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Per una volta una corretta informazione ci mette al corrente di una amara ma anche ovvia, a nostro parere, verità, e cioè che la violenza non è prerogativa di un solo genere, quello maschile, ma, ahinoi, di tutto il genere umano.
La realtà che emerge da questa inchiesta è che negli USA il 50% degli abusi, dei maltrattamenti e degli stupri sui minori (e molto probabilmente anche di più perché, come spiega la stessa Giovanna Botteri, è estremamente difficile per un bambino denunciare la propria madre e accettare di riconoscerla come sua aguzzina) sono commessi da donne e in particolari da madri.
Questo non è un servizio giornalistico come tanti, è una testimonianza concreta di qualcosa che fino ad ora era stato semplicemente sottaciuto, di una realtà che era stata occultata, e di un’altra che è stata raccontata in sua vece; quella secondo cui la violenza, e in particolare quella domestica e sui minori, è solo e sempre stata opera degli uomini e in particolare dei padri.
Ormai sappiamo che in America, e possiamo ipotizzare in tutto il mondo occidentale di cui in genere gli USA sono i battistrada, non è così. E il fatto che tutto questo accada oggi, nel più grande paese del mondo occidentale, patria del femminismo, toglie ogni alibi.
E’ il crollo di un “mito”, di una verità assoluta e incontrovertibile, una vera e propria “caduta degli idoli”, perché questo è stato e ancora è per molti e soprattutto per molte: il mito dell’innocenza femminile, della incapacità e della impossibilità da parte delle donne non solo di praticare la violenza ma addirittura di concepirla. Una prerogativa che, secondo una lettura che non esitiamo a definire sessista e razzista, apparterrebbe esclusivamente al genere maschile.
Naturalmente noi non facciamo certo i salti di gioia per questa “scoperta” e non ci sfiora neanche lontanamente l’idea, come è invece stato fatto nei confronti degli uomini, di criminalizzare un intero genere.
Non siamo dei manichei, né tanto meno degli integralisti, né ancor meno dei difensori a priori del genere. Al contrario, riteniamo questo atteggiamento, oltre che intriso di sessismo e razzismo, anche profondamente stupido.
Non pensiamo che ci sia sempre il bene da una parte e il male dall’altra così come non pensiamo che sia possibile andare “al di là del bene e del male”.
Crediamo che la realtà sia sempre estremamente più complessa rispetto a come spesso tendiamo a vederla (o meglio, a come la vogliamo vedere) e che la ricerca e l’individuazione delle cause, della origine dei problemi e delle responsabilità, sia un lavoro che richiede pazienza e fatica e che soprattutto deve essere animato da una profonda laicità e onestà intellettuale.
Assumere un punto di vista “parziale”, che è anche il nostro metodo, non significa sconfinare nella pretesa di avere in tasca la verità assoluta. Una cosa è essere convinti delle proprie idee e un’altra è trasformarle in una religione, in un teorema chiuso, impenetrabile e immodificabile. Sappiamo che è impossibile arrivare a delle verità condivise, come probabilmente è giusto che sia, ma forse è possibile cercare di convivere nel riconoscimento e nel rispetto reciproco. Anche fra i generi .
Ci auguriamo che testimonianze concrete come questa possano offrire l’opportunità a molte e a molti di riflettere su convincimenti che si fondavano su opzioni ideologiche piuttosto che sulla effettiva realtà.
Fabrizio Marchi
738 Commenti
Vedi, magenta, finché la violenza si intende (solo) quella visibile, quella punita dal codice penale e non (anche) quella invisibile – di cui la prima è – in sostanza – pura manifestazione -, non si può cacciar via le femmine dal trono morale sul quale stanno sedute, perché la violenza maschile è molto più visibile e non può essere negata.
L’autorità morale femminile è una autorità usurpata, perché fondata su una impotenza femminile che non è mai esistita e su una innocenza che parimenti non può esistere. Nondimeno, oggi le femmine occidentali hanno questa autorità.
Da qui si vede che l’interpretazione materialistica della Storia deve essere superata, altrimenti non si viene a capo di nulla. Non si vedono né il potere occulto né le malefatte femminili e nemmeno tutto il resto.
Sandro2(Quota) (Replica)
“non vedo proprio tutta questa aggressività e violenza da parte delle donne: le nazioni a piu alto tasso di partecipazione femminile nella res publica come Svezia e Islanda hanno un tasso di conflitto sociale estremamente piu basso rispetto a società di orientamento patriarcale e arretrato come Egitto o Libia, nettamente piu violente”. (Magenta)
Banalita´su banalita´, luoghi comuni triti e ritriti ai quali forse (e senza il forse) non bisognerebbe neanche rispondere, per non perdere tempo e non per altro (nel momento in cui scrivo sono all´estero per lavoro e di tempo ne ancora meno).
Se e´per questo c´é molta ma molta piu´violenza nelle nostre occidentalissime metropoli euroamericane che non nei paesi da te citati. Se riesci ad uscire indenne dopo aver trascorso una notte intera a Los Angeles sprovvisto di un automezzo personale, ti faccio i miei complimenti e comunque non scommetterei affatto per una seconda volta… Posso assicurarti che Damasco, Gerusalemme o Amman sono giardini incantati al confronto…
Quindi, per favore, smettiamola di raccontare balle e di recitare questi mantra celebrativi dell´occidente civilizzato perche´femminilizzato e femministizzato. Nei paesi scandinavi il livello del conflitto sociale e il tasso di violenza erano molto bassi ben prima che esplodesse il femminismo e questo per una serie di ragioni storiche, culturali, economiche, sociali, ambientali sulle quali non entro perche´non ho tempo e perche´secondo me sono anche scontate.
Mi limito solo ad aggiungere che anche in quel contesto quelle stesse condizioni di maggior equlibrio e armonia sociale sono state create dagli uomini (e naturalmente, storicamente parlando, dall´incontro fra un “capitalismo dal volto umano” e il socialismo democratico), ben prima che venissero le femministe a dire che il merito e´solo ed esclusivamente loro e della specificita´di cui il genere femminile sarebbe portatore. E soprattutto ben prima che ´le stesse femministe imponessero leggi indegne di un paese civile come la Svezia, dove il sesso senza profilattico e´ equiparato allo stupro…
Ancora una volta, arriva una femministarda che con tre o quattro slogan rabberciati pretende di spiegare che le vette della civilta´ e dell´evoluzione del genere umana sono state raggiunte solo ed esclusivamente grazie alle donne…
Mi domando: ma si puo´ andare avanti con queste favolette per bambini? Questa e´roba che ormai non serve neanche piu´a far addormentare i bambini dopo carosello…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Per Sandro2: perdona, ora non ho tempo e magari ci tornero´, ma l´interpretazione materialista della Storia e´ tutt´altro rispetto a quello a cui hai fatto riferimento tu nel post, che peraltro condivido…
Vorrei fosse chiaro, altrimenti facciamo confusione. Analizzare gli aspetti “immateriali” della realta` non ha nulla in contraddizione con una concezione “materialistica” in senso filosofico. A meno che non concepiamo quest´ultima in senso prettamente economicistico. Ma questa impostazione, peraltro duramente criticata anche dagli stessi “materialisti ortodossi” (figuriamoci dai non ortodossi), ci porta del tutto fuori strada.
Ci tornero´con maggior tempo, eventualmente.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
La teorizzazione, madre di tutte le violenze, che esiste il “cattivo-per-natura” e che comporta la “ri-educazione” del cattivo-per-natura da parte del “buono-per natura”, teorizzazione di cui l’approccio sessista femminista (che sembra non turbare l’aspirazione alla pace di @Magenta), è una recente variante, la “non-violenta” socialdemocrazia svedese, tanto per fare un esempio, mostra di seguirlo da tempo: i “cattivi-per-natura”, ha già dimostrato di teorizzarli e di trattarli con spietata indicibile violenza: “…la legge per selezionare la razza è rimasta in vigore per 41 anni, dal 1935 al 1976, …. le vittime della sterilizzazione forzata sono state circa 60000. Nel 1909 fu fondata a Stoccolma la Società Svedese per l’Igiene Razziale e il fatto che tale associazione fosse il sottosistema dell’incubatrice associativa tedesca, contribuisce a spiegare i tratti comuni in materia eugenetica tra socialdemocrazia svedese e nazionalsocialismo tedesco (…) I provvedimenti eugenetici erano ispirati da Gunnar e Alva Myrdal, entrambi premi Nobel, lui per l’economia (1974) e lei per la pace (1982). Alva Myrdal, esperta in psicopedagogia e psicologia, sostenitrice del modello del consultorio familiare, della pianificazione demografica e della riforma educativa (…)” http://carlozucchi.wordpress.com/2006/10/22/la-svezia-dove-il-welfare-ha-ucciso-l%E2%80%99uomo/
E su questa strada di violenza la Svezia continua con le proposte di legge contro il sesso maschile.
Anche il film “Arancia meccanica” ci spiega molto bene quanta spaventosa violenza “buona” è necessaria per avere il protagonista “Alex” finalmente trasformato in cittadino modello.
Insomma come per il termine “amore” anche per il termine “pace” bisogna intendersi, perchè, come si vede, vogliono dire tutto e il suo contrario. In conclusione alle femministe e ai “femministi”, aspiranti “rieducatori” di oggi che magari sognano lo Stato femminista svedese, mi sembra opportuno dire quanto segue: 1) la strada del sessismo femminista, e di uno Stato ispirato all’ ideologia dell'”uomo nuovo” di turno, è strada già percorsa dai più pericolosi maestri della più pericolosa forma di violenza che la società possa teorizzare ed attuare; 2) tra sessimo femminista e razzismo nazista di comune, oltre ad una folle teoria disumana, ci sono già oggi le leggi speciali contro una parte della cittadinanza, la distruzione dei principi fondamentali del diritto e della democrazia, la costruzione di un regime antimaschile di intimidazione terroristica e di sistematica delazione, e all’orizzonte si intravedono i campi di concentramento per i maschi; 3) superata una certa soglia di violenza, persino i non-violenti seguaci di Gesù Cristo, nel 1943 diedero vita a pagine di lotta, in quel caso antinazista, fra le più gloriose ed efficaci, quelle delle Fiamme Verdi, al grido di battaglia: “insorgere per risorgere”.
cesare(Quota) (Replica)
l’aggressività esiste in entrambi i generi, ma a leggere i commenti di questo blog sembra che quella maschile sia positiva, generatrice di civiltà e progresso mentre quella femminile sia solo ripiegata in se stessa, una cosa da comari pettegole che spargono malignità e basta. e ovviamente questa critica a senso unico nasconde l’insofferenza di molti di voi nei confronti di ogni tipo di assertività da parte delle donne.
magenta(Quota) (Replica)
tra l’altro il tipo che ha ucciso due immigrati africani qualche giorno fa pare che vivesse in un mondo fittizio fatto di Tolkien, Evola e razzismo. me lo immagino simile ad alcuni voi, se non nell’orientamento politico, nel livello di alienazione dal mondo reale e nella propensione a costruire teorie strampalate.
magenta(Quota) (Replica)
Va bene, ragazzi, direi che interloquire con Magenta non abbia veramente senso. Lei (o lui) non ci riconosce come interlocutori ma fin dal suo maleducato e maldestro esordio si e´rivolta/o a noi appellandoci come “esauriti”o “alienati”. Naturalmente, come tutti i soggetti di questo genere, si guarda bene dal replicare entrando nel merito delle risposte che le (gli) vengono date, e continua imperterrita/o per la sua strada continuando a dispensare perle della miglior sloganistica tardofemminista e politicamente corretta. Nel suo ultimo commento paventa anche il fatto che qualcuno di noi sia un simpatizzante nazista…
Direi che non ha veramente senso continuare questa sciocca querelle. In realta`doveva essere bannata fin da subito, considerando il modo in cui ha esordito. Siamo troppo tolleranti, questa e´la verita´…e va be´´…
Buona fortuna Magenta, ci siamo conosciuti, ora dimentichiamoci. Mi raccomando, parla male di noi, tanto non lo fa mai nessuno…cosi´ci fai anche un po´ di pubblicita´…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
magenta:
ma a leggere i commenti di questo blog sembra che quella maschile sia positiva, generatrice di civiltà e progresso
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Non dire fesserie, io ho fatto una costatazione sull’ intelligenza impiegata bene e male da parte degli uomini, senza giustificarla nel secondo caso, ma perché è una cosa vera e per risposta a tutta la propaganda che parla di inferiorità e brutalità dei maschi.
Non puoi estrapolare le parole che ritieni più forti e giostrarle a piacere tuo, questo è un vizio dei politici e delle trasmissioni tv
Leonardo(Quota) (Replica)
OK, assertisci e immagina e trovati lettori più adatti.
cesare(Quota) (Replica)
magenta, guarda che noi rispondiamo di quello che diciamo, non di quello che tu “ti immagini”. Se poi devi fare libere associazioni alla cacchio di cane, di’ pure che ci immagini simil a Hitler, no? Era un uomo anche lui, in fondo. Forse il problema è nella tua testina.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
magenta scrivi:
l’aggressività esiste in entrambi i generi, ma a leggere i commenti di questo blog sembra che quella maschile sia positiva, generatrice di civiltà e progresso…
veramente, potrei dire la stessa cosa dei blog femminili, dove ammesso che la violenza femminile sia riconosciuta e denunciata (tu, infatti, parli di “aggressività” per entrambi i generi), è sempre giustificata. (Ne accennavo nel mio commento precedente)
mentre quella femminile sia solo ripiegata in se stessa, una cosa da comari pettegole che spargono malignità e basta
veramente, io ho parlato di violenza pura e semplice – fisica, sessuale, psicologica – delle donne sui figli. Un campo in cui numeri e studi abbondano ma nei siti femminili/femministi non compaiono. La madre potrà fare meno male quando colpisce, ma colpisce di più.
questa critica a senso unico….
Idem come sopra: se mai, la critica a senso unico è quella proposta dai blog femminili/femministi, dove “la violenza è maschio, punto”.
nasconde l’insofferenza di molti di voi nei confronti di ogni tipo di assertività da parte delle donne,
Io sono donna e sto facendo un’asserzione assertiva. Qualcuno insofferisce, degli uomini presenti?
dia(Quota) (Replica)
magenta scrivi anche:
me lo immagino simile ad alcuni voi…
Non l’hai sparata un po’ grossa, questa?
dia(Quota) (Replica)
Magenta, forse è il caso di focalizzare, a tuo beneficio, alcuni punti. Se poi deciderai di andare avanti cosi, significherà che ha ragione Fabrizio, non vale la pena perdere tempo a risponderti.
I commenti.
Sull’angolo superiore destro del sito, in ogni pagina, ci sta un avviso ai naviganti che penso sia abbastanza chiaro. Qui ognuno può esprimere la sua opinione. Basta che ci sia rispetto dell’interlocutore e delle altrui opinioni. In nulla i commenti sono impegnativi per il Movimento. Sono solo un libero spazio di confronto.
I tuoi commenti
Chiarito il punto precedente, se ritieni che ci siano uno o più utenti a cui rivolgere le tue critiche, citalo, riporta il suo intervento o quantomeno la parte che ti interessa e fai le tue considerazioni. Mi sembra un buon punto di partenza per un confronto, anche conflittuale, ma quantomeno produttivo.
I tuoi interventi, finora, due cose hanno evidenziato per quanto mi riguarda:
1) inconsistenza e poco rispetto per l’interlocutore (tra l’altro nemmeno individuato);
2) pregiudizio nei nostri confronti.
Ed allora ripeto. A cosa stai giocando?
Si tratta di una prova iniziatica per essere ammessa in qualche circolo ristretto di pensatori/pensatrici.
Tipo entrare in questo pericoloso covo di rozzi maschilisti, misogini, sfigati, alienati e, a quanto vedo dai tuoi ultimi commenti, anche razzisti e cantargliene quattro?
p.s. – Comportamento assertivo: comportamento attraverso il quale si affermano i propri punti di vista, senza prevaricare né essere prevaricati. Si esprime attraverso la capacità di utilizzare in ogni contesto relazionale la modalità di comunicazione più adeguata.
Domanda. Il tuo è un comportamento assertivo? E per caso te lo stiamo negando noi?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Dopo sfigati, sessisti, maschilisti, misogini, ecc., arrivano anche i riferimenti e avvicinamenti a folli di estrema destra per i partecipanti di UB. Ho sempre pensato che anche solo scrivere in un blog che sfida un’ideologia aggressiva e mistificatrice, ma soprattutto così potente, una vera e propria “invincibile armata”, qual è il femminismo, sia soprattutto da coraggiosi. Sì, questo me lo attribuisco: il coraggio. Ovviamente non paragonabile a chi fuoriesce dall’anonimato, ma di coraggio si tratta comunque, indiscutibilmente.
