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04 Mar 2011  |  7 Commenti

USA: libera nel 2017 assassina seriale di bambini

http://www.huffingtonpost.com/2011/02/24/genene-jones-serial-baby-killer-early-release_n_828023.html

Negli USA un’assassina seriale di bambini che “giocava a fare Dio” (non si sa con precisione quanti ne abbia uccisi, fra gli 11 e i 47 a quanto pare), verrà liberata nel 2017. Era in carcere dal 1985. Quindi 32 anni per aver ucciso di sicuro 11 bambini, ma probabilmente molti di più.

E pensare che negli USA ci sono uomini che si son fatti sentenze più lunghe per stupro, cioè per un’aggressione fisica a sfondo sessuale. Evidentemente per la società femminista ammazzare dozzine di bambini, soprattutto se l’assassina è una donna, è meno grave di uno stupro.


7 Commenti

Fabrizio Marchi 8:58 am - 4th Marzo:

Non sono in grado di confermare se negli USA, come spiega Antifeminist, degli uomini siano stati condannati per stupro a pene maggiori di quella a cui è stata condannata la donna in oggetto.
Quello che è certo è che per delitti molto spesso meno gravi e spaventosi rispetto a quelli commessi dalla Jones, ogni anno in America centinaia di maschi (tutti di bassa estrazione sociale e in buona parte di colore o appartenenti a minoranze etniche) vengono spediti alla sedia elettrica (ora la meno cruenta iniezione letale).
Questo è un dato evidente che, a mio parere, non ha neanche bisogno di essere commentato.
Ne consegue che come al dominio di classe deve corrispondere una giustizia di classe, al dominio di genere deve necessariamente corrispondere una giustizia di genere. I due aspetti, in questa fase storica, sono del tutto sovrapposti. Miracoli della SIA (Società Industriale Avanzata).
Il boia funziona solo per i maschi poveri. Più chiaro di così…si muore…
Fabrizio

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Marco 1:50 pm - 4th Marzo:

Personalmente, (e non sono certamente il primo a dirlo) in casi del genere, trovo molto significativo il silenzio delle donne. Vi chiedo: avete mai sentito una donna chiedere la pena di morte per una madre o una donna autrice di simili delitti nei confronti di minori? Io no. Solitamente, e al pari degli uomini, tale pena viene richiesta solo nei confronti di assassini di sesso maschile.
Scrivo questo, precisando che io non sono un uomo istintivamente portato a schierarsi dalla parte di Caino, (per me, prima di tutti, viene Abele) ma solo per evidenziare chi realmente siano le donne in simili circostanze.

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armando 6:29 pm - 4th Marzo:

E’ così, e non solo negli Usa. Le sentenze capitali, dove c’è la pena di morte, sono eseguite quasi esclusivamente verso i maschi. Quasi mai verso le donne. Ma c”è di più, e’ rarissimo che una donna venga condannata a morte per un delitto per il quale un uomo lo è quasi sempre. E in generale, a parità di crimine, la pena per le donne è minore, in Usa come in ogni altro paese occidentale e non solo. Giustamente fabirzio sottolinea anche che i condannati a morte sono solo maschi e solo maschi dei gruppi sociali o etnici più svantaggiati, in un cocktail esplosivo di sessismo e classismo. E non c’è solo la pena di morte “ufficialmente comminata”, c’è anche quella indotta, ovvero i suicidi in carcere che conosciamo bene anche quì in Italia, e che, al solito, sono quasi esclusivamente maschili come i morti sul lavoro e le vittime delle guerre civili, per le quali si parla tanto, giustamente, degli stupri etnici , ma si dimenticano gli eccidi dei maschi che li precedono.
E qualcuno parla di femminicidio!!
Pronunciare il termine maschio quando si tratta di vittime e non di atti oppressivi è un vero e proprio tabù. Anche i radicali, pur meritevoli per le loro campagne contro la pena di morte o sui suicidi in carcere, omettono sempre, costantemente, di far sapere quanti maschi e quante femmine sono condannati a morte, si suicidano in carcere o semplicemente sono incarcerati. Il sesso conta quando ad essere svantaggiato è quello femminile, al contrario non conta. Questa è la realtà e la “parità” di cui si blatera.
armando

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Sandro2 9:53 pm - 4th Marzo:

IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell
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Come il sistema protegge le donne, ovvero… le due diverse leggi sotto cui viviamo
Pena ineguale per delitto uguale
«L’uomo colpevole di omicidio rischia venti volte più di una donna colpevole di omicidio di essere condannato alla pena di morte.»[1]
«Dal 1954, negli Stati Uniti non è stata giustiziata neppure una donna che abbia ucciso soltanto degli uomini.»[2]
«Dal ripristino della pena di morte, nel 1976, sono stati giustiziati 120 uomini – e 1 donna soltanto.[3] Quest’unica donna, della Carolina del Nord, disse che preferiva essere giustiziata.»
«Nella Carolina del Nord, l’uomo che commette un omicidio di secondo grado viene condannato a un periodo di detenzione mediamente 12,6 anni più lungo di quello comminato a una donna che commette un omicidio di secondo grado.»[4]
«Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti riporta le seguenti diverse sentenze sul territorio nazionale:
Numero di mesi cui sono state condannate le donne contro numero di mesi cui sono stati condannati gli uomini per aver commesso gli stessi crimini[5]

Crìmine Donne Uomini Periodo aggiuntivo
di pena, in percentuale, per gli uomini
Stupro 117 159 74
Aggressione aggravata 49 83 59
Furto con scasso 46 66 70
Ladrocinio 36 48 75
«Il fatto di essere maschio, più della razza o di qualsiasi altro fattore, contribuisce ad allungare la pena.[6] Eppure furono introdotte direttive specifiche per porre fine alla discriminazione razziale.»
Quelle direttive riducono la discriminazione contro gli uomini? Dipende…
«Le indicazioni sulle pene da infliggere dello Stato di Washington sono tra le più severe. Nell’insieme, tuttavia, nelle condanne inflitte agli uomini la reclusione è del 23 per cento più lunga che per le donne.[7] Anche quando i precedenti e la gravità del crimine sono uguali, le donne hanno il 57 per cento di possibilità in più di essere condannate non alla reclusione ma alla riabilitazione.[8] È inoltre più facile che per le donne si preveda la scarcerazione prima della decorrenza dei termini, e c’è il 59 per cento di probabilità in più che venga loro concessa. Ecco alcuni esempi di quanto è accaduto nel 1991:
Percentuali dei criminali senza precedenti candidati alla scarcerazione e in effetti scarcerati prima di aver scontato la pena, suddivisi per sesso[9]

Femmine Maschi
Furto con scasso negli appartamenti 63 35
Aggressione (3) 20 13
Furto (2) con scasso 40 32
Furto (2) 38 25
Furto (1) 17 9
Falsificazioni 48 35
Mancato versamento della cauzione 36 15
«I pubblici ministeri osservano concordemente che quasi sempre le donne devono versare cauzioni meno cospicue per crimini uguali.»[10]
Fondamentalmente, esistono due cauzioni: la cauzione maschile e la cauzione femminile. Inoltre, le donne hanno maggiori probabilità di essere rilasciate sulla parola, assumendosi di fronte al magistrato l’impegno di rispettare delle condizioni. Ma il vero sessismo comincia prima…

