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Quando in un circolo di persone amiche s’incomincia a parlare lanciando in aria, come gridi di battaglia, generalizzazioni sessuali – “le donne”, “gli uomini” ecc. io sorrido imbarazzato e sgattaiolo via.
Le generalizzazioni, infatti, sono a volte inevitabili, se non necessarie, ma tagliano le gambe a un pensiero più complesso, soprattutto quando l’esperienza a cui ci riferiamo sorge dal rapporto con un individuo preciso, o, al limite, con uno piccolo gruppo. Evidentemente parlare per astrazioni ci preserva dal raccontare in maniera esplicita i nostri eventi più intimi, dallo svelare ciò per cui patiamo, il desiderio che davvero c’incanta, i fantasmi che ci spaventano.
Inoltre, se il nostro concetto prende piede nel gruppo, ne ricaviamo sollievo: abbiamo momentaneamente ottenuto di sentirci meno soli, dato che all’apparenza siamo stati spalleggiati dai presenti.
E’ un tipo di benessere equivoco che si dimostra, però, sempre caduco e illusorio: non menzionando avvenimenti concreti e circostanziati, non narrando esperienze profondamente soggettive e personali, è pressoché impossibile che otteniamo dagli altri il sostegno emotivo e intellettuale di cui necessitiamo, il segno tangibile di un’autentica condivisione.
Parlando di uomini e donne, è sin troppo ovvio che dobbiamo aver presente le distinzioni di realtà anatomica, biologica, fisiologica da un lato e una serie di condizionamenti economici, antropologici, sociali, i quali orientano le concezioni delle collettività, delle famiglie, dei gruppi, influendo sulla vita delle persone. Chiunque ignori il coacervo di questi fattori è uno stolto: sono aspetti che vanno decifrati, riconosciuti e, all’uopo, modificati o ricusati.
Ma ai miei occhi di psicoterapeuta, destinato a interrogarsi sui vissuti affettivi che legano gli individui e i gruppi, l’essere “uomo” o l’essere “donna” significa appartenere a categorie assai più labili e cangianti di quanto si sia soliti pensare. Sebbene, infatti, esistano autorevoli e rigogliosi sforzi concettuali per definire la psicologia tipicamente “femminile” e “maschile” di popoli e civiltà – teorizzazioni che tornano particolarmente utili quando si voglia accendere un lumino nei flussi caotici e stratificati degli eventi psichici – è impossibile dimenticarsi che tutti noi siamo potenzialmente come l’antico veggente Tiresia, colui che ebbe in sorte di vivere la prima parte della sua esistenza come uomo, la seconda come donna, per tornare infine all’originaria identità, forte ormai di una coscienza veramente diversa.
A me pare che considerare la nostra bisessualità psichica, in quanto orientamento a intendere e sentire in maniera differente – o diametralmente opposta – noi stessi e il mondo, ossia il fare esperienza di una pluralità di posizioni interiori o di mutamenti che avvengono nel corso della nostra evoluzione psicologica, lo scoprirci, a seconda dei casi, ricettivi o attivi, “orizzontali” o “verticali” rispetto alle persone e agli eventi, possa aiutarci molto a non deteriorare il già difficile rapporto con il/la partner, il/la collega, il/la figlio/a ecc. Con ciò non rinnego affatto la necessità di affrontare i termini di un conflitto con l’altro o quella della rottura e del divorzio quando si dimostrino opportuni. Piuttosto voglio esprimere la mia visione della lotta tra i sessi.
In una società evoluta la lotta tra i sessi, se mai si verifica, a mio avviso deriva da una condizione di estrema difficoltà dell’individuo rispetto al sistema collettivo. Chi non ha spazio per comprendere le ragioni dell’altro, quando in realtà queste albergano anche in sé, è soprattutto l’individuo schiacciato da esigenze pressanti e brutali, di cui sovente non possiede la minima contezza.
Per non restare nel vago mi arrischierò a percorrere un terreno sociologico, al quale – non paia strano – conduce inevitabilmente il contatto prolungato con l’inconscio delle persone, l’intrattenere profonde relazioni di ascolto con loro.
Mi consentirò una premessa personale utile allo sviluppo dell’ argomento.
Appartengo alla generazione dei baby-boomer, dell’incremento demografico, a sua volta generato dal benessere economico degli anni ’60 e dalle aspettative di progressivo miglioramento economico, sociale e delle condizioni di salute, che percorrevano l’anima del nostro popolo e di tutto l’Occidente. Nello stesso tempo, se penso alla mia infanzia, vedo come vi si ripercuotesse ancora l’eco delle due guerre mondiali e soprattutto dell’ultima: in famiglia abbondavano i racconti di bombardamenti e sfollamenti, di tensioni e pericoli, di paure e angosce, di scontri tra tedeschi, fascisti, partigiani, alleati. Uscito dalla città, potevo imbattermi nelle tipiche locande di paese dove gli uomini, davanti a un bicchiere di vino o ai piedi di un campo di bocce rievocavano, non senza compiacimento, la familiare spettralità della guerra, la crudezza dei combattimenti, il fischio delle pallottole, il tuono dei cannoni, i morti, le ferite.
Esisteva ancora l’autorità nel mio mondo infantile, sebbene iniziasse a essere irrisa, contestata, denudata dei suoi paludamenti, dei suoi fronzoli e dei mascheramenti: l’autorità era incarnata da persone concrete, in famiglia come a scuola. Questa usava ancora impartire qualche punizione corporale, anche se di rado; più di sovente la figura di autorità si mostrava inflessibili nel comminare punizioni morali, venate di inconscio sadismo.
Dunque sono cresciuto nell’humus del nevrotico da manuale e, quando i primi nodi sono venuti al pettine, ho dovuto esplorare con fatica e timore gli impedimenti, le remore, i rancori, l’ira, le paure, che da questa realtà derivavano. Di tutto ciò ho fatto tesoro, conseguentemente, anche nel mio lavoro professionale.
D’altro canto, a esser sincero, mi sembra di aver messo i piedi anche in quel tipo di trappola che tanto assiduamente incute sofferenza ai miei coetanei e ancor più ai più giovani, a coloro che oggi vantano intorno ai venti-trenta anni: l’angoscia che l’esperienza personale delle cose valga poco o nulla, e che non bastino la sensibilità e l’impegno per essere riconosciuti come membri validi della società. Questa angoscia, che affiora lentamente, man mano che il rapporto terapeutico si sviluppa, mi sembra essenzialmente figlia del consumismo e della spropositata immagine di felicità che viene imposta a ciascuno di noi attraverso un mostruoso armamentario di marketing. Questo apparato onnipresente e pervasivo agisce per tramutarci in obbedienti consumatori (quale che sia la merce venduta, dato che a merce può essere ridotto anche un diritto o un bene morale).
Non è esente dal pressing culturale neanche il campo delle prestazioni psicologiche. Anzi, esso ne è quasi completamente divorato. Mai si è sentito blaterare di “benessere”, parola magica, o “felicità” come in questi ultimi anni, e mai si sono raccolti tanti ripetitivi lamenti dalle persone riguardo al loro malessere.
I superlativi e gli strepiti del linguaggio sono la norma nei media e nella pubblicità: ogni cosa è “Super”, “Mega”, “Giga”, “Ultra”, mai semplicemente se stessa, o, al limite, maggiore o minore di altre comparabili.
Il ritmo delle stimolazioni sensoriali prodotte dagli strumenti tecnologici e dai grandi media è iperbolico, innaturale, pressoché impossibile da metabolizzare secondo tempi fisiologici: ne deriva che la capacità di estrarre significati e di operare una differenziazione tra sé e le immagini introiettate nel subconscio si restringe: ciò annebbia il pensiero critico, genera una dipendenza da tutto ciò che è frenetico e stimola l’ horror vacui, sotto forma di terrore della noia.
Nei luoghi di lavoro i dipendenti e i manager sono spronati a inseguire il volano di ambizioni personali spropositate, capaci soltanto d’interdirsi reciprocamente. La frustrazione inevitabilmente accumulata in quegli ambiti diventa scorno, vergogna, totale annientamento del Sé. Qualcosa ci dovrebbe dire in merito, ad esempio, la catena di suicidi prodottasi di recente nell’azienda France Telecom.
Il mancato rispetto della propria integrità psicologica ha nutrito e nutre di nuove leve classi dirigenti sostanzialmente delinquenziali, manipolatrici, dedite alla speculazione e all’accentramento del potere e della ricchezza, nel segno dell’esclusione di tutti gli altri esseri umani. Mai, in epoca moderna, la ricchezza economica e il potere sono stati accumulati e monopolizzati da così pochi gruppi e persone fisiche. Eppure a ogni singolo, anche al più diseredato, viene proposto, tendenziosamente, il velo di Maya di una felicità permanente, associata a oggetti il cui possesso dovrebbe essere guarentigia dagli strali della sofferenza. Veniamo sobillati dall’idea che l’assumere ruoli di comando allontanerebbe da noi la paura e i sentimenti d’inferiorità, in quanto a provarli sarebbero coloro che riusciamo a subordinare.
Psicologicamente parlando, l’Io ideale, finisce in tal modo, per divorare il sé, per negare il gusto delle appercezioni più personali, che vivono dell’istante, del presente. La displasia dell’Io ideale edifica, così, un discorso di soddisfazione impossibile e ad esso asservisce gli individui, per tramandare la propria potenza e superiorità attraverso la loro umiliazione.
La veste sottilmente totalitaria di questa condizione psicologica inghiotte molte delle possibilità che il benessere economico ci ha schiuso. E termina con l’erodere dall’interno i nostri diritti basilari, lasciando soltanto gusci umani vuoti e fragili, tremanti per paure e sospetti, inetti alla generosità, in fuga dalla messa in gioco affettiva.
Quando incontro i miei pazienti quasi sempre m’imbatto in questa autosvalutazione costante della propria realtà, dei loro limiti, della loro dignità individuale. In loro lo Spirito, con la sua ferocia assolutistica sembra essersi impossessato, «diabolicamente», del discorso dell’Anima, e lo ha fatto imponendo un materialismo gretto o uno spiritualismo da caricatura, fatto di cerimoniali spesso insulsi e vaghi o di soggezioni a una tradizione vieta: nel profondo delle persone, dietro il loro mostrarsi spesso impeccabili e sempre performanti si nascondono sotterranei luoghi di tortura, stupri dell’anima consumati nel riprodursi quotidiano di svilimenti, di svalutazioni, di autodafé, di professioni di inadeguatezza.
Accanto a tali afflizioni nascoste e dissimulate (aldilà della vaga e sterile doglianza, il riconoscimento della profondità della propria sofferenza comporta un senso di vergogna, diventa cagione di indegnità agli occhi dell’individuo) è disponibile, però, una panoplia di strumenti intellettuali e affettivi straordinari, di risorse culturali, di ricchezza di conoscenze e di comunicazione che mai l’umanità ha vantato nel suo passato. E di ciò ci possiamo e ci dobbiamo avvalere.
Torno adesso, dopo questa lunga divagazione a evocare gli uomini e le donne e il loro rapporto.
Perché beccarsi, come i capponi di Renzo, quando non in quanto uomini o donne, ma in quanto individui soffriamo? E soffriamo spesso per ragioni che trascendono i nostri pur evidenti limiti personali, per motivi che più che con le incapacità e le colpe nostre e dell’altro derivano dall’inconsapevolezza di cosa sia possibile e adeguato aspettarci dal nostro interlocutore e, soprattutto, da noi stessi.
di Francesco Frigione (francesco.frigione@animamediatica.it )
L’Autore è psicologo, psicoterapeuta. Dirige www.animamediatica.it, webzine di riflessione sulla comunicazione tra individui e gruppi.
79 Commenti
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Perché beccarsi, come i capponi di Renzo, quando non in quanto uomini o donne, ma in quanto individui soffriamo? E soffriamo spesso per ragioni che trascendono i nostri pur evidenti limiti personali, per motivi che più che con le incapacità e le colpe nostre e dell’altro derivano dall’inconsapevolezza di cosa sia possibile e adeguato aspettarci dal nostro interlocutore e, soprattutto, da noi stessi.
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D’accordo, pero’ questa mi sembra una visione un po’ troppo psicologistica dell’ odierna “guerra dei sessi”.
Opinione personale, naturalmente.
Strider(Quota) (Replica)
La vedo esattamente come te, caro Strider. Frigione è uno psicoterapeuta e, commettendo secondo me lo stesso errore di molti altri suoi colleghi, ha un approccio parziale alla realtà. Detto ciò è un uomo intelligente che conosco personalmente che ha chiesto di dare il suo contributo e noi naturalmente siamo ben lieti di riceverlo così come lui ha messo il suo sito a nostra disposizione. Proprio ieri stavamo parlando telefonicamente di questi temi e gli stavo spiegando il nostro punto di vista. Il dibattito fra noi è ancora aperto perchè non abbiamo avuto modo di approfondire e ci siamo ripromessi di farlo nei prossimi giorni.
Egli stesso, dal suo punto di vista, mi chiedeva perchè solo “uomini beta” e non anche “donne beta””. Ma questo proprio perchè lui non assume un punto di vista maschile (beta) bensì parte dal concetto di individuo, indipendentemente dalla sua appartenenza di genere. Ma partire dal concetto di individualità indipendentemente dall’appartenenza di genere significa ammettere che non esista una conflittualità fra i generi e che anzi, come egli sostiene nel suo articolo, questa stessa sia capziosa, in parte dovuta a problematiche psicologiche di natura soggettiva (che gli individui, con un’operazione di tipo nevrotico sul piano psicologico, scaricherebbero sugli altri) e in parte creata ad arte (dal sistema dominante). Specialmente questa seconda è un’ osservazione interessante, e in larga parte anche condivisibile (anche la prima contiene degli elementi di verità ma solo parzialmente a mio avviso), che potrebbe essere affrontata nel prosieguo del nostro lavoro e che costituisce argomento di riflessione assai vasto e profondo sul quale mi riprometto di intervenire.
Rimane il fatto che, creata o meno ad hoc, questa conflittualità allo stato (per lo meno dal nostro punto di osservazione) esiste eccome, con ruoli e funzioni che alle donne sono stati attribuiti e che loro stesse hanno scelto (a diversi livelli e con differenti gradi di consapevolezza e responsabilità) di ricoprire all’interno del sistema. Una dinamica (la conflittualità fra i generi) che va a sovrapporsi e ad intersecarsi con l’altra grande questione, cioè quella sociale (di classe). Non è possibile ormai separare l’una dall’altra per quanto esse sono vicendevolmente complementari e funzionali. Disinnescare l’una equivale a minare alle fondamenta l’altra.
Considerare quindi il concetto di individuo separato sia dalla sua appartenenza di genere che da quella sociale, significa a mio parere fare un’operazione astratta e concettualmente formale. Sarebbe come se volessimo considerare il “diritto”, facendo un riferimento filosofico-giuridico sicuramente azzardato ma forse calzante, come un sistema di regole a sé, a prescindere dal contesto socio-politico in cui quello stesso sistema di regole è stato concepito. C’è chi sostiene che ciò sia possibile anche facendo riferimento ad autorevolissimi pensatori (Kelsen). Personalmente non la vedo in questo modo.
Ci ritorneremo senz’altro.
Fabrizio Marchi
fabrizio(Quota) (Replica)
Fabrizio
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Considerare quindi il concetto di individuo separato sia dalla sua appartenenza di genere che da quella sociale, significa a mio parere fare un’operazione astratta e concettualmente formale.
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Infatti. Colgo l’occasione per segnalare questa mia vecchia discussione (ispiratami anni fa da un amico), nella quale parlavo della subordinazione sessuale maschile e di quanto questa incidesse (ed incida) nella vita degli uomini comuni.
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=14568826
Strider(Quota) (Replica)
Per esempio, cosa ne pensa Francesco Frigione di assurdita’ simili ?
http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20090402003029AAgCJ2D
Ritiene si tratti dei soliti complessi di inferiorita’ femminili, che portano moltissime ragazze e donne ad ostentare una loro presunta superiorita’ sugli uomini, disconoscendo regolarmente l’ opera maschile ? *
Oppure la genesi di simili vaginate e’ da ricercare nella scuola, nella Tv, nei mass media pro feminist che inducono le donne a considerare gli uomini degli inetti, sostanzialmente dei poveri idioti ?
O cosa ? Al riguardo mi piacerebbe conoscere il suo parere.
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* Basterebbe evidenziare che Internet e’ una creazione maschile, attraverso la quale tante donne possono parlare male degli uomini… (per non parlare di tutto il resto).
Strider(Quota) (Replica)
Dimenticavo! E cosa ne pensa Frigione della tendenza all’ autoflagellazione che ormai accomuna tantissimi uomini ? Perche’, voglio dire, un uomo con un minimo di intelligenza e dignita’ non scriverebbe mai bestialita’ simili!
Marco:
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Superiorita femminile?
Salve ragazze,chi di voi,come me è convinta della superiorita della donna rispetto all’uomo?Se avete pazienza,potete spiegarmi qual’è secondo voi il motivo?Perchè le donne sono sempre migliori?Con le dovute eccezioni,certo,ma generalmente è cosi.
Grazie a tutte!
* 9 mesi fa
Dettagli aggiuntivi
La diversita è innegabile certo,ma a mio avviso le donne hanno sempre quel qualcosa in piu che secondo me le rende superiori.Non so cosa sia precisamente,ma non parlo della possibilita di mettere al mondo i figli,anche perchè senza un uomo,per adesso,i figli non si fanno.Mi riferisco a qualcosa di piu profondo che pero neanke io so specificare.
Io la penso cosi.
Scusate se sono stato troppo vago.
9 mesi fa
grazie infinite Chiara,se ti va di aggiungere qualche altracosa te ne sarei grato.Io la penso proprio come te,hai perfettamente ragione.La donna è piu forte dell’uomo,che l’unica forza che possiede è appunto quella fisica.
ti ringrazio,sei stata mitica.
Grazie comunque a tutte coloro che hanno risposto.
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Considerando tutte le k che usa, dovrebbe trattarsi di un ventenne sottomesso, che arriva perfino a definire “mitica” la spocchiosa che gli ha dato dell’ inferiore.
Cose da pazzi.
Strider(Quota) (Replica)
Metto in evidenza pure la risposta di quella povera disgraziata, perche’ simili vaginate devono essere tramandate ai posteri.
Chiara:
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Io penso che la donna sia superiore in tutto, forse l’unica cosa che magari è più carente in certe donne ma non tutte è la forza fisica.
Se vogliamo vedere infatti la donna oltre che a lavorare si occupa anche delle faccende di casa ed anche di marito ed eventuali figli, è molto più forte psicologicamente, è in grado di affrontare i problemi e di superarli anche per il marito, cosa che di solito questo non vuole mai affrontare, spesso le donne oltre che alla casa ed al lavoro si dilettando nel sociale, in hobby, in questioni umanitarie, cosa che molti uomini difficilmente fanno, sono in grado di affrontare anche la parte brutta della vita sempre con il sorriso sulla faccia, danno valori alla famiglia che senza di lei non ci sarebbero nemmeno: quali nel campo religioso, educativo etc…
Poi ce ne sono molte altra ancora e quindi la lista potrebbe essere ancora più lunga.
* 9 mesi fa
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Il bello e’ che a scrivere queste scemenze, di solito sono ragazze o donne che non sanno cucinare neppure un uovo, che non hanno famiglia ne’ figli, che al massimo hanno tenuto una penna o un libro sulle mani, e che in genere hanno dei ragazzi o degli uomini che le “scarrozzano” in auto, gli pagano la cena al ristorante, i weekend, ecc.
Insomma, femmine che valgono meno di niente.
Strider(Quota) (Replica)
Non e’ che dice cose del tutto sbagliate, ma il problema e’ che non dice nemmeno cose del tutto giuste.
Sembra una falena che ronza in continuazione intorno alla luce, ma piu’ cautamente della prima, mantiene sembre una certa distanza dalla verita’ per timore di bruciarsi…
Toccare tanti concetti, senza aprire un solo spiraglio di luce su nessuno di essi.
A che serve?
Animus(Quota) (Replica)
Secondo me fa un’analisi assolutamente condivisibile dal punto di vista della critica al “sistema” e individua alcuni punti fondamentali. Però, come dicevo anche a Strider, parte dal concetto di individuo decontestualizzandolo sia dal punto di vista sociale sia, soprattutto, dalla sua appartenenza di genere. In altre parole, secondo lui, non esisterebbero condizioni e modi differenti di stare al mondo, di vivere e di concepirsi, all’interno del contesto sociale e nella relazione con l’altro in base all’appartenenza di genere. Anzi, come sostiene lui stesso, i ruoli sono spesso intercambiabili. Insomma nega la contraddittorietà e la conflittualità uomo-donna e prende in considerazione gli uomini e le donne in quanto individui. Il nostro punto di vista, parziale è, in base alla sua analisi, un modo che abbiamo (in questo caso noi ma la cosa riguarda tutti) di scaricare le nostre nevrosi e le nostre problematiche individuali, sugli altri. Insomma un’operazione di rimozione psicologica che serve a rassicurarci e ad evitarci di mettere mano al nostro “Io” profondo” che è la vera causa dei nostri problemi. E’ la classica interpretazione psicoanalitica (che contiene anche delle verità, sia chiaro) ma che ovviamente, per quanto mi riguarda, è appunto parziale e insufficiente a comprendere la realtà. Anzi, potrebbe trasformarsi, specularmente, proprio in una modalità utile a non voler affrontare la realtà, come in effetti dici giustamente tu, caro Animus.
Però, parlando con lui, ho capito che ancora non aveva affrontato determinate tematiche e da determinati punti di vista. Me ne sono reso conto da alcune obiezioni che lui ha mosso. La discussione è tuttora aperta, anche per sua stessa ammissione, e la proseguiremo nei prossimi giorni.
