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La dittatura “partecipativa”
e la Storia del nazismo come pregiudizio di colpa del genere maschile
Quello che penso:
.La propaganda postbellica in Germania come paradigma della propaganda attuale in Italia
Cari fratelli, nei giorni a seguire riporterò alcuni brani del libro “Le furie di Hitler”* della storica Wendy Lower, docente di storia al Claremont McKenna College in California e alla Ludwig Maximilian Universitat di Monaco di Baviera. Oggi vi propongo brani tratti dalla Introduzione. E’ un testo che contiene una narrazione, risultato di una rigorosa ricerca storica, cui rapportare il presente: una ricerca sulla violenza ai tempi del regime nazista, la sua distribuzione tra i generi e la sua interpretazione ideologica. Il testo mi sembra offra molti spunti per leggervi criticamente il presente: un vero e proprio paradigma storico. E continuerò a proporvi brani di questa ricerca storica confidando nella vostra capacità e voglia di cogliere tutte le implicazioni, le vicinanze e le similitudini attuali con le modalità in cui si espresse allora la violenza femminile nella partecipazione al nazismo e ai suoi crimini genocidi, il modo in cui fu rimossa e fu costruita l’immagine della donna innocente e riparatrice della violenza nazista in toto identificata con la violenza esclusivamente maschile, lo Stato “etico” nazista e la sua pretesa di educare l’uomo “vecchio” e costruire l’uomo “nuovo”, di razza ariana. Tutto ritorna attuale: mutati i termini e le circostanze, i tratti essenziali del meccanismo ideologico, propagandistico e di potere del tempo si ritrovano anche nell’oggi. Fra le similitudini più evidenti c’è che di fronte al genocidio cui parteciparono in massa anche le donne comuni, la reazione ideologica femminista (e non), dopo la guerra, fu di rimozione e negazione della violenza femminile, dichiarazione della totale innocenza delle donne tedesche, costruzione dell’immagine falsa della donna non responsabile anzi vittima, nonché riparatrice delle città tedesche e riscatto della vergogna nazionale, e contemporanea accusa al genere maschile di essere l’unico responsabile e portatore per propria natura della violenza. Una narrazione falsa, una ricostruzione storica rovesciata. Questa gigantesca operazione di mistificazione viene oggi riproposta pari pari nei suoi termini strutturali, e su di essa intende legittimarsi e si legittima sia l’attuale azione delle lobby femministe e dei maschi di potere che le blandiscono, sia il formidabile appoggio statale alle lobby femministe, sia la potenza quasi irresistibile dei media, tutti all’unisono concordi nel mettere in stato di accusa il genere maschile come monopolista della violenza. Uno schieramento di forze ed uno scenario tipico di ogni regime illiberale e che mira con la sopraffazione a non consentire nessuna voce critica. E il paradosso è che costoro, che in gran parte appartengono ai ceti consumatori di reddito, si scatenano proprio contro i produttori di reddito che li mantengono: pestano moralmente chi lavora e li mantiene.
. Un paradosso: le modalità errate in cui è agita la denuncia della violenza sul singolo si traduce nel crimine di violenza su un intero genere
La violenza è inaccettabile contro chiunque ma altrettanto inaccettabile è che si faccia uso della sua denuncia formulata in modo tale da commettere una violenza ancora peggiore e su scala gigantesca: la messa in stato di accusa di un intero genere, quello maschile: la violenza, che si traduce nella sostanza nella distruzione della autostima del soggetto che la subisce, se agita nel singolo caso è dichiarata giustamente crimine dalle leggi, ma, se a causa di una errata modalità nella denuncia, essa si traduce nella distruzione dell’autostima di un intero genere, e in ogni ordine di età (Es.: la propaganda antistalking delle Pari Opportunità che passa in questo mese di dicembre su tutti i canali TV presenta, in piena contraddizione con la dichiarazione delle Opportunità Pari, presenta il violento esclusivamente con identità maschile (nessun maschio subisce violenza dalle donne?), e la vittima solo come donna; atroci volantini sono stati distribuiti nelle scuole ad accusare i maschi minorenni perché partecipi del genere maschile (si fosse trattato di studentesse il tutto finiva sui giornali e in tribunale), per non parlare dell’ossessivo attacco dei media), il crimine di violenza è agito su scala gigantesca con danni gravissimi ad una intera popolazione. Risulta così oggi che nessuno dica nulla su un crimine di violenza di questa gravità contro i cittadini maschi commesso paradossalmente proprio attraverso le modalità sbagliate e pertanto dagli esiti criminali della denuncia della violenza stessa. Della serie ne colpisco trentamilioni nella speranza di colpirne qualche centinaio: una vera follia.