Partner nel crimine, ma non nella carcerazione
Quando è sotto processo una coppia sposata, spesso diciamo: «Ebbene, occupiamoci dell’uomo». Siamo ben contenti di vedere il marito che ammette la propria colpa, e dì lasciar invece cadere le accuse contro la donna. Ovviamente, lui poi si ritrova con dei precedenti, e lei no. Se entrambi commettono di nuovo lo stesso delitto, «legittimamente» lui può essere condannato a una pena più severa.
J. Dennis Kohler, pubblico ministero aggiunto[11]
«Un marito e una moglie si dedicavano al traffico illegale di droga – sul tavolo di cucina, in casa loro, preparavano le dosi.
Dopo il processo, il marito è risultato «la mente» ed è stato messo in galera. La moglie è in libertà condizionata. Un avvocato che spesso difende trafficanti di droga definisce questo metro diverso di valutazione ‘il modello del trafficante di droga’.»[12]
Il modello del trafficante di droga e la contrattazione della pena come appannaggio femminile violano il Quattordicesimo Emendamento, che garantisce contro la discriminazione in base al sesso. Se sistematicamente i pubblici ministeri dicessero solamente agli uomini bianchi che tutte le accuse contro di loro cadrebbero se testimoniassero contro i neri, avremmo una crisi razziale.
Nel caso di un uomo e di una donna, entrambi sono spesso concordi sulla scelta che sia l’uomo ad assumersi la responsabilità – sebbene l’uomo rischi una condanna a una più lunga detenzione e anche di essere violentato in prigione. Se i neri accettassero di fare una cosa simile per i bianchi, la comunità nera sarebbe pronta a definirla «subordinazione».
Quando responsabile è un uomo, la carcerazione è più lunga; quando responsabile è una donna, l’uomo resta in carcere più a lungo… Com’è possibile?
Se un uomo e una donna commettono insieme un delitto, ma «responsabile» è l’uomo, per la donna la pena è più lieve, o non c’è affatto perché, si dice, le hanno fatto il lavaggio del cervello, è impotente, non poteva manifestare la propria volontà. Quando responsabile è una donna e l’uomo lavora per lei, la scusa di aver subito il lavaggio del cervello ha forse qualche peso? Nel caso McMartin-Preschool, Peggy McMartin era la direttrice della scuola e aveva assunto il nipote diciannovenne, espulso dal college.[13] Dopo cinque anni di lavoro alle dipendenze della nonna, quest’ultima e il nipote furono entrambi accusati di molestie su cinquantadue bambini. La cauzione richiesta per la nonna fu un terzo di quella per il nipote, fu lui a passare circa cinque anni in prigione prima che la giuria decretasse che non erano colpevoli. Lei – la direttrice – passò in prigione meno di due anni.
Se il direttore di una scuola avesse assunto la nipote diciannovenne, la donna sarebbe rimasta in carcere per cinque anni prima del verdetto? Avremmo tollerato il processo più lungo nella storia penale degli Stati Uniti, mentre una ragazza, risultata poi non colpevole, passava i suoi anni migliori in prigione con l’accusa, tutta da provare, di aver molestato dei bambini?

La pena capitale: una pena tutta maschile
[Il carnefice] trovò difficile accettare il compito di distruggere la vita dì un membro del sesso che, secondo quanto gli avevano insegnato fin dall’infanzia, meritava rispetto e tenerezza perché dava la vita.[15]
«Ventitré americani sono stati giustiziati e poi scoperti innocenti. Tutti e ventitré erano uomini.»[16]
«Negli Stati Uniti, ogni anno[17] circa 1900 donne commettono omicidi.»
«Quando le donne commettono un omicìdio, circa il 90 per cento delle vittime è costituito da uomini.»[18]
Dunque, a partire dal 1954 all’incirca 70.000 donne hanno ucciso; le loro vittime comprendono all’incirca 60.000 uomini ma, come vedremo tra poco, nessuna donna è stata giustiziata dopo aver ucciso soltanto un uomo.[19]
Ormai da una quarantina d’anni siamo sempre più protettivi nei confronti delle donne e sempre meno nei confronti degli uomini – anche se l’uomo è un ragazzo e dunque un minore, come era Heath Wilkins. Ecco come vanno le cose.
«Marjorie Filipiak e il sedicenne Heath Wilkins furono ritenuti colpevoli, compiici di un omicidio. Non erano certo criminali incalliti. Heath Wilkins fu condannato a morte; Marjorie Filipiak rimase in libertà.»[20]
«Si scoprì che Heath Wilkins era stato vittima di abusi sessuali da piccolo, ma ciò non impedì al giudice di condannarlo alla pena capitale.[21] Quando si scoprì che Josephine Mesa era stata vittima di abusi sessuali da piccola, la giuria decise di lasciarla libera.[22] Josephine Mesa aveva uccìso il figlioletto di 23 mesi.»

