo ) e da molti di noi a suo tempo sostenuta, ma nel suo esatto contrario, diventando cioè la punta di diamante di un sofisticato e pervasivo meccanismo di oppressione e di dominio sociale e umano. Un vero “capolavoro” di ingegneria sociale e di genere di cui le donne (sempre nell’accezione più ampia, non una + una + una) sono state protagoniste assolute, anche se con differenti livelli di consapevolezza e responsabilità.

Guardi che non ci stiamo compiacendo di ciò che stiamo affermando; al contrario, è l’amarissima registrazione di una cocente sconfitta e di un fallimento epocale. Per lo meno se la vediamo dal nostro punto di vista.

Non può quindi essere fatta un’ equiparazione, come lei sostiene, tra il proletariato (e la sua sconfitta storica) e  il femminismo che, da un certo punto di vista (che evidentemente non è il nostro), ha vinto. Si tratta di due storie completamente diverse, anche se il femminismo, strumentalmente, ha cercato di sovrapporle prendendo in prestito la dialettica marxista della lotta di classe e applicandola, con un astutissimo quanto altrettanto rozzo (dal punto di vista storico e filosofico) copia-incolla, alla relazione fra i generi, sostituendo le categorie di borghesia (o ceti dominanti) e di proletariato (ceti dominati) con quelle di genere: tutti gli uomini dominanti (e sottolineo tutti) e tutte le donne dominate (e sottolineo tutte), sempre, comunque e dovunque. Il femminismo della differenza ha fatto da nave scuola da questo punto di vista…

Noi non solo non condividiamo, o solo in parte, questa interpretazione della storia ma riteniamo, come dicevo poc’anzi, che quel paradigma sia di fatto oggi rovesciato nel suo esatto opposto,  non relativamente a tutto il genere maschile (noi no siamo interclassisti e qualunquisti), ovviamente, ma alla sua grande maggioranza.

Lei afferma nella sua lettera che oggi, proprio in virtù di una storica sconfitta, tutti, non solo le donne, si sono fatti merce. Cito testualmente:” Tutti, non solo le donne, ci siamo fatti merce: ci vendiamo a basso prezzo a chi ci paga sempre meno, sul mercato si mette quel che si ha, bellezza, giovinezza, intelligenza, fame, scaltrezza, servilismo e altro”. Mi permetta di dirle che in fondo è sempre stato così, in tutte le epoche. E in tutte le epoche c’è stato chi ha scelto di lottare e chi ha scelto di vendersi e di servire. Anzi, in altri tempi non sottostare a quelle regole significava andare incontro a conseguenze terribili, a forme di repressione feroci e disumane. Eppure c’è stato chi lo ha fatto, chi ha scelto di andare in controtendenza. Oggi, fortunatamente, proprio grazie alle lotte e al coraggio di quelli/e che hanno scelto di non vendersi e di non servire, non rischiamo più nulla di tutto ciò, per lo meno nella nostra parte di mondo.  Ciò che afferma quindi, signora Aspesi, è ancora più grave, per lo meno dal nostro punto di vista.

Insomma lei in fondo cosa dice? Più o meno questo:“Tutti rubano, e allora rubo anche io”. Era il ritornello che ripeteva tutta la pletora di assessori, amministratori pubblici, esponenti politici, imprenditori, boiardi di stato e manager pubblici o privati, indagati per Tangentopoli, se lo ricorda? “Era il sistema che era organizzato in quel modo – questa la litania – ed io non potevo certo sottrarmi”.

Mi è sempre sembrata anche allora molto debole come risposta così come mi sembra altrettanto debole la sua, devo essere sincero, in questa occasione.

Ancora più debole,ma soprattutto molto stereotipata, mi permetta, è la sua considerazione finale sul tema della violenza. Cito testualmente:”Si guardi attorno, (le relazioni fra i generi) non sono mai state così pessime: vogliamo dire per colpa del femminismo mancato? Può darsi, ma a trovarsi con la gola tagliata dal partner imbufalito, sono sempre quelle donne  che hanno tentato di sottrarsi alla sua sottomissione”.   

Dunque anche lei ritiene che la violenza sia solo ed esclusivamente maschile? Beh, per una donna con la sua storia e la sua formazione mi sembrerebbe una concezione quanto meno  sopra le righe. Ma come? La violenza appartiene ad un solo genere mentre l’altro né è esente, o è addirittura (come sostengono molte femministe) incapace e impossibilitato non solo a praticarla ma addirittura a concepirla?

Non so perché ma un’ affermazione di questo genere  mi suona tanto simile ad altre del tipo:”Gli ebrei sono tutti così, i neri sono tutti colà, gli zingari sono tutti in un modo, gli arabi in un altro, i napoletani e i milanesi in un altro ancora e via discorrendo”. Mi sbaglio? Sono andato troppo  oltre? Mi sono allargato troppo? Forse. Non lo so. Me lo dirà lei stessa se lo vorrà.

Però, se ci ragioniamo un attimo, forse non ho esagerato proprio così tanto con i miei esempi. Perché se la violenza è solo maschile, la sua origine è di natura ontologica o culturale? Non è un particolare da poco. Non trova? Perché se riteniamo che la risposta sia la prima vorrebbe dire che siamo di fronte ad una macroscopica e tremenda aberrazione della Natura o, per chi ci crede, del Creatore o Chi per Lui. Uno dei due generi, in questo caso, sarebbe appunto ontologicamente malato.  E questa volta è il sottoscritto che non esita a considerare terribilmente inquietante una simile interpretazione che riporta istintivamente la sua mente e la sua memoria storica ad una delle parentesi più tenebrose della nostra recente storia europea.