. Lobby femministe, ben pasciuti direttori di rete e di giornale, politici e maschi opportunisti, denigratori dei propri concittadini
Femmine partecipanti delle lobby femministe, politici, direttori di rete, direttori di giornale, maschi e femmine incarnazione del degrado di questa crisi di civiltà, sono pronti a vendere per opportunismo, per paura o semplicemente per irrimediabile stoltezza, la dignità e l’immagine di milioni di propri concittadini; ma tutti sono ben pasciuti da superredditi autoattribuiti e finanziati dai soldi di coloro contro cui scagliano accuse indiscriminate e gravissime. Essi sono i principali responsabili di questo infame attacco ai cittadini italiani di genere maschile proprio nel momento in cui più pesantemente questi si trovano a reggere le sorti dello spirito e dell’economia nazionali. A questa irresponsabili si associano con scelte e prese di posizione senili, galantuomini disinformati che ricoprono altissimi livelli istituzionali.
“Le furie di Hitler”, edizioni Rizzoli, ottobre 2013
. L’i’nterpretazione postbellica del nazismo a fondamento dell’attuale ideologia femminista sulla violenza.
Nel dibattito, e nella prassi mediatica, politica e giudiziaria che ne è conseguita, sulla violenza umana, dibattito che l’ideologia corrente di ispirazione femminista ha voluto attribuibire ai generi sessuali delle persone (il che è manifestamente assurdo, una regressione nella etologia), un ruolo decisivo ha avuto l’interpretazione postbellica della violenza, quella manifestatasi durante il regime e le guerre del nazismo, interpretazione che ha seguito il seguente criterio: Il dibattito sulla violenza nazista è dibattito sulla violenza di genere, a sua volta trasformato in dibattito sulla violenza maschile essendo stata pregiudizialmente esclusa la violenza femminile. Questa interpretazione femminista dell’immediato dopoguerra, per cui la violenza nazista è solo maschile, è componente essenziale della teorizzazione secondo cui la violenza tout court è solo maschile. Tale teorizzazione, mantenuta acriticamente nel tempo, e’ divenuta canone, base teorica, dell’attuale dibattito ed ideologia sulla violenza umana, dibattito che in tal modo non poteva diventare altro che una campagna mediatica politica e giudiziaria contro la violenza, attributo negativo esclusivamente maschile, da cui deriverebbe deterministicamente la violenza sulle donne. E’ questo pregiudizio teorico, fra altri complessi elementi, che alimenta la denuncia antiviolenza in Italia secondo le modalità scelte ed attuate dallo sciovinismo femminista. Circa le donne e la loro attìtudine alla violenza e la responsabilità nella gestione violenta dei rapporti con i maschi, è totalmente rimossa ed ogni riferimento ad essa non solo inesistente ma addirittura colpevole di connivenza con l’unica violenza possibile, quella maschile. Da ciò lo sviluppo di quella guerra degli Stati nazionali ( e non solo ma anche dell’ONU) in alleanza con le lobby femministe, contro i maschi denunciata peraltro (finalmente qualcuno si è svegliato!) dai più avveduti e consapevoli intellettuali francesi. Ancora una volta, nella ricostruzione storica dei rapporti uomo-donna, le donne non vengono considerate soggetti presenti e consapevoli e responsabili sia che la Storia sia al positivo o al negativo: il nazismo e la sua violenza è solo affare (orrendo) maschile mentre le donne ne sono le vittime innocenti. Quello che colpisce è che questa lettura delle donne è totalmente ascrivibile a quella concezione del femminile per cui si dice “prima le donne e i bambini” assumendole così alla categoria di soggetti non usciti dall’infanzia e dalla sua inconsapevolezza e irresponsabilità; non solo, essa finisce per essere sostenuta proprio dall’ ideologia femminista.
