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24 Ott 2011  |  266 Commenti

Come il dono (maschile) viene trasformato in oltraggio

Immaginiamo che esista una creatura intrinsecamente autoprotettiva, che abbia cioè nella sopravvivenza fisica lo scopo primario in senso assoluto e totalizzante.  A questo criterio sottoporrà tutte le azioni non solo attraverso un calcolo cosciente dei pericoli possibili ma, prima ancora, con valutazioni inconsce usando capacità e intuizioni che a quel fine avrà acquisito nel corso dell’evoluzione.
Terrà sistematicamente in stand-by una dotazione di qualità (di antenne) miranti a sentire/prevedere non solo i pericoli prossimi derivanti dall’azione, ma anche quelli remoti connessi al contesto (le situazioni nelle quali i pericoli possono emergere).  E ne starà lontana.
Tra i molti presupposti di una tale condizione di vita, mancherà ad esempio ogni forma di imbarazzo nella fuga dai pericoli e nell’evitamento dei rischi.  Tale imbarazzo (che è un’ambiguità, un’oscillazione psicoemotiva) infatti potrebbe indurre incertezze nel comportamento e quindi esporre a rischi: perciò deve essere eliminato, non deve nemmeno fare capolino nello stato emozionale.
Nessuna vergogna di avere paura. La paura sarà infatti la condizione emotiva permanente, come indispensabile energia che tiene in moto i dispositivi della previsione, dell’attenzione scrupolosa e pignola (l’elettricità che alimenta i radar).
Se la sopravvivenza fisica (la durata) è lo scopo primario, tutti gli altri saranno …secondari, ossia subordinati. Consideriamo allora cosa siano un principio o un ideale. Si tratta di valori per realizzare, praticare i quali si devono pagare dei prezzi, correre dei rischi, bruciare opportunità di durata. Dunque questa creatura autoprotettiva dovrà essere indifferente, o meglio ancora refrattaria ad ogni idealità che comporti rischi. Ma poiché “idealità” è precisamente ciò che comporta pericoli, spreco, rinunce di sé etc. (altrimenti è calcolo utilitaristico) essa ne dovrà essere più che estranea, avversa e i princìpi saranno visti, sentiti e denunciati come “astrazioni insensate”, “idoli” “feticci” etc. Colui che li insegue e persegue (quasi sempre a suo danno), sarà percepito come o matto o scriteriato o stupido.
L’auto-protezione si riferirà ad ogni aspetto della vita e delle relazioni. Ad es. la cd. “assunzione di responsabilità” sarà intesa bensì nel senso di ascesa alle gerarchie, acquisizione di potere e di denaro, esercizio di potere in qualsiasi contesto, ma non assunzione del rischio, non protezione dei subordinati, non esposizione ai pericoli civili e penali. L’“assunzione di responsabilità” non potrà neppure essere immaginata come assunzione di rischi e diventerà perciò necessariamente, intrinsecamente elusione della responsabilità e scarico dei rischi ai subordinati, sia nel senso che le decisioni rischiose (evitando di prenderle esplicitamente) verranno rimesse de facto ai subordinati costretti cmq ad agire, sia in sede di imputazione degli esisti negativi, chiamandosi fuori e denunciando l’attore come responsabile del risultato.
In campo educativo consisterà nell’evitare i costi morali dell’imposizione delle regole, quel “farsi odiare” (sia pur momentaneo e superficiale) che ogni imposizione di codici, norme, strutture comporta nell’educando. Etc. etc.
Essendo però ineliminabili i pericoli, avrà evoluto – tra l’altro – capacità tali da indurre altre creature ad assumerseli, in tutti i contesti e le situazioni.
Sorge ora la domanda se la D sia una creatura autoprotettiva, avente cioè per scopo primario la sua personale durata e conservazione nella vita biologica.  Io rispondo di sì.
Ad es. la formula universale con cui viene giustificata la quasi totale assenza delle DD nella scienza è che esse ne erano escluse, impossibilitate ad esercitarla e a cimentarvisi. Giustificazione che ingloba sia le situazioni in cui era vera sia quelle in cui era ed è falsa e che giustificherà per l’eternità la loro sostanziale assenza da quelle attività che comportano rischi: la ricerca in senso proprio.  Dove per rischio si intende anche il possibile spreco dell’intera vita o di buona parte di essa.
Gli esempi sono pleonastici e perciò stucchevoli, tuttavia eccone alcuni, a caso.  Leggevo ieri “I cercatori di specie”. Vi si parla di uomini che hanno passato anni in giro per il mondo a raccogliere campioni di animali e piante, uomini per lo pìù benestanti, che hanno rinunciato alle comodità della vita urbana, rischiando (e trovando spesso) malattia e morte o anche solo la perdita dei campioni o la irrilevanza delle scoperte etc., insomma la vanità di fatiche e rinunce.
Sono storie di “pazzi”:
Di chi sono questi 16 denti?” “Sono miei. Mi sono caduti a causa dell’arsenico che uso per i campioni”.
Solo dei pazzi possono seguire le orme dei 19 allievi di Linneo: 9 morirono nelle lande dei tropici alla ricerca non dell’oro ma di insetti, uccelli, mammiferi.
In effetti solo un “matto” può passare 13 anni di vita a raccogliere esemplari per poi vederseli affondare a poche miglia dal porto di casa o girovagare per 20 anni e poi trovarli totalmente divorati dai vermi.
I casi come questi sono infiniti giacché infinito è stato lo spreco di sé implicato nell’acquisizione della conoscenza. Per trascurare il resto.
Non è vero che le DD non possano fare ciò che fanno gli UU: lo possono ma non lo vogliono perché ne va dell’integrità fisica, della salute, della vita: ne va della durata. Gli UU sono “matti” le DD sono savie.

Hanno il diritto/dovere di auto-proteggersi, di avere paura senza vergogna.
Non hanno invece il diritto di fingere di essere ciò che non sono, di insultare gli UU perché sono proiettati verso le idealità, lo spreco di sé, il rischio. 

Non hanno il diritto di rovesciare la propria legittima prudenza in capo di accusa contro coloro che corrono i rischi al loro posto.

Hanno il diritto di avere paura e di assecondarla, non quello di insultare i coraggiosi.

Non hanno il diritto di trasformare il dono maschile in un oltraggio.
Infamia suprema.
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266 Commenti

Fabrizio Marchi 9:09 pm - 24th Ottobre:

Straordinario post di Rino che ho scelto di pubblicare come un vero e proprio editoriale, per la sua lucidità e profondità analitica.
Naturalmente lo sottoscrivo al 100%. Non aggiungo altro a quanto da lui spiegato perché sarebbe immodesto da parte mia.
Mi limito solo ad osservare che, proprio partendo dalla sua analisi, si conferma, a mio parere, la giustezza della nostra intuizione, che individua nell’alleanza strategica e organica tra Capitalismo e Femdominismo (fase suprema del Femminismo?…) e nella relazione fra ragione strumentale e istinto femminile auto protettivo e auto conservativo (per utilizzare lo stesso linguaggio di Rino), il nodo centrale della questione.
Due istanze intrinsecamente e strutturalmente simili che hanno trovato (e forse non poteva essere diversamente) un punto d’incontro formidabile. Forse è la prima volta nella Storia, da un certo punto di vista, che assistiamo ad un processo di dimensioni e qualità tali da sembrare quasi una sorta di ricongiungimento fra due forze che di fatto esistevano da sempre ma che avevano marciato su binari paralleli, senza avere coscienza della forza dirompente che potevano sviluppare incontrandosi e alleandosi.
La ragione strumentale appartiene anch’essa all’umano e il Capitalismo ha fatto leva su di essa per crescere e svilupparsi, ma è solo con la cosiddetta Modernità o Post Modernità Capitalista e la potente, tumultuosa e apparentemente inarrestabile avanzata trionfale della SIA (Società Industriale Avanzata) che essa diventa Ideologia e si fa Sistema. Ma non poteva farcela con le sue sole forze, non avrebbe più avuto la forza necessaria per auto prodursi (mi si perdoni lo scimmiottamento delle categorie marxiane…) se non fosse sceso in campo un nuovo attore sociale (e di genere), cioè un nuovo e potente fattore della ri-produzione.
Due quesiti, naturalmente, giunti a questo punto, (mi) sorgono spontanei: il primo è se sia nato prima l’uovo o la gallina, ma tutto sommato non è così rilevante stabilirlo. Il secondo è: come si evolverà la relazione fra queste due forze? Continueranno ad agire assieme (come sta avvenendo ora, in una sorta di “rispecchiamento” non antagonistico, anche se naturalmente questa relazione è tutt’altro che dichiarata), mantenendo questo equilibrio, oppure una delle due prenderà con il tempo il sopravvento, proprio facendo leva sulle qualità e le peculiarità dell’altra? Con quali possibili futuri scenari?
Fabrizio
P.S. mi rendo conto che una persona estranea alla QM che passasse per caso da queste parti e leggesse questo mio post potrebbe prendermi per matto. Può darsi anche che lo sia, ma anche in questo caso non potrei farci nulla…Diciamo che questo è un post per addetti ai lavori o per veterani della QM…:-)

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erica 1:22 am - 25th Ottobre:

trovo che questo genere di opinioni siano speculari a quelle di chi sostiene che le donne non fanno le guerre perché hanno “il dono della vita” e sono inclini a creare e non distruggere.
peraltro ci sono parecchie specie in cui gli esemplari femmine si predono eccome i loro rischi.

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Alessandro 7:27 am - 25th Ottobre:

Articolo davvero interessante e stimolante. Le donne sono autoprotettive? Lo sono decisamente più degli uomini, come emerge indiscutibilmente dall’articolo, per ragioni culturali, biologiche, fisiche, ma direi anche ontologiche. Però estenderei la propensione alla protezione non esclusivamente alla propria persona, ma anche alla propria prole. Direi che nel DNA femminile, assai più che in quello maschile, è inscritto il bisogno di dar vita a un nucleo familiare in cui allevare i piccoli. In un certo senso direi che una donna che ha soddisfatto questo bisogno abbia adempiuto al suo compito più intensamente ricercato, alla sua “missione”. In questa protezione della propria prole, in questa abnegazione totale per essa, sta forse il dono più grande che la donna offre quotidianamente e nessuno può sminuirne la grandezza. Ho scritto prole e non compagno di vita, perchè, nella maggior parte dei casi, questi appare più che altro uno strumento utile a contribuire alla protezione suddetta, più che un essere da amare in sè; di conseguenza mi appare sempre un pò ingenuo l’uomo che crede nell’amore totale di una donna nei suoi confronti: il romanticismo maschile è un prodotto della giovinezza, è un “errore” di gioventù, e quando si protrae in età adulta mi sembra denoti una certa mancanza di evoluzione culturale, ma forse esagero. in ogni caso le illusioni addolciscono la vita.
Può accadere che un essere più propenso all’autoprotezione o alla protezione delle proprie creature sia meglio di un essere invece maggiormente slanciato verso la realtà esterna, verso l’ignoto, verso il rischio? Certamente, succede spesso, in quanto sono poi i risultati in senso lato a farci privilegiare l’uno piuttosto che l’altra e viceversa. Non vi è, di conseguenza, in questa differenza ontologica nessun giudizio di valore.
Perciò la bugia più grande del femminismo è quella di aver rappresentato uomini e donne come simili, come intercambiabili, quando essi, come riportava il titolo di un libro di qualche anno fa, provengono da due “pianeti” diversi. La natura “ludica” dell’uomo, quasi assente nella donna, fa sì che egli sia, nel bene e nel male, sempre alla ricerca del “nuovo” e abbia un pò in uggia quella “stabilità”, quella “conservazione” che invece sembra adattarsi soprattutto alla natura femminile.

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Fabrizio Marchi 8:17 am - 25th Ottobre:

Sottoscrivo il tuo ultimo post, caro Alessandro. In un capitoletto del mio libello “le donne: una rivoluzione mai nata”, dal titolo “L’amore delle donne e quello degli uomini”, come ricordi, ho affrontato proprio questo tema specifico.
In particolare affermi:”Può accadere che un essere più propenso all’autoprotezione o alla protezione delle proprie creature sia meglio di un essere invece maggiormente slanciato verso la realtà esterna, verso l’ignoto, verso il rischio? Certamente, succede spesso, in quanto sono poi i risultati in senso lato a farci privilegiare l’uno piuttosto che l’altra e viceversa. Non vi è, di conseguenza, in questa differenza ontologica nessun giudizio di valore”.
Ciò che dici è senz’altro giusto, in linea di massima, però, devo essere onesto (ma questa è una considerazione del tutto personale e quindi da non ascrivere alla “weltanschauung” del Movimento), non nutro particolare stima nei confronti di coloro (maschi o femmine che siano) che non mettono in gioco se stessi fino in fondo nella vita.
Mi rendo conto che è un giudizio, ma è ciò che penso, anzi, ciò che sento profondamente, e sarei ipocrita se non lo ammettessi.
La mia personalissima delusione è stata quella di aver scoperto nel corso della mia vita determinati “aspetti” del femminile (fra cui anche quello in oggetto, che non è cosa da poco…), che, devo essere ancora più onesto, proprio non mi sono proprio piaciuti. Naturalmente nel maschile ce ne sono altri ugualmente detestabili però, sempre in onestà, sul piatto della bilancia, pesano di più gli altri.
L’incapacità di donare non è una “questioncella” da niente, e si collega direttamente con altri aspetti fondamentali che abbiamo analizzato più volte: assenza-incapacità di reciprocità, di spontaneità, autoconservazione e quindi approccio necessariamente strumentale alla realtà.
Bè, insomma, dal mio punto di vista non è proprio il massimo e, devo essere ancora più onesto, non è un caso che le donne che ho stimato maggiormente fino ad ora sono proprio quelle (esistono, fortunatamente) più “mascoline” (non sto parlando dal punto di vista fisico, ovviamente), diciamo così, cioè meno pervase da quell’istinto fondamentalmente strumentale e auto conservativo di cui sopra e più propense a mettersi complessivamente in gioco nella vita (in tutti gli aspetti e a tutti i livelli, sia chiaro), con tutti i rischi che ciò comporta. A mio parere sono queste persone, uomini o donne che siano, a portare avanti l’umanità, a spostarla sempre un pochino più avanti e anche a sobbarcarsene la croce, come si suol dire, metaforicamente parlando. E sono proprio quelle stesse capaci di assumersi la responsabilità delle loro azioni, altro concetto fondamentale.
Tutto il resto, per quanto mi riguarda (e so di fare un’affermazione pesante ma è ciò che penso e, specie in questo contesto, è giusto essere onesti fino in fondo) è per me di scarsissimo interesse, se c’è o non c’è cambia poco o nulla. Per lo meno per me.
E’ un giudizio, ne sono consapevole, e invece si dice ormai ovunque che bisognerebbe astenersi dai giudizi. E va bè, prendo atto che il mio personale cammino è ancora molto lungo e in salita. Del resto lo sapevo già…smile
Fabrizio

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dia 10:18 am - 25th Ottobre:

trovo che questo genere di opinioni siano speculari a quelle di chi sostiene che le donne non fanno le guerre perché hanno “il dono della vita” e sono inclini a creare e non distruggere.

mi associo. Così come possono dare la vita, le donne possono anche distruggerla, e lo fanno con i figli, per esempio. Sto leggendo in questi giorno “Open”, la biografia di Andre Agassi. Un padre orco e violento, certo. E una madre “tanto dolce”, che preferiva dedicarsi ai suoi puzzle di Norman Rockwell la sera, per rilassarsi e non pensare a quello che veniva fatto ai suoi QUATTRO figli. Senza mai alzare un dito. Né dire una parola. Vittima anche lei? Eppure sembra che fosse l’unica, in famiglia, di cui l’orco aveva paura.

La distruttività non si misura solo sul campo di battaglia. Ecco perché possono tranquillamente essere vigliacche. La famiglia è un campo di battaglia come un altro. Faccio presente che per praticare un’infibulazione ci vogliono tre donne: due che reggono la bambina e una che la taglia. Tutte vittime?

Quanto al mettersi in gioco fino in fondo, Fabrizio. Puoi essere più specifico? Naturalmente sai che è una delle accuse più gettonate anche sul fronte opposto, e rivolta ai maschi.

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Alessandro 2:15 pm - 25th Ottobre:

Sono d’accordo con quanto affermi, Fabrizio. L’incapacità di donare, di restituire quanto ricevuto, è uno dei difetti più odiosi che ci siano.
Provo, però, a spiegare meglio il mio pensiero in riferimento al punto che tu citi.
Il progresso nasce dall’attitudine al rischio in senso lato, ma qualche volta anche il regresso può esserlo. Mi spiego meglio: forse che Hitler, per fare un esempio, ex combattente decorato nella Grande Guerra, non incarnava ad alti livelli quella propensione al rischio di cui si parla? Penso proprio di sì, ma è altrettanto vero che i “risultati”, di cui parlavo nel precedente post, a cui questo personaggio è giunto sono stati altamente dannosi, distruttivi per la specie umana. Di conseguenza. dovendo esprimere un giudizio di valore, la mia preferenza ricade perfino a favore della piccola borghese tedesca, che poi ha anche finito per appoggiarlo, ma che, proprio per la sua scarsa propensione a “mettersi in gioco”, si è astenuta dal proporre il medesimo disegno distruttivo. Ovvio, questo è un caso limite, ma penso che la mia posizione risulti ora più chiara.