All’interno della prigione, negli USA
Le criminali vanno in un ‘ex scuola, a poche miglia dalla città. Le istituzioni maschili sono vere e proprie prigioni. Con celle, guardie, serrature e catenacci… L’istituzione femminile ha ancora l’aria della scuola che doveva essere, e il personale aiuta le detenute a riabilitarsi.
Il procuratore David D. Butler[23] a proposito del diverso trattamento nello Iowa
«In prigione qualsiasi uomo rischia al 1000 per cento, quanto qualsiasi donna, di morire per suicidio, omicidio o esecuzione capitale.»[24]
Sebbene le prigioni femminili siano più sicure delle prigioni maschili e maggiormente orientate alla riabilitazione, tutta la stampa si è di recente soffermata sulla piaga della donna in carcere, come se la piaga riguardasse unicamente la carcerata. Con quale risultato? Alcuni Stati, per esempio la California, finanziano attualmente lo studio dei problemi di salute riguardanti soltanto la donna in carcere.[25] E Stati come il Wisconsin spendono 2000 dollari al mese per le carcerate, contro i 1000 dollari spesi per i carcerati.[26]
Di norma, le prigioni femminili sono colpite dalla discriminazione in un preciso settore, ovvero l’addestramento professionale. Gli uomini hanno maggiori probabilità di mestieri meglio pagati – per esempio, il saldatore o il meccanico – mentre alle donne si lasciano mestieri meno pagati – per esempio, l’estetista o la lavandaia.[27] Questa situazione deve cambiare.
Comunque, ora che la popolazione carceraria femminile è aumentata tanto da costituire il 6 per cento della popolazione carceraria dell’intero paese,[28] molti Stati hanno in cantiere programmi che offrono alle donne speciali privilegi. A Lancaster, nel Massachusetts, per le madri esistono locali speciali in cui incontrare i figli; per i padri no.[29] Nel Bedford Hills Corrections Facility di New York, le madri dispongono di una nursery; i padri no. Nel Minnesota, le prigioni femminili sorgono in comunità residenziali nei pressi delle scuole; le carcerate più pericolose sono isolate in speciali edifici e si occupano dei lavori pesanti per la comunità. Non esiste nulla di equivalente per gli uomini.
Una volta in carcere, le donne tendono a diventare carcerate «dipendenti»: si affidano più dei maschi al personale carcerario, ai programmi di riabilitazione e agli psicoterapeuti.[30] Tendono inoltre a ricorrere maggiormente alle infermerie del carcere per mal di testa, mal di stomaco e altri problemi.

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Sandro2 9:54 pm - 4th Marzo:

IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell
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Come viene razionalizzata l’ineguaglianza
Quando lo Stato offre alla donna la prima possibilità di negoziare e ottiene così altre prove su un uomo occultando in cambio le prove contro la donna, allora la stampa riferisce le prove contro l’uomo, e ciò rafforza nel pubblico lo stereotipo dell’uomo-criminale e della donna-innocente. Pertanto l’iniziale convinzione secondo cui le donne sono più innocenti diventa il presupposto necessario per continuare a offrire alla donna la prima opzione nella negoziazione.
Se per caso tutti e due commettono un secondo crimine, è soltanto l’uomo ad avere precedenti penali e quindi viene condannato a una detenzione più lunga. Questo finisce per indurirne il carattere, e di ciò la giuria tiene conto e fa sì che negli uomini si registri la percentuale maggiore di recidività. Sotto questi aspetti i precedenti penali degli uomini si moltiplicano, quelli delle donne vengono minimizzati. Così, discriminazione genera discriminazione che genera discriminazione.
Come le commissioni sui pregiudizi legati al sesso razionalizzano quei pregiudizi
Di recente, le commissioni ufficiali che studiano i pregiudizi legati al sesso hanno riferito che sono le donne le vittime della discriminazione. Per esempio:
«Quando le donne ottengono la libertà condizionata mentre gli uomini sono condannati al carcere, tali commissioni affermano che le donne sono vittime della discriminazione perché il periodo di libertà vigilata è più lungo!»[31]
Le commissioni ricordano inoltre che le donne risultano discriminate perché esiste un minor numero di istituzioni carcerarie femminili, il che costringe i parenti a più lunghi spostamenti per le visite. Nessun cenno al motivo di ciò: raramente occorre più di una prigione femminile nei pressi di una città, e questo proprio grazie alla grande discriminazione in favore delle donne. Se alle donne toccassero le stesse accuse, la stessa cauzione, pari sentenze, esisterebbero più prigioni femminili.
È un dato di fatto che le donne hanno il privilegio di evitare la prigione grazie alla libertà condizionata, di essere condannate a pene detentive meno lunghe o di essere rinchiuse in istituti di riabilitazione invece che di pena, e poi si lamentano perché ci sono meno prigioni… Be’, direi che è difficile davvero trovare un miglior esempio di faccia tosta. Eppure, il New York Times riferisce senza commentì tali conclusioni.[32]
Come mai queste speciali commissioni non vedono chiaramente dove sta la discriminazione? Perché queste commissioni «governative» sono in realtà commissioni femministe. Vale a dire, il governo fa assegnamento su organizzazioni quali la femminista National Organization for Women e la prevalentemente femminista National Association of Women Judges per decidere su quali questioni focalizzare la ricerca e quali ignorare.[33] Sono commissioni governative soltanto nel senso che sono pagate dal governo, cioè da noi. Anche i principali membri dello staff sono prevalentemente donne, e spesso attiviste femministe, mentre quasi mai gli uomini sono attivisti del movimento maschile.[34]
Pertanto le commissioni sono state brave nel vedere il sovraffollamento nelle carceri femminili e nell’ignorare il maggiore sovraffollamento nelle carceri maschili; si sono rese conto che le carceri femminili devono prestare attenzione ai problemi propri alle donne, ma non che le carceri maschili devono prestare più attenzione ai problemi più comuni tra gli uomini, come per esempio lo stupro.
Una commissione governativa femminista sui pregiudizi legati al sesso è l’equivalente di una commissione governativa repubblicana sulle discriminazioni nei confronti dei partiti politici. Immaginate che ci sia una commissione governativa sulla discriminazione a livello dì partiti politici sponsorizzata da un certo partito politico e composta da membri dello stesso partito; che i risultati raccolti siano pubblicati, senza essere messi in discussione, sul New York Times e che le tasse aumentino per pagare il conto. Se un partito politico facesse una cosa del genere, per noi sarebbe uno scandalo; se lo fanno le femministe, è una cosa ufficiale. Il femminismo è diventato un sistema unipartitico della politica di genere.
Soltanto le femministe hanno razionalizzato il pregiudizio sessuale?
Se è comprensibile che una commissione sponsorizzata dalle femministe sul pregiudizio sessuale sia una commissione con pregiudizi sessuali, non sembra logico che pregiudizi simili siano spesso presenti nelle relazioni degli enti governativi a predominanza maschile, per esempio il dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti. Eccone una dimostrazione: il dipartimento della Giustizia riferisce che gli uomini sono condannati a pene detentive più lunghe delle donne.[35] Le giustificano facendo rilevare che gli uomini hanno maggiori probabilità di essere mandati in carcere rispetto alle donne, e con pene tendenzialmente più lunghe.[36] Ecco qui il sessismo: perché mai gli uomini sono tendenzialmente condannati a pene detentive più lunghe per lo stesso crimine e per precedenti penali simili, tanto per cominciare?
Immaginiamo di leggere un rapporto governativo in cui si riferisce che una sorella e un fratello hanno rubato del chewing-gum. Il ragazzo è stato spedito in prigione mentre la ragazzina è stata confinata nella sua stanza. Se poi spiegasse che il ragazzo è rimasto in prigione più a lungo semplicemente perché le pene detentive sono tendenzialmente più lunghe della segregazione nella propria stanza, non ci chiederemmo forse: «Un momento, mi sfugge qualcosa: perché il ragazzo è andato in prigione e la ragazza è rimasta chiusa nella sua stanza per la stessa colpa?»
La necessità di negare il sessismo quando si rivolta contro gli uomini è pertanto molto più profonda del femminismo: rientra nel nostro processo inconscio collettivo che ci induce a usare il governo-protettore in sostituzione del maschio-protettore.
Il «fattore Cavalleria»[37]
I bianchi della classe media che operano all’interno del sistema giudiziario, fondamentalmente considerano le donne incapaci di commettere alcuni dei crimini di cui sono accusate. Pertanto cercano di trovare motivi validi per spiegare che la donna non era veramente coinvolta. Ma le donne che vengono trattate con simpatia e comprensione sono le donne bianche della classe media, e non quelle povere delle minoranze. Barbara Swartz, direttore di Women’s Prison Project[38]
Così agisce il «fattore Cavalleria». Le corti sono tenute a offrire pari protezione. Più un giudice (o una giuria) considera le donne il sesso più debole, più il giudice si convince (di solito inconsciamente) che la corte deve offrire a una donna maggiore protezione (per compensare il fatto che è il sesso più debole) affinché ne risulti una pari protezione. Questo è il ragionamento dei giudici che definiamo sciovinisti, cavaliereschi o patriarcali. È anche il ragionamento della femminista adolescente. Lo sciovinista e la femminista sono protettivi nei confronti delle donne. Molti giudici donne, peraltro, sono meno protettive sia degli sciovinisti sia delle femministe. Come disse un procuratore: «Se ci fossero più giudici donne, più donne andrebbero in prigione».[39]
Il circuito integrato della Cavalleria: il giudice, la giuria, gli avvocati e la cliente
Dico alle donne che cosa indossare, come vestire, come acconciarsi i capelli. Devono avere parecchio sex appeal per conquistare gli uomini della giurìa – e anche il giudice. Ma nel contempo non possono attirarsi l’ostilità delle donne che compongono la giuria con un aspetto troppo affascinante. Se sì mettono a piangere sommessamente durante il processo, ottengono miracoli.
Avvocato Frank P. Lucianna[40]
«Per il pubblico ministero è difficile sottoporre a un duro interrogativo una donna, perché rischia di alienarsi la giuria. Deve camminare sulle uova», spiega l’avvocato Michael Breslin.[41] A suo avviso, l’istinto protettivo si risveglia in tutti, soprattutto nei giurati anziani. Pertanto, quando difende una donna cerca di scegliere giurati anziani. Un penalista specializzato in diritti civili afferma con estrema franchezza: «Preferisco sempre rappresentare una cliente; il sistema è chiaramente orientato a suo favore».[42]
Tutti – giudice, giuria, avvocati, clienti e polizia – contribuiscono al circuito integrato della cavalleria. In molte città gli avvocati riferiscono che una giuria è talmente restia a dichiarare una donna colpevole per guida in stato di ubriachezza che la polizia non si preoccupa neppure di arrestarla.[43] È vero che «è un sistema maschile con giudici sciovinisti», ed è ingiusto. Gli uomini condannati a più lunghe pene detentive lo ritengono alquanto ingiusto.
Questo istinto protettivo nei confronti delle donne domina non soltanto il codice penale ma anche il codice di famiglia. È abbastanza evidente quando si parla di padri e madri: diciamo alle donne che hanno diritto ai figli, ma diciamo agli uomini che devono lottare per i figli. È meno evidente nel doppio standard adottato nel caso dei beni comuni. Ricordate Jim e Tammy Faye Bakker?…

