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Quando la lotta di classe esce dalla porta, rientra dalla finestra.
Voglio parlare di ”Women against feminism” non per elogiarlo, ma per sancire che esso è la più piena dimostrazione di come la guerra dei sessi di cui si parla sia sempre un’illusione. Ci aveva già pensato Carla Bruni a dare il là, quando aveva detto che lei non aveva alcun bisogno del femminismo. Ma che cosa intendeva dire la Carlà?
Intendeva forse dire che il motore sociale del femminismo è l’invidia delle donne brutte nei confronti di quelle belle e che lei in fin dei conti percepisce questa invidia che in un certo senso è diretta ANCHE nei suoi confronti?
Probabilmente sì, e se sussiste un filo conduttore del movimento ”women against feminism”, è proprio una certa avvenenza delle partecipanti che si fanno il selfie, pubblicano la foto e dicono ”IO NON HO BISOGNO DEL FEMMINISMO” quasi a voler dire “Beh, io sono come Carla Bruni e non come Andrea Dworkin,se permettete”.
Con ogni probabilità è stata lei, la madrina nobile di ”women against femminism”, che poi è iniziato e nelle fantasie di alcuni magari un pò reazionariucci aveva destato i desideri mai del tutto assopiti di questa fantomatica ”donna tradizionale”che secondo me non è mai esistita.
In realtà si è trattato di un movimento ”egoista-speculare” al femminismo, in cui in pratica alcune donne un pò più fisicamente avvenenti, hanno lanciato l’offensiva contro le “cesso-femministe” (voglio essere volutamente provocatorio), insomma una prova in più che il mondo non si divide in maschi e femmine, ma in chi può e chi non può, “E se io posso, lo devo far rimarcare che io posso, tu no, e a differenza di te io non ho alcun bisogno di qualcuno che mi aiuti a potere, do you understand”?
Eh sì, perchè non c’è nulla di più falso della cosiddetta guerra dei sessi; la verità è che l’unica VERA guerra in corso, è la guerra DENTRO i sessi.
E così le neofemministe dopo che le loro madri hanno bruciato il reggiseno in piazza, ora casualmente fanno le moraliste e da neotalebane quali sono vorrebbero coprire le donne in tv, e si lanciano ad ogni piè sospinto contro la mercificazione della ”donna oggetto”, E NOI IN FIN DEI CONTI CREDIAMO DI SAPERE IL PERCHÉ …
Ma che cos’è questa storia, ormai trita e ritrita della ”donna oggetto”, se non l’ennesimo tentativo di cercare di gettare fumo negli occhi e di ribaltare la realtà, ovvero i ruoli di privilegiati e vittime?
Come la volpe critica l’uva che è troppo acerba perchè non ci arriva, così la femminista, invidiosa delle donne che riescono ad arrivare in tv, in virtù delle loro grazie, le lancia addosso questo anatema di ”donna oggetto”, ”vittima dell’oppressione patriarcale”, così come la volpe proclama l’acidità dell’uva che sotto sotto, bramerebbe ad ogni istante.
Prima di mentire a noi, mentono innanzitutto a loro stesse.
Esempio: io sono una “burzona” obesa e vedo queste superfighe che si pigliano i supericchi sui panfili, e stanno in tv che è l’apoteosi della vanità femminile, e crepo di invidia, allora scrivo un libercolo ridicolo e patetico e in pratica cerco di ribaltare tutto per sentirmi meglio …
… quindi io “chiatta burza pseudonintellettuale” che scrivo il libro femminista di “merda” sono una donna emancipata, invece loro che vivono da principesse sui panfili o che hanno la gloria della tv, sono delle povere mentecatte donne oggetto stuprate dalla cultura patriarcale, insomma delle poverette da compatire … loro … mica io “burza sfigata”..nevvero?