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Fabrizio Marchi 8:15 pm - 25th Ottobre:

“Quanto al mettersi in gioco fino in fondo, Fabrizio. Puoi essere più specifico? Naturalmente sai che è una delle accuse più gettonate anche sul fronte opposto, e rivolta ai maschi”. (Dia)
Ad esempio proporsi, schiettamente e direttamente, come fanno da sempre gli uomini, non giocare sempre di rimessa, non lasciare sempre l’iniziativa, cioè la parte più difficile del “gioco”, all’altro. Visto che è così facile, perché le donne non lo fanno? E poi ci si lamenta che non ci sono più gli uomini di una volta, che poi sono gli stessi che secondo la vulgata femminista, opprimevano il genere femminile. Oggi invece non trovi una donna che è una che non ti ripeta il ritornello “non ci sono più gli uomini di una volta…”. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere…”Qui c’è qualcuno – direbbe il sergentaccio di un vecchio film di Kubrik – che deve mettere d’accordo la testa con il culo…”, e non siamo noi “maschietti”, per lo meno in questo caso…
Ora proviamo a fare un gioco, visto che vuoi sapere cosa significhi mettersi in gioco. Fai finta, per un giorno, non di più, di metterti nei panni di un uomo (prova questa sensazione di ebbrezza…), cammina per la strada, trova un tizio che ti piace (lo trovi senz’altro), fermalo per la strada e offrigli da bere. Te la senti? Non mi rispondere “che non ci vuole niente a farlo…”, fallo, e poi ne riparliamo. Ma non in modo soft, non con uno sguardo fugace e allusivo che lui dovrebbe interpretare dopo aver letto nella tua mente (per evitare di essere mandato malamente a quel paese o peggio di essere minacciato di denuncia per molestie). No, sto parlando di una cosa molto più semplice e diretta; fermalo per la strada, digli senza tanti fronzoli che ti piace molto, lo inviti a prendere una cosa da bere e poi gli chiedi il suo numero di telefono, naturalmente dopo averlo riempito di complimenti, di sguardi innamorati e via discorrendo tutto l’armamentario che normalmente un uomo deve “saper” tirar fuori in simili occasioni. Ovviamente lo inviti a cena e gliela offri, come si fa in queste occasioni. Ciascuno se la dovrebbe pagare per conto proprio ma siccome non siamo nel nostro mondo ideale ma in questo, gliela devi pagare tu. Dopo di ciò, quando lo stai riaccompagnando a casa, prendi l’iniziativa e ci provi.
Guarda che per te è tutto molto più facile perché sei una donna e, come dicevo, nel 99% dei casi, credimi, quell’uomo non si farà certo pregare e non ci sarà neanche bisogno di offrirgli la cena.
Ora fai un altro gioco, immagina che quell’uomo non sia così “facile”; al contrario, sia uno che fa il prezioso e che quando ti avvicini per la strada facendogli un complimento, non ti risponda neanche e anzi ti lanci uno sguardo sprezzante alla “sparisci sgorbio”, stile “Provaci ancora Sam”, per capirci, per chi lo ha visto, uno di quegli sguardi di cui parla Paolo Barnard in uno dei suoi articoli, non ricordo quale.
Come ti senti a quel punto? Qual è la tua reazione emotiva? Ecco, questo è ciò che a qualsiasi uomo “normale” è accaduto più o meno qualche centinaio di volte nella vita.
Bene, è evidente che questo è solo un piccolissimo e banalissimo esempio per spiegare che mettersi in gioco significa fuoriuscire (ma veramente, non a chiacchiere) dal seminato e da schemi preconfezionati (e molto comodi, in questo caso, per voi donne…), scegliendo di esporsi a tutti i rischi del caso, anche a quello del rifiuto (che per voi donne è nella proporzione di uno a cento rispetto a noi uomini). Torniamo al banalissimo esempio di prima. Pensi che qualcuno/a ti giudicherà per il tuo modo di agire? Fregatene, sei una donna libera e consapevole e hai tutto il diritto di fare quello che meglio credi della tua vita.
Ma c’è un altro aspetto. L’uomo che hai incontrato e con il quale hai scelto di avviare una relazione non è un uomo “tradizionale”, la sua passione è dipingere Madonne sui marciapiedi, vivendo delle monete che i turisti e i passanti gli mettono in un barattolo. Non solo, ha una concezione molto personale e particolare del rapporto di coppia, del tutto diversa da quella tradizionale, e anche dalla tua. Certo per te è veramente difficile perché sei lontana anni luce dal suo modo di vedere le cose e di viverle, però ti piace tanto e nutri un sentimento nei suoi confronti. Quindi decidi di non crearti problemi di nessun genere. I tuoi genitori e le tue amiche ti dicono che sei una pazza a perdere tempo con un simile personaggio? Con uno che non ci pensa neanche a mettere su famiglia perché è uno scriteriato, uno sfaccendato, un perdigiorno, un senza futuro, uno che non dà sicurezza, garanzie di nessun genere (tradotto: è un uomo libero e tale vuole rimanere, anche se ti vuole bene).
E tu te ne freghi perché lo ami e decidi di giocarti il tutto e per tutto perché comunque ne vale la pena. Ah, dimenticavo, lui è già stato sposato, è divorziato e ha un figlio e non ne vuole avere altri. Per lo meno così dice, anche in modo molto assertivo. Però non si sa mai, te la potresti sempre giocare, chissà che un domani non cambi idea. Tu naturalmente non sei mai stata sposata e non hai mai avuto figli, diciamo che sei quasi sulla quarantina, quindi di tempo biologico non ne hai più moltissimo, considerando che non appartieni alle elite delle donne alpha che possono permettersi di avere figli pure a 50 anni suonati, spendendo qualche centinaio di migliaia di euro in cliniche ultra specializzate e innesti vari …).
Spero di essermi spiegato. Naturalmente ci sono tanti modi per mettersi in gioco.
Uno di questi potrebbe essere ad esempio quello di palesarti con tanto di nome e cognome su questo sito e magari di metterci anche la faccia (come il sottoscritto) e di portare avanti la battaglia a viso aperto. Questo è senz’altro un mettersi in gioco. Con tutte le conseguenze del caso, è ovvio. Però non si muore, credimi, anzi, è tanto “libbberatorio” come diceva il “Gianfranco Funari nazionale”…
Fabrizio

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Rino 8:36 pm - 25th Ottobre:

A Erica e Dia.
So bene che l’ipotesi (che poi ho trasformato in tesi) della D come entità autoprotrettrice ferisce le DD del nostro tempo perché la si può assimilare al nudo egoismo. Alessandro però ha parlato dell’altra faccia delle medaglia, e ha fatto bene.
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Quella tesi non avrebbe però ferito mia nonna la quale, non se ne sarebbe sentita toccata, perché sapeva che il suo campo d’azione era la cura di ciò che esiste, senza la quale nulla esiste.
Infatti ciò che esiste ha bisogno di essere creato e poi conservato.
Se non viene conservato non ha durata e quindi non esiste.
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Ci sono due modi di fare del bene e del male: creare/distruggere e curare/trascurare. Curare significare ri-creare ciò che è stato creato, dare continuità a ciò che è venuto al mondo, estendendolo nella durata. Curare è creare e perciò, viceversa, la tras-curatezza è un modo diverso di distruggere. (Oggi la tras-curatezza è un valore per la Liberata, la cura identificata alla schiavitù).
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Se nel mondo ci fosse solo la polarità maschile non ci sarebbe nulla, perché alla creazione seguirebbe immediatamente la distruzione. Se ci fosse solo quella femminile non ci sarebbe nulla, perché nulla verrebbe creato.
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Sul piano individuale ci si può spendere, a seconda delle stagioni, dei temperamenti, delle contingenze nell’ una o nell’altra direzione e i singoli F/M possono adottare qualcosa o molto di qulle due polarità antitetiche. Quello che non possono fare è
1- la cura-che-dura-un-istante (perché è una contraddizione in termini) ovvero
2- la creazione senza rischi, per il medesimo motivo. Creazione e scoperta esigono che sul piatto ci si metta la vita.
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Cosa c’è di inaccettabile nell’accettare la nostra limitatezza? Cosa c’è di inaccettabile nell’accettare una vocazione che, in quanto tale deve limitarne o escluderne altre? Cosa c’è di inaccettabile nel riconoscere di avere bisogno degli altri? Dell’altro, dell’altra.
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Cosa c’è di inaccettabile nel riconoscere che non siamo onnipotenti?
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Perché le specificità degli UU da motivo di ammirazione che erano sono diventate fonte di imbarazzo, perché creano disagio, come se mettessero a repentaglio il valore della presenza femminile nel mondo? Cosa è accaduto?
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RDV

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dia 9:03 pm - 25th Ottobre:

x Fabrizio – Capisco.

p.s. Spero che non sia un problema se intervengo col mio nome a metà e senza cognome. Quando leggo armando, per es., o sandro2, intervengo su quello che scrivono. Non mi servono altre credenziali.

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Fabrizio Marchi 9:52 pm - 25th Ottobre:

Dia, lascia perdere le credenziali…Ci siamo capiti…
Mi hai chiesto cosa intendessi per “mettersi in gioco” e io ti ho risposto con alcuni banalissimi esempi.
E bada che sono sciocchezze rispetto a situazioni e a frangenti ben più gravi e drammatici in cui a volte si rende necessario “mettersi in gioco”.
Mi sono spiegato?
Fabrizio

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armando 10:56 pm - 25th Ottobre:

Splendido ultimo post di Rino. Chiaro, lucido, secco. Gli uomini hanno sempre ammesso di aver bisogno delle donne. Anche ammettendo che abbiano costruito un’immagine del femminile non interamente corrispondente al vero (ma fino a non moltissimi anni orsono accettata dalle donne), rimane che quel bisogno lo hanno sempre ammesso e che tuttora lo fanno. Le donne, o almeno una cospicua parte di esse, non ammettono più di aver bisogno degli uomini. E non sto parlando di sesso o di quotidianità. No, sto proprio parlando di quel che diceva Rino sulla creazione/rischio tipici del maschile. Può anche darsi che fra qualche tempo, complice la tecnologia genetica, le donne si autoriproducano come unico sesso. Crederanno di aver “vinto”, ma si ritroveranno a non aver più nulla da curare/conservare, e poichè non creano, il mondo sarà diventato quella landa desolata di cui parla Elliot. Auguri.
armando

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dia 8:24 am - 26th Ottobre:

Rino. So bene che l’ipotesi (che poi ho trasformato in tesi) della D come entità autoprotrettrice ferisce le DD del nostro tempo perché la si può assimilare al nudo egoismo.

Dal mio punto di vista non è che “la si può assimilare”, la si deve assimilare. E la cosa vale per i maschi. Esistono entità non-autoprotettrici?

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Fabrizio Marchi 10:02 am - 26th Ottobre:

Naturalmente, Dia, sarà lo stesso Rino, che è molto più ferrato di me in queste materie come in tante altre, a risponderti.
La mia impressione però è che tu stia cercando un po’ il pelo nell’uovo. E’ evidente che si parla per tendenze di massima, per grandi numeri, come si suol dire. E’ ovvio, a mio parere, che tutti/e sono tendenzialmente auto protettivi (con l’esclusione di persone affette da psicopatologie autolesionistiche e tendenti al suicidio) , il problema è chi lo è in maggiore o in minor misura, nel caso in questione sulla base delle proprie caratteristiche e peculiarità di genere.
Cominciamo col dire che la sessualità maschile è esterna, diversamente da quella femminile. Questo significherà pur qualcosa, o no? La fisicità maschile è altrettanto diversa da quella femminile, come è evidente. E anche questo significherà qualcosa. Questa diversità avrà o non avrà anche un riflesso sulla sfera psichica? A me sembra ovvio, anzi, per quanto mi riguarda, non si dà un prima e un dopo, i due aspetti marciano assieme e sono intimamente interconnessi fra loro.
Ora, prima che qualcuna riapra la solita discussione (a mio parere abbastanza sterile e capziosa perché nessuno qui sostiene queste teorie) sul fatto che “la diversità non comporta che donne e uomini non possano svolgere le stesse mansioni oppure non possano studiare le stesse materie ecc. ecc.” , ciò non significa nel modo più categorico che non possano esistere in termini assoluti (e infatti esistono) donne che preferiscono darsi all’alpinismo professionistico piuttosto che fare le impiegate di banca per una vita intera (e la stessa cosa vale per gli uomini, a parti invertite). Significa solo dire che tendenzialmente i maschi, per ragioni ontologiche, antropologiche, psicofisiologiche, al di là dei condizionamenti culturali (che pure hanno il loro peso, come sappiamo, e che nessuno nega), sviluppano determinate tendenze invece di altre.
Ergo, la tendenza all’autoconservazione, che pure è presente in entrambi i sessi, è maggiormente presente e prevalente (direi molto di più) in quello femminile. Gli esempi potrebbero essere migliaia. Ma qui mi limito a ricordare “l’insegnamento” del Titanic, che è un tragico ma emblematico episodio, da questo punto di vista. Quanti Titanic ci sono stati nella storia? Quanti uomini sono annegati al posto delle donne? Quante donne hanno sacrificato la loro vita (che non significa che non ce ne siano state in termini assoluti…) e sono annegate al posto degli uomini per salvare gli uomini?
A meno che non pensiamo che tutto ciò sia solo un portato culturale. Ma in questo caso il discorso si chiuderebbe in partenza. Se è per questo il femminismo è arrivato a dire che anche l’atto dell’uomo che sacrifica la propria vita per salvare la sua donna (o anche una donna a lui del tutto sconosciuta…) è il risultato della cultura maschilista che anche nel momento supremo vuole umiliare il femminile trattandolo da “inferiore”…
Al di là dell’assurdità (e dell’imbecillità) di una simile affermazione, chi sostiene questa tesi non si rende neanche conto della sua assoluta contraddittorietà. Molti uomini nel corso della storia hanno sacrificato la loro vita, nei più disparati frangenti, non solo per salvare quella delle donne, ma anche quella di tanti uomini. E allora, come la mettiamo in questo caso? Un uomo che sacrifica la propria vita per salvare un altro uomo vuole dimostrare a quello stesso uomo che è più forte di lui? Compiendo quel gesto che non so neanche se debba essere considerato eroico tanto è connaturato alla natura maschile, in realtà vorrebbe dimostrargli la sua superiorità?
E’ evidente che si tratta di sciocchezze. Naturalmente, come ripeto, e questo nessuno lo nega, tanto meno il sottoscritto, le trasformazioni culturali e sociali hanno portato e porteranno ad una trasformazione parziale di queste tendenze, fermo restando però che non potranno mai essere del tutto eliminate. A meno di scenari futuri (e inquietanti) che non siamo in grado di prevedere in cui la differenza sessuale non esisterà più e ci sarà un solo essere, né maschio né femmina. Ma finchè i due generi, come personalmente auspico, continueranno ad esistere, determinate diversità resteranno necessariamente, proprio a caratterizzare la diversità fra i sessi.
Fabrizio

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Saturno 12:24 pm - 26th Ottobre:

“Fai finta, per un giorno, non di più, di metterti nei panni di un uomo (prova questa sensazione di ebbrezza…), cammina per la strada, trova un tizio che ti piace (lo trovi senz’altro), fermalo per la strada e offrigli da bere. Te la senti?”

Ecco, ho linkato questo passaggio unicamente
per esprimere quello che provo io in queste circostanze. Premetto che lo faccio unicamente
perchè sono su Internet ma mai lo direi di persona
a qualcuno. Io soffro di ansia sociale a livelli molto
alti. Credo che non sia facile da capire per chi non
ha questo problema. Quando io vedo per strada una donna che mi piace vengo invaso da un grande senso di disagio. Non penso ad altro che alla figuraccia che farei se ci provassi e mi accorgo subito di non essere in grado di reggere alla tensione. Per cui distolgo lo sguardo e passo oltre.
Ecco, ve l’ ho detto, ma soltanto, come vi ho detto,
perchè sono anonimo. So bene che non è facile credere che un uomo non sia in grado di fare quello che vuole. Ma vi posso assicurare che certi meccanismi interni non possono essere controllati dalla volontà. Noi che abbiamo questa caratteristica non siamo capiti, ma esistiamo e siamo più numerosi di quanto pensiate; siamo soltanto nascosti. E la nostra non è certo una vita facile. La solitudine ti rende ogni problema più penoso e al giorno d’ oggi i problemi non mancano.
A parte il fatto che mi sembra che anche chi non è solo non se la passi bene………………

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Leonardo 1:32 pm - 26th Ottobre:

Facevo riflessioni sull’ egoismo femminile, riconosco alla nostra cultura una vera dose di sessismo, forse un femminismo che distrugge le donne dall’interno. Nel senso che non si vuole accettare il lato negativo femminile, ed è per questo che non si può accettare l’arte al femminile, che esprime veramente loro stesse.
Prendiamo una delle più brave pittrici del 600 (l’unica famosa) Artemisia Gentileschi, che ha dipinto sopratutto se stessa, autoritratti in varie vesti come nel suo quadro più famoso Giuditta e Oloferne:
http://www.canvasreplicas.com/images/Judith%20Slaying%20Holofernes%20Artemisia%20Gentileschi.jpg

Un’altra brava è stata Frida Kahlo, che ha dipinto quasi esclusivamente autoritratti, se dicessi che Frida ha dipinto i suoi autoritratti in modo maniacale, sembrebbe un offesa, ma lo si può dire tranquillamente di Van Gogh e Ligabue…
Un quadro di Frida, dove come in quello di Artemisia c’è il sangue:
http://3.bp.blogspot.com/-KQdX6KHyKE0/TdA7jc5jdQI/AAAAAAAABgw/DNQd4EAkh1g/s1600/Frida_Kahlo_le_due_frida.jpg

Poi c’è Tamatra Lempicka che ha dipinto sopratutto donne e nudi femminili somiglianti a lei, perché le donne difficilmente dipingono nudi maschili:
http://echostains.files.wordpress.com/2009/10/de-lempicka-tamara-portrait-de-madame-allan-bott-7000942.jpg

Non so se il mio intervento possa essere interessante e giusto…

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armando 1:57 pm - 26th Ottobre:

Saturno: “So bene che non è facile credere che un uomo non sia in grado di fare quello che vuole. Ma vi posso assicurare che certi meccanismi interni non possono essere controllati dalla volontà. Noi che abbiamo questa caratteristica non siamo capiti, ma esistiamo e siamo più numerosi di quanto pensiate; siamo soltanto nascosti”.
Credo invece che si possa crederlo abbastanza facilmente. Basta pensare che ciascuno di noi non è un essere onnipotente, che ciascuno di noi ha i suoi limiti e le sue fragilità con cui è importante impari a convivere ed accettare, non per “sedercisi” sopra e lamentarsene, ma per capire che per ogni nostro limite esiste un reciproco in termini di caratteristica di pregio. Per esempio, il timido introverso quasi di sicuro è persona capace di scavare in profondità, molto di più dell’estroverso un po’ spaccone, il quale a sua volta, se è intelligente, si renderà conto che il timido ha qualche freccia in più di lui in altri campi. E sto parlando di persone mormali, non delle caricature del maschile che sono i machi, i quali probabilmente sovraccaricano certi atteggiamenti per nascondere insicurezze interne. E poi non credere che l’estroverso coraggioso capace di grandi imprese o anche solo di fermare una donna per strada, non abbia timori. Li ha, eccome, se li ha. Solo che riesce a superarli meglio di altri e in questo tutti possono migliorare, pur senza cambiare la loro natura fondamentale.
Ed anche se è vero che per l’uomo, in quanto “condannato” a fare e proporsi, la faccenda è più difficile che per la donna, o quantomeno molto più visibile, non credere che le donne, anche le strafighe ancheggianti che sembrano credere di averla inventata loro, non soffrano di paure e insicurezze. Non sarebbero umane. Invece sono semplicemente il corrispondente al femminile del macho. Quindi su con la vita. Non ti sminuire perchè avrai sicuramente alcune qualità che altri non hanno, e non mirare a conformarti per forza ai modelli dominanti. Anche se sono quelli preferiti da così tante donne alla faccia dell’anticonformismo dichiarato e della conclamata libertà. Ma quale libertà? Quella di conformarsi solo perchè si ottengono così alcuni vantaggi? Credimi Saturno, quelle le puoi tranquillamente lasciar perdere. Sono convinto, nonostante le apparenze, che ce ne siano ancora di diverse.
armando

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armando 2:08 pm - 26th Ottobre:

Sulla questione del rischio e dell’autoprotettività. Non finisco mai di stupirmi che non si riesca ad ammettere una verità eterna ed ancora oggi visibile a occhio nudo, nonostante si faccia di tutto per far credere l’opposto. Sotto questa “impossibilità” ad ammettere l’evidenza, ci deve essere qualcosa sotto, per forza. E questo qualcosa è un mix esplosivo fra complesso d’inferiorità e onnipotenza.
Complesso d’inferiorità perchè, non riuscendo ad essere come gli uomini nei campi specifici del maschile, si sente il bisogno di sminuire il valore di quei campi e quello degli uomini che vi eccellono. Complesso d’onnipotenza perchè le donne si vogliono convincere ad ogni costo di poter aggiungere al loro essere donne anche l’essere uomini meglio degli uomini. Non tutte, naturalmente e per fortuna, ma ditemi voi come si fa a relazionarsi quando si incappa in una così, e ormai sono numerose.
armando

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dia 3:08 pm - 26th Ottobre:

saturno. Ti capisco bene. A me succede la stessa cosa, solo al quadrato – con uomini e donne, con chiunque basta che sia umano.. Per chi soffre di forme di timidezza “estreme” la comunciazione virtuale è riposante.

fabrizio. Hai ragione, cerco il pelo nell’uovo, è fastidioso. La mia perplessità è su egoismo-altruismo in generale. L’altruismo lo vedo come una forma di egoismo (ognuno fa quello che ha bisogno di fare, per motivi xy) con esiti gratificanti per tutte le persone coinvolte.

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dia 3:11 pm - 26th Ottobre:

saturno e fabrizio. Per quanto riguarda al fatica che devono fare i maschi per aggiudicarsi una donna, mi rendo conto molto bene di cosa possa voler dire. Se fossi nata uomo, il mondo sarebbe finito ancora prima di cominciare. E chi ce l’avrebbe il coraggio di fare la trafila che ha così bene resocontato Fabrizio? Quindi, da questo punto di vista, predicate alla convertita.

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Saturno 4:47 pm - 26th Ottobre:

Per dia:
“saturno. Ti capisco bene. A me succede la stessa cosa, solo al quadrato – con uomini e donne, con chiunque basta che sia umano..”

Bè, succede così anche a me, anche se oggi in misura minore che in passato. Ma oggi ho altri
problemi, la timidezza mi sembra secondaria.
Non credo che sia così strano avere paura dei
propri simili; del resto l’ umanità è una specie
abbastanza malvagia. Quello che sta succedendo
oggi nel mondo lo dimostra. La democrazia diminuisce ogni giorno di più, miseria e ingiustizia
avanzano. Il mondo è in una crisi epocale e credo
che qualcosa di grosso stia per succedere; non so
però cosa di preciso. Mi sono chiesto più volte come mai l’ umanità sia così difettosa, ma forse
è una domanda inflazionata.

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Fabrizio Marchi 5:36 pm - 26th Ottobre:

Caro Saturno, la differenza tra te e me (e milioni di altri uomini) è che a te viene l’ansia quando vedi una donna che ti piace per la strada e ti sorge spontaneo il desiderio di conoscerla, mentre a me viene un sentimento di nausea e profondo disgusto al solo pensiero della penosa pantomima che sarei costretto a mettere in scena per cercare di “abbordarla” (sarebbe interessante e anche istruttivo fare uno studio della terminologia normalmente usata in questo ambito). Ma il risultato finale è il medesimo perché neanche io farei nulla per cercare di “rimorchiarla” (benché lo abbia fatto in passato). Per la semplice ragione che sarebbe del tutto inutile e, bene (ma molto bene) che vada, otterrei un sorrisino appena accennato a metà tra il divertito, il compiaciuto (ma non palesato) e l’altezzoso.
Comprendo il tuo disagio perché l’ho vissuto come tutti, però non ne darei un’interpretazione solo negativa. In fondo anche questa forma di ansia (assolutamente comprensibile) è in qualche modo una manifestazione di vitalità. Certo, ci sono degli step, come si suol dire, da superare, ed è ovvio che è necessario un percorso da questo punto di vista. Però il problema è assolutamente superabile. Come tutte le cose ci vuole allenamento. Ho impiegato anni e anni per riuscire a parlare in pubblico senza farmi assalire dall’ansia. Però ho perseverato, insistito, fino al punto che oggi, e ormai da molto tempo, devono prendermi a martellate sulla testa per zittirmi e addirittura sono arrivato a soffrire di ansia al contrario; ho il bisogno irrefrenabile di esprimere la mia opinione e se non riesco a farlo per qualsiasi ragione (magari perché ci sono troppi iscritti a parlare) sono pervaso da un senso di frustrazione e di impotenza. Vedi come cambiano le cose nella vita…
E’ vero però che ci sono voluti anni e anni per arrivare a questo risultato. Ricordo che quando sapevo, anche con quindici giorni di anticipo, che sarei dovuto intervenire ad un convegno politico o ad una assemblea, non ci dormivo la notte.
Ora, tornando a noi, ho smesso da tempo di propormi in modo diretto, ma non solo e non tanto per la mia non più giovane età (ho un amico che è una mitragliatrice Spandau, anche a cinquant’anni suonati, e non si fa scappare un’occasione…dove la trova tutta questa fantasia non lo so…) quanto per disinteresse. Sono talmente “scoglionato” per come sono messe le cose fra uomini e donne, che ho perso strada facendo sia il desiderio che l’entusiasmo (non che la cosa rappresenti un problema, sia chiaro, sono molto più rilassato, da questo punto di vista, rispetto a prima).
Quindi, come ti dicevo, potresti vivere l’ansia come una sfida, un ostacolo da superare. Credo che il modo migliore, una sorta di training autogeno, sia lo stesso che adottavo io (suggeritomi da mio padre, che faceva politica anch’egli, molto tempo prima di me). Mi diceva:”Tu devi pensare che quelli che stanno lì davanti a te e che storcono il naso o magari fanno facce strane mentre parli non hanno il coraggio che hai tu di alzarti, prendere in mano il microfono davanti a duecento o trecento persone, e parlare”. Ed è così.
Ora prova a pensare che quella donna alla quale ti rivolgerai in un prossimo futuro in un pub o in una discoteca o dovunque sia, come ha detto la stessa Dia (e come mi hanno confermato moltissime donne) non avrebbe mai il coraggio di fare quello che fai tu, a parti invertite. Pensa quanto poco vale rispetto a te. Pensa quanto poco vale rispetto a tutti quelli che hanno il coraggio di alzarsi, andare da lei e inventarsi una balla qualsiasi per cercare di rimorchiarsela. E ai quali lei magari risponde con una smorfia o un atteggiamento (fintamente) infastidito, pur essendo perfettamente cosciente che lei al loro posto non riuscirebbe neanche a sbiascicare una parola…
Moltissime donne mi hanno ripetuto più volte che, rovesciando i ruoli e le parti in commedia, probabilmente l’umanità si sarebbe già estinta. Pensa un po’… E noi ci facciamo pure venire l’ansia…
Fabrizio

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cesare 5:51 pm - 26th Ottobre:

Permettetemi una prospettiva tutta “dall’interno del cuore”.
Saturno@ spiega molto bene quello che è descritto anche in un salmo nella Bibbia. Il salmo (di cui non ricordo i riferimenti e riporto pertanto il senso) descrive la situazione di chi ha la strada libera davanti eppure il suo passo esita come davanti ad un ostacolo insuperabile, nel suo cuore un timore invincibile. Con questo riferimento, con tutto il rispetto che l’infinito dolore maschile di sempre impone, mi pemetto di evidenziare come questa condizione non è solo “di fronte a una donna”, ma è presente da sempre nell’uomo “di fronte alla realtà”, e come lo sforzo del suo superamento sia a fondamento di ogni impegno del cuore e dello spirito umano.
Ma perchè è il cuore, in questa lettura, il protagonista dell’impasse o della soluzione?
Ebbene io sono convinto, per esperienza personale, che è anche il rapporto col proprio padre la strada che apre o chiude il fatidico passo. E sono convinto anche che i maschi occidentali sono in difficoltà anche perchè hanno perso la relazione d’amore col proprio padre e pertanto la potenza connessa col sentirsi amati dal padre e con l’amare se stessi ( tesi che ho poi trovato confermata con assoluta chiarezza nel libro di Paul Josef Cordes, il già da me citato “L’eclisse del padre. Un grido” edizioni Marietti, 2002). In tanti, i maschi occidentali, sono in ricerca appassionata, ahimè in prometeica solitudine, e cercano se stessi là dove è richiesto di essersi già trovati. E dove invece, per avanzare in sicurezza e fiducia, bisogna essere in compagnia del padre, chiunque egli sia.

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dia 6:24 pm - 26th Ottobre:

saturno. Oltre alle strategie di pensiero che suggerisce Fabrizio, c’è anche quella di vedere il lato comico delle cose. Ce n’è sempre uno, grazie a Dio, e aiuta. Un’altra cosa che forse ti sarà capitata, tra un marasma e l’altra incontri qualcuno – uomo o donna – con cui all’improvviso tutto viene facile. Ecco l’amico/amica o fidanzata giusta per te.

Ho trovato geniale l’aggettivo “difettosa” per l’umanità. Più che malvagia (non più di quanto non sia anche buona), difettosa. Senz’altro!

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Rino 8:34 pm - 26th Ottobre:

Dia.
Sottoscrivo quanto osservato da Fabrizio, che ha detto quel che avrei detto io. Aggiungo solo qualche commento.

1- Che non esistano creature non-autoprotettrici è banale, non possono esistere. Tuttavia sono esistiti ed esistono persone (quasi tutti UU ma anche qualche D) che hanno bruciato la vita coscientemente per una causa (giorni fa una monaca tibetana si è data fuoco per protesta contro l’occupazione cinese). Non è difficile mettere insieme questa contraddizione. Il maschio è autoprotettivo ma non tanto da non considerare la vita spendibile per uno scopo. Vive sempre in uno stato di oscillazione tra la pulsione alla propria autotutela e quella al soccorso e alla realizzazione/raggiungimento di un risultato, da ottenere rischiando. Non è così per le DD (salvo appunto le eccezioni. Ma qui si parla della regola, della generalità non delle eccezioni, che sono date sempre per scontate).
.
Su questo, tornerò a suo tempo perché quello stato ambivalente (salvarsi-o-perire?) non appartiene ai soli momenti di “decisione eroica”, ma alla quotidianità dell’esperienza esistenziale maschile, di cui forse nessuna D al mondo mai (per quanto mi è dato sapere) ha avuto sentore e sospetto. Del resto (che io sappia) nessuno lo ha mai descritto in forma concettuale.
.
2- Le osservazioni esposte da Fabrizio non potevi farle tu stessa?
.
3- Armando:
“Non finisco mai di stupirmi …”
Sottoscrivo riga per riga. C’è qualcosa di stupefacente in quell’atteggiamento, da restarne basiti.
Complesso d’inferiorità & onnipotenza: la sola spiegazione psicologica possibile.
.
4- Saturno: grandissima la tua capacità introspettiva / autoosservativa. Esperienze maschili negate, rimosse, represse, nascoste e portate in silenzio nella tomba: è giunta l’ora che vengano alla luce. Grande dolore, grande coscienza. Ne resto ammirato.

RDV

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fulvioterzapi 12:11 am - 27th Ottobre:

ogni volta che affronto questi discorsi, cioè che nel mating ritual c’è una enorme sproporzione nei rapporti di forza a favore delle donne, vengo liquidato nei seguenti modi:

1) Hai ragione, ma non ci si può fare niente. Così è la vita, prendere o lasciare. In pratica è un fatto ineluttabile come la morte.
2) Non è vero, stai generalizzando, io conosco Tizio, Caio, Sempronio ecc. che non si comportano così/non la pensano come te.
In pratica la classica reductio ad exceptionem. non so se sia il termine corretto per definirla, ma è la tipica strategia retorica di prendere una eccezione piu o meno insignificante ed elevarla a controprova/controargomento.
3) Sei un malato di figa. In pratica non è vero che gli uomini pensano tanto al sesso, siete solo tu e pochi altri ad esserne ossessionati. Ovviamente il fatturato multi-milionario di pornografia e prostituzione è dovuto all’uomo moderno che ha paura della donna moderna così intraprendente ed emancipata e preferisce ricorrere a surrogati.
4) Ma perché non la pianti con queste seghe mentali e non ti butti nella mischia?
5) Sei tu che sei sfigato, gli altri non sono come te.

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Saturno 7:20 am - 27th Ottobre:

Bè, io credo che nelle società tradizionali di una
volta, basate sulla famiglia allargata, fosse più
facile comunicare.
Probabilmente la società occidentale attuale,
individualista, arrogante, consumista, escludente,
crea coscientemente muri tra le persone. Volete mettere ad esempio la differenza tra la discoteca
e la balera? Al potere conviene sempre che le
persone restino isolate tra di loro.

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dia 7:59 am - 27th Ottobre:

Così è la vita, prendere o lasciare. In pratica è un fatto ineluttabile come la morte.

io lo penso praticamente di tutto!

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Rino 9:01 am - 27th Ottobre:

Dia:
>>
L’altruismo lo vedo come una forma di egoismo (ognuno fa quello che ha bisogno di fare, per motivi xy) con esiti gratificanti per tutte le persone coinvolte
>>
Precisamente quel che mi diceva una ex collega 20 anni fa, Pina A.. Ne prendeva spunto dagli UU del soccorso alpino (tra cui suo marito), che rischiano la vita per gli altri (in provincia ben 7 morti in questi ultimi due anni) .
“Se corrono rischi è perché lo vogliono, nessuno li obbliga. Vuol dire che gli va bene così e non c’è alcuna riconoscenza dovuta”.
(Si tenga presente che tra le “salvande” ci può essere pure lei che è arrampicatrice amatoriale).
Tra chi salva e chi viene salvato non c’è differenza. Dare o ricevere sono la stessa cosa.
E il dono maschile è nientificato, il valore degli UU azzerato.
Di più. Se l’universo e la vita sono un regalo (e lo sono davvero anche scientificamente) la posizione della Pina è questa: essere o non essere sono la stessa cosa.
.
Se il Creato non vale niente il Creatore vale altrettanto.
.
RDV

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Rita 9:18 am - 27th Ottobre:

io, da parte mia resto ferma sulla “curva a campana” applicabile a tutti i fenomeni, e così pure alle tendenze, peculiarità, caratteristiche.
Mi ripeto: gli uomini sono più alti delle donne…
Poi ci si guarda in giro e si vedono donne da un metro e settantacinque e uomini di un metro sessanta. Se ne dovrebbe dedurre che non è vero che la regola generale è che gli uomni sono più alti delle donne? No, se si mettono a confronto le due medie in forma di curva si scoprirà che quella maschile è sopra quella femminile. Che forse è qualcosa di leggermente diverso dalla reductio ad excenionem di cui parla Fulvio e che pure viene utilizzata. Si tratta di prendere due esempi di sesso opposto da due punti diversi della curva e non dei due punti esattamente corrispondenti. E così si arriva all’assurdo che per dimostrare, ad esempio, (faccio sempre paragoni fisici che sono semplicemente dimostrabili, ma si puo’, a mio avviso, anche applicare alla sfera psichica) che le donne hanno forza fisica uguale agli uomini perchè la trentenne palestrata e allenata puo’ mettere ko un uomo settantenne e sedentario. Ma non si mettono a confronto uomo e donna nelle stesse condizioni e con la stessa storia alle spalle.

Ho poi l’impressione che si tenda a fare un metaragionamento sul ragionamento. Adesso provo a spiegarmi (e non è detto che ci riesca, come al solito) sto per lanciarmi in un pensiero circolare smile di cui spero qualcuno trovi la maglia per uscire verso una direzione.

