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Come spesso mi succede, traggo spunto da un post pubblicato di recente su Facebook da un amico, per una breve riflessione. In questo caso l’oggetto è un film uscito nelle sale nel 2007 dal titolo “Signorinaeffe”, girato dalla regista Wilma Labate.
Il film è ambientato a Torino nel 1980 nei giorni dell’occupazione della Fiat da parte dei lavoratori. Proprio quella fu l’ultima grande lotta operaia di dimensione nazionale culminata con una sconfitta storica (ricordiamo la famosa “marcia dei quarantamila” quadri sollecitata e organizzata dai vertici dell’azienda) per il Movimento Operaio nel suo complesso (non solo per gli operai della Fiat). Da allora, infatti, nulla sarà più come prima. Quella debacle muterà per sempre i rapporti di forza tra il padronato e i lavoratori, che usciranno da quell’esperienza pesantemente indeboliti, privi di potere contrattuale, sia dal punto di vista sindacale che politico.
Il grande processo di ristrutturazione capitalistica avvenuto negli ultimi quarant’anni in Italia affonda le sue radici proprio in quella vicenda.
La silenziosa e lugubre marcia dei quarantamila impiegati e quadri della Fiat (anche dal punto di vista “estetico”, l’esatto contrario dei cortei festosi, colorati e combattivi degli operai), in gran parte impauriti e ricattati dall’azienda, simboleggia e segna la fine di quel movimento operaio e sindacale che ha perso ogni sua capacità di esercitare egemonia politica. La sconfitta fu strategica e, a mio parere, da allora, non ci si è ancora ripresi.
In questo contesto il film narra la storia di Emma, una giovane donna proveniente da una famiglia operaia di origine meridionale. Emma è la punta di diamante della famiglia; ha studiato e sgobbato duramente per cercare di affrancarsi dalle sue origini ed è riuscita a trovare un impiego alla Fiat come informatica. Ed è lì che conosce Silvio, un dirigente aziendale con il quale si fidanza e progetta di sposarsi.
Ma è a quel punto che accade l’imprevedibile.
Proprio durante i giorni della mobilitazione operaia e dell’occupazione Emma incontra Sergio, un operaio politicizzato e sindacalizzato, un ‘avanguardia delle lotte alla Fiat, il cui nome figura naturalmente sulla lista di coloro che l’azienda ha già deciso di licenziare per ragioni politiche. I due si innamorano e inizia una relazione molto passionale che sconvolgerà, per lo meno sul momento, la vita di entrambi.
C’è una sorta di metaforico filo conduttore tra la loro relazione e l’andamento della vicenda Fiat. Ad un certo momento l’apice del loro passionale rapporto coincide con l’entusiasmo di una possibile vittoria da parte dei lavoratori nel braccio di ferro con i vertici dell’azienda. Poi la clamorosa e cocente sconfitta sindacale e operaia che coincide con la fine del loro rapporto, perché di lì a pochissimo tempo Emma sceglierà di lasciare Sergio (che sarà licenziato) e di sposare Silvio, il dirigente Fiat (che nel frattempo aveva saputo della sua relazione con Sergio).
Solo una metafora? Non credo, la sconfitta operaia è anche la sconfitta umana e personale di Sergio. E quella sconfitta, in qualche modo, rimbalza sul loro rapporto e lo condiziona fino a distruggerlo.
Sta di fatto che Emma (che di lì a poco inizierà una brillante carriera in azienda) tra l’amore per Sergio,operaio e poi disoccupato, e il rassicurante e agiato (e conveniente) matrimonio borghese con Silvio, dirigente in carriera (che favorirà anche la sua), sceglie la seconda ipotesi.
La sua scelta verrà condizionata anche dalla sua famiglia, padre, madre, fratelli e sorelle, che la sproneranno a mollare Sergio (i fratelli gli parleranno e gli intimeranno a brutto muso di lasciarla perdere e di non farsi più vedere per evitare conseguenze più gravi…), a non farsi venire i “grilli per la testa” e a pensare al suo e al loro avvenire. Lo stesso farà Silvio, il suo futuro sposo, sia pure con metodi più sofisticati.
Indipendentemente dalle intenzioni dell’autrice, la trama descrive una dinamica purtroppo molto diffusa che ci dice una cosa molto chiara: nessuno/a è “innocente”.
Tutti/e partecipiamo a pieno titolo del contesto in cui viviamo, sia pure con diverse livelli di responsabilità. Emma è figlia di quel contesto che la condiziona, certo (vale per tutti/e noi), ma anche Sergio, il suo innamorato operaio e militante che di lì a poco pagherà caro il suo impegno (a differenza di Emma), lo è.
Emma fa una scelta, e la fa consapevolmente.
E’ anche condizionata dalla sua famiglia ma, alla fin fine, nessuno la obbliga. Potrebbe optare per Sergio (o al limite né per lui né per Silvio…) – in fondo sono due adulti, non due ragazzini – ma non lo fa.
Ergo, agisce in piena responsabilità e consapevolezza. La stessa in cui ciascuno/a di noi agisce, fermo restando che tutti/e siamo gettati/e in condizioni storiche date.
In conclusione il film ci offre due spunti sui quali aprire una riflessione. Il primo riguarda le ragioni della storica sconfitta del Movimento operaio.
Il secondo l’effettiva condizione delle donne e degli uomini, nell’attuale contesto storico e sociale, al di là e oltre le litanie ideologiche (femministe e politicamente corrette).
Perché a uscire con le ossa rotte, in questo frangente specifico (ma è evidente che il film simboleggia una situazione diffusa se non generalizzata o quasi) sia dal punto di vista materiale che psicologico, esistenziale e morale, non è Emma, non è Silvio, ma è Sergio, operaio, proletario, ribelle non domato, e di sesso maschile.
P.S. il film non ha avuto un gran successo, anzi, è stato per lo più stroncato dalla critica. Casuale?…
Fonte: http://www.linterferenza.info/cultura/emma-sergio-e-silvio/
2 Commenti
Ultimo mio articolo sull’Interferenza…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
.
Casuale un par di ciufoli.
Il film mette del sale sulla coda (di paglia) della nostra “intellighenzia” progressista.
Quella che prima li ha presi per il culo – gli operai – con le magnifiche e progressive sorti declamate per loro e poi, al dunque, è ritornata da mammona.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)