E così abbiamo raggiunto un primo skill ”l’inzuccheramento della pillola”, che oggi in tempo dell’americanissimo ”think pink” è davvero molto alla moda, cioè in pratica la capacità di mentire a sè stessi, per non affrontare la realtà, e noi sappiamo che le donne sono maestre in questo…
Quindi tutte le “cesse”,e magari anche le “meno-cesse” insicure complessate, quelle ”specchio-specchio delle mie brame chi è la più magra del reame”, tra un musli di danone di vita-snella, una liposuzione, un ritocchino e l’indimenticabile e misteriosa (per il genere maschile) ‘beauty-farm”, dopo aver letto l’indimenticabile pietra miliare dell’autocoscienza femminile moderna, l’eccelso ”il viaggio dimagrante” di Rosanna Lambertucci…
… non potranno non notare in libreria, questo libercolo che dopo tutti questi tentativi falliti di apparire più belle, in pratica le libera dalle loro ansie di apparire brutte spiegandogli che le donne superfighe in tv, che loro vorrebbero sostituire, sono in realtà delle vittime, quindi, dopo 6 interventi chirurgici, 74 diete fallite, 8 liposuzioni con cui si poteva sfamare il biafra …
… tu cara donna quando leggi il libro che ti spiega che le superfighe in realtà sono delle vittime, dovresti esserti resa conto di essere arrivata all’ultimo stadio:la resa, LA NEGAZIONE DI CIO’ CHE HAI SEMPRE DESIDERATO E MAI OTTENUTO.
Ma loro sanno come seppellire questa dolorosa coscienza nello scantinato dell’inconscio.
Quindi odiano e non sanno nemmeno perchè odiano …
E così il loro odio nello scantinato dell’inconscio, eterodiretto verso bersagli fittizi, non può che crescere e proliferare e diffondersi come un virus, nutrendosi dell’insoddisfazione e della frustrazione, ubiquitaria nella società di oggi.
Si riciclano in posizioni pseudointellettuali senza valore, in cui riciclano sempre le stesse frasi e gli stessi temi, si scagliano contro il maschio cattivo che sarebbe reo di tutto questo smutandamento, anche quando sanno benissimo che le stesse pose osè di donne ”oggetto” le trovi in playboy, come su ”vogue’ o ”donna moderna” ovvero riviste scritte, concepite e lette quasi esclusivamente da donne.
E allora questa crociata contro il maschio che le trasforma in donne ”oggetto” a noi insospettisce un pochettino, giacchè a noi sembra che l’unica colpa del maschio in questione sia di preferire le ”conigliette” a loro, ed è contro di lui che allora si scagliano …
Un risentimento che sarebbe anche comprensibile se solo loro avessero la forza dell’autocoscienza, ma l’autocoscienza al giorno d’oggi manca del tutto, e non solo alle donne.
Anche gli uomini, specialmente quelli frustrati affidano al femminismo la loro invidia sociale, incapaci di riconoscere sè stessi come uomini beta, essi sono i primi a scagliarsi contro il presunto patriarcato che sarebbe reo di relegarli al fondo delle categorie sociali.
E così partecipano alle manifestazioni di piazza femministe contro Berlusconi di ”se non ora quando’, essenzialmente perchè lui può scopare e loro no, ma dando al tutto una veste di rispettabile ”lotta per la dignità delle donne”.
Qual’è infatti la posizione degli uomini che aderiscono al femminismo?
La mia idea è che anche qui sia in atto una guerra non fra generi, ma all’interno di un genere, cioè ci troviamo anche qui in un conflitto, tra chi può e chi non può …
Il punto è che gli uomini che sono scartati dalle donne e che sanno che non hanno chance scaricano il loro odio nei confronti del maschio alfa ricco, usando il femminismo e le mignotte come grimaldello contro di loro.
Noi in Italia abbiamo un chiaro esempio di questo fatto:
”le olgettine di Berlusconi, e Ruby Rubacuore”
cioè io prendo le donne e gli dò potere di ricattare e di distruggere un uomo”, ovvio che se io sono un barbone, non potrò mai essere rovinato
1) perchè soldi da farmi fottere non ne ho
2) perchè nessuna donna mi caga quindi come faccio a essere rovinato?
Così divento femminista perchè dentro di me non sopporto questi stronzi che mi comandano e si fanno le belle fighe, e cerco di fare in modo che le belle fighe li rovinino, o che addirittura li sostituiscano.
Ora mi si dirà e perchè che ne so appunto, Berlusconi o Briatore o altra gente non prendono questa che è l’unica vera minaccia al loro potere e la distruggono?
La risposta non è semplice.