P.s.: devo dire che quanto accaduto a Firenze mi ha scosso particolarmente. In quei gesti folli io ci colgo la miseria umana all’ennesima potenza. Perfino superiore all’incredibile mattanza di giovani vite compiuta dal pazzo norvegese: questi ultimi erano tutti ragazzi benestanti, figli del benessere, probabilmente con un passato di tranquillità, serenità, questi altri poveri cristi che cercavano, in mezzo all’ostilità e talvolta al disprezzo, di guadagnarsi un pezzo di pane per sè e per i propri familiari in Senegal. Davvero non ci sono parole.
Alessandro(Quota) (Replica)
x magenta
Pensa che nei blog femministi gli interventi di chi la pensa diversamente vengono censurati, poverine, sanno di essere false
Leonardo(Quota) (Replica)
L’autorità morale femminile è una autorità usurpata, perché fondata su una impotenza femminile che non è mai esistita e su una innocenza che parimenti non può esistere. Nondimeno, oggi le femmine occidentali hanno questa autorità. [Sandro2]
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Concordo al cento per cento.
Fabio C.(Quota) (Replica)
sottoscrivo il commento di Leonardo. Non ho mai incontrato tanta censura come nei blog femminili. I commentarium fanno da “coro” alla titolare, ed è tutto uno scambiarsi “cortesie” – io segnalo il tuo post, tu il mio, io rimando al tuo blog, tu al mio.
Chiunque – uomo o donna – apra una parentesi, obietti, argomenti in una qualsiasi chiave non “approvata”, prima o poi – di solito prima – viene liquidato come troll o disturbatore. Dopodiché bannato.
La censura, intesa come “nel mio blog si fa come mi pare a me”, non mi disturba. La trovo ragionevole: ognuno a casa sua fa come gli pare. Mi disturba, però, l’ipocrisia di chi predica bene e razzola male. E SA di farlo, ma continua.
dia(Quota) (Replica)
Personalmente non scrivo più nei blog femminili/femministi da molto tempo, proprio perché in quei luoghi regna la misandria, madre di tutte le censure.
Il che, tra l’altro, dimostra una volta di più – se mai ce ne fosse ancora bisogno – quanto vigliacche siano quel genere di “donne”, capaci di farsi forti e di atteggiarsi a dure solo davanti a una tastiera.
Certo, come molti hanno fatto notare in passato, questo accade anche e soprattutto perché da parte maschile – di quella “che conta” – non si muove una foglia.
Silenzio assoluto.
Fabio C.(Quota) (Replica)
quello della “non censura ” è sempre stato una cosa che ho apprezzato nei movimenti maschili , cosa che invece ,come ha detto Dia ,ma l’ho imparato anch’io nei movimenti femminili ,viene praticata sempre …
Ovvio che ,quando un utente ,viene solo a diffamare e non ci fa riflettere su “cosa sbagliamo” ,perchè ,siamo esseri umani e si può sbagliare ,il suo intervento è veramente inutile …
@Alessandro ,il fatto di Firenze è dovuto alla miseria ,pochi giorni fa ,Fabrizio parlava della prima guerra mondiale ,morti di fame ,contro morti di fame ,l’analogia calza a pennello
mauro recher(Quota) (Replica)
Da qui si vede che l’interpretazione materialistica della Storia deve essere superata, altrimenti non si viene a capo di nulla. Non si vedono né il potere occulto né le malefatte femminili e nemmeno tutto il resto.
(Sandro2)
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Credo che la tua critica andrebbe approfondita da uomini beta, perché ritengo ci sia del vero in quello che evidenzi.
claudio(Quota) (Replica)
Arrestata una ragazza ricercata perchè durante la guerra in Bosnia ha ferocemente torturato i prigionieri e cavato sistematicamente loro gli occhi con un uncino. Cronaca degli orrori di guerra, uno fra gli innumerevoli. Punto.
http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Esteri/Bosnia-arrestata-ragazzina-mostro/21-12-2011/1-A_000814681.shtml
Però….al processo (se ci sarà) vedremo dispiegarsi come già nei nostri tribunali l’interpretazione femminista per cui è colpa della società patriarcale, del padre e dello zio ma anche del fratello, del maestro e del professore e del moroso che l’ha mollata? l’imputato formale sarà lei ma l’imputato sostanziale sarà il genere maschile?
cesare(Quota) (Replica)
http://www.abruzzoweb.it/contenuti/ripetizioni-hard-nel-teramano–denunciata-per-tentata-estorsione/42873-4/
MARTINSICURO – Una donna di 46 anni di Martinsicuro (Teramo) è stata denunciata dai carabinieri della stazione di Nereto (Teramo) per tentata estorsione continuata.
L.F, queste le iniziali, aveva convinto un insegnante di lettere in pensione di 67 anni di Nereto a raggiungerla nella sua abitazione a Martinsicuro, con la scusa di dover organizzare delle ripetizioni di italiano per la nipote.
In realtà l’incontro ha preso una piega diversa: dalla sala da pranzo l’approccio con l’insegnante si è trasferito nella stanza da letto dove la donna ha intrattenuto con il docente un rapporto sessuale. Al termine della prestazione, la 46enne ha chiesto di essere pagata.
L’insegnante, convinto di chiudere la questione, ha saldato il conto con quel poco che aveva nel portafogli, circa 30 euro. Da quel momento, erano i primi di dicembre, il docente di lettere è stato perseguitato dalla donna che ha chiesto 500 euro per comprare il suo silenzio.
Se l’uomo non le avesse dato quei soldi in busta chiusa da lasciare nella buca della posta, lei avrebbe spifferato la scappatella alla moglie mandando a rotoli il suo matrimonio, in più lo avrebbe denunciato ai carabinieri per violenza sessuale. Stanco della vessazione, il sessantasettenne ha deciso di rivolgersi ai carabinieri che dopo veloci indagini hanno denunciato la prestante donna.
22 Dicembre 2011
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in più lo avrebbe denunciato ai carabinieri per violenza sessuale.
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…
Fabio C.(Quota) (Replica)
http://www.toscanatv.com/leggi_news?idnews=NL132270
Prostituta arrestata, in pochi mesi ha estorto 24mila euro all’uomo che si era invaghito di lei
PRATO – 20/12/2011 – Rumena di 21 anni agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Prato.
Ha estorto in pochi mesi 24mila euro a un pratese di 45 anni che si era invaghito di lei e che, una volta finiti i risparmi, si e’ rivolto alla polizia e l’ha denunciata. Una prostituta rumena di 21 anni e’ finita ieri sera agli arresti domiciliari con l’accusa di estorsione aggravata e continuata. Approfittando del fatto che l’uomo si era innamorato di lei, lo ha costretto a consegnare somme sempre piu’ consistenti di denaro minacciando altrimenti di denunciarlo quale suo sfruttatore e spacciatore di droga. Addirittura, la giovane, durante gli incontri di sesso, ha piu’ volte sottratto all’uomo il libretto di circolazione dell’auto restituendoglielo solo in cambio di soldi. Forte la soggezione psicologica del quarantacinquenne, soprattutto dopo che la ragazza si e’ presentata alla sua porta di casa lasciando un biglietto con ulteriori minacce. La polizia ha svolto una lunga indagine fino ad ottenere dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Prato il provvedimento di arresto.
Fabio C.(Quota) (Replica)
http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/1027218/le-tocca-il-seno-lo-uccide-condannata-a-7-anni.shtml
Le tocca il seno, lo uccide: condannata a 7 anni
Australia, la donna gli versò addosso benzina e l’uomo morì per le gravissime ustioni
foto Ap/Lapresse
16:38 – Una donna australiana è stata condannata a sette anni di carcere per aver causato la morte di un amico che le aveva palpeggiato il seno mentre lei era svenuta. Kerry McNiven si è dichiarata colpevole dell’omicidio di Gary Stewart, avvenuto nel 2009. Kerry versò della benzina sull’uomo, che prese fuoco e morì per le ustioni.
La condanna è arrivata dunque per omicidio colposo. In realtà, non è chiaro come siano partite le fiamme. Il giudice ha spiegato che probabilmente qualcuno stava fumando nelle vicinanze: Gary perse le vita in seguito alle gravi bruciature riportate sul corpo dopo essere stato avvolto dalle fiamme.
Durante l’udienza alla Corte Suprema dello Stato di Victoria, il giudice Lex Lasry ha riferito che diversi testimoni avevano visto Stewart mentre toccava il seno della donna mentre questa era senza sensi a un festa. In seguito a Kerry gli amici aveva raccontato tutto, e lei pensò di vendicarsi gettando benzina addosso all’amico, che prese fuoco. Sembra comunque che la donna potrà ottenere la libertà condizionale già tra due anni.
Fabio C.(Quota) (Replica)
Il titolo è:
sgarbi insulta minaccia e aggredisce alessandra mussolini, ma:
http://www.youtube.com/watch?v=aJ7Y8svlrvA&feature=related
Leonardo(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_29/assassinio-figlio-tenore-carlo-del-monaco_f7bd868a-31e8-11e1-848c-416f55ac0aa7.shtml
Gravi le condizioni di Claudio Del Monaco, figlio del celebre tenore
L’uomo è stato accoltellato in casa. Fermata la moglie
MILANO- Sono gravissime le condizioni di Claudio Del Monaco, regista teatrale, figlio del celebre tenore Mario. L’uomo, 64 anni , originario di Villorba (Treviso), è stato accoltellato, probabilmente al culmine di una lite familiare, mercoledì sera in una casa di Jesolo dove stava trascorrendo un periodo di vacanza.
UN FERMO – Portato all’ospedale di Treviso, Claudio Del Monaco, 64 anni, è in terapia intensiva dopo essere stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. Del Monaco al momento è ricoverato in condizioni stabili in prognosi riservata in terapia intensiva di cardiochirurgia. Nel pomeriggio ci sarà un aggiornamento sulle sue condizioni. Secondo quanto si legge sul Gazzettino, è stata fermata la moglie, Daniela Werner, una cantante lirica tedesca di 35 anni. Il tentato delitto sarebbe avvenuto nel residence che marito e moglie occupavano a Jesolo, di proprietà di amici. A scatenare la rabbia una furiosa lite scoppiata probabilmente per motivi finanziari. L’abitazione è stata trovata a soqquadro e con vaste tracce di sangue. Dopo una ricerca alla quale hanno partecipato anche altre forze di polizia, gli agenti del commissariato di Jesolo hanno rintracciato Daniela Werner in stato confusionale.
I TESTIMONI – La donna sarebbe rimasta anche lei ferita ad un polmone con un’arma da taglio. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, lei stessa avrebbe colpito il marito, con un coltello da cucina con lama di circa 25cm, nel pomeriggio di ieri. A vederla barcollante, mentre sorreggeva il consorte all’esterno del residence El Palmar in cui è avvenuta la tragedia, poi, dopo una breve fuga, da sola sotto choc in spiaggia, sono stati il custode dello stabile turistico Stefano Zorzetto e il tabaccaio di fronte al complesso Marco Dalla Rovere. Secondo le loro testimonianze anche la donna come Del Monaco era ferita e imbrattata di sangue. «Quando li abbiamo raggiunti – ha spiegato Zorzetto ai giornalisti dei quotidiani locali – lei si è allontanata e suo marito ci ha chiesto aiuto». Gli investigatori, guidati dal commissario Mario Argenio, stanno ora cercando di ricostruire i movimenti della coppia, giunta a Jesolo una settimana fa per trascorrere le feste natalizie. L’appartamento che occupavano è di proprietà di una cugina di Claudio del Monaco, al piano terra del residence jesolano. Daniela Hermann non ha per ora aperto bocca. È piantonata al pronto soccorso dell’ospedale di Jesolo, in attesa di poter essere interrogata dal pm veneziano Roberto Terzo. Gli inquirenti sono prudenti, ma si parla di problemi di natura passionale, forse anche finanziaria.
Redazione Online29 dicembre 2011 | 12:44
Fabio(Quota) (Replica)
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/12/27/news/partorisce_e_uccide_figlia_la_notte_prima_della_vigilia-27276351/
Partorisce e uccide la bimba
la notte prima della vigilia
Filippina accusata di infanticidio. All’interno di un garage i poliziotti hanno trovato la neonata morta e nascosta tra i panni sporchi. Ricoverata al Policlinico Casilino, che è anche una delle poche strutture ospedaliere che permette l’abbandono protetto dei neonati in totale anonimato
Ha ucciso sua figlia appena nata a poche ore dalla vigilia di Natale, nella notte tra il 23 e il 24 dicembre. Una filippina di 36 anni è stata arrestata dagli uomini della Mobile con l’accusa di infanticidio.
La donna, dopo aver partorito da sola, è finita in ospedale al Policlinico Casilino per un’emorragia: non aveva espulso la placenta e aveva strappato da sola il cordone ombelicale. Alla polizia la donna ha raccontato di aver partorito da sola
sul terrazzino della sua abitazione la notte tra il 23 e il 24 dicembre e di averlo fatto dopo aver tenuto nascosta la gravidanza al marito, un cingalese, che non voleva avere un altro figlio. Dopo aver dato alla luce una bambina, avrebbe deposto il feto nel cesto.
Subito si sono allertati i medici dell’ospedale che hanno cercato di convincere la donna a rivelare dove fosse la piccola nel disperato tentativo di salvarla. Ma durante la perquisizione all’interno di un garage i poliziotti hanno trovato la neonata morta e nascosta tra i panni sporchi.
Proprio il Policlinico Casilino, per cercare di aiutare le madri che hanno figli indesiderati, da quattro anni ha inaugurato una struttura concepita appositamente per permettere l’abbandono, protetto, dei neonati da parte delle mamme in difficoltà. Una sorta di moderna “ruota degli esposti” dove sono stati già lasciati numerosi piccoli. Ieri però la culla anonima purtroppo è rimasta vuota
(27 dicembre 2011)
Fabio(Quota) (Replica)
http://books.google.it/books?id=Fw_UhcEhE24C&pg=PA171&lpg=PA171&dq=madri+infanticide&source=bl&ots=DU6dx_7O9U&sig=SejjsJwq13KGR45wRgzJ-rjLcvw&hl=it&sa=X&ei=K8D8TtO4FcT04QTSwfXECA&ved=0CDIQ6AEwAzgK#v=onepage&q=madri%20infanticide&f=false
Fabio(Quota) (Replica)
Continua la mattanza (tutta maschile) nelle carceri:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/01/01/visualizza_new.html_20100826.html
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
http://fullcomment.nationalpost.com/2011/12/21/barbara-kay-the-awkward-truth-about-spousal-abuse/
Barbara Kay: The awkward truth about spousal abuse
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Barbara Kay Dec 21, 2011 – 7:30 AM ET | Last Updated: Dec 20, 2011 5:35 PM ET
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One of first-wave feminism’s great achievements in the 1970s was to end the denial surrounding wife abuse in even the “best” homes. Resources for abused women proliferated. Traditional social, judicial and political attitudes toward violence against women were cleansed and reconstructed along feminist-designed lines.
But then a funny thing happened. The closet from which abuse victims were emerging had, everyone assumed, been filled with women. But honest researchers were surprised by the results of their own objective inquiries. They were all finding, independently, that intimate partner violence (IPV) is mostly bidirectional.
But by then the IPV domain was awash in heavily politicized stakeholders. Even peer-reviewed community-based studies providing politically incorrect conclusions were cut off at the pass, their researchers’ names passed over for task force appointments and the writing of training manuals for the judiciary. Neither were internal whistle-blowers suffered gladly. Erin Pizzey, who opened the first refuge for battered women in England in 1971, was “disappeared” from the feminist movement when she revealed what she learned in her own shelter: She committed a heresy by asking women about their own violence, and they told her.
The most extreme IPV is certainly male-on-female, but hard-core batterers and outright killers are rare. In violence of the mild to moderately severe variety that constitutes most of IPV — shoving, slapping, hitting, punching, throwing objects, even stabbing and burning — both genders initiate and cause harm in equal measure.
Every major survey has borne out this truth. In fact, the most reliable, like Canada’s 1999 General Social Survey, found not only that most male and female violence is reciprocal, but also that the younger the sample, the more violent the women relative to men. A meta-analysis of mor than 80 large-scale surveys notes a widening, and concerning, spread — less male and more female IPV — in the dating cohort.
The U.S. Centers for Disease Control (CDC) has just published its National Intimate Partner and Sexual Violence Survey to great fanfare. The survey’s central finding is — yep — that men and women inflict and suffer equal rates of IPV, with 6.5% of men and 6.3% of women experiencing partner aggression in the past year. More men (18%) suffer psychological aggression (humiliation, threats of violence, controllingness) than women (14%). Feminists often define IPV as a “pattern of power and control,” but the survey finds that men were 50% more likely to have experienced coercive control than women (15.2% vs 10.7%).