Ma anche se ritenessimo che la risposta sia nella seconda ipotesi, cioè nei processi storici, sociali e culturali che generano la violenza (maschile)  e non nella ontologia (maschile), la sostanza non cambierebbe perché abbiamo alle spalle millenni di sviluppo sociale e culturale di cui ormai siamo intrisi e sarebbe impossibile scindere l’aspetto culturale da quello naturale. Gli uomini e le donne sono esseri naturali e culturali insieme. Quando e dove finisce lo stato di natura e inizia invece la cultura? Dovremmo tornare indietro di parecchi millenni per riuscire a cogliere questo passaggio e molto probabilmente, se non sicuramente, non riusciremmo ad individuarlo.

Ciò significa che,  qualsiasi possa essere la nostra risposta, il risultato finale sarebbe comunque lo stesso. Se la violenza è solo maschile, ciò è dovuto a fattori sia di ordine ontologico che culturale. Di conseguenza il genere maschile, in base a questa interpretazione, è responsabile di ogni violenza.  Ergo, se lo eliminassimo  la violenza cesserebbe di esistere. Da qui alla pulizia etnica, concettualmente parlando, e non credo di estremizzare, il passo è breve. A Roma diremmo:“E’ una sgommata…”.  Ma siccome la pulizia etnica non si può fare per ovvie ragioni, il genere maschile deve essere “rieducato”. Ho la pelle d’oca…

La violenza, signora Aspesi, si manifesta in tante e tante forme diverse, sia fisiche che psicologiche, fa parte purtroppo del genere umano e nessuno ne è esente, uomini o donne che siano. Possono in parte (ma solamente in parte) esserci, questo sì, delle forme di violenza peculiari al genere maschile e a quello femminile, data la diversità tra i due, ma questo non cambia la sostanza.

Potrei portarle innumerevoli esempi ma rischierei di banalizzare il discorso su un argomento che necessita di ben altro spazio e attenzione. Naturalmente ci torneremo.  Mi limito in questa sede a segnalarle il servizio di Giovanna Botteri andato in onda su Rai 3 Notte che abbiamo pubblicato sul nostro sito all’interno dello spazio “articoli” dal titolo “Un brusco risveglio”. Un rarissimo esempio di informazione corretta e fuori dal coro che fa piazza pulita di tanti e tanti luoghi comuni proprio sulla violenza di genere a senso unico…E non a caso è stato sepolto  in un sottoscala dell’archivio delle “dimenticanze” del nostro sistema mediatico…

Di nuovo grazie della sua disponibilità e della sua attenzione. Siamo ovviamente  a sua completa disposizione per un eventuale approfondimento sui temi trattati.

Fabrizio Marchi


35 Commenti

Strider 5:48 pm - 17th Luglio:

Significativo il silenzio della Aspesi…

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Rino 5:34 pm - 18th Luglio:

E’ necessario comunque e sempre mettere in rilievo tutte le connessioni che ogni presa di posizione avversa va a toccare. Si tratti di affermazioni pertinenti e coerenti o del contrario. Insomma l’interlocutore va sempre preso sul serio se e in quanto ci offre l’occasione di sceverare la QM. Al punto che spesso conviene fingere di non capire quale sia l’intendimento dell’avversario e la sua vera posizione.

E’ il caso del commento della Aspesi alla lettera di Marchi da essa stessa pubblicata su Venerdì della Repubblica, dove la giornalista conferma apertamente la sua convinzione che gli UU siano i dominatori. Oggi più o meno come ieri.

E’ chiaro che su questa base non è possibile un grande diagolo perché sull’assunto che gli UU sono gli oppressori essi perdono puramente e semplicemente il diritto di parola. Chi starebbe ad ascoltare il latifondista che si lagna della riforma agraria?

Noi siamo quelli che tagliano la gola a quelle che cercano di sfuggire al nostro dominio. Siamo dei tagliagole. E’ difficile andare lontano su questa base.

Al dialogo però si frappongono altri fattori tutti ben comprensibili, non ultimo il fatto che il MUB è un’entità ancora microscopica e che il suo fondatore non ha un nome famoso. (Si spera nel futuro…).

Si può allora porre la questione del dialogo. Se sia indispensabile o solo utile. Se sia un passaggio obbligato o una semplice opzione. Credo che siamo d’accordo sul fatto che lo si possa e debba fare con chi ci sta senza però esserne ossessionati.

Bisogna però prendere atto che le femministe non hanno mai dialogato con nessuno. Hanno raccontato la loro storia e anche quella degli UU.
Non c’è mai stato alcun dialogo, solo il “Monologo della vagina”.

C’è da meditare.

RDV

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Fabrizio Marchi 9:43 pm - 18th Luglio:

Vere e ineccepibili le tue riflessioni, Rino. Tuttavia è bene riflettere su alcune cose.
1) Il fatto stesso che la Aspesi, cioè un intellettuale di punta del salotto progressista, femminista, e politically correct ci abbia dato spazio, è significativo. Pubblicando la nostra lettera e rispondendoci ci ha di fatto considerati come interlocutori. Al di là della sua risposta, questo è comunque un riconoscimento. In altri tempi non sarebbe MAI avvenuto, non saremmo neanche stati presi in considerazione e la nostra lettera sarebbe finita nella macchina trita carte non dopo qualche sbuffo sui soliti beceri maschilisti repressi e frustrati che non muoiono mai. Lo sbuffo c’è sicuramente stato anche in questo caso ma la lettera non è finita nell’inceneritore, e questo non è certo casuale ma dovuto ad alcuni fattori.
a) La Aspesi non è una sprovveduta ed è consapevole del fallimento del femminismo, anche se naturalmente non può ammetterlo, ma questo lo si legge tra le righe della sua risposta, e in fondo neanche tanto tra le righe: lo dice apertamente, anche se affianca e sovrappone quella sconfitta a quella del proletariato, per poter poi venire da noi a dirci che sbagliamo bersaglio e che ce la prendiamo con quelli (quelle) sbagliate. Insomma che staremmo facendo una guerra fra poveri invece di combattere il vero nemico…
b) La sua risposta è molto debole, a mio parere, e non è un caso che si rifugi anche lei nel solito mantra della violenza di genere, cioè con l’argomento con cui si mette a tacere ogni discussione. E infatti è quello che anche lei ha fatto. Ma questo, come ripeto, è un indice di debolezza, non di forza. Non abbiamo a che fare in questo caso con i vari personaggetti della rete con i quali disgraziatamente siamo entrati in contatto e il cui sport preferito è quello di insultarci. La Aspesi è ad un altro livello e, spazio limitato a parte, la sua, come ripeto, è stata una risposta stereotipata e debolissima.
2) Il nostro obiettivo principale non era quello di entrare in interlocuzione con la Aspesi (saremmo comunque sempre lieti se ciò avvenisse) ma promuovere il sito e il Movimento. E da questo punto di vista lei stessa ci ha dato una mano, sapendo di darcela. E sapendo anche che in qualche modo ci avrebbe sdoganati. E’ ovvio e scontato che prima di pubblicare la lettera ha visitato il sito e ha capito perfettamente con chi aveva a che fare. Su questo non c’è dubbio; personaggi come lei non si sputtanano per il semplice gusto di farlo. Ci ha letti e pur non condividendo (ovviamente) le nostre tesi,i ha ritenuto comunque di dargli spazio. Secondo me perché è cosciente che la discussione sul tema deve essere riaperta. Insomma, suo malgrado e pur continuando a ripetere i soliti ritornelli, si rende conto che la questione non può essere elusa.
L’ultima considerazione è per noi, anche se questo argomento merita più di un post e credo che a breve scriverò un pezzo nel merito.
Dobbiamo prendere atto di un fatto, e cioè che fino ad ora, solo la Aspesi, una donna, una femminista, cioè un nostro avversario, ci ha dato spazio. Non può essere casuale anche se appare paradossale. Così come è altrettanto vero che, con l’esclusione della solita cerchia di utenti e amici che animano il blog, il grosso del pubblico esterno è composto di donne, con l’eccezione di qualche uomo che sporadicamente fa capolino, posta qualche commento e poi scompare. Mentre le donne scrivono e riscrivono, tornano, alimentano la discussione. E anche questo non è casuale ma non paradossale. E’ la testimonianza, direi la prova provata di una fragilità maschile ENORME, di una incapacità anche solo ad affrontare il tema. Da questo punto di vista la condizione maschile è veramente penosa. Non vorrei sembrare troppo severo ma veramente non riuscirei a definirla altrimenti.
Ne riparleremo a strettissimo giro perché è ora di cominciare a fare delle riflessioni in tal senso.
Fabrizio

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armando 11:27 pm - 18th Luglio:

Devo, ahimè, confermare quanto scrive Fabrizio sulla fragilità maschile. Quando in alcuni eventi e manifestazioni pubbliche sono stato dietro ad un banchetto in cui erano esposti i libri di Risè (e di altri autori) sul maschile, erano quasi sempre donne quelle che li acquistavano, dopo averli sfogliati e magari chiesto notizie. Gli uomini si avvicinavano, nel migliore dei casi sfogliavano qualcosa, poi si allontanavano con un sorriso imbarazzato (uso un eufemismo per carità di patria). D’altra parte la conferma l’ho avuta da alcune amiche e conoscenti che mi hanno più di una volta riferito di aver letto libri sul maschile (non quelli denigratori, per intenderci) e di averli proposti ai propri compagni, invano!
Un’ultima osservazione. Bene che l’Aspesi abbia pubblicato la lettera di Fabrizio (a me capitò di essere intervistato da D Donna), ma è davvero ridicolo e surreale che una campionessa del “radical chic politically correct ” parli in nome del proletariato. Siamo seri. Bossi avrebbe molto più titolo a farlo.
armando

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ckkb 9:04 am - 19th Luglio:

Intervengo sul tema della violenza tra i generi, perchè mi sembra di cogliervi un paradosso:
il dialogo tra M e F sulla violenza, “solo maschile”, senza che sia in alcun modo visto e rilevato sia da M che da F il sangue di cinquemilioni e mezzo di concepiti abortiti solo in Italia per libera ed esclusiva volontà femminil/materna ( e la violenza autoinflitta dei relativi traumi postaborto per altrettante donne), in presenza oltretutto di formidabili e costosissimi servizi di assistenza alla “maternità consapevole”, non ha senso nemmeno iniziarlo. E questo per ripetto del principio di realtà e per la tutela del diritto alla salute mentale di ciascuno. Nella letteratura “gialla” si dice che il posto migliore per nascondere un cadavere frutto di un delitto, è il massacro di un campo di battaglia. Oggi è il rovescio: il modo migliore per nascondere la violenza femminile del massacro di milioni di innocenti è il cadavere di qualche delitto passionale. E tutti stanno alla nuova regola letteraria.
Che il femminismo sia stato percepito e vissuto per decenni dai maschi come la storiella a cui gli adulti devono far finta di credere perchè “la bambina non cresca complessata”, probabilmente è uno dei motivi per cui è dilagato senza alcun freno: la storiella era una cosa, la realtà un’altra. Quando però poi, il medesimo racconto di liberazione dal reale, pretende di diventare realtà, ovvero argomento di dialogo, allora il discorso cambia: si può accettare che la suprema e terribile forma di libertà, quella dal principio di realtà, la follia, diventi argomento di discussione quotidiano? tutti quanti, M e F, abbiamo concluso che per il bene di tutti oggi non c’è altro da fare che giocare la allucinata partita a tennis del finale di Blow-up? altrimenti il doppio non può essere doppio misto? e le amiche resterebbero solo a guardare?