Quest’arma, il femminismo, può sempre essere utilizzata contro il singolo, e mai contro la comunità dei potenti, che non può essere complessivamente minacciata dal femminismo, in particolare è un arma utile contro i parvenù che vogliono inserirsi nella comunità dei ricchi, e contro i dissidenti (Assange).
In altre parole il femminismo colpisce gli alpha, ma non gli alpha degli alpha, i quali ne sono immuni, per cui da una parte permette lo sfogo della rabbia degli esclusi, dall’altra da a chi ha veramente in mano il potere la possibilità di colpire gli outsider arricchiti che possano mettere a rischio il gotha.
Insomma funzionale al basso e all’alto.
E del resto, come potrebbe essere diverso?
In una società che ha fatto uscire la lotta di classe dalla porta, questa inevitabilmente rientra dalla finestra.
Sono persuaso dunque, che il femminismo sia espressione di una frustrazione generalizzata tipica delle società ipercompetitive anglosassoni, come maschera fittizia sotto la quale si celebra l’unica vera battaglia di sempre, quella tutta interna ai sessi, tra chi può e chi no, fra i maschi alfa e quelli beta, e fra le femmine alfa e quelle beta.
Il movimento degli uomini beta non critica la rabbia, l’invidia sociale degli esclusi, ma auspica di ritornare a delle modalità di lotta sociale intellettualmente ONESTE, in cui ognuno anzichè cercare di dipingersi come migliore, possa invece ammettere a sè stesso la propria frustrazione e indirizzandola in modo DIRETTO, AUTOCONSAPEVOLE (e dunque anche più maschile) nei confronti di chi è privilegiato.
15 Commenti
Pur comprendendo lo spirito e la finalità che hanno spinto Enrico Fiorini a scrivere questo articolo, non sono d’accordo, o meglio, solo in parte d’accordo, nel merito.
La sua analisi ruota tutta intorno alla solita e sempiterna “etica del risentimento” di nietzschiana memoria. Le femministe sarebbero tali perché “brutte, racchie, sporche e cattive”. Esattamente quello che dicono a noi del movimento maschile. “Criticate il femminismo perché siete “sfigati” (versione moderna dei “malriusciti” nietzschiani) e per questo non riuscite a relazionarvi con il magnifico, straordinario, evoluto, liberato e quasi perfetto universo femminile. Per queste ragioni non ve la danno e allora travasate di bile e vi inventate tutte queste teorie sul capitalismo, il femminismo ecc.”.
In altre parole chi si occupa di questi temi, sia su un versante (quello femminista) che sull’altro (quello maschile ma antifemminista), lo farebbe perché pieno di rancore e di risentimento nei confronti dei “riusciti” o delle “riuscite”, degli affermati o delle affermate, dei “fighi” o delle “fighe”.
Non escludo affatto che ci sia questa componente, del resto assolutamente umana, anzi, troppo umana, per dirla sempre con le stesse parole di Nietzsche. Tuttavia mi sembrerebbe sbagliato ridurre la realtà, nella sua ampiezza e complessità, a questo paradigma. Intanto perché tra le fila delle femministe ci sono donne brutte e donne belle, donne di successo ed emerite sconosciute, donne ricche e donne povere. A differenza, questo va sottolineato perché non è affatto casuale, degli uomini del movimento maschile, per lo meno del nostro, dove ce ne sono di più o meno brutti o belli, ma di sicuro non ricchi o socialmente posizionati. Lo posso affermare con certezza perché li conosco tutti, uno ad uno. Ergo, il nostro movimento ha una sua assoluta peculiarità: è un movimento di genere (maschile) e di classe. Ciò non significa che se un uomo appartenente alle elite sociali dominanti si avvicinasse o addirittura sposasse per ragioni ideali (non potrebbe averne di materiali…) il nostro movimento e le sue ragioni, noi lo allontaneremmo; tutt’altro, ne saremmo felici. Resta il fatto che fino ad ora non è accaduto ed è anche facile comprenderne le ragioni.