Fabrizio Marchi
fabrizio(Quota) (Replica)
Fabrizio,
sul fatto che siamo tutti indivudi non ci piove, ma cio’ non toglie che “gli individui” non vivono, come il monarca di pointlandia, in un mondo formato da se stessi, dove l’Io e il Tutto coincidono, ma, all’interno del mondo formato dagli altri…dalle relazioni di incontro/scontro, e quindi, in comune/contrarie, che aiutano/ostacolano la soddisfazione della (propria) condizione umana (in senso di necessita’ vitali in primis, e poi anche le altre secondo la piramide dei bisogni di maslow, giusto per dare un idea)
E’ proprio dalla diversa relazione che questi due gruppi che noi chiamiamo M/F hanno tra loro, perche’ e’ asimmetrica, che nascono molte differenze e che , questa si, il voler considerare semplicemente “individui” (e non individui sessuati) e’ un’operazione di rimozione.
Insomma, uomini e le donne “sanno” quali sono quelle situazioni/condizioni che, in quanto individui appartenenti ad un sesso, aumentano/diminuiscono le proprie chances di soddisfazione dei propri bisogni (vitali,affettivi,realizzativi,etc.).
Se fosse vero che l’appartenenza sessuale (a me la parola genere non piace) e’ trascurabile in quanto “siamo tutti individui”, quelle considerazioni non potrebbero essere fatte.
Invece….le facciamo tutti un bel test su cio’ che vorremmo cambiare di noi stessi e degli altri, secondo criteri “sessisti” (vorresti le braccia piu’ grosse o il culo piu’ tondo? Dieci punti di QI in piu’ o 10 cm di girovita di meno?) nonostante le differenze individuali, viene fuori una bella correlazione statistica che partiziona gli “individui” generici secondo due gruppi principali.
Indovinate un po’ quali?
Animus
Animus(Quota) (Replica)
Concordo, infatti io non la vedo come lui…o solo parzialmente. Sono d’accordo quando afferma che spesso la tendenza a generalizzare (specie quando si parla di relazione uomo-donna o di condizione maschile e/o femminile) nasconde una incapacità ad affrontare le proprie problematiche personali e a mettersi davanti ad uno specchio. Direi anzi che questa è un’operazione di rimozione che pone in essere la grande maggioranza delle persone. Ma questo non può cancellare il fatto che gli uomini e le donne hanno caratteristiche e peculiarità differenti e soprattutto che giocano ruoli diversi all’interno del contesto sociale, con tutte le conseguenze e le ricadute del caso.
La stesso concetto che applichiamo alla appartenenza di genere può e deve essere secondo me applicato alla appartenenza sociale. Non può essere concepito l’individuo separato dal contesto in cui vive e dalla condizione reale di esistenza in cui si trova all’interno di questo. Perchè è proprio (o quanto meno anche) quest’ultima che lo rende un individuo diverso da un altro (che si trova invece a viverne un ‘altra).
Concepire il concetto di individuo come separato da tutto questo, è secondo me semplicemente impossibile. Questo non significa ovviamente che le persone non abbiano la loro peculiarità e la loro specificità, se non addirittura unicità. Ma pur sempre all’interno di un contesto e della loro appartenenza di genere che, anche volendo, non possono essere negate.
Fabrizio Marchi
fabrizio(Quota) (Replica)
Embe’, uscire di casa la mattina avendo una carta di credito senza limiti di spesa invece che le tasche vuote, non ci pone nella stessa condizione di fronte agli altri, cosi’ come avere una “mina de oro” nascosta tra le gambe, invece di non avere n’caxxo…..
Se poi si ha una “miniera d’oro tra le gambe” e una carta di credito senza limiti di spesa in tasca (magari acquisita grazie alla prima), piuttosto che le tasche vuote e n’cazzo, saremo dure individui, ma, di fronte agli altri, e’ come se fossimo due individui di due specie (non razza, proprio specie) diverse.
Sono cose ovvie, ma chissa perche’, tocca ripeterle in continuazione. :-))
Animus(Quota) (Replica)
La interpretazione psicoanalitica, come ogni scienza e come ogni sapere umano, risente della pressione del contesto storico in cui si esprime. Da decenni il canone psicoanalitico è stato il canone del supermercato universale: l’identità (valore d’uso?) è un male, la fluidità (valore di scambio?) è un bene, ponendo le basi per la filosofia del “tutto è uguaglio” e la sola differenza è nel prezzo, filosofia che caratterizza i nostri tempi. E la diversità che connota il sesso vista come il trionfo della disuguaglianza e bollata come l’antitesi della giustizia: senza mutande e anima unisex (e senza codice a barre) che ne è del cittadino Universale? Che poi tutto non è “uguaglio”, ovvero che la realtà dell’essere abbia per carattere costitutivo e condizione necessaria l’essere incarnata nella differenza, nel qui e nell’ora, è amara scoperta. E gli illusi che la notte in cui tutte le anime e le cose (e naturalmente le vacche) sono nel buio scambiabili, porti la pace dell’indifferenziato, (e buoni affari per tutti o per pochi), oggi si stanno riempiendo di coca, ero, e sostanze psicotrope di ogni tipo, nella speranza di un qualsivoglia rapporto con la bontà e bellezza dell’essere. Di un terreno qualsiasi su cui poggiare i piedi. Chi lavora a livello del profondo sa che la relazione si pone nella differenza, e che non è buona cosa fuggire il dolore dell’individuazione.
ckkb(Quota) (Replica)
Concordo sui concetti di identità e diversità sostenuti da Ckkb, e sulla necessità del riconoscimento del valore delle differenze dalle quali non si può prescindere e che dovrebbero costituire un elemento di ricchezza e non certo di impoverimento.
Tuttavia non bisogna commettere l’errore di mettere in contrapposizione (o in alternativa) tali concetti con quello di eguaglianza. Il principio di “eguaglianza nella diversità” non ha nulla ma proprio nulla a che vedere con la massificazione tipica della società capitalista e consumista contemporanea che ha trasformato le persone in una massa indistinta di produttori-consumatori, proprio con l’obiettivo di distruggere ogni forma di identità, sia essa individuale che di appartenenza di genere o di classe.
Ciò non significa affatto che sia stata costruita una società di eguali e senza classi. Al contrario, le diseguaglianze sociali sono nell’attuale contesto ancora più marcate che nel passato. Ciò che è stato distrutto scientemente sono appunto i principi di appartenenza e di identità senza dei quali è impossibile ritrovare la ragioni di una rinnovata consapevolezza del proprio essere e stare al mondo nella prospettiva di poterlo trasformare.
Confondere e/o mescolare questi concetti (eguaglianza e massificazione consumista) è proprio ciò che è stato artificiosamente e strumentalmente portato avanti dal sistema capitalistico planetario dominante e dalla sua ideologia. Un’astutissima operazione di mistificazione e manipolazione scientifica della realtà (e delle coscienze) perpetrata con i più sofisticati e pervasivi strumenti di cui il sistema stesso si è dotato (media, psicologia al servizio del potere, apparati culturali-comunicazionali,processi di condizionamento profondi ecc.)
Noi non siamo caduti e non cadiamo in questa trappola e invitiamo gli altri (diversi da noi) a fare altrettanto. Sarebbe il più grande regalo fatto al sistema.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Caro Fabrizio, la disuguaglianza economica e sociale è una miseria reale e pesantissima. E l’uguaglianza è concetto e obiettivo irrinunciabile, certamente da non contrapporre alla diversità, nè annientare strumentalmente assimilandolo alla massificazione così da perpetuare l’ingiustizia: il sofisticato inganno cui fai riferimento giustamente. A mio avviso però non si può nemmeno glissare su alcuni dati di fatto: che oggi, ahimè, la storia dei tentativi di conseguire l’uguaglianza dimostra che nel suo nome si è conseguito spesso l’opposto: il “regime dei figli del sole”, ovvero i signori del partito dei “giusti” magari seduti sulla miseria altrui e a capo di una mortale galera collettiva. Per cui dai secoli passati e dai tentativi ugualitari fin qui tentati si è usciti con una brutale ma credo anche legittima conclusione: meglio essere governati da ladri ( e relativa disuguaglianza) che da assassini. E che il concetto di uguaglianza oggi è diventato concetto tutto da ridefinire. E, soprattutto, è da interrogarsi su chi ha fallito e perchè. Per esempio: che ha di così fallibile la specie umana? come credibilmente evitare che, come sfida, come problema, agli uomini di buona volontà, non si pari davanti il cuore umano più che la società? Donde la frequentazione del “profondo del cuore umano”; la pretesa di una lettura antropologica, che io intendo metodologicamente ricerca di ciò che è struttura fuori del tempo, della condizione umana. E volevo appunto aggiungere che oggi, proprio per quel fallimento, la miseria è diventata se possibile ben peggio che quella economica: è se mi passi il termine quasi “ontologica”. Rispondere alla domanda: ma chi è l’uomo, chi è il maschio, chi sono io, è sempre più arduo, a meno appunto di un duro, rischioso lavoro personale: la sfida, mai conclusa, al proprio cuore. Domanda oggi senza risposta. Ed è questa a mio avviso la vera povertà contemporanea del nostro mondo, parlo di quello comunque ricco. In Africa, per quel poco che ho visto e saputo, sarà difficile raggiungere i trent’anni di età ma almeno fino a trent’anni, ancorchè affamato e con la malaria, forse sai ancora chi sei e questo è già un valore. Forse l’unico. Quello che però non può mancare. Insomma, hai perso tutto ma non hai “perso l’anima”. Voglio con questo dire che il problema dei maschi (sono di parte anch’io) oggi è raggiungere questo tipo di uguaglianza circa il bene, la ricchezza, di cui all’esempio (esempio per semplificazione) con gli Africani. Uguali nel bene di sapere di sè con gioia. L’uguaglianza dei pani e dei pesci, dei beni e delle carriere, dei saperi e delle virtù, è importantissima ma viene dopo. A questo siamo giunti: magari fosse il problema socioeconomico sette/ottocentesco. Qui è il maschile, il concreto dell’umano, la possibilità stessa di pensarlo, che se ne è andato. Svaporato paradossalmente nell’agio più diffuso che mai la storia abbia consentito. Svaporamento per di più materializzato nelle leggi come per esempio quella che un padre da noi ha oggi meno diritti di un cane di strada di fronte alla vita del figlio che ha concepito. Preclaro esempio contemporaneo di conquistata “uguaglianza” tra uomo e donna. E’ questa la novità assoluta del male maschile. E il difficile compito che ogni maschio oggi ha di fronte.
ckkb(Quota) (Replica)
Caro Cesare, ho risposto al tuo precedente post non per dovere né per “aggiustare la linea” ma perché sentivo di dover fare alcune doverose precisazioni relativamente ad alcune tue affermazioni (legittime). E tu hai ritenuto di dover dare un’ ulteriore risposta alla mia. Naturalmente, come ben sai, potrei anche io decidere di affondare il bisturi ma volutamente non lo faccio. E perché?
Perchè, in tutta franchezza, se mi mettessi a ribattere colpo su colpo ad ogni tuo post come questo che hai scritto, la querelle non finirebbe mai. Anche perché, e credo di poterlo affermare al riparo da qualsiasi ipocrita atteggiamento di falsa modestia, siamo entrambi muniti di un discreto armamentario argomentativo.
E’ chiaro ed evidente che i nostri orizzonti culturali, ideali, politici e quant’altro sono radicalmente differenti. Anche perché se fossero gli stessi, non avrei neanche scelto di dare vita al Movimento degli Uomini Beta ma mi sarei tranquillamente accomodato in quello dei Maschi Selvatici di cui tu sei o sei stato uno dei più autorevoli rappresentanti.
Ora, se proseguissi il colpo su colpo su ciascuna delle questioni che hai toccato nel tuo ultimo commento e cioè eguaglianza, povertà materiale e spirituale e/o esistenziale (tu hai detto ontologica) e quale delle due sia più o meno importante (a mio giudizio marciano di pari passo e non c’è un prius, ma ho appena detto che non voglio entrare nel merito), diseguaglianze tra nord e sud del mondo e le loro cause, giustizia, ontologia maschile e femminile, il solito rapporto natura-cultura, eguaglianza fra i sessi (manca solo la domanda sull’esistenza di Dio e sulla possibilità cartesiana della sua dimostrabilità dal punto di vista scientifico), rischieremmo di trasformare il blog in una specie di ring dialettico senza fine e senza possibilità di sintesi fra il sottoscritto, fondatore del Movimento degli Uomini Beta (nato anche per differenziarsi dai MS e per costruire una diversa e altra prospettiva) e te, come ripeto, autorevolissimo esponente, anche e soprattutto a livello teorico più che politico-organizzativo del Movimento dei Maschi Selvatici.
Naturalmente (ma questo sia te che l’amico Armando lo sapete già) non significa che io voglia sottrarmi al confronto che anzi, in linea di massima, mi stimola e mi appassiona.
Il problema è però ben altro. E cioè che noi, il Movimento degli Uomini Beta, abbiamo, al momento, altre priorità che non estenuarci in un confronto dialettico pur interessante con altri movimenti maschili che si muovono su terreni completamente diversi dal nostro.
Questo genere di confronto, diciamo così, filosofico-dialettico, addirittura venato da considerazioni di tipo ontologico (e anche escatologico, mi permetto di aggiungere) ha più senso e utilità, a mio parere, in altri contesti. Si potrebbero organizzare dei convegni dove i rispettivi movimenti maschili possano discutere, anche animatamente, dibattere fino all’ultima goccia di saliva e di sudore, accapigliarsi e sgolarsi fino a farsi scoppiare la giugulare. Tutte cose, sia chiaro, molto belle e appassionanti che talvolta (non sempre per la verità) possono anche dare dei frutti insperati ma che devono secondo me essere fatte nelle sedi opportune (specialmente se si vogliono ottenere quei frutti e non disperdere solo energie).
A mio giudizio un sito-blog deve avere una diversa funzione. Naturalmente deve essere un luogo di discussione, di confronto e anche di elaborazione teorica, ma anche uno strumento di aggregazione e di organizzazione.
Ora, per essere ancora più schietto, se io scegliessi di rispondere al tuo secondo commento sullo stesso argomento in seguito alla mia risposta al tuo primo, e se tu scegliessi ancora di ribattere, e così via (è già quasi diventato uno scioglilingua), insomma se decidessimo di incaponirci perché uno dei due vuole a tutti i costi l’ultima parola, non la finiremmo più e la cosa perderebbe di senso. E la perderebbe in ogni caso, sia che il confronto lo si facesse qui dove lo stiamo facendo, sia se scegliessimo di farlo sul sito dei MS. E francamente, per uomini come noi, alla disperata ricerca di senso (anche i marxisti, sia pur eretici come noi siamo, caro Cesare, si interrogano sul senso, questa non te l’aspettavi, dì la verità…) mi sembrerebbe una contraddizione in termini, una vera tautologia.
Non vorrei ora che tu pensassi che questa sia una chiusura da parte nostra. Assolutamente no. E’ solo una riflessione e una proposta di lavoro diversificata su più piani. Personalmente sono disponibile in qualsiasi momento ad un confronto (in tal caso reggetevi forte perché, come risaputo, non ho il dono della sintesi) però credo che la funzione dei siti-blog debba essere di diverso tipo. Tradotto in altre parole, (parlo ora ai MS, perché è inutile far finta che tu sia un semplice utente che non sei), scrivi e scrivete pure tutto quello che volete e magari (anzi sicuramente) ci sarà qualcuno che assentirà o dissentirà, ma personalmente scelgo di non entrare nel colpo sul colpo. Devo dedicare tempo ed energie a far crescere il Movimento fra centomila (reali, non metaforiche) difficoltà che puoi ben immaginare. Concepisco quindi la discussione, il confronto (e anche le divergenze naturalmente) e la elaborazione teorica sul sito finalizzata alla crescita del Movimento e non tanto, per lo meno al momento, come ad un’arena dialettica con esponenti di un movimento che è altro da noi per filosofia, orizzonti e in larga parte (ho detto in larga parte, non del tutto) anche finalità. Ci unisce naturalmente, anche se da punti di vista completamente diversi, la comune aspirazione al “risveglio” degli uomini (e quando parliamo di uomini noi ci riferiamo ai beta, per voi non lo so, e come vedi già da qui cominciano le divergenze…) e ad una loro riconquistata dignità di essere e di esistere.
Il mio contributo alla elaborazione teorica, nei limiti della mie possibilità, al Movimento degli Uomini Beta, la darò sul sito degli Uomini Beta, non certo su quello dei MS che sono una cosa diversa e che hanno la loro interpretazione della realtà che io non mi sogno neanche lontanamente di provare a modificare.
Perché non avrebbe senso. E credo che anche la ricerca di senso ci accomuni, anche se (pure questa e non poteva essere altrimenti) da punti di vista forse radicalmente diversi.
Mi scuso con gli altri amici per la lunghezza di questo post che in effetti non è un post ma più un chiarimento, diciamo così, metodologico, con un uomo come Ckkb che comunque merita attenzione e rispetto.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Negare la differenza ontologica fra maschile e femminile significa nè più nè meno che negare il corpo sessuato, o considerarlo un puro “accidente” fisico ininfluente sulla percezione del mondo che hanno i due, e sottolineo due, sessi. Il che non solo è sbagliato anche dal punto di vista psicanalitico, ma riduce le persone ad entità astratte (gli individui, appunto) la cui psiche nasce e si sviluppa a prescindere dal corpo. Una pura entità “spirituale” soggetta solo alle influenza culturali, anch’esse d’altronde considerate in modo astratto, ossia nate e sviluppate a prescindere dalla natura. Il tutto offre una ricostruzione della storia dell’umanità senza gambe su cui reggersi. Insomma una casa col solo tetto e senza mura e fondamenta.
Insistere sulla diversità non vuol dire disconoscere la pari dignità o pari diritti per tutti, ma solo negare la possibilità che maschi e femmine siano intercambiabili. E attenzione. L’intercambiabilità porta facilmente a teorizzare l’inutilità degli uni o delle altre se non per qualche soddisfazione sessuale, ossia alla riduzione dell’altro da sè ad oggetto.
Ma se il termine diversità ha un senso, lo ha concretamente nel riconoscimento che maschi e femmine presi come generi (non ovviamente come individui) hanno pulsioni, passioni, interessi, tendenze, percezioni del mondo circostante, circuiti di apprendimento e di ragionamento, differenti.
Per questo partire dall’individuo è un’astrazione, salvo, ripeto, il riconoscimento della comune umanità. Ma è perfino banale dirlo tanto dovrebbe essere scontato.
Se non si parte da quì ogni tentativo di dialogo risulta impossibile, perchè tenderemo sempre a vedere la diversità dell’altro o come un errore o solo come frutto della sua storia individuale.
armando(Quota) (Replica)
E’ questo precedente, cui fa riferimento anche Armando, che precede il dato socioeconomico, il terreno su cui il maschile comunque anche poggia e che in Occidente si è problematizzato, si è apparentemente svuotato. Un terreno che chi ha fino in fondo creduto e scommesso la propria vita nella liberazione proposta dal marxismo si è accorto (e non può non accorgersi) essere una dimensione che esiste e che è stata trascurata e che non si può trascurare: è decisiva quanto l’altra. Perchè dovrebbero essere in opposizione? siamo sicuri che comportano una differenza radicale? E’ una domanda che si sono posti in tanti e non tutti hanno concluso che si tratta di due concezioni opposte. Buon lavoro Fabrizio
ckkb(Quota) (Replica)
Concordo ovviamente con Armando e Cesare, e l’eventuale soluzione che sembra pero’ essere il punto chiave (e non il problema), perche’ e’ su questa che si apre il divario su chi ha una certa visione, come i Selvatici, e chi ne ha un’altra, come Fabrizio, ovvero, quale sarebbero le soluzioni di entrambi sulla “parita’” (o pari dignita’) nella differenza?
E’ qui che si apre il bivio (non appunto sulla differenza.)
Animus(Quota) (Replica)
Grazie Cesare, anche a te. In ogni caso scriverò a breve un pezzo proprio su queste questioni (sulle quali si dibatte il microarcipelago dei vari movimenti maschili) nella speranza di riuscire a trovare non una sintesi, assolutamente impossibile da raggiungere, ma forse una sorta di modalità (non riesco a trovare la parola adatta) condivisa.
A predto.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Il problema è però ben altro. E cioè che noi, il Movimento degli Uomini Beta, abbiamo, al momento, altre priorità che non estenuarci in un confronto dialettico pur interessante con altri movimenti maschili che si muovono su terreni completamente diversi dal nostro.” (Fabrizio Marchi)
Mi permetto di intervenire su questo punto, pur non facendo parte di alcun movimento maschile strutturato e, quindi, senza prendere posizione alcuna sull’uno o sull’altro.
La domanda è necessaria, senza alcun intento polemico e anche se dovesse rimanere senza un’adeguata risposta: quali sono le priorità di un movimento maschile allo stato nascente se non che darsi un impianto teorico, di interpretazione storico-sociologica della realtà, su cui poggiare ogni possibile critica conseguente?
E’ possibile che la c.d. questione maschile possa avere più letture e, quindi, più proposte di soluzione culturali, giuridiche e – in sostanza – politiche, diversificate fra loro?
La mia risposta personale a questo genere di interrogativi è, senza ombra di dubbio, no.
Al contrario; io credo che sia esattamente la mancanza di un’elaborazione teorica salda e consolidata a rappresentare il più grande limite ad una piena e consapevole presa di coscienza della propria condizione generale, da parte del mondo maschile.
Non credo che sarà gettando nello stesso calderone la presunta “bisessualità intrapsichica” o l’assolutezza del princìpio di uguaglianza con tutto il resto dei contenuti che si otterrà, a mio modesto parere, un distillato di ragionevolezza; risultato quanto mai necessario ad uno scopo apparentemente comune.
iulbrinner(Quota) (Replica)
Condivido la parte finale del tuo intervento, caro Iulbrinner. Infatti mi sono espresso in precedenti post in modo assolutamente critico su questo argomento della presunta “bisessualità intrapsichica”, come l’hai definita tu. Ho ribadito più volte che è assolutamente impossibile concepire il concetto stesso di individuo separato dal contesto sociale o addirittura dalla sua appartenenza di genere.