. L’ esito del femminismo è l’etologia come morale delle femmine.
Non sono fra i maschi e non appartengo a quella cultura oggi maggioritaria che crede atto di generosità, di solidarietà emancipativa per le femmine nascondere ad esse la loro capacità di commettere crimini come e quanto gli uomini. Sono fra coloro che le ritengono persone capaci di libertà che consegue alla coscienza del bene e del male ed alla capacità di commetterlo. La verità in tal senso rende libere le donne dal dogma stereotipato di una “innocenza per possesso di vagina” intesa come sesso cui pertiene deterministicamente, per natura, l’innocenza che in tal caso non può che concludere alla affermazione della più totale e storica irresponsabilità. Non la coscienza ma il sesso determinerebbe la moralità femminile ridotta in tal modo a comportamento istintuale: una disastrosa caduta dal regno della morale a quello della etologia; da Socrate e Gesù Cristo a Konrad Lorenz. Una dichiarazione incredibile di irresponsabilità, una dichiarazione paradossalmente orgogliosa di incapacità di intendere e di volere. Per essere donne reali bisogna guardare in faccia il volto di Eva, passaggio obbligato della lotta per accedere alla verità positiva del femminile, alla Vergine Maria. Un contributo a restituire alle donne la dignità della consapevolezza del bene e del male (la verità rende liberi), lo dà la storica Wendy Lower e il suo libro “Le furie di Hitler” (edizioni Rizzoli),uno studio dedicato al comportamento delle donne durante quella fase storica emblematica circa il bene e il male che fu il periodo nazista. In esso si evidenzia come la partecipazione delle donne comuni tedesche al regime nazista fu partecipazione di massa, partecipazione attiva e fondata su una adesione pienamente consapevole alla ideologia nazista e alla sua politica imperiale genocida. Una partecipazione ed una adesione da cui trassero in cambio grandi possibilità di carriera ed emancipazione sociale. L’impero genocida nazista fu costruito sia dagli da uomini che dalle donne. Il resto è una favola propagandistica, la più efficace “nuvola” di menzogne di cui è costituta l’attuale Weltanschaung femminista finalizzata a rileggere la Storia come atto d’accusa contro il genere maschile, tirandosene fuori in un altro inesistente mondo di innocenza e irresponsabilità. Il tutto al fine di trarre dalla colpevolizzazione dei maschi vantaggi, privilegi e posizioni di preminenza sociale di ogni tipo. Una guerra psicologica, componente decisiva di tutte le guerre; una guerra gestita consapevolmente dalle lobby femministe e della quale bisogna prendere coscienza al più presto. E il bello è che milioni di maschi hanno creduto a questa menzogna in tutto simile alle “nuvole” di aristofanesca memoria e ci credono tutt’ora..
