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Da tempo avvertivo uno squilibrio sociale nel rapporto tra i due sessi del genere umano. Qualcosa che si risolveva con l’attribuzione di una diversa e maggiore dignità sociale alla donna nei confronti dell’uomo. Ho avuto l’esigenza di riflettere, di pormi domande, di capire le origini di una battaglia condotta in modo criptico non so bene da chi e non so bene a quale scopo; di appurare se la sensazione che avvertivo fosse drammaticamente reale: era stato sollevato un problema inesistente per conseguire obiettivi diversi, un’idea o, meglio, una moda che ormai si seguiva e a cui si dava credito, solo per abitudine, forse per dogma.
Attenzione, non voglio essere frainteso, fin d’ora voglio chiarire che la mia posizione non vuole affermare un negazionismo assoluto, ma tende solo ad escludere la portata sociale e “di genere” attribuita al problema.
In maniera subdola e capziosa, questo presunto “impegno” in “difesa” della donna sta assumendo, al contrario, i contorni di una vera e propria violenza mediatica e di una frustrante vessazione nei confronti dell’uomo. Un progetto che si vuole attuare ma che non si sa bene a cosa debba condurre posto che il problema configurato non avrebbe una soluzione concreta in quanto il male è ritenuto (a torto) insito nel genere maschile poiché afferente la sua stessa natura e, quindi, non potrebbe essere estirpato se non con la negazione o l’annientamento del genere stesso. Un principio assurdo ed agghiacciante che, purtroppo, da molti non è così considerato.
In un contesto in cui tutto appare tristemente scontato e presentato come una verità talmente lapalissiana da non dover necessitare di essere dimostrata o correttamente interpretata, alcune, sia pur confuse, osservazioni ho ritenuto di doverle elaborare e di sottoporle all’attenzione di altri.
La prima, la più grave, la più agghiacciante, è quella di un’analisi storica. Troppo spesso dimentichiamo che escludere le responsabilità personali dall’analisi di un evento ed attribuirle ad una categoria, ad un “genere” intero è sempre stato il viatico per conseguenze devastanti quali il genocidio e la pulizia etnica. Del resto conducendo una battaglia di genere, nell’impossibilità, quindi, di attribuire a ciascuno le proprie responsabilità personali ma riconoscendo discriminazioni sessiste (a danno dell’uomo), non si può che ferire la pace e la dignità sociale e non si può che trovare unica soluzione di un non ben identificato problema, quale quello dell’essere maschio, nella soppressione del soggetto posto che, finché vivrà, non potrà evitare di “macchiarsi del suo peccato originale”, appunto, della sua natura maschile.
Forse, e dico forse, in un clima sempre più confuso, pur di muovere delle contestazioni concrete, si è arrivati ad imputare all’uomo due colpe ben definite: la violenza di genere sulle persone di sesso diverso ed un’asserita esclusione sociale attuata dall’uomo ai danni della donna.
Si è arrivati a coniare il neologismo di femminicidio che, solitamente ricondotto a rapporti relazionali specifici o familiari, identifica un reato simile all’omicidio ma “molto più grave” in quanto non commesso da una donna in genere, oppure da un uomo ma solo nei confronti di un uomo, ma da parte di un uomo ai danni di una donna. L’esito è sempre quello irrimediabile dell’epilogo di una vita umana per mano di chi non aveva alcun diritto di arrogarsi tale potere, ma, almeno, fosse stato un uomo a morire, riducendo numericamente i componenti del suo genere, avrebbe contribuito, in parte, alla soluzione del problema o, se l’omicida fosse donna, tutto sommato avrebbe avuto dei motivi, mai giustificabili, ma meritori di un’analisi approfondita circa le cause di disagio da rimuovere.
La gravità del femminicidio sta proprio in questo, nell’essere commesso dall’intero genere maschile in quanto tale, nell’espressione di sé stesso, e nel non avere altra spiegazione di disagio da analizzare se non quella insita nel proprio modo di essere.
Il tutto fino a quando qualcuno, magari una donna di spessore come Glenda M., non si sia preoccupata di constatare qualche dato oggettivo e scopre una realtà straordinaria, destabilizzante ed umanamente inaccettabile (ma inconfutabile): che la maggior parte delle violenze domestiche è attuata da donne ai danni di uomini e non viceversa.
Anche qui nessun negazionismo ma la presa d’atto che una violenza operata da un uomo su una donna è atto gravissimo (quanto quello operato da una donna ai danni di un uomo) del quale quell’uomo non può che essere ritenuto l’unico responsabile e che non può coinvolgere il genere maschile. Semmai, e senza per questo voler sminuire la portata dell’accaduto, la decisa condanna va associata, ai fini preventivi, all’individuazione seria delle cause di conflitto sociale e di frustrazione che hanno condotto ad un episodio che rappresenta una sconfitta per tutti (senza distinzione di genere) e determinate da una guerra di genere di cui nessuno conosce i reali contorni.
Vi è, infatti, tanta confusione sull’argomento: da un lato si parla di pericolo principale all’interno delle mura domestiche, dall’altro, all’opposto, la più parte delle donne, qualifica il genere maschile come totalmente inaffidabile e pericoloso con l’unica eccezione del proprio uomo …… e solo finché il loro rapporto resista nel tempo; senza accorgersi di incorrere in un equivoco di fondo per cui l’uomo di un’altra donna è affidabile per il solo fatto di essere l’uomo di questa e che il proprio uomo, al termine del rapporto, non smette di essere affidabile poiché diventa uomo di un’altra.
Davvero più difficile è confutare l’altra colpa attribuita al genere maschile: il non riconoscimento, alla donna, delle pari opportunità. Se rispondessi sull’argomento dimostrerei di essere ingenuo, di non aver capito che si tratta solo di uno scherzo paradossale o di una provocazione. Forse il problema di chiara discriminazione costituzionale delle “quote rosa” l’ho solo sognato, il maggior diritto attribuito alla donna per il solo fatto di essere tale, i privilegi in materia previdenziale o assistenziale dovuti al riconoscimento del merito e della funzione sociale riconosciuta alla donna, qualsiasi donna, stoicamente e silenziosamente impegnata anche ad arginare la presenza di questo cancro sociale qual è l’uomo (qualsiasi uomo, tranne coloro che sono i veri protagonisti politici di questa discriminazione di genere). E scusate il tono ironico. Sarei felice di poter apprezzare esecutivi di governo interamente composti da donne ma solo perché individuate come soggettivamente, una ad una, le più adatte al ricoprire il ruolo e non dover constatare che l’altra metà dell’esecutivo non può che essere attribuita a donne solo per il loro sesso.