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Luke Cage 10:11 am - 19th Luglio:

@Ckkb:
A me viene più facile pensare ai morti sul lavoro, o al tasso di suicidi maschili che ad onta di luoghi comuni è più alto di quello femmjnile,ai suicidi in carcere..e così via..oppure tutti questi ed altri contano meno della vostra battaglia contro l’aborto ?

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Fabrizio Marchi 11:18 am - 19th Luglio:

Come puoi immaginare, caro Ckkb, non condivido il tuo ultimo post, sia nel merito che nel metodo, diciamo così.
Nel merito non entro perché ne abbiamo discusso tante volte e non credo che su una materia come quella dell’aborto si possa addivenire a delle posizioni condivise. La mia personale e quella ufficiale di UB è quella contenuta nell’articolo a mia firma:”Aborto: questione politica e non solo etica”.
Ciò detto, credo che sia sbagliato contrapporre al mantra mediatico (e non solo) della violenza maschile e del femminicidio, il tema dell’aborto. Si tratta comunque di due questioni diverse, da qualunque punto di vista le si tratti.
Fino ad ora, abbiamo scelto di non affrontare il tema della violenza fra i generi perché considerato troppo “pericoloso”. Non perché abbiamo scheletri nell’armadio in quanto uomini, sia chiaro, ma per ragioni di ordine tattico. Ci siamo limitati a denunciare la menzogna in base alla quale la mano omicida degli uomini costituirebbe la prima causa di morte per le donne, e lo abbiamo fatto nell’articolo “La grande menzogna”.
Ma evidentemente non è sufficiente. E forse è arrivato il momento di occuparcene, anche rischiando, perché sappiamo che l’argomento può scoprire il fianco ad interpretazioni strumentali e opportuniste. Tuttavia il tema esiste e non può essere eluso.
E’ necessario però rispondere su quello stesso terreno,avendo il coraggio anche di mettere mano ad argomenti che tutti si guardano bene dall’affrontare perché troppo scomodi. Dove, come e quando nasce la violenza maschile sulle donne? Quali sono le origini e le cause prime di questa violenza? Quali sono i fattori che la innescano? I numeri della violenza maschile sulle donne sono effettivamente quelli che vengono denunciati? Esiste una violenza femminile? Se la risposta è sì, come si manifesta? Con quali comportamenti e modalità? E quali sono i numeri in questo caso? Esiste una violenza psicologica oltre che fisica? Chi la pone in essere? La violenza psicologica può tradursi in violenza fisica? La mercificazione sessuale, cioè il sesso ridotto a merce è o non è uno dei fattori in grado di generare violenza? E se lo è, chi è o chi sono i responsabili di questa mercificazione sessuale (concettuale, culturale, psicologica, e non solo pratica)? Il sistema? Gli uomini? Le donne? Quali uomini e quali donne? Quali meccanismi sono dietro a questo processo di mercificazione? Chi se ne avvantaggia? Chi invece ne è vittima? Un contesto sociale fondato sulla diseguaglianza a tutti livelli e in tutti gli ambiti, genera violenza oppure no? Se la risposta è sì, ci si può limitare ad una risposta giudiziaria o repressiva? La sessualità rientra o non rientra nei meccanismi di cui sopra, cioè all’interno di logiche mercantili dove c’è chi ha e chi non ha, chi “è” e chi non “è”, chi appare e chi non appare, chi “conta” e chi non “conta” nulla, chi è visibile e chi è invisibile. La sessualità oggi è libera oppure vincolata alle leggi e alle dinamiche di cui sopra?
Tutto ciò genera violenza? Se la risposta anche in questo caso è sì, ci si può limitare ad una risposta giudiziario-repressiva, se non addirittura giustizialista e forcaiola?
Questi sono i temi, assai delicati per tutti e tutte, non certo solo per gli uomini, che devono essere affrontati se si tocca il problema della violenza e in particolare della violenza di genere.
L’aborto è un’altra questione che merita senz’altro di essere dibattuta ma in un altro ambito. Non quello della violenza. Sarebbe fuorviante e, a mio parere, anche controproducente da un punto di vista tattico, perché si rischierebbe di mettere sullo stesso piano lo stupro e/o l’omicidio a sfondo sessuale con l’aborto,facendo cadere l’oblio sul vero tema della violenza che riguarda anche le donne a pieno titolo, né più e né meno che gli uomini.
Fabrizio

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ckkb 11:28 am - 19th Luglio:

Luka Cage@: Anche a me. Ma una differenza importante bisogna coglierla nel discorso: si sta parlando in questo specifico caso di violenza nel significato esclusivamente di ciò che è agito direttamente dalle personali femminili o maschili mani collegate al cuore. E fonte di violenza contro il proprio e contro l’altro genere (l’aborto non è anche questo?).
Che è diverso però dal morire sul lavoro o altrove a tre o quattro al giorno ( rigorosamente maschi,s’intende) a causa della condizione pericolosa e drammatica del vivere maschile.
Son d’accordo con te sul fatto che oggi si è chiamati anche su tanti altri aspetti della realtà (per esempio quelli che citi tu e tanto altro ancora) a condividere la follia del racconto femminista. Il politycall correct attuale è nella sostanza la disponibilità ( e in sostanza l’obbligo) a condividere la follia demagocicamente eletta ed eretta a realtà e verità. Il fotografo protagonista di Blow Up, lo sapeva e ne ha fatto diretta esperienza.