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Andrea 2:32 pm - 5th Marzo:

«Negli Stati Uniti, ogni anno[17] circa 1900 donne commettono omicidi.»
«Quando le donne commettono un omicidio, circa il 90 per cento delle vittime è costituito da uomini.»[18]
Dunque, a partire dal 1954 all’incirca 70.000 donne hanno ucciso; le loro vittime comprendono all’incirca 60.000 uomini ma, come vedremo tra poco, nessuna donna è stata giustiziata dopo aver ucciso soltanto un uomo.[19]
(Sandro2)
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Ignoravo l’esistenza di questi dati, a dir poco significativi.
Anni fa non l’avrei mai pensato, * ma più tempo passa e più mi convinco che nascere maschi è molto spesso una disgrazia, sia perché tocca combattere per tutta la vita contro altri uomini, sia perché le donne oltre ad esserci generalmente ostili, non provano affatto la stessa attrazione che i maschi sentono verso le femmine.

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* Una cosa che io non ho mai invidiato alle donne, sono le mestruazioni, nonché il rischio di restare incinta.
Non gli ho mai invidiato neppure l’inferiore forza fisica.
In questo senso preferisco mille volte essere nato maschio. Resta il fatto che in questa epoca e nel nostro contesto sociale, essere donna è sicuramente un vantaggio, non tanto intrinseco, ma conseguenziale agli enormi cambiamenti sociali avvenuti in questi ultimi decenni. Non vorrei sbagliarmi, ma proprio in questo blog ricordo di aver letto un post di Rino Della Vecchia, il quale asseriva che forse la maschilità è destinata ad essere “superata” (o qualcosa del genere): ho il forte sospetto che abbia ragione.

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Andrea 2:57 pm - 5th Marzo:

Un altro caso illuminante: ventidue mesi di carcere con la condizionale, ad una donna rea di aver ucciso il marito, con un ferro da stiro.
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http://www.cdt.ch/confederazione/cronaca/30540/uccise-il-marito-22-mesi-sospesi.html
Uccise il marito: 22 mesi sospesi
Il Tribunale di Olten condanna donna 43.enne
6 set 2010 18:30 |

OLTEN – Ventidue mesi di carcere con la condizionale: è la pena inflitta oggi dal tribunale di Olten-Gösgen, nel canton Soletta, a una italiana 43enne, che sette anni fa, nel corso di una violenta lite, uccise il marito colpendolo ripetutamente alla testa con un ferro da stiro. I giudici, seguendo le raccomandazioni della pubblica accusa, l’hanno riconosciuta colpevole di omicidio passionale.
La vicenda risale alla notte del 23 marzo 2003: dalle indagini è risultato che contro l’uomo, di professione camionista, furono inferti almeno una decina di colpi, dapprima con l’elettrodomestico e in seguito con un attrezzo da ginnastica. La coppia viveva a Schönenwerd (SO) ed aveva quattro figli. Le relazioni coniugali erano da tempo burrascose e la donna si sentiva in pericolo, essendo stata più volte minacciata di morte dal consorte.

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