Detto ciò, a differenza tua, sono invece assolutamente persuaso che ci possano essere, come in effetti ci sono (anche se da poco tempo perché gli Uomini Beta sono ufficialmente nati poco più di un mese fa) letture diverse della Questione Maschile (QM). E non sono neanche d’accordo sul fatto che non ci siano elaborazioni teoriche salde e consolidate.
Noi, come Uomini Beta, abbiamo messo in campo una nostra peculiare interpretazione, risultato di anni ed anni di riflessione, analisi ed osservazione della realtà, oltre che di un lavoro personale molto profondo. Di più. Senza alcuna presunzione mi sento di affermare che la nascita degli Uomini Beta rappresenta un evento assolutamente unico (nel senso letterale e non enfatico del termine) perché si tratta del primo movimento dichiaratamente di sinistra (sempre culturalmente parlando e non in senso partitico) e altrettanto dichiaratamente critico (radicalmente) nei confronti del femminismo . Non solo. E’ il primo movimento maschile che lega indissolubilmente la questione di genere alla questione sociale (di classe) fuoriuscendo del tutto da una visione generica o “genericista” (passami il termine improprio) dell’appartenenza di genere che di per sé, dal nostro punto di vista, non ha alcun significato. Perché per noi i maschi dominanti cosiddetti alpha sono irriducibili avversari né più e né meno delle femministe e delle donne appartenenti alle elite dominanti, entrambi lucidi artefici di ciò che è avvenuto negli ultimi quarant’anni. Chi non ha capito questo, mi sento di affermare presuntuosamente emi scuso per questo, non ha capito nulla di cosa è accaduto nel mondo occidentale…
Naturalmente anche altri movimenti maschili, molto prima del nostro, penso a U3000 con il quale c’è un rapporto di grandissima vicinanza o agli MS dai quali invece siamo separati da una diversità strutturale, hanno prodotto un grande lavoro dal punto di vista teorico e interpretativo. Il fatto di avere opinioni diverse se non in alcuni casi opposte non toglie nulla alla qualità del loro lavoro.
Ritengo impossibile, allo stato, trovare una sintesi. Ma non penso affatto che la estrema debolezza della condizione maschile sia da individuare nelle differenti interpretazioni presenti all’interno del movimento maschile o nel fatto che non ci sia una linea unitaria. Questa debolezza ha radici ben più profonde purtroppo…
Intanto fino ad ora è stata prevalente una sola interpretazione della QM, sostanzialmente quella di stampo neoconservatore e neotradizionalista (sto semplificando) incarnatasi prevalentemente nei MS che esistono da molti anni, credo addirittura un decennio. Non sta a me giudicare il loro operato, i risultati ottenuti e gli obiettivi raggiunti. E poi perché dovrei farlo? A che pro? Certo ho la mia opinione nel merito e la mia risposta è proprio nell’aver dato vita ad un altro movimento con un’ altra filosofia alle spalle evitando di esasperare differenze e contrasti. Come si suol dire, chi ha più filo da tessere tesserà…
Ce la faremo? Non lo so. Posso solo dirti che la sfida è tanto ardua (e a livello personale anche un po’ pericolosa) per quanto è bella e entusiasmante. Comunque vada, ne sarà valsa la pena.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“….per noi i maschi dominanti cosiddetti alpha sono irriducibili avversari né più e né meno delle femministe e delle donne appartenenti alle elite dominanti, entrambi lucidi artefici di ciò che è avvenuto negli ultimi quarant’anni. Chi non ha capito questo, mi sento di affermare presuntuosamente emi scuso per questo, non ha capito nulla di cosa è accaduto nel mondo occidentale…” (Fabrizio Marchi)
Non intendo, naturalmente, imbarcarmi in un contenzioso ideologico fine a sé stesso e che non sarebbe di alcuna utilità in questo come in altri luoghi. Un’altra domanda esemplificativa vorrei, però, proporla, nella convinzione che il processo della conoscenza e della consapevolezza umana si dipana essenzialmente secondo questa logica (porsi delle domande ed andare alla ricerca delle possibili risposte).
Sappiamo dalla stampa che in sede giudiziale la ex moglie di Berlusconi – uomo tra i più potenti d’Italia e, quindi, un alfa che più alfa non si potrebbe – ha accampato la pretesa di un assegno di mantenimento che ammonterebbe a diversi milioni di euro mensili (non ricordo esattamente quanti ma, ribadisco, milioni) per “compensarla” della separazione; separazione, peraltro, da lei stessa voluta, a quanto se ne può sapere.
Tu potrai considerare Berlusconi un “irriducibile avversario”; io, nella circostanza, lo considero vittima della stessa folle logica antimaschile che, politicamente e quindi culturalmente e giuridicamente, colpisce lui come la stragrande maggioranza degli uomini che si separano al giorno d’oggi.
Il fatto che lui disponga di grandissime ricchezze e che un’eventuale accoglimento delle pretese della ex moglie cambi poco nella sua vita da nababbo non cambia la natura del problema, che anche questo caso espone in tutta la sua crudezza: è giusto che una donna che si separa debba essere mantenuta dall’ex marito? perché?
Ed è solo un esempio tra i molti possibili.
Io credo, per entrare nel merito teorico della questione, che sia molto facile ed immediato prendere le ragioni dei deboli – o presunti tali – ignorando le ragioni dei forti (o presunti tali, a torto o a ragione). Sappiamo anche chi ed in che modo guarda alla realta sociale con questo genere di semplificazioni ideologiche.
Non mi dilungo ulteriormente in quanto ritengo che ci siano tutti gli elementi per approfondire, laddove ritenuto d’interesse, che la prospettiva di suddividere l’umanità in forti e deboli per definizione – di default, per così dire – sia all’origine dei problemi che noi oggi identifichiamo con l’espressione questione maschile.
Se da discussioni come queste, finalizzate ad osservare la realtà in tutte le sue sfaccettature, emergerà un migliore consapevolezza comune, allora ritengo che sia proprio questo tipo di discussioni ad alimentare lo spirito del cambiamento ed a rendere questo sito un luogo di chiarimento reciproco.
Ma, naturalmente, questa è solo una mia idea che non vuole entrare in conflitto con quelle di altri.
Solo metterle a confronto, per quanto possibile e per quanto tollerato.
iulbrinner(Quota) (Replica)
iulbrinner, io credo che Fabrizio voglia evidenziare che i “maschi alpha” sono essi stessi responsabili e complici di quella folle logica antimaschile.
Senza un terreno fertile l’ideologia femminista avrebbe molte più difficoltà ad attecchire; anzi, personalmente ritengo che non ci riuscirebbe proprio.
Fabio(Quota) (Replica)
Caro Iulbrinner, hai toccato molti argomenti e mi hai posto dei quesiti, quindi vado per punti:
1) Berlusconi per me è un irriducibile avversario né più e né meno di come lo sono Montezemolo, Marchionne, Tronchetti Provera, Mario Draghi, le gerarchie vaticane, D’Alema, l’Opus Dei, la Massoneria, le mafie, quelle con la lupara e quelle con il colletto bianco, forse ancora più pericolose (come spiega il nostro Paolo Barnard, e vi invito a vedere i suoi video denuncia su google), le banche , la Confindustria, il capitale finanziario nazionale, transnazionale e multinazionale, le multinazionali, il ceto politico trasversale del partito unico del mercato e compagnia cantando…Cioè tutti quei gruppi di potere, legali o illegali, a volte in competizione fra loro per spartirsi il potere ma alla fin fine uniti per metterlo nel culo al popolo, ai ceti subalterni. Perché, è bene ricordarlo, loro la coscienza di classe, a differenza della grande maggioranza dei poveracci, ce l’hanno eccome. E soprattutto la praticano…eccome se la praticano…
2) Berlusconi e la Lario sono due facce della stessa medaglia. Lui è l’uomo di potere che si sposa l’attricetta (la compra) e se ne scopa altre cinquecento all’anno per diletto (pagando direttamente o indirettamente, e quelle si fanno pagare). Lei è l’ex attricetta di quart’ordine che si sposa l’uomo ricco e potente. Ora la legislazione, sotto questo profilo, come sappiamo, è tutta a favore delle donne e quindi anche uno degli uomini più potenti d’Italia (ma non il più potente) come lui sarà costretto a pagarle il vitalizio dorato. E questo fatto, che tu giustamente sottolinei, come fosse una contraddizione, in realtà non lo è. E’ solo uno degli assegni che il sistema ha dovuto pagare alle donne per assumerle al suo servizio (del quale sistema ormai la maggior parte di loro fa parte a pieno titolo anche se con differenti ruoli e incarichi). Lo spiego nel Manifesto del Movimento degli Uomini Beta. Vallo a rileggere. Un altro assegno è stata l’assunzione totale della reinterpretazione femminista della storia, divenuta un pezzo fondamentale della cultura ufficiale dominante. E poi ancora la mercificazione “dorata”, la carriera (l’elenco sarebbe lunghissimo) ma soprattutto, e sottolineo soprattutto, il dominio pressoché incontrastato sul 90% degli uomini: gli uomini beta.
Questo è stato il prezzo pagato dal sistema. Non poteva non farlo, pena la sua stessa sopravvivenza. E ha dovuto pagare un prezzo, molto alto. L’esempio che tu hai fatto è la prova del nove di quanto affermo. Poi, se vuoi il mio parere, nella vicenda specifica c’è anche una certa dose di coglioneria personale, ma questo è un altro discorso…
3) Il fatto di essere ricchi e potenti (singoli personaggi o gruppi sociali) non li mette al riparo dalla competizione che può divenire anche violenta. Le classi dominanti di ogni epoca si sono sempre scontrate così come le grandi potenze economiche e militari, espressione di quei ceti dominanti. Che cos’è altro la guerra se non questo, da sempre? Fermo rimanendo che nelle trincee in mezzo al fango, i topi e le budella che esplodono ci si mandano sempre i poveracci, nel nome della patria, una volta, in nome della democrazia, oggi.
Quindi, caro Iulbrinner, non c’è alcuna contraddizione come tu (legittimamente) vorresti segnalare attraverso l’esempio Berlusconi-Lario. I due si scannano oggi in tribunale e non solo, ma sta pur sicuro che tornerebbero uniti per la pelle se qualcuno mettesse in discussione la loro posizione, in un batter d’occhio tornerebbero anche ad “amarsi”…
4) Questo sito è apertissimo ad ogni tipo di riflessione e discussione sul tema, in assoluta libertà. Anche perché è solo in questo modo che si può crescere. Naturalmente è un sito che ha una sua filosofia e un suo orizzonte, così come altri hanno i loro. Personalmente l’unica cosa che non troverei vantaggiosa sarebbe quella di mettersi a fare una sorta di muro contro muro tra posizioni diametralmente opposte e consolidate (e organizzate, in movimenti e/o associazioni), una volta che ci si è chiariti sul fatto che si marcia in direzioni diverse. Come ho spiegato in un altro post ad un autorevolissimo esponente dei MS (che stimo) io non mi metterei mai a fare un colpo su colpo sul blog di quel movimento perché non ne vedrei lo scopo e l’utilità, una vola acclarata la mia diversità strutturale, come nel caso del sottoscritto rispetto ad esempio ai MS. La discussione è bella e appassionante ma fino ad un certo punto. Se mi passi l’esempio banalissimo si può parlare di calcio per ore ed ore ma quando si è capito che il tuo interlocutore fa il tifo per la Roma, la vedo dura convincerlo a diventare della Lazio…si può sempre continuare a discutere, sia chiaro, magari per il puro gusto di farlo, ma è certo che nessuno dei due cambierà squadra…
E non per caso sono nati diversi movimenti maschili e anche il sottoscritto ha scelto di fondarne un altro. Tutto qui. Ma questo è il mio metodo e il mio modo di vedere le cose. Naturalmente tutti sono liberissimi su questo blog di esprimersi, confrontarsi e anche scontrarsi liberamente e, se lo vogliono, fare anche il muro contro muro, accapigliarsi ecc..
Il mio problema però oggi non è quello di fare esercitazioni dialettiche o accademiche con esponenti di altri movimenti, quanto quello di far crescere questo movimento, espanderlo, radicarlo, rompere il muro, convincere milioni di uomini della mia parte a mollare gli ormeggi, a liberarsi dalla paura di esporsi , a prendere consapevolezza e a organizzarsi. E certamente anche a farlo crescere dal punto di vista teorico e filosofico, per quelle che sono le mie modeste capacità, anche attraverso il confronto. Purchè, ripeto, sia costruttivo e finalizzato e non fine a se stesso, come purtroppo, per colpa di nessuno, spesso accade.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Perfetto Fabio, sei molto più bravo di me che sono un logorroico. In poche righe sei stato molto più incisivo…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Pienamente d’accordo con quanto afferma Fabrizio. Questo movimento, a cui mi sento molto vicino, si prefigge di avanzare una critica costruttiva al femmnismo, ma la abbina indissolubilmente a una critica sociale rivolta a tutto ciò che condiziona pesantemente l’esistenza anche materiale, economica degli uomini beta. Gli uomini alfa, purtroppo devo aggiungere di qualsiasi colore politico, nella stragrande maggioranza sono lontani da noi, dai nostri bisogni, dalle nostre esigenze, dalle nostre sofferenze. Ecco perchè li sentiamo estranei e spesso in contrapposizione. Mi scuserà Fabrizio se uso la prima persona plurale, ma ritengo che dobbiamo conservare un’anima di sinistra e andarne orgogliosi nonostante i limiti che caratterizzano la medesima area politica.
Alessandro(Quota) (Replica)
Solo una cosa. Se gli uomini alfa appartengono a qualsiasi colore politico, lo stesso deve dirsi per gli uomini beta. La questione, allora, non è essere di destra o di sinistra, anche perchè non credo che si possa affermare che laddove la sinistra è ascesa al potere le cose per gli uomini siano cambiate in meglio, anzi.
E se questo è vero, e lo è, diventa sbagliato fissarsi su queste categorie, almeno nell’accezione politica dei termini. In altre parole, la QM vive di vita propria oltre le diatribe su Berlusconi e gli altri attori della politica. Altro discorso potrebbe essere invece se parliamo di dx e sx come riferimenti culturali, ma allora il discorso si allarga. Ossia, se dx e sx politiche sulla questione maschile non differiscono se non su aspetti marginali, è lo stesso anche in senso culturale, in un senso cioè che vada oltre gli aspetti sociologici che, opinione personale, rimangono alla superficie dei problemi?
Mi limito a porre la domanda, che interessa tutte le aree ideali (o ideologiche se si preferisce) e le mette in mora, tutte. La lascio alla riflessione comune e taccio, anche per evitare i ping-pong inconcludenti di cui dice Fabrizio. Magari ne potremo riparlare più in là, quando i tempi saranno più adatti e, si spera, i movimenti maschili più forti e consolidati.
armando
armando(Quota) (Replica)
Completamente d’accordo, Alessandro. E’ proprio la filosofia di questo movimento. Aggiungo che, per quanto mi riguarda, ciò che ufficialmente viene definita come sinistra, è ormai parte integrante del sistema e costituisce soltanto un pezzo di quello che io chiamo “partito unico del mercato”. Quindi non si può, a mio giudizio, parlare di semplici limiti, come fai tu, su di un impianto complessivamente ancora accettabile (come poteva essere fino ad una quarantina di anni fa), ma purtroppo di una vera e propria trasformazione genetica e/o strutturale. Ce ne vorrà per rimettere in piedi qualcosa di credibile. Così come per rimettere in piedi gli uomini (beta) che una notte si sono addormentati convinti di essere quelli che avrebbero dovuto cambiare il mondo e la mattina seguente, ancora in dormiveglia, qualcuna gli ha urlato in faccia che loro erano gli oppressori…Ancora non si sono riavuti…Ma qualcuno ha cominciato a uscire dall’incubo…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“iulbrinner, io credo che Fabrizio voglia evidenziare che i “maschi alpha” sono essi stessi responsabili e complici di quella folle logica antimaschile.
Senza un terreno fertile l’ideologia femminista avrebbe molte più difficoltà ad attecchire; anzi, personalmente ritengo che non ci riuscirebbe proprio.” (Fabio)
Questa è, da mio punto di vista, un’equazione che non corrisponde alla realtà storica, politica e culturale delle cose.
Non credo proprio che il “terreno fertile per l’ideologia femminista” sia stato preparato o agevolato o reso possibile dai c.d. alfa, mentre sarebbe stato e continuerebbe ad essere semplicemente subìto dai c.d. beta.
Se guardiamo all’affermazione delle parole d’ordine femministe ed al suo brodo di coltura vediamo cose profondamente diverse.
Comunque, l’elemento di allocazione politica della QM era, è e rimarrà – ancora a lungo, io credo – uno degli ostacoli maggiori ad una visione d’insieme sul problema, che non sia unicamente ancorata ad una sensazione di malessere indistinto e indefinito, come le ombre della grotta di Platone.
L’unico elemento di condivisione continua ad essere, dopo anni e nonostante tutto, la denuncia del male-bashing e poco altro. C’è ancora molta strada da fare, per tutti, a mio avviso.
iulbrinner(Quota) (Replica)
Mi pare che Iulbrinner abbia ragione.
Certo, mi pare che anche Fabrizio abbia ragione.
Come ho scritto di recente, “Cos’e’ tanto potente da rendere persino il bene e il male, dei semplici sinonimi, invece che concetti opposti?
Una volta che si e’ fissato il soggetto … appassionarsi sul resto, rivela un’irrazionale passione per le parti decimali.”
Uno fissa il soggetto nel capitalismo e nei maschi alfa, e tutto il sistema sembra funzionare correttamente, quello e’ l’humus del femminismo.
L’altro fissa il soggetto nel suo opposto, i maschi beta ed il brodo di cultura socialista, e tutto sembra funzionare altrettanto bene.
Un bel problema, se non fosse appunto che, gia’ solo fissare il soggetto e’ piu’ che sufficiente a determinare tutto il sistema.
Scusate la divagazione, ma tanto sappiamo bene che o si e’ daccordo con una certa visione, o non lo si e’, e allora a quel punto, inutile convincere nessuno (io ci ho rinuncaito da tempo).
Animus
Animus(Quota) (Replica)
Aggiungo solo che , proprio per questa ragione “sappiamo bene che o si e’ daccordo con una certa visione, o non lo si e’, e allora a quel punto, inutile convincere nessuno “, e’ pura illusione pensare che un problema possa essere attaccato da una base comune a tutti, come vorrebbe Iulbrinner, o anche solo i rappresentanti dei maschi selvatici chw sono intervenuti (Armando e Cesare), ed in questo caso dunque, mi sento di dare ragione Fabrizio (ed ovviamente a Rino che lo appoggia), che scegli una terza (quarta, quinta, sesta, etc. etc.) via.
Animus(Quota) (Replica)
Scusate ma mi sento tirato dentro questi ragionamenti a forza: allora proviamo a riprendere i testi marxisti? ora che in ambito marxista i Rapporti di Produzione contino quanto le Forze di Produzione e che nell’ambito dei RP sia da considerarsi a pieno titolo tutto lo spessore della soggettività in senso lato, che ha dunque una sua costituzione autonoma, è discussione e tesi che ha avuto straordinari sviluppi proprio a partire dal ’68. Se ben ricordo (scusate errori od omissioni ma da molto tempo non sono più uno che studia ed ho solo imprecisi ricordi in merito) questa è la lettura che fa Althusser di Marx. Althusser, ripeto se ben ricordo, ben ha riflettuto sulla esperienza fallimentare del socialismo reale attribuendola proprio alla radicale sottovalutazione del lato del soggetto e si è convinto che il lato del soggetto è altrettanto determinante quanto quello delle FP. Pena il rischio di trovarsi appunto con FP e RP collettivizzati ma misteriosamente tutti in una galera collettiva. Vedi URSS e satelliti. La strada comune che intravedo (e di cui se ho ben capito comprensibilmente ci si interessa di individuare) è sul lato della soggettività. Ne deriva che la paternità irrisa e criminalizzata, è una fra le tante dimensioni soggettive che costituiscono terreno comune di impegno. Un’altra gravissima è l’inversione dell’onere della prova nei tribunali a carico del maschio, ecc,ecc.. Ne possiamo trovare infinite altre dalla storia dei dieci e più anni di impegno trascorsi. Poi ognuno valuterà anche il peso della struttura socioeconomica e declinerà in piena autonomia il suo impegno di conseguenza: chi sostenendo il mercato e chi il gosplan ( e magari chi l’economia dei cistercensi). E si vedrà chi ha più filo da tessere. Quello che voglio dire è che, anche secondo stretta osservanza della tradizione di riflessione marxista, la soggettività, in questo caso maschile, è realtà più ampia e altrettanto decisiva, delle determinazioni e diversificazioni che le condizioni economiche in cui storicamente si dà, comportano. E’ in questo ampio ambito che, a mio avviso ( fermo restando la comprensibilissima scelta di chi privilegia nel suo impegno gli oppressi, i maschi di terza classe del Titanic, i maschi beta), si possono collocare con comune impegno tutti coloro che hanno a cuore la condizione del maschi e dei padri, condizione cui è connessa anche quella femminile.
ckkb(Quota) (Replica)
@Animus “….e’ pura illusione pensare che un problema possa essere attaccato da una base comune a tutti, come vorrebbe Iulbrinner, o anche solo i rappresentanti dei maschi selvatici chw sono intervenuti (Armando e Cesare), ed in questo caso dunque, mi sento di dare ragione Fabrizio (ed ovviamente a Rino che lo appoggia), che scegli una terza (quarta, quinta, sesta, etc. etc.) via.”
Premetto che non mi interessa in alcun modo fare opera di persuasione nei confronti di alcuno; premetto anche che rispondo, in questa sede, per estensione di senso, all’intervento di Fabrizio Marchi nell’altro topic; premetto, infine, che ciò che porto in un luogo che vuole essere di comunicazione verbale (la filosofia della prassi, in questa sede, non può essere che il confronto dialettico, a meno che non si voglia fare semplice propaganda) è solo la mia opinione personale, di cui si può tenere conto o meno, in piena libertà.
Tanto premesso, io non credo affatto che andare alla ricerca di una base comune su cui impiantare e sviluppare la QM sia un’illusione. Trovo sia molto più illusorio assommare tutte le possibili strade, deviazioni e scorciatoie comprese affastellate una sull’altra caoticamente, per costruire un percorso chiaro e definito.