Così, in un pericoloso e strisciante clima giustizialista e di totalitarismo sociale di cui, questa volta sì, anche le donne ne sono inconsapevoli vittime in tutta la “civile” Europa, si istituiscono nuovi reati come quello della c.d violenza di genere di cui alla L. 14/08/2013 n. 93 che costituiscono veri e propri aborti legislativi da far inorridire al sol pensiero di come le nostre tradizioni giuridiche, dall’istituzione del diritto romano ad oggi, siano state vilmente calpestate. Non è una nuova condotta illecita, ma è il vecchio mero atto grave e delinquenziale imputabile ad un soggetto, che oggi è attribuito ad un’intera categoria, ad un genere.
Non solo, cosa dire dello stalking di cui al DL 23/02/2009 n.11 conv. In L. 23/04/2009 n.38, un reato che, volutamente, con buona pace del principio di certezza del diritto non ha una definizione e non è ben individuato nella sua condotta commissiva. Chi lo “commette” è privato della potenziale preventiva conoscibilità dell’illiceità penale della propria condotta, condizione che, fino a “ieri”, in uno stato di diritto, era necessaria per poter condannare un soggetto in merito alla commissione di un reato e ciò consente un pesante attacco contro esseri umani, solitamente e per la gran parte di genere maschile, anche quando non sono incorsi in veri reati. Anche qualcosa di oggettivamente e socialmente sublime come la fisiologica comunicazione relazionale è stalking qualora serva a condannare chi, per colpa della propria integrità, non possa essere condannato per altro reato.
Ciò rende oggettivamente ardua e improba anche l’attività delle Forze dell’Ordine impegnate, più che nel perseguire i reati veri, attività dalla quale sono distolte, in un’opera quanto mai difficile di discernimento di abusi consentiti, in genere alle donne, in tale ambito (cfr: studi dell’avvocatessa Anna A.).
Ma l’uomo è divenuto solo nell’ultimo secolo il tiranno, suo malgrado, che oggi si dipinge? no, storicamente lo è sempre stato, forse in un remoto passato lo è stato davvero, ma ciò è stato più che tollerato come un’inevitabile conseguenza storica di identità dei ruoli. Proprio tale retaggio del passato si paga, oggi, in termini di un confuso, nevrotico e rabbioso presente.
L’esigenza sociologica di accelerare (giustamente) un processo di emancipazione della donna, mai compiutamente realizzatosi per sua stessa colpa, in un contesto storico che non poteva più permettere la discriminazione sessista, ha prodotto un “mostro” sociale cui è necessario porre, al più presto, un freno per evitare una prossima deriva ancor più tragicamente totalitaria, dei cui effetti, potenzialmente nefasti, non ne siamo assolutamente consapevoli.
insomma pur se giusto affrontare il problema di un ritardo nel processo di emancipazione femminile, lo si è fatto sulla base di una strategia sbagliata: più che operare pazientemente sulla intima naturale consapevolezza di uguaglianza tra la persone, si è preferito imporre un modello sociale di figura sublime, quasi di divina perfezione, attribuita alla donna e, al fine di ridurre il gap che si considerava (erroneamente) esserci fra i due sessi, si è proceduto ad una contestuale forzatura dello svilimento della figura e del ruolo dell’uomo, rappresentandolo come figura negativa in assoluto, nella sua essenza e nella sua stessa natura entrando, così, in un tunnel senza via di uscita, se non quella traumatica del conflitto irrisolvibile, in cui la colpa del maschio è la sua stessa natura, cioè lo stesso essere maschio.
La tragedia, che rende il tutto più complesso, è che tali considerazioni sono ascrivibili (e sono state imposte) ad autorevoli figure maschili esponenti della politica e della sociologia occidentale.
Nel movimento femminista si denota tanta misandria, tanto livore, tanto astio aggressivo nei confronti della figura maschile, che non si traduce in un progetto sociale volto al raggiungimento di un obiettivo, ma alla tensione sociale fine a sé stessa che non potrà mai risolversi con gli strumenti attuali, perché all’uomo, in realtà, l’unica colpa che viene imputata è la sua natura, il suo sesso, che non può essere modificato.
Ecco perché il conflitto in atto non può che risolversi, per analisi storica, in tempi rapidi (entro il mezzo secolo). Ho ragione di ritenere che le persone (uomini e donne) possano raggiungere un livello di maturità tale da poter constatare che il problema è superabile semplicemente constatandolo come inesistente e di origine (e portata) unicamente mediatica. Altrimenti l’attuale situazione di tensione non potrà che risolversi esprimendo la sua carica in reazioni conflittuali ostili perché è impensabile che tale potenziale esplosività imposta (ai danni dell’uomo e della donna) da un insano schema sociale e da ricerche sociologiche fondate sulla base di dati, magari reali, ma male interpretati e strumentalizzati, possa mantenersi in un precario equilibro per un tempo maggiore rispetto al cinquantennio.
Il nostro ruolo, il nostro impegno, non può e non deve risolversi in una risposta conflittuale contro un “nemico” che in realtà non esiste; ma deve essere rivolto alla ricomposizione di una dignità sociale di tutti e non può che pustulare dall’apporto costruttivo e simbolicamente significativo di donne che siano in grado di analizzare e di discernere la realtà dei fatti quali, ad esempio le citate dott.ssa Glenda M., l’avv. Anna A. e tante altre.
È ovvio e umanamente comprensibile che il movimento femminista (spontaneo, legittimo e con una ragion d’essere soltanto fino ad un ulteriore quarantennio / cinquantennio fa) si sia limitato ora, solo per veniale superficialità, a cavalcare l’onda di una fallace ideologia nata non spontaneamente all’interno del proprio seno, ma “imposta” dall’esterno, da analisi politiche, mediatiche e sociologiche assolutamente strambe che avevano assicurato alle rappresentanti del sesso femminile, come fossero inconsapevoli vittime difronte al carnefice maschile. La nostra risposta, che nasce da un’analisi più attenta resasi necessaria dalla consapevolezza di una effettiva frustrante discriminazione ai danni del sesso maschile, non può, tuttavia, che incanalarsi su binari diversi e che, paradossalmente, come detto, nella donna devono cercare un imprescindibile alleato contro il “vero” nemico degli ambienti della politica e della dottrina sociologica.