Il femminismo ha avuto come modus operandi (anche se non è stato il solo e poi le strade si sono ramificate) il raggiungimento della parità mediante l’abbassamento del maschile (svilimento, denigrazione delle peculiarità maschili – anzi, più che delle peculiarità del modo di esplicazione di queste peculiarità). In sostanza non dice “il coraggio è una qualità stupida” ma il modo con cui gli uomini hanno esteriorizzato (non mi viene un altro termine…) il coraggio è stupido. Il “nostro” modo di essere coraggiose è più più più.. etc.

Chi subodora il “marcio” ossia sente che qualcosa puzza in questo ragionamento tende a diffidare di qualsiasi affermazione che sembri restituire qualità all’uomo che in qualche modo sembrino essere più nobili o importanti di quelle della donna, perchè forse la considera (questa è la classica obiezione) il rovesciamento del modus operandi del femminismo.

Però ho l’impressione che così non se ne esca. Se il femminismo si è “impossessato” di tutte le qualità considerate positive rielaborandole ed adattandole al femminile, non c’è altra strada che tentare di riprendersele.L’alternativa è impossessarsi delle qualità femminile riadattandole al maschile. E questo è quello che percepisco nel pensiero di Dia e Erica, (ma naturalmente potrei aver frainteso). In particolare ricordo Dia in un elogio degli infermieri uomini e della loro capacità di cura superiore a quella femminile, in altri lidi. smile Ricordi?

Ecco, non che io abbia le idee chiare neh.. però (come si puo’ evincere dal post)

In merito alla capacità di “spendersi” maschile (senza arrivare agli atti d’eroismo o di buttare interamente la vita alle ortiche) mi colpì un piccolo episodio apparentemente insignificante accadutomi personalmente (forse faccio anch’io reductio ad excenionem.. ma mi pare che sia verificabile da molte donne).

Alcuni anni fa, la mia auto “impazzì” (si scoprì poi che il guasto meccanico era dovuto al difetto di un relais che aveva lo scopo di bloccare l’afflusso di benzina in caso di incidente per evitare gli incendi). Il relais scattava a caso, dato che era difettoso, e successe che scattò nel bel mezzo di un incrocio un po’ pericoloso. L’auto si fermò, e in un attimo vidi che il TIR che avevo visto piuttosto lontano, stava avanzando velocemente. Forse non sarebbe successo nulla di grave e sarebbe riuscito a frenare, comunque mi fu immediatamente chiaro che bisognava, in qualche modo, scendere, segnalare, spostare l’auto da lì.. insomma fare qualcosa.. mi aspettavo anche la strombazzata di clacson della auto dietro di me.. invece,ebbi solo il tempo di mettere le quattro frecce segnalanti e di mettere un piede giù dalla macchina che mi fu a fianco un gentile signore che mentre mi chiedeva se avevo problemi stava già spingendo la macchina verso il bordo strada.
Ma mediamente.. nella curva a campana, quante gentili signore si precipitano in queste (seppur banali ma comunque reali) piccole emergenze?

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dia 10:24 am - 27th Ottobre:

rino: perché non c’è riconoscenza dovuta? c’è eccome! Non vedo nessuna contraddizione tra il riconoscere che siamo tutti mediamente e sanamente egoisti nelle scelte che facciamo, e nel pretendere riconoscenza da chi salviamo essendolo. Il problema si crea proprio quando questo dono ricevuto non è riconosciuto e onorato.
Credo siano due piani diversi, però non sono un genio logico come rita che riesce a padroneggiare certi argomenti… come un uomo!

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dia 10:46 am - 27th Ottobre:

rita: ovviamente ognuno si spende nel “suo”. Cioè si spende dove sa e dove può. Il modo di spendersi dell’uomo è diverso da quello della donna – si dimostra nel corteggiamento, sul campo di battaglia, a un incrocio pericoloso? Magnifico. Va riconosciuto e onorato. Lo stesso vale per il dono femminile, quale che sia, e spero che un qualche dono ci sia, anche se io le donne le vedo come Yasmina Reza (Carnage): violente, manipolatrici e guerrafondaie. Caratteristiche che purtroppo riconosco anche in me.

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Luigi Corvaglia 12:51 pm - 27th Ottobre:

“Però ho l’impressione che così non se ne esca. Se il femminismo si è “impossessato” di tutte le qualità considerate positive rielaborandole ed adattandole al femminile, non c’è altra strada che tentare di riprendersele.L’alternativa è impossessarsi delle qualità femminile riadattandole al maschile. ….” (Rita)
__________________________________________

Per me sono valide entrambe le strade.
Sia il recupero delle suddette qualità positive, sia la rielaborazione di alcune peculiarità femminili al maschile.
Una peculiarità femminile, una dote positiva femminile su cui opererei in tal senso è la loro “capacità di accudimento”. Di se stesse e degli altri. Per carità, come al solito, non dote esclusiva, ma comunque caratterizzante.
Dovremmo prendere coscienza, come uomini, che non è più possibile barcamenarsi in stili di vita che, se pure sono esistiti in altre epoche, ora non hanno più ragion d’essere.
Ma anche per un altro motivo.
L’accudire è certamente attività pesante e piena di sacrifici, ma ha anche l’altro lato della medaglia.
Lo dico in maniera grezza, non sono un intellettuale, ma insomma cerchiamo di capirci …. Chi accudisce in un certo senso comanda. E’ l’accudito/a a trovarsi in una posizione di subordinazione.
Questo non traspare solo nei casi in cui c’è, sarò banale ma è cosi, vero amore. Verso i figli, verso i genitori, verso il coniuge, verso chiunque.
Ma deve esistere affetto vero altrimenti subito l’accudire svela i veri rapporti di potere.
Ed allora, amici miei, penso che sia arrivata l’ora di riprenderci in mano, totalmente la nostra vita, non delegandola a nessuna.
Impariamo ad accudirci ed ad accudire quando occorre. Sarà sicuramente più faticoso, ma non mi sembra che la fatica sia tra nostri timori.
In cambio ne avremo un bene molto più prezioso.
La LIBERTA’.
No, non esagero, provare per credere.
Ed ancora. In ambito di QM, sento spesso parlare di “sganciamento emotivo” dalle donne come unica soluzione. Lo ritengo giusto, per carità, ma quella è la seconda fase.
La prima è questa, il recupero dell’accudirsi e dell’accudire ed è propedeutica all’altra, che anzi, ne sarà una logica conseguenza.
D’altronde se guardiamo indietro, osservando come sono andate le cose, almeno in Italia, quest’argomento dal femminismo nostrano non è mai stato posto. Almeno non in seri termini di battaglia e di conquista civile.
Forse è un caso, forse no.
Ma, pur con tutto il suo pesante carico (dell’accudimento), a me pare che cosi facendo le donne hanno conservato un loro vecchio e decisivo “punto di forza” e siano andate alla conquista di altri territori. Fino ad allora ritenuti “maschili”.
Quindi ……..
…………………………………………………………..
ps1. Spero di essermi fatto capire io, stavolta.
ps2. Per quel che vale, essendo un uomo. Per me un uomo che si presenti cosi, libero dal cappio dell’accudimento femminile, non diminuisce di valore, viceversa lo accresce enormemente.

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Rita 3:04 pm - 27th Ottobre:

Sì Luigi credo di aver capito il tuo pensiero e sostanzialmente lo condivido.
Vedi che hai tirato il filo fuori dal pensiero circolare…smile dandogli una direzione e allora rilancio in quella direzione ponendo altre due riflessioni che mi vengono spontanee.

La prima è che esistono probabilmente peculiarità appartenenti ad entrambi i sessi con modalità diverse. Lo si dice sovente per la violenza (visibile, invisibile, agita con modalità fisiche o psicologiche ma sempre violenza è) e per altre qualità non precisamente edificanti, quindi perchè non potrebbero esserci due modi di essere coraggiosi, due modi di essere premurosi, posto che oltretutto questi termini sono abbastanza ondivaghi e non si prestano a recinti particolarmente stretti. (ognuno ha un suo concetto di atto coraggioso etc.)

Tra l’altro, osservo che è quello che ha sempre cercato di affermare un determinato tipo di femminismo nel promuovere l’entrata delle donne nel mondo di “fuori” (non si parla sempre di un diverso modo di far politica, di far management, di far ricerca etc.?). Insomma ci ha fatto balenare sempre questo: dateci la possibilità e vi facciamo vedere come il nostro modo possa dare un apporto positivo al mondo. Non vedo perchè lo stesso principo non possa essere applicato al contrario, per i campi tradizionalmente appannaggio femminile.

O meglio.. non lo vedo a livello teorico, perchè a livello pratico da dire ce ne sarebbe e le difficoltà s’incontrano, non tanto nell’accudirsi quanto nell’accudire.

E’ anche tabù parlare della resistenza psicologica delle madri a fidarsi dei padri, per esempio, cosa che personalmente ho osservato parecchie volte, mentre al contrario non ho quasi mai riscontrato la tanta proclamata resistenza maschile all’invasione del loro campo (e in effetti.. si è visto che ovunque sono entrate e ovunque non possono essere criticate pena l’accusa ..appunto di resistenza maschilista).

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dia 4:19 pm - 27th Ottobre:

Non vedo perchè lo stesso principo non possa essere applicato al contrario, per i campi tradizionalmente appannaggio femminile.

soprattutto perché indietro non si torna. Tanto vale riequilibrare. Le donne non saranno mai più quelel di una volta, ammesso che lo siano mai state. Tenderanno a essere disprezzanti ancora per un bel pezzo. E a chiedere privilegi per sé (quote rosa, per es.). Tanto vale buttarsi (gli uomini) all’arrembaggio del loro mondo. Potrebbe anche essere divertente.
Trovo che non ci sia niente di de-mascolinizzante – per esempio – nell’insegnare ai bambini. Gianni Rodari ha perso qualcosa della sua mascolinità, del suo “dono”, vivendo e scrivendo e insegnando per e con i bambini? E John Holt? Ma so che alcuni uomini non sono d’accordo, non vogliono confusioni. Va bene. Non è obbligatorio.

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dia 4:20 pm - 27th Ottobre:

Dave Eggers e Nick Hornby – che io ritengo due veri uomini, sotto tutti gli aspetti – hanno scelto di insegnare ai bambini, nelel loro rispettive scuole di scrittura. Bene!

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armando 10:12 pm - 27th Ottobre:

Sono d’accordo con Luigi. L’indipendenza materiale fonda anche l’indipendenza psichica, favorisce la libertà e quindi anche l’incontro autentico. Il che non significa, per me è ovvio, che non ci siano campi più femminili o più maschili, e che in una coppia non si verifichi una naturale divisione del lavoro che ricalchi grosso modo le specificità di ciascun genere. Ma a partire dalla capacità di entrambi di saper badare a se stessi ed a chi, per età o altro, è impossibilitato a farlo. Per cui accadrà più spesso che la donna stiri o cambi il pannolino e l’uomo ripari un elettrodomestico o imbianchi la casa che non viceversa. L’importante è che ciascuno sia autosufficiente, sottraendo così all’altro il potere del saper fare, e liberando se stesso , in certo senso liberando anche l’altro/a.
Su questi aspetti molti uomini devono ancora, secondo me, fare un pezzo di strada. Eppure basterebbe riflettere sul fatto che quando c’era ad esempio il servizio militare obbligatorio, ogni soldato doveva essere in grado sia di tenersi in ordine branda e divisa, sia dare una mano in cucina nonchè tener pulita la caserma. Era un compito necessario, magari noioso ma per niente degradante. Quindi non si tratta di mettersi in concorrenza fra maschi e femmine per vedere chi è più bravo, ma “solo” di avere potere su se stessi.
Riguardo ad insegnare ai bambini, il fatto che sia appannagio quasi esclusivamente femminile è cosa realtivamente moderna. Gli antichi precettori erano maschi, e fino al dopoguerra alle scuole elementari i maestri maschi erano molto numerosi.
E sarebbe fondamentale che gli uomini tornassero nelle scuole, anche quì non per fare concorrenza alle donne, ma perchè i giovani devono confrontarsi con entrambe le figure. Più materna e protettiva la maestra, più spingente e trascinatore verso l’esterno e il sociale il maestro.
perchè accada occorrono alcune condizioni. La prima è rompere il tabù culturale che un uomo non sia adatto ad insegnare ai bambini. Io ho avuto un maestro maschio negli anni cinquanta e ne conservo un ricordo bellissimo, per la competenza e la passione che ci metteva, anche a scapito del suo tempo libero. Per fare solo qualche esempio, ripitturò personalmente e a sue spese tutti i banchi della classe per renderli meno tetri, oppure era lui stesso ad organizzare lo scambio collettivo delle figurine degli album di collezione, ma potrei continuare.
La seconda condizione è che si renda la professione più appetibile dal lato retributivo e che l’insegnante ritrovi un po’ del prestigio sociale perduto. Oggi che vale solo la quantità di denaro che si guadagna, credo sia prossima allo zero.
Naturalmente ci si potrebbe porre la domanda: la professione d’insegnante è diventata femminile perchè ha perso prestigio sociale e livello economico, oppure ha perso prestigio e soldi perchè è diventata femminile? Non so rispondere e forse non è importante. Importante è far di tutto affinchè gli uomini tornino ad essere “maestri”, a scuola e fuori.
armando

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Fabrizio Marchi 7:39 am - 28th Ottobre:

Sottoscrivo in toto questo post di Luigi e in particolare questo passaggio:” Chi accudisce in un certo senso comanda. E’ l’accudito/a a trovarsi in una posizione di subordinazione”. (Luigi)
Non c’è alcun dubbio, penso anzi che su questo tema dovremmo aprire una riflessione approfondita.
Il femminismo è stato abilissimo (è stato lasciato fare?…) nel capovolgere la realtà in ogni suo aspetto e in ogni direzione. Ed è così che una posizione di comando, come quella data dal cosiddetto “accudimento”, che è in grado di condizionare pesantemente la sfera psichica di un individuo, anche laddove questo stesso comando non è palesemente esplicitato ma esercitato in forme apparentemente meno evidenti, viene interpretata e rovesciata nel suo esatto contrario, e cioè in una condizione di subordinazione.
In particolare la questione in oggetto è particolarmente difficile da destrutturare e disarticolare perché è (stata) strettamente collegata a quella che storicamente viene individuata come la condizione di maggior subalternità femminile, e cioè quella della madre-moglie-casalinga, priva o privata del reddito, della propria autonomia e indipendenza, e relegata in ambito domestico (il tutto, naturalmente, mentre il marito-padre-padrone godeva della sua autonomia e indipendenza economica lavorando mediamente 14 ore al giorno in una fonderia e andandosene al Creatore una quindicina di anni prima…ma questo è un altro discorso che conosciamo perfettamente…).
Diventa quindi fondamentale, anche se di immane difficoltà, tra le poche che abbiamo, smascherare questa ennesima menzogna che, naturalmente, contiene, come molte altre, anche un substrato di verità, altrimenti non sarebbe credibile.
Importantissimo quindi lavorare anche su questo fronte che riguarda, a mio parere, quello della ricostruzione storica, dal nostro punto di vista, della relazione MM/FF che è stato peraltro già mirabilmente affrontato da Rino nel suo libro “Questa metà della Terra”.
E’ un lavoro assolutamente propedeutico che deve marciare parallelamente alla prassi, cioè a quel paziente lavoro quotidiano di costruzione di un movimento di uomini capace di far emergere le contraddizioni del reale.
Fabrizio

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dia 7:42 am - 28th Ottobre:

L’importante è che ciascuno sia autosufficiente, sottraendo così all’altro il potere del saper fare, e liberando se stesso , in certo senso liberando anche l’altro/a.

me lo voglio tatuare.

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dia 7:47 am - 28th Ottobre:

E’ l’accudito/a a trovarsi in una posizione di subordinazione.

Questa cosa, gli uomini, non l’hanno ancora capita. E’ la mano sulal culla (nel senso più ampio della metafora) che governa il mondo. E’ qui che devono riprendersi il gioco. Per questo, anche, la strategia (rita) di riappropriarsi di “terreni” femminili mi sembra vincente. Quanto alla prospettiva che nel corteggiamento la donna possa fare, un giorno, la stessa fatica che fa e ha sempre fatto l’uomo, la vedo difficile: chi glielo farebbe fare? Anche perché se l’uomo è “predestinato” biologicamente a cercare più spesso l’accoppiamento, lo stesso vale per la donna ma al contrario: è predestinata a fare la difficile e la selettiva per garantirsi la prole migliore. Il suo gene egoista vuole questo.

In questo senso, tenderei ad aggirare il problema e a renderci tutti autosufficienti, e responsabili.