(While the CDC survey does not reference Canadian data, our IPV statistics vary significantly from the U.S.’s in certain respects. “Minor” wife assault rates as measured on the commonly employed Conflict Tactics Scale are identical, but “severe violence” rates in Canada fall as the violence ratchets up. For “kicking” and “hitting,” Canadian rates were 80% of the American rate; for “beat up,” they were 25%; and for “threatened with or used a gun/knife,” they were only 17%.)
By now there is no excuse for the failure of governments at all levels to follow through on — or at least acknowledge — the settled science of bilateral violence. Yet just last week the Justice Institute of British Columbia issued a lengthy report on “Domestic Violence Prevention and Reduction,” and sure enough, it defines domestic violence as “intimate partner violence against women,” recommending only that government work “to bridge gaps in the services and systems designed to protect women and children.”
In Rethinking Domestic Violence (2006), his third in a series of comprehensive interdisciplinary reviews of IPV and related criminal justice research, University of British Columbia psychology professor Don Dutton cuts through the politicized clutter in this domain. Dutton concludes that personality disorder, culture and a background of family dysfunction, not gender, are the best predictors of partner violence. To further IPV harm reduction, Dutton recommends individual psychological treatment or couples therapy to replace the ideology-inspired thought-reform model, imposed only on male abusers, that has been common (and largely ineffective) practice for many years.
Ironically, and unjustly, abused men today are where women were 60 years ago: their ill-treatment is ignored, trivialized or mocked; there are virtually no funded resources for them; and they are expected to suffer partner violence in silence. Which most of them do.
Who will have the courage to bell this politically correct cat? When will revenge end and fairness begin?
National Post
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.womensenews.org/story/books/111203/women-are-aggressors-in-household-violence-too
Sandro2(Quota) (Replica)
http://affaritaliani.libero.it/cronache/usa_mamma_killer_sei_settimane_microonde220611.html
Usa/ Uccide la figlia di 6 settimane nel microonde. Choc per la mamma killer
Mercoledì, 22 giugno 2011 – 17:04:00
mamma killer Usa Ka Yang
Ka Yang, 29 anni
Una donna di 29 anni di Sacramento, in California, è stata arrestata con l’accusa di aver ucciso la figlia di sei settimane mettendola nel microonde. L’episodio avvenne il 17 marzo scorso, ma la polizia è arrivata all’arresto di Ka Yang solo ora, dopo tre mesi di indagini. Quando tre mesi fa la polizia, dopo essere stata chiamata da servizio medico, si presentò nell’appartamento di Sacramento, trovò sul corpo senza vita della piccola Mirabelle Thao-lo strane ferite, sembravano bruciature.
La donna disse di essere stata colta da malore mentre la teneva in braccio, e di essere svenuta. La piccola era caduta a terra, procurandosi quelle abrasioni mortali. Gli investigatori tuttavia le trovarono subito sospette. L’autopsia sul corpo della piccola ha confermato che si tratta di bruciature compatibili con quelle che può procurare un forno a microonde. La polizia ha arrestato la madre, che ora rischia l’ergastolo. Negli Stati Uniti non è il primo caso di questa natura. Nel 2000 una donna della Virginia, Elizabeth Otte, fu condannata a soli 5 anni di carcere per aver ucciso nello stesso modo la figlia neonata mettendola nel forno.
I giudici accolsero l’attenuante della difesa che dimostrò che la donna soffriva di attacchi di epilessia. Nel 2005 a Dayton, in Ohio un’altra madre di 25 anni, China Arnold, uccise “cuocendola nel forno” (parole usate dal medico patologo al processo) la figlia Paris, di 28 giorni. Lo scorso 20 maggio la donna è stata definitivamente condannata all’ergastolo. Caso analogo nel 2007 in un motel di Galveston, in Texas, dove un padre di 20 anni, Joshua Mauldin, chiuse nel microonde la figlia Ana, di due mesi. Ma la lasciò nel forno solo pochi secondi, e la bambina, seppur ustionata, non morì. Al processo emerse che aveva chiuso la bambina anche nella cassaforte della stanza del motel e nel frigorifero prima di metterla nel forno. È stato condannato nel 2008 a 25 anni di carcere.
Andrea(Quota) (Replica)
http://ilgazzettino.it/articolo.php?id=159836&sez=MONDO
PECHINO – Una donna cinese ha annunciato su internet l’omicidio del figlio di 10 mesi e ha pubblicato on line il video dell’uccisione. La tragedia, dai contorni ancora non del tutto chiari, è avvenuta, secondo quanto riferisce lo Shanghai Daily, nella provincia sud orientale cinese del Fujian.
Zou, questo il nome della giovane madre di soli 19 anni, secondo le prime informazioni fornite dalla polizia, avrebbe strangolato il bambino e, dopo aver constatato che non c’era più nulla da fare, ha poi chiamato lei stessa l’ambulanza e la polizia. Zou e il padre del bambino erano andati a vivere insieme, nonostante il parere sfavorevole dei rispettivi genitori.
Da quando però i due giovani avevano cominciato a lavorare entrambi ad Hangzhou, il bimbo era stato affidato ai nonni. Ma una ventina di giorni fa la giovane donna era tornata a riprendersi il bambino, non permettendo più a nessuno di toccarlo. Secondo la polizia all’origine del gesto ci sarebbero una serie di conflitti familiari. Zou infatti avrebbe confessato di aver ucciso il piccolo in segno di vendetta nei confronti del suo compagno e della suocera che le rendevano la vita infelice.
La polizia sta investigando sui particolari del caso e in particolare sulla circostanza che la ragazza avrebbe premeditato l’omicidio annunciandolo su internet e forse trasmettendolo in diretta sul sito di chat qq.com.
Mercoledì 17 Agosto 2011
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.leggo.it%2Farticolo.php%3Fid%3D156439&h=IAQGeF3gCAQGDYAOnBTOqCA9rpKRSlw_mXRs8x1Qj4RVYlw
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
http://www.nzherald.co.nz/world/news/article.cfm?c_id=2&objectid=10777106
Woman ties man to bed, cuts off penis
2:07 PM Friday Jan 6, 2012
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A grand jury in the US has indicted a California woman accused of cutting off a man’s penis after tying him to a bed.
County district attorney’s spokeswoman Farrah Emami says 48-year-old Catherine Kieu was indicted Thursday on a felony count of torture and a felony count of aggravated mayhem.
Kieu lived with the 60-year-old victim and is suspected of getting into an argument over a future houseguest’s visit on July 11, 2011.
After the man went to sleep, authorities say she severed the organ and threw it into a garbage disposal.
With a sentencing enhancement for personal use of a knife, Kieu could face a life sentence without possibility of parole if convicted on all counts. She is due for arraignment Monday.
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.cataniaoggi.com/cronache/in-provincia/59093_favoreggiamento-e-sfruttamento-della-prostituzione-arrestata-57enne.html
07 Gennaio 2012 ore 20:11
Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, arrestata 57enne
I Carabinieri della Stazione di Acicatena hanno tratto in arresto Giuseppa Caravello, 57enne, pregiudicata, di Palermo, residente ad Aci Catena, su ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica di Catania. La donna dovrà scontare una pena di 4 anni, 3 mesi e 11 giorni di reclusione per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, commessi a Catania nel 1995 e nel 1998. L’arrestata è stata accompagnata presso il Carcere di Catania Piazza Lanza, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria etnea.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=249767&rubrica=2
TICINO | 06.01.2012 | 10:28
Delitto di Daro: nuovi sviluppi
Sembra aggravarsi la posizione della moglie di Arno Garatti, il 46enne ucciso lo scorso primo luglio
Sembra aggravarsi la posizione della moglie di Arno Garatti, il 46enne barbaramente ucciso a Bellinzona nella notte del primo luglio dello scorso anno.
Garatti, lo ricordiamo, era letteralmente stato fatto a pezzi dal figlio della moglie, un 17enne di origine serba. Per gli inquirenti sarebbe stata la donna a spingere il figlio a commettere l’omicidio. La donna nega ogni addebito, ma c’è di più: sarebbe stata lei a pianificare nel dettaglio il delitto.
E sembra sia proprio il 17enne a puntare il dito contro la madre. A complicare la posizione dell’indagata anche la testimonianza di un amico della donna, inizialmente arrestato e poi rilasciato. Anche a lui sarebbe stato chiesto di aiutarla a liberarsi di Garatti.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.newsrimini.it/news/2012/gennaio/05/rimini/botte_ai_figli_di_cinque_e_tre_anni__donna_denunciata_dalla_mobile.html
Botte ai figli di cinque e tre anni: donna denunciata dalla Mobile
Una romena di 24 anni residente a Cesena è stata denunciata dalla Squadra Mobile riminese, a seguito di indagine, per lesioni personali e maltrattamenti in famiglia: sull’ex marito e sui figli di cinque e tre anni.
RIMINI | 05 gennaio 2012 | 13:36
A presentare denuncia è stato lo stesso marito, dopo che si è presentato al pronto soccorso di Rimini, dove abita, il 29 dicembre scorso per far visitare i bambini: il giorno prima era andato a prenderli a casa della ex a Cesena. I medici hanno riscontrato ferite a un orecchio e al torace dei bambini, probabilmente provocate da un forte schiaffo: li hanno dimessi con una prognosi rispettivamente di dieci e cinque giorni. Il marito aveva querelato per lo stesso motivo la donna già a maggio e novembre scorsi.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.diritto.it/materiali/antropologia/stanzani_stendardo3.html#
di D. Stanzani e V. Stendardo
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Questi ultimi anni, in modo maggiore che nel passato, la cronaca nera italiana è stata fortemente caratterizzata da omicidi avvenuti in ambienti familiari. I mass-media si sono occupati con un interesse ossessivo soltanto di alcuni di loro, quelli più “particolari” o perché efferati o perché cruenti o sadicamente violenti. Per mesi abbiamo sentito parlare dei delitti di Novi Ligure, così come di quello di Cogne. Due tragedie umane che purtroppo, e non per i protagonisti, bene si sono sposate con il voyeurismo del pubblico. Ma gli omicidi in famiglia si consumano con una frequenza paurosa ed hanno ben poco a che vedere con la spettacolarità mediatica: essi sono la manifestazione ultima, finale del lato orribile, deviato e disturbato dei rapporti familiari e dei legami di sangue. Relazioni affettive turbate, compromesse, spesso schiacciate dal peso della vita quotidiana e dalla delusione delle sconfitte, soprattutto date dall’incapacità, personale e/o sociale, a realizzare un progetto di vita individuale soddisfacente. Questi eventi nefasti per molto tempo sono stati analizzati solo dalla prospettiva psicologica, ma oggi che sembrano essere più frequenti vengono chiamati in causa per essi molti più elementi. Si scopre così che c’è una complessità di fondo molto radicata che a stento emerge e che deve essere letta e analizzata alla luce di una complementarietà motivazionale che non è però mai esaustiva. Secondo i dati Eures, dal rapporto Gli omicidi domestici in Italia 2002 (www.eures.it), nel 2000 la percentuale degli omicidi domestici è stata pari al 28,7% di quelli complessivamente avvenuti in Italia, per questo il nucleo familiare è stato il primo ad essere analizzato. Da sempre la famiglia rappresenta l’embrione della società, l’art. 29 della Costituzione italiana dice “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Una micro società naturale, quindi, ma dai rapporti e funzioni estremamente complessi: attraverso di essa infatti si apprende la propria cultura, i valori da condividere, le regole di vita ma nello stesso tempo si acquisiscono ruoli e si assumono funzioni che a seconda della vita sociale, al di fuori del proprio nucleo, si declinano in modi e maniere differenti. Nel momento in cui sorgono ostacoli individualmente considerati insormontabili, scatta l’aggressività che sempre più spesso è veicolata verso i componenti del proprio nucleo di origine considerati causa primaria delle frustrazioni; (come testimoniano sempre più spesso gli operatori dei Servizi Sociali) ma l’atto estremo, l’omicidio, come spesso si crede, non è sempre estemporaneo, non è sempre dettato da un impulso immediato e incontrollato. È il frutto, il più delle volte, di una lenta elaborazione, di una conflittualità interiore che affonda le sue radici lontano e che è strettamente connesso al cambiamento nel tempo dei ruoli familiari e sociali dei membri del nucleo di appartenenza. Le vittime degli omicidi in ambiente domestico sono prevalentemente donne, il 58,7% a fronte del 41,3% degli uomini (www.eures.it) sono soprattutto i motivi passionali quelli che portano agli assassinii, ma elevate sono anche le motivazioni legate ad interessi economici. In questi ultimi tempi è andato ad aumentare il numero degli infanticidi: dai 12 del 1998 ai 14 del 1999, dai 20 del 2000 ai 63 del 2001 (C. Patrignani, 2002), anche se in realtà sarebbe più esatto dire che se ne parla di più e i casi diventano statistici, perché di infanticidi e di omicidi di minori la storia è piena. Inoltre, le cifre sugli infanticidi che riportano le statistiche ufficiali sono relative, perché non contemplano le morti avvenute in modo accidentale ma pur sempre in presenza di almeno uno dei genitori e poi perché quando si parla di infanticidio si intende un omicidio nei confronti di bambini appena nati; se volessimo estendere la morte ai bambini di qualsiasi età dovremmo parlare di figlicidio e allora i numeri sarebbero molto più alti. Il figlicidio come reato non è contemplato dal Codice Penale, che riconosce solo l’infanticidio e l’omicidio. Nel primo caso avremo la punizione da art. 578 del C.P.”La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni. A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi”. Nel secondo caso l’art. 575 del C.P. “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ai ventuno anni”. Non si vuole entrare nel merito di un campo giuridico-dottrinale delicato come questo, quello che a noi interessa è mettere in evidenza che ad esempio anche la morte di un bambino di cinque anni è omicidio, attenendosi letteralmente al C.P. Comunque lo si voglia chiamare, la morte di un minore è sempre la negazione di una vita breve, è un atto di violenza finale sempre più spesso agito dalle madri. E per la cultura italiana questo è veramente insopportabile, psico-logicamente impossibile, umanamente incredibile. La figura e il ruolo della donna/madre/mamma è sacra. La donna che non solo vede modificare il proprio corpo per contenere e proteggere un bambino, che sopporta il travaglio fisico per portare alla vita un altro essere umano, ma la mamma che culturalmente deve prendersi cura del neonato, che naturalmente deve sacrificare il suo tempo, il suo spazio, le sue relazioni, il suo lavoro, la sua carriera, i suoi affetti. Tutto questo rientra nella normalità, nella ovvietà, nella gratuità dell’amore. La donna accetta tutto questo perché è nel suo codice culturale genetico, perché è sempre stato così nel passato, perché appartiene alla storia naturale e culturale della vita dell’uomo. Allora abbiamo donne che per difendere i propri figli hanno lottato, si sono umiliate, hanno combattuto, si sono prostituite, sono fuggite, sono morte di stenti, tutto per proteggere i loro figli e/o per garantire loro la sopravvivenza e una vita decorosa. E se questo ha significato il loro annientamento, la loro mortificazione, il loro sangue, è andato bene lo stesso, perché una donna prima di essere un individuo come tutti è una madre. Il concetto di madre rimanda a quella della Madonna, simbolo di tutte le madri, Vergine, con la sua fede sacrificale e con il suo amore, ambedue materni e incondizionati, con la sua virtù di pietà e di devozione tipicamente femminili. Proprio per questo il valore della maternità non ha più una funzione sociale, ma un compito trascendente all’insegna di un forte spirito di sacrificio che avvicina la donna a Dio (www.italiadonna.it). Ma la donna è essa stessa Dea, La Grande Madre, archetipo, immagine primordiale, origine di tutte le cose: all’inizio dell’umanità erano sconosciuti i meccanismo biologici della fecondazione, si capiva solo che la nuova vita veniva dai ventri femminili, le donne allora divennero le protagoniste dei Pantheon religiosi e questo durò millenni come testimoniano molti ritrovamenti di statue e statuine dagli attributi femminili particolarmente evidenziati e i molti graffiti e disegni rivenuti dove l’anatomia femminile era iperrappresentata. Il ventre prominente, grandi seni ecc , rappresentavano la Grande Madre partenogenica, testimonianza e simbolo della fecondità. Ad essa fu legato il ciclo lunare, era infatti venerata sotto forma trinitaria di fanciulla (femmina impubere), Luna Crescente, di donna incinta (femmina fertile) Luna Piena e di anziana (femmina infeconda) Luna Calante e per analogia con i cicli rigenerativi delle fasi lunari, la morte era vista come un momento necessario alla rigenerazione della vita: le creature viventi morivano, venivano sepolte nella terra/ventre della Madre, dalla quale rinascevano (www.grandemadre.net). Con il passare del tempo, con l’imposizione della supremazia maschile e con l’acquisizione di conoscenze biologiche, il potere della Grande Madre si ridimensionò fino ad assumere le caratteristiche dell’angelo del focolare.