Io ho 52 anni e nella mia vita, davanti ai miei occhi, ho visto passare una moltitudine di uomini, la quasi totalità dei quali, stupidi (proprio come me, anche se non quanto me) ancorché persone per bene; ho anche visto passare una moltitudine di donne, la quasi totalità delle quali, stupide, sebbene persone per bene, ed ho solo capito che la stupidità non è una colpa ma semplicemente una peculiarità del nostro genere, l’unico genere che io conosca: il genere umano.
Marco Marzano
38 Commenti
Buonasera, ritengo molto condivisibile l’analisi di Marco Marzano ed apprezzo particolarmente il passo dove postula “… l’apporto costruttivo e simbolicamente significativo di donne che siano in grado di analizzare e di discernere la realtà dei fatti…”.
Questo, principalmente, per abbreviare i tempi di penetrazione ed istruzione, che se altrimenti affidati al solo verbo maschile non potrebbero che essere lunghi e inascoltati. Purtroppo deve ammettersi che combattere questo “conflitto” dovrà voler dire essere necessitati delegare il front office alla femmina, in quanto unica a potere godere del vero ascolto necessario all’impresa.
Un Cavallo di Troia insomma, ma senza guerrieri sanguinari all’interno.
La grande maggioranza delle femmine d’oggi, anche le meno vicine all’ideologia femminista, ormai patiscono, passivamente ed inconsapevolmente, una diffusissima mancanza di cultura sul tema del genere e quindi l’indottrinamento che ben conosciamo.
E non potranno essere recuperate se inizialmente il verbo sarà maschio, a cui opporrebbero un rifiuto ab origine.
Bene quindi l’intervento di illuminate, o non obnubilate, per informare e pacificare.
Dino Monciatti(Quota) (Replica)
E’ falso che sia stata Glenda Mancini a scoprire che la violenza domestica è commessa anche da donne. Ci son tanti studi universitari e di riviste scientifiche che lo attestano da anni, studi citati da molti anni dagli attivisti antifemministi. Glenda Mancini è apparsa solo a partire dal 2013. Solo che lei essendo donna, è stata accreditata maggiormente da alcuni organi di informazione che l’hanno intervistata. Tra l’altro, la suddetta afferma che questa è una “società maschilista” e che il femminismo è una cosa buona.
L’Antifemminista(Quota) (Replica)
Ci si chiede nel bell’articolo dove tutto questo vuole andare a parare e perchè si scateni proprio oggi questa offensiva. Rispondo che è uno dei portati della globalizzazione. Come sappiamo quest’ultima non è solamente flusso di capitali ma anche d’informazioni, in modo particolare attraverso i nuovi media.
Movimenti politici e terroristici nascono dal web, istanze e progetti fino a 20 anni fa relegati ai margini della società entrano nelle agende politiche, gruppi d’individui fino ad allora sconosciuti tra di loro prendono contatti, nascono nuove lobby. Un processo grandioso che le generazioni future studieranno nei libri di storia.
Limitandoci al nostro ambito d’interesse, il mondo femminista, fino ad allora disgregato, si compatta, diventa un unico coro, una sola voce in tutto l’Occidente. Vien fuori la sua vera anima, revanscista, la sua volontà di potenza, il suo atavico desiderio di riscrivere la storia e di plasmare il presente a sua immagine e somiglianza, il suo autoritarismo, tutto da scagliare verso il nemico, l’altro sesso.
Ma può questo disegno trovare spazio nell’attuale Occidente? Certamente, l’homo economicus capitalista, benchè di sesso maschile, desidera la difesa dello status quo su tutto ed è disposto a offrire una sponda a tutti quei movimenti che s’integrano nel suo programma di difesa e ampliamento dell’ordine esistente. Evitare che i sottoposti si compattino tra loro per riscoprire insieme la possibilità che la qualità della loro vita possa essere qualcosa di migliore. I padroni del vapore, del tutto assorbiti nella loro dimensione economica, approvano e consentono alla neonata lobby di procedere liberamente, mentre gli “antagonisti”,ancora fermi a una visione novecentesca del fenomeno femminista, ingenuamente gli danno corda.
E’ facile prevedere che la situazione in un prossimo futuro andrà sempre più aggravandosi nell’attuale occidente, in riferimento ai rapporti tra i sessi. Il femminismo moralista e misandrico continuerà a spargere il suo veleno, senza in sostanza opposizione, vuoi per interesse, vuoi per ingenuità, mascherandolo come battaglia progressista,per i diritti delle donne, per i diritti di tutti.
La situazione italiana è poi particolarmente grave, perchè l’influenza femminista va a fondersi non solamente con quella consumistica, come altrove, ma anche con il sostrato tradizionalistico-religioso, il che rende il cocktail italiano assolutamente micidiale.
Alessandro(Quota) (Replica)
Non so dove scriverlo e quindi lo posto come commento qui.
Vi segnalo l’ultimo articolo pubblicato da Eugenio Benetazzo (il giovane brillate economista/opinionista) sul suo blog.
Poiché lo seguo da anni, supponevo da tempo le sue posizioni su Femminismo e Politicamente Corretto.
Tuttavia in tantissimi anni di personale interesse e sistematiche letture riguardo ai temi della QM, questa è la prima volta che vedo usare da un protagonista dei media quale è ormai EB – per quanto sui generis e difficilmente inquadrabile – toni così espliciti ed “estremisti” (ci siamo intesi). Nemmeno Massimo Fini è mai giunto a tanto.