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Fabrizio Marchi 8:45 am - 28th Ottobre:

“Quanto alla prospettiva che nel corteggiamento la donna possa fare, un giorno, la stessa fatica che fa e ha sempre fatto l’uomo, la vedo difficile: chi glielo farebbe fare?” (Dia)
In linea teorica ma anche pratica una diversa consapevolezza maschile che si traducesse inevitabilmente in diversi comportamenti e modalità di relazionarsi con il femminile, non può non portare anche dei cambiamenti in quest’ultimo.
Detto in modo molto banale e forse anche un po’ presuntuoso (ma è quello che penso e quello di cui sono certo), se tutti gli uomini avessero il nostro stesso livello di consapevolezza e agissero di conseguenza, anche le donne sarebbero necessariamente obbligate a rivedere il proprio modo di essere e di relazionarsi. Fermo restando, questo è ovvio e non mi sembra il caso di doverlo ribadire all’infinito, le diversità di natura ontologica che nessuno nega e che in parte sono destinate a permanere.
Sempre a proposito di esempi banali di cui sono specialista, alcune settimane fa mi sono ritrovato casualmente a chiacchierare con un giovane rumeno, intelligente, lucido e anche di bell’aspetto, mentre stavo facendo la fila all’ufficio postale per pagare alcune bollette.
Entra una bella ragazza con quel tipico fare trafelato che sembra non curarsi di niente e nessuno (e in effetti è così), e a quel punto, dopo uno sguardo di intesa fra me e quel ragazzo il discorso finisce inevitabilmente sulla relazione uomo-donna. E lui mi dice testualmente:”Qui in Italia le donne comandano, gli uomini non contano nulla. Io sono da un anno in Italia e ancora non sono riuscito ad andare con una ragazza. Ma ti rendi conto? Ma lo sai che io conosco tanti giovani ragazzi italiani che vanno normalmente con le prostitute? A me sembra assurdo, e invece per loro è del tutto normale”, io trovo che questa cosa sia veramente brutta, squallida, eppure viene vissuta come se fosse la cosa più normale del mondo. “Da noi in Romania- ha proseguito – le donne non hanno tutto questo potere”. “Ma anche negli altri paesi europei – mi chiedeva – è come in Italia? Io non penso, credo che qui sia molto peggio che altrove”.
Mi ha colpito molto perché era quasi scosso da questa situazione, direi incredulo.
Ora, senza che riapriamo per l’ennesima volta la discussione tra chi sostiene che il problema sia prevalentemente italiano e chi invece ritiene che la situazione sia pressoché la stessa ovunque, ciò che voglio dire con questo esempio che ho portato è che un diverso contesto e soprattutto un diverso atteggiamento maschile possono contribuire in modo determinante a modificare le cose.
Nulla cambia se qualcuno non si adopera per cambiare qualcosa. Ad una azione corrisponde una reazione. E’ ovvio che se non c’è l’azione non potrà neanche esserci una reazione. E questa è la situazione che viviamo oggi.
Ma non è affatto scontato che sia immutabile. Certo, è un processo di difficoltà immani, vista anche e soprattutto la condizione in cui versa il genere maschile, ma questo lo sapevamo già…
Fabrizio

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dia 9:06 am - 28th Ottobre:

un diverso atteggiamento maschile…

senz’altro. Aiuterà. Aiuterà anche non scegliere una donna sempre e soprattutto in base all’immagine, per esempio. Anche se “… è più forte di noi”.

Mi stupisce anche, invecchiando, quanto poco siano interessati gli uomini all’amicizia con le donne. Finalmente si potrebbe sgombrare il campo da impicci e problemi vari, e stare insieme in modo cameratesco, fare cose insieme di altro tipo, invece questa cosa non interessa affatto. (Salvo le eccezioni, naturalmente). Che peccato.

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Daniele 9:28 am - 28th Ottobre:

Fabrizio
>>>>>>>>>>>>
E lui mi dice testualmente:”Qui in Italia le donne comandano, gli uomini non contano nulla. Io sono da un anno in Italia e ancora non sono riuscito ad andare con una ragazza. Ma ti rendi conto? Ma lo sai che io conosco tanti giovani ragazzi italiani che vanno normalmente con le prostitute? A me sembra assurdo, e invece per loro è del tutto normale”, io trovo che questa cosa sia veramente brutta, squallida, eppure viene vissuta come se fosse la cosa più normale del mondo. “Da noi in Romania- ha proseguito – le donne non hanno tutto questo potere”. “Ma anche negli altri paesi europei – mi chiedeva – è come in Italia? Io non penso, credo che qui sia molto peggio che altrove”.
>>>>>>>>>>>>>

A l riguardo c’è un altro particolare che va evidenziato e di cui io sono solito parlare insieme ad alcuni miei amici – in particolar modo due, fra i quali colui che “mi aprì gli occhi”, diversi anni fa – ed è quello relativo al fatto che le donne rumene, in pubblico, NON parlano MAI male dei loro connazionali ed anche in quelle rare occasioni in cui lo fanno, nel privato, NON se ne passano MAI con le parole… Ora, pensate per un attimo alle italiane, ed alla loro assoluta e quotidiana violenza verbale, che per forza di cose si traduce in violenza psicologica-emotiva…

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Daniele 9:30 am - 28th Ottobre:

dia
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Mi stupisce anche, invecchiando, quanto poco siano interessati gli uomini all’amicizia con le donne.
>>>>>>>>>>>
Perdonami, ma cos’è “l’amicizia fra uomo e donna” ?
Per me gli amici possono essere solo altri uomini, mentre con le femmine posso stabilire al massimo dei rapporti civili ed educati.

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Daniele 9:43 am - 28th Ottobre:

Fabrizio
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In linea teorica ma anche pratica una diversa consapevolezza maschile che si traducesse inevitabilmente in diversi comportamenti e modalità di relazionarsi con il femminile, non può non portare anche dei cambiamenti in quest’ultimo.
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In sostanza è quello che un po’ di mesi fa facevo notare anch’io, quando affermavo che una forte personalità unita ad una certa prestanza fisica, “impedisce” alle femmine di passarsene sia con le parole che con le mani… Ergo, come ci si pone e come ti percepiscono, è fondamentale per farsi rispettare.
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PS: c’è un altro particolare che ho notato fra gli uomini dell’est: loro NON sono soliti fare i “piacioni” (come si suol dire dalle mie parti), ovvero non fanno la bava di fronte alle femmine e neppure le riempiono continuamente di complimenti gratuiti.

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Fabrizio Marchi 9:43 am - 28th Ottobre:

“Mi stupisce anche, invecchiando, quanto poco siano interessati gli uomini all’amicizia con le donne. Finalmente si potrebbe sgombrare il campo da impicci e problemi vari, e stare insieme in modo cameratesco, fare cose insieme di altro tipo, invece questa cosa non interessa affatto”. (Dia)
Finchè la sessualità (nei limiti delle rispettive diversità di genere) non sarà veramente liberata e sottratta una volta e per sempre a quella “zona d’ombra” in cui viene scientemente mantenuta (per ragioni complesse che abbiamo cercato di spiegare migliaia di volte), non potrà mai darsi quel clima di serenità e di gioco cameratesco a cui fai cenno tu e che al momento è dato da vivere solo fra appartenenti allo stesso sesso (una volta senz’altro più i maschi, ormai da tempo anche in parte le femmine,stanno costruendo nuove forme di “cameratismo”)
Le donne, condizionamenti sociali e culturali a parte (fondamentali, sia chiaro) che nessuno nega, hanno una enorme responsabilità da questo punto di vista, infinitamente maggiore a quella degli uomini, per il semplice fatto che alla fine della fiera a questo gioco si gioca se lo vogliono loro.
Quindi, cara Dia, e credimi che te lo dico senza nessun intento polemico, non posso che dirti/vi:”Prendetevela con voi stesse per questa situazione. Se non vi piace, cambiatela, per voi sarebbe molto più facile (per ovvie ragioni) piuttosto che per noi.
Ma le donne lo vogliono davvero questo cambiamento? E il cane ricomincia a mordersi la coda…
Fabrizio

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Saturno 11:04 am - 28th Ottobre:

A volte penso che essere nato uomo ed essere
nato in Italia, soprattutto con le mie caratteristiche
mentali e caratteriali, sia stata una vera sfortuna,
un gioco sadico del Creatore. Penso: ma se
fossi nato donna, o almeno in un altro paese?
Ma poi mi consolo pensando: sarei potuto anche
nascere donna in Afghanistan, e sarebbe stato
molto peggio. Perdonate la battuta di spirito.
E si, bisogna sempre guardare al lato buono
delle situazioni. Comunque, io credo che questa
società non contiuerà ad andare avanti così.
In un modo o nell’ altro la situazione si modificherà;
e se tutti gli uomini fossero come me (non lo pretendo di certo) sarebbe già cambiata da un pezzo.

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Rita 11:14 am - 28th Ottobre:

ah en passant… l’amicizia fra uomini. Il cameratismo, a mio avviso, è una delle cose che le donne invidiano agli uomini. Esiste una solidarietà di genere femminile “astratta” ma difficilmente in un gruppo ristretto.

Tra l’altro l’origine del termine a me evoca amicizie che nascono da condivisione di pericoli, di fatiche di squadra, in cui la vita dell’uno puo’ dipendere dall’altro.

Di qui, da questa invidia, potrebbe nascere il maggior desiderio femminile di essere amiche di un uomo, rispetto al contrario.

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Luigi Corvaglia 1:17 pm - 28th Ottobre:

Sono contento che il mio spunto abbia trovato un buon riscontro …. però ora come faccio a rispondere?
Tra impegni lavorativi e la mia inveterata pigrizia nello scrivere sono tra incudine e martello …. sad
@ Rita
(La prima è che esistono probabilmente peculiarità appartenenti ad entrambi i sessi con modalità diverse.)
Senza ombra di dubbio. La stessa mia proposta non avrebbe ragione di esistere senza questo presupposto. E come ho già ho affermato nel mio primo intervento sono talmente favorevole alle “invasioni di campo” da aver indicato un obiettivo che, parer mio ehh …, è molto importante.
Ritengo anzi che un movimento maschile che voglia uscire “in avanti” dalla situazione odierna, questo debba fare. Improbabili ritorni a un’età dell’oro, se mai c’è stata, non possono portare da nessuna parte.
Le resistenze a livello pratico …..
Riuscire a creare un movimento di pensiero, nel senso da entrambi affermato, diffonderlo e riuscire a condividerlo con quante più persone possibili secondo me aiuta moltissimo.
E’ sempre l’idea che deve imporsi per prima, i comportamenti seguiranno.
Ovviamente questa mia, è una pennellata d’intenti. Sono abbastanza consapevole dello stato dell’arte ….. sigh sad
@ dia
(Trovo che non ci sia niente di de-mascolinizzante – per esempio – nell’insegnare ai bambini.)
Sull’argomento specifico, la scuola, ti ha risposto Armando, con argomenti che non potrei fare altro che “fotocopiare” tanto sono da me condivisi, però più in generale una considerazione mi va di farla.
Non è l’attività svolta, a svirilizzare nel caso degli uomini ed a mascolinizzare nel caso delle donne.
E difatti ognuno/a, la X attività, l’affronta con il proprio stile.
L’indice di maschilità o di femminilità lo dà quell’insieme di pressioni psicologiche, giudizi e pregiudizi esercitati dalla società in cui si vive.
(E’ l’accudito/a a trovarsi in una posizione di subordinazione. Questa cosa, gli uomini, non l’hanno ancora capita.)
Alcuni si, ancora pochi. Comunque, non dispero, sono ottimista di natura. smile
@ Armando
(L’indipendenza materiale fonda anche l’indipendenza psichica, favorisce la libertà e quindi anche l’incontro autentico.)
(L’importante è che ciascuno sia autosufficiente, sottraendo così all’altro il potere del saper fare, e liberando se stesso , in certo senso liberando anche l’altro/a. Su questi aspetti molti uomini devono ancora, secondo me, fare un pezzo di strada.)
Li quoto alla grande!! smile
@ Fabrizio
(In particolare la questione in oggetto è particolarmente difficile da destrutturare e disarticolare perché è (stata) strettamente collegata a quella che storicamente viene individuata come la condizione di maggior subalternità femminile ….)
Beh … se dobbiamo fare i “pierini” della situazione, tanto vale farlo fino in fondo smile

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Alessandro 3:04 pm - 28th Ottobre:

dia: Mi stupisce anche, invecchiando, quanto poco siano interessati gli uomini all’amicizia con le donne
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Dipende da che cosa tu intendi per amicizia. Se per te, come per la maggior parte delle donne, l’amicizia tra un uomo e una donna deve ricalcare, più o meno, i caratteri di quella che si instaura tra donne, allora sicuramente è poco ricercata dagli uomini. Se invece tu pensi all’amicizia come a un rapporto tra un uomo e una donna caratterizzato da affetto, stima e attrazione sesuale e magari anche soddisfacimento sessuale, allora, ti assicuro, che è ricercatissima dagli uomini. Il problema del genere umano è che divide tutto in compartimenti stagni: l’amicizia è così e cosà, prevede questo e quest’altro, l’amore prevede questo e quest’altro e via discorrendo. Quante volte ho sentito dire da tante donne: “secondo me l’amicizia tra uomini e donne non esiste”. La maggior parte delle donne concepisce un rapporto stretto con l’altro sesso esclusivamente limitandolo alla sfera matrimoniale o affini. Questo è un portato principalmente culturale, in cui hanno giocato un ruolo decisivo la morale cattolica e quella tradizionalista, le quali tendono a confinare la sessualità ad ambiti ben precisi, senza dimenticare il ruolo del consumismo imperante, ma tutto questo meriterebbe ben altro approfondimento.
Come ho spesso affermato, nella sfera relazionale tra i sessi, è la donna, oggi, a dettare le regole. E’ il soggetto forte. Fino a quando l’amicizia con l’uomo non prevederà anche l’apertura verso la sessualità ( cioè fino a quando sarà vissuta nell’accezione “femminile”), sarà considerata dal l’uomo con disinteresse ed è giusto così, perchè ognuno richiede all’altro ciò di cui ha bisogno. Ma tu forse mi risponderei che quella da me tratteggiata non è amicizia, ma è amore e allora siamo punto e a capo.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Riguardo alle affermazioni del ragazzo romeno a proposito delle donne italiane e del rapporto di queste ultime con l’uomo italiano, penso che abbia visto giusto. Non posso stabilire se la situazione italiana sia simile a quella di altri Paesi occidentali, ma di sicuro posso affermare, senza timore di smentita, che è sicuramente pietosa. Se poi, come capita spesso, la relazione di un uomo con le donne italiane si limita a un matrimonio, magari con la compagna del liceo, bè, allora è evidente che sia molto facile che manchi il vissuto per rendersi conto di tutto ciò.

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fulvioterzapi 5:29 pm - 28th Ottobre:

@Fabrizio Marchi: non credo che l’umanità si sarebbe estinta senza iniziativa maschile, le donne sarebbero semplicemente andate dritte dritte verso gli uomini piu attraenti. Bisogna considerare che le donne sono attratte decisamente da pochi uomini, quelli che fanno loro “scattere l’ormone” e questo credo sia qualcosa di innato. Per cambiare le cose in modo radicale bisognerebbe condizionare le donne fin da piccole ad avere una sessualità piu simile a quella maschile, anche se nella pratica rimarrebbe un’ipotesi ben difficile da attuare soprattutto per l’opposizione degli uomini stessi e mi riferisco ai moralisti/conservatori e a quelli che ci guadagnano dallo status quo.
Se invece fai questo genere di discorsi a donne adulte ormai “formate” come ha fatto Paolo Barnard nel suo appello al sesso ludico, è molto probabile che queste ti prendano a pernacchie.

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Rino 6:03 pm - 28th Ottobre:

Luigi.
>>
Chi accudisce in un certo senso comanda. E’ l’accudito/a a trovarsi in una posizione di subordinazione.
>>
Bingo.

Armando:
>>
…un maestro maschio negli anni cinquanta e ne conservo un ricordo bellissimo, per la competenza e la passione che ci metteva, anche a scapito del suo tempo libero
>>
Voce del verbo: dare. Mi ricorda don Milani.
.
Es. All’incontro di Rovato il Vanni diceva: “Chiaro che i padri non vanno agli incontri con i prof. Se si tengono in orario di lavoro… Bisogna programmarli ad es. al sabato pomeriggio, allora vengono”
ovvero e meglio ancora, al mattino della domenica.
.
Quel che ho fatto nella mia breve esperienza di prof. E i padri sono venuti, e i ragazzi ne restarono colpiti. Prima e dopo.
Già, ma è voce del verbo dare…
.
Invece, come abbiamo visto, viviamo in un mondo in cui dare e ricevere sono la stessa cosa ed hanno lo stesso valore.
.
RDV

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dia 7:34 pm - 28th Ottobre:

alessandro: Se per te, come per la maggior parte delle donne, l’amicizia tra un uomo e una donna deve ricalcare, più o meno, i caratteri di quella che si instaura tra donne, allora sicuramente è poco ricercata dagli uomini.

e quali sono i caratteri di quella che si instaura tra donne? Non ho mai avuto un gruppo di amiche donne. Comunque sottoscrivo quanto detto da rita nel suo ultimo commento.

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sergio 8:55 pm - 28th Ottobre:

Per cambiare le cose in modo radicale bisognerebbe condizionare le donne fin da piccole ad avere una sessualità piu simile a quella maschile, anche se nella pratica rimarrebbe un’ipotesi ben difficile da attuare soprattutto per l’opposizione degli uomini stessi e mi riferisco ai moralisti/conservatori e a quelli che ci guadagnano dallo status quo. [fulvioterzapi]
°°°°°°°°°°°°°°°
Scusa, fulvio, ma non credo si possa cambiare la natura femminile tramite delle studiate opere di ingegneria sociale. Casomai bisognerebbe rivolgersi all’ingegneria genetica. Voglio dire, se a te imponessero di farti piacere le brutte, le grasse e le vecchie, ti starebbe bene? Ovviamente no.
Con questo non sto affermando che i rapporti fra i due sessi non possano essere migliorati, dato che allo stato attuale delle cose fanno letteralmente vomitare, bensì che non si può pensare di “educare” le donne a farsi piacere gli uomini che non gli piacciono. Personalmente mi trovo in sintonia sia con Fabrizio che con Daniele, quando affermano che l’unica reale soluzione può venire da un cambiamento radicale degli stessi uomini, i quali dovrebbero veramente smetterla di “inginocchiarsi” di fronte alle donne. Solo il giorno in cui muterà sia il modo di ragionare che di comportarsi degli uomini muterà anche l’atteggiamento delle donne.
Prima no di sicuro.