. Un esempio eclatante di ribaltamento e mistificazione della realtà circa la violenza di genere nello Stato nazista e nello Stato attuale
Se permettete fra le similitudini più eclatanti tra violenza nazista e violenza dello Stato attuale in alleanza col genere femminile niente di nuovo sotto il sole: medesimo è il meccanismo di rimozione e proiezione, medesima l’alleanza tra Stato genocida e genere femminile nel commettere ieri genocidio di seimilioni di ebrei, slavi ecc. dichiarati “Untermenschen”, oggi di seimilioni di concepiti italiani dichiarati, per disposizioni di legge votate a maggioranza, a loro volta e peggio di “Untermenschen”, “grumi di cellule”, medesima la proiezione delirante del proprio male di violenza sull’altro genere quello maschile, la psicotica identificazione con il ruolo d vittima. Si tratta della classica reazione di coloro che rimuovono la propria colpa e la traducono in una aggressiva proiezione e accusa verso l’altro. In sintesi il sangue versato di cui sono responsabili arriva loro alle ginocchia, e accusano gli altri, i maschi, di violenza e di essere esclusivi portatori di violenza: un paradossale delirante rovesciamento dei termini della realtà. Basta con questa propaganda goebbelsiana da parte di agenzie e istituzioni di Stato e private! Basta guerra contro i maschi, la metà dei cittadini italiani!
. “Cittadini di Stalingrado”.
Personalmente nutro, nonostante tutto, motivi di speranza e fiducia: mi rifaccio alla irriducibile potenza della verità depositata nella coscienza individuale che, sebbene apparentemente destinata ad essere travolta, la Storia insegna, finisce per vincere. Volendo rifarsi alla Storia, una situazione storica dove la consistenza, la potenza della coscienza, ancorata alla verità dei fatti, si manifestò con luminosa evidenza, fu la battaglia di Stalingrado. La battaglia e la guerra contro la gigantesca forza d’urto delle armate naziste e della loro Weltanschaung criminale fu vinta grazie proprio alla singola decisione di ogni uomo di Stalingrado di fare della propria coscienza un baluardo invincibile a guida della propria determinazione ad essere fedele alla verità dei fatti e suo testimone, e di resistere alla menzogna e al male. In tal modo uomini di tutte le credenze e fedi si trovarono fianco a fianco, nel combattere una guerra di guerriglia vincente, fratelli nella fraternità che consegue dal combattere per una causa giusta. Ancora una volta e in tal senso dunque mi rivolgo all’esempio dei “cittadini di Stalingrado” paradigma storico positivo e vincente della resistenza alla violenza di forze di regime preponderanti.
Brani tratti dall’introduzione al libro: “Le furie di Hiltler”
. La realtà storica nei brani tratti dalla introduzione al libro: “Le furie di Hitler”.
I brani che seguono, tratti dalla introduzione del libro citato, confermano la realtà storica della partecipazione delle donne comuni tedesche alla gestione della macchina di distruzione nazista e come questo dato di fatto sia stato sottoposto al meccanismo propagandistico che operò (ed opera tutt’ora nei suoi tratti essenziali) il radicale ribaltamento e mistificazione della realtà storica, ribaltamento esteso a tutti i crimini commessi dalle donne sotto il regime nazista. Mutate le condizioni, qualcosa di diverso oggi?