Per tutto questo, l’infanticidio e l’omicidio di un bambino per mano materna oltre ad essere umanamente inaccettabile è anche culturalmente destabilizzante, ecco che allora nel momento in cui vengono compiuti atti tanto efferati e apparentemente incomprensibili, viene chiamato in causa un deus ex machina, una presenza divina, superiore, che impone il proprio arbitrio alle donne guidandole nel più abominevole dei delitti. Il deus ex machina è la pazzia. E’ come se uno spirito maligno entrasse nel corpo della donna, che diventa solo involucro, carne, senza più volontà o capacità di comprendere e la portasse a compiere l’assassinio: infatti spesso durante i processi si invoca da parte della difesa l’incapacità di intendere e di volere dell’imputato. “Per capacità di intendere – afferma F. Petrella, psichiatra dell’Università di Pavia – si intende la normale capacità di valutazione dei propri atti. Con la capacità di volere si identifica la determinazione libera e volontaria del proprio comportamento. I due requisiti definiscono la responsabilità giuridica di un soggetto” (www.emsf.rai.it). L’articolo 85 del Codice Penale afferma: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”. Quindi in caso di omicidio o infanticidio dovranno essere tenuti in considerazione quei due requisiti per una giusta valutazione di ciò che è stato commesso. E il tecnico chiamato a fare le perizie è lo psichiatra, sarà lui a dover dare giudizi di normalità o infermità mentale. Da questo dipenderà anche il tipo di detenzione a cui l’omicida sarà sottoposta. Se le imputate saranno dichiarate sane di mente andranno a finire in un carcere comune, se invece verranno considerate incapaci e nello stesso tempo pericolose socialmente, due pesanti stigma, entreranno nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (dalla forte caratterizzazione carceraria). Tuttavia la discriminante è già a monte: di fronte ad un fatto di sangue si cerca, come afferma P. Barbetta, di affermare lo stato di ragione della criminale. “La trasformazione cioè della trasgressione morale in trasgressione giuridica. La difficoltà di trovare un movente, o anche solo un interesse a commettere il gesto, crea uno spazio perché la difesa possa far riconoscere la malattia mentale. Ciò afferma il principio che un crimine possa essere punito se può essere in qualche modo reso intelligibile. La perdita della moral agency, la dichiarazione di malattia mentale a posteriori, dopo che il gesto folle è stato compiuto, salva persone coinvolte in queste situazioni” [1]. Sempre più spesso infatti le Medee usufruiscono delle attenuanti: come si afferma in una ricerca del CEIPA, Criminalità al femminile, personalità, comportamenti e struttura affettiva in prospettiva psicodinamicha, l’infanticidio è un tipo di reato particolare tale che, gli ordinamenti penali di quasi tutti i paesi del mondo limitano la pena per la madre, considerandolo “meno grave” rispetto al figlicidio. “L’infanticidio in Italia è tale se avvenuto “immediatamente dopo il parto” (per altri paesi i tempi sono più lunghi come ad esempio il codice penale canadese che lo considera fino a 12 mesi dopo il parto), in una condizione fisica e psichica alterata da parte della donna” (Ceipa, 2002) in cui viene dato particolare risalto alla situazione psicopatologica temporanea delle funzioni mentali, relativa appunto alla fase post-parto. Non vi è, però, nella letteratura specializzata una chiara definizione psicologica o psicopatologica della personalità dell’infanticida, proprio perché, come abbiamo già affermato, non sono solo questi gli elementi da prendere in considerazione. Infatti un altro motivo legato alla ridotta severità della pena, alle volte, è ricercato nelle particolari condizioni culturali, sociali ed economiche in cui la donna viene a trovarsi, con tutto ciò che ne consegue rispetto all’illegittimità dell’atto in un contesto di massicce pressioni, consce ed inconsce, e forti condizionamenti sociali. Ma spesso “la sorpresa” è data dal fatto che questi omicidi maturano in ambienti che potremmo definire socialmente sani, con donne dall’apparente vita regolare, religiosa, con un percorso autobiografico anche fatto di molte soddisfazioni personali, questo perché il mostruoso, l’abominevole, non è esclusivo appannaggio dell’insanità mentale o della deprivazione economica. E’ importantissimo sottolineare che solo una piccola parte di donne che si macchiano di questi orrendi delitti sono affette, potremmo dire, da patologie mentali, che vanno dalla serie depressiva a quella paranoidea; per la maggior parte di loro si tratta, ovviamente, di disturbi della personalità causati da tutta una serie di motivi: economici, sociali, di ruolo, psicologici, ecc.
Nella letteratura criminologia Positiva, la devianza femminile non era configurata come ribellione, trasgressività, atteggiamenti critici nei confronti della società, ma più “semplicemente” come anomalia biologica o malattia psicologica. Alle Donne Delinquenti non veniva riconosciuta una veste razionale, come risposta a specifici problemi o conflitti sia interni, che esterni, per questo erano considerate come o “da curare”, o da allontanare dalla società. Le teorie di Moebius e di Lombroso (1893) tutte tese ad evidenziare l’inferiorità biologica, mentale, sociale e culturale della donna, hanno determinato il costituirsi di uno schema di pregiudizi, luoghi comuni, stereotipi, stigmi che sono sopravvissuti per lungo tempo. Oggi queste teorie ci fanno sorridere, le donne non sono portate a commettere omicidi perché biologicamente inferiori, ma forse perché vivono una vita “inferiore”, ossia al di sotto delle loro aspettative e dei loro desideri. E per questo andiamo dalle motivazioni più inquietanti per la loro banalità, vedi le donne che uccidono i propri figli in quanto colpevoli di aver rovinato i loro corpi attraverso il parto, a quelle più complesse di donne che ripropongono ai piccoli le violenze che loro stesse hanno subito, a quelle che dissimulano la gravidanza e fecalizzano il neonato (è il caso dei bambini abbandonati nelle discariche o nei cassonetti dei rifiuti). Un altro aspetto inquietante dei figlicidi è la modalità, l’atto materiale con cui viene portata a termine la vita. Ci sono moltissimi casi di morti accidentali, ma che poi tali non sono: cadute da balconi, soffocamento nei letti, lo scivolare in una scarpata, o nei laghi o nei fiumi, il semplice cadere dalle braccia di un genitore, la cadute dalle scale ecc Molti degli incidenti domestici, come è stato dimostrato da molti psichiatrici, sono causati con totale volontà di uccidere. Altre volte si consumano dei veri e propri martiri, i bambini vengono uccisi con oggetti contundenti che fanno schizzare il sangue ovunque. Che significato può avere in un contesto così doloroso e drammatico lo spargimento di sangue? Il sangue “possiede una potente carica metaforica coagulante simboli ora terrifici ora salvifici connessi all’immagine nera della dissoluzione e della morte o a quella positiva della rigenerazione della vita”[2]. Il versamento di tanto sangue, sangue innocente di un bambino ha il significato di una espiazione, è il mezzo attraverso il quale affrancarsi dalle proprie colpe, rinunciando per propria mano a ciò che si ha di più prezioso, alla carne della propria carne, alla propria progenie, (come Dio che sacrifica suo figlio Gesù attraverso il martirio per salvare l’intera umanità dai propri peccati), per tornare a nuova vita, per potere avere un futuro privo di passato, come se l’atto di sangue fosse il rito di purificazione attraverso cui passare per giungere in un altro posto, in una vita “serena”, nuova, pulita. Il limen, la soglia è attraversata e dal sangue versato scaturisce la rigenerazione e la propria vita. In questo senso potremmo anche spiegarci il motivo per cui anche di fronte all’evidenza, si ha la negazione dell’atto o comunque molte donne assumono, subito dopo l’omicidio un comportamento “assolutamente normale”. Teniamo a ribadire che questa è solo una particolare chiave di lettura da una prospettiva troppo spesso non presa in considerazione. D’altro canto in molte religioni e civiltà del passato ci sono esempi di sacrifici umani di adolescenti e bambini immolati per qualche divinità e per la Madre Terra, dai Maya agli Etruschi, dai Greci ai Romani, perché il sangue innocente versato era garanzia di prosperità e di vita. Il figlicidio e le sue declinazioni simboliche rappresentate da mutilazioni fisiche parziali di natura rituale, circoncisioni, clitoridectomie, infibulazioni le troviamo pressoché in tutte le culture, e a queste poi si vanno ad aggiungere gli atteggiamenti violenti, le lesioni fisiche indotte da percosse, la negligenza, l’ abbandono a cui i bambini sono stati sottoposti nel corso della storia. Oggi chiaramente si vive nel rispetto dell’infanzia, ma la cultura del bambino con molta difficoltà riesce ad affermarsi. Giuridicamente parlando, qualcosa viene fatto attraverso le norme per tutelare l’infanzia, ma nonostante tutto, viviamo continuamente episodi cruenti di violenza e di morte. Nel nostro Codice Penale gli art. 575 e 578 sono solo un piccolo passo avanti ma comunque estremamente significativo rispetto al passato. Il primo C.P. del 1889 attenuava la colpa di infanticidio, considerandolo meno grave dell’omicidio, commesso “per salvare il proprio onore” o per “evitare sovrastanti sevizie” (www.ecologiasociale.org), l’infanticida per eccellenza era infatti la madre, o meglio la madre cosiddetta illegittima (nubili e adultere come da codici ottocenteschi). Con il Codice Rocco invece l’attenuante non era solo per le madri ma per chiunque, per motivi di onore, uccidesse un neonato. La situazione si è andata modificando con l’articolo n.1 della legge 442 del 5 agosto1981 quando la causa d’onore è stata abolita da tutti i reati che la contemplavano per cui si è tornati ad identificare nella madre la principale agente dell’infanticidio, senza più attribuzioni di maternità illegittima, oltre alla considerazione del gesto in “condizioni di abbandono materiale e morale” (P. Guarnieri, 2002).
I delitti di cui noi oggi discutiamo, come abbiamo già affermato, non sempre maturano in ambienti socialmente compromessi o economicamente difficili. Diciamo che i mass-media hanno una particolare predilezione per gli avvenimenti che scaturiscono in situazioni di normalità, parlare infatti di delitti in ambienti già fortemente problematici non fa tanta notizia, anzi per tutta una serie di pregiudizi culturali il fatto che un bambino possa essere ucciso in una famiglia in cui ci sono problemi economici, psicologici e sociali è “abbastanza normale”. Ma parlare di un infanticidio in una famiglia bene, è clamoroso. Basta poi ascoltare le testimonianze dei vicini e conoscenti che sono tutti pronti a giurare sulla sanità mentale della madre, sulla devozione verso la famiglia, sulle cure amorose verso il bambino, sul carattere affettuoso e premuroso, per farsi un’idea di quanto possa essere “accattivante” una situazione come questa. Vengono infatti messi in moto i sentimenti comuni, la solidarietà sociale, la coscienza collettiva, la capacità culturale di lavorare ed elaborare il delitto e si viene quindi a creare una empatia di sentimenti, una “simpatia” del dolore. Ma sulla scena non c’è solo Medea che “recita” o il Coro che dispensa giudizi, ci sono anche altri attori: i familiari dell’omicida. Non esiste legge e non esiste supporto psicologico che li possa tutelare dai loro demoni interiori che si scatenano all’indomani del fatto sanguinoso e la situazione “si complica” nel momento in cui le donne ritornano in seno alla famiglia. Dopo un primo atteggiamento di protezione e collaborazione incondizionata, spesso comincia a serpeggiare la diffidenza e la paura che la madre possa essere recidiva. Il reinserimento sociale è infatti estremamente difficile e lo stigma che caratterizza una donna sarà tale fino alla sua morte. Quando avvengono fatti delittuosi come la morte di un bambino, si spezzano i legami familiari, si frantuma il concetto stesso di famiglia come ricovero, protezione, si sradica il senso comune del vivere quotidiano che viene dalla famiglia e si annulla il significato culturale della socializzazione primaria. Semplicemente essa perde il ruolo fondamentale di guida e di contenitore umorale e appare in tutta la sua fragilità, nella sua incapacità di svolgere un compito che è quello di lenire le ferite provocate da una vita non al passo con i ritmi sempre più vorticosi di una società che muta continuamente pelle.
Andrea(Quota) (Replica)
http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/01/10/news/poliziotta_accecata_dalla_gelosia_minaccia_e_fa_pestare_il_marito-27840308/
PER anni ha reso la vita dell’ex marito e della nuova compagna di lui un incubo con minacce, pedinamenti, appostamenti, gomme bucate, danneggiamenti e ingiurie di ogni tipo. Non bastava però ad una dipendente della polizia addetta al servizio tecnico delle telecomunicazioni in via Veglia, aver già ricevuto una condanna a un anno e otto mesi per percosse e lesioni e maltrattamenti, una denuncia per falso in atto in atto pubblico (si era persino inventata di essere di nuovo incinta), e un nuovo processo per stalking che ieri la vedeva alla sbarra e che le aveva causato la sospensione dal servizio. L’odio verso il padre dei suoi tre figli non si è mai placato. Ed è arrivato fino a spingerla a mettere in pratica le minacce di morte: ha assoldato due uomini per uccidere l’ex compagno. Ora la procura ha scoperto che era proprio lei la mandante, e la donna è stata arrestata con l’accusa di tentato omicidio.
Il 24 ottobre scorso l’ex marito ha subito una aggressione nel garage sotto casa della fidanzata, in corso Trapani: si è salvato per un soffio. Mentre stava chiudendo la serranda del box, qualcuno l’ha colpito alla nuca con una mazza da baseball. Lui è caduto a terra, e con la vista annebbiata per la botta ricevuta ha fatto appena in tempo a scorgere un uomo che stava per dargli un’altra mazzata. Istintivamente ha alzato il braccio che si è frantumato per il colpo, ma è così riuscito a proteggersi la testa. Forse l’arrivo di qualcuno ha fatto scappare l’aggressore e il suo complice che faceva
da palo e teneva bloccata la fotocellula del garage. La vittima è stata poi ricoverata e ha subito due operazioni, una alla testa per il trauma cranico, e l’altra al braccio. Ma che fosse un tentativo di rapina andato male, agli investigatori non sembrava possibile. Il pm Stefano Demontis, già titolare del procedimento per stalking, ha immediatamente intuito che dietro quell’aggressione potesse esserci proprio la donna che stava processando. E le indagini del commissariato San Paolo coordinate dal dirigente Elena Manti hanno infatti accertato che l’ex poliziotta aveva chiesto a un suo amico, impiegato italiano, di trovare qualcuno per far fuori l’ex marito: era stato così assoldato per la cifra di 8000 euro un brasiliano, senza lavoro e senza permesso di soggiorno. I tre, che hanno già confessato, il 19 dicembre sono stati arrestati.
Ieri in aula il giudice Paolo Gallo ha ascoltato la drammatica testimonianza dell’ex marito: un lungo elenco di danneggiamenti – per 19 volte la donna ha bucato le ruote dell’auto a lui e alla compagna – di minacce, ingiurie e pedinamenti. “Ad aprile del 2009 – ha raccontato l’uomo – mentre eravamo all’ospedale Regina Margherita perché una delle nostre figlie si era rotta il gomito, mi ha detto che aveva trovato le persone giuste per farmi fuori: mi disse “ti faccio ammazzare, finirò in carcere perché mi daranno l’ergastolo”. Il 24 ottobre ha messo in atto i suoi propositi”. Il processo vede l’ex dipendente della polizia accusata di aver commesso atti di stalking da febbraio del 2009 e luglio del 2009: oltre ad aver cosparso di benzina e dato fuoco al pianerottolo davanti a casa della compagna dell’ex, e aver danneggiato quattro auto e un camper, si era inventata di essere rimasta di nuovo incinta del marito ma che a causa sua aveva abortito: “Diceva a me e alle mie figlie che ero un assassino di bambini”.
(10 gennaio 2012)
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/calabria/articoli/1033555/rcalabriamadre-presa-a-martellate.shtml
R.Calabria,madre presa a martellate
Figlia arrestata ora è in psichiatria
00:50 – Una donna di 73 anni, residente nella periferia di Reggio Calabria, nella notte ha chiamato il 113 per chiedere aiuto dopo essere stata colpita ripetutamente alla testa con un martello dalla figlia 52enne. L’anziana è stata ricoverata in ospedale in stato confusionale con una frattura mascellare e frontale. La figlia è stata arrestata per tentato omicidio e ricoverata nel reparto psichiatrico. Durante l’aggressione in casa c’era anche la nipote.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.adiantum.it/public/1439-gli-infanticidi-secondo-i-media-e-la-cultura–la-nuova-frontiera-di-un-amore-estremo.asp
Andrea(Quota) (Replica)
http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/01/10/news/poliziotta_accecata_dalla_gelosia_minaccia_e_fa_pestare_il_marito-27840308/
dunque… a margine, oltre al fatto, vorrei far notare che la “delega” al pestaggio è stata data ad un amico impiegato.. e lei era poliziotta.