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Leonardo 12:09 pm - 19th Luglio:

Bisogna dire che anche le donne picchiano, fanno scenate, urlano, e gli uomini abbassano la testa.
Comandano loro, gli uomini le corteggiano ma sono guidati come burattini, alcuni si fanno prendere a schiaffi mentre ci provano, e vengono chiamati porci.
Viscido: questa è una parola sentita spesso pronunciare dalle donne verso qualcuno che ci ha provato,
AOOH!! ma che te sei un po?…… eh!!?….frocio?!: se uno mostra diffidenza e poco interesse a lor signore.
E i sorrisetti dei cicisbei.
L’omo ada puzzà!
Ma che le donne fanno la cacca?
E stronzate a non finire, che servono per sentirsi superiori ai maschi: più pulite e misteriose.
Vabbé….

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Lestat 12:25 pm - 19th Luglio:

@ Leonardo –
Bisogna dire che anche le donne picchiano, fanno scenate, urlano, e gli uomini abbassano la testa.
Comandano loro, gli uomini le corteggiano ma sono guidati come burattini, alcuni si fanno prendere a schiaffi mentre ci provano, e vengono chiamati porci.
>>
E’ un discorso che riguarda quasi esclusivamente gli italiani, non gli extracomunitari…
Hai mai visto qualcosa del genere fra romeni, albanesi o nordafricani? Io no, e un motivo ci sarà…

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Lestat 12:34 pm - 19th Luglio:

@ armando –
Devo, ahimè, confermare quanto scrive Fabrizio sulla fragilità maschile. Quando in alcuni eventi e manifestazioni pubbliche sono stato dietro ad un banchetto in cui erano esposti i libri di Risè (e di altri autori) sul maschile, erano quasi sempre donne quelle che li acquistavano, dopo averli sfogliati e magari chiesto notizie. Gli uomini si avvicinavano, nel migliore dei casi sfogliavano qualcosa, poi si allontanavano con un sorriso imbarazzato (uso un eufemismo per carità di patria).
>>
Secondo me, non è tanto una questione di fragilità, bensì di inconsapevolezza mista a coglioneria tipicamente maschile. L’uomo medio è un pirla.

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ckkb 2:27 pm - 19th Luglio:

Madre Teresa di Calcutta, che di violenze ne vedeva ogni giorno per le strade dell’India, vale la pena di andare a leggere che scriveva proprio sul rapporto tra violenza in tutte le sue manifestazioni e la violenza d’aborto.

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Rino 3:37 pm - 19th Luglio:

La questione “violenza” è un tema delicato solo perché oggi è incistata nella psiche collettiva la convinzione che essa sia intrinsecamente ed esclusivamente maschile.

Di tutte le violenze e di tutte le forme di violenza vengono etichetttate come tali solo ed esclusivamente quelle maschili. Quelle che sono tali e quelle che non lo sono.
Mai il contrario.

Chiarito questo, che è il punto capitale, il resto è utile e interessante, ma non decisivo. Infatti l’equazione violenza=maschilità è una mistificazione che non ha alcun fondamento né biologico né epistemologico.

E’ solo uno strumento di criminalizzazione del maschio fondato sull’apparenza, sulla parzialità e sulla dissimulazione di tutte le facce della violenza stessa.

Certo che ne parleremo. Io incomincerò dicendo che il riprodursi in se stesso è un atto di guerra.
Da lì una cascata di imbarazzanti conseguenze.

RDV

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Luke Cage 3:46 pm - 19th Luglio:

Anche “La posizione della missionaria” di Cristopher Hitchens è un libro interessante su Madre Teresa…

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Leonardo 4:01 pm - 19th Luglio:

@Lestat: c’è una fruttivendola islamica con tanto di velo qui nel mio quartiere, un giorno urlava contro il marito e sbraitava, il marito zitto; è intervenuto anche un italiano, poi me ne sono andato.
Non dar retta alle fesserie, capisco che per voi ricchi la sinistra è uno spauracchio, ma bisogna ragionare con la propria testa.

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ckkb 5:20 pm - 19th Luglio:

Sto ponendo il tema delle conseguenze che gesti di violenza supremamente simbolici come l’aborto (il ventre materno non è forse l’Eden fondativo dell’esperienza di ciascuno che la vita è buona?) possono avere e hanno, nell’abbassare la soglia di inibizione alla violenza. In sostanza madre Teresa (missionaria buona o cattiva che fosse per Hitchens) domandava ed è una domanda universalmente valida: “Se si accetta che una madre distrugga il figlio accolto nel proprio ventre, come porre credibilmente un limite a qualunque altra forma di violenza?”. Ci sono gesti di violenza che fanno parte del tempo e gesti di violenza che sequestrano un tempo, lo svuotano di speranza e fiducia, lo consegnano ad un giudizio storico di disumanità feroce. Non c’entra solo il credo religioso di ciascuno, o il sentire etico: è l’Umanità stessa che viene messa in discussione. Più questione politica nell’accezione più seria e nobile di così.