. La partecipazione consapevole delle donne comuni tedesche al nazismo e ai crimini da esso commessi
Il nazismo ha visto solo violenza al maschile da un lato ed una innocenza, come vittima irresponsabile, al femminile dall’altro? A questa ricerca che ad oggi ha interessato un numero di studiosi limitatissimo, si è dedicata coraggiosamente, visto il carattere politicamente scorretto dell’argomento, la storica Wendy Lover che nel libro citato si domanda: “le donne comuni tedesche (non solo quelle che furono coinvolte in incredibili atrocità che non si poterono tacere) parteciparono all’eccidio degli ebrei e degli altri “Untermenschen”, zingari, polacchi, ucraini, bolscevichi, ecc. ecc., perpetrato dai nazisti?”. La risposta è la seguente: “Gli ebrei sopravvissuti identificarono le tedesche non solo come compiaciute spettatrici, ma anche come crudeli aguzzine persecutrici” e ancora: “Centinaia di migliaia di tedesche (circa 600.000) erano andate nell’Est nazista e nei territori occidentali (fino alla linea che unisce Leningrado a Stalingrado ndr) ed erano state parte integrante della macchina di distruzione nazista”. I loro scritti confermano che queste donne “..riconoscevano il proprio ruolo imperiale e che la loro consapevolezza della missione nazista si articolava in quella sorta di terminologia razzista, colonialistica, che di norma viene attribuita ai conquistatori e governanti maschi. In quanto autoproclamati capi di rango superiore, le tedesche nell’Est esercitavano un potere senza precedenti su coloro che avevano bollato come “subumani”; erano autorizzate a maltrattare e persino uccidere quelli che venivano considerati, per usare le parole di una segretaria nei pressi di Minsk, come la “feccia della società”. Man mano che l’apparato del terrore del Reich si espandeva, nuove opportunità professionali si presentavano alle donne, incluso l’impiego nei campi di concentramento”, ”Maestre, infermiere, segretarie, mogli…queste erano le donne nei territori orientali, dove fu commessa gran parte dei peggiori crimini del Reich. A giovani ragazze ambiziose veniva offerta la possibilità di far carriera all’estero, da parte dell’emergente impero nazista”. (—-) “ le donne furono testimoni e commisero atrocità in un sistema più aperto, come parte di ciò che consideravano una opportunità professionale ed una esperienza liberatoria”.
. La rimozione della partecipazione femminile ai crimini nazisti e la costruzione dell’immagine dell’eroina innocente
– L’eroina che ha dovuto ripulire il caos del vergognoso passato della Germania
“Nell’immediato dopoguerra, può darsi che lo smascheramento delle più spietate guardie femminili dei campi, abbia impedito una discussione più sfumata sulla partecipazione e la colpevolezza delle donne. Nel frattempo, la donna tedesca comune veniva dipinta come l’eroina che doveva ripulire il caos del vergognoso passato della Germania, la vittima dei predoni e stupratori dell’Armata Rossa, o la bambola civettuola che intratteneva i soldati americani. Le idee femministe emergenti ponevano l’accento sul sacrificio delle donne, non sui loro atti criminosi (…) Nelle città dell’odierna Germania, si trovano statue e targhe dedicate alle “donne delle macerie”.
– La donna apolitica
“Tra i miti del periodo postbellico c’era anche quello della donna apolitica. Dopo la guerra, molte tedesche testimoniarono in tribunale o raccontarono di aver “soltanto” organizzato le cose in ufficio….Non riuscivano a vedere – e forse preferivano non vedere – come l’aspetto sociale diventasse politico, come il loro contributo, apparentemente piccolo, alle attività giornaliere del governo, delle forze armate e delle organizzazioni del Partito nazista, concorresse a un sistema genocida… Finchè l’influenza politica di questa componente femminile dell’epoca verrà minimizzata, metà della popolazione di una società genocida sarà giudicata, per usare le parole dello storico Ann Taylor, “innocente dei crimini dello Stato moderno” e collocata “al di fuori della Storia stessa”. Nel 1939 la popolazione tedesca era costituita da quasi 40 milioni di donne. Un terzo di essa (13 milioni) era attivamente impegnato in qualche organizzazione nazionalsocialista, e il numero di iscritte al Partito aumentò regolarmente fino al termine del conflitto. Così come il ruolo delle donne nella Storia viene in genere sottovalutato, anche in questo caso – e in modo forse ancor più problematico, date le implicazioni di ordine morale e legale – il loro ruolo nei crimini del terzo Reich non è stato studiato e spiegato in maniera esaustiva. Moltissime donne comuni tedesche non furono affatto delle vittime, e le forme abituali di partecipazione femminile all’Olocausto aspettano ancora di essere svelate
. Come se la storia delle donne avvenisse da qualche altra parte
Gli studi sull’Olocausto e sul genocidio concordano sul fatto che i sistemi che rendono possibile l’omicidio di massa non funzionerebbero senza un’ampia partecipazione della società, e ciò nonostante quasi tutte le storie dell’Olocausto lasciano fuori metà di coloro che popolavano quella società, come se la Storia delle donne avvenisse da qualche altra parte. E’ un approccio illogico e un’omissione sconcertante. Le vicende drammatiche di queste donne rivelano il lato più oscuro dell’attivismo femminile. Mostrano quello che può accadere quando donne di estrazioni sociali e professionali diverse vengono mobilitate per la guerra e acconsentono al genocidio”.