L’articolo è qui:
http://www.eugeniobenetazzo.com/matrimonio-rischio-per-il-patrimonio/
Ciao
LorenzoR(Quota) (Replica)
“l’apporto costruttivo e simbolicamente significativo di donne che siano in grado di analizzare e di discernere la realtà dei fatti”
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Ossimoro in agguato…
Ethans(Quota) (Replica)
Ottima l’analisi, opinabile la soluzione almeno dal mio punto di vista. Ricorrere a una rappresentante, ancorchè evoluta, del genere che ci squarta ormai quotidianamente lo ritengo velleitario e illusorio. Ho già avuto modo qui per altro argomento di esprimere come la penso e sono stato attaccato (ma anche condiviso e apprezzato) e se anche questa volta avverrà me ne farò una ragione ma non rinuncio a dire che per me la miglior difesa continua ad essere l’attacco. Siamo arrivati ad un punto di umiliazione tale che non è più evitabile la contrapposizione dura, il muro contro muro. Per ribaltare una situazione che ci consenta di raggiungere la parità (la apparente contraddizione tra “ribaltare” e “parità” è voluta) dobbiamo scendere al loro livello e fare a loro quello che loro stanno facendo a noi, cioè delegittimarle con critiche e denigrazioni, non perdere mai occasione di attaccarle, sia nel sociale che nel nostro privato, denunciando le loro contraddizioni e ridicolizzandole e irridendole per le loro assurdità come loro fanno con noi. Esempio? Tra le tante, mettere in rilievo (lo so che sembra un luogo comune, ma tutti gli uomini sanno che è pura verità) che si lamentno degli uomini in generale ma si innamorano dei peggiori. O che sono interessate più ai quattrini che ai sentimenti, loro tanto superiori moralmente; o l’arrivismo carrieristico, nè più nè meno uguale a quello maschile, quando c’è. E non mi dilungo oltre, di argomenti da buttargli in faccia ce ne sono a bizzeffe. Dobbiamo smettere di avere paura di loro, paura di essere chiamati maschilisti e misogini, fregarcene e accusare loro di essere sessiste e misandriche. Ma tutto questo PRIMA di loro. Vedete, io facevo un lavoro (che non voglio specificare qui) che mi portava a contatto con estracomunitari così come con connazionali. Spesso mi trovavo in condizione di dover reprimere cattivi comportamenti degli uni e degli altri (in occasioni diverse), non era facile con nessuno. Ma con gli estracomunitari era peggio perchè se ti provavi a dirgli qualcosa immediatamente se ne uscivano con la solita frase:”TU RAZZISDA?”. Bene io avevo imparato a precederli e prima ancora di contestargli qualcosa e prima che lo facessero loro, gli dicevo:”TU RAZZISTA? No,perchè se ti comporti così nel paese che ti ospita significa che ritieni di poterlo fare perchè ci ritieni inferiori a te e quindi non degni di rispetto, quindi sei un razzista”. Vi garantisco che mettere loro nella condizione di doversi difendere dalla stessa accusa che di solito loro buttavano su di noi, cambiava le cose da così a così. Ecco,questo è esattamente quello che dovremmo fare (e che io faccio già) con le donne.
andrea(Quota) (Replica)
Tutti i “dati oggettivi” che volete, e molte analisi, sono raccolti ormai da anni da un gruppo di volontari che gestiscono il sito
http://violenza-donne.blogspot.it/
In particolare:
sul femminicidio:
http://violenza-donne.blogspot.it/2014/09/quella-squallida-menzogna-del.html ;
panoramica degli “uominicidi, tentati uominicidi” ed altre violenze femminili annuali:
http://violenza-donne.blogspot.it/2015/02/rapporto-sulla-violenza-agita-dalle.html
Indagine sulla violenza domestica femminile:
http://violenza-donne.blogspot.it/2012/11/indagine-conoscitiva-sugli-uomini.html
e tanto altro ancora, negli APPROFONDIMENTI.
Vincenzo Mastriani(Quota) (Replica)
Alessandro
>>
La situazione italiana è poi particolarmente grave, perchè l’influenza femminista va a fondersi non solamente con quella consumistica, come altrove, ma anche con il sostrato tradizionalistico-religioso, il che rende il cocktail italiano assolutamente micidiale.
>>
La situazione statunitense è anche peggio.
Noto che c’è sempre la tendenza a credere che altrove sia comunque “meglio”, mentre in realtà non lo è affatto.
Fabio C.(Quota) (Replica)
I fatti di Colonia riguardano tutti noi maschi (non solo i migranti)
http://www.huffingtonpost.it/marco-palillo/i-fatti-di-colonia-riguardano-tutti-noi-maschi-non-solo-i-migranti_b_8928918.html
romano(Quota) (Replica)
Facevo riferimento non alla virulenza del femminismo, certamente massima negli USA, ma alla difficoltà a relazionarsi con le donne in modo non superficiale, alla distanza tra i due “mondi”, accresciuta in Italia dalla mentalità tradizionalistico-religiosa, con tutti i suoi lacci e lacciuoli, che ancora sopravvive, benchè attenuata rispetto al passato.
Alessandro(Quota) (Replica)
https://it-it.facebook.com/osservatorio.antifascista/posts/1113463895330372
“Punto 10:Generalizzare è sbagliato.Lo stupro non è un esclusiva degli immigrati,ma di tutti gli uomini”
Per questi sedicenti antifascisti è sbagliato generalizzare sugli immigrati mentre è giusto generalizzare sull’intero genere maschile.
romano(Quota) (Replica)
Splendido articolo di Marco.
Questo è lo spirito di noi resistenti, uomini beta.
La demonizzaziione misandrica hitleriana la lasciamo alle altre. Alle Gayle Rubin, alle castranti MacKinnon e Boldrini di turno, all’uttusa Gambotto-Burke, al genio organizzativo della Gestapo globale; quella del movimenti mazional-patriottici affiliati all’ufficio “pulizia etnica” del NOW.
Loro attaccano in maniera paranoico-genderista (genitalista-statunitense).
E sarà sempre peggio, ma anche per tutte le donne, in piena, drammatica crisi di identità; effetti prodotti da continui bias con la realtà, che ogni imposizione ideologica comporta.
Noi resistiamo in maniera umanistica.
Loro ri-parlano di “donne divine” – sicchè tutto lascia supporre che la mistica del IV Reich sia già cominciata da un bel po’.
Da un quinquennio si è alla fase di applicazione dei principi illogici del Gender.
Dialettica negativa, di adorniana memoria.
Roman Csendes(Quota) (Replica)
LEZIONE V – IL maschio GINARCHICO
di Diana Mulder
“Faccio subito questa lezione perche dai post, dai commenti e soprattutto dai messaggi che ricevo noto una gran confusione.
La domanda è come deve essere il maschio Ginarchico ?
Il maschio ginarchico è un essere che ama le DONNE piu di se stesso.
Egli desidera essere guidato e seguito da una DONNA che ha il completo potere su di lui e che ammira e ama profondamente.
Il maschio Ginarchico sa che la sua sessualità non conta ma conta solo il piacere della DONNA.
Sa che essere soggetti a una DONNA significa crescere e maturare e che la DONNA lo ama anche nella sua completa inferiorità.