Questo perché se il punto di partenza è chiaro (l’analisi infinita del male-bashing e della denigrazione maschile istituzionalizzata) non lo è altrettanto il possibile punto d’arrivo; e se non c’è un punto d’arrivo, un momento di sintesi propositiva unificante, allora sì che si rimane impantanati nelle sabbie mobili di un percorso che si attorciglia su sé stesso senza portare a nulla.
Questa è, nei suoi termini propri, politica.
La questione maschile è una questione politica estremamente difficile e complessa da sviluppare – per come la vedo io – per la semplice ragione che assumere le ragioni degli uomini significa prendere, per la maggioranza delle persone, le ragioni del più forte. A torto o a ragione noi uomini – noi maschi o maschietti, a secondo del rancore sottostante di chi ci osserva – siamo considerati i dominatori del mondo, coloro che detengono saldamente il potere sociale, economico e politico (quante volte ce lo sentiamo dire) senza volerlo mollare.
Questo non avverrebbe solo nella società ma anche e soprattutto – il femminismo ne ha fatto una bandiera – nella famiglia e nella vita di relazione.
A fronte di tutto questo – espresso sinteticamente in soldoni – tutto ciò che può significare, a mio avviso, una “filosofia della prassi”, è uno sforzo chiarificatore che renda, per quanto possibile, ciascuno consapevole degli inganni ideologici, delle trappole dialettiche e delle mistificazioni di senso che a tutt’oggi percorrono i diversi canali comunicativi della cultura (media, politica, società).
In altri banali termini – e qui concludo – sono personalmente convinto che non esista, ad oggi, una definizione chiara di cosa sia la questione maschile (ognuno ha la propria), una proposta in positivo (invece, di un’eterna affermazione in negativo di ciò che non si vuole più) e, in sintesi, uno statuto definito, chiaro e riconoscibile intorno e sulla questione nel suo insieme.
Un’identità definita.
Queso, naturalmente, per quanto mi riguarda; ma, se il mio apporto critico (construens, non destruens) viene ritenuto fuori luogo in questo contesto, non avrò alcuna difficoltà a tacere augurando al movimento beta i miei migliori auguri e le più grandi fortune.
P.S. – detto per inciso ed in modo del tutto metaforico: ho sempre considerato migliori e più cari quegli amici che mi facevano notare, se del caso, i miei errori, i miei limiti e le mie manchevolezze. Non quelli che mi davano sempre ragione; di loro non conservo alcun ricordo davvero significativo.
iulbrinner(Quota) (Replica)
Questa è, da mio punto di vista, un’equazione che non corrisponde alla realtà storica, politica e culturale delle cose.
Non credo proprio che il “terreno fertile per l’ideologia femminista” sia stato preparato o agevolato o reso possibile dai c.d. alfa, mentre sarebbe stato e continuerebbe ad essere semplicemente subìto dai c.d. beta. (iulbrinner)
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Naturalmente tu sei libero di non condividere, ma per quanto mi riguarda, sono del parere che i “maschi alpha” siano i maggiori responsabili dell’attuale stato delle cose.
Per quanto riguarda tutto il resto, condivido il 99 per cento delle opinioni espresse da Fabrizio Marchi.
Fabio C(Quota) (Replica)
Queso, naturalmente, per quanto mi riguarda; ma, se il mio apporto critico (construens, non destruens) viene ritenuto fuori luogo in questo contesto, non avrò alcuna difficoltà a tacere augurando al movimento beta i miei migliori auguri e le più grandi fortune (iulbrinner)
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Scusa iulbrinner, ma perché mai il tuo apporto critico dovrebbe essere ritenuto fuori luogo?
Pur non conoscendoti e pur non condividendo alcune tue opinioni (e viceversa, naturalmente), sono del parere che tu sia un uomo intelligente e colto; lo si capisce bene da come scrivi.
Perciò mi auguro che anche in futuro seguiterai a scrivere su Uomini Beta.
Fabio C(Quota) (Replica)
Iulbrinner, evitiamo per lo meno fra noi il “politically correct” e anche di giocare a nascondino… Qui nessuno ( e sottolineo nessuno) ha mai detto nel modo pìù assoluto che non sei gradito o che il tuo contributo è di nocumento al sito. Figuriamoci…
Ribadisco che il blog (diversamente dal sito che naturalmente funziona come un giornale e quindi ha la sua linea editoriale e politica come è giusto che sia) è ASSOLUTAMENTE LIBERO e ciascuno può esprimere la sua opinione come meglio crede (nel rispetto degli altri ovviamente).
Chiarito questo , come ho già ricordato ormai più volte, personalmente non ho più interesse a rimestare in discussioni che ritengo superate (vedi nodo ontologia-cultura ma non solo) in cui da decenni sono impantanati i vari movimenti maschili.
Trovo altresì, diciamo, curioso, che molti amici, diversi dei quali aderenti se non addirittura dirigenti di altri movimenti maschili, individuino nel blog degli Uomini Beta il luogo dove affrontare tematiche proprie della loro cultura e del loro modo di vedere le cose e la realtà. Però lo interpreto come un attestato di stima e soprattutto di interesse verso il nostro Movimento che, oggettivamente, piaccia o no, costituisce una novità assoluta nel panorama del movimento maschile addirittura mondiale (non ci risulta che esistano altrove altri movimenti dichiaratamente di “sinistra” e altrettanto dichiaratamente antifemministi).
Detto ciò, ribadisco ancora una volta che non credo possa essere possibile arrivare ad una sintesi né tanto meno ad una comune identità. Se ciò fosse possibile neanche saremmo nati come Movimento. E’ evidente. Invece siamo nati proprio perché abbiamo una filosofia e un orizzonte diversi da quelli di altri. Secondo te proprio in questa mancanza di una comune interpretazione e soprattutto di un comune punto di arrivo, consisterebbe la debolezza del Momas.
Non è così invece né potrebbe esserlo, e per un semplice fatto: e cioè che noi, Uomini Beta, esistiamo ufficialmente da un mese mentre altri movimenti esistono da un decennio. Quindi, non per lavarmene le mani ma per un fatto oggettivo, se ci sono delle responsabilità da individuare, queste certamente non sono da ricercare negli Uomini Beta, né nella presunta divisione del movimento maschile. Per un altro semplicissimo motivo. E cioè che fino ad oggi il Momas è stato prevalentemente egemonizzato da una sola corrente cultural-filosofica, che è quella neoconservatrice o neotradizionalista antiabortista ecc. (spero che nessuno se la prenda, non saprei come definirla altrimenti, d’altronde a me se mi danno del marxista, anche se è improprio, non mi arrabbio) incarnatasi prevalentemente nei MS. Quindi di quali divisioni stiamo parlando? Fino ad oggi il Momas è stato solo questo. Poi ci sono anche altri movimenti ma la weltanschaung è la medesima.
La mia opinione, ma potrei essere tacciato di presunzione, è che è proprio questo uno dei motivi della sua debolezza (a parte le ragioni, ben più grandi, di carattere storico, politico, culturale ecc. che non dipendono da nessuno ma dalla situazione oggettiva). Di conseguenza, non siamo certo noi, appena nati e con una sfida all’orizzonte tutta da giocare, a doverci interrogare su questo. Permettimi di dirtelo con estrema franchezza. Devi rivolgerti ad altri per lamentarti di questo. Sono altri che, se lo ritengono opportuno, devono iniziare un percorso di riflessione dopo un decennio di azione politica. L a tua obiezione potrebbe esser valida fra altri dieci anni. Ora no. Ora ci si deve casomai interrogare, chi di dovere (noi lo abbiamo già fatto) se la linea, i valori, la strategia e l’orizzonte che si sono scelti finora fossero quelli giusti.
Secondo noi no. Altrimenti non avremmo deciso di dare una svolta e dar vita ad un’altra cosa. Naturalmente questo non significa che noi abbiamo la verità in tasca. Significa solamente che abbiamo scelto un percorso che riteniamo valido e in cui crediamo.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sono in difficoltà tecniche e mi farò sentire più avanti.
Per ora dico che nulla vieta che qualcuno possa tracciare le linee generali di quel che è (sarebbe, vogliamo che sia) la QM. Profilo da metter giù da ora sia pur in termini sinteticissimi, pur di avere una traccia su cui argomentare.
Invito caldamente Iulbrinner a farsene carico.
Cmq ci sentiamo.
Rino
Rino(Quota) (Replica)
Ckkb (Cesare), sei incorreggibile … e va bene, allora…
Sono assolutamente persuaso che gli uomini non possano essere ridotti a Forza di Produzione così come sono altrettanto convinto che non basta statalizzare i Rapporti di Produzione per realizzare il socialismo. In questo modo si può costruire forse una sorta di capitalismo di stato, più annessi e connessi dati dalla cultura, dalla storia e dalla specificità del contesto in cui tale processo viene messo in atto (ed esportato con i carri armati). Ma certamente non si costruisce una società socialista, e ancor meno comunista. Il mugik che aveva letto “Das Kapital”, nuovo zar di tutte le Russie, padre della patria, vincitore della Grande Guerra Patriottica (non di classe), il più grande sterminatore di comunisti di tutti i tempi (forse lo frega solo l’indonesiano Suharto, al soldo degli USA, ma siamo lì), tutto aveva costruito, insieme ai suoi fedelissimi, tranne che una società socialista. D’altronde, i paradossi della storia vogliono che oggi la seconda più grande superpotenza capitalista del mondo (e forse fra poco di tutti i tempi), e fra non molto inevitabilmente anche imperialista, continui a dichiararsi ufficialmente uno stato comunista (?!). Contraddizione in termini? Solo apparentemente.
Non solo Althusser ma tanti altri, come sai, si sono fatti interpreti e “rielaboratori” del pensiero marxiano, da Adorno ad Horkeimer, e poi Marcuse e prima ancora Gramsci e soprattutto Lukacs in ben altra prospettiva rispetto alla grigia, fredda, tecnocratica, burocratica e soprattutto poliziesca presunta sua applicazione ad opera delle oligarchie di partito dei regimi sovietici. Ma già conosco l’obiezione, anzi, le obiezioni. La prima è che i primi hanno fatto teoria ma i secondi la prassi, ed è quest’ultima quella che conta (e su questo concordo). La seconda è che quei sistemi sono stati la diretta conseguenza del loro “padre spirituale”, cioè Marx e il marxismo. Quindi Stalin è figlio di Lenin che a sua volta è figlio di Marx. Ergo, Stalin è figlio di Marx. Chiuso il cerchio. Fine della storia. Uno a zero, palla al centro.
Ammettendo anche che ciò sia vero, coerentemente dobbiamo allora riconoscere che il colonialismo e i suoi genocidi, l’imperialismo e le sue macellerie (cioè le guerre locali e mondiali), le feroci dittature militari e fasciste che hanno imperversato in interi continenti per cinquant’anni al servizio degli interessi economici dell’occidente (l’intera America Latina, vaste aree dell’Asia e dell’Africa e anche dell’Europa), secoli di sfruttamento selvaggio, fascismi vari, e chi più ne ha più ne metta, sono figli di Voltaire, di Diderot, di Montesquieu e di Tocqueville. E altrettanto coerentemente che le Crociate, le guerre di religione in Europa, lo sterminio degli indios ad opera dei cattolicissimi spagnoli, la Santa Inquisizione, i roghi, le torture, sono figli diretti del Nazareno e del Cristianesimo delle origini.
Stronzate, ovviamente. Però mi sentivo di sottolineare questi aspetti perché in un tuo precedente post scrivevi che da quella parte c’erano gli assassini e da quest’altra i ladri. Non scherziamo…
Tornando a noi, sono assolutamente convinto della irriducibilità del soggetto, dal quale non si può prescindere. Sono però altrettanto convinto che l’individuo sia anche il risultato del contesto sociale, ambientale e culturale in cui si trova a vivere. Parlare di soggettività in senso astratto è impossibile, dal mio punto di vista. Anche ammettendo la possibilità (e io l’ammetto, a partire dal sottoscritto) di una forte soggettività, questa trae comunque le sue origini dalle condizioni oggettive, materiali e immateriali, della sua esistenza. Pensare gli uomini, al di là e al di fuori della loro condizione sociale complessiva per me ha poco senso. Questo non significa assolutamente mortificare le individualità. Significa solo che è impossibile concepire che la condizione di un padre separato operaio o impiegato cassintegrato con figli a carico possa essere la stessa di quella di un industriale, di un banchiere, di un divo del cinema o di un calciatore. Così come mi sembra altrettanto impossibile concepire che la capacità di approccio e di relazione di quel cassintegrato con il mondo femminile (e il rapporto di potere che si instaura con l’interlocutrice in un caso e nell’altro) sia la stessa di un industriale o di un divo del cinema. E’ superfluo spiegare perché.
Di conseguenza ha poco senso porre il problema della soggettività, come fai tu, a prescindere dalla condizione di classe. D’altronde, pensi forse che gli industriali, i finanzieri, i banchieri, i cardinali, i mafiosi, i massoni, gli Opus Dei, i divi della televisione e tutta la schiera dei maschi alpha dominanti abbia a cuore il problema dei padri separati e cassintegrati? No, ovviamente.
Ma, tu dirai, anche i ricchi borghesi si separano e vengono a trovarsi comunque in una condizione di ricatto, anche se in grado di assolvere in modo disinvolto alle richieste delle ex mogli e dei magistrati al loro servizio. Vero. Ma questo, come spiegavo ieri in un altro post, è uno dei numerosi assegni che il sistema (formato ormai da elite femminili oltre che maschili-alpha) ha dovuto staccare alle donne per la sua stessa sopravvivenza, insieme all’assunzione in toto della reinterpretazione femminista della storia, diventata cultura ufficiale dominante, e soprattutto al totale dominio di tutte le donne sulla grande maggioranza degli uomini: gli uomini beta. La frittata l’hanno fatta loro, per i loro interessi, fin dal giorno in cui hanno deciso che per salvare l’”azienda” era necessario nominare una donna amministratore delegato (metafora che prendo in prestito dal mio libro “Le donne: una rivoluzione mai nata”). Che se la sbrighino, io non corro a salvargli il culo. Una volta avresti parlato anche tu di uno “scontro interno alla borghesia”, ricordi Cesare? Bè, più o meno è quello che è accaduto e che sta accadendo, solo che alla questione di classe si è sovrapposta quella di genere. Ora abbiamo due gatte da pelare. La prima da sola non era sufficiente. E va bè… così sia…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
ALCUNE PRECISAZIONI ALL’ARTICOLO: “L’UOMO E LA DONNA, POVERI CAPPONI DI RENZO”
di Francesco Frigione
Constato con piacere la partecipazione attiva degli utenti al sito “Uomini Beta”, la consistenza sanguigna del blog e lo “sfondamento” verso i grandi temi sociali che il discorso di rapporto tra i sessi sembra permettere. Sono anche lieto che il mio contributo abbia stimolato una vivace discussione.
Mi sembra, per altro, che da molti commenti all’articolo traspaia la percezione di un mio tentativo di sfuggire ai problemi e ai conflitti reali, nel segno di una vaga astrazione che elude le differenze tra i sessi. Evidentemente non ho saputo esprimere adeguatamente il mio pensiero e sento il bisogno di aggiungere alcune precisazioni.
Chi può negare che esistano delle differenze tra i sessi? La questione verte sull’uso che ciascuna società fa di queste differenze. Naturalmente l’arbitrio della cultura non è mai assoluto poiché essa deve sempre fare i conti con una base istintuale, morfologica, biologica dell’essere umano: più ignora questi requisiti e più si accresce, per i singoli, la difficoltà a vivere in maniera soddisfacente il proprio sviluppo psichico ed esistenziale.
In breve, gli esseri umani soffrono più acutamente quando i dettami sociali li strappano con violenza ai fondamenti di abitabilità del proprio corpo, quando, entrati in guerra con esso, ne ignorano i bisogni e quando sono indotti a respingere le richieste degli istinti senza ottenere in cambio di tale sacrificio un’adeguata contropartita simbolica.
In presenza di una contropartita simbolica congrua il sacrificio viene avvertito, invece, come un trionfo, una conquista di autonomia e libertà maggiori.
Un esempio in proposito è il rito della tauromachia, con il quale per molto tempo si è celebrata la sottomissione delle forze istintive all’acquisizione dell’abilità tecnica tipica dell’uomo evoluto. Oggi, alla nostra coscienza, già satura di acquisizioni tecniche e intellettuali, ripugna la crudeltà lo spettacolo della corrida, in quanto, sostanzialmente, i problemi che la psiche collettiva deve affrontare si dispiegano su un altrove.
Ora, che ci piaccia o meno, la società contemporanea occidentale ha reso la rappresentazione simbolica legata all’appartenenza di genere più volatile, assai meno fissata alla realtà anatomica che in passato; inoltre ha modellato i corpi come unità mutevoli e cangianti, obbedienti più alle leggi dell’immaginazione che a quelle della natura.
Porto un esempio del primo caso: la cura “materna” e “paterna” della prole, con la sua differente simbolica, tradizionalmente legata alla relazione con il mondo degli affetti la prima e con quello sociale la seconda, viene svolta sempre più spesso in modo intercambiabile da uomini e donne, per necessità o per propensione spontanea.
Un esempio del secondo caso è rappresentato da tutti i rimodellamenti e i cambiamenti ai quali il corpo può essere sottomesso dalla chirurgia, in funzione dell’immagine che l’individuo se ne fa (in quanto esso viene a rappresentare la concretizzazione di uno stato mentale ideale, ovvero il corrispondente, sul piano individuale, di ciò che la statuaria divina ed eroica significava per le antiche collettività greca o romana).
Questa ridefinizione costante, in termini sempre più individuali, della natura del rapporto con la propria identità implica una ricerca di soluzioni estremamente fluide e instabili, nelle quali l’individuo ha dalla sua soltanto la capacità della propria coscienza d’indirizzarlo e illuminarlo. La difficoltà è grande poiché il singolo portatore di questa coscienza avverte il peso dei propri limiti e i pericoli insiti in questa libertà. Inoltre l’individuo deve sempre mediare la propria visione delle cose con i propri interlocutori, singoli o collettivi.
Un buon rapporto con se stessi implica, di fatti, sempre e ovunque la ridefinizione dei rapporti con gli altri. Non esiste un discorso dell’anima monadico; esiste, piuttosto, un coacervo di relazioni con cose, ambienti, persone, connotate da sensazioni, emozioni, sentimenti.
Le relazioni che realmente intratteniamo non avvengono mai, infine, con “la Donna” o con “l’Uomo”, se non nelle cavalcate più sbrigliate della fantasia astratta, ma perennemente con uno specifico individuo di sesso femminile o maschile. Quest’individuo – è difficile negarlo – si trova, a sua volta, ad operare scelte complesse e incerte in un mondo che modifica le proprie strutture sociali, economiche e la configurazione dell’ambiente fisico a una velocità incessante, una velocità alla quale la psiche ha seria difficoltà a star dietro.
E’ noto, a questo proposito, il racconto dei due antropologi europei in viaggio nelle selve dell’Amazzonia, i quali pungolavano il gruppo di portatori indigeni del loro seguito a marciare a tappe forzate verso l’obiettivo stabilito. A un certo punto i locali si bloccarono, rifiutandosi risolutamente di proseguire. Interrogati dai due studiosi sul perché della loro opposizione, spiegarono che i corpi avevano corso troppo mentre l’anima era rimasta indietro: per non smarrirla definitivamente dovevano fermarsi ad attenderla.
Lo spazio mentale necessario a metabolizzare processi così ampi e rivoluzionari, come quelli che viviamo sulla nostra pelle, richiede tempo per formarsi e, in seguito, pause e soste per eseguire la sua lenta digestione. Questo spazio fatica a configurarsi nella nostra epoca.
Uomini e donne appaiono egualmente spaventati della loro sorte, anche se a volte lo sono per motivi diversi, poiché danno peso a questioni distinte e pongono l’accento su punti non coincidenti. Entrambi hanno bisogno di comprensione per le difficoltà, le paure, le angosce che li tartassano nelle relazioni di coppia, familiari, lavorative.
Questo è tutt’altro che un discorso irenista, tendente a evitare il riconoscimento di errori e responsabilità precise, piuttosto è il presupposto, a mio modo di vedere, per poter operare questo riconoscimento in maniera efficace e puntuale, soprattutto nel campo della relazione “io-tu”, che è il fondamento della psicologia (individuale e di gruppo).
Non si acquisisce, né si sollecita, un’autentica nuova condizione di coscienza additando le colpe dell’altro e, contemporaneamente, declinando le proprie responsabilità, altrimenti questa operazione genera un rifiuto nell’interlocutore e una simmetrica tendenza all’accusa preconcetta. E’ bene, invece, confrontarsi riguardo a situazioni specifiche e definite: “Io mi sento così quando tu fai così. E tu?”, oppure, “Quando si verifica la tal cosa io provo questo. E tu?”. Lì, con cautela e modestia, si può risalire ai condizionamenti, alle radici dei problemi, ai motivi dei reciproci sospetti, degli inganni, dei raggiri, compiendo un discorso a viso aperto e coraggioso prima di tutto con se stessi.
Infine, anche sforzandomi proprio non riesco a vedere un sesso detentore assoluto di “rendite di posizione”, in quanto sesso. Quelli che distinguo sono problemi economici e sociali che pesano, a seconda dei casi, sugli uomini e/o sulle donne; oppure problemi di natura morale e retaggi striscianti che inficiano un’appropriata percezione degli effettivi bisogni e desideri personali e altrui.
Questi nodi s’intrecciano in ognuno di noi e procurano danni o benessere in funzione del grado di autocoscienza con il quale proviamo a scioglierli.
La psicologia che tende a questo innalzarsi della coscienza non è l’unico approccio ai problemi del mondo, ovviamente. Non è neppure, però, la cenerentola dei discorsi: poiché, in assenza di una profonda e meditata attitudine psicologica, ogni concetto, anche il più brillante, può diventare uno strumento di offesa e di sopraffazione.