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fulvioterzapi 12:22 am - 29th Ottobre:

>>>Scusa, fulvio, ma non credo si possa cambiare la natura femminile tramite delle studiate opere di ingegneria sociale. Casomai bisognerebbe rivolgersi all’ingegneria genetica. Voglio dire, se a te imponessero di farti piacere le brutte, le grasse e le vecchie, ti starebbe bene? Ovviamente no.
Con questo non sto affermando che i rapporti fra i due sessi non possano essere migliorati, dato che allo stato attuale delle cose fanno letteralmente vomitare, bensì che non si può pensare di “educare” le donne a farsi piacere gli uomini che non gli piacciono. Personalmente mi trovo in sintonia sia con Fabrizio che con Daniele, quando affermano che l’unica reale soluzione può venire da un cambiamento radicale degli stessi uomini, i quali dovrebbero veramente smetterla di “inginocchiarsi” di fronte alle donne. Solo il giorno in cui muterà sia il modo di ragionare che di comportarsi degli uomini muterà anche l’atteggiamento delle donne.
Prima no di sicuro.
<<<<

Hai estremizzato il mio esempio. La mia proposta mirava ad abbassare gli standard estetici medi delle donne in modo che una donna di aspetto normale provi eccitazione fisica anche per un uomo di "pari grado" e non solo per il divo del cinema o della musica.
Adesso non ditemi che voi vi arrapate solo davanti a Belen Rodriguez perché nella vita di tutti i giorni vedo uomini a cui scatta l'arrapamento anche alla vista di donne/ragazze comunissime che alleggeriscono il vestiario anche solo di poco.
E' qui che sta la differenza di potenziale erotico tra maschi e femmine. Loro però giustificano il tutto dicendo che la loro sessualità è meno "primitiva" della nostra e più spirituale/cerebrale e che per loro l'atto sessuale è una "fusione di anima e corpo" come ho letto nelle risposte all'articolo di Barnard.
Sono discorsi che a me fanno venire il latte alle ginocchia. Non sto dicendo che il sesso non possa essere anche un fatto emotivo/cerebrale ma parte da una base fisica sia per noi che per loro.

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dia 9:16 am - 29th Ottobre:

Voglio dire, se a te imponessero di farti piacere le brutte, le grasse e le vecchie, ti starebbe bene?

be’, ma se ti condizionassero fin da piccolo, a te uomo, poi ti piacerebbero “veramente” – le brutte, grasse e vecchie – e in effetti il problema sarebbe risolto. Avresti molta più scelta, e per qualche secolo le medio-belle e belle stronze perderebbero tutto il loro potere, e le brutte, grasse e vecchie si godrebbero la rivincita andando a ruba e rendendosi disponibili senza fare tante storie. Poi però, il potere lo prenderebbero loro, perché si renderebbero conto di andare a ruba e ricomincerebbero a fare le preziose….

Uhm.

L’ipotesi “rieducativa” – personalmente – mi sembra sempre da scartare. A priori. Ognuno faccia per sé e si attrezzi come meglio crede, trattando da pari a pari con la controparte. Lasciando liberi tutti gli altri di fare altrettanto.

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dia 9:58 am - 29th Ottobre:
Saturno 10:41 am - 29th Ottobre:

Ho visto di recente il film di Cronenberg “A dangerous method” sulla vita di Jung e di Freud.
L’ amante russa di Jung, sua paziente, da lui rimproverata per aver preso l’ iniziativa con lui
(perchè spetta al maschio) gli risponde dicendo
che c’è una parte maschile in ogni donna e una
parte femminile in ogni uomo. Forse bisognerebbe
rilfettere su questo. Il guaio della nostra società, in
Italia più che altrove, sono i modelli predefiniti, a cui
ognuno deve adeguarsi. Chi non riesce a farlo è emarginato. Questo lo si vede non solo nei rapporti uomo-donna (dove forse il conformismo è più forte) ma anche in tutti gli altri campi, a comincuare dalla scuola, che si basa sostanzialmente su un modello educativo unico ed imposto dall’ alto. Chi ha una mente diversa, per esempio un dislessico, si
trova male nella scuola italiana. Eppure ha solo bisogno di un percorso didattico diverso.
Analogamente, ci possono essere uomini con caratteristiche specifiche femminili e viceversa. Sarebbe proprio così impensabile riconoscere queste diversità individuali? Sarebbe così assurdo
evadere dal nodello preimpostato, secondo il quale
l’ iniziativa deve essere sempre e soltanto presa dal
maschio?

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Fabrizio Marchi 11:25 am - 29th Ottobre:

Brava Dia! Il “pezzo” riprende il lancio dell’Adnkronos, l’agenzia di stampa che mi ha intervistato un paio di settimane fa.
Positivo, direi, non esaustivo naturalmente, ma va bene così.
Fabrizio

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mauro recher 11:26 am - 29th Ottobre:

concordo con Dia per via dell’articolo ,anche a me ha piacevolmente sorpreso

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sergio 11:57 am - 29th Ottobre:

be’, ma se ti condizionassero fin da piccolo, a te uomo, poi ti piacerebbero “veramente” – le brutte, grasse e vecchie – e in effetti il problema sarebbe risolto. (dia)
°°°°°°°
No, non sono assolutamente d’accordo, milioni di anni di evoluzione non si cancellano con un’operazione di ingegneria sociale. Non scherziamo.

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dia 12:00 pm - 29th Ottobre:

concordo, saturno. Vale nei due sensi. Ci sono anche molte cose di cui agli uomini – a loro, soprattutto – converrebbe riappropriarsi. Torno sul discorso accudimento e cura, un po’ una mia fissa. Facendo assistenze in ospedale, vedo solo parenti donne, badanti donne, volontarie (prevalentemente) donne assistere i malati. Perché? Perché le donen che lo fanno spesso ne parlano come di un sacrificio (quindi cosa pesante e faticosa) che fanno per amore. Invece è un’attività che dal punto di vista del rapporto costi-benefici è STRAGRATIFICANTE. Paga il doppio di quello che ci metti. E non in astratto, in pratica. In più, crea costantemente una rete sociale di rapporti, che funzionano da ammortizzatori psico-sociali. Una specie di ancoraggio, di riferimenti utili, di mutuo soccorso. In più, ti senti veramente un dio. Cinico e poco politicamente corretto a dirsi, ma è così. Vale anche per le guide del soccorso alpino di cui parlava Rino, credo. Forse per questo non vanno onorate e ringraziate? No, è che sono due piani diversi: quello che dò, e quello che ci guadagno. Perché non essere onesti anche sul guadagno?

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sergio 12:02 pm - 29th Ottobre:

Il guaio della nostra società, in
Italia più che altrove, sono i modelli predefiniti, a cui
ognuno deve adeguarsi. (Saturno)
°°°°°°°°°°°°°
Se tu visitassi certi paesi del Sud America, ti accorgeresti che i ruoli sono altrettanto definiti, se non di più. Sfatiamo la leggenda secondo la quale al di fuori dei confini nazionali sarebbe “tutto meglio”.

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Fabrizio Marchi 12:11 pm - 29th Ottobre:

Voglio pubblicamente ringraziare la condirettrice dell’Adnkronos, Velia Iacovino, e il giornalista che mi ha intervistato, Enzo Bonaiuto, per il lancio di agenzia che hanno fatto, assolutamente positivo e fedele a quanto da me dichiarato (con i limiti, comprensibilissimi, di una inevitabile sintesi).
Un esempio di informazione corretta, libera, giornalisticamente e intellettualmente onesta e coerente, e prima ancora anche di sensibilità umana. Non è da tutti.
Grazie ancora. Speriamo naturalmente che questo sia solo l’inizio di una collaborazione duratura.
Fabrizio

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Saturno 12:14 pm - 29th Ottobre:

Bè, si, l’ articolo è un inizio positivo.

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armando 9:34 pm - 30th Ottobre:

Rino: “Non è vero che le DD non possano fare ciò che fanno gli UU: lo possono ma non lo vogliono perché ne va dell’integrità fisica, della salute, della vita: ne va della durata. Gli UU sono “matti” le DD sono savie. Hanno il diritto/dovere di autoproteggersi, di avere paura senza vergogna.”

Oggi è stato ritrovato il corpo di quel volontario morto nella recente inondazione in Liguria mentre tentava, credo riuscendoci ma non importa, di salvare due persone. Al TG5 delle ore 13 sono state riportate le parole della moglie poco meno che quarantenne, che avrebbe dichiarato, così è stato riferito dal TG (cito a memoria ma il senso è quello) di non riuscire a comprendere perchè il marito ha sacrificato la sua vita per salvare quella di due altre persone. Al netto della disperazione e del dolore di quella moglie, del tutto comprensibili, il senso di quelle parole è esattamente quello della frase di Rino che ho riportato sopra.
Armando

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Andrea 12:19 am - 31st Ottobre:

fulvioterzapi
>>
Hai estremizzato il mio esempio. La mia proposta mirava ad abbassare gli standard estetici medi delle donne in modo che una donna di aspetto normale provi eccitazione fisica anche per un uomo di “pari grado” e non solo per il divo del cinema o della musica.
>>
Scusa, ma come puoi pensare di cambiare i gusti delle donne? Cos’hai di concreto, e non utopistico, da proporre? Inoltre, considerando che la nostra è una società sempre più multiculturale, come credi di poter “educare” le donne provenienti da altri Paesi?

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Rino 10:48 am - 31st Ottobre:

>>
di non riuscire a comprendere perchè il marito ha sacrificato la sua vita per salvare quella di due altre persone
>>
Nella sua banalità è la risposta a molti “misteri”.
Se pur anche il dono maschile venisse compreso intellettualmente non potrebbe però venirne “sentita” la fonte, né il significato esperienziale che ne ha l’uomo.
Trova qui esemplificazione (…ma è la centomiliardesima) la contraddittorietà dell’esperienza maschile, oscillante tra auto ed etero protezione: salvo me o salvo gli altri? Dilemma che percorre quotidianamente l’intera vita maschile.
Dopo questa nostra articolata serie di argomentazioni è giunto il momento di riconoscere una verità oggi inconcepibile e di dire qualcosa che somiglia ad una bestemmia: il maschio è colui che ti salva.
Non colui che ti stupra, ti picchia, ti ammazza, ma colui che ti salva e che ci salva.
Il solo che alla bisogna (=ogni giorno) possa venire in nostro soccorso a qualsiasi prezzo è Lui, non arriva sempre, ma quasi ed è il solo che lo possa fare e che lo faccia: il maschio adulto sano: sola spes in gurgite vasto.

Maschio=colui che ti salva.

Magari né farò un articoletto.

RDV

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dia 2:20 pm - 31st Ottobre:

rino: ma non è la retorica speculare a quella che vede la donna, sola, a salvarci dalle guerre e dall’inettitudine del maschio violento?

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Rino 3:15 pm - 31st Ottobre:

Dia:
>>
ma non è retorica speculare…
>>
Appare così, perciò ho detto che si tratta oggi di una bestemmia. Appare, ma non è.

La tesi che “vede la donna, sola, a salvarci dalle guerre e dall’inettitudine del maschio violento” si fonda sul principio dell’intrinseca bontà femminile. Come se il peccato originale avesse macchiato solo il maschio e non la femmina.
Che il maschio sia invece quello che ti-ci salva non deriva dalla superiorità morale maschile, ma dal fatto che per gli UU il corpo può essere, ed è spesso, nel bene e nel male, uno strumento per un fine. Per un fine cattivo o assurdo o vano. Ma anche per fini ottimi.
Deriva dal fatto che gli UU sono “matti”.
Quando dico che il maschio “non è colui che ti stupra, ti picchia, ti ammazza, ma colui che ti salva e che ci salva.” vuol dire che una volta ti ammazza e cento volte ti salva. Il bene prodotto dalla “follia” maschile è senza paragone superiore al male, ma noi lo diamo assolutamente per scontato da sempre – come ovvia banalità – mentre poi il femm.smo lo ignora totalmente o lo stravolge in male.
Sin da quando è nata, questa pestilenza ha introdotto nel mondo la contabilità del bene e del male. Poiché siamo dunque entrati nell’Era Contabile, è diventato necessario mettere gli occhi – il cuore – sull’immensità del bene prodotto dagli UU. Incomparabilmente maggiore del male.
Questa contabilità è vergognosa, ma quando il nemico usa l’iprite bisogna mettersi la maschera.
Come detto già altre volte.
.
Il fatto è che la Liberata non vuole riconoscere che viene salvata dal maschio, perché ciò indicherebbe che ha bisogno di Lui e in questo si sente umiliata.
La Liberata giura di non aver bisogno di nessuno.
Nessuna umiliazione è più grande per lei che il dover riconoscere di non essere onnipotente.
.
Per questo quella che dovrebbe essere gratitudine è diventata rancore.
.
RDV

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cesare 3:50 pm - 31st Ottobre:

Come un peregrinare a volte apparentemente senza meta è il dibattito in lista. Poi accade l’inaspettato: come il bagliore di un lampo illumina l’intera notte, così si capisce la verità, il significato, il senso di tanti scritti e di tanto impegno: maschio=colui che salva. L’amico Rino che formula l’equivalenza, sa cogliere che la mela cade e poteva non cadere: l’evidente che tutti vedono e nessuno vede. E’ da sempre evidente che il maschio è colui che salva. E’ evidente che la Storia è opera di salvezza operata da colui che salva, il maschio. E’ evidente in ogni aspetto del nostro pensare e del nostro agire, oggi come milioni di anni fa. Lo sanno tutti da sempre e per questo nessuno lo dice. Poi il lampo: maschio= colui che salva. Verità inoppugnabile perchè è la Storia intera dell’Umanità e di ogni singolo a testimoniarla. E si vede tutto chiarissimo come alla luce del sole, nonostante sia notte. E ci si domanda perchè non c’è ancora il nome di una donna dal cui cuore sia uscito o esca “il” grazie ai maschi di ogni tempo, a nome delle donne.

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mauro recher 5:11 pm - 31st Ottobre:

rino e cesare hanno ragione ,c’è da chiedersi come mai la cassa di risonanza cade sempre sullo stupratore e meno ,molto meno su “chi salva”…
credo che la colpa sia della spettacolarizzazione dei media ,che sensazione fa un uomo che salva ? tenerezza e commozione ,ma abbastanza limitata …,che sensazione fa un uomo che stupra? rabbia , odio e sopratutto paura ,è quello che fomenta il popolo di oggi ,un uomo che salva che paura può fare? un uomo che stupra ,invece…
potrebbe andare in onda amore criminale se si parlasse solo dell’uomo che salva ? evidentemente no …
ma scusate, una domanda politica ,se non ci fosse la “condanna” degli extracomunitari, quanti voti prenderebbe la lega??
Lo stesso Rino ha paragonato gli uomini ai “negri” ,non è poi allora sbagliato paragonare il femdominismo alla lega ,almeno nei modi di procedere …

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dia 5:22 pm - 31st Ottobre:

cesare, rino – qui non vi seguo, mi dispiace. Ma va bene.

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cesare 6:48 pm - 31st Ottobre:

dia@”cesare, rino – qui non vi seguo, mi dispiace. Ma va bene”.
Ecco dia, onore a te per la sincerità, ma questa incomprensione di cui sei la comprova, per me è il mistero dell’anima e della mente femminile. Un mistero ed un limite che se fosse davvero proprio del sesso femminile, è disperante. Il tuo “non capisco, mi dispiace ma va bene” è senz’altro nobilmente stoico, ma è anche sintomo, e non causa, a mio avviso, di una misteriosa sconfitta (o limite) che le donne portano nel cuore. Così che non compiono quel gesto di lealtà e riconoscenza atteso da sempre dai maschi: dire loro grazie. Che è poi porsi in una relazione di reciprocità. Gesto che li conquisterebbe perdutamente e immediatamente le porrebbe al loro fianco, “a cavallo, in battaglia”, in quella profondissima relazione paritaria solidale che i maschi chiamano amicizia. E che ben intendono quale meraviglia sarebbe nella versione di amicizia femminile. Ma appunto, così non è: le donne non capiscono perchè dire grazie ai maschi. Anzi ogni cosa trasformano in una colpa e in un atto di accusa. Sono lontano, in un altro sistema stellare, dove i segnali arrivano ma non tornano mai indietro.

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dia 7:26 pm - 31st Ottobre:

ma io ve lo dico grazie! Grazie. E’ che non vedo niente di eroico in nessuno, non vedo salvatori in giro, né uomini né donne, non vedo niente che abbia quell’aura che dovrebbe irradiarsi dove si irradia. E’ in questo senso, che non vi seguo e mi dispiace. L’illuminazione, la Verità, la Strada, l’emozione per queste cose. Credo solo nell’attrezzarsi di ognuno, uomo o donna, per sopravvivere.
“That’s because I am dead inside”, direbbe David Letterman.

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Rino 8:34 pm - 31st Ottobre:

Dia:
>
…qui non vi seguo, mi dispiace
>

Non importa. All’occorrenza io o Cesare o qualsiasi uomo ti veda in pericolo, se potremo fare qualcosa, tenteremo di farlo. Lo faremo.
Forse bilanciando i rischi, forse no. Noi ne sentiamo la ragione, ne percepiamo il motivo, anche se in fondo non siamo capaci, non possiamo concettualizzarne l’intima profondità.
C’è qualcosa di misterioso nella “follia” maschile, c’è del misterioso nella vita.
.
RDV

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dia 9:21 pm - 31st Ottobre:

Senz’altro!

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fulvioterzapi 2:09 am - 1st Novembre:

Scusa, ma come puoi pensare di cambiare i gusti delle donne? Cos’hai di concreto, e non utopistico, da proporre? Inoltre, considerando che la nostra è una società sempre più multiculturale, come credi di poter “educare” le donne provenienti da altri Paesi?

facendo diventare per le donne il sesso ludico una moda così come lo sono i vestiti o lo shopping.

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Andrea 8:59 am - 1st Novembre:

fulvioterzapi
>>
facendo diventare per le donne il sesso ludico una moda così come lo sono i vestiti o lo shopping.
>>
Vabbe’ fulvio, con tutto il rispetto, ma non è che con le fantasie su come vorremmo che le donne fossero, che si cambierà la natura femminile…
Credo sia il caso di lasciar perdere le UTOPIE e piuttosto di iniziare a lavorare sugli uomini, perché come molti fanno già notare da anni, è lì che va ricercato il VERO problema.