Fatta questa premessa, il mio parziale ma sostanziale dissenso con l’articolo di Enrico non necessita di particolari spiegazioni. Il femminismo è un fenomeno complesso che è parte integrante di un processo sociale, economico, politico, culturale ancor più ampio e complesso. Un fenomeno che ha una determinata genesi e determinate finalità che sono quelle che abbiamo cercato di spiegare nel corso di questi anni con centinaia di articoli, documenti e anche libri che abbiamo pubblicato e discusso da tempo. Per queste ragioni non può essere ridotto al “rancore” di alcune donne nei confronti di altre; questa componente può esserci, anzi, c’è sicuramente, ma certo non è questo il nocciolo della questione. E’ tutt’al più un aspetto.
Viceversa, è molto interessante e significativo, questo senz’altro (e bene ha fatto Enrico a sottolinearlo), che a pronunciare determinate parole siano state donne come Carla Bruni, la quale sostanzialmente conferma ciò che sostiene Enrico. “Io non ho bisogno del femminismo – spiega la stessa Bruni – perché sono bella, affermata, ricca e di successo, che me ne faccio, dunque, del femminismo?”.
La contraddizione è tutta loro, lasciamo quindi che se la sbroglino fra loro. Resta il fatto che il presunto antifemminismo della Bruni e delle donne come lei, cioè ricche e affermate, non ha nulla a che vedere con il nostro. Fermo restando, come dicevamo prima, che ci sono donne molto belle e molto affermate che a differenza della Bruni sono femministe convinte (l’elenco potrebbe essere lunghissimo).
L’antifemminismo di quel genere di donne – dicevo – non ha nulla a che vedere con la critica di classe e di genere che portiamo noi al sistema dominante capitalistico e femministizzato. Quel genere di donne non ha nessuna intenzione di perdere la propria posizione di dominio all’interno del contesto sociale e comincia paradossalmente ad avvertire come potenzialmente controproducente una certa tendenza all’estremizzazione ideologica operata da un certo femminismo. Della serie: chi glielo fa fare, dal momento che da questo sistema hanno ormai da tempo tutti i vantaggi materiali e immateriali possibili, di sposare un femminismo estremista che se da un parte è del tutto funzionale al sistema (come abbiamo argomentato in tante occasioni…) dall’altra potrebbe paradossalmente creargli dei problemi o aprirgli delle contraddizioni?
Da qui l’uscita, indubbiamente classista e razzista, della Carla Bruni (anche se non so se se ne sia resa conto, ma questo poco conta…) nei confronti delle donne non belle e non affermate.
Il suo paradigma mi convince invece molto di più quando passa ad analizzare quegli uomini (numerosissimi) che fanno il verso alle femministe, quelli che noi ironicamente chiamiamo “maschi pentiti”. Questi soggetti – spiega Enrico – farebbero i femministi (sia pure nella versione moralisteggiante e bacchettona, alla “se non ora quando”, per capirci…) perché animati da una sostanziale invidia nei confronti dei maschi alpha dominanti, quelli che “non devono chiedere mai”, sempre per capirci, a differenza loro che invece stanno sempre con il cappello in mano. In questo c’è sicuramente del vero, a patto però di aggiungere un altro tipo di considerazione. E cioè che siamo in presenza di soggetti talmente fragili dal punto di vista emotivo e psicologico, da ritenere che l’unica risorsa a loro disposizione sia lo scimmiottamento dell’ideologia femminista, al fine di farsi benvolere da quelle donne con cui essi stessi si relazionano e di ottenere ovviamente i loro favori.
Questo genere di uomini (se tali possono essere definiti) sono gli stessi che ci insultano, ci disprezzano, ci danno dei maschilisti, dei reazionari e via discorrendo.
La loro condizione di estrema fragilità li porta ad alimentare rancore sia nei confronti degli uomini affermati e di successo, sia nei confronti degli uomini come noi che gli sbattono in faccia costantemente la loro reale condizione. E paradossalmente – qui Enrico ha perfettamente ragione – finiscono per trovare rifugio nell’ideologia femminista, cioè in quella stessa ideologia che li ha castrati e li ha ridotti nella condizione in cui si trovano. Il cane finisce come al solito per mordersi la coda.
A noi l’arduo compito di risvegliare le loro coscienze…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi,
Ridurre fenomeni sociali come il femminismo o i movimenti maschili a bruttezza / bellezza e relativo sfigatismo non permette di coglierne l’essenza. Fabrizio ha ragione.