PER anni ha reso la vita dell’ex marito e della nuova compagna di lui un incubo con minacce, pedinamenti, appostamenti, gomme bucate, danneggiamenti e ingiurie di ogni tipo. Non bastava però ad una dipendente della polizia addetta al servizio tecnico delle telecomunicazioni in via Veglia, aver già ricevuto una condanna a un anno e otto mesi per percosse e lesioni e maltrattamenti, una denuncia per falso in atto in atto pubblico (si era persino inventata di essere di nuovo incinta), e un nuovo processo per stalking che ieri la vedeva alla sbarra e che le aveva causato la sospensione dal servizio. L’odio verso il padre dei suoi tre figli non si è mai placato. Ed è arrivato fino a spingerla a mettere in pratica le minacce di morte: ha assoldato due uomini per uccidere l’ex compagno. Ora la procura ha scoperto che era proprio lei la mandante, e la donna è stata arrestata con l’accusa di tentato omicidio.
Il 24 ottobre scorso l’ex marito ha subito una aggressione nel garage sotto casa della fidanzata, in corso Trapani: si è salvato per un soffio. Mentre stava chiudendo la serranda del box, qualcuno l’ha colpito alla nuca con una mazza da baseball. Lui è caduto a terra, e con la vista annebbiata per la botta ricevuta ha fatto appena in tempo a scorgere un uomo che stava per dargli un’altra mazzata. Istintivamente ha alzato il braccio che si è frantumato per il colpo, ma è così riuscito a proteggersi la testa. Forse l’arrivo di qualcuno ha fatto scappare l’aggressore e il suo complice che faceva da palo e teneva bloccata la fotocellula del garage. La vittima è stata poi ricoverata e ha subito due operazioni, una alla testa per il trauma cranico, e l’altra al braccio. Ma che fosse un tentativo di rapina andato male, agli investigatori non sembrava possibile. Il pm Stefano Demontis, già titolare del procedimento per stalking, ha immediatamente intuito che dietro quell’aggressione potesse esserci proprio la donna che stava processando. E le indagini del commissariato San Paolo coordinate dal dirigente Elena Manti hanno infatti accertato che l’ex poliziotta aveva chiesto a un suo amico, impiegato italiano, di trovare qualcuno per far fuori l’ex marito: era stato così assoldato per la cifra di 8000 euro un brasiliano, senza lavoro e senza permesso di soggiorno. I tre, che hanno già confessato, il 19 dicembre sono stati arrestati.
Ieri in aula il giudice Paolo Gallo ha ascoltato la drammatica testimonianza dell’ex marito: un lungo elenco di danneggiamenti – per 19 volte la donna ha bucato le ruote dell’auto a lui e alla compagna – di minacce, ingiurie e pedinamenti. “Ad aprile del 2009 – ha raccontato l’uomo – mentre eravamo all’ospedale Regina Margherita perché una delle nostre figlie si era rotta il gomito, mi ha detto che aveva trovato le persone giuste per farmi fuori: mi disse “ti faccio ammazzare, finirò in carcere perché mi daranno l’ergastolo”. Il 24 ottobre ha messo in atto i suoi propositi”. Il processo vede l’ex dipendente della polizia accusata di aver commesso atti di stalking da febbraio del 2009 e luglio del 2009: oltre ad aver cosparso di benzina e dato fuoco al pianerottolo davanti a casa della compagna dell’ex, e aver danneggiato quattro auto e un camper, si era inventata di essere rimasta di nuovo incinta del marito ma che a causa sua aveva abortito: “Diceva a me e alle mie figlie che ero un assassino di bambini”.
(10 gennaio 2012)
Rita(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/067db38430803721a01a2f3ef0919a4b.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.dirittoeminori.com/
Andrea(Quota) (Replica)
e intanto fanno la marcia contro la violenza sulle donne
http://www.senonoraquando.eu/?p=6514
questi i commenti su uomini3000 che mi trovano d’accordo
http://www.metromaschile.it/forum/libri-links-e-articoli/parte-la-fiaccolata/
mauro recher(Quota) (Replica)
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=175967&sez=HOME_NELMONDO
Nonna butta nipotina giù dal ponte
per vendicarsi del genero: condannata
WASHINGTON – Una nonna americana, Carmela dela Rosa, è stata condannata a 35 anni di carcere per aver ucciso la nipotina buttandola giù da un ponte. «Sono molto spiacente per quanto ho fatto», ha detto la donna, 51 anni, comparsa in aula con la divisa carceraria.
L’orribile e inspiegabile delitto è avvenuto l’anno scorso a Tysons Corner, una piccola località alla periferia di Washington. La nonna si trovava al centro commerciale assieme alla bambina e ai genitori della piccola. All’improvviso, mentre stavano tutti attraversando un ponte pedonale, la donna ha afferrato la nipotina Angelyn e l’ha buttata oltre il parapetto, per un volo di oltre 13 metri. Secondo l’accusa, la donna era furiosa perchè la figlia Kathlyn era rimasta incinta prima del matrimonio e voleva soprattutto vendicarsi del genero, James Ogdoc.
Carmela dela Rosa ha poi ammesso di aver pianificato tutto in anticipo. Secondo l’avvocato, la nonna soffre di una grave forma di depressione che ne ha alterato le facoltà mentali e andrebbe quindi ricoverata in istuto psichiatrico. A suo favore è venuta a testimoniare anche l’anziana madre, giunta appositamente dalle Filippine. I genitori della bambina, che hanno testimoniato in aula, non hanno rilasciato alcun commento.
Sabato 07 Gennaio 2012 – 13:09 Ultimo aggiornamento: Domenica 08 Gennaio – 17:18
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.leggo.it/news/mondo/mamma_inietta_liquido_sospetto_alla_figlia_scoperta_da_un_video_dellospedale_foto/notizie/163492.shtml
Sabato 04 Febbraio 2012 – 21:20
CHARLOTTE – È stata filmata dalla telecamera dell’ospedale in cui è ricoverata la sua bambina mentre le iniettava una sostanza sconosciuta. Ladonna Parlier, 26enne madre di Naomi, di soli cinque mesi, e di altri tre bambini, ora è sospettata di abusi sulla sua stessa piccola. Naomi pesa poco più di tre chili e mezzo e soffre di palatoschisi, perciò ha passato molti mesi della sua breve vita al Carolinas Medical Center, a Charlotte, in North Carolina.
Gli investigatori e i medici stanno cercando di fare chiarezza sul caso. Per ora la signora Perlier è sospetta di cinque capi d’accusa per abusi su minore dopo la denuncia effettuata dallo stesso centro medico. Il personale dell’ospedale, infatti, sospettava già della donna, per questo aveva trasferito Noemi in una stanza con sistema di videosorveglianza.
La bambina, che al momento non dovrebbe soffrire di particolari disagi, ha subito una serie di interventi, ma continua a lottare. Timonthy Parlier, il padre di Naomi, ha spiegato che le condizioni della figlia oscillano spesso, e non riesce a credere che la moglie possa aver fatto del male alla piccola. L’uomo dice che è ancora presto per credere che la donna possa soffrire della sindrome di Münchausen, un disordine in cui gli abusi di un genitore su un bambino sono finalizzati alla ricerca di attenzione.
Andrea(Quota) (Replica)
http://attualissimo.it/missouri-ragazza-uccide-la-vicina-di-9-anni-voleva-sapere-cosa-significasse-uccidere/
Un’adolescente residente nel Missouri ha raccontato alle autorità locali che voleva sapere cosa si provasse ad uccidere una persona. Per questo si è dichiarata colpevole dell’omicidio della sua giovane vicina di casa, di appena nove anni, uccisa mediante strangolamento. Alyssa Bustamante, che compirà 18 anni il 28 gennaio, ammazzò nel 2009 Elisabetta Olten a St. Martins, una cittadina rurale a ovest di Jefferson City. All’udienza di Martedì, Bustamante aveva lo sguardo basso, lunghi capelli castani che le coprivano gli occhi, quando il giudice le stava leggendo i capi di accusa. La Bustamante ha detto di aver usato un coltello per tagliare la gola di Elisabeth, per poi strangolarla con le mani. Dopo tale confessione la madre della bambina è scoppiata in lacrime, nonostante stesse cercando di essere forte e di non far trasparire il suo dolore. La donna, presente nell’aula di tribunale, era a pochi metri di distanza dall’assassina della figlia.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.migliorblog.it/19125-accusa-uomo-di-stupro-ma-era-tutta-una-menzogna-condannata.htm
Cambridge — Aveva falsamente accusato di stupro un uomo che aveva conosciuto sul bus dopo che questi non era riuscito a ricordarsi il suo nome quando l’ebbe poi nuovamente incontrata in un pub. Oggi la giuria ha riconosciuto colpevole di aver deviato il corso della giustizia la signorina Christine Jordan.
La Jordan telefonò alla polizia dicendo loro di essere stata violentata da uno sconosciuto che l’aveva seguita fino al suo appartamento costringendola poi ad entrare; in realtà la donna aveva consumato un rapporto consensuale insieme all’uomo con cui aveva stretto amicizia su un bus. I due avevano acquistato birre e vodka da consumare nell’abitazione di lei dopo essere scesi insieme dall’automezzo.
Il Procuratore ha sottolineato come la Jordan avesse avanzato l’accusa mendace solo cinque giorni dopo, quando si è nuovamente imbattuta nella sua vittima in un pub di Fen Ditton: in quella situazione lui l’aveva riconosciuta ma non si era ricordato del suo nome. Pochi minuti più tardi si è presentata la polizia che lo ha immediatamente arrestato. Solo più tardi le forze dell’ordine si sono insospettite e hanno denunciato la Jordan per calunnia.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.cinziatani.com/?page_id=596
Delitto al femminile
Assassine
Le donne assassine rappresentano il 10-15% della totalità degli assassini. Il numero maggiore (12-15%) viene raggiunto negli Stati Uniti.
Come spiegare questi dati?
1) Mancanza di studi.
La maggior parte degli studi e dei dati prodotti sul delitto si sono sempre concentrati sugli uomini, poiché ci si basava sull’idea che i maschi sono più aggressivi, violenti e portati alla criminalità delle donne. I reati di violenza non sembrano essere facilmente conciliabili con il concetto tradizionale di comportamento femminile. L’assassinio e altri atti violenti contro le persone fisiche sembrano in completa antitesi con il delicato, riservato, protettivo ruolo del sesso femminile.
Inoltre gran parte degli studiosi e dei ricercatori e criminologi erano uomini. ed è sempre stato difficile per loro ammettere l’esistenza del crimine femminile. L’uomo nasce dalla donna e l’idea che la donna possa essere il nemico fa paura. L’omicidio femminile veniva considerato un’aberrazione. Per molti si trattava di atti involontari. Le donne venivano viste come essseri vulnerabili, incapaci di malvagità. La violenza era un universo esclusivamente maschile: le donne e i bambini ne erano le vittime. Tradizionalmente le donne non sono educate all’aggressività bensì alla passività. Tutti i condizionamenti sociali fanno sì che le donne passino raramente all’atto delittuoso. Per molto tempo si è ritenuto che la donna fosse incapace di uccidere. Si teorizzava una sorta di differenza biologica tra i due sessi. Il corpo femminile, predisposto per accogliere e dare la vita, non poteva essere in grado di toglierla.
E’ chiaro quindi che molte interpretazioni sulla violenza femminile siano state condizionate dalle proiezioni di come si pensava fossero le donne più che su quello che erano e si è poco studiato quanto i cambiamenti nelle condizioni sociali abbiano modificato la personalità femminile.
2) Il numero oscuro.
I delitti commessi dagli uomini sono più numerosi di quelli commessi dalle donne ma i dati si basano sui casi risolti. Chi sa quante sono state veramente le assassine? Molte donne uccidevano con il veleno (come cuoche avevano molte possibilità di avvelenare le loro vittime senza essere scoperte) e per molto tempo non è stato possibile distinguere i sintomi da avvelenamento da quelli di una grave intossicazione. Inoltre in caso di concorso in omicidio la partecipazione della donna sarebbe più facilmente mascherata dal ruolo più nascosto e anche dall’atteggiamento di omertà e di protezione dell’uomo nei suoi confronti. Ecco perché si è parlato (Pollack) di criminalità femminile mascherata o dietro le quinte, poiché un comportamento femminile frequente è quello del favoreggiamento e dell’istigazione, della manipolazione, un modo di non esporsi in prima persona. Secondo lui le donne commettono lo stesso numero di delitti degli uomini ma vengono raramente scoperti, riportati o perseguiti. Inoltre donne che nascondono le mestruazioni o fingono l’orgasmo possono mentire a proposito di ogni cosa, e sono vendicative. Secondo lui è la cavalleria maschile che impedisce alle donne di essere perseguite dalla legge.
Ma se anche è esistita una tale cavalleria oggi non esiste più. Le donne sono perseguite e ricevono le stesse condanne degli uomini.
3) La diversa posizione della donna nella società.
La donna è stata meno attiva dell’uomo nelle attività relazionali, ha avuto un ruolo più appartato, questo ha comportato una sua minore partecipazione al comportamento delittuoso perché meno esposta agli stimoli ambientali.
Con questo però non si può dire che aumentando la partecipazione della donna alla vita sociale ci sia stato un conseguente aumento della criminalità femminile. Alcuni studiosi ritengono che il più largo accesso al lavoro non ha cambiato radicalmente il tradizionale ruolo dipendente della donna. E’ quindi cambiata la posizione sociale della donna mentre il ruolo e la funzione specifica della donna in famiglia e nei riguardi dell’uomo è rimasta immutata.
4) La diversa struttura biopsichica dei due sessi.
L’inferiorità fisica media delle donne avrebbe come effetto psicologico quello di farle astenere da azioni violente.
Secondo l’interpretazione psicologica, la donna tende a tradurre in senso nevrotico, con ansia, depressione, instabilità emotiva, la conflittualità provocata da fattori disturbanti ambientali laddove l’uomo risolve la tensione con l’azione. La parità sociale permette oggi alle donne di difendersi e di scaricare l’aggressività con sistemi che erano di esclusiva competenza maschile.
La fragilità predisponeva la donna all’astuzia. La sua forza stava nella finzione e nel calcolo. Ciò ne faceva una assassina con premeditazione che metteva in opera i suoi misfatti dietro la maschera dell’innocenza, dell’amore e a volte perfino della pietà.
Il padre della moderna criminologia, Cesare Lombroso, ha studiato il crimine femminile nel suo saggio “La donna delinquente, la prostituta e la donna normale” (1893). Ha diviso le donne in buone e cattive. E ha cercato di individuare i segnali fisici della “cattiveria” femminile. Secondo lui la donna criminale ha caratteristiche fisiche che la avvicinano agli uomini più che alle donne normali. Sono le caratteristiche della “delinquente nata”.
La donna è irrimediabilmente inferiore all’uomo sotto tutti gli aspetti, da quello biologico a quello creativo ecc. La donna è addirittura un uomo arrestato nel suo sviluppo. Elenca infinite mostruosità antropometriche e fisiognomiche sia pure cautelandosi con la riserva che le anomalie, specie quelle esterne, erano più difficili da riconoscere finché perduravano nella donna la bellezza della gioventù e la freschezza delle carni.
Afferma però: “Un modo poi di diminuire alcuni delitti speciali alle donne, delitti di suggestione o di passione, come l’avvelenamento del marito, sarebbe quello di facilitare il divorzio per incompatibilità di carattere, di cambiare le leggi sul matrimonio che mettono la donna in una situazione di troppo grande inferiorità rispetto all’uomo”.
Se la donna è inferiore all’uomo in tutti gli aspetti della vita allora però dev’esserlo anche sul terreno del crimine. La donna criminale riproduce alcuni tratti maschili e a questi caratteri virili vengono ad aggiungersi spesso “le qualità peggiori della psicologia femminile: l’inclinazione alla vendetta, l’astuzia, la crudeltà, la passione per il vestiario, la menzogna, il rancore, l’inganno, formando così frequentemente dei tipi di una malvagità che sembra toccare l’estremo”. Riteneva che le donne fossero più crudeli dell’uomo e portate ad essere vendicative, feroci e fredde. La donna omicida gioca con l’idea di disporre della sua vittima per ragioni che le sembrano giuste ma possono non esserlo per un uomo. Se decide di uccidere è capace di giustificare l’atto a se stessa e inventare una propria moralità adatta a quel particolare caso.
Secondo Lombroso la prostituzione che nel passato era prerogativa esclusivamente femminile era l’equivalente sostitutivo del delitto, il modo che la donna aveva di esprimere il suo disadattamento alla vita di relazione. Nel maschio le difficoltà ambientali avrebbero favorito il comportamento delittuoso e nella donna la prostituzione.