Il maschio Ginarchico sa che le sue caratteristiche maschile devono essere controllate dalle DONNE e da queste utilizzate.
E’ consapevole che l’obbedienza, la generosità e lo dolcezza devono essere sue caratteristiche fondanti.
Il maschio Ginarchico sa insomma che deve essere sempre al servizio della DEA DONNA che lo ha creato, lo guida e gli da quel senso di pace e di sicurezza che altrimenti non avrebbe.
L’identita maschile nella Ginarchia è in funzione delle DONNE. le DONNE la definiscono e la chiariscono. senza di esse il maschio Ginarchico è nulla”.
Un delirio, certo. Letteratura da soggetti psichiatrici. Però, siccome esiste un Tribunale per i diritti della Specie Umana, all’Aja (da non confondere con quello di “proprietà” di George Soros, sui crimini nella ex-Yugoslavija), come mai,, poichè il “Movimento Ginarchico” prevede la reintroduzione della schiavitù, tramite l’incitamento all’odio discriminatorio, queste posizioni ideologiche non vengono sanzionate in qualche adeguato modo?
Evidentemente perchè il concetto di “schiavitù del maschio” e “diritti umani” hanno perso di sognificato per le elites genderiste euro-americane.
Ma anche per le intellettuaoli d’accatto italo-americane.
Se si incita all’odio, tale provocazione è, per ogni normativa vigente nei paesi democratici, un reato concreto, non di opinione.
Roman Csendes(Quota) (Replica)
Il delirio misandrico di Diana Mulder è su Facebook.
Dall’indirizzo: https://it-it.facebook.com/corsodirieducazionemaschile
Roman Csendes(Quota) (Replica)
Ringrazio tutti per gli interventi che giudico sereni e costruttivi. Non ho una cultura pari a quella, chiaramente tangibile, di molti di voi, ma vedo che le conclusioni a cui arriviamo tutti non sono dissimili, sintomo di un’analisi che possiamo definire fondata e corretta. difficile rispondere a tutti voi (non mi aspettavo 14 commenti) se non con un grazie anche per le gradite rettifiche concettuali che avete voluto talvolta apportare al fine di rendere più chiaro, preciso ed avvalurato l’impianto del discorso. Un paio di puntualizzazioni, però vorrei farle: dire di una donna che siano in grado di analizzare e di discernere la realtà dei fatti, mi auguro che non sia un ossimoro. né la lotta “muro contro muro”, “genere contro genere”, sebbene come reazione umanamente comprensibile, forse può essere una soluzione.
Se noi pensiamo che ci sia uno squilibrio nei diritti e nella dignità riconosciuta ai rappresentanti di un genere rispetto all’altro, sosteniamo la necessità di una uguaglianza che ci è negata. Ma uguaglianza vuol dire non sorprendersi della presenza di donne che siano in grado di guardare la realtà con maturità ed obiettività. diversamente non staremmo più cercando di appianare lo squilibrio che chiaramente avvertiamo, ma ci ritroveremmo, come fanno molte donne dei movimenti femministi, a dar vita ad un conflitto per la supremazia di un genere sull’altro, forse, come detto, irrisolvibile perché le donne rimarranno sempre donne e gli uomini sempre uomini. Per carità, tutte le opinioni sono apprezzabili e nessuno è depositario della verità. tuttavia bisogna prendere atto che quelle prese in esame sono due strategie molto differenti e che perseguono obiettivi differenti
MarcoMarco(Quota) (Replica)
_______________________-
Io non ci giurerei, anzi, basta vedere quanto di femminilità/mascolinità, e a che velocità, “stiamo” perdendo generazione dopo generazione.
Donne con seni e sederi prosperosi non ce ne sono quasi più, ma non si stanno perdendo solo i caratteri sessuali secondari, anche i principali.
Qual’è la funz. di un pene se si è sterili?
Per non parlare di altre disfunzioni (micro pene ed erettili) anch’esse, mi pare, in forte crescita.
Si va verso l’androgino (o l’eunuco): “L’abisso originale l’autonomia dell’infertile.”
F. Battiato
Animus(Quota) (Replica)
Animus,
In pratica stai dicendo che……..tutto sommato il problema è vicino ad una soluzione naturale
MarcoMarco(Quota) (Replica)
Sì, diciamo che se la si vede così, ci sta. 😉
Non ti so dire quanto vicino, (anche se noi tutti saremo già morti, ovvio) né quanto il problema, prima di risolversi “naturalmente”, comporterà in termini di sofferenza collettiva. (ritengo tanta…)
Secondo me, quello che noi possiamo fare, in questa fase di “passaggio antropologica”, e cercare di diminuire questa “sofferenza collettiva” (e personale).
Non possiamo far altro.
Animus(Quota) (Replica)
Pienamente d’accordo con Marco ed Aminus.
Questa è una decostruzione del maschile.
Non produrrà, forse, una “speciazione”, ma comunque manometterà a fondo, e per un bel pò di tempo, il già instabile rapporto fra i sessi; pardòn, fra i generi.
Roman Csendes(Quota) (Replica)
Facciamo un gioco.
Ognuno di voi mi dica, se ci riesce (perché è una cosa sulla quale c’è da dubitare) un male che l’uomo non può più fare, nel senso che, gli è stata tolta questa possibilità (di nuocere).
E’ un “gioco” ma non è uno scherzo..tutt’altro: “dialettica negativa”
Animus(Quota) (Replica)
Animus,
uomo maschio o uomo essere umano ? non so, è difficile, senza pensarci troppo non credo ci siano cose su cui sia stata tolta la possibilità di nuocere
MarcoMarco(Quota) (Replica)
Animus,
Uomo-homo sapiens sapiens o uomo-persona?
Per il primo, per quanto mi riguarda, al di là dei limiti morali che si è auto-imposto, non esiste male che non possa compiere. Ma nemmeno bene che non possa realizzare. Quale che sia il significato che vogliamo attribuire a questi due concetti.
Per il secondo, tutto dipende dalle condizioni in cui gli è dato di vivere ed operare.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
MarcoMarco,
Lo sapevo che non ci riuscivate…
Ma allora di cosa ti lamenti/ci lamentiamo?
Ci lamentiamo, in teoria, perché ci è stato tolto un potere, ma, è impossibile che al potere (o al valore, che è uguale), non corrisponda anche la facoltà di fare del male:
“col timore per l’uomo abbiamo anche perduto l’amore verso di lui, la venerazione dinanzi a lui, la speranza in lui, anzi la volontà stessa tesa a lui.”