Armando(Quota) (Replica)
Indubbiamente casi singoli come Andrea Dworkin e Massima Baldocchi supportano la correlazione fra femminismo e oggettivamente scarsa avvenenza fisica, tuttavia non credo non questa sia la principale causa della misandria femminista
Arnaldo Limi(Quota) (Replica)
Non mi sono mai curato delle ragioni-motivazioni biografico-personali che animano o animerebbero le soldatesse dell’armata femminista. Esse non hanno importanza rispetto al fatto che – in effetti – quell’esercito esiste e combatte contro gli UU.
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Solo in modo paradossale si può affermare che la guerra dei sessi non esiste. Una guerra infatti presuppone due contendenti. Ma qui ce n’è solo uno. Gli UU si sono dati alla fuga o hanno fatto causa comune con il nemico. A parte questa considerazione, dico che la guerra antimale esiste.
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Affermare che il solo vero conflitto è quello di classe è un depistaggio perché nega l’esistenza dell’altro.
Rimanda la rinascita maschile alla fine del capitalismo (mai tanto lontana quanto oggi), svuota di senso e rende ridicola – in quanto velleitaria – ogni battaglia maschile e nasconde la verità trans-storica del fatto che F ed M sono profondamente diversi, sentono, pensano e agiscono in modo diverso e in tanti versanti addirittura opposto (es il sacrificio di sé per una idealità). Nega il fatto – emblematico ed esemplificativo di quella diversità – che i morti sul lavoro erano quasi tutti maschi anche in quei paesi che furono comunisti.
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La lettura della storia come segnata dal solo conflitto orizzontale è certo del tutto coerente con la vulgata marxista ( e forse anche con il marxismo di Marx, non entro qui nel merito della questione).
Certo è che essa azzera, nega, rifiuta, nasconde la dimensione verticale e quindi tutte le contraddizioni e i conflitti che le afferiscono. Tra cui quello tra i sessi.
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La negazione integrale della dimensione verticale e quindi della latenza trans-storica di tutti quei conflitti spiega – insieme ad altro – perché io non sono marxista.
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Ma questo lo si era capito da tempo
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RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
“Chi non riesce a sedersi sulla soglia dell’attimo, dimenticando tutto il passato, chi non può star fermo in un punto come una dea della vittoria senza giramenti di testa e paura, costui non saprà mai che cosa sia la felicità, e ancora peggio: non farà mai niente che renda felici gli altri.”
A (troppo) buon intenditor …
Animus(Quota) (Replica)
Rino DV,
Personalmente credo che la contraddizione (conflitto) di classe sia stata per millenni quella principale e in larghissima parte lo sia ancora (per questo sono ancora e anche marxista), anche se oggi le classi subalterne non ne hanno nessuna coscienza, appunto perché le classi dominanti hanno stravinto sia politicamente che culturalmente in questa fase storica.
La lotta per mantenere il proprio dominio di classe (da parte di una classe) o per conquistare il dominio di classe (da parte delle classi non dominanti), cioè la lotta di classe, è stata senz’altro quella principale e a sua volta ha generato altri conflitti; tra stati e nazioni, a loro volta dominati da classi sociali, che combattevano fra loro per espandere il proprio dominio (di classe) su altre nazioni, paesi e popoli e per accaparrarsi risorse e ricchezze di quegli stessi popoli e nazioni. All’interno di questo grande conflitto e di questi grandi conflitti ci sono poi i conflitti individuali, cioè gli individui, in lotta fra loro per il potere personale, anche all’interno del loro stesso gruppo sociale e/o politico, sempre però all’interno di una logica di classe. La motivazione del singolo individuo in lotta per il raggiungimento del proprio potere e dominio personale può naturalmente essere del tutto egoistica da un punto di vista personale e psicologico, ma finisce comunque per rientrare inevitabilmente in una logica di classe. Perché le “strutture” esistono ed è all’interno di queste che noi tutti comunque ci muoviamo, piaccia o meno ai teorici dell’individualismo assoluto, dell’astratto ontologismo decontestualizzante o ai solipsisti piccolo borghesi anarcoidi (che nulla hanno a che vedere, sia chiaro, con la nobile tradizione anarchica, figlia del movimento operaio) .