4 Commenti
Ho finito di leggere un paio di giorni fa il libro proposto da Cesare…mi trovo in sintonia con quello scritto da lui ed ho scritto qualcosina anch’io
http://femdominismo.wordpress.com/2014/01/04/quel-misogino-di-hitler/
Mauro Recher(Quota) (Replica)
Sì, ma resta il fatto che i peggiori nemici degli uomini non son le donne ma gli stessi uomini e il loro infinito disprezzo per i propri simili, perché se proprio vogliamo dirla tutta, gli uomini si odiano ferocemente: questo è il problema. Ad esempio, leggete qua, leggete che cosa son capaci di scrivere questi leccaculo, che evidentemente vivono ancora nel 1914, o in qualche altro paese che poco o niente ha a che spartire col nostro.
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http://blog.ilgiornale.it/spirli/2014/01/03/niente-fighe-solo-donne-lanno-inizia-male-se%E2%80%A6/
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Niente fighe, solo Donne. L’anno inizia male, se…
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Venerdì 3 gennaio 2014 – Santa Genoveffa – Taurianova
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Sì, basta con questo volgarissimo modo di chiamarle, le Donne. Finiamola di rappresentarle come se fossero solamente delle portatrici sane di vagine da esplorare. Spiaccichiamoglielo corposamente sul grugno quel sorrisino beffardo a quegli uomini deficienti che, mentre lo pronunciano, si passano pure la mano soddisfatta sulla patta come a premiare il complice del lavoro svolto. A tutti, ai nostri amici, fratelli, parenti, colleghi. A tutti coloro che pensano che le Donne servano solo a “temperare la punta al lapis”, come mi confessò una testa di cazzo, che cercava pure una sorta di appoggio maschile da me. Proprio dalla persona sbagliata, oserei sottolineare.
Prendiamoli a calci sui denti, gli spavaldi della trombata. Quelli che la strombazzano ai quattro venti, la loro bravura ginnica nel coito. Quelli che vorrebbero, magari, proporla come specialità olimpionica. Ma che, a conti fatti, enfatizzati quei cinque, dieci minuti di fuochi d’artificio, poi si afflosciano sul morbido, passando più ore ad accarezzarlo complimentandosi, che a convincerlo ad abbassare le misere pretese, peraltro già soddisfatte.
Ominicchi da appendere al filo dei panni ed esporre al pubblico ludibrio. Minchiarelle ciarlone cresciute a mano destre e giornalini porno. Rendessero quel che promettono, la Terra sarebbe un Luna Park sempre illuminato. E, invece, è un Pronto Soccorso del desiderio. Una corsia in cui il piacere è costantemente attaccato al cavo trasparente dell’ipodermoclisi.
Coglionazzi, figli di mammà, con il bordo della bocca ancora unta di ragù da barattolo e la tasca del calzone sformata dal panino con la mortazza. Fanno gli splendidi con la macchina comprata a suon di farfalle firmate dal padre, altrettanto demente, e la camicia calda di vaporella, che la madre frustrata abbraccia come unica amica nella sua valle di lacrime. Hanno creato il panico. Addomesticato Donne fiere e dignitose. Agguinzagliato Amazzoni. Incarcerato Femmine combattive e Vergini lacrimose. In nome dell’arroganza dello slip griffato, scavallato, d’acchiappo.
Giovanottoni ammuscolati, gonfiati a buchi di siringa, gommati e abbrustoliti dentro i fornetti da estetista. Che promettono divinità a centimetri, salvo, poi dover dichiarare un due di briscola. Sbruffoncelli da spavalderia da Bar dell’Angolo.