Lo studio della psiche ci insegna, inoltre, che esistono specifiche tipologie individuali (quasi sempre in evoluzione nel corso dell’esistenza) che interagiscono con i condizionamenti sociali. Questi influiscono sull’espressione del carattere più autentico. Nel tempo, però, la “forza del carattere” tende a manifestarsi comunque.
Sappiamo che le donne vengono tradizionalmente educate al sentimento ed esse, in modo tipico, tendono a trascinare la relazione con gli uomini su questo terreno. D’altronde, senza un simile orientamento psichico, la cura sensibile della prole sarebbe assai ardua da immaginare e con essa lo sviluppo di una civiltà avanzata .
Una sessualità nuda e cruda raramente soddisfa le necessità relazionali di una donna, dato che l’incontro sessuale dischiude le porte dell’intimità individuale. Questa individualità, a sua volta, evidenzia aspetti del carattere delle persone altrimenti inafferrabili.
Allo stesso tempo bisogna sottolineare che gli uomini hanno appreso a riconoscere, da tempo incalcolabile, l’insidia di un discorso meramente sentimentale, una dimensione totalizzante della vita psichica, la quale conduce alla rimozione di altre propensioni psichiche, potenzialmente creative e feconde di contenuti culturali.
Nella nostra società i sessi, pur mantenendosi nell’alveo di atteggiamenti psichici tipici o tradizionali, operano una sempre maggiore mescolanza di competenze e orientamenti. Ciò sposta notevolmente il discorso dal versante collettivo a quello individuale. In quest’ottica l’individuo deve assumersi responsabilità più onerose nella gestione dei rapporti, ottenendo in cambio margini di libertà più ampi.
All’uso pieno di questa libertà dobbiamo adattarci, dunque, affinché dia impulso alle nostre esistenze e non ci angosci, invece, d’indurci a facili regressioni mentali.
Francesco Frigione(Quota) (Replica)
Concordo con Francesco che in ottica terapeutica la dimensione personale sia la più importante. Lo scopo è quello di far vivere il paziente nella realtà data, e poichè nessuna azione individuale può cambiarla improvvisamente, è necessario un certo grado di adattamento ad essa per non fuggire nella psicosi.
Detto questo, sarebbe altrettanto sbagliato disinteressarsi dei grandi processi di mutamento sociale considerandoli come ineluttabili. La storia la fanno gli uomini, non è tracciata a priori nel suo corso e nei suoi esiti. E’ dunque giusto tentare di individuare le cause prossime e remote dello stato di cose che viviamo e, se non ci piace, operare ciascuno per la piccolissima parte che gli compete al fine di cambiarlo secondo la propria visione del mondo.
” La società contemporanea occidentale ha reso la rappresentazione simbolica legata all’appartenenza di genere più volatile, assai meno fissata alla realtà anatomica che in passato; inoltre ha modellato i corpi come unità mutevoli e cangianti, obbedienti più alle leggi dell’immaginazione che a quelle della natura.”, scrive Francesco. Verissimo, ma se a livello individuale ho l’obbligo di confrontarmi criticamente con il prodotto di questo mutamento nella relazione senza uscirne folle o disadattato, se leggo questo mutamento in negativo in quanto “contro natura”, ho anche l’obbligo di dirlo e di agire, per quanto mi compete, perchè la società “si risani”. Voglio dire che la terapia deve avere lo scopo di mettere il paziente in condizione di vivere nella realtà data, non quello di fargli accettare l’esistente in modo acritico. Pena diventare uno strumento del potere, intenzione che certo non imputo a Francesco.
A Fabrizio vorrei dire, per quanto concerne la sua risposta a Cesare, che non è affatto “curioso” che membri dei Ms sentano il bisogno ed anche il piacere di intervenire su questo blog. Non è un caso, credo, che Cesare, io stesso, ma anche molti altri, abbiamo avuto un passato militante a sinistra, anche estrema. Saremo anche diventati “tradizionalisti e neoconservatori”, definizioni che personalmente non mi offendono affatto con l’unica precisazione che, poichè che da conservare c’è proprio poco, sarebbe più preciso definirci, con un filo d’ironia, “neoreazionari”. Saremo tutto questo insomma, ma non tetragoni e chiusi alla discussione. Sempre che tu, come promotore di questo blog, la ritenga complessivamente utile alla causa che persegui. Non è mia intenzione, ma sono certo nemmeno di Cesare, ostacolare in alcun modo la costruzione del tuo movimento a cui, come ho già avuto modo di scrivere, auguro di avere successo clamoroso, vista la platea a cui preferibilmente ambisce rivolgersi.
armando
armando(Quota) (Replica)
Ribadisco per l’ennesima volta, caro Armando (ma mi rivolgo a tutti, e spero che sia la volta definitiva), che il blog è ASSOLUTAMENTE LIBERO e aperto a tutti. Anche perchè, se così non fosse, non avrebbe neanche senso…
A differenza del sito che, ribadisco ancora, funziona come qualsiasi altro organo di informazione, con una sua linea editoriale e politica.
Il fatto che personalmente trovi singolare che uomini appartenenti ad altri movimenti scelgano il sito degli Uomini Beta, diciamo così, come “agorà”, per discutere temi che appartengono alla loro filosofia e alla loro cultura, non modifica di una virgola il loro diritto a farlo in assoluta libertà. Nè ciò costituisce nocumento alcuno allla discussione, che anzi, è arricchita dal contributo di opinioni diverse, nè tanto meno alla crescita del nostro Movimento. Aggiungo, con un pizzico di presunzione, che forse questa scelta è dovuta proprio alla consapevolezza di avere a che fare con una novità che potrebbe rappresentare (forse) un svolta per il Momas.
Personalmente (ma ripeto, è un fatto personale) sono da tempo stanco di rimestare in discussioni sulle quali ci siamo seccati la lingua e ci siamo fatti venire il crampo alle mani a forza di scrivere e che a mio parere hanno paralizzato la nostra iniziativa.
Ma questo è un aspetto che riguarda me, non gli altri. Avete totale libertà. Non sono obbligato ad intervenire sempre e comunque. Mi pare di avere già detto moltissimo ad esempio sulla questione (annosa) “natura-cultura”. Spero di avere chiarito a sufficienza la mia posizione in merito.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Francesco Frigione:
“Non si acquisisce, né si sollecita, un’autentica nuova condizione di coscienza additando le colpe dell’altro e, contemporaneamente, declinando le proprie responsabilità, altrimenti questa operazione genera un rifiuto nell’interlocutore e una simmetrica tendenza all’accusa preconcetta”
Vero, ma credo che in questa epoca e in questa societa’, tale critica (costruttiva) vada rivolta in primis alle donne, le quali, di norma, sanno solo criticare gli uomini senza assumersi mai la responsabilita’ di nulla.
Viceversa, la stragrande maggioranza degli uomini sa solo autoflagellarsi: per accorgersene basta ascoltare e leggere attentamente.
Strider(Quota) (Replica)
Con gli ultimi due interventi, quelli di Francesco e Armando, mi pare si sia giunti finalmente al nocciolo del discorso.
Francesco dice cose giuste (l’ultimo post e’ incontestabile), ma ahime’, la prevenzione della malattia (psicosi individuali) causate dalle derive sociali, non rientra tra gli scopi dell’appoccio psicanalitico, che casomai, si interessa, una volta sopraggiunta il malessere … alla sua cura.
Su questo tema Galimberti dice una cosa illuminante, non piu’ il disagio all’interno di una cultura (approccio psicanalitico) ma, il disagio indotto da una cultura e dal suo collasso. (approccio filosofico).
Ben diverso infatti e’ l’approccio di chi, almeno in linea di principio, vorrebbe impedire la deriva sociale, l’annessa malattia, e la sua soluzione ne “la cura”..(optando per la prevenzione), cambiano le categorie, ed ovviamente non si puo’ prescindere da quella principale (perche’ partizione in due la societa’) che e’ proprio, il genere sessuale.
E’ per questo che Francesco dice, “un buon rapporto con se stessi implica … la ridefinizione dei rapporti con gli altri.”, al quale Rino evidenzia, opponendosi, lo slogan delle Redstockings , “Sono gli uomini che debbono cambiare, non noi”.
Io, non vogliamo cambiare, caro Francesco, non voglio “la cura”, preferisco il disagio, ma non Voglio cambiare….e lo sai perche’?
Perche questa e’ la mia. Volonta’.
Cmq, qui su uominibeta, si stanno portanto avanti delle discussioni di gran qualita’, merito ovviamente, del “calibro” degli utenti intervenuti.
Animus
Animus(Quota) (Replica)
Hai ragione, Animus, la qualità e il livello del dibattito è molto elevata. E il merito va a tutti coloro che, pur nelle rispettive specificità e differenti fomazioni culturali, lo stanno animando. Sono molto fiero di questo.
Non credo sinceramente che, nel variegato e complesso mondo della rete, ci siano tanti contesti e comunità capaci di sviluppare una discussione di questo livello e intensità. E non penso di peccare di presunzione…
Un sincero e caldo ringraziamento veramente a TUTTI.
Se continuiamo con questo spirito non potremo che crescere.
Fabrizio Marchi
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Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@Rino “….nulla vieta che qualcuno possa tracciare le linee generali di quel che è (sarebbe, vogliamo che sia) la QM. Profilo da metter giù da ora sia pur in termini sinteticissimi, pur di avere una traccia su cui argomentare.
Invito caldamente Iulbrinner a farsene carico.”
Posso tentare una sintetica definizione, oltre ad alcune considerazioni a corredo, nonostante l’evidente OT.
La questione maschile è, a mio giudizio, l’atto di reazione e ribellione di alcuni di noi ad una sentenza di condanna ideologica che grava sulla testa dell’uomo (dell’identità maschile) in quanto ritenuto espressione di un’antropologia “sbagliata” e colpevole, da rifondare sul modello femminile al fine di erigere una società che sostituisca l’emozionale al pragmatico, la cooperazione alla competizione, l’uguaglianza burocratica alle differenze sociali ed il “negoziato” al rapporto umano.
Il carattere prettamente ideologico della condanna va ricercato nell’interpretazione storica (nella storiografia) sulla quale essa si fonda che è di derivazione strettamente marxista e che concepisce i fatti sociali storicamente determinati sinora come rapporti di dominio e le motivazioni retrostanti nella logica esclusiva del potere.
L’obiettivo della sentenza di condanna è la realizzazione di una società utopica di uguali, intercambiabili ed indifferenziati soggetti le cui espressioni personali possano trovare spazio e cittadinanza solo nella contrattazione della vita quotidiana e nella sindacalizzazione e burocratizzazione artefatta dei rapporti umani; in altri termini, la società comunista di cui già Aristofane (se non ricordo male) aveva letterariamente immaginato la realizzazione sotto il potere politico femminile.
Questo in termini necessariamente sintetici e generali ma che individuano in positivo, a mio avviso, i principi sui quali una QM consapevole dovrebbe attenersi per coerenza:
– riconoscimento e valorizzazione delle differenze umane
– libertà d’espressione e d’azione da poteri sovraordinati che vogliano invasivamente condizionare e modellare le coscienze per uniformarle ad un modello astratto
– autenticità della persona e dei rapporti umani
– ripudio di ogni ipotesi di ingegneria sociale ideologica mirante a costruire “l’uomo nuovo”
– rispetto della natura umana e delle leggi naturali.
Manca ad oggi, per quanto se ne può vedere, il soggetto politico capace di incarnare queste istanze che, personalmente, identificherei con un ideale conservatore di cui, peraltro, nel nostro Paese non c’è traccia né tradizione alcuna.
Difficilmente, a mio modesto avviso, questo genere di istanze risulta conciliabile con una prospettiva di sinistra, per tutte le ragioni facilmente desumibili dalle cose sinteticamente dette sinora.
Considerazioni a corredo (tra le infinite possibili).
La figura tradizionale di uomo quale attore pragmatico, modificatore della natura e del proprio ambiente, costruttore del proprio destino attraverso il pensiero razionale e del proprio spazio vitale attraverso la competizione, proteso nella propria affermazione pubblica attraverso l’attitudine al rischio e l’accettazione del conflitto, geloso custode della propria genìa attraverso la famiglia e di tutto quanto ancora sappiamo essere parte costitutiva del nostro patrimonio genetico comune, sembra non esserci davvero più alcun bisogno nel contesto dell’opulenta e soddisfatta società occidentale.
Dopo avere costruito un’intera civiltà, sporcandosi anche le mani, la faccia e l’intera figura, come inevitabilmente succede a chi si confronta con la materia bruta e l’ostilità della natura, dell’homo faber ci si può oggi liberare senza problema alcuno, così come un’arredatrice d’interni può tranquillamente fare a meno dell’architetto, del capomastro e dei poveri manovali che hanno costruito gli edifici entro i quali lei può, oggi, sbizzarrire la sua fantasia estetica di dettaglio; potrà, anzi, guardare a quelle figure sporche, sudate ed oramai inutili con quel tanto di disgusto che ordinariamente si riserva agli esseri inferiori.
L’uomo in quanto “maschile” dovrebbe essere licenziato dalla società e messo alla porta della storia, perché di lui, della sua forza, del suo coraggio, delle sue ruvide ma costruttive qualità creative è venuta meno l’utilità sociale in un mondo oramai già edificato che va avanti per proprio conto.
Se tutto questo abbia a che fare con la soggettività personale e con la crescente centralità dell’individuo – come vorrebbe Forgione – o non, piuttosto, con l’oggettività di dinamiche storico-sociali ben definite, lo lascio alla valutazione soggettiva di chiunque voglia darsi questo tipo di risposte.
iulbrinner(Quota) (Replica)
Con tutto il rispetto che ho per la tua competenza in materia di Qm, Iulbrinner, dato che ti ritengo, e credo senza sbagliare, tra coloro che sono ai “vertici” di questa materia, quello che vedo hai composto pero’, piu’ che una traccia comune a tutte le istanze maschili, una critica ad una determinata parte….
Non voglio dire che non concordo con “in altri termini, la società comunista di cui già Aristofane aveva letterariamente immaginato la realizzazione sotto il potere politico femminile.”, su Marx, etc., e dunque che la concezione setssa di societa’ comunista ha matrice/polarita’ femminile, in altre parole sono concetti/critiche che avevo espresso io stesso a Fabrizio, evidenziando come il “progetto” comunista non sia altro che la realizzazione in chiave moderna di una pulsione psichica antica, ovvero la realizzazione di una societa’ matriarcale.
E’ chiaro che se questa pulsione e’ una pulsione reale, antropocentrica (non sociale) e da cui tutto deriva ed inoltre storicamente EMERGENTE, la si dovrebbe trovare sia nel modello comunista, ma anche nel suo opposto, in quello capitalista/consumista.
Come infatti e’.
Io cmq continuo a pensare che una base comune non esista, poi, ognuno e’ libero di usare il proprio tempo come crede.
Animus
Animus(Quota) (Replica)
Iulbrinner, sarò franco. Sei immerso fin nei capelli in una gigantesca contraddizione. Lamenti il fatto che il Momas non è stato capace in tutti questi anni di trovare una sintesi unitaria e poi scrivi una sorta di documento che va esattamente nella direzione opposta . Tu stesso peraltro lo affermi quando dici espressamente “difficilmente questo genere di istanze risulta conciliabile con una prospettiva di sinistra…E lo vieni a dire su un sito dichiaratamente di sinistra dopo aver scritto tre o quattro post in cui addebitavi la fragilità del movimento maschile alle sue divisioni interne e alla necessità di costruire addirittura un punto di arrivo comune…!
Il tuo documento è assolutamente di parte (non c’è nulla di male a patto però di non criticare gli altri perché non lavorano ad una sintesi unitaria), offre una interpretazione della QM assolutamente parziale, anzi partigiana, sia da un punto di vista culturale e filosofico, sia da un punto di vista politico.
Non so neanche se definirti un conservatore (nulla di male anche in questo). Potrei farlo (perché in effetti lo sei) ma nello stesso tempo, affermando questo, farei un torto ai MS con i quali, se ho capito qualcosa di quel Movimento, hai ben poco a che vedere.
A mio parere, perdona la estrema franchezza, la tua è una concezione molto stereotipata della maschilità che non c’azzecca nulla né con noi né con gli MS.
Andiamo per punti. Insisti molto sul concetto di “pragmatismo” che sovrapponi totalmente fino a confonderlo, con quello di “homo faber”. Facendo questa operazione non ti rendi conto (questa è la mia presunzione) di cadere nella più banale e colossale delle mistificazioni portate da sempre avanti dal “femminile”. Cioè l’uomo pragmatico da una parte e la donna sognatrice dall’altra, l’uomo sempre alle prese con le vicende concrete della vita vissuta (il lavoro, la competizione, l’affermazione sociale ecc.) e la donna immersa invece nel mondo delle emozioni, della spiritualità, dei sentimenti. Insomma l’uomo che guarda a terra e la donna che guarda in alto. L’uomo è la terra, secondo la tua concezione, e la donna è il cielo; la tenutaria della vita spirituale e del mondo delle emozioni. Ma via…Nulla di più falso. Questa è la storiella che è stata raccontata proprio per imbrigliare gli uomini e ingabbiarli psicologicamente all’interno di determinati schemi preconfezionati ( stronzate fra le quali quella “l’uomo pensa sempre al sesso e la donna invece è più “romantica”…”). A mio parere è l’esatto contrario. L’uomo è zavorrato a terra dalla sessualità. Libero da questa l’uomo tende a veleggiare verso le “alte sfere”; è invece proprio la donna (e la sua sessualità, e la maternità…) che lo trattiene a “terra”. Naturalmente in questo non c’è un bene o un male, non c’è un positivo o un negativo, né tanto meno un superiore o un inferiore. Sono solo caratteristiche (vedi, sei riuscito anche, una volta tanto, a farmi dare ragione ai MS) che appartengono di più o di meno ad un genere piuttosto che a un altro, fermo rimanendo che la realtà (e quindi anche gli esseri umani) è in costante divenire e quindi gli esseri umani, come tutto il resto, sono soggetti a questa altra grande legge dell’universo: il divenire. E’ errato quindi considerare l’ontologia, l’essere, come immutabile.
Non solo. La tua concezione della razionalità maschile è ancora più ingabbiata e soprattutto impoverita proprio perché sostanzialmente ridotta a mero pragmatismo. Consegni al “femminile” l’irrazionalità”, qui intesa in senso negativo, cioè come rinuncia alla ricerca di logica e coerenza (e su questo siamo d’accordo). Ma la irrazionalità, concepita in un senso più ampio e profondo non è solo assenza di logica così come la razionalità non è soltanto un teorema matematico o dei calcoli per costruire un ponte. Esiste la teologia, la mistica, la spiritualità, la metafisica, la profezia e gran parte di questi sono stati territori maschili (la mistica no, per la verità ci sono state molte donne mistiche).
Mi pare, in soldoni, che la tua idea della maschilità sia molto scontata e stereotipata, tipica di una destra, diciamo così, un po’ “muscolare” e poco spirituale, e che, soprattutto, sempre a mio parere, scusa sempre la franchezza, ha capito ben poco di quanto è accaduto e sta accadendo.
E passo al punto successivo. Cito testualmente il tuo passo: “La questione maschile è, a mio giudizio, l’atto di reazione e ribellione di alcuni di noi ad una sentenza di condanna ideologica che grava sulla testa dell’uomo (dell’identità maschile) in quanto ritenuto espressione di un’antropologia “sbagliata” e colpevole, da rifondare sul modello femminile al fine di erigere una società che sostituisca l’emozionale al pragmatico, la cooperazione alla competizione, l’uguaglianza burocratica alle differenze sociali ed il “negoziato” al rapporto umano.
Il carattere prettamente ideologico della condanna va ricercato nell’interpretazione storica (nella storiografia) sulla quale essa si fonda che è di derivazione strettamente marxista e che concepisce i fatti sociali storicamente determinati sinora come rapporti di dominio e le motivazioni retrostanti nella logica esclusiva del potere.
L’obiettivo della sentenza di condanna è la realizzazione di una società utopica di uguali, intercambiabili ed indifferenziati soggetti le cui espressioni personali possano trovare spazio e cittadinanza solo nella contrattazione della vita quotidiana e nella sindacalizzazione e burocratizzazione artefatta dei rapporti umani; in altri termini, la società comunista di cui già Aristofane (se non ricordo male) aveva letterariamente immaginato la realizzazione sotto il potere politico femminile”.
Ti dico la verità; a parte le prime tre righe e mezzo sulle quali concordo, per il resto leggendo le tue parole resto a bocca aperta. Siamo nell’era del capitalismo globale dominante su scala planetaria (fra poco lo esporteremo anche su Marte), con il trionfo di tutti i suoi valori, competizione sfrenata, diseguaglianza strutturale fra gli individui, lotta sfrenata di tutti contro tutti per il successo, il profitto e l’affermazione sociale e individuale senza esclusione di colpi (dovrebbe piacerti…non vedo perché ti lamenti, visto il tuo modo di vedere la realtà) e invece, a stare a sentire te, sembrerebbe che siamo all’anticamera del comunismo (crollato ufficialmente un ventennio fa…)…Bah, è proprio vero che il mondo è bello perché è vario e si possono trovare mille modi diversi di leggere la realtà…
Ma a parte questo, la nostra interpretazione è proprio l’esatto contrario della tua. Noi riteniamo che il “femminile”, purtroppo (e sottolineo purtroppo), si sia comodamente allocato all’interno di questo sistema che si guarda bene dal cambiare perché è proprio all’interno di questo che trae i suoi vantaggi e la sua posizione di potere sulla maggioranza degli uomini (i beta). Un sistema che esalta il lato peggiore della femminilità, quella dello scambio mercantile, del mercimonio, della mercificazione, del disprezzo nei confronti degli uomini che non corrispondano ai modelli maschili dominanti, e tu mi vieni a dire che il problema è “nell’interpretazione storica di derivazione marxista…il cui obiettivo è la realizzazione di una società utopica di uguali, intercambiabili ed indifferenziati…ecc. ecc.”.