La contraddizione dialettica relativa al rapporto fra i sessi (che io considero oggi strutturale, come quella di classe) e qui sono d’accordo con Rino, è sempre esistita, ma solo oggi, in questa fase storica, è emersa (emersa ai nostri occhi di “risvegliati”, sica chiaro…), perché la SIA (Società Industriale Avanzata), il Capitalismo e la Tecnica, l’hanno in larga parte creata (ma esisteva anche da prima seppur sotto altre forme) e portata alla luce.
Queste due contraddizioni, di classe (che comprende, come ho spiegato, anche gli altri conflitti) e di genere, sono a mio parere le contraddizioni principali del terzo millennio, per lo meno nel mondo capitalistico occidentale (che comprende anche quel mondo che occidentale non è dal punto di vista geografico, ma lo è da quello culturale, economico e sociale, leggi l’Oceania, la gran parte dell’Asia, l’America latina).
Ora, solo per chiarire il mio punto di vista, l’errore che si fa e che fanno tutti, marxisti e non marxisti, è quello di approcciare al marxismo (inteso in senso stretto, cioè come pensiero di Marx) come ad una sorta di filosofia chiusa e onnicomprensiva, di fatto “eternizzata” (proprio come oggi si vorrebbe “eternizzare” il capitalismo) che ha la pretesa di spiegare tutto lo spiegabile. Sia chiaro, non è solo colpa loro, è nella filosofia stessa di Marx ma soprattutto in una gran parte (non tutto, fortunatamente) del marxismo successivo che è presente questa tendenza. E’ bene sottolineare che questo modo di approcciare non è presente solo nel marxismo ma in tutte quelle filosofie “forti” (che io non ho in antipatia, sia chiaro, anche se ne riconosco i limiti e gli elementi anche di forte di problematicità), prima fra tutte l’hegelismo ma non solo, l’elenco sarebbe molto lungo, penso ad esempio ad Aristotele e all’aristotelismo successivo e alle grandi narrazioni medioevali, Tommaso, Anselmo ecc. ; io personalmente ci metto anche la filosofia analitica, il pragmatismo e le filosofie cosiddette “deboli” proprio per il modo assertivo, perentorio e paradossalmente dogmatico con cui pongono la loro critica alle filosofie “forti” (e proprio le prime sono le filosofie dell’attuale sistema dominante che, guarda caso, hanno in odio le seconde…).
Ora, io seguo due metodi (che adotto sempre in qualsiasi circostanza). Il primo è quello della contestualizzazione di ogni fatto dal punto di vista storico sociale (deduzione storico-sociale delle categorie). Le filosofie non cadono dal cielo ma nascono e sono in larga parte prodotte sempre da un determinato contesto storico (vale anche per noi; la QM è figlia de nostri tempi e noi siamo il prodotto di questi ultimi).
Il secondo. Partendo dal primo, prendo ciò che di utile e positivo c’è in una determinata filosofia (e ce ne sono molte in cui ci sono aspetti positivi), ciò che è ancora attuale e ciò che può essere attualizzato, lasciando da parte il resto.
Ora sarebbe troppo lungo entrare nel merito per capire perché il Marx pensiero ma soprattutto, ripeto, il marxismo successivo (ripeto, non riguarda solo il marxismo ma più o meno tutte le filosofie “forti”) abbia preteso di essere una filosofia della “totalità”, fino ad assumere addirittura una dimensione escatologica, proprio come altre filosofie. Il tema è molto interessante, per quanto mi riguarda (e ho anche l’immodestia di avere delle possibili risposte) ma non mi pare che abbia una grande utilità trattarlo qui (peraltro abbiamo un altro spazio dove chi vuole può sbizzarrirsi, e suggerisco a tal proposito un bellissimo, sia pur condivisibile solo in parte e forse per nulla da parte di alcuni, articolo pubblicato sull’Interferenza di un nostro giovanissimo e preparatissimo collaboratore, filosofo in erba, Francesco Alarico della Scala, dal titolo “Hegel? Si, ma non troppo”) né tutto sommato sia così pregnante al fine di ciò di cui ci occupiamo in questa sede.