Ora, la perdita, la si sente, ma se la si deve esprimere come facoltà di nuocere, non si vede nulla.
In realtà, il disvalore dei due, ciò che mostra esattamente e meglio di ogni altra cosa, chi sale e chi scende, è, che una ha aumentato la sua possibilità di nuocere, l’altro, l’ha diminuita.
Dovete impegnarvi e trovare quali mali sono stati tolti all’uomo, che non può più fare..
Altrimenti, ciò che vedo è una coscienza monca (semi-coscienza)
Animus(Quota) (Replica)
Ah, dimenticavo, per questo l’ho etichettata come “dialettica negativa”.
Sono sicuro che sul versante del positivo (su ciò che l’uomo subisce) non avete nessun problema a indicare un certo numero di “torti”, ma, personalmente ritengo la dial. negativa più potente e precisa di quella positiva. (anche perché, ripeto, quella pos. la si vede “naturalmente”, quella negativa, no, ma completa il quadro)
E’ l’Ombra, ma essere coscienti significa vedere sia la luce, sia l’ombra.
Se si vede solo una, significa esserlo a metà, e data la def. di verità (vero è solo l’intero), “falso coscienti”. 😉
Animus(Quota) (Replica)
E visto che l’appetito vien mangiando, dato che ho tirato in ballo la tanto malfamata Ombra, vorrei sapere cosa ne pensa Armando:
Personalmente ritengo che il potere sociale (di controllo ,manipolazione, assoggettamento e sottomissione degli individui) giochi tutta la sua (sporca) partita qui, nel rimosso dell’individuo.
Per questo è di fondamentale importanza (non solo un “gioco”) la sua emersione.
Del resto, per lo stesso Jung, che utilizza il simbolo come sintesi di una dialettica degli opposti (positivo/negativo , Io/non Io, conscio/inconscio), l’Ombra è sì attribuita al negativo, ma è anche’essa parte della totalità (psichica)!
E come fa ad esserci Individuazione (l’avvicinamento dell’Io col Sé) se l’Ombra continua ad essere rifiutata/non integrata?
E solo grazie al riconoscimento di essa, alla conciliazione con la propria Ombra (il cd “male”) che si può sottrarre il personale al potere di controllo sociale (sugli individui), potere che ha tutto l’interesse, uno, che l’individuo non maturi mai, ovvero, perché, e lo ripeto, così verrebbe sottrato il terreno su cui ha buon gioco.
Cosa dice ancora Jung a proposito?
Che l’uomo che è posseduto dalla propria Ombra (invece che riconoscerla) continua a ripetere i propri errori, non ne esce mai, ossia continua a ricadere nella freudiana “schizzofrenia della coazione a ripetere”, e, ci aggiungo io, del “perseverare autem diabolicum”…(così ci capiamo chi è che tiene davvero in mano le redini del potere morale/controllo sociale, altro che capitalisti!)
E infatti, nell’ “Energetica psichica” Jung dice chiaramente che e solo così, integrando l’Ombra che “l’energia” (se vogliamo vedere questa energia in termini economici/di lavoro invece che psicologici, è l’esatto concetto di pluslavoro marxiano sottratto dai capitalisti agli operai [minus-habens,”falso coscienti”]) che prima andava dispersa “nell’Ombra” (non riconosciuta o rifiutata) che ora invece diviene disponibile all’Io (e se ne ha il controllo).
E poiché l’Ombra è la “vera individualità” (motivo per cui ho detto nel commento precedente sulla superiorità/maggior potenza della “dialettica/logica negativa”), se non è l’individuo ad avere il controllo sulla propria individualità, la propria Ombra, sarà quanlcun altro a controllare, attraverso di essa…lui.
Animus(Quota) (Replica)
Animus,
scusami ma la tua analisi di un confronto uomo / donna per la conquista di un potere, cioè una supremazia che, peraltro, si traduca nella facoltà di poter nuocere non è affatto condivisibile da parte mia ed anche il mio contributo andava in senso assolutamente opposto ed avulso da queste tue considerazioni. non comprendo cosa c’entri il rivendicare una parità di diritti e di dignità sociale, con la capacità di nuocere, cioè di avere le occasioni per rubare, uccidere, corrompere.
MarcoMarco(Quota) (Replica)
Animus,
qui non si sta parlando della supremazia di un “genere” sull’altro e su come conquistarla, si sta semplicemente negando o si sta manifestando l’esigenza che si arrivi a negare, l’esistenza di un problema di “genere”. c’è la possibilità che tu abbia sbagliato a postare i tuoi interventi e che, in realtà, volevi collegarli ad altri “contributi” ?
MarcoMarco(Quota) (Replica)
MarcoMarco,
Caro Animus, credo che sia opportuno che tu spieghi chi tu sia e come la pensi perché tutti o quasi quelli che approcciano questo sito si aspettano di trovarsi persone che ragionano in determinate maniere, poi leggono i tuoi commenti e le tue risposte, destinate inevitabilmente ad avvitarsi in una serie di altre infinite domande e risposte (a mio parere per approdare altrettanto inevitabilmente al nulla o comunque necessariamente destinate a finire su un binario morto, ma questo è un altro discorso…), e restano perplessi.
Quindi, per Marco Marco, che è appena arrivato e al quale do il benvenuto (e che si è presentato con un bel contributo al dibattito), è bene specificare che Animus non fa parte del Movimento degli Uomini Beta, ci segue assiduamente, partecipa attivamente al dibattito e contribuisce ad arricchirlo (anche se a mio parere sarebbe molto più utile alla causa se dirottasse almeno una parte delle sue energie all’esterno, dal momento che la grande maggioranza degli uomini brancola ancora nelle tenebre, e quindi la priorità mi sembra essere quella di bucare il matrix in cui si trovano piuttosto che incaponirci in infinite discussioni al nostro interno…) ma appunto non ne fa parte anche perché ha idee e orizzonti diversi dai nostri.
Questo non vale solo per lui ma per tanti altri che intervengono sul sito dal momento che lo spazio dei commenti è assolutamente libero e chiunque, nel rispetto delle regole della buona creanza, può esprimere liberamente la propria opinione.