Ma cosa vai dicendo? Scusa ma non interpreto il ruolo tradizionale del moderatore del sito, cosa di cui non me ne frega nulla. Esprimo le mie opinioni sinceramente come tutti voi (sempre nel rispetto di tutti).
A parte il fatto che confondi terribilmente (e su questo già ho scritto un post) il concetto di eguaglianza nella diversità (di derivazione marxista) con quello di indifferenziazione e di massificazione tipico dell’ideologia capitalistica dominante. Sono due concetti completamente diversi che non possono assolutamente essere confusi (io sono di formazione marxista ma ti assicuro che sono ben cosciente della mia individualità alla quale non rinuncerei per nessuna cosa al mondo…). E questa è un’altra delle truffe di questo sistema che a parole si fonda sui principi del liberalismo, e cioè sulla valorizzazione dell’individuo, ma in realtà lavora scientificamente alla sua massificazione (che non significa eguaglianza altrimenti non la chiameremmo “massificazione” ma appunto eguaglianza) , declinando il concetto di individualità sui soli binari della competizione economica e riducendo l’uomo a “homo aeconomicus” Personalmente credo che l’uomo sia qualcosa di più di questo….
In ultimo. Ciò che noi sosteniamo sul femminismo è ancora una vota l’esatto contrario di ciò che sostieni tu. Noi riteniamo che il femminismo abbia preso in prestito la concezione marxiana del conflitto di classe nella storia applicandolo al conflitto fra i generi. Un’operazione qualunquistica e interclassista (quindi l’esatto contrario del marxismo), perché per le femministe tutti gli uomini, sempre, comunque e dovunque e soprattutto di qualsiasi condizione sociale (quindi l’esatto contrario di una visione “di classe”) sono gli oppressori delle donne, e queste ultime, sempre, comunque e dovunque, e di qualsiasi condizione sociale, sono oppresse dagli uomini.
Ora, questa concezione, diventata cultura dominante (quindi del capitalismo dominante) è stata assorbita pro domo sua dal sistema (di cui le donne, a differenti livelli, funzioni, responsabilità, fanno parte, come gli uomini d’altronde) che ha stretto un patto (tacito) con le donne, o con una parte di esse, e le ha cooptate perché ne aveva una disperata necessità; ne valeva della sua stessa sopravvivenza. Questa cooptazione, come ho già avuto modo di dire più volte ma lo ripeto, è costata carissima al sistema. Un sistema, e anche questo è uno dei suoi grandi punti di forza rispetto ad altri modelli sociali che la storia ha conosciuto, molto “plastico”, se mi passate il termine, capace di modellarsi e di rinnovarsi anche profondamente senza però trasformare le sue fondamenta.
E’ qui, in questa congiuntura, che le donne e il femminismo prima maniera, irrompono sulla scena, ormai una quarantina di anni fa. Con una prima apparente ondata che sembrava avere, in parte (solo in parte) dei caratteri addirittura rivoluzionari ma che in realtà viene ben presto fagocitata dal sistema che disinnesca quei caratteri e assume strumentalmente quel pensiero facendolo suo e piegandolo al suo fine. Naturalmente non è stata né un’operazione indolore né a senso unico ma un incontro di due “volontà”, diciamo così, che si sono compenetrate fino a diventare una sola cosa. A tal proposito sto per scrivere un articolo che forse potrà aiutare alla comprensione di ciò che sto spiegando.
In conclusione, caro Iulbrinner, fermo rimanendo, ma sono anche stanco di ripeterlo, che hai il pieno diritto di stare qui a dare il tuo contributo in assoluta libertà (e ci fa piacere), mi pare che tu con la filosofia e l’interpretazione della realtà degli Uomini Beta, c’azzecchi ben poco. Ma non solo con noi, a mio parere, perché come ripeto, la tua concezione avrebbe difficoltà a trovare una dimora anche in altri movimenti maschili (penso ai MS). Nulla di male, sia chiaro, la tua è una posizione autonoma, ma non può certo pretendere di essere una sintesi né può permettersi di criticare gli altri perché non fanno uno sforzo per cercarla. Perché tu per primo, peraltro giustamente, a mio avviso, non lo fai (come noi non lo facciamo per scelta). Un po’ più di coerenza logica non guasterebbe. Senza nessun intento offensivo, sia chiaro.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio
“L’uomo è zavorrato a terra dalla sessualità. Libero da questa l’uomo tende a veleggiare verso le “alte sfere”; è invece proprio la donna (e la sua sessualità, e la maternità…) che lo trattiene a “terra””.
E’ così, nella maniera più assoluta.
Silver(Quota) (Replica)
Intanto vorrei evidenziare che ho semplicemente risposto a Rino il quale mi ha invitato “caldamente a farmi carico” di una possibile definizione della QM, “nelle sue linee generali, per avere una traccia su cui argomentare”.
Io la mia traccia l’ho messa ed ora Rino o chiunque altro lo voglia avrà modo di “argomentare” in merito, se lo riterrà utile o interessante.
Constato, inoltre, che Animus riesce a contestare la mia posizione dandomi contemporaneamente e paradossalmente ragione sulla questione centrale in argomento; ossia la mancanza (l’inesistenza attuale non significa che essa non “possa” esistere) di una base comune. Come se io avessi detto qualcosa di diverso quando ho sostenuto che “sono personalmente convinto che non esista, ad oggi, una definizione chiara di cosa sia la questione maschile (ognuno ha la propria), una proposta in positivo (invece, di un’eterna affermazione in negativo di ciò che non si vuole più) e, in sintesi, uno statuto definito, chiaro e riconoscibile intorno e sulla questione nel suo insieme.”
Che, poi, questo non debba essere visto come il fondamentale limite su cui si sono arenati ad oggi tutti gli sforzi prodotti per fare della QM una questione riconosciuta e pubblicamente dibattuta è cosa di cui non riesco, davvero, a capacitarmi. Come se, stando al capezzale di un ammalato, le più diverse diagnosi e proposte di cura dei dottori chiamati a dargli la guarigione fossero tutte valide allo stesso modo perché, in definitiva, mirano tutte a salvare la vita del moribondo. Il problema è che non si può curare un’infezione con gli anticoagulanti e un infarto con le penicilline, nonostante le migliori intenzioni salvifiche dei guaritori. A meno che non si concepisca la malattia come un fenomeno legato alla soggettività – Frigione docet – a cui ognuno può dare la risposta che crede migliore per sé stesso o per gli altri; senonché questa è psicoterapia – non medicina – ed il problema rimane inesorabilmente legato alla diagnosi di partenza.
Ma tutto questo, evidentemente, è solo un mio problema e non intendo farlo diventare problema di altri. Con ciò, però, rispondo anche a Marchi.
Come già più volte detto, non intendo in alcun modo entrare in un contenzioso ideologico con te ed il tuo movimento, nel qual caso avrei già risposto punto per punto ai tuoi rilievi senza limitarmi a dare una semplice visione d’insieme, inevitabilmente generalizzante, sintetica ed approssimata – quindi, anche affidata a stereotipi facilmente ed immediatamente leggibili – che rappresentano semplicemente il mio punto di vista e non una contestazione al tuo. Non altrettanto sembra potersi dire per te che, liberamente, affermi che la questione è così, punto e basta e chi dice il contrario vuol dire che non ha capito nulla.
Potrà anche essere che non ho capito nulla e vago nel mio disorientamento storiografico e politologico senza speranza alcuna; ma ribadisco, semmai lo si dovesse dimenticare in qualche momento, che io porto semplicemente le mie opinioni (non ho verità di fede da rivelare) e, nella circostanza specifica, le ho messe a disposizione di Rino che ne ha fatto richiesta esplicita.
Sarà sua cura, ora, farne quello che riterrà opportuno, se la discussione è veramente libera ed aperta e di qualche interesse per lui o per altri.
In caso contrario, sia per lui, sia per te, sia per altri, pazienza.
iulbrinner(Quota) (Replica)
Iulbrinner, mi pare di averti risposto senza alcun livore evidenziando quelle che secondo me sono delle tue contraddizioni nonchè la distanza filosofico-interpretativa che ci separa. Il fatto che sia stato Rino a chiederti di spiegare cosa sia per te la QM, non significa che il sottoscritto, peraltro ideatore e fondatore del sito, non possa risponderti. Essere considerato come uno che non si fa gli affari suoi (perchè sarei entrato in una epistolario personale fra te e Rino) nel sito che ho fondato e che gestisco mi sembrerebbe veramente esagerato.
Se poi a volte uso delle espressioni del tipo “chi non ha capito questo non ha capito nulla di ciò che è accaduto”, è chiaro ed evidente che non penso che il mio interlocutore sia un imbecille, anche perchè non ho nè questa presunzione nè questo pensiero. E se questo è ciò che hai personalmente avvertito me ne scuso ma non era mia intenzione. Semplicemente penso che ci sia una diversità tale nell’intepretare la realtà che rende impossibile una collaborazione o una sintesi.
Detto ciò, però l’ho ormai ribadito troppe volte, e francamente sta diventando un atteggiamento da “politically correct”, la discussione sul blog è ASSOLUTAMENTE LIBERA. Puoi scrivere quello che vuoi quando vuoi. Non mi pare proprio che questo sia mai stato messo in discussione.
Aggiungo che, se ritenessi i tuoi interventi non degni di nota, è chiaro ed evidente che neanche ti risponderei nel modo (abbastanza corposo direi, o no?) in cui ti rispondo ma sceglierei di glissare. Come vedi non solo non glisso ma impiego un bel po’ di tempo nel risponderti. Non hai riflettuto su questo? Evidentemente no, altrimenti non continueresti a lamentarti, come stai facendo negli ultimi post sul fatto che “se il tuo contributo disturba allora lasciamo perdere, oppure se la discussione è realmente libera…” ecc. ecc.
Suvvia, andiamo avanti e proseguiamo il dibattito nel merito delle cose…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“L’uomo è zavorrato a terra dalla sessualità. Libero da questa l’uomo tende a veleggiare verso le “alte sfere”; è invece proprio la donna (e la sua sessualità, e la maternità…) che lo trattiene a “terra””.
E’ così, nella maniera più assoluta.
Esattamente così, concordo pienamente.
E poichè il cielo, ossia le “alte sfere” disancorate dalla terra simbolicamente femminile si perdono in una “spiritualità” astratta e in definitiva inumana, mentre la terra senza il cielo simbolicamente maschile rimane ad uno stato “animale” (non si fraintenda, per cortesia), ne discende che uomini e donne sono necessari l’un altro.
L’uomo (inteso come persona umana) non è solo materia (il corpo, la terra) e non è solo spirito (la coscienza) ma entrambe le cose. Così lo slancio verticale maschile, impersonificato nel mito da Icaro, rischia di bruciarsi le ali e riprecipitare pesantemente nell’elemento materiale (la terra) da cui voleva distaccarsi quando sale troppo in alto verso la luce accecante del sole. Al contrario, quando sta troppo basso le sue ali si bagnano, si inumidiscono troppo e non riuscirà più a volare.
Il destino (difficile) e il compito insostituibile del maschile sta nel riuscire a volare alla giusta altezza. E’ ciò che la civiltà moderna non riesce più a fare, soffrendo di schizofrenica mancanza di integrazione. La scienza, da un lato, allontana l’uomo da sè stesso facendogli balenare la possibilità di autogenerarsi senza più l’intervento della natura accentuando enfaticamente la propria potenza intellettuale. Ma dall’altro, e contemporaneamente, materializza (e mercifica) ogni aspetto della vita. Abbiamo così, mi pare, il massimo di spirito astratto e il massimo di materialismo.
armando
armando(Quota) (Replica)
Ringrazio Iulbrinner per aver prontamente accolto l’invito a metter giù alcuni passaggi di quella piattaforma comune del MoMas la cui definizione egli solletica (peraltro da tempo). In tal modo abbiamo già un po’ di polpa da masticare.
1 – Mi sembra subito evidente che l’impostazione generale (e perciò anche le osservazioni particolari) provino come impossibile proprio il raggiungimento dell’obiettivo auspicato. Si tratta infatti, come del resto Iulb stesso dichiara, di una proposta che trova riferimento in una visione idealpolitica di tipo conservatore e che, per ciò stesso, una buona parte (almeno la metà) degli uomini non può far propria. Non può farlo, a meno che abbandoni la collocazione attuale e traslochi verso lo schieramento opposto.
A trasloco avvenuto vi sarebbero forse le basi per la condivisione di una prospettiva comune, attinente non solo alla pars destruens ma anche alla construens (perché è qui il busillis). Scrivo “forse” perché anche in quel caso resterebbero comunque differenze rilevantissime pur se all’interno di una visione condivisa. Infatti esistono differenze già tra conservatori, tradizionalisti e neoreazionari (per dirla con Armando), differenze forse superabili, mentre ve ne sono di incompatibili tra quelli e i libertari di destra (liberisti, abortisti, individualisti, antiidentitari, anglosferofili etc.) incarnati, in ambito MoMas, dalla piccola ma significativa esperienza di PDU (Pari diritti per gli uomini di Marco Faraci). Piccolissima realtà (storica) nel MoMas, ma viva e amplissima nella società, come ha provato la debâcle elettorale di Ferrara con il suo “Aborto No Grazie”. Dunque non solo gli uomini di Sx dovrebbero migrare a Dx, ma neppure questo basterebbe, perché nella Dx stessa i conservatori sono una minoranza. Dunque anche la massa modernista della Dx dovrebbe sostituire la sua bandiera.
Il che è inconcepibile, perché le visioni idealpolitiche affondano le loro radici nella profondità del sentire, dell’agire e dell’essere.
In che senso allora una piattaforma potrebbe mai diventare comune o raccogliere i consensi, se non di tutti, almeno di una cospicua maggioranza degli UU? Date le condizioni nelle quali ci troviamo qui in Italia (peraltro non molto dissimili dal resto dell’Occidente) ogni ipotesi in tal senso è condannata in partenza.
2- L’esperienza di U3000 parla chiaro e nella stessa direzione. Quella proposta offriva (e offre tuttora, giacché non è morta), una lettura che doveva essere capace di catturare UU di ogni provenienza, senza però predeterminarne la direzione successiva. Per far ciò era essenziale evitare di suggerire le vie attraverso le quali debba orientarsi la società futura, in quanto è proprio qui, nella pars construens, che immediatamente emergono le divergenze insanabili, tutte riconducibili alle diverse posizioni idealpolitiche.
Per questo motivo U3 si è mosso in senso quasi esclusivo sul versante destruens, ossia l’analisi, la denuncia, la critica, la destrutturazione, leggendo la QM in termini transpolitici. Nonostante quest’attenzione quasi maniacale nel non suggerire indirizzi e prospettive, non si può certo dire che abbia raccolto messi di consensi o stuoli di attivisti.
Del resto non riuscì a decollare neppure il tentativo di costituire il COMMA nel 2002/03 ad opera di MS, U3, Istituto Studi Paternità etc., la cui funzione prevista sarebbe stata quella di un semplice Ufficio Stampa comune. Non si giunse neppure a quello.
3- Bisogna prendere atto (come è stato per me: obtorto collo) che le posizioni ideali prevalgono nettamente, sistematicamente e irrimediabilemente e sono leggibili con soprendente immediatezza in quasi tutte le prese di posizione, i commenti, le proposte e le iniziative espresse dal MoMas. Dunque – per me – non resta che prendere atto della realtà. Una piattaforma comune è impossibile.
Invece è ben possibile la sottoscrizione (tacita) ma con il pieno rispetto fattuale, di un Patto di unità di azione tra le diverse componenti (individui o gruppi che siano), come hanno fatto sempre forze diverse (o magari opposte) quando si sono trovate a dover combattere un avversario comune. Gli esempi sono infiniti. Questo Patto di Unità di Azione ha una sua condizione minima che consiste in questo: nell’evitare qualsiasi attacco di una componente contro l’altra. Non solo a livello di gruppi, come fortunatamente sta avvenendo, ma anche di singoli, cosa che invece non avviene e ciò a detrimento della causa (d’altra parte nei confronti dei singoli non si può far altro che esercitare una blanda moral-suasion). Poi, altro sono gli attacchi, altro le critiche, questo è ovvio.
Che ciascuno agisca secondo la sua linea di pensiero, secondo il suo carisma storico, poi, il giorno successivo alla Caduta del Regime, si vedrà il da farsi.
Io la vedo così.
Rino
RIno(Quota) (Replica)
Patto di Unità di Azione che poi è l’esercizio personale e/o di gruppo, in ambito proprio e prevalente della soggettività (che si apre ad uno spazio di intervento di ampiezza e concretezza straordinaria, forse senza limite, e forse l’unico che conta davvero e di cui davvero c’è necessità), di nutrire stima e rispetto e praticare la solidarietà per i padri e i maschi del MoMas ( ma a mio avviso è strategico che lo si faccia x tutti indistintamente: gli altri infatti non sono la stragrande maggioranza che dobbiamo raggiungere?), ovvero avere nei loro confronti, un atteggiamento di empowerment. E’ l’altro lato del patto che Rino propone (se ben ho capito), fatto di un lato che vieta il combattersi e dell’altro lato che obbliga a sostenersi. Senza questo sentire profondo che altro faremmo se non comporre e ricomporre per l’ennesima volta sofisticati concetti in sofisticati mosaici, restando ciascuno ostilmente schierato dalla propria parte politica e ideologica? e vuoti come “cembali sonanti”. Le parole che contano sono quelle di chi è riconosciuto tale perchè si impegna per l’altro. Devo constatare che da dieci e più anni, tra chi lo ha tacitamente sottoscrito, questo patto funziona molto bene.
ckkb(Quota) (Replica)
Mi sembra che l’analisi di Rino sia perfetta. Mi pare che non ci sia altra strada percorribile. Personalmente mi sforzo di far capire a tutti che in questo momento è per noi, Uomini Beta, assolutamente centrale e strategico far crescere il nostro Movimento, sul suo terreno. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è quella di estenuarci in confronti-scontri con altri movimenti.
Altra cosa è la discussione e il confronto che sono necessari e utili. Aggiungo che la ricchezza del dibattito sul blog, innegabile a mio avviso, e ne sono orgoglioso perchè significa che un pezzettino di merito è anche del sottoscritto, può sicuramente far crescere tutti e, a volte, come è accaduto poco fa con Armando, consente di individuare anche dei punti di condivisione.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sai Fabrizio, se non credessi nella possibilità di individuare punti di condivisione non sarei quì a discutere con passione di queste cose. E ci mancherebbe altro che così non fosse. Stiamo parlando di QM, e siamo tutti maschi, dunque alla fine condividiamo qualcosa di molto profondo al di là delle differenze di idee o di ideologie.
Qualcosa che è inscritto profondamente nel nostro corpo, come è per le donne nel loro, oltre la cultura. Che influenza e determina anche la cultura e che nessuna cultura potrà mai annullare completamente (almeno mi ostino a sperare, ma se così accadesse a quel punto avremmo cessato ogni funzione).
Voglio dire insomma che quando parlo con un uomo, seppure di idee opposte alle mie, quando smettiamo di ragionare di politica (uffa che palle) e parliamo del nostro essere uomini nella relazione con una donna e padri nella relazione coi figli, emerge una condivisione altrimenti impensabile di sentimenti, percezioni, emozioni, esperienze concrete.
Basta questo? No evidentemente, eppure è la condizione necessaria seppure non anche sufficiente.
D’altronde stiamo parlando della QM. Ci dividiamo, è vero, sul come inquadrarla, sugli approcci, ma il problema è successivo. Sempre di QM senza aggettivi si tratta in prima istanza.
armando
armando(Quota) (Replica)
@Rino “….Bisogna prendere atto (come è stato per me: obtorto collo) che le posizioni ideali prevalgono nettamente, sistematicamente e irrimediabilemente e sono leggibili con soprendente immediatezza in quasi tutte le prese di posizione, i commenti, le proposte e le iniziative espresse dal MoMas. Dunque – per me – non resta che prendere atto della realtà. Una piattaforma comune è impossibile.”
Continuo a “masticare la polpa” di cui si dispone come puro e semplice esercizio di scolastica.
Per rimanere all’analogia precedentemente utilizzata, con il tuo intervento mi hai dato conferma del fatto che il consulto clinico intorno al capezzale dell’ammalato ha raggiunto il confortante risultato di stabilire che effettivamente, sì, il paziente è ammalato; tutti i dottori presenti sono concordi almeno su questo, anche se non concordano né sulla diagnosi né, tantomeno, sulla cura.
Io questa situazione la chiamerei “di stallo”, non so tu.
Ma, attenzione; a guardare bene il paziente intorno al quale ci si interroga in scienza e coscienza non è “l’uomo”; niente affatto. La scienza ufficiale ed accreditata ci dice che “l’uomo” gode di una salute perfetta, gestisce ogni potere, detiene le leve decisionali nel mondo ed ha elaborato una realtà fatta a proprio uso e consumo nel quale le donne, poverine, si trovano a mal partito e sono discriminate, svantaggiate e sottorappresentate. Scoppierebbe di salute l’uomo, insomma, e non lo dice solo la scienza ufficiale, lo dicono anche tantissimi uomini; anzi, la maggioranza assoluta. Basterebbe farsi un giro su maschileplurale (emblema sintomatico della “scienza ufficiale” in materia) per vedere cosa si dice al riguardo.
Lo dice persino Frigione quando osserva che “nella nostra società i sessi, pur mantenendosi nell’alveo di atteggiamenti psichici tipici o tradizionali, operano una sempre maggiore mescolanza di competenze e orientamenti. Ciò sposta notevolmente il discorso dal versante collettivo a quello individuale…[facendone derivare]…responsabilità più onerose nella gestione dei rapporti…[a fronte di]…margini di libertà più ampi”.
Seguendo questo filo logico interpretativo – se del caso, Frigione mi correggerà – la questione maschile altro non sarebbe, grosso modo, che la personalissima crisi d’adattamento individuale alle mutate condizioni sociali da parte di coloro che tarderebbero ad accomodarsi nei “tempi che cambiano” ed alla crescente soggettivizzazione dell’esperienza umana. Persi i punti di riferimento del passato, i grandi sistemi etici capaci di dare un senso collettivo ed una direzione di marcia – religioni, ideologie e tradizioni – il comportamento umano dovrebbe essere reinventato di giorno in giorno, lasciando sul terreno i disabili del cambiamento epocale fondato sull’improvvisazione quotidiana della vita.
i nostalgici delle antiche certezze sarebbero i portatori di un disagio che avrebbe il sapore della frustrazione inconfessata per la selezione sociale impietosa ed inaspettata alla quale sarebbero sottoposti.