Quello che invece è fondamentale, è capire quali sono le interrelazioni fra queste due grandi contraddizioni dialettiche. E la cosa su cui vi invito a riflettere è che la prima di queste contraddizioni fondamentali, quella di classe, è oggi di fatto negata o comunque messa in soffitta o nel dimenticatoio della storia (e chi ne parla è considerato un vetero, un retro, una relitto della storia), e la seconda non è neanche emersa e chi osa parlarne è considerato nel modo in cui sappiamo.
Ergo, ciò significa che abbiamo visto giusto e che la nostra analisi è corretta.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Come sapete non ho studiato ne filosofia ,ne Marx (o almeno so le cose scolastiche di base) Poi i miei studi mi hanno portato a progettare un circuito elettrico ,a comandare un motore o a fare un avvolgimento del motore stesso o di un trasformatore ,insomma , non c’era spazio per la filosofia .. però da quello che vedo ,credo che la società attuale sia portata a pensarla in questo modo ( per fortuna che alcune voci e sono sempre di più stanno reagendo) .. Se si vede un uomo in difficoltà il primo pensiero è quello che ,quest’uomo si debba tirare su le maniche e trovarsi un lavoro ,se si vede una donna in difficoltà invece ,i pensieri saranno diversi ,si cerca una scusante ,vale lo stesso per la violenza , perchè non ci sono centri antiviolenza “misti” ?Si pensa agli animali (giustamente) con una associazione come l’enpa o altri rifugi ,si fa fatica invece pensare a strutture dedicate agli uomini , e se c’è (oggi ho un visto un video dedicato ai padri separati) si tenta di denigrarli , praticamente per aiutare una persona si vedrà prima cosa ha in mezzo alle gambe e si agirà di conseguenza , non e poi molto diverso da chi ,negli stati uniti ,si viene curati solo se hai una assicurazione valida ….non è molto diverso da chi divideva i treni in etnia (adesso lo fanno per sesso) …non è molto diverso da quello che il comunismo voleva combattere ,solo che ora si chiama politicamente corretto … ma anche qui la classe centra eccome ,un uomo ricco ,se ne frega abbastanza se ci sono cabine separate , un pendolare magari invece ,non può trovare posto perchè in quel vagone non può entrare … quando si fonde classe e genere a rimetterci è sempre l’uomo beta
mauro recher(Quota) (Replica)
mauro recher,
Grande Mauro!
Semplice, chiaro, preciso, puntuale, ineccepibile. Di meglio non si poteva fare. Tutto il resto al confronto sono chiacchiere (comprese le mie, ovviamente…). Pura filosofa della prassi.
Meno male che ci sei tu a sintetizzare nel modo migliore da dove veniamo, chi siamo e dove vogliamo andare.
Avanti così.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Io dico una cosa,è vero che uomini e donne sono diversi,ma il solco incolmabile,la Grande Muraglia,per usare un termine che hai usato tu,non è fra uomini e donne,ma tra classi sociali subalterne e classi sociali elevate.
E’ quella la muraglia gigante che divide il nostro mondo.
Cioè io sono partito credendo che la grande muraglia era quella di genere,per poi rendermi conto che era un muretto,rispetto a quello di classe.
Certo instradare gli antifemministi di sinistra verso esclusivamente la lotta di classe,significa creargli un alibi,per non combattere contro il femminismo,ovvero un alibi alla loro vigliaccheria,tanto la colpa è del capitalismo e quindi si sfocia nel benaltrismo,perchè le cause del femminismo e le sue soluzioni sono BEN ALTRE.
Ma il vero antifemminista di sinistra combatte sia contro il femminismo,sia contro le differenze di classe.
Enrico Fiorini(Quota) (Replica)
Cioè io ho cominciato a rendermi conto che la grande muraglia era quella di classe,quando ho visto le differenze di coppie di classe sociale elevata,e coppie di classe sociale bassa.
Nelle coppie di classe sociale elevata,nonostante tutto il femminismo che ci ammorba da 100 anni,è lui che comanda e le donne le fa correre.
Questo ovviamente fino a che non si sposa,al che lei lo ghermisce nella sua trappola e lo spolpa.
Nel caso delle coppie di classe sociale più bassa,è lui che corre,e oh se corre.
Enrico Fiorini(Quota) (Replica)
Cioè è vero che siamo diversi e abbiamo background diversi uomini e donne, ma una donna di classe sociale disagiata, ha molte più cose in comune con me di un uomo di classe sociale elevata.