A proposito dell’insanità mentale, nella seconda metà dell’ottocento si cominciò a isolare due fattori: le condizioni che predispongono la persona all’insanità e l’evento che la fa precipitare. Nel 1867 si tenne un congresso internazionale in cui venne redatta una lista delle condizioni predisponenti alla insanità mentale: grande differenza d’età fra i genitori, influenza sessuale, ambiente, convulsioni o emozioni della madre durante la gestazione, epilessia, altri disturbi nervosi, gravidanza, lattazione, periodo mestruale, età critica, pubertà, intemperanza, malattie veneree, onanismo. Fra le cause scatenanti: epilessia, disordini mestruali, gravidanza, parto, lattazione, febbri, ferite alla testa o alla spina, superlavoro.
Da rilevare come ogni fase della vita della donna era elencata sia nelle cause di insanità sia nelle condizioni che scatenano l’evento. Insomma, la donna era quasi naturalmente insana e quindi facilmente una criminale. Il rapporto tra utero e cervello era considerato strettissimo. Le mestruazioni potevano portare ad impulsi verso la cleptomania, la piromania, il furto, l’omicidio, il suicidio.
La sindrome premestruale che comporta depressione, irritazione e ostilità nella donna contribuisce secondo gli ultimi studi a rendere la donna più aggressiva. Lombroso dava credito a questa teoria. Nel 1945 uno studio rilevò che l’84% dei crimini violenti commessi dalle donne sono commessi durante il periodo premestruale e mestruale. (Vito e Holmes). Ma le ricerche contemporanee non trovano alcun supporto a tale teoria.
5) Evoluzione del delitto femminile
Negli ultimi anni sono stati moltissimi gli studi di stampo femminista sul delitto commesso dalle donne. L’accento è posto soprattutto sull’ambiente sociale e familiare della donna e sulle condizioni sociali e familiari svantaggiate che l’avrebbero portata al delitto.
Solo recentemente certi criminologi hanno cominciato a considerare l’importanza dell’influenza delle strutture sociali sul crimine femminile. E fra queste influenze il denaro sembra essere il movente fondamentale degli omicidi commessi dalle donne.
I delitti commessi dalle donne cambiano con l’emancipazione femminile. L’omicidio non è più l’unica via di fuga per la donna che vuole sfuggire a un padre autoritario, non è più costretta dalla famiglia a sposare uno sconosciuto. Per la donna l’omicidio non è più l’unica via d’uscita a una situazione altrimenti insostenibile.
Le motivazioni ed i percorsi del delitto femminile erano diversi fino a cinquant’anni fa, oggi somigliano sempre più a quelli maschili. Le donne uccidono ormai per gli stessi motivi per cui una volta uccidevano gli uomini: rabbia, violenza, aggressività, impulso, sconfitta, rivalità, ambizione, invidia ecc. E con gli stessi mezzi: pistola, coltello.
Gli infanticidi sono commessi soprattutto da donne e i crimini contro i genitori vedono uomini e donne alla pari. I delitti all’interno della famiglia sono compiuti per un terzo dalle donne.
Nel 1970, dopo la liberazione femminile, c’è stato un aumento nei delitti commessi dalle donne. Forse non si è trattato di un vero aumento ma di una maggiore visibilità. Eppure Freda Adler nel suo famoso libro del 1975 “Sister in crime” sostiene che la rapida crescita della criminalità femminile altro non è che il lato negativo della liberazione. Le donne liberate si affretterebbero ad emulare gli uomini. In realtà non c’è stato un grande aumento in assoluto se si considerano i dati totali relativi alla criminalità, la percentuale degli omicidi femminili rispetto alla totalità degli omicidi era ed è rimasta del dieci-quindici per cento. Sono aumentati però gli arresti, questo vuol dire non tanto che sono aumentati i crimini delle donne quanto l’atteggiamento della giustizia verso questi crimini.
Le bambine e le ragazzine, le girl gangs, sembrano addirittura decise a recuperare il tempo perduto e lo svantaggio accumulato rispetto ai coetanei maschi violenti. Le statistiche dell’Fbi rivelano che la criminalità giovanile fino ai 15 anni è in diminuzione ovunque e specialmente i crimini violenti come omicidi e stupri calano. Dovunque meno che tra le femmine dove gli arresti per omicidio sono addirittura raddoppiati dal 1990.
“Se le donne sono in grado di fare il marine o il pilota di bombardiere, non si vede perché non debbano sentirsi autorizzate a uccidere nella vita civile come i maschi”, ha commentato con sarcasmo Camille Paglia, autrice antifemminista. “Non sono piccole Thelma e Louise, sono figlie dello stesso abbandono famigliare, degli stessi ghetti morali e urbani che partoriscono i baby killers maschi”.
Perché uccidono
Gli uomini sono sempre stati più violenti, più impulsivi, hanno ucciso in accessi di rabbia, in risse, in raptus alcolici, nel corso di rapine, per commissione. Hanno ucciso per ambizione, rivalità, perdite al gioco, dopo una sconfitta.
I motivi dei delitti commessi dalle donne, a parte quello economico, sono state di solito le grandi passioni: odio, amore, vendetta. Per amore di un uomo uccidevano il padre tiranno o il marito, per vendetta e quindi odio uccidevano l’amante che le tradiva o le abbandonava. Ormai i moventi delle assassine sono svariati come quellii degli assassini: denaro, vendetta, potere, eseguire degli ordini, delusione, piacere, autodifesa, psicopatia, depravazione, rivalità.
Le donne che uccidevano trovavano soluzioni estreme a problemi con cui migliaia di donne convivevano in maniera pacifica ogni giorno.
Rudyard Kipling ha scritto che la femmina di ogni specie animale è più implacabile del maschio. Ed è vero. L’omicidio femminile veniva pensato a lungo e la donna non rinunciava mai, neppure conoscendo perfettamente i rischi che correva.
La donna era più lucida, determinata nel delitto degli uomini.
Il movente più consueto nel passato e soprattutto nel passato inglese, durante l’epoca vittoriana, era il desiderio di liberarsi del proprio marito. Erano mariti traditori, possessivi, gelosi che tenevano le proprie mogli nell’assoluta dipendenza anche economica. Succedeva che finalmente la donna incontrava l’amore e per quell’amore era disposta a fare di tutto, anche ad uccidere. La donna era pienamente consapevole delle conseguenze penali (la morte) nel caso fosse stata scoperta ma non rinunciava, la passione era più forte di qualsiasi altra cosa. Preferiva l’idea della morte all’idea della rinuncia.
Ma ci sono sempre state anche donne che hanno ucciso per il denaro o per il semplice desiderio di sperimentare il proprio potere di vita e di morte. Se le donne che uccidevano i mariti o i figli erano definite mostri, queste donne erano considerate uomini. I loro erano delitti maschili.
Il racconto della vita delle donne omicide dimostra che gran parte di loro non sono affatto donne comuni, alcune hanno avuto un’infanzia drammatica, altre hanno ucciso perché provocate per lungo tempo, alcune soffrivano di sdoppiamento della personalità, altre erano succubi di passioni indomabili, altre ancora erano spinte da una naturale propensione all’omicidio. In ogni caso non si è mai trattato di donne comuni.
Le donne hanno sempre avuto meno interesse per certe passioni che hanno mosso gli uomini come l’ambizione, il gioco, l’alcol, la sconfitta. Quindi moventi di questo genere sono meno comuni nei delitti femminili. Sicuramente invece lo sono la cupidigia e l’amore, la gelosia e la vendetta. In genere però le donne commettono delitti per cupidigia insieme all’uomo, sia esso il marito o l’amante.
Come uccidono
Le donne, non essendo forti come gli uomini, storicamente hanno dovuto ricorrere a maniere di uccidere più originali e tortuose. E l’arma storicamente preferita era il veleno, quindi l’omicidio durava molto tempo, veniva centellinato.
L’arsenico è un elemento chimico diffuso in natura, di solito associato a minerali metalliferi. Ha fatto innumerevoli vittime, forse anche Napoleone Bonaparte, che può essere rimasto fatalmente avvelenato dall’arsenico dietro la tappezzeria del soggiorno della sua prigione a Sant’Elena. Ma è anche stato variamente utilizzato in medicina e in altri campi. Per esempio, nel sedicesimo secolo, la regina Elisabetta I usava l’arsenico come cosmetico, applicandoselo sul viso per renderlo candido. Nel 1786 il dottor T. Fowler riferiva dei giovamenti procurati dall’arsenico in casi di febbri e cefalee sporadiche. La Medicina di Fowler nell’ottocento era dunque un tonico popolare. Il vocabolo greco da cui deriva arsenico, arsenikon, significa potente. Molti uomini pensavano che l’arsenico aumentasse la loro virilità come una specie di afrodisiaco, motivo per il quale cominciavano ad assumerlo ma poiché si tratta di una sostanza che dà dipendenza non potevano più staccarsene.
L’arsenico fino al 1840 non poté essere rivelato da alcun esame. Per esempio in Inghilterra, tra il 1850 e il 1890, 41 donne sono state giustiziate di cui 26 si sono servite del veleno, arsenico nella maggior parte dei casi, per uccidere le loro vittime.
L’arsenico veniva mescolato alla minestra o versato nel caffè o nel cioccolato. Impossibile distinguerne il gusto se la bevanda è calda, possibile riconoscerlo invece in qualcosa di freddo. In grandi dosi uccide in qualche ora ma i dolori sono terribili. La vittima soffre di mal di stomaco orribili e di diarrea, è piegato in due da intense convulsioni e a volte gli si paralizzano gli arti. Poiché questi sintomi si potevano verificare anche in diverse malattie era difficile diagnosticare un avvelenamento da arsenico. Oggi l’arsenico non si trova più così facilmente eccettuato in certi pesticidi. Si usa invece il cianuro.
Inoltre le donne criminali tendevano ad usare, nel consumare un omicidio, una minor forza fisica. Difficilmente la donna affrontava direttamente la sua vittima, in uno scontro alla pari. Per esempio erano molto meno inclini dei maschi omicidi a colpire ripetutamente la vittima per provocarne la morte. Se prima uccidevano con il veleno oggi usano anche la pistola, ma raramente il coltello o le mani.
Nel 1651 viveva a Trastevere, all’altezza dell’attuale ponte Mazzini, Giulia Toffana. Conoscva la formula della “manna di San Nicola”, detta anche “acqua Toffana “, un veleno potentissimo. Giulia, assistita da complici addestrate, liberava le mogli dalla tirannia di insopportabili mariti. In pochi anni oltre seicento uomini furono eliminati e la strage fu definita “il sordo macello dei mariti”. Il veleno, era inodore, insapore e trasparente come l’acqua. La pozione, mescolata al vino o alla minestra, provocava vomito, poi febbri altissime, econduceva a morte nel giro di quindici-venti giorni. Giulia avviò alla medesima arte la figlia, Girolama Spera, che superò la madre in perizia e riservatezza. Il segreto, però, non durò a lungo. Il 5 luglio del 1659, La Toffana, sua figlia e le loro complici furono impiccate. Venne poi approvata una legge che richiedeva la registrazione per l’uso e la vendita dei veleni.
Marie Madelaine d’Aubray, Marchesa di Brinvilliers (1630-1676) A 21 sposa il vecchio Antoine Gobelin che la trascura e la tradisce. Dopo aver avuto molti amanti si innamora di Gaudin de Sainte-Croix, un ufficiale di cavalleria privo di scrupoli. Il padre di Marie lo fa chiudere in carcere dove Gaudin apprende l’arte dei veleni. Quando esce di prigione insegna la nuova “scienza” a Marie che la usa per uccidere il padre nel loro castello di Offémont e diversi malati dell’Ospedale Maggiore. Fa poi uccidere due fratelli e una sorella dal suo lacchè La Chaussés. Prova ad avvelenare anche il marito senza riuscirci perché viene salvato da Sainte-Croix che comincia a temere la terribile amante. Sainte-Croix muore nell’esplosione del suo laboratorio. La polizia trova una confessione scritta da Sainte-Croix nel timore di venire anche lui ucciso da Marie. Marie riesce a fuggire e si nasconde in un convento a Liegi. Fu arrestata dal luogotenente Desgrais, braccio destro di Nicolas La Reynie, che può esssere considerato il primo investigatore della storia. Si travestì da abate, riuscì a sedurre Marie e a farla uscire dal convento.
Il processo, nel 1675, appassionò la Francia. Fu letta una confessione che Desgrais aveva trovato nella stanza di Marie in cui lei confessava di aver avuto come amanti perfino i fratelli. Fu condannata a morte. Torturata e impiccata nella pubblica piazza. Marie, in una lunga camicia, con un grosso crocifisso in mano e il cero della penitenza, dovette fare pubblica ammenda. Dopo la sua morte fu oggetto di un vero e proprio culto tra il popolino di Parigi. Molti la ritenevano una santa e correva voce che avesse fatto dei miracoli.
Lo scandalo dei veleni La marchesa di Brinvilliers ha il triste privilegio di aver inaugurato la lista delle avvelenatrici. Al tempo di Luigi XIV, l’impiego dei veleni avveniva quasi senza rischio. Le conoscenze della medicina legale non consentivano di rilevarne le tracce nelle vittime. A quel tempo, quando non c’era divorzio e l’adulterio poteva relegare le donne in convento, le pozioni a base di arsenico erano usate per sbarazzarsi di un marito scomodo e per uccidere un parente da cui ereditare. Per questo i veleni venivano chiamati “polverine di successione”. Questo accadeva in una società in cui sembrava regnare l’ordine e la devozione religiosa. Con la Brinvilliers il secolo di Luigi XIV aveva avuto una dilettante di talento, con Catherine Deshayes, detta la Voisin, scoprì una vera professionista dell’arte di avvelenare. Nata nel 1640 fu bruciata viva nel 1680. Si specializzò nella confezione e vendita del veleno. Con lei e le sue complici l’arte del veneficio raggiunse un livello di perfezione mai eguagliato. L’arsenico poteva essere somministrato attraverso la biancheria intima della vittima, nelle bevande, ma si cospargevano addirittura gli animali domestici con la micidiale polvere.
Il luogotenente Desgrais, sospettando un traffico di veleni, finse di volersi sbarazzare di una moglie noiosa e ottenne una fiala di arsenico. Arrestò subito la donna che gliela aveva data e tramite lei scoprì una grande quantità di case in cui, sotto la copertura della chiromanzia, molte donne si dedicavano a preparare veleni. Il re fece aprire la Camera Ardente: una corte suprema presieduta dal luogotenente La Reynie il cui giudizio era inappellabile e che aveva la facoltà di mandare velocemente i criminali sul rogo.
La camera ardente restò in funzione dal 1679 al 1682 e mandò al rogo 36 persone. Il re lasciò fare a La reynie finchè non venne coinvolta anche la sua favorita, Madame de Montespan che voleva uccidere una rivale. Il re fece chiudere la camera ardente e distruggere gli archivi.
Chi uccidono
Le donne uccidono soprattutto membri della loro famiglia, spesso uomini che hanno abusato di loro per anni. Circa il 90% delle donne in carcere per omicidio hanno ucciso uomini per difendersi da loro.
Se l’amore e la famiglia erano l’ambito in cui la donna viveva e si affermava, amore e famiglia erano anche le sfere in cui si scatenavano le passioni omicide.
Le donne uccidevano più frequentemente mariti, amanti e parenti mentre gli uomini assassinavano per lo più amici intimi ed estranei. La maggior parte dei crimini commessi da donne erano crimini di letto. Avevano la loro origine, in molti casi, nell’amore e nell’odio.
Le donne uccidevano i mariti violenti. Mariti che spesso non avevano scelto e che avevano sposato giovanissime. Mariti che le trascuravano, che passavano la giornata fuori casa, che pretendevano da loro fedeltà e abnegazione, cura e consolazione. Mariti che potevano picchiarle per futili motivi o per raptus alcolici. Queste donne assassine venivano considerate pazze, malate, isteriche o vittime di qualche tensione mestruale. Era raro che ci si chiedesse quale fosse il reale movente del loro delitto. Questi uomini, dopo essere stati avvelenati potevano morire benedicendo la moglie, non sospettando minimamente di lei. Era più facile comprendere il delitto che una donna commetteva per gelosia, per rivalità verso un’altra donna che il delitto contro un uomo che la vessava.
Le donne uccidevano i mariti loro imposti dalla famiglia quando amavano un altro uomo. Poteva essere un precedente fidanzato, magari povero e per questo non accettato dalla famiglia, ma poteva anche essere qualcuno conosciuto dopo il matrimonio. Qualcuno in cui riponevano le loro aspettative d’amore e di comunione. La legge che deprivava le donne di ogni diritto e le rendeva dipendenti dagli uomini le rendeva anche soggette alla tirannia. La donna era stata creata per essere una moglie e una madre e per rendere la casa comoda e felice. Ogni donna che prendeva l’iniziativa sia per votare che per uccidere il marito era “innaturale”. Una donna che viveva una vita indipendente senza la direzione e il controllo di un uomo era considerata un’anomalia sociale. I suoi sacrifici nei confronti del marito e dei figli non venivano neppure riconosciuti, erano espressioni naturali del suo istinto di madre e di moglie.