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Lestat 6:34 pm - 19th Luglio:

@ Leonardo –
c’è una fruttivendola islamica con tanto di velo qui nel mio quartiere, un giorno urlava contro il marito e sbraitava, il marito zitto; è intervenuto anche un italiano, poi me ne sono andato.
Non dar retta alle fesserie, capisco che per voi ricchi la sinistra è uno spauracchio, ma bisogna ragionare con la propria testa.
>>
Una rondine non fa primavera.
Inoltre tu sei un po’ troppo vittimista.

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Leonardo 7:25 pm - 19th Luglio:

@Lestat: ma tu come fai a sapere come vivono in quei paesi?
E’ tutta una propaganda quella della donna islamica oppressa, che serve alla guerra e al femminismo.
Poi le donne dell’Est mi sembrano molto libere e furbe.

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Strider 7:54 pm - 19th Luglio:

Leonardo
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Bisogna dire che anche le donne picchiano, fanno scenate, urlano, e gli uomini abbassano la testa.
Comandano loro, gli uomini le corteggiano ma sono guidati come burattini, alcuni si fanno prendere a schiaffi mentre ci provano, e vengono chiamati porci.
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E’ vero che le donne urlano, fanno scenate, rompono continuamente, ecc., ma e’ anche vero che le spocchiose alzano le mani SOLO ED ESCLUSIVAMENTE quando sanno di poterlo fare…
Per esempio, contro di me nessuna donna si e’ mai permessa di alzare un dito. Vuoi che ti spieghi il perche’…?

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Fabrizio Marchi 8:04 pm - 19th Luglio:

Una rondine non fa primavera, Lestat, ed è vero. Ma quando le rondini diventano dieci, cento e a volte mille, allora qualcosa è necessario rivedere. E siccome siamo laici e non integralisti, è bene osservare la realtà con occhi lucidi. In questo caso ciò significa fuoriuscire dai luoghi comuni che vorrebbero gli uomini arabi tutto “cazzo e cazzotti” e le donne zitte e mosca senza fiatare, prive di ogni diritto e brutalizzate dai loro mariti padroni. La realtà è molto più complessa ed è quella di società e di culture (perché il mondo arabo e musulmano non è un monolite e tra la Siria e l’Afghanistan c’è la stessa differenza che c’è in Europa tra l’Italia di 40 anni fa e la Svezia, per capirci…) completamente diverse da quelle occidentali. Società dove anche le relazioni fra i sessi sono organizzate secondo ruoli e modelli certamente più rigidi ma molto più identificabili e chiari dei nostri (sia per le donne che per gli uomini). Naturalmente possono piacere o non piacere (e a me non piacciono) ma, come ho già avuto modo di dire nell’articolo “Sesso, Islam e Occidente”, non è certo quest’ultimo che può permettersi di criticare la concezione del sesso e della relazione fra i generi vigente in quei paesi.
Il mondo musulmano è nel complesso seriamente preoccupato della penetrazione culturale occidentale da cui rischia di essere travolto, più che dalle bombe sganciate dai droni o dai B52. Ed hanno ragione ad esserlo, dal loro punto di vista. E proprio i modelli sessuali occidentali sono uno degli elementi che li preoccupa maggiormente. Né potrebbe essere altrimenti. Andate in Germania e osservate il comportamento delle nuove generazioni di giovani turche nate e cresciute in quel paese e capirete che le loro preoccupazioni non sono certo infondate…
Questo ovviamente non significa, dall’altra parte, condividere la concezione del sesso e della relazione fra i generi del mondo musulmano. Come ben sapete la mia concezione è naturalmente tutt’altra ed è quella che cerco di spiegare nel sito.
Ribadisco però che con i luoghi comuni non si va da nessuna parte e soprattutto non si comprende la realtà, che è sempre più complessa di come per lo più viene dipinta.
Fabrizio
P.S. condivido l’opinione di Leonardo. La “liberazione” delle donne ha costituito e costituisce uno degli ipocriti alibi per giustificare l’occupazione di quei paesi da parte delle potenze occidentali.

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Lestat 9:01 pm - 19th Luglio:

@ Fabrizio –
Andate in Germania e osservate il comportamento delle nuove generazioni di giovani turche nate e cresciute in quel paese e capirete che le loro preoccupazioni non sono certo infondate…
>>

Opinione mia: in ogni paese in cui vi sia un po’ di libertà, emerge la vera natura femminile.
Perciò trovo errato continuare a sostenere che le donne si comportino in questo o in quel modo, perché “deviate” da questa o quella cultura.
Le donne sono così a prescindere: femminismo o no, usi e costumi occidentali o meno.
@ Leonardo –
Lestat: ma tu come fai a sapere come vivono in quei paesi?
>>
E tu invece cosa ne sai? Puoi dimostrarmi il contrario?