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Andrea 9:10 am - 1st Novembre:

C’è un altro aspetto, evidenziato da Fabrizio (anche se non ricordo in quale discussione) e da qualcun altro, in altri forum e blog, ed è quello relativo al fatto che la natura (o chi per essa) non avrebbe sicuramente fatto un “bel lavoro” nel creare due sessi così diversi, con esigenze sessuali realmente differenti, che tengono regolarmente in scacco gli uomini.

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Fabrizio Marchi 10:01 am - 1st Novembre:

“Scusa, ma come puoi pensare di cambiare i gusti delle donne? Cos’hai di concreto, e non utopistico, da proporre? Inoltre, considerando che la nostra è una società sempre più multiculturale, come credi di poter “educare” le donne provenienti da altri Paesi?” (Andrea)
“facendo diventare per le donne il sesso ludico una moda così come lo sono i vestiti o lo shopping”. (Fulvioterzapi)
E’ evidente, come sappiamo bene, che la questione è estremamente complessa e molto probabilmente destinata a non essere risolta in via definitiva (relazione natura-cultura, diversità e asimmetria sessuale maschile-femminile); è un nodo che abbiamo affrontato tante e tante volte e non può certo essere sbrogliato con un colpo di bacchetta magica.
Tuttavia la risposta di Fulvioterzapi non è affatto così stravagante come potrebbe sembrare ad una primissima e superficiale lettura. Viviamo da sempre in contesti socio-culturali che per una ragione o per l’altra hanno da sempre pesantemente condizionato la sessualità o comunque l’hanno indirizzata e canalizzata entro determinati binari (e abbiamo affrontato più volte anche questo aspetto).
Non è MAI esistito nella Storia, con l’esclusione di alcuni regioni dell’Africa, del Sudamerica e dell’Oceania (naturalmente mi riferisco alle comunità indigene primitive ormai quasi del tutto estinte, purtroppo) un contesto sociale e civile organizzato nel quale la sessualità fosse concepita e vissuta in modo realmente libero. Per dirla ancora meglio: una società che educasse e invitasse i suoi membri a vivere il sesso in modo del tutto libero, ludico e naturale, considerandolo quindi alla stregua di un valore e non certo come un disvalore , come è invece quasi sempre stato fino ad ora per un motivo o per l’altro (con l’importante eccezione, ripeto, di quelle comunità indigene che costituiscono un esempio affatto da sottovalutare, soprattutto per dei critici della “modernità”, quali noi siamo…).
Naturalmente, a questo punto, si potrebbe aprire una discussione infinita che coinvolgerebbe tanti aspetti, a cominciare da quello psicoanalitico, soprattutto nella sua versione più tradizionale (naturalmente ci sono invece, fortunatamente, altre correnti psicoanalitiche che la vedono in modo completamente diverso).
Resta il fatto (e ci sarà una ragione per questo, o no?) che la sessualità è stata da sempre ingabbiata entro determinate regole. In altre parole l’aspetto forse più bello, potente, vitale, dionisiaco, estatico, e chi più ne ha più ne metta, di cui la Natura ci ha fatto dono (mi sorge il sospetto che la Natura, a questo punto, sia “maschile”…smile ) è stato represso, soffocato, colpevolizzato e/o costretto all’interno di schemi determinati e prestabiliti . Naturalmente, guarda caso, non per tutti. I ceti dominanti in tutte le epoche se ne sono sempre infischiati dei precetti , che d’altro canto sono stati inventati o comunque utilizzati per mantenere tutti gli altri in una condizione di “obbligo”. Il che sta a significare che se si decide di rompere lo schema, anche e soprattutto dal punto di vista “morale” e precettivo (e/o ideologico), si viene automaticamente espulsi dalla comunità e si è soggetti alle sanzioni previste .
Una vera follia, ci spiegherebbe il grande umanista rinascimentale Erasmo da Rotterdam (anch’egli forse un critico della “modernità? Per l’epoca, ovviamente…). Sembrerebbe proprio che l’umanità, per qualche (oscura? Forse neanche tanto…) ragione abbia scelto di farsi del male con le proprie mani. Se è vero che c’è qualcosa di misterioso nella vita (e quindi nell’umanità), come dice giustamente Rino, è anche vero che c’è qualcosa di perverso, devo pensare, a questo punto. Non c’è altra spiegazione, dal momento che da sempre costruiamo società civili fondate su sistemi di regole e precetti che sono in clamorosa contraddizione con le nostre più naturali (e più belle) pulsioni.
E allora, tornando a noi. E’ così scandalosamente utopistico cominciare ad ipotizzare un contesto dove finalmente la sessualità possa essere svincolata da tutta questa montagna di sovrastrutture sotto la quale è stata schiacciata fino ad oggi?
Fuvioterzapi, propone una sorta di soluzione “interna” al sistema, e cioè dice (in modo pregnante , da un certo punto di vista):”Viviamo nell’era del dominio, fra le altre cose, della pubblicità, del consumo-ismo e della moda; è sufficiente, a questo punto, far diventare (magari ci vorrà un po’ di tempo, ma si può fare…) il sesso come una moda, e chi non lo pratica, soprattutto se femmina, finisce con l’essere considerata/o una specie di rudere del passato destinata/o ad essere emarginato ed escluso dal consesso civile”.
Da un certo punto di vista il paradigma di Fuvioterzapi non è peregrino, anzi, coglie in realtà un aspetto fondamentale dell’intera vicenda. Non ne coglie però un altro, altrettanto fondamentale, e cioè che l’attuale sistema dominante non può concepire il sesso come una moda, per la semplice ragione che il sesso deve essere invece concepito e vissuto come una “merce” (soprattutto concettualmente e psicologicamente parlando, come sappiamo, prima ancora che praticamente), e la “moda” (o meglio, seguire la “moda”) può e deve essere concepita e soprattutto praticata come uno degli strumenti per accedere al sesso (cioè al “bene”). In altre parole il paradigma in questo caso è: sesso=struttura – moda=sovrastruttura (spero sempre di essere perdonato per il mio improprio uso e soprattutto abuso dei classici…).
Ciò detto, è evidente come il processo per una vera e autentica liberazione della sessualità sia ben di là da venire (ma è l’orizzonte verso cui lavorare, non dimentichiamolo…). Da questo punto di vista hanno quindi ragione sia Andrea che Daniele (ma anche tanti altri che si sono espressi in tal senso): ciò che concretamente può modificare la situazione è l’acquisizione di una nuova e rinnovata autonomia e consapevolezza maschile, capace di tradursi in un diverso modo di essere e di porsi nei confronti del femminile. Cioè quello a cui stiamo lavorando.
Fabrizio

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Alessandro 10:24 am - 1st Novembre:

F. Marchi: Da un certo punto di vista il paradigma di Fuvioterzapi non è peregrino, anzi, coglie in realtà un aspetto fondamentale dell’intera vicenda. Non ne coglie però un altro, altrettanto fondamentale, e cioè che l’attuale sistema dominante non può concepire il sesso come una moda, per la semplice ragione che il sesso deve essere invece concepito e vissuto come una “merce”
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Considerazione indiscutibile. Se venisse meno la “mercificazione” della sessualità, la sua repressione, se venisse “liberata” salterebbe per aria il sistema, quindi tante posizioni di dominio verrebbero a cadere. Consapevole o no, chi propone il “sesso ludico” come nuovo orizzonte nella relazione tra i sessi è forse un utopista ma è sicuramente un “rivoluzionario”. Immaginiamo solo che cosa vorrebbe dire poter accedere alla sessualità in maniera realativamente semplice. Tutto quell’ accatastare oggetti su oggetti, che è la nostra attuale esistenza di “occidentali”, diverrebbe inutile. Niente uomini e donne che, sia pur diversamente, spendono e spandono per rendersi quanto più possibile attraenti, quanto più possibilmente “acquistabili” sul “mercato relazionale”. Altro che crisi finanziaria, qui verrebbe giù l’Occidente!
Ecco perchè è un’eventualità quanto mai remota. La sessualità deve rimanere una merce che chi può compra.
Certo, ho volutamente sorvolato sull’annosa questione natura-cultura, ma oggi, nell’età della tecnica e dell’informazione, è il consumismo, cioè gli interessi dei furbacchioni che tirano le fila della nostra società, a dettar legge.

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Andrea 10:41 am - 1st Novembre:

Alessandro
>>
Certo, ho volutamente sorvolato sull’annosa questione natura-cultura, ma oggi, nell’età della tecnica e dell’informazione, è il consumismo, cioè gli interessi dei furbacchioni che tirano le fila della nostra società, a dettar legge.
>>
Opinione mia: a dettar legge non sono i furbacchioni, ma le donne, o meglio il potere sessuale femminile.
Tutto il resto va da sé.

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Andrea 10:53 am - 1st Novembre:

In sostanza, anche a me, dal punto di vista sessuale, piacerebbe relazionarmi con donne “più maschili”, ma quelle, appunto, non sarebbero più femmine ma maschi. Io non credo affatto che oggi, le resistenze femminili al sesso ludico, possano essere imputate solo o in larga parte al sistema, bensì alla natura delle medesime. Sono loro a non essere interessate al sesso ludico – perlomeno non lo sono certamente nella misura in cui ne sono interessati gli uomini – e pertanto sono loro che dettano legge, non il sistema.
Naturalmente non pretendo che altri condividano le mie idee, ma questo è quello che penso.

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Fabrizio Marchi 11:03 am - 1st Novembre:

“Immaginiamo solo che cosa vorrebbe dire poter accedere alla sessualità in maniera realativamente semplice. Tutto quell’ accatastare oggetti su oggetti, che è la nostra attuale esistenza di “occidentali”, diverrebbe inutile. Niente uomini e donne che, sia pur diversamente, spendono e spandono per rendersi quanto più possibile attraenti, quanto più possibilmente “acquistabili” sul “mercato relazionale”. Altro che crisi finanziaria, qui verrebbe giù l’Occidente!” (Alessandro)
Quoto al 100%. Fra pochi giorni, con l’aiuto di una mia amica “evoluta” che mi intervisterà (credo che una figura femminile sia più efficace nel ruolo di interlocutrice-intervistatrice rispetto ad una maschile) realizzerò un video proprio su questo tema fondamentale.
Fabrizio
p.s. è in arrivo un video con il quale mi rivolgo a Nicki Vendola (potrebbe essere qualsiasi leader della sinistra, ho scelto lui per alcune ragioni specifiche relative ai miei trascorsi politici). Devo dire però che non mi piacciono i monologhi (come in questo caso), che trovo un po’ noiosi e preferisco la tecnica dell’intervista.

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Alessandro 11:31 am - 1st Novembre:

Andrea. Opinione mia: a dettar legge non sono i furbacchioni, ma le donne, o meglio il potere sessuale femminile.
Tutto il resto va da sé.
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Certo, con la collaborazione decisiva del potere sessuale femminile, che è forza di conservazione. Se le donne non ne facessero uso, ma praticassero quella spontaneità e reciprocità ben evidenziate da Fabrizio, forse non saremmo neanche qui a discutere di subordinazione maschile “beta”, perchè sarebbe caduto uno dei pilastri su cui si regge. L’altro è, come risaputo, la lettura femminista della storia e del presente, oggi “religione” ufficiale dell’Occidente, che ingenera il “senso di colpa”.

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Andrea 12:07 pm - 1st Novembre:

Non ho mai avuto la possibilità di leggere il libro di Warren Farrell (alcuni ne hanno più volte riportato dei brani, sia in questo blog che in altri), ma ricordo di aver letto altrove, un capitolo del sopracitato libro, nel quale Farrell spiegava “perché gli uomini costruirono gli imperi”. E le motivazioni, scava scava, sono sempre le solite, oggi come un tempo, ovvero le donne e il sesso. Perciò chi è che, sessualmente ed emotivamente, è da sempre spinto a fare “per accedere a ciò” ? Quindi, al di là delle apparenze, chi è che “conduce il gioco”, oggi come mille anni fa? Secondo me le donne, non gli uomini, né beta né alpha.

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Marco 5:13 pm - 1st Novembre:

@ Andrea –
Opinione mia: a dettar legge non sono i furbacchioni, ma le donne, o meglio il potere sessuale femminile.
Tutto il resto va da sé.
@@@@@@@@@

Concordo al 100%.

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armando 6:05 pm - 1st Novembre:

Sull’impossibilità che le donne, intese come genere e non come singole, possano mai ringraziare il genere maschile: eppure un tempo non era così. Gli uomini, lo fanno ancora anche se più raramente e con meno slancio”, ringraziavano le donne “per esistere” , perchè, si diceva, sono il sale della vita, perchè rendono luminosa etc. etc. Ma anche le donne erano capaci di ringraziare gli uomini per quello che facevano, per loro stesse e per gli altri, per cambiare il mondo in meglio. “La donna è, l’uomo fà”, il che dice molto sulla diversa posizione degli uni e delle altre rispetto alla vita. Passiva perchè non ha bisogno di essere attiva quella femminile, attiva perchè altrimenti è niente quella maschile. Più difficile essere donne? Al contrario, molto più facile, anche nelle epoche di supposta “oppressione” maschile. Oggi le donne hanno deciso di sentirsi sminuite, non basta loro “essere”, non basta essere le “muse ispiratrici” delle imprese folli maschili. Vogliono “fare”, come gli uomini e più di loro per dimostrare di essere migliori, ma senza smettere di “essere”. “Rubano”, per così dire il campo agli uomini, i quali, per contro, non conceoiscono la vita se non come “fare” e quindi non possono aspirare ad occupare il campo femminile. Squilibrio pericolosissimo, alla fine distruttivo di tutto. Perchè gli uomini, per difendere il loro valore e non sentirsi ontologicamente inferiori alle donne, non potendo definire se stessi nell’essere, negheranno l’essere alle donne. Ed allora, come già sta accadendo, si combatterà una guerra senza quartiere nè prigionieri, tutta sul terreno del fare, che finirà con la sconfitta rovinosa di uno dei due generi. Conviene? Secondo me no.
Sul sesso ludico e libero : qualche precisazione è forse superflua, tuttavia serve a inquadrare il problema affinchè non ci siano fraintendimenti. La pulsione sessuale è forza potentissima, ma come ogni forza può anche diventare distruttiva. Le pulsioni sessuali comprendono tutto, anche l’incesto, anche la violenza, e possono essere rivolte in ogni direzione, verso chiunque ed anche verso i bambini o gli adolescenti. Per questo ogni società, seppure in modo diverso, ha cercato di “normarlo”. Sul tabù dell’incesto si è costruita la civiltà umana. Liberare il sesso, allora, non può significare ammetterlo in ogni direzione. Sarebbe la distruzione di ogni vivere civile e non la formula per la libertà. In questo senso è illusoria una società che non norma il alcun modo la pulsione sessuale. Altro discorso, ovviamente, è quello di non fermarsi alle sue potenzialità distruttive, con l’esito di una sua repressione indiscriminata che produce malessere e squilibri, ma riconscerne e valorizzarne anche l’immenso potere costruttuvo. Ma allora il problema non è quello di liberare tout cour la sessualità, bensì di individuare gli alvei e i limiti entro i quali farne emergere le potenzialità positive ai fini del bene sociale e individuale, e limitare i danni che altrimenti potrebbe produrre.

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Alessandro 6:58 pm - 1st Novembre:

Armando: Sul sesso ludico e libero : qualche precisazione è forse superflua, tuttavia serve a inquadrare il problema affinchè non ci siano fraintendimenti. La pulsione sessuale è forza potentissima, ma come ogni forza può anche diventare distruttiva. Le pulsioni sessuali comprendono tutto, anche l’incesto, anche la violenza, e possono essere rivolte in ogni direzione, verso chiunque ed anche verso i bambini o gli adolescenti. Per questo ogni società, seppure in modo diverso, ha cercato di “normarlo”. Sul tabù dell’incesto si è costruita la civiltà umana. Liberare il sesso, allora, non può significare ammetterlo in ogni direzione. Sarebbe la distruzione di ogni vivere civile e non la formula per la libertà. In questo senso è illusoria una società che non norma il alcun modo la pulsione sessuale. Altro discorso, ovviamente, è quello di non fermarsi alle sue potenzialità distruttive, con l’esito di una sua repressione indiscriminata che produce malessere e squilibri, ma riconscerne e valorizzarne anche l’immenso potere costruttuvo. Ma allora il problema non è quello di liberare tout cour la sessualità, bensì di individuare gli alvei e i limiti entro i quali farne emergere le potenzialità positive ai fini del bene sociale e individuale, e limitare i danni che altrimenti potrebbe produrre.
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Ottime precisazioni. Per me il sesso ludico non è altro che una rapporto sessuale protetto tra due persone adulte, non necessariamente legate da vincoli stretti, come matrimonio-fidanzamento-convivenza per intenderci, ma solo affettivi, di stima reciproca, perchè altrimenti due corpi non si possono incontrare così intimamente. Questa è l’unica matura liberazione della sessualità che per me abbia un senso. E già così prospettata sarebbe una vera rivoluzione.
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Opinione mia: a dettar legge non sono i furbacchioni, ma le donne, o meglio il potere sessuale femminile.
Tutto il resto va da sé.
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Il potere sessuale femminile è una forza potentissima che è alla base stessa dell’agire maschile. Non l’unica forza, ma certo tra le preponderanti. Sta di fatto che in questo momento coloro che detengono il potere, le grandi multinazionali per esempio, sono coloro che tirano le fila della nostra società perchè la controllano: dettano le agende politiche, rinnovano mode, utilizzano ad uso e consumo i media più influenti sull’opinione pubblica.