Enrico Fiorini(Quota) (Replica)
Fiorini:
>>
Certo instradare gli antifemministi di sinistra verso esclusivamente la lotta di classe,significa creargli un alibi,per non combattere contro il femminismo,ovvero un alibi alla loro vigliaccheria,tanto la colpa è del capitalismo e quindi si sfocia nel benaltrismo,perchè le cause del femminismo e le sue soluzioni sono BEN ALTRE.
>>
Hai centrato il punto.
Proprio così.
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
Rino DV,
Vero. Enrico ha centrato il punto. Ma lo ha centrato anche quando ha scritto:
“Ma il vero antifemminista di sinistra combatte sia contro il femminismo, sia contro le differenze di classe”.
Giustissimo. La Questione di genere (Questione Maschile) e la Questione di classe sono inscindibilmente legate. E’ questa – come tu stesso l’hai definita – la novella del XXI secolo.
A me sembra ormai una cosa così facile da capire, addirittura anche solo semplicemente da intuire, da percepire…Ma forse è così per me perchè l’ho ormai elaborata, digerita e fatta mia. Mi rendo conto però che così non è per la gran parte degli uomini che ancora non l’hanno neanche percepita…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Rino DV
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Non mi sono mai curato delle ragioni-motivazioni biografico-personali che animano o animerebbero le soldatesse dell’armata femminista. Esse non hanno importanza rispetto al fatto che – in effetti – quell’esercito esiste e combatte contro gli UU.
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Solo in modo paradossale si può affermare che la guerra dei sessi non esiste. Una guerra infatti presuppone due contendenti. Ma qui ce n’è solo uno. Gli UU si sono dati alla fuga o hanno fatto causa comune con il nemico. A parte questa considerazione, dico che la guerra antimale esiste.
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Affermare che il solo vero conflitto è quello di classe è un depistaggio perché nega l’esistenza dell’altro.
Rimanda la rinascita maschile alla fine del capitalismo (mai tanto lontana quanto oggi), svuota di senso e rende ridicola – in quanto velleitaria – ogni battaglia maschile e nasconde la verità trans-storica del fatto che F ed M sono profondamente diversi, sentono, pensano e agiscono in modo diverso e in tanti versanti addirittura opposto (es il sacrificio di sé per una idealità). Nega il fatto – emblematico ed esemplificativo di quella diversità – che i morti sul lavoro erano quasi tutti maschi anche in quei paesi che furono comunisti.
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La lettura della storia come segnata dal solo conflitto orizzontale è certo del tutto coerente con la vulgata marxista ( e forse anche con il marxismo di Marx, non entro qui nel merito della questione).
Certo è che essa azzera, nega, rifiuta, nasconde la dimensione verticale e quindi tutte le contraddizioni e i conflitti che le afferiscono. Tra cui quello tra i sessi.
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La negazione integrale della dimensione verticale e quindi della latenza trans-storica di tutti quei conflitti spiega – insieme ad altro – perché io non sono marxista.
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Ma questo lo si era capito da tempo
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Concordo al cento per cento.
sergio(Quota) (Replica)
sergio,
“Affermare che il solo vero conflitto è quello di classe è un depistaggio perché nega l’esistenza dell’altro.
Rimanda la rinascita maschile alla fine del capitalismo (mai tanto lontana quanto oggi), svuota di senso e rende ridicola – in quanto velleitaria – ogni battaglia maschile e nasconde la verità trans-storica del fatto che F ed M sono profondamente diversi, sentono, pensano e agiscono in modo diverso e in tanti versanti addirittura opposto (es il sacrificio di sé per una idealità). Nega il fatto – emblematico ed esemplificativo di quella diversità – che i morti sul lavoro erano quasi tutti maschi anche in quei paesi che furono comunisti”. (RDV)
Vero. Con la specifica che in quei paesi i morti sul lavoro non erano derisi come di fatto è qui (questo ne è un esempio: https://altrosenso.wordpress.com/2014/06/18/corto-circuito/ ) e gli uomini non erano criminalizzati in quanto tali, men che meno i lavoratori.
E questo è un fatto. Il femminismo è stato partorito in Occidente ed è figlio della società (industriale avanzata) occidentale e del Capitalismo.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)