Una giornalista americana che seguiva i processi per omicidio scrisse che certi matrimoni inscindibili portavano necessariamente al delitto come unica via d’uscita.
Per quanto riguarda la vendetta nei confronti dell’amante, scrive Vincenzo Mellusi: “L’abbandono non rappresenta soltanto la perdita dell’oggetto amato, ma il disprezzo dell’amante e l’umiliazione agli occhi di tutti. La morte della persona amata è per la fanciulla meno crudele dell’abbandono, che riassume tutte le sofferenze morali; perdita dell’amore, disprezzo della sua bellezza, preferenza accordata a una rivale, umiliazione pubblica, resa più dolorosa per il timore di vedere la rivale ridere del proprio dolore”.
E riguardo all’amore George Sand scrisse che la donna che non trova nel matrimonio l’amore cui ha diritto, può cercarlo altrove. Commenta Mellusi: “La donna passionale, che apprende il matrimonio come un episodio dolorante dell’amore, non può votarsi alla fedeltà coniugale che è una semplice convenzione utilitaria… Il dono continuo del suo corpo, senza affetto e senza desiderio, la stanca e la nausea. E da quel momento può benissimo concepire e provare il grande amore, passando dalla castità ignorante all’unione carnale per amore”.
Per una donna delusa nella sua passione l’omicidio appare come un prezzo modesto da pagare per la sua libertà poiché la passione coinvolge la sua intera vita. Senza di essa, lei pensa, la vita sarebbe una lunga morte. Gli uomini sono meno coinvolti dall’amore. Possono andare in pezzi se le cose vanno male ma di solito si riprendono abbastanza presto e il delitto come via d’uscita non rientra nei loro calcoli.
Nel caso di Florence Maybrick, di origine americana, imputata nel 1889 per l’omicidio del marito, avere uno dei migliori avvocati dell’epoca, Sir Charles Russell, non servì. Il giudice, James Fitzjames Stephen, inflessibile verso le donne adultere, disse ai giurati che l’imputata era una donna spregevole che durante la malattia del marito non aveva pensato che a scrivere lettere all’amante. “Tutto questo dovete considerare quando vi chiederete se questa donna è colpevole o no!” I giurati non sapevano però che il giudice soffriva di gravi disturbi nervosi dovuti a una paralisi che l’aveva colpito tre anni prima e non potevano immaginare che poco tempo dopo il processo sarebbe stato ricoverato in manicomio. Non diedero troppa importanza neppure alla confusione mentale che dimostrò per tutto il processo e ai frequenti vuoti di memoria. Il loro verdetto fu di colpevolezza. Florence Maybrick doveva essere impiccata. Fortunatamente la stampa, l’opinione pubblica e il governo americano si mossero per chiedere la commutazione della pena che infine fu accordata nonostante la disapprovazione della regina Vittoria.
Assunta Vassallo proveniva da una delle famiglie più in vista di San Cataldo e il processo per uxoricidio che la vide imputata suscitò grandissimo interesse. La donna aveva un amante di cui era perdutamente innamorata, quando capì che l’uomo stava per lasciarla pensò che se fosse stata libera avrebbe potuto riconquistarlo. Il marito morì per avvelenamento da stricnina nel 1948. Assunta fu condannata a vent’anni di reclusione.
Alcune donne si sono fatte aiutare dall’amante per uccidere il marito. Un gran numero di assassine concepiscono il crimine da sole e colpiscono in segretezza. Non si fidano di nessuno. Spesso considerano l’uomo debole e senza carattere, inutile per la loro implacabile decisione. Sono pochissimi i casi di donne convinte a uccidere da un partner maschile. Esistono molti più casi di uomini convinti da una donna a commettere un delitto. Questo accade soprattutto nei crimini di passione.
Alma Rattenbury, nata in Canada nel 1897, donna molto attraente, sposa un facoltoso architetto molto più vecchio di lei che presto cade in depressione, smette di lavorare e soprattutto di avere rapporti con la moglie. Smette anche di guidare e quindi la coppia deve trovarsi un autista. Questi è un giovanotto di diciannove anni, George, che si innamora, riamato, di Alma. Uccidono il marito. Lei che è ricca riesce ad avere un bravissimo avvocato che la fa assolvere, lui ne ha uno d’ufficio e viene condannato a morte. Una volta uscita dalla prigione, lei non riesce a sopportare l’idea che il suo amante venga ucciso e si uccide a sua volta accoltellandosi sei volte al petto. Quindi non viene a sapere che il giorno dopo anche al suo amante sarà accordata la grazia. Moltissimi anni dopo lui viene arrestato in un bagno pubblico mentre adesca un ragazzino. Tanto amore, tanta passione al punto da morirne e per una persona per cui non ne valeva assolutamente la pena!
Gigliola Guerinoni, ex infermiera, che ha lasciato il marito (il metronotte Andrea Barillari) e ha due figli (Alex e Fabio) arriva a Cairo Montenotte (Savona) e ha una relazione con il contabile Ettori Geri, di 27 anni più grande. Lui abbandona per lei moglie e figli e investe la sua liquidazione in una galleria d’arte per lei. Dalla loro unione nasce Soraya Raffaella. Poi il ménage si allarga a Pino Giustini, arredatore, che va a vivere con loro. Diventa l’amante di Gigliola che nel 1974 lo sposa. Lui vende tutte le sue proprietà per lei e nel 1986 muore misteriosamente. Si sospetta mancata assistenza o cure sbagliate da parte di lei. Viene sostituito da Cesare Brin, proprietario di un’antica farmacia, consigliere comunale, molto ricco. Lascia moglie e figli e vorrebbe sposare Ggliola. Soraya lo odia. Cesare Brin a causa di alcune operazioni sbagliate è rovinato. Scompare il 12 agosto 1987 e viene ritrovato morto in una discarica. E’ stato ucciso a martellate. Bruciato. Al processo Gigliola si difende. Non aveva moventi per uccidere Cesare Brin ormai sul lastrico. Neppure la gelosia per un suo eventuale ritorno dalla moglie, se mai era lui ad essere geloso. Non ha distrutto famiglie. Erano già rovinate e lei ha solo dato rifugio a uomini ormai soli.
Viene assolta per l’omicidio del marito Pino Giustini, a suo parere l’unico uomo che abbia mai amato, e condannata a 26 anni per l’omicidio di Cesare Brin. Secondo l’accusa lei avrebbe ucciso a martellate l’uomo e Ettore Geri l’avrebbe aiutata. Lui viene condannato a 15 anni.
La donna tradita può uccidere la rivale e in questo caso lo fa con premeditazione. Può minacciare l’amante solo per spaventarlo e poi essere trascinata dall’impeto del momento.
Rina Fort: Il 30 novembre 1946 una ventata di orrore allo stato puro attraversò l’Italia intera: la notizia di un orrendo massacro scoperto in un appartamento del civico 40 di via San Gregorio, nella zona di porta Venezia, a Milano. Una donna e i suoi tre figli – un maschietto di sette anni, una bambina di cinque e un altro piccolo di dieci mesi – erano stati trovati ammazzati a colpi di spranga: la moglie e i tre figli di Pippo Ricciardi, commerciante dagli affari incerti, di origine catanese, da qualche tempo immigrato nel capoluogo lombardo. Dall’appartamento, letteralmente a soqquadro e invaso dal sangue, mancano solo pochi gioielli. Il movente non può essere stato la rapina. E allora perché commettere un simile scempio? Perché uccidere anche tre bambini? Perché finire a sprangate un piccolino ancora sul seggiolone, ancora incapace di parlare, che non sarebbe certamente stato neppure uno scomodo testimone?In poche ore il caso è risolto: la belva di via San Gregorio è Caterina Fort, 31 anni, già commessa in un negozio del Ricciardi, da tempo sua amante. Interrogata per 18 ore la donna confessa. Poi ritratta parzialmente le sue ammissioni. Conferma di aver ucciso la moglie di Pippo Ricciardi, Franca Pappalardo, ma nega di aver infierito sui bambini. Per anni, nonostante la condanna all’ergastolo in tre gradi di giudizio, Caterina Fort, detta Rina, sosterrà la sua versione: in quella casa non era entrata da sola, ma con un fantomatico “Carmelo”, amico di Pippo Ricciardi. Dal momento che gli affari andavano male, lei e Pippo avevano deciso di inscenare una rapina, tanto per tacitare i creditori. Alla rapina doveva partecipare anche “Carmelo”. Era stato proprio “Carmelo” a drogarla con una sigaretta forse oppiata. Lei aveva perso la testa e con una spranga – che sempre “Carmelo” le aveva infilato in mano – aveva ucciso la Pappalardo. Ma i bambini no: lei, Rina Fort, non li aveva uccisi.
Fin sul letto di morte, avvenuta nel 1988, Rina Fort ha negato di aver massacrato quelle innocenti creature. La macabra storia di Rina Fort e del suo delitto colpì moltissimo l’opinione pubblica di quegli anni. Molti sottolinearono il contrasto tra il suo delitto ed un altro, avvenuto nello stesso periodo, che appassionò i lettori: quello commesso dalla contessa Pia Bellentani che assassinò l’amante. A Rina Fort fu sempre negata l’incapacità di intendere e di volere, cioè la seminfermità mentale. La stessa fu invece concessa alla Bellentani. Anche la giustizia ha sempre avuto una sua interpretazione di classe: Rina Fort era una poveraccia, la contessa, ovviamente, no!
Maria Pia Bellentani: Per dimenticare Rina Fort, la belva di via San Gregorio, ci vuole il delitto opposto e speculare di villa d’Este. In via San Gregorio l’Italia degli immigrati, dei magliari, della gente senza nome che ha cambiato città, casa, famiglia, che si è fatta largo con le unghie, con i denti nel mercato nero, nella prostituzione, nel furto, per la quale un poliziotto è un signore e il questore un dio inavvicinabile; e a villa d’Este, sul lago di Como, il luogo di ritrovo mondano della Lombardia ricca, di quel “quarto partito” di cui parla De Gasperi che porta il denaro in Svizzera, invita a cena il questore e il prefetto. Non l’alta finanza e la grande industria, intendiamoci, non le grandi famiglie che hanno nella Bastogi e in altre finanziarie il luogo dei loro potere corporato, non i Pirelli, i Faina, i Marinotti, ma il “generone” comasco, gli industrialotti come Carlo Sacchi che ha sposato la ex ballerina tedesca Lilian Willinger e si è presa come amante la contessa Bellentani, moglie di un Bellentani che sarà aristocratico, ma produce salumi. Offesa dalle villanie e dalle volgarità dell’amante la Bellentani aspetta, il 15 settembre 1948, una serata di gala nel fasto di villa d’Este, si avvicina al Sacchi, pronuncia poche parole e lo fulmina con una rivoltellata. La nota snobistica è data dal barone Maurizio de Rotschild che si trova per caso a un tavolo poco distante: è fra i primi a capire che c’è stato un delitto e mormora, senza muoversi: “Ah, ces italiens”. C’è anche Robert Bouyerure, un francese che ha sposato la sarta Biki, della famiglia proprietaria del Corriere della Sera. Il suo infallibile istinto di classe lo fa vvicinare alla Bellentani che ha tentato di uccidersi, a prenderla per un braccio dicendole: “Andiamo madame, è chiaro che si tratta di un incidente”. Non si tratta di un incidente. Ci sarà un processo, ma i cronisti del Corriere della Sera dovranno trattare con cautela e rispetto e la Corte d’Assise accetterà per buona la seminfermità mentale, la condannerà a soli dieci anni poi ridotti a sette. (Giorgio Bocca – Storia della Repubblica italiana – Rizzoli, 1981)
Il figlio
Nel passato, non essendoci una maniera per regolare le nascite, molte donne si trovavano a partorire bambini di cui non potevano occuparsi. A volte erano state violentate o avevano avuto amanti segreti. Era facile nascondere la gravidanza nei vestiti ampi e lunghi. L’infanticidio era molto diffuso. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna queste donne venivano condannate a morte, di solito bruciate vive, perchè il loro non era solo un delitto contro l’uomo, ma uccidere un bambino prima del battesimo era un delitto contro la religione. Era anche il delitto femminile punito più severamente. Oggi l’infanticidio suscita maggiore orrore, allora poteva essere un atto disperato per sopravvivere.
La morte di bambini al di sotto dei 12 anni è nella gran parte dei casi dovuta a maltrattamenti, violenze e abusi da parte di un familiare.
Andreoli: L’infanticidio è sempre stato ritenuto impossibile: le donne che lo commettevano dovevano essere certamente folli, malate di mente, non-donne. Come se soltanto la perdita della femminilità e dell’istinto materno potesse giustificare un delitto del genere. Oggi le donne che abbandonano nei cassonetti i loro bambini sono giudicate dagli psichiatri tutt’altro che pazze e se lo fanno i motivi sono: perché il bambino dava fastidio, perché non era previsto, perché avrebbe complicato la vita.
Ma può esserci anche il desiderio di annullare la sofferenza, il male che una mente turbata dalla depressione può ipotizzare per il figlio: il tentativo di allontanarlo da una previsione catastrofica dell’esistenza.
Sono quasi sempre le madri a uccidere i figli minori e quasi sempre bambini che hanno meno di un anno.
Famoso in Francia, il caso di Denise Labbè che nel 1954 uccise la sua bambina affogandola nella tinozza per lavare i panni. Denise era bella, giovane, corteggiata. Il padre morì affogato in uno stagno. Fu messa incinta da un giovane medico che la abbandonò. Lavorò per mantenere la bambina che amava molto. Poi si innamorò di un bell’ufficiale con strane idee sulla supercoppia e sui sacrifici che una donna deve fare per dimostrare al suo uomo che lo ama. Lui le chiese di sacrificare la bambina. Dopo vari tentativi andati a vuoto Denise eseguì il compito. Affogò la bambina che adorava nella tinozza per lavare i panni. La stessa tinozza fu portata in tribunale durante il processo per dimostrare quale fosse l’agonia di un bambino affogato in quel modo. L’assassina fu condannata all’ergastolo e Jacques Algarron a vent’anni di lavori forzati. Al processo ci si chiese se era più colpevole una giovane ignorante e ingenua che uccide la propria figlia per compiacere l’amante o l’uomo colto e seduttore che pretende il sacrificio supremo pena l’abbandono?
A commettere un infanticidio è:
· La donna malata di mente: ha problemi a controllare la propria aggressività forse originata da una relazione disturbata con i suoi genitori.
· La madre gelosa: donna gelosa del proprio bambino e delle attenzioni che riceve dagli altri. Questa donna può essere stata trascurata nell’infanzia.
· La madre vendicativa: La donna, non potendo punire il marito che considera onnipotente e dal quale si sente tradita o trascurata, si rifà sui soggetti più deboli della famiglia: uccide i figli, elimina la stirpe dell’uomo.
Magari la donna si sente l’elemento debole in famiglia, magari ha poca voce in capitolo nell’economia della casa, sviluppa un senso di inferiorità, non si sente capita dal marito. Ne derivano depressioni, ansia, insonnia, in genere c’è una patologia mentale di fondo che esplode in un contesto particolare.
· La madre depressa: un terzo delle madri che uccidono i figli hanno problemi di depressione. Il delitto diventa un’allargata forma di suicidio “uccido chi amo di più, il mio bambino” In alcuni casi, la crisi depressiva può essere conseguente al parto. Crisi di pianto improvvise, irritabilità, ansia e sentimenti di sconforto e sfiducia sono i sintomi della cosiddetta ‘post-partum blues’,. Una sorta di tristezza che colpisce 7-8 neomamme su 10 dopo la nascita del loro bambino e che dura pochi giorni. Soltanto nel 10-20% dei casi, si tratta di vera depressione post-partum, e solo in “una o 2 donne su 1.000″ sfocia in psicosi, quella che può portare la madre a “identificare il proprio bimbo con il demonio, a fargli male e perfino a ucciderlo”.
Negli Stati Uniti e in alcuni Paesi del Nord Europa esistono nelle strutture pubbliche i «gruppi di sostegno» per le madri in «babyblues» e proliferano gli studi e le ricerche in questo campo. In Italia di depressione postpartum si parla probabilmente solo in occasione degli ultimi sconvolgenti fatti di cronaca quando la sindrome giunge a livelli devastanti, perché sottovalutata o mal curata.
· La madre che non voleva un figlio: sono i casi dei bambini uccisi alla nascita. Di solito queste madri hanno dovuto nascondere la gravidanza e poi il parto. Frequentemente invece di uccidere il bambino lo gettano nei rifiuti. Lasciando alla sorte la sua sopravvivenza.
· La madre misericordiosa: La madre che vuole proteggere il figlio dalla sofferenza.