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Fabrizio Marchi 7:03 pm - 1st Novembre:

“Sul sesso ludico e libero : qualche precisazione è forse superflua, tuttavia serve a inquadrare il problema affinchè non ci siano fraintendimenti. Le pulsioni sessuali comprendono tutto, anche l’incesto, anche la violenza, e possono essere rivolte in ogni direzione, verso chiunque ed anche verso i bambini o gli adolescenti. Per questo ogni società, seppure in modo diverso, ha cercato di “normarlo”. Sul tabù dell’incesto si è costruita la civiltà umana. Liberare il sesso, allora, non può significare ammetterlo in ogni direzione. Sarebbe la distruzione di ogni vivere civile e non la formula per la libertà. In questo senso è illusoria una società che non norma il alcun modo la pulsione sessuale”. (Armando)
Armando, come tu stesso hai detto, credo che questa sia una precisazione decisamente superflua, se me lo consenti. Penso che sia anche concettualmente sbagliato accostare l’idea di una sessualità libera e ludica all’incesto, alla pedofilia o a qualsiasi altra forma di violenza sessuale.
Peraltro, come ben sappiamo, questi fenomeni degenerativi (che riguardano uomini e donne, indistintamente) sono per lo più proprio il risultato di una sessualità repressa, negata, rimossa, e comunque condizionata, in una direzione o in un altra.
Al contrario, in quei contesti dove la sessualità è da sempre stata vissuta più liberamente, questi comportamenti patologici tendono se non a sparire, quanto meno a ridimensionarsi notevolmente. E la ragione di questo è chiarissima, a mio parere. Se la sessualità fosse vissuta naturalmente, come dovrebbe essere (né più e né meno che bere, dormire, mangiare, respirare), non si darebbero neanche quelle condizioni che favoriscono la crescita di patologie e devianze. E’ evidente. E questo modo di ragionare non è applicabile solo al sesso, ma a tanti altri aspetti del vivere umano. Proviamo a pensare di applicare le stesse logiche che da sempre, seppur in contesti differenti, sono state applicate alla sessualità, ad altre funzioni vitali, come ad esempio il bere. Proviamo a colpevolizzare la funzione naturale del bere, a criminalizzarla, castigarla, condizionarla pesantemente o comunque a canalizzarla in questo o in quel binario a seconda di chi comanda al momento (religione, mercato, ecc.).
Secondo voi quali sarebbero i risultati?
L’esempio, come al solito è banale, lo so (forse l’utilizzo di esempi banali è la cosa che mi riesce meglio…) ma credo efficace.
In ultima analisi, ciò che voglio ribadire è che non ha nessun senso accostare sesso ludico e devianze di qualsiasi genere. Peraltro il sesso ludico, per definizione, non può avere nulla a che vedere con la devianza che tutto è tranne che un gioco. Il primo nasce dalla spensieratezza, dalla spontaneità, dalla creatività, dalla fantasia, dalla libertà. La seconda è di natura psicopatologica e socioculturale e affonda le sue radici nella parte più oscura e rimossa della psiche e del vivere sociale.
Fabrizio

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Marco 7:28 pm - 1st Novembre:

@ armando –
Sull’impossibilità che le donne, intese come genere e non come singole, possano mai ringraziare il genere maschile: eppure un tempo non era così. Gli uomini, lo fanno ancora anche se più raramente e con meno slancio”, ringraziavano le donne “per esistere” , perchè, si diceva, sono il sale della vita, perchè rendono luminosa etc. etc. Ma anche le donne erano capaci di ringraziare gli uomini per quello che facevano, per loro stesse e per gli altri, per cambiare il mondo in meglio. “
@@@@@@@@@
Caro Armando, io sono nato nel ’74, pertanto ti potrei essere figlio (da qualche parte ho letto che avevi vent’anni nel ’68), ed è per questo che ti chiedo a quale epoca ti riferisci, perché io non ho mai sentito una donna (comprese mia madre, le mie nonne e tutte le mie zie) ringraziare gli uomini di qualcosa. Anzi, le ho sempre sentite lamentarsi.
Ad esempio, la mia nonna paterna, morta pochi anni fa, era solita accusare mio nonno di averle impedito di fare la sarta, quindi di lavorare fuori casa.
Anche l’altra mia nonna (deceduta anch’essa, al pari dei miei nonni), evidenziava spesso che a casa comandava il marito; tesi avallata regolarmente da mia madre, la quale, però, aggiunge che “il padre non le ha mai fatto mancare nulla, né a lei né a tutta la famiglia”.
Insomma, quello che io ne deduco è che nella quasi totalità dei casi, sono gli uomini a ringraziare le donne, e non il contrario.
Quando mai si è sentita una donna affermare che “gli uomini sono il sale della vita” o che “rendono luminosa la vita” ?
Credo mai.

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cesare 1:03 pm - 2nd Novembre:

A Ballarò, ieri sera, martedì 1 novembre 2011, a chiusura della puntata, finalmente un gesto di verità politica e civile che è giusto citare: è stata proiettata a schermo pieno in studio la fotografia del volto sorridente del giovane maschio Sandro Usai, il 38enne volontario della protezione Civile morto mentre prestava soccorso a due persone in pericolo per l’alluvione. Tutti i presenti si sono alzati in piedi in un lungo applauso che è parso sincero e commosso mentre il conduttore, Flores, proponeva l’uomo, marito e padre, come esempio dell’Italia migliore, quella su cui si può contare e che è al servizio dei cittadini fino a donare la propria vita.
Il maschio è colui che salva.

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cesare 4:24 pm - 2nd Novembre:

In questi giorni attraversa l’Italia, promosso per iniziativa del Ministero della Difesa, un treno speciale, il treno che onora le spoglie e la memoria del Milite Ignoto. IL treno è organizzato nell’ambito delle celebrazioni per il 150 esimo dell’Unità d’Italia. Il treno ha viaggiato da Aquileia a Roma toccando 150 città italiane. All’interno delle carrozze la mostra dal titolo «1921. Da Aquileia a Roma. Il Viaggio dell’Eroe». Ecco, fatti tutti i ragionamenti e i distinguo su chi ordina la guerra e chi la fa, resta il fatto che milioni di maschi hanno dato la propria vita o per obbligo o per dovere o perchè conquistati da un ideale. In ogni caso hanno dato la propria vita, il dono assoluto. E hanno fatto la Storia.
Un treno a memoria di questi eroi sconosciuti è forse poco, ma è comunque importante e bello e giusto: svela su quali gesti da giganti si confrontano i nostri gesti quotidiani. Una memoria non solo trascurata ma addirittura rovesciata in memoria di male e violenza: rovesciamento che che alimenta e svela la malattia più grave dell’Occidente, l’odio verso se stesso, la propria storia, e svela l’incapacità di rielaborarla in un progetto che apra le porte del futuro. Odio verso se stesso che poi è tutt’uno con l’odio verso i maschi, quell’odio misandrico che l’ideologia femminista ha diffuso e sistematizzato facendolo diventare il codice psicologico ed emotivo prevalente.

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mauro recher 5:46 pm - 2nd Novembre:

Armando, come tu stesso hai detto, credo che questa sia una precisazione decisamente superflua, se me lo consenti. Penso che sia anche concettualmente sbagliato accostare l’idea di una sessualità libera e ludica all’incesto, alla pedofilia o a qualsiasi altra forma di violenza sessuale.
Peraltro, come ben sappiamo, questi fenomeni degenerativi (che riguardano uomini e donne, indistintamente) sono per lo più proprio il risultato di una sessualità repressa, negata, rimossa, e comunque condizionata, in una direzione o in un altra.(fabrizio )
…………………………………………………………..
sono (quasi) d’accordo , verissimo che sparirebbero molte forme di violenza (lo stupro ad esempio) ,però credo che certe devianze sessuali ,(abbiamo fatto l’esempio della pedofilia) non siano frutto di una sessualità negata ,certe devianze crescono fin dalla più tenera età ,certo che ,fare più sesso “facilmente” potrebbe reprimere queste voglie ,ma credo che non basterebbe a fermare certe pulsioni “strane” …
per combinazione sul sesso ludico ne ho parlato ieri con una mia amica portando più o meno i pensieri che esprimiamo qui, ovviamente lo scarta ,perchè manca ,secondo lei ,la passione..come da copione smile

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armando 7:58 pm - 2nd Novembre:

Sai Fabrizio perchè ho definito superflua quella precisazione e ciò nonostante ho ritenuto utile farla? Superflua perchè so bene cosa significa per te “sesso ludico” e non ho mai lontanamente pensato che avesse a che fare con devianze, perversioni etc. Però fra i sostenitori del sesso libero c’è anche chi lo intende diciamo così senza limiti, ed anche in ambienti “insospettabili”. Un esempio è Daniel Cohn Bendit, che anni orsono accennò in termini molto equivoci alla sessualità infantile. Per cui è bene, nell’interesse di tutti ed anche di U beta, sgombrare il campo da equivoci sempre possibili in lettori meno avvertiti o che abbiano interesse a mettere in cattiva luce ciò che quì si scrive.
Chiarito questo, spero in modo esaustivo, credo che la discussione sul sesso sia molto utile.
Non sono così convinto che la sessualità, quando vissuta liberamente, non manifesterebbe tendenze “devianti”. Se così è sicuramente per la pedofilia (e mi rendo conto di averla accostata impropriamente ad altri fenomeni), non così per l’incesto. Per stare a Freud, le tendenze incestuose, soprattutto madre/figlio, sono insite in quel particolare tipo di rapporto, e solo un atto “culturale” può far cambiare “l’oggetto d’amore”. Questo atto culturale è quello del padre, che interdice la madre al figlio e contemporaneamente il figlio alla madre. Su questo divieto si fondano tutte le civiltà. Non è un caso che la maggior parte dei casi di incesto madre/figlio si verificano quando, per motivi più diversi, il padre non c’è. Direi allora, precisando ancora meglio, che il sesso ludico in senso sano come entrambi lo intendiamo, per me non è uno stato di natura deviato dalla civiltà che lo ha represso. E’ piuttosto una conquista culturale faticosa ed ancora non certo compiuta.
Ampliando il concetto oltre il sesso, la questione si può porre in questi termini. L’uomo (inteso come essere umano) allo stato di natura, sarebbe in sè “buono” ed è stata la civiltà a corromperlo, oppure non è così? La prima tesi è quella di Rousseau (il “buon selvaggio”) e ripresa fondamentalmente da Reich, Fromm, e da una parte della scuola di Francoforte (in specie Marcuse). Ecco, è questa tesi che non mi convince, perchè ritengo che nell’uomo ci siano già in partenza bene e male, entrambi partecipi della stessa origine. E che il bene, comunque lo si definisca, sia una conquista. Conquista peraltro a mio avviso impossibile se non si conosce e ri-conosce a bene e male quella comune origine di cui dicevo. Il che significa, in primo luogo, non credere di poter estirpare il male, Jung direbbe l’ombra, dall’uomo e dalla faccia della terra, che è proprio il tentativo sciagurato che sta facendo la modernità. In questo modo anzichè estirparlo semplicemente lo si rimuove dalla coscienza ricacciandolo nell’inconscio dove è libero di agire “in silenzio” manifestandosi poi come forza distruttiva. Lo abbiamo detto più volte a proposito del maschio che viene processato in quanto maschio ed al quale viene lasciata l’unica chance di negarsi come tale, “rieducandosi”. Al contrario, credo ad esempio che all’aggressività maschile, fisica ma anche propriamente sessuale, debba essere riconosciuto uno status positivo per riuscire a integrarla nella personalità di ogni singolo soggetto, e con ciò gestirla, amministrarla, governarla, e metterla al servizio di buone cause. Vale per la violenza individuale o collettiva che, quantunque si renda alle volte necessaria o addirittura indispensabile, in questo modo non sfocerà in atti brutali. Vale per l’aggressività sessuale senza la quale non è possibile il coito ma che non sfocerà nello stupro. E vale, ovviamente, anche per l’ombra femminile. Se quella maschile viene, come ho detto, criminalizzata con esiti sciagurati, di quella femminile si disconosce perfino l’esistenza, con esiti, come sappiamo, ancor più sciagurati. Con ciò spero di aver chiarito il mio pensiero, che certo non pretendo sia condiviso da tutti.

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fulvioterzapi 8:34 pm - 2nd Novembre:

sono cresciuto guardando i film di Miyazaki dove le eroine protagoniste sono figure femminili forti, coraggiose, intraprendenti, votate al rischio, alla scoperta e all’avventura. però mi imbatto raramente in queste qualità nelle donne con cui interagisco tutti i giorni. tuttavia voglio sperare che non sia il risultato della natura ma di come vengono “formate” anche se sono sicuramente in controtendenza rispetto agli altri utenti di questo sito che invece sembrano avere una visione irrimediabilmente pessimista del genere femminile.

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Sandro2 9:26 pm - 2nd Novembre:

fulvioterzapi”
“sono cresciuto guardando i film di Miyazaki dove le eroine protagoniste sono figure femminili forti, coraggiose, intraprendenti, votate al rischio, alla scoperta e all’avventura.”
________________

C’è anche chi è cresciuto con questo genere di film, dove le eroine non erano previste…
>
http://www.youtube.com/watch?v=-8W6D3bLiOo
http://www.youtube.com/watch?v=SlbNon5wTiw

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Luigi Corvaglia 9:56 pm - 2nd Novembre:

Fulvio, mi sa che sei un pò fuori strada.
Non è che noi, io almeno, abbia una visione irreparabilmente pessimista sulle donne.
Tutt’altro.
Mi sembra solo che si voglia riportare la barra del timone verso un più sano equilibrio e confronto dei sessi.
Tuttalpiù a me sembra che ci sia una ben agguerrita lobby femminile, inserita nei media e nei boschi del potere e sottopotere, che vuole far passare “una visione irrimediabilmente pessimista del genere maschile”.
Detto questo, da piccolo non mi sono perso un film sull’antica Roma, in particolare sui gladiatori (parlo di quelli degli anni ’70).
Non per questo me ne vado in giro con scudi e gladi …. smile

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dia 10:20 pm - 2nd Novembre:

be’, però, l’uomo che salva e la donna che trama nell’ombra per affossarvi… non è proprio un riequilibrio. Tecnicamente.

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Fabrizio Marchi 10:54 pm - 2nd Novembre:

Grande Sandro2, impareggiabile, inarrivabile, incomparabile, grandissimo Sergio Leone, uno dei miei miti cinematografici e in assoluto uno dei più grandi cineasti di tutta la storia del cinema. Nel mio profilo di facebook ho postato un frase di un suo celebre film (per la verità lo sono tutti), “Giù la testa”, forse il migliore, ma è difficile dirlo perchè sono tutti straordinari.
E’ impossibile non notare (è semplicemente un fatto, magari era un pò misogino, direbbero in parecchie/i …smile ) che nei suoi film i protagonisti (e anche i personaggi minori) erano tutti uomini. Si segnalano solo due figure femminili, nella sua produzione cinematografica, del tutto marginali, in “C’era una volta il West” e in “C’era una volta in America”. In quest’ultimo,peraltro, per chi lo ricorda, l’unico personaggio femminile viene fatto letteralmente a pezzi, metaforicamente parlando, dal regista.
Le sue opere sono un inno ai valori dell’amicizia (sempre fra uomini), della libertà, della solidarietà, della giustizia, dell’eroismo, ma mai con toni enfatici e/o demagogici, direi che i suoi personaggi sono più degli “antieroi” che si ritrovano a compiere atti di eroismo, loro malgrado (come in genere è, per i “veri” eroi…).
Il cinema ha avuto un ruolo importantissimo nella mia vita e senza dubbio ha dato un contributo determinante alla formazione della mia coscienza e alla mia crescita personale come uomo. Trovo che sia una forma creativa e artistica straordinaria, più di altre, ma ovviamente questa è una mia personalissima opinione.
I film di Sergio Leone, che ho avuto la fortuna di vedere quando ero ancora un ragazzo (e che continuo a vedere, li conosco praticamente a memoria, potrei recitarveli…) sono stati tra i più determinanti da questo punto di vista.
Nessuno ha mai accennato alla assoluta marginalità della presenza femminile nei suoi film. Pochissime le donne e in parti del tutto minori. Solo In “C’era una volta in America” c’è una donna fra i protagonisti e, come ripeto, non ne esce affatto bene: si tratta di un personaggio squallido, privo di etica, pienamente consapevole della sua “bruttezza” interiore.
Negli altri, come dicevo, i personaggi femminili sono quasi del tutto inesistenti o inconsistenti (o negativi, come abbiamo detto), tranne in “C’era una volta il West”, dove, guarda caso (solo un caso?), proprio una ex puttana di professione (nel film, intendo) è l’unico personaggio femminile positivo che abbia avuto un ruolo di una certa consistenza in tutti i suoi film.
Ciò detto, non voglio trarre nessuna conclusione, anche perché non ho mai conosciuto personalmente, purtroppo, Sergio Leone. Mi limito solo a registrare i fatti, e cioè che le sue storie hanno per protagonisti solo uomini: quelle storie e quei valori (quelli che ho descritto sopra) che Leone incarna e fa vivere negli uomini, nella loro carne e nel loro sangue.
Una cosa è certa: se non era un antifemminista (non lo sappiamo), di certo non era un antimaschile (o antimascolinista, che dir si voglia).
Onore a Lui, che tanto ha dato alle nostre vite e in fondo, mi sento di dire, anche alla nostra causa.
Fabrizio
p.s. sempre in “C’era una volta il West, proprio alla fine, uno dei personaggi , ormai morente, si rivolge alla donna (Claudia Cardinale che lavorava nel cantiere permanente della ferrovia) e le dice:”Quando porti l’acqua agli operai assetati, se qualcuno, nella ressa, ti mette una mano sul sedere, lascia correre, fai finta di nulla, per loro è una piccola gioia, un piccolissimo momento di oblio nell’inferno della loro vita”. E infatti il film termina proprio con l’immagine di questa folla di operai ai quali lei porta l’acqua, e la mano di qualcuno di loro che si posa sul suo sedere (con lei che naturalmente fa finta di nulla…).
Un’immagine estremamente poetica, a mio parere, che oggi, con molta probabilità, verrebbe ricoperta di insulti dalla critica “politicamente corretta” e femdoministoide.
Ma a quei tempi, come noto, le leggi antistalking non erano ancora state promulgate…

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