E non solo angolo di Roma, o Gorgonzola, o Reggio, Ragusa, Bitonto o Pontedera. No, no. L’angolo dei cretini è in giro per il mondo. Tutto il Pianeta può mostrare i propri pezzi di merda. Perché in ogni angolo di questa immensa Terra c’è una Donna che piange, una Ragazzina sottoterra, una famiglia che si dispera. Un carabiniere che registra una denuncia. Un tribunale che condanna o, purtroppo, assolve un pervertito.
Quella che la stampa e la piazza ha scelto, in questi giorni, è la Giovane Donna indiana stuprata più volte e ARSA VIVA. Di Lei parlano i tiggì, i quotidiani, i siti. Ma tutti sappiamo che, dietro a Lei, sono migliaia al giorno le Donne vittime di violenza. Cosa vogliamo per loro?Cosa pretendere dalla Giustizia? La pena di morte non è il rimedio per il male. Forse, è la punizione per i colpevoli. Non so. Sono confuso nel profondo dell’anima. Una volta non volevo nemmeno sentirla nominare la pena di morte…
Il rimedio per questo male è, però, molto probabilmente in mano proprio alle donne. Che sono anche madri. E, spesso, ingenuamente si compiacciono quando il figlio maschio torna a casa ogni giorno con un trofeo diverso. Ogni giorno con una povera Giovane Donna che ci sta credendo. E loro, le Mamme, tacciono. Non le aiutano. E non sfondano il culo del figlio a pedate. Non gli torcono la sacca fino a fargliele esplodere, quelle palline che loro stesse hanno provveduto a fargli crescere dentro.
Sì, Mamme. Tocca a voi. O, meglio, ANCHE a voi educare i vostri figli al rispetto delle Donne. Quando sentite che le chiamano “figa”, o “tipa”, intervenite seriamente con la storica “cucchiara di legno” sull’apparato gengivale dei mentecatti che avete partorito. A qualcosa servirà. Se non altro, non potranno mordere. E, la volta successiva, evitate di abbassare la testa davanti alle loro melliflue richieste. Niente Smartphone, niente moto, o automobile, o soldi in tasca. Pretendete che studino e lavorino. E, intanto, vegliate sulla loro crescita.
E, Voi, Giovani Donne di ogni dove, innamoratevi dopo. Dopo averlo incontrato, osservato, conosciuto, sperimentato, messo alla prova. Non vi consegnate come vittime all’altare. Non lo cercate fra le anime virtuali, o fra i sorrisi stampati sulla carta delle riviste: quelli non esistono. Sono uomini costruiti in laboratorio per farvi sognare. Ma quei sogni, da vicino, puzzano d’incubo. E fabbricano morte.
Siate vigili. E denunciateli.
… fra me e me. Sventrato dal dolore per l’ennesima vittima.
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ludaucr il 3 gennaio 2014 alle 07:37:
Caro Spirlì, hai talmente tanta ragione che quasi è inutile confermarla. Ma perché, questi lerci individui, non vengono IMMEDIATAMENTE castrati ?!?.. e resi incapaci di fare ancora del male ?? La donna va sempre rispettata, sia come donna, che come essere umano ! Bada che a me piace la f…..,però mi avvicino con tutto il rispetto e…..con la speranza di poterla conquistare. Ciao, sei forte e mi piace la tua battaglia !!
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Tiziano(Quota) (Replica)
Ma sì,Tiziano, i cani da pagliaio come questo (sempre che non sia una cagna da pagliaio) ci sono e ci saranno sempre e al loro abbaiare per la ciotola quotidiana nessuno presta ascolto. Inutile diffondere la loro cagnara.
cesare(Quota) (Replica)
Segnalato da un amico sulla pagina facebook di UominiBeta: Donne che massacrano
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)