Le idee, i valori, la strategia e appunto gli orizzonti del nostro Movimento, come abbiamo anche scritto in alto sulla destra di ogni pagina del sito, si evincono dagli articoli pubblicati nello spazio degli editoriali e appunto degli articoli oltre che, naturalmente, dal nostro Manifesto e dalla Carta dei Principi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
L’uomo oggi non può stuprare una donna poi vantarsi senza mettersi sulla parte del torto, non può togliere l’eredità a una sorella solo perché non si è sposata, non può non riconoscere il figlio suo. Questi sono pocchi esempi l’uomo l’avrebbe potuto fare secoli fa senza rendere conto a nessuno (se la donna non aveva un protettore maschile alle spalle)
nina(Quota) (Replica)
Animus,
Animus, quello che dici sull’integrazione dell’ombra è giusto, salvo essere d’accordo su cosa significhi. Integrare è l’opposto di rimuovere, e su questo siamo sicuramente d’accordo. Significa non colpevolizzarsi per i propri sentimenti “negativi” e comunque che possono anche spaventare chi li prova, ma non significa concedersi la libertà di agirli, diciamo così, allegramente e senza senso di colpa. Al contrario, l’integrazione ossia la consapevolezza che bene e male sono entrambi dentro di noi, serve ad avere potere su se stessi, serve per riuscire a non agire il male inconsapevolmente oppure a decidere di agirlo assumendosene la responsabilità. In altri termini potremmo dire ad evitare la “falsa coscienza”.
Ora, e su questo dò per scontato che non sarai d’accordo, le religioni, ed in specie il cristianesimo, non operano rimozioni, al contrario riconoscono che l’essere umano è, anche, “peccatore” (poi sul termine potremmo obbiettare, ovviamente, ma ciò che conta è che peccatore vuol dire capace di agire il male). Ma soprattutto dicono (il cristianesimo dice) che Dio ha lasciato l’uomo libero, quindi libero anche di ciò che per quella religione è male o peccato, assumendosene la responsabilità e le conseguenze. Però, se l’uomo può agire il male può anche essere perdonato (o perdonarsi), perchè l’erranza/errore (nei suoi due significati di sbagliare e di camminare spaesato) è fatto profondamente umano e contrassegna il limite dell’uomo ma anche della sua ricerca di trascendersi e di trovare un senso.
armando(Quota) (Replica)
l’Ombra è quella che proietti sul nemico, come vedi le persone che critichi cosi sei infatti tu, e proprio quando ti vedi sulla strada del giusto e del bene, probabilmente allora sei più disposto ad essere malvaggio e crudele. La penitenza cristiana è una forma di vittimismo piuttosto che assumersi la propria ombra e dubitare delle proprie convinzioni, e il vittimismo è sempre una giustifica per odiare qualcuno.
nina(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi: Caro Animus, credo che sia opportuno che tu spieghi chi tu sia e come la pensi
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Sai che non lo posso fare (sarebbe troppo lungo), (x MarcoMarco) e ha “ragione” Fabrizio a (dover) prendere le distanze, specificando che non sono un UB (come di fatti non lo sono).
Cmq, il fondo il “giochino” è riuscito, ha messo in mostra i taboo e le barriere (mentali) degli uomini (beta o non beta), barriere che in effetti poi, giocano contro di loro.
A MarcoMarco dico solo che io non ho minimamente accennato a “alla supremazia di un “genere” sull’altro e su come conquistarla”, questa viene da te (una tua proiezione), io ho soltato detto, casomai, che se avessi posto il quesito chiedendolo di specificare in termini di diritti negati (o privilegi femminili), avreste (tutti) saputo dare una risposta, se lo avessi chiesto in termini, del male che l’uomo subisce (o che la donna agisce/può agire), avreste tutti saputo dare una risposta, ma se lo chiedo in termini della capacità di nuocere che gli è stata tolta, non sa rispondere più nessuno! (tranne…e ci arrivo dopo).
E’ ovvio che le cose non possono stare così, è impossibile che ad un soggetto che corrispondevano diritti e poteri maggiori, non corrispondesse necessariamente anche una maggiore facoltà di nuocere…
E questo dimostra il taboo mentale (di cui si fregia il potere di controllo sociale)
Il buono è l’impotente , colui che non può nuocere anche volendo, o colui che potendolo fare, non lo fa?
Ecco, se io non fossi stato in grado di dare nessuna risposta al quesito, iniziarei a chiedermi seriamente, se forse non sto confondendo l’impotenza con la bontà (sapendo anche l’origine cristiana della con-fusione dei due concetti)
Con Armando concordo sul fatto che riconoscere il (proprio) male non significa agirlo (e qui l’equivoco di MarcoMarco), ma se uno non lo riconosce (come questa situazione ha dimostrato) in che situazione siamo?
In quello della rimozione, ovvio.
A parte gli astenuti che son sicuro avrebbero saputo rispondere (Rino/Armando), ringrazio nina, che sembra aver superato la prova, se non fosse che è anche del sesso sbagliato (x la prova), e la prova per lei sarebbe stata quella di dire il male che la donna non può più fare, risposta che qui però mancherebbe non per eventuali taboo mentali delle partecipanti, ma per il fatto, che al precedente se ne è aggiunto dell’altro, anche se in effetti qualcosa è andato perso, ma qui rientriamo su quello “familiare”/dei clan matriarcali, sottratto dalla denatalità, asili, sfascio delle famiglie.
Animus(Quota) (Replica)
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Concordo, sì, a parte “l’incitazione all’odio” , dove con me sfondi una porta più che aperta, (a parte la questione di genere basta vedere cosa sta facendo con i musulmani), quando ho espresso il concetto che “il potere (di controllo sociale) non vuole che l’uomo cresca assumendo su di sé la propria Ombra (invece di negarla), perché possa continuare a ripetere i propri errori, e sia questo il terreno su cui ha buon gioco”, non è in fondo molto diverso da quello che hai scritto te.
Animus(Quota) (Replica)
Animus
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Cmq, il fondo il “giochino” è riuscito, ha messo in mostra i taboo e le barriere (mentali) degli uomini (beta o non beta), barriere che in effetti poi, giocano contro di loro.
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Ciro, te lo dico senza alcun intento polemico, perché sul web non è possibile ascoltare il tono di voce né vedere lo sguardo: ma non credi sarebbe il caso di smetterla con questi “giochini”? Hai scritto “Lo sapevo che non ci riuscivate…”
Beh, t’assicuro che io già sapevo che tu avresti scritto ciò…
E’ dai tempi di U3000 che fai questi giochini.