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armando 10:22 pm - 19th Luglio:

A proposito di complessità della realtà: il bacino del mediterraneo è stato la culla del culto della Grande Dea, della Grande Madre. Ossia ha dato origine ad una sorta di matriarcato psichico nel quale, sul piano sociologico, al maschio era consentito anche di opprimere le femmine purchè rimanesse psichicamente dipendente dalla madre. Il culto del materno esiste, eccome se esiste, anche nei paesi musulmani, ad onta dei vari burka etc. etc. L’aspetto sociologico non sempre mostra la realtà nella sua interezza. La Mafia, ad esempio, è modellata anch’essa sul culto della Madre (i capimafia si fanno chiamare, non casualmente, Mammasantissima, i riti d’iniziazione alla “famiglia” , col sangue simbolico che sgorga , sono di chiara origine matriarcale, la richiesta fedeltà incondizionata alla “famiglia” (mafiosa) è modellata sul diritto di sangue matriarcale che prescinde dall’oggettività e universalità della legge del padre e del diritto patriarcale). Tutto questo in un contesto in cui le donne sono per lo più escluse dal potere, ma in cui la madre funge da suprema garante. C’è di che riflettere.
Sulla violenza: le osservazioni di Ckkb mi sembrano fondamentali perchè vanno all’origine, ma tralasciamole pure in questa sede.
Le tante domande che pone Fabrizio sono importanti, ma credo non possano avere una risposta condivisa dall’opinione pubblica se non si parte dalla rappresentazione reale del fenomeno, ricercata con strumenti e metodologie statistiche scientifiche e oggettive, dunque potenzialmente condivisibili da tutti. Proprio quello che non “deve” accadere e infatti non accade. Quando non si vuole ricercare la verità, qualsiasi essa sia, ma si vuole solo dimostrare statisticamente un assunto ideologico, si fanno indagini statistiche sulle violenza a senso unico, come quella Istat del 2006, truffaldina nel metodo e impostata in modo volutamente confusionario e unilaterale.
Il potere mediatico e culturale è un Moloch di dimensioni impressionanti. E tuttavia dovremmo trovare il modo per intaccarlo o scalarlo. Possibile che non esista un gruppo di ricercatori, una università non del tutto piegata, una fondazione, un ufficio studi di una azienda, insomma un ente dotato di denaro a cui rivolgersi per commissionare una ricerca seria e vera? E uno straccio di giornale che la prenda poi in considerazione e la diffonda?
La mia opinione è che finchè non riusciremo a produrre numeri, troveremo sempre qualcuno che i numeri artefatti ce li sbatte in faccia, e la strada, nonostante i buoni/ottimi argomenti, diventa sempre in salita. La scomodità di cui parla Fabrizio è reale ma non deriva dall’argomento in sè. Nasce piuttosto dalla impossibilità attuale di confrontarsi sulla base di vere ricerche che prendano in considerazione tutto l’universo della violenza, in tutti i sensi e per tutti.
armando

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Luke Cage 6:58 am - 20th Luglio:

Interessante il discorso sulla Grande Madre fatto da Armando.
Il ruolo delle donne in contesti “tribali”, di clan e/o mafiosi è tutt’altro che marginale.
http://www.insiemesipuoroccella.it/index.php?option=com_content&view=article&id=57:lezione-a-scuola-genesi-della-ndrangheta&catid=2:news&Itemid=35
Lo stesso Francesco Forgione in un intervista lo ribadisce.
E Silvia Di Lorenzo, nell’oramai introvabile “La Grande Madre Mafia” spiega anche il ruolo di memoria “di famiglia” che le donne hanno, spesso innescando e ponendo fine alle faide, spingendo i parenti alla vendetta per uno sgarbo subito da un antenato.
Corretto a mio parere anche il parallelismo con la cultura islamica, che smentisce certa nouvelle vague “di destra” (portata avanti da alcuni “intellettuali” del MoMas) che sembra “strizzare l’occhio” a certi aspetti di certe culture (come l’apparente sottomissione delle donne, che custodiscono e detengono in realtà ruoli ben precisi..).

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Leonardo 7:47 am - 20th Luglio:

@Lestat: le arabe sono donne come tutte le altre, è evidente che sono ancora meno disposte al sesso ludico delle occidentali, visto che vanno in giro vestite da monache.
C’è la prostituzione in Afghanistan? Non mi sembrano paesi per fare turismo sessuale.
Nell’est Europa è tutto diverso, le donne fanno come gli pare, li può essere che trovi donne disponibili, e bevono pure: birra e alcolici.

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Luke Cage 10:05 am - 20th Luglio:

Per essere più corretto per “cultura islamica” mi riferivo improriamente al substrato di usanze diffuse nell’area del maghreb e in alcune altre zone dell’Africa : ovviamente l’Islam ha una diffusione tale che non è possibile accomunare tutti i popoli presso i quali è diffuso,pur nelle sue varianti, tramite un unica analisi (basti pensare all’Iran,oppure al sud-est asiatico,l’India etc…).

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Leonardo 12:06 pm - 20th Luglio:

@Strider: non vorrei essere frainteso, non vengo picchiato tutti i giorni dalle femmine, ho brutti ricordi infantili, ma oggi non permetto che lnessuno alzi le mani su di me.

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Leonardo 12:52 pm - 20th Luglio:

Poi dico: questi maschilisti di destra, invece di andare in paradisi tropicali, perchè non andate in Egitto e vi sposate una di queste mummie islamiche; a volte nei TG che non guardo quasi più, mostravano donne islamiche in quei paesi, incazzate nere, e non certo per togliersi il burqa.
Nell’Est Europa dove gli uomini bevono parecchio, in effetti succede che possano diventare violenti e picchiare la moglie, ma dipende sempre dall’indole di una persona.