Se fosse così Frigione avrebbe ragione ma il paziente non è “l’uomo”; a guardare bene non è il soggetto ad essere ammalato.
I dottori qui riuniti non sono al capezzale dell’uomo ma al capezzale della cultura, quella dominante, che ha fatto dell’uomo, delle sue prerogative e dei suoi valori umani un bene obsoleto e superato in quasi tutte le sue espressioni: come marito, come padre, come amante, come interprete della realtà e come costruttore del futuro, oltre che come ideatore e costruttore del passato. I nostri dottori, che ne siano o meno consapevoli, stanno visitando la cultura e l’ideologia del nostro tempo (valori, convinzioni, costumi etc.) ed hanno visto al suo interno i segni di una malattia imprecisata che sta da tempo alterando e corrompendo il rapporto tra i sessi, a tutto svantaggio maschile. Ma non sanno dargli un nome comune, oltre a femminismo.
Basterebbe pensare, ad esempio, alla cultura del politically correct – quella tanto invisa a Marchi – che, come sappiamo, non è un minuetto delle buone maniere ma una teoria linguistica con intenti dichiaratamente politico-educativi elaborata da studenti americani (uomini). Essa ci dice che parole come negro, paralitico, frocio o netturbino non devono essere utilizzate nel frasario corrente – in quanto lesive della dignità del destinatario e, quindi, discriminatorie – ma devono essere sostituite con le versioni “politicamente corrette” quali: persona di colore, diversamente abile, gay e operatore ecologico.
Ci dice anche, però, che c’è una parola più impronunciabile e più scorretta politicamente di tutte le altre; quella parola è “virilità”. Ammessa nelle battute satiriche sulle doti dimensionali del membro, per riderci e scherzarci sopra nelle occasioni goliardiche, non può, però, essere utilizzata in nessun’altra circostanza seria che abbia come scopo la celebrazione di quei valori (coraggio, forza, onore, fermezza, risolutezza, decisione) a cui, comunque, molti continuano a guardare con ammirazione clandestina e inconfessabile; molti a cominciare dalle donne stesse e ben lo sappiamo tutti.
Nessuno sa dire, tuttavia, con cosa questo termine dovrebbe essere sostituito per non urtare la sensibilità post-moderna; nel frattempo che si sostituisca il lemma incriminato, ad ogni modo, ha fatto passi da gigante la moda dell’omosessualità.
La nostra cultura, il neoconformismo contemporaneo, impone che il maschio – la virilità – non possa e non debba essere celebrata. E questo è solo un esempio di chi sia il nostro paziente.
Conclusioni.
Dove voglio arrivare con questo panegirico?
Molto semplicemente ad evidenziare quello che a me sembra un vizio di fondo, endemico ed insuperato, del tuo ragionamento: ossia che si tratti di portare gli uomini, quanti più uomini possibili, alla questione maschile mentre, nel mio piccolo, io vedo esattamente il contrario. Si tratterebbe, viceversa, del contrario; di portare la questione maschile agli uomini.
Si deve curare la cultura, non i singoli, dare un nome alla malattia, una diagnosi, seguirne l’etiologia e predisporre una terapia adeguata.
Sembra un giro di parole ma non lo è affatto, perché significa che la QM non necessita delle soggettività più o meno allo sbando (nessun riferimento personale ai presenti) di molti, ma di una visione unitaria e di criteri oggettivi da offrire alla libera riflessione maschile perché ne possano fare la chiave d’interpretazione della propria posizione nel mondo ed anche (se del caso) delle proprie vicende personali.
Una lettura storico-sociale della realtà alternativa a quella, in forte odore di femminismo consolidato, che viene quotidianamente proposta dalla cultura ufficiale.
Un’elaborazione concettuale di riferimento elaborata da un’elite che sappia porsi alla guida degli altri; non un’assemblea irrazionale soggetta alle incompetenze, alle incoerenze, alle umoralità ed alle contraddizioni di tutti.
Una piattaforma comune è impossibile?
E chi ha mai parlato di piattaforma universale che metta a proprio agio politicamente tutti gli uomini? Io ho parlato di uno statuto definito ed oggettivo, di principi fondativi e di una direzione di marcia prefissata (seppure in termini, come si sarà notato, del tutto generali ed astratti).
Ossia, di una proposta politicamente riconoscibile ed inequivocabilmente ancorata ad un sistema flessibile ma non negoziabile di valori di riferimento.
Se, poi, chi si voglia avvalere di questi strumenti concettuali di comprensione debba o meno traslocare dal proprio pantheon di convinzioni ideologiche, è questione che non dovrebbe preoccupare più di quanto lo dovrebbe il fatto che l’impostazione del reclutamento per il reclutamento, per stare alle tue stesse parole, “non si può certo dire che abbia raccolto messi di consensi o stuoli di attivisti.”
Ultimissima annotazione.
Mi permetto di contestare anche il “patto o unità d’azione”, in quanto la parola azione implica, di per sé, un “facere”, un movimento attivo e consapevole verso qualcosa e non è questo il caso di specie. Lo definirei, se mi permetti, come patto di non belligeranza con la clausola aggiuntiva di darsi periodiche pacche d’incoraggiamento sulle spalle, nonostante contenuti – come quelli della fica facile per tutti, per citare solo l’ultimo – da lasciar cadere le braccia per il fenomenale livello di insipienza e di livellamento verso il basso di una QM seria e ragionata.
Su questa strada non credo che si andrà molto lontano, ma non è un mio problema diretto.
Sono certo che accoglierai le mie critiche sapendo che sono avvezzo a dire le cose che penso così come le penso e senza altre finalità che non abbiano il significato di un contributo, per quanto personale e limitato, alla crescita di un serio movimento maschile.
Saluti
iulbrinner(Quota) (Replica)
Iulbrinner, solo per chiarezza, dal momento che lo hai citato. Frigione non è un aderente al Movimento degli Uomini Beta ma solo un uomo, nella fattispecie uno psicoterapeuta, che ha voluto dare un contributo alla discussione dal suo punto di vista che, come hai potuto ben vedere, non è il nostro.
Non entro nel merito del tuo ultimo post (devo dire molto più articolato ed esaustivo dei precedenti) per due ragioni. La prima perchè penso di aver esposto ormai più volte le mie idee sulla QM e sulla impossibilità di potere arrivare ad una sintesi unitaria o unificante.
La seconda perchè in questo tuo ultimo commento ti rivolgi esclusivamente a Rino e non ad altri. E’ quindi giusto che sia lui a risponderti, se lo riterrà opportuno.
Relativamente al livello del dibattito sul blog (che nel complesso, diversamente da te, reputo di notevole qualità) riporto integralmente una tua frase “Lo definirei, se mi permetti, come patto di non belligeranza con la clausola aggiuntiva di darsi periodiche pacche d’incoraggiamento sulle spalle, nonostante contenuti – come quelli della fica facile per tutti, per citare solo l’ultimo – da lasciar cadere le braccia per il fenomenale livello di insipienza e di livellamento verso il basso di una QM seria e ragionata”.
E’ bene chiarire un concetto fondamentale. Il blog, come ho già ripetuto infinite volte, è ASSOLUTAMENTE LIBERO e ciascuno ha il diritto di esprimersi come meglio sa e crede. Non è un’arena di esercitazioni accademiche per qualche intellettuale presunto (che poi saremmo noi…e sai quanto me ne può importare…).
E’ un luogo di confronto e di discussione per tutti, ciascuno con gli strumenti e le capacità di cui dispone. Ed io sarei ben felice, anzi, la considererei una grande vittoria, se si avvicinassero non uno, ma mille, diecimila, centomila uomini “insipienti e livellati verso il basso” a reclamare sul nostro sito, con la loro personale capacità di esprimersi, i loro diritti e la difesa della loro dignità (compresa la fica facile per tutti se è quello che ritengono giusto)
Non spetta a noi giudicare il linguaggio e i contenuti degli altri. Anche perché qualcun altro potrebbe legittimamente giudicare i tuoi, di commenti, insipienti e livellati verso il basso. E non credo che a te la cosa farebbe piacere.
Vedi come siamo diversi, Iulbrinner., Ogni tua parola e ogni mia risposta, per quanto la cosa sia per te irrilevante dal momento che ti rivolgi esclusivamente a Rino, sottolineano le nostre profonde diversità. E’ un tuo diritto, sia chiaro, sceglierti un solo interlocutore, (come hai peraltro ribadito anche in un tuo precedente post), Però anche questa modalità, se non sei ipocrita (e non penso affatto che tu lo sia, sei solo un uomo di destra, e non è una colpa), è la testimonianza di una distanza e di una diversità che tu stesso tieni a sottolineare a mio giudizio con una certa spocchia tipicamente fascista (anche altri hanno le loro peculiari spocchie, sia chiaro, magari anche io ho la mia e non me ne rendo conto…). Lo dico, credimi, senza alcun intento dispregiativo (conosco tanti bravi uomini fascisti…) ma solo analitico. D’altronde, ai tuoi occhi io sono senz’altro un “Kommmunista” con il K e tre M. Non è propriamente così ma va bene lo stesso. Non mi offendo di certo né ne avrei motivo.
Detto ciò, onde evitare fraintendimenti e le solite polemiche che non hanno senso di essere, continua a scrivere e a dissentire finchè vuoi e quanto vuoi. Ci fa piacere e non lo dico pro forma. Ne abbiamo già parlato. Il “politically correct” non è di casa su questo sito, e questo è un fatto che dovresti apprezzare (il che non significa non rispettare gli altri…). Ma come tu hai tutta la libertà di esprimerti liberamente, altrettanto debbono averla gli altri, compreso il sottoscritto.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Lo definirei, se mi permetti, come patto di non belligeranza con la clausola aggiuntiva di darsi periodiche pacche d’incoraggiamento sulle spalle, nonostante contenuti – come quelli della fica facile per tutti, per citare solo l’ultimo – da lasciar cadere le braccia per il fenomenale livello di insipienza e di livellamento verso il basso di una QM seria e ragionata. (iulbrinner)
———————————————-
Non mi sembra che Fabrizio o Rino parlino di “fica facile per tutti”… bensì di cercare di cambiare e quindi di migliorare i rapporti fra uomini e donne, che non mi risulta siano così idilliaci, tantomeno soddisfacenti dal punto di vista sessuale.
Mi chiedo: ma è così difficile capire quello che Fabrizio scrive? E’ veramente così complicato comprendere il suo pensiero? Tu hai scritto che le donne ti stanno bene così come sono: beh, a me no, non mi stanno affatto bene. Non sopporto la loro ipocrisia, la loro falsità, la loro doppiezza. Al tempo stesso detesto l’ottusità di tantissimi uomini, che non riescono proprio a schiodarsi da certi stereotipi ormai incancreniti nella nostra società.
Nessuno (anzi, quasi nessuno…) in questa sede nega le intrinseche differenze esistenti fra i due sessi, ma caxxx, come si fa a non prendere atto del fatto che la cultura dominante influisce negativamente nei comportamenti di maschi e femmine e conseguenzialmente nei rapporti fra due sessi?
Fabio Conti(Quota) (Replica)
@Fabrizio Marchi
In primo luogo, non solo sono ben lontano dal contestare la partecipazione di Frigione ma, anzi, personalmente lo ringrazio senza riserva alcuna per avere portato il contributo del suo sapere e del suo “vedere” offrendo, anche a me, l’opportunità di approfondire meriti e contenuti, dati troppo spesso per scontati o liquidati in modo superficiale e sommario.
Lo scopo e l’utilità del confronto dialettico sta proprio in questa misurazione sistematica e mai definitiva del proprio punto di vista, all’ombra delle altrui intelligenze (quando ci sono) e sensibilità, traendone argomentazioni e ragioni di senso compiuto per sé e per eventuali altri. Non sta certo nella rassicurante e sistematica ricerca di conferme acritiche ed acefale alle proprie asserzioni e convinzioni, perché quella, semmai, è la trita e ritrita liturgia delle fedi ideologiche.
In secondo luogo, non ho mai selezionato i miei interlocutori se non in base all’interesse dialettico di un confronto, come si diceva, costruttivo e non semplicemente demolitivo. Nel tuo caso, caro Marchi, ho semplicemente evitato, come più volte ripetuto, di entrare in espresse contrapposizioni di merito con te in quanto – visto che mi ci trascini per i capelli – mi sarebbe stato sin troppo facile smontare alcune tue impostazioni di merito della QM, cosa che voglio evitare di fare anche in questo momento.
In terzo luogo – l’autorevolezza o meno degli interventi – fermo restando che ognuno può valutare i miei come meglio crede (e non me ne faccio davvero un problema) c’è qualcosa che va detto in modo forte e chiaro, proprio in un luogo di sinistra e senza ripararsi dietro ad alcun dito: non siamo tutti uguali, caro Marchi, bisogna farsene una ragione.
Perché non tutte le intelligenze sono uguali, perché non tutte le formazioni culturali sono uguali, perché non tutte le capacità intuitive sono uguali, perché non tutti padroneggiano concetti complessi e sanno avvalersi della ricchezza della lingua italiana con la medesima efficacia costruttiva ed argomentativa.
E’ politicamente scorretto dirlo ma è, banalmente, così.
Tra le molte differenze umane esistono anche queste.
Questo vuole escludere qualcuno dal sacrosanto diritto di esprimere il proprio pensiero o vuole togliere a qualcuno la libertà di parola? Assolutamente no e ci mancherebbe altro; lo stigma del “fascistone” me lo sono già preso – pur essendo per natura moderato e per convinzione anti-ideologico – ma le etichettature di fazione sono una cosa e la realtà un’altra.
Semmai, queste considerazioni vogliono mantenere ben chiaro ed evidente il fatto che differenze di autorevolezza e di competenza esistono e vanno fermamente tenute presenti, soprattutto in una materia difficile, intricata e scivolosa come la QM.
E con questo, chiudendo il cerchio delle questioni che mi hanno riguardato in questa discussione, vengo all’opportunità o all’inopportunità di una mia partecipazione ulteriore a questo sito.
Il mio rivolgermi a Rino in modo apparentemente esclusivo lo si deve al caso del tutto fortuito ed occasionale che mi ha permesso (in un contesto “riparato”, per così dire, perché all’esterno vale quel patto tacito di coesione di cui si è detto) di rivolgermi direttamente a lui, per tirare fuori una serie di rospi che datano dalle mie ormai lontane partecipazioni alle liste MS e U3 e che continuano a rivoltarsi nel mio stomaco senza soluzione di continuità, anche alla luce degli esiti attuali. Lo dico senza mezzi termini e senza ripeterne i contenuti già elencati ma completando lo “sfogo” personale per mettere anche la pars construens dentro al mio pistolotto controcorrente.
In considerazione dello stato dell’arte quale si desume anche da questa stessa discussione, voglio fare una proposta fattiva e concreta che potrebbe, laddove accolta, rappresentare un possibile punto di svolta.
Perché, invece di lavorare sistematicamente alla creazione di un corpo fisico del movimento maschile, la mitica massa critica, non si pensa alla creazione di una sua testa pensante?
Perché, invece di dare vita a membra, braccia, gambe che continuano a dibattersi caoticamente e senza coordinamento alcuno, ciascuna per proprio conto e spesso in contraddizione tra loro, non si pensa di dare vita ad un cervello che sappia coordinarne i movimenti, fornire all’organismo le giuste informazioni e renderlo consapevole dei possibili obiettivi comuni?
Perché non pensare alla costituzione di un centro studi sulla questione maschile (o qualificandolo come meglio si crede) che sappia raccogliere i dati, le informazioni, le analisi, i contributi qualificati, le teorie esistenti, le pagine migliori, elaborarli e metterli a disposizione, nella mutua condivisione, di tutti coloro che liberamente se ne vogliano avvalere?
Un centro studi, un luogo di elaborazione intellettuale, di ricerca e di immagazzinamento delle conoscenze; non un ponte di comando, sia ben chiaro, ma un deposito intellettuale.
Non sarebbe un compito improbo, perché le intelligenze e le competenze – quantomeno allo stato embrionale – già ci sono; perché non sarebbe necessario cooptare decine e decine di attivisti come adesso si tenta di fare, ma basterebbero quelle 7/8 persone che vogliano dare l’avvio ed impegnarsi in prima persona seriamente, alle quali potrebbero aggiungersene, con il tempo, molte altre; perché inaugurare un simile percorso significherebbe costruire un patrimonio comune di conoscenze ed una forza intellettuale da mettere a disposizione di chiunque voglia servirsene; perché una riqualificazione della QM di livello consentirebbe, allora sì, di relativizzare le differenze ideologiche, come sempre avviene negli approfondimenti della conoscenza; perché ognuno potrebbe portare il proprio contributo fatto di segnalazioni, di ricerche personali, di dati, immagazzinandoli in un unico luogo come un bene comune; insomma, per una montagna di motivi che stanno sotto gli occhi di tutti e che porterebbero solo benefici al movimento stesso ed a tutte le sue articolazioni che, a loro volta, potrebbero conservare, intatta e piena, la loro autonomia.
Esistono già patrimoni di conoscenze e di ricerche diluiti in mille rivoli diversi; mettiamole insieme ed ampliamone gli orizzonti, le possibilità, gli sviluppi.
Io formulo questa proposta mettendo a disposizione da subito, nel mio piccolo, le mie conoscenze e le mie possibilità, nella piena consapevolezza, maturata in anni di studi bibliografici sull’argomento e di approfondimenti incessanti, che lo sforzo del singolo di fronte all’enormità della questione maschile, nelle sue infinite sfaccettature, è insufficiente ed inadeguata a fronteggiarne la mole.
Questo, in conclusione, è quanto tenevo a dire a Rino ed a chiunque altro e la partecipazione al tuo sito – caro Fabrizio Marchi – me lo ha consentito; di questo ti ringrazio sinceramente.
iulbrinner(Quota) (Replica)
Ok. Riprendendo la buona metafora del malato mi pare si possa dire che esiste un largo consenso sulla sintomatologia ed anche sulle cause immediate di quei sintomi e questo è già una buona base.
Quanto all’individuazione delle cause remote invece, queste sono già oggetto di diverse interpretazioni e quindi di distinguo e di possibili conflitti. Passando poi alla terapia non siamo messi molto meglio giacché questa è correlata alle cause del morbo in quanto è ovvio che la medicina dovrà stare in rapporto con l’eziologia, la cui individuazione non è univoca.
A titolo di esempio prendiamo la posizione di MS sui temi di bioetica (aborto, fecondazione, eutanasia etc.). Per MS quei temi sono parte imprescindibile nella rinascita maschile e vanno quindi direttamente inclusi nella QM. Non tutti vi possono convenire. Ad es. io ho una posizione problematica e articolata. Certo, la questione della fecondazione ha a che vedere con la Qm visto che si tratta del ruolo che il maschio vi svolge (Implicato? Esautorato? Strumentalizzato?) . Non vedo invece connessione con l’eutanasia etc. (testamento biologico e dintorni).
Certo, rispetto a ciascuno di quei tre momenti (eziologia, diagnosi, terapia) si possono trovare elementi ampiamente condivisi e si dovrebbe puntare su quelli.
Ciò in relazione all’affermazione:
“ …perché significa che la QM non necessita delle soggettività più o meno allo sbando (nessun riferimento personale ai presenti) di molti, ma di una visione unitaria e di criteri oggettivi da offrire alla libera riflessione maschile perché ne possano fare la chiave d’interpretazione della propria posizione nel mondo ed anche (se del caso) delle proprie vicende personali.”
Dunque una “visione unitaria e di criteri oggettivi da offrire alla libera riflessione maschile” non può che fondarsi su quella parte dell’analisi che è sostanzialmente condivisa in ambito Momas (all’interno del quale sono ora incluse le più diverse opzioni idealpolitiche).
Vogliamo individuare quali siano gli elementi comuni e non oggetto di opinioni divergenti? Possiamo farlo.
Ma vedo che questo non è il vero obiettivo che viene proposto, e che si tratta invece della stesura “…di uno statuto definito ed oggettivo, di principi fondativi e di una direzione di marcia prefissata (seppure in termini…del tutto generali ed astratti)”. Dunque non la ricerca/individuazione/descrizione del denominatore comune, ma la redazione di un’analisi/progetto strutturato secondo una determinata visione. Ossia “… una proposta politicamente riconoscibile ed inequivocabilmente ancorata ad un sistema flessibile ma non negoziabile di valori di riferimento…”. Ma, appunto, i valori di riferimento di una proposta che sia politicamente riconoscibile non sono universali. Saranno espressione di una visione ideale, di una visione dei mondo. Inevitabilmente.
Vedo solo due alternative: o un manifesto esclusivamente di Genere (ossia, transpolitico, per quanto possibile) oppure idealmente orientato, e quindi o di Dx (tradizionalista o liberal/libertaria), o di Centro (laico o cattolico) o di Sx (moderata o libertaria o rivoluzionaria).
A chi rivolgersi e perché?
A tutti coloro che sono raggiungibili. Meglio se sono tanti. Ma cmq ad un adeguato numero di uomini, tanto da rendere il Momas capace di bucare il diaframma dei media.
Si tratta di “fare cultura” certo, non di convogliare milioni di uomini nelle piazze. Fatto che cmq a sua volta avrebbe un impatto politico tale da porre il problema al centro dell’attenzione pubblica.
“Fare cultura” è l’obiettivo che mi sono posto e che perseguo da sempre. Con tutti i mezzi possibili.
Non vedo altri strumenti da quelli sin qui usati, a parte l’uscita pubblica nelle sale, in convegni etc.
eventi che sinora solo Spavone è riuscito ad organizzare.
Quanto al coinvolgimento degli intellettuali, degli opinion-makers etc. mi pare obiettivo oggi irraggiungibile. Nessun contatto ha mai ottenuto risposta.