Anzi, all’inizio eri un po’ più “modesto”, poi, col passare del tempo, hai iniziato a fare il “professore”, a volte anche con Rino. L’unico con il quale non l’hai mai fatto è stato “Ventiluglio”, evidentemente perché lo ritenevi…”superiore” a te.
Ripeto: non mi interessa far polemiche inutili, ma queste cose dovevo proprio dirtele.
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PS: naturalmente già so cosa mi risponderai…
Daniele(Quota) (Replica)
Daniele,
Daniele, e tu dimostra allora (invece di sollevare una polemica) , se dico “lo sapevo che non ci riuscivate” , che mi sbaglio.
Non mi stai dando ragione?
E allora dammi torto!
Io credo, e ci credo fermamente, che per essere liberi, bisogna INNANZITUTTO liberarsi dai condizionamenti mentali, i propri, e non basta lagnarsi, come bambini (o martiri): mi han fatto male, c’ho la bua, loro son cattive (noi siamo i buoni), etc, etc.
Certo, i termini usati non son questi, ma il significato lo è.
Io non voglio essere “buono”, non voglio essere (disegnato come) un oppresso, non voglio essere utilizzato …come un “utile idiota”, nelle categorie (e nelle dinamiche) che altri hanno stabilito a priori e inculcate a forza nelle nostre menti.
Quello che voglio, è rompere ‘ste cazzo di categorie! (le vere catene)..
Se dovessi scrive qualcosa per dire “o come siamo oppressi! o come siamo sfortunati ad essere nati maschi, siamo nati per soffirire, o come sono cattive le donne, i padroni,, etc etc”, ossia ad esprimere pensieri “preconfezionati”, non lo farei, ma meglio star zitti!
Se devo dire qualcosa, deve essere dinamite ( ), qualcosa di provocatorio, di scomodo, che cerchi (anche se non ci riesce) di scuotere la coscienza di chi legge, di scatenare una reazione (psicologica), di svegliarlo insomma dal torpore dei pensieri e delle verità comuni e assodate!
Nicce ci ha insegnato che le convinzioni sono peggiori delle menzogne (così sollevo Fabrizio dall’imbarazzo e dico a MarcoMarco “chi sono”, l’avevo già detto con “Il buono è l’impotente, che non nuocere anche volendo, o che potendo nuocere, non lo fa?”, ma può darsi non sia arrivato).
E infatti, che senso avrebbe comunicare una verità, se questa non crea anche disagio nella “gentile coscienza” del proprio interlocutore, se non gli si insinua un dubbio sulla sua natura ( di uomo), sulla religione (commistione di bene e male) etc etc
E certo che tutto questo è faticoso e scomodo, costringe a cambiare, a pensare, a mettere in discussione tante cose….
Per questo Daniele, io non me la prendo per la tua “reazione” , me la prendo perché ho sortito l’effetto solo a metà..(e dunque, non l’ho sortito)
Dammi torto.
E allora son contento.
Animus(Quota) (Replica)
Animus, io ribadisco solo una cosa. Il cristianesimo lascia l’uomo libero. Di amare o non amare Dio, di agire il male o i bene. E questo è l’essenziale, a patto che si ammetta che bene e male esistano e siano conoscibili, il che è l’oggetto delle dispute filosofiche. Ma se non esistono in sé, se non sono conoscibili, se ciascuno può costruirsi un suo concetto di bene o di male e tutti sono ugualmente validi, se infine il bene è ciò che è bene per me, di cosa stiamo discettando? E a cosa serve discutere ? In tal caso varrebbe solo la forza come unico criterio di ragione, e quindi sicuramente l’individuo diverrebbe schiavo di chi quella forza possiede, che non è un altro individuo ma la società è i suoi apparati, culturali e polizieschi. Rendere l’uomo buono per forza è renderlo impotente, da qui l’illusione che l’ingegneria sociale costruisca l’uomo nuovo, o quella che un diverso assetto sociale ne trasformi la natura, ma altrettanto necessario costruire le condizioni affinché possa scegliere consapevolmente, ed anche, però, assumendone responsabilità e conseguenze.
Armando(Quota) (Replica)
Animus,
L’argomento mi sta particolarmente a cuore ma non posso prendermi il tempo che vorrei per rispondenderti in maniera compiuta. Mi riservo di farlo comunque appena possibile.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Animus,
caro Animus,
dopo gli interventi di Fabrizio e Daniele e ….. le tue precisazioni, tutto è più chiaro. Devo dirti che non condivido neppure in minima parte la tua analisi, neppure dopo le tue sedicenti dimostrazioni (e per provartelo sai che sarebbero necessarie pagine e pagine).
Se lo scopo è dimostrare, come afferma Daniele, la tua superiorità culturale e di coscienza nei miei confronti, è già indiscutibilmente dimostrata, tuttavia essere superiore a me è impresa agevole e, quindi, per te soddisfazione effimera.
Per non dilungarmi oltremodo, mi limito al tuo giochetto che sarebbe “riuscito” (?) nel suo scopo di dimostrare qualcosa. Pensa che io non ho neppure capito che attinenza vi sia tra la constatazione che 50 anni fa un uomo poteva “nuocere” a una donna, in modo odioso, palpeggiandola per strada, PREROGATIVA ANCORA OGGI POSSIBILE poiché le mani ci sono comunque rimaste, ed il rammarico che, oggi, oltre ad aver, giustamente, reso tale condotta non conveniente, ci si è spinti fino al punto di rendere reato anche la comunicazione relazionale tra un uomo e una donna ripristinando, con nome diverso, il reato di lesa maestà (nei confronti della donna). Non ho capito perché la fragilità o sensibilità maschile debba giustificare il fatto che DEI MASCHI abbiano deciso che, a prescindere da loro, al resto dei maschi debbano essere negati diritti riconosciuti alle donne.
Non ho capito e non ti preoccupare di spiegare perché non capirei
Ma oltre citare ciò che sostiene Jung, tu hai anche idee tue o ti preoccupi solo di interpretare le sue ? lo dico perché ne viene fuori un risultato disastroso che si avvita su sé stesso e su te stesso; oppure il concetto che intendi esprimere è proprio quello di non dover fare nulla solo per non rischiare che un’azione propositiva possa limitarsi a restare solo una vittimistica lamentela e che, quindi, possa tradursi in una “sconfitta” ?
Marco(Quota) (Replica)