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armando 6:22 pm - 20th Luglio:

Caro Luke, il fatto è che fra apparenza sociologica e realtà esiste uno iato che se non si individua fa prendere grandi abbagli. In fin dei conti vale anche per noi. Donne al potere pubblico sono poche in rapporto ad altri paesi, eppure il loro potere mimetizzato è molto alto, se non altro come capacità di “direzione” dall’esterno o, ancora di più, di colonizzare culturalmente i maschi al potere che si illudono di essere potenti ma in realtà sono giganti coi piedi d’argilla. Per un motivo semplicissimo. Non hanno potere su se stessi, che è il vero potere ed anche la condizione necessaria per esercitare il potere sugli altri, che è ileniminabile, indirizzandolo al bene di tutti.
se sono deluso dalle così dette democrazie occidentali, dalla colonizzazione culturale, dall’esportazione della “democrazia” etc. etc., non mi illudo certo sul mondo islamico.
Per questo ci vuole una presa di coscienza maschile profonda.
armando

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Rita 7:59 pm - 20th Luglio:
Luke Cage 2:27 am - 21st Luglio:

Condivido Armando.
Per questo non bisogna fare confusione ponendo la QM in contesti culturali molto diversi e di cui ignoriamo le dinamiche più profonde,anche se devo dire che certa propaganda soprattutto femminista/colonialista non di rado pretende di “liberare” qulle donne, come hai osservato tu, ignorando di “esportare” nient’altro che altre forme di schiavitù (come quella delle giovani turche i germania, o delle donne qui in Italia, incapaci di affrancarsi da una visione dei rapporti di genere che prescinda da rapporti di forza/potere…la minigonna non è sinonimo di libertà).
Se non siamo liberi noi, come possiamo pretendere di liberare gli altri ?

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armando 11:55 am - 21st Luglio:

A proposito dell’articolo segnalato da Rita sulle donne musulmane: vedete com’è strano e complicato il mondo? Da noi il divorzio è salutato come un’affermazione dell’autonomia femminile, una possibilità di uscire dall’oppressività della famiglia (patriarcale, come al solito). Dall’altra parte le donne lottano invece contro il divorzio considerato un modo, come sempre patriarcale, con cui gli uomini si disfano della donna.
Armando

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Leonardo 12:45 pm - 21st Luglio:

Le persone vengono su insieme al tipo di cultura dove sono cresciute, sicuramente le donne mussulmane capofamiglia, saranno severissime con le loro figlie e nipoti, nel rispetto dei loro costumi e morale: come lo erano le donne italiane fino a mezzo secolo fa.
Poi ci sono le eccezioni, che non confermano la regola, ma dimostrano che ci possono essere alternative.
Galilei era un eccezione con le sue teorie, ma oggi sono la regola e forse sicuramente la verità.

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mauro recher 7:09 pm - 12th Agosto:

E’ quello che cercavo di far capire nel blog del “il corpo delle donne” quando si parlava di violenza ,visto che insistevano sul punto che ,erano maschi ,vero ,ma come ha scritto giustamente l’autore del pezzo ,se pensiamo che la violenza sia solo maschile ,si elimina il problema alla radice ,eliminando i maschi ,ho sempre creduto che la violenza non sia di genere ma dettata da singoli individui ,indipendetemente dal genere di nascita ,visto che ,se essere maschi o femmine ,di certo non lo decidiamo noi ,e mi sembra abbastanza assurdo che ,se uno nasce maschio ,sia anche un assassino ,fatto notarem questo ,mi sono preso che facevo perdere tempo …..credo che ,quel femminismo ,non sia per la parità dei diritti ,ma per ottenere qualcosa di più

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mauro recher 1:32 pm - 7th Ottobre:

siamo alle solite ….. anche questa è una questione maschile

“Ieri notte l’hanno trovata, era vicino a casa, seppellita dalle pietre in fondo ad un pozzo; non c’entrava Facebook o una fuga d’amore. Più banalmente lo zio l’ha ammazzata, per il solito motivo: lui la voleva, lei no. Dunque l’ha strangolata.
Niente di nuovo. Ora inizierà il solito circo mediatico popolato da voyeur dall’interesse morboso. Mi vengono i brividi.

Sarah aveva 15 anni e in tutti questi giorni l’ho pensata con tenerezza infinita: ero certa fosse scappata per un desiderio adolescenziale irrefrenabile di avventura; ero certa sarebbe tornata.
A 15 anni, nonostante l’aspetto spesso adulto, si è ancora bambine, magari si fa già l’amore, però si disegnano i cuoricini sul diario, si promette fedeltà eterna all’amica del cuore, si tengono tanti pelouche sul letto. Come la piccola Noemi Letizia, resa mantide dal nostro immaginario malato e perverso.

C’è una questione maschile di cui è urgentissimo discutere. E proprio agli uomini che, come me oggi, si sentono affranti dalla morte di Sarah, chiedo di avviare una riflessione sul perché di tanta violenza e di tanta rabbia. La prima causa di morte per le donne sono le botte, botte che ci massacrano, pugni con cui vengono spaccati denti, ossa, organi interni.
Io non riesco ancora a capire perché di fronte ad un appello come questo la prima reazione degli uomini sia di rifiuto e difesa. Nessuno pensa, non io, che tutti gli uomini siano dei violenti. Ma quando i giornalisti stranieri mi chiedono “perché le donne italiane non reagiscono?” io, anziché rispondere sulla difensiva “Non è vero! Io reagisco”, rifletto sulle ragioni che ci conducono a una perniciosa passività. In sintesi “Mi riguarda”.

Non scrivo altro, non è oggi tempo di discussioni, almeno non per me.
Penso a Sarah, alla sua foto di ragazzina, a lei che si preparava ad andare al mare con la cuginetta. Perché l’hanno ammazzata è questione maschile di cui non mi farò più carico. Se potevamo proteggerla meglio, noi donne adulte, è invece una domanda che non mi abbandona”.

non commento neppure , dico solo che siamo tutti colpevoli perchè siamo nati uomini ….

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