Dove, a chi, come presentare e con quali altri e nuovi mezzi diffondere il verbo maschile, comunque elaborato, e di qualsiasi taglio idealpolitico?
Non lo so. Mi pare che li abbiamo provati tutti.
Tutti quelli che sono nelle nostre possibilità.
Quanto alla costituzione di un nucleo di elaborazione delle tematiche QM mi pare che questo esista già di fatto anche se non formalizzato (e non ve n’è bisogno). Un’elaborazione – a mio parere molto ampia – c’è già, creata da alcune decine di persone, con un gruppetto un po’ più ristretto di una quindicina di uomini.
Si può fare – e faremo – di più e di meglio. Forse manca chi raccolga in una sintesi significativa ed organica tutto quel che è stato elaborato (ricomprendendovi le diverse tendenze).
Rino
Rino(Quota) (Replica)
Iulbrinner, che tu sia un uomo intelligente e preparato, è fuori discussione. E questo non può che farci piacere perché i tuoi interventi contribuiscono ad arricchire il dibattito. Dal mio punto di vista però, che diverge dal tuo, la ricchezza di una discussione è data non solo dallo spessore culturale e intellettuale (sempre presunto) ma anche e soprattutto dalla diversità e dalla eterogeneità delle voci , dei linguaggi, delle esperienze, delle provenienze sociali e ambientali di coloro che vi prendono parte.
Di conseguenza non mi sognerei mai di considerare come “insipiente e livellato al basso” l’intervento di un uomo che reclama “fica facile per tutti”. Intanto perché dietro a questa affermazione, anche se formulata in maniera grossolana, c’è un disagio che viene manifestato, una sofferenza, una esigenza di cambiamento assolutamente legittima che chiede ascolto, confronto, condivisione, riconoscimento della propria identità e rivendicazione dei propri diritti. Una richiesta che viene palesata nei modi e nelle forme che ciascuno è in grado di mettere in campo. Non solo. Il fatto che quello stesso uomo scelga di discuterne qui, in questo luogo, costituisce per me un valore aggiunto, proprio perché stiamo parlando di una persona sprovvista o solo parzialmente munita di una adeguata strumentazione culturale.
Il fatto quindi che ci siano differenti capacità di interpretazione, concettualizzazione, elaborazione da parte di ciascuno, determinate dai più svariati fattori, come tu stesso sottolinei con un certo autocompiacimento (siamo onesti…) non costituisce per me motivo di impoverimento bensì di arricchimento.
D’altronde abbiamo strategie e obiettivi completamente differenti. Tu hai come priorità quella di costruire una sorta di pensatoio che funzioni come una specie di centro studi, di deposito intellettuale, come affermi tu stesso, in grado di elaborare, studiare, raccogliere dati, informazioni ecc.
Il mio percorso è invece l’esatto contrario del tuo. Io non credo ai laboratori intellettuali concepiti a tavolino; io voglio fare teoria facendo prassi e viceversa. Fuori da questo, a mio modesto parere, si fa solo accademia. Il mio obiettivo è quello di dare vita ad un movimento, fatto di uomini in carne ed ossa. E per fare questo non c’è un prima (teoria) e un dopo (prassi). Semplicemente perché l’una e l’altra viaggiano assieme e non possono essere concepite separatamente. Non rimane che percorrere le nostre strade. Io lo sto facendo. Concretamente. Non a chiacchiere. E tu?
Un’ultima cosa. E’ veramente difficile non avvertire una certa supponenza (e mi tengo basso) nelle tue parole specialmente quando affermi” Nel tuo caso, caro Marchi, ho semplicemente evitato, come più volte ripetuto, di entrare in espresse contrapposizioni di merito con te in quanto – visto che mi ci trascini per i capelli – mi sarebbe stato sin troppo facile smontare alcune tue impostazioni di merito della QM”,
Amico mio, datti una ridimensionata, si direbbe a Roma. E questa volta sono io che non entro nel merito per buona educazione e perché non ho voglia di perdere tempo ed energie in estenuanti quanto inutili corride pseudointellettuali.,.
Fabrizio Marchi
P.S. Relativamente a Frigione non ho mai pensato che tu volessi contestare la sua presenza. Ho tenuto solo a precisare, per chiarezza di tutti, quale fosse la sua posizione all’interno del sito.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabio Conti
“Tu hai scritto che le donne ti stanno bene così come sono”.
Per chi non lo conosce, il problema vero di Iulbrinner, e ragione per cui non puo’ appartenere a nessun gruppo, e’ di essere talmente conflittivo da non riuscire a trovasi in accordo con nessuno.
Ha risposto cosi’ semplicemente perche’ qualcuno aveva scritto “che le donne non andavano bene cosi’ com’erano”, se avesse scritto quello che ha risposto lui “le donne vanno bene cosi’ come sono”, sarebbe stato il primo a portare argomenti sul “le donne non vanno bene come sono”.
Non e’ una barzelletta, basta andare a vedere i suoi scritti su riflessioni o questionemaschile…..
Anzi, mi stupisco come Rino possa invitarlo proprio ad un compito come quello della ricerca di una piattaforma comune ai vari gruppi del momas, e’ un po’ come chiedere ad un cieco di redigere una tavola cromatica…
Mah…misteri della ragione.
Animus(Quota) (Replica)
Di questi ultimi commenti mi spiace solo che Rino non abbia letto con sufficiente attenzione le cose dette (o forse sì).
Che altro aggiungere?
Solo tre parole
peccato
pazienza
auguri
iul
iulbrinner(Quota) (Replica)
Scusa la franchezza, Iulbrinner, ma persisti con questo atteggiamento elitario o “elitista”. E non sto parlando solo nei miei confronti. Anzi. Ci vorrebbe una maggiore considerazione per tutti. Continuando a fare affermazioni come quella contenuta nell’ultimo tuo post che riporto testualmente “Di questi ultimi commenti mi spiace solo che Rino non abbia letto con sufficiente attenzione le cose dette (o forse sì)”, non dimostri molto rispetto per tutti gli altri.
Io ti invito a rimanere perchè nessuno, e sottolineo nessuno, ti ha mai detto che non sei gradito. Però adesso non fare la vittima o il risentito…non abbiamo bisogno di metterci fra noi a litigare come galline in un pollaio (parlo pert tutti ovviamente, non è personale…)…
Riflettici, se vuoi…e andimao avanti con la discussione, non fermiamoci alle stronzate…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Di questi ultimi commenti mi spiace solo che Rino non abbia letto con sufficiente attenzione le cose dette (o forse sì).
Che altro aggiungere?
Solo tre parole
peccato
pazienza
auguri (iulbrinner)
**************************************
iulbrinner, vorrei che tu rispondessi alle seguenti domande:
1. sei un intellettuale?
2. hai scritto dei libri?
3. hai un tuo sito/blog?
Fabio(Quota) (Replica)
Scusa la franchezza, Iulbrinner, ma persisti con questo atteggiamento elitario o “elitista”. E non sto parlando solo nei miei confronti. Anzi. Ci vorrebbe una maggiore considerazione per tutti. (Fabrizio)
*****************************************
Non lo conosco (come non conosco nessuno di coloro che scrivono in questo blog), ma a me iulbrinner dà l’impressione di essere un uomo indubbiamente intelligente e colto ma al tempo stesso altezzoso e permaloso, (probabilmente proveniente da una famiglia benestante) che non ama mischiarsi con chi ha una diversa estrazione sociale, men che meno un inferiore bagaglio culturale.
Non che la cosa mi offenda; anzi, mi fa un po’ ridere…
Fabio(Quota) (Replica)
Fabio so che le tue domande le hai poste a un altro utente (e credo di sapere di quale vecchia conoscenza si tratta) ma se permetti mi piacerebbe risponderebbe a titolo personale al tuo simpatico miniquiz:
1. sei un intellettuale?
No, sono uno stronzo!
2. hai scritto dei libri?
No, di tanto in tanto scrivo stronzate.
3. hai un tuo sito/blog?
Si, dove pubblico alcune delle mie stronzate.
😛
Peppe(Quota) (Replica)
E che dire di questo swchifo: http://www.scenaillustrata.com/public/spip.php?article95
Verametne disgustoso! Tipico prodotto dell’ignoranza che regna sovrana.
Comunque sono d’accordo con l’autore dell’articolo, anche io sono per l’individualità. Riscoprire la specificità di ogni essere umano potrà essere una buona strada per uscire dalla situzione in cui siamo.
Da non trascurare anche un altro fatto importante che riguarda la situazione odierna: le donne oggi sono una sort adi agenti di potere. Il potere ha delegato le donne nella sorveglianza della vitalità maschile che in parte è una forza sovversiva.
Peppe(Quota) (Replica)
Comununque a me sembra che questi imbecilli che tnato ci tengono a vanagloriare le donne siano suborninati più moralmente che sessualomente.
L’autore dell’articolo è stato accusato di “psicologismo” eppure proprio chi lo ha accusato cade addirittura nel “freudismo” riconducendo tutto alla “spinta sessuale”.
Io invece credo che siano ben altre le spinte alla base di questa subordinazione MORALE. La sfera sessuale è importante ma non è tutto.
E credo che Frigione abbia scritto un buon testo. La scoperta dell’essere sé, lo sviluppo dell’autocoscienza e dell’autoconsapevolezza sono fondamentali per una buona comprensione delle dinamiche reali.
Essere sé che non vuol dire individualismo. Il valore dell’individualità non è individualismo perché un’individualità veramente autoconsapevole che sa gestirsi sa quando, come e se essere aperta all’Altro e non è quindi un’isola chiusa.
Peppe(Quota) (Replica)
Ah, altra cosa: quando ho detto che la vitalità maschile è in parte sovversiva intendevo in particolare nella fase contestuale in cui si trova il capitalismo odierno che ha tutta l’intenzione di contenere la crescita demografica. Per far questo ha dato poteri alle donne perché assumessero un ruolo importante nel processo di repressione delle nascite, basti pensare alla depenalizzazione dell’aborto.
Il contenimento demografico è anche un’esigenza popolare perché le famiglie non possono permettersi un numero elevato di figli destinati a rimanere sempre più disoccupati. Ma il tutto è dovuto al fatto che il sistema in cui viviamo, ormai vecchio, ha raggiunto livelli critici di popolamento e fa sempre più fatica a sostenere un numero crescente di popolazione.
Questo affaticamento del sistema prende le forme di un’elefantiasi dell’apparato produttivo in rapporto alla relativamente esigua base di consumo e da una disperzione delle reti di distribuzione basate sullo scambio di moneta, moneta incamerata per lo più da reddito da lavoro. Lavoro sempre meno richiesto grazie alla crescente automazione. E il tutto si traduce nella ciclica saturazione dei mercati con ricorrenti crisi di sovraproduzione e il continuo calo della redditività dei capitali investiti.
Il popolo insomma dà sempre più fastidio all’apparato produttivo-distributivo che ha bisogno di scatenare un grande Moloch distruttivo di vita in eccesso. Questo Moloch in passato era costituito dalla guerra, oggi dalla Grande Madre.
Peppe(Quota) (Replica)
Peppe
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Fabio so che le tue domande le hai poste a un altro utente (e credo di sapere di quale vecchia conoscenza si tratta) ma se permetti mi piacerebbe risponderebbe a titolo personale al tuo simpatico miniquiz:
1. sei un intellettuale?
No, sono uno stronzo!
2. hai scritto dei libri?
No, di tanto in tanto scrivo stronzate.
3. hai un tuo sito/blog?
Si, dove pubblico alcune delle mie stronzate.
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Neppure io conosco iulbrinner, pero’ mi risulta sia un sociologo, e leggendo attentamente i suoi posts tutto si puo’ dire meno che scriva delle stronzate.
Certo, si puo’ dissentire (nemmeno io condivido alcune sue posizioni), ma c’e’ modo e modo di farlo.
E tu, di sicuro, quel modo non ce l’ hai.
Sei astioso, arrogante, pieno di rabbia e completamente incapace di interagire col prossimo.
Un po’ di educazione e di umilta’, please.
Strider(Quota) (Replica)
Peppe
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L’autore dell’articolo è stato accusato di “psicologismo” eppure proprio chi lo ha accusato cade addirittura nel “freudismo” riconducendo tutto alla “spinta sessuale”.
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All’ autore dell’ articolo sono state semplicemente mosse delle obiezioni, che e’ cosa ben diversa dall’ accusare qualcuno.
Strider(Quota) (Replica)
No, Strider, scusa, in questo caso Peppe rivolgeva, così mi pare di aver capito, quelle tre domande a se stesso e si rispondeva in modo ironico…
Credo che tu abbia frainteso in queto frangente.
Comunque finiamola con queste menate…mi pare che Peppe, dopo qualche scivolone iniziale, si sia rimesso a scrivere di questioni che attengono la QM. Lasciamo perdere tutto il resto.
Mi pare che avevo parlato chiaro a tutti. Se c’è stato questo fraintendimento lo abbiamo già chiarito e la cosa finisce qui.
Comportiamoci da persone adulte e soprattuto da Uomini…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Postilla al mio ultimo intervento. Se proprio qualcuno di voi non ce la fa a non beccarsi vicendevolmente c’è la soluzione. Vi scambiate le rispettive email (ve le do io) e risolvete le vostre cose in privato.
Però, voi per primi capirete, che un blog di discussione non può diventare l’arena di qualcuno che vuole scornarsi o insultarsi a livello personale.
Avverto tutti. Da ora in poi tutti i commenti che contengono insulti reciproci o questioni personali che nulla hanno a che vedere con il dibattito non saranno pubblicati.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Si infatti mi riferivo a me stesso.
Peppe(Quota) (Replica)
Scrive iulbrinner il 20 gennaio:
“i dottori qui riuniti non sono al capezzale dell’uomo ma al capezzale della
cultura, quella dominante, che ha fatto dell’uomo, delle sue prerogative e
dei suoi valori umani un bene obsoleto e superato in quasi tutte le sue
espressioni: come marito, come padre, come amante, come interprete della
realtà e come costruttore del futuro, oltre che come ideatore e costruttore
del passato. I nostri dottori, che ne siano o meno consapevoli, stanno
visitando la cultura e l’ideologia del nostro tempo (valori, convinzioni,
costumi etc.) ed hanno visto al suo interno i segni di una malattia
imprecisata che sta da tempo alterando e corrompendo il rapporto tra i
sessi, a tutto svantaggio maschile. Ma non sanno dargli un nome comune,
oltre a femminismo.”
Secondo me centra un punto fondamentale. La “crisi” degli uomini, ma in
questo senso sarebbe più esatto dire crisi del maschile, nasce “in” e “da”
questa cultura, “in” e “da” i suoi canoni dominanti che sono, è vero, intrinsecamente antimaschili. Con una precisazione importante, però. Il maschile non è affatto solo “homo faber”. Al contrario, basti pensare che le grandi religioni, i grandi sistemi filosofici, le opere d’arte somme, tutto quello insomma che la “civiltà” moderna considera negativo o inutile, sono tutte cose pensate da uomini. Il maschio è anche Spirito, Logos, Pensiero. Come costruttore della civiltà ha saputo coniugare fino ad ora il pensiero astratto con il “fare” concreto. Il maschile entra in crisi, e genera crisi di sbilanciamento, quando il nesso si spezza.
Quando nel proseguo del suo intervento Iulbrinner attira l’attenzione sulla
impronunciabilità della parola “virilità”, sta
parlando appunto di una società che considera la virilità una colpa o uno
sbaglio o comunque una cosa oggi inutile. Va da sè che il rifiuto dei valori
virili finisce per determinare una vera e propria crisi di civiltà, anzi di
crisi della civiltà in quanto tale, non essendoci mai stata civiltà che sui
valori virili (da non confondere col machismo becero) non fosse fondata,
pur non significando necessariamente svalutare il femminile o relegarlo su
un piano di subalternità sociologica e/o culturale.
Non concordo invece sul fatto che i “dottori” non sappiano come chiamare
questa crisi se non “femminismo”.
Per me il femminismo è fenomeno derivato, non originario, ossia non esso mette in crisi la civiltà ma nasce già dentro la crisi di una civiltà che per la prima volta in termini perentori ed assoluti rifiuta quei valori virili di cui dicevo (anche se nel profondo dell’inconscio continuano ad essere desiderati da tutti, e ciò dovrebbe far riflettere)
Ora, sempre mantenendoci sul piano culturale, la domanda è:
Con cosa, tendenzialmente, vengono sostituiti quei valori?
In conseguenza a quello che sostenevo prima sulla crisi della civiltà, la mia risposta, in questo sintonica con Ida Magli, è che dal punto di vista di una comunità umana che si fondi su relazioni non prettamente materialistiche, quei valori sono sostituiti dal nulla, dal vuoto. O meglio da una ragione “tecnica” fine a se stessa. Che, su questo aspetto particolare, è anche il pensiero di Pietro Barcellona. Ma la “ragione tecnica” è insieme antimaschile e antifemminile perché antiumana.
Da questo punto di vista il femminismo ha fallito clamorosamente. Volendo intepretare i valori su cui naque (pace, non violenza, empatia, uguaglianza etc. etc. etc.) in chiave di genere, dunque in contrapposizione col mondo maschile, non solo li ha resi ideologici, astratti, utopistici, ma li ha fatti diventare anche irrealizzabili, perché l’agente di trasformazione per eccellenza è proprio il maschile. Così che, analogamente a quanto è accaduto nei paesi socialisti, la declamazione “liturgica” dei grandi principi ha finito per convivere con una pratica materiale opposta, tesa a conferire vantaggi concreti in questo caso alle donne contro gli uomini, così come in quei paesi alle nomenclature di partito contro la generalità dei cittadini. Il femminismo, di fatto, è divenuto un agente “prezzolato” di quel potere che Fabrizio individua, marxianamente, nel capitalismo in quanto tale e che io preferisco chiamare invece “modernità”, definizione più ampia e comprensiva di aspetti a mio giudizio non secondari rispetto a quelli economici.
La distinzione, chiaramente, non è secondaria anche se non è il caso di approfondirla quì. Ho comunque voluto richiamarla perché sostanzia i miei dubbi sulla fattibilità di un “think tank”sulla Q.M. come proposto da Iulbrinner. Mancando una visione unitaria, o anche solo compatibile, sulle cause remote dell’attuale stato di cose, e di conseguenza sugli obbiettivi a lungo termine, rischieremmo di esaurirci in interminabili discussioni, sicuramente bellissime ma dispersive. Anche a me sembra meglio, almeno per ora, limitarsi ad un patto di leale non belligeranza che non deve però significare indifferenza, ma anzi attenzione alle elaborazioni di ciascun movimento ed alle prese di posizione concrete sui diversi aspetti della realtà per costruire momenti di unità su singoli argomenti, cosa che ritengo fattibilissima. D’altra parte spazi informali di confronto già esistono. Sono i rispettivi blog e forum, come questo e come quelli degli altri movimenti. Magari fossero reciprocamente più frequentati!
Armando
armando(Quota) (Replica)
Sulla home di Repubblica un articolo sul libro di La Cecla “Modi bruschi” ( ben noto in ambito Momas e infatti già da noi stroncato in altri tempi).
Segnalo il fatto perché ho l’impressione che in questa occasione il livello del sarcasmo sia minore del normale.
La dose di acidità inferiore a quanto siamo abituati a trovare, specie su quel giornale. La canzonatura meno divertita. Le balle di sempre ci sono ancora, ovviamente, ma sembra affiorare qualcosa di diverso.
Sembra.
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/05/10/news/modi_bruschi-3960388/
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Assolutamente d’accordo, Rino. Ed è uno dei segnali che ci dice che qualcosa sta cambiando, anche se molto lentamente. In qualche modo, sia pur molto timidamente, cominciano ad affiorare qua e là talune posizioni che cercano di recuperare il concetto di maschilità, magari facendogi la respirazione bocca a bocca, e purtuttavia qualcosina si muove.
Non c’è alcun dubbio sul fatto che siamo in una fase diversa rispetto solo ad alcuni anni fa. Fino a poco tempo fa un Movimento come il nostro non sarebbe neanche stato preso in considerazione da personaggi come Corrado Augias, ad esempio, che oggi invece, sia solo per pochi minuti, ci riceve, dopo aver visitato il sito. Fino ad alcuni anni fa sarebbe stato assolutamente impensabile, così come, soprattutto, uomini (di sinistra dichiarata) che in incontri pubblici si espongono pubblicamente in un certo modo, come sapete dal racconto che vi ho fatto.
Non solo, in quella stessa riunione un intervento come quello del sottoscritto avrebbe suscitato reazioni violente, forse anche dal punto di vista fisico, e invece nulla è accaduto, e sono stato ascoltato senza battere ciglio.
Sono tutti dei segnali, starà a noi accentuare le contraddizioni, accelerare il processo, fare da leva.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Io credo che la sofferenza sia figlia di una acerba evoluzione dell’umanità, ancora viziata da usi e costumi obsoleti ed usati dal “potere” per mantenere lo status quo, donando quest’ultimo vantaggi ai pochi “illuminati” che, contrariamente alle loro “cavie”, vedono la realtà per quello che è, usano il loro potere quindi per trarre giovamento personale in questo loro – e nostro) breve passaggio terreno, sapendo al contempo che le cose non devono evolversi, ma mutare ordinatamente verso la stabilità loro imposta al fine di adeguare i mezzi ai tempi, ma non il fine, che rimane sempre lo stesso da secoli:Mantenere lo status quo;Volendo proseguire nell’ambito della QM, credo che la risposta sia stata piu’ volte sottolineata da molti in questo sito, ed ampiamente discussa, siamo in buona sostanza nel periodo cupo dei rapporti tra sessi che vede il potere della vulva arrogante verso l’uomo beta, ed il potere, generalmente composto da persone alpha, usa il femminismo e questo potere della vulva come ulteriore strumento di profitto e controllo di massa, che si va ad aggiungere ad altri ben noti, ed il tutto a scapito degli uomini beta, ma anche indirettamente verso le stesse donne, come i numerosi articoli ed interventi in questo sito sottolineano ormai da tempo.
Damien(Quota) (Replica)