· Donne che soffrono della Sindrome di Munchausen. Una sindrome scoperta nel 1977 e chiamata così in riferimento al barone di Munchausen, grande mentitore. Nella gran parte dei casi chi ne soffre produce su se stessa sintomi di malattie per poi farsi curare. E’ un modo per attirare l’attenzione. In alcuni casi la donna procura sintomi e malattie nel figlio per poi portarlo all’ospedale (per esempio avvelenandolo lentamente). Sono madri affezionate, amorevoli, che non danno segni di eventuali psicosi. Questi casi sono in aumento. Le donne che ne soffrono nascondono sentimenti di solitudine, inadeguatezza, incompetenza e bassa stima di sé.
· La madre abusatrice: in un raptus di rabbia uccide il proprio figlio. La donna picchia i figli con oggetti o strumenti, spegne sigarette sui loro corpi. Talvolta, turbata dagli urli o dai pianti del bambino lo uccide, salvo poi dire: “Non volevo farlo.” Sono madri in genere provenienti da famiglie con problemi, a volte loro stesse sono state picchiate, spesso sono dedite all’alcolismo o all’abuso di droghe. E’ uno dei pochi casi in cui l’omicidio e la violenza può anche avere un movente sessuale. E può accadere che gli atti sessuali perpetrati su bambini servano a soddisfare gli istinti perversi del proprio compagno.
Alcune donne che uccidono i propri figli e poi si suicidano odiano il marito e, incapaci di attaccarlo, uccidono i bambini per vendicarsi di lui.
Il suicidio allargato è diverso dall’omicidio compiuto dalla madre che per una serie di ragioni ammazza la creatura e non ha nessuna intenzione di sopprimere se stessa. Nel suicidio allargato si decide di andarsene da un mondo considerato ostile, insopportabile, cattivo e non si vuole che le persone più care proprio in quel mondo rimangano, senza più la protezione che si cercava di dare loro.
L’uccisione volontaria di un figlio costituisce un infanticidio solo se la vittima è un neonato, altrimenti si tratta di figlicidio.
La legge impone una netta distinzione tra i due reati, anche nelle motivazioni e nelle conseguenze penali: il primo è punito con la reclusione dai 4 ai 12 anni, il secondo con l’ergastolo.
Nel primo caso, infatti, se la madre ha ucciso mentre soffriva di depressione postpartum si considera che abbia già sofferto nell’uccidere i suoi figli e che non è pericolosa se non ha altri figli.
Fatti del genere sono sempre accaduti, si commenta. Ma adesso presentano caratteristiche diverse, e gli infanticidi sono assai diminuiti; mentre sono recentemente aumentate le uccisioni di bambini non neonati da parte delle madri. Com’è possibile arrivare ad uccidere la propria creatura? Per quanto condannato, la comprensione del gesto dipende dalla tolleranza verso le motivazioni che variamente gli si riconoscono. Se il neonato era malformato, eliminarlo era una pratica tollerata in epoca romana e greca, e altrettanto fino al XX secolo in Cina se si trattava di femmina figlia cadetta di poveri. Altrimenti il delitto veniva punito come il peggiore assassinio, in quanto rivolto contro una vittima inerme.
E’ innegabile che le condizioni in cui le donne oggi possono vivere la maternità siano assai migliorate rispetto al passato, su tanti livelli: medico e assistenziale, culturale e materiale, legislativo. Ma i delitti di questi giorni ci impongono di vedere che anche fuori dalle condizioni di svantaggio riconosciute dai codici (l’illegittimità, la miseria, l’abbandono), una madre può arrivare ad uccidere il proprio bambino. Anche se ha un marito e una bella casa. Perché è impazzita, si conclude allora.
La malattia mentale è l’altra causa storicamente più spesso invocata in questi casi. Ma bisogna distinguere. Una cosa è domandare se quell’individuo fosse affetto da una patologia o almeno da alterazione mentale mentre commetteva (irresponsabilmente) un reato, qualunque esso sia. Altra cosa è riconoscere che all’origine di un particolare tipo di crimine vi sia una generale condizione normalmente irta di difficoltà e rischi, che in casi estremi conducono all’omicidio e talvolta al suicidio.
C’è un nesso tra il rifiuto violento della maternità e il bisogno vissuto da ogni donna di sentirsi sostenuta quando si prende cura di un bambino piccolo. La legge lo recepisce; sottolinea la stretta relazione tra esigenze (e sofferenze) psicologiche materne e il contesto familiare e sociale in cui esse non trovano adeguata risposta né ascolto: mancanza o insufficienza di sostegni, «solitudine e incomunicabilità … all’interno della famiglia», ecco le ragioni per le quali il codice attenua molto la colpa dell’infanticida.
Nella stessa distinzione tra infanticidio materno e figlicidio indifferentemente genitoriale – il primo attenuante, l’altro aggravante dell’omicidio comune – è passata la considerazione che divenendo madre la donna vive una particolare fragilità, la quale può addirittura sfociare nella depressione post-partum o, come dicevano gli alienisti ottocenteschi, nella mania puerperale.
L’infanticida di oggi non corrisponde più alla madre crudele, o indifferente o sciagurata. Al contrario, è una madre devota, esageratamente devota, semmai. Dopo il delitto, il comportamento materno giudicato normale o ammirevole appare inquietante: si dedicava molto ai propri bambini, li amava molto, ci stava sempre insieme e soprattutto da sola; mentre il marito è sempre al lavoro, coltiva altri interessi, frequenta persone e luoghi altri più dei figli e della casa. Si ammette che per una donna che tanto si preoccupa dei suoi figli, il carico della maternità possa diventare insostenibile.
E’ nell’evento del parto e nei giorni immediatamente successivi che si esaurisce la speciale condizione riconosciuta dal codice. Il che dipende dall’epoca in cui la norma ebbe origine, quando il parto era molto rischioso per i nascituri ma anche per le donne, e così è stato per secoli fino a qualche decennio fa
Marco(Quota) (Replica)
http://www.leggo.it/news/mondo/interrompe_la_madre_mentre_fa_sesso_13enne_ustionata_con_spray_al_peperoncino_foto/notizie/163498.shtml
PAWTUCKET – Ha tagliato i capelli alla figlia e le ha spruzzato negli occhi e sul corpo uno spray al peperoncino fatto in casa. La ragazzina di 13 anni è stata così punita dalla madre, la 38enne Dorcus Moore, per aver interrotto la donna mentre faceva sesso con il compagno. La donna è stata arrestata per violenza su minore.
La ragazzina ha raccontato alla polizia Pawtucket, nello stato di Rhode Island, che la Moore le ha ordinato di prendere delle forbici, che ha poi utilizzato per tagliarle i capelli a zero. Una volta finito, la madre le avrebbe spruzzato su viso, braccia, gambe e vagina con uno spray piccante. Solo il giorno seguente, dopo una notte passata tra le sofferenze date dal bruciore, la 13enne ha trovato il coraggio di parlarne a scuola e avvisare la polizia.
La ragazza è attualmente con il padre, mentre la madre è stata rilasciata su cauzione.
Rita(Quota) (Replica)
http://violenza-donne.blogspot.com/2011/12/badanti-ai-fatti-loro.html
Sandro2(Quota) (Replica)
http://femdominismo.wordpress.com/2012/02/10/pecunia-non-olet/
mauro recher(Quota) (Replica)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/02/22/visualizza_new.html_102381613.html
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
http://affaritaliani.libero.it/
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Questo di seguito è un articolo pubblicato sul blog del Manifesto, a firma di Luisa Betti, che ho trovato casualmente, facendo, come di consueto, la mia personale rassegna stampa mattutina. Ho pubblicato un breve commento di risposta. Vedremo quali risposte ci saranno e se ci saranno. (il mio commento, appena scritto, deve essere vagliato dal moderatore, quindi non è stato ancora pubblicato)
Uccide il figlio per vendetta sulla moglie
• Come poteva essere un “uomo mite”, uno “buono come il pane”, un padre “amorevole”, come lo hanno descritto la maggior parte dei giornali ostentando profili psicologici di un uomo “distrutto dal dolore” per la separazione dalla moglie, quello che ieri ha fracassato il cranio del figlio di 17 anni che dormiva nel letto di casa sua per vendicarsi bestialmente della moglie che lo aveva messo di fronte all’inevitabilità della separazione dopo l’ennesima lite? Come poteva essere un uomo “pacifico”, uno che decide scientemente di uccidere l’unico figlio che ha, prima di togliersi lui stesso la vita lasciando così alla moglie, che si era assentata dopo l’ennesima litigata, la scoperta dell’orrendo delitto consumato in casa sua? Quale pace mai potrà ritrovare questa madre, rosa dal rimorso di aver lasciato il figlio in mano al suo aguzzino travestito da padre amoroso? Ieri mattina in una villetta bifamiliare sulle colline di Giaveno, a Torino, Maria Teresa Chiotti, 47 anni, era uscita di casa alle 6: “Vado da mia madre, poi torno a fare colazione con Willy, così la smettiamo di discutere”, aveva detto al marito. Ma quando è tornata, verso le 8, trovando l’uomo morto in cucina, la donna era corsa in mansarda urlando il nome di Willy che giaceva a letto, massacrato a martellate sulla testa. La donna, uscita in stato confusionale giardino, aveva iniziato a gridare: “Mi ha ucciso il figlio!” attirando l’attenzione dei vicini di casa, e poi si era accasciata a terra. Poche ore prima William Gabriele, 17 anni, aveva finito di vivere, colpito alla testa con un martello da carpentiere per mano del padre, Adriano Maero, commerciante ambulante di 48 anni, che dopo l’atto si era stordito con una boccetta di etere per poi uccidersi con un coltello da cucina. Una storia agghiacciante, che ricorda la vicenda del piccolo Claudio, il bimbo di 18 mesi, buttato nel Tevere in una fredda mattinata e in una Roma coperta di neve, ucciso dal padre che si voleva vendicare della donna che lo aveva lasciato, anche lei, dopo l’ennesima litigata. Violenza in famiglia, violenza domestica, direi una volta per tutte uomini violenti, aggiungendo soltanto che un uomo, per essere violento, non per forza deve essere un delinquente, un tossico, insomma la feccia, perché chi si occupa di violenza domestica e di violenza assistita sa bene che dietro la faccia ben rasata di affermati professionisti, apparenti padri modello, uomini impeccabili e gentili, si può nascondere un uomo violento, che non è un folle ma solo uno che è stato culturalmente educato così.
di Luisa Betti
pubblicato il 29 febbraio 2012
Un Commento a “Uccide il figlio per vendetta sulla moglie”
1. anna Scrive:
29 febbraio 2012 alle 19:19
l’amore non genera morte.la follia non genera vendette.
2. Fabrizio Marchi Scrive: Il tuo commento è in attesa di moderazione
1 marzo 2012 alle 08:30
Il concetto vale naturalmente anche a parti invertite, mi auguro, altrimenti si sconfinerebbe apertamente nel sessismo. Come esistono uomini violenti, esistono donne violente. Come esistono uomini assassini dei propri figli esistono donne assassine dei propri figli. E se sosteniamo che il gesto di quell’uomo che ha ucciso il proprio figlio e poi si è sucidato non è dettato da un raptus di follia ma è il risultato di un processo culturale, lo stesso assunto deve allora valere anche per una Erica di Novi Ligure o per una Franzoni di Cogne e per tutte quelle donne che uccidono i propri figli cuocendoli in un microonde oppure annegandoli in una vasca da bagno e poi gettandoli in un cassonetto dell’immondizia.
In un servizio andato in onda su Rai 3 Notte circa un anno fa, la bravissima Giovanna Botteri ci spiegava che negli USA (da ricerche e fonti accreditate) più del 50% degli abusi sessuali e delle violenze sui minori sono commessi da donne e da madri. Si suppone – spiegava la Botteri – che la percentuale sia di molto superiore, perchè è ovviamente molto difficile per un bambino o una bambina, denunciare la violenza subita dalla propria madre.
Ora, tutte queste donne sono solo delle violente criminali e stupratrici di minori, o forse la questione andrebbe affrontata nella sua drammatica complessità, e quindi con più laicità, lucidità e meno ideologia (rispetto a quella contenuta nell’articolo a firma di Luisa Betti)?
E se questo modo di procedere è valido per le donne, perchè non dovrebe essere valido anche per gli uomini? Se una donna uccide il proprio figlio è una “depressa”, mentre l’uomo è un assassino? Bè, insomma, mi sembra che ci sia molta ideologia e molto manicheismo in una simile interpretazione delle cose.
A meno che non pensiamo, come sostiene da sempre il femminismo, che la violenza sia solo e soltanto maschile. Ma questa, per quanto mi riguarda, è appunto solo e soltanto ideologia, e anche profondamente sessista e razzista, pur se camuffata di “sinistra” e “progressista”.
Vi ringrazio dello spazio e dell’attenzione.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ho postato pure io. Stiamo a vedere.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Commentato anch’io:
già.. io ricordo un articolo di Lidia Ravera, quando accadde che una giovane madre uccidesse la figlia neonata dopo aver aggredito il marito.
http://www.lidiaravera.it/compassione/
compassione e pietas verso questa donna, di contro sembrava quasi render conto al marito perchè era fuggito e non aveva intuito il disagio interiore. Come se a quell’uomo non fosse bastato il dolore per la perdita della bambina. Eppure non era lui l’assassino, lui era l’uomo normale, lei quella cui non bastava quella vita per cui si tenta di giustificare e comprendere il gesto orrendo di spezzare una vita.
La vittima trasformata in correo, responsabile, la colpevole soccorso con parole di compassione e comprensione pietosa.
Qui accade il contrario: ancorchè quest’uomo abbia spezzato anche la sua di vita viene crocifisso senza pietà e linciato anche dopo morto. Il colpevole resta colpevole e non solo, si sputa anche sulla sua vita precedente, senza nemmeno conoscerlo. La vittima resta vittima.
Stranezze sicuramente, ma forse meritano una riflessione più approfondita sulle rappresentazioni e sulle dissertazioni mediatiche di queste tragedie
Rita(Quota) (Replica)
Ottimi anche i commenti di Rita e Sandro sul blog del Manifesto. Questa di intervenire sui blog (alcuni, non tutti) deve diventare una vera e propria strategia.
Impegnamoci tutti in tal senso, anche a segnalare gli articoli e dove è possibile, anche il nostro sito e/o gruppo di facebook.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Svegliarsi un po’ è come bere, più facile respirare. Basta guardare e poi avvicinarsi un po’ e non lasciarsi mai impaurire no, no! Svegliarsi un po’ è un po’ fiorire…”:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ora-il-pd-ce-lha-con-fornero/2175686
cesare(Quota) (Replica)
avete combinato un “disastro” ,a me risulta che i commenti sono stati chiusi ,chissà il perchè non mi stupisco di questo?
mauro recher(Quota) (Replica)
Un’altra..
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/447134/
Schiaffi e tirate d’orecchie:
in carcere a l’insegnante
della terza elementare
Una maestra di 54 anni è stata arrestata dai carabinieri della Compagnia di Breno con l’accusa di aver maltrattato dei bambini di terza elementare colpendoli con schiaffi, tirando loro le orecchie e i capelli e facendoli oggetto di altri metodi violenti. La storia di maltrattamenti si è verificata in un istituto comprensivo della Valcamonica. La maestra arrestata ha 54 anni, è sposata con due figli, insegna da molti anni. Le erano affidati 22 bambini che frequentano la classe terza, di un’età quindi tra gli 8 e i 9 anni.
La vicenda è venuta alla luce alla metà di febbraio quando i carabinieri hanno appreso da alcuni
genitori che i loro bambini erano soggetti a maltrattamenti. I militari hanno posizionato una telecamera all’interno della scuola ed hanno verificato che effettivamente la maestra era solita
usare metodi prepotenti e violenti nei confronti di alcuni bambini. Nella mattinata di ieri si è verificato l’ennesimo episodio di percosse nei confronti di un bambino. La maestra è quindi stata arrestata dai carabinieri e portata nel carcere di Verziano a Brescia. I particolari dell’operazione
saranno resi noti in una conferenza stampa alle 11.30 al Comando provinciale dei carabinieri di Brescia.
Rita(Quota) (Replica)
http://femdominismo.wordpress.com/2012/03/21/la-violenza-delle-donne-non-esiste/
mauro recher(Quota) (Replica)
La regola che non falla mai.
Giochi erotici, a Roma muore lei:
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_marzo_21/gioco-erotico-indagato-mule-2003774549929.shtml
A Trento muore lui:
http://mediterranews.org/2012/02/massimiliano-eccher-vittima-dello-shibari-indagata-la-partner/
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
I casi di pestaggi delle maestre donne contro l’infanzia affidata alle loro cure nelle scuole materne della Repubblica, in pochi mesi hanno raggiunto già l’impressionante numero di venti e pare che sia solo la punta dell’iceberg.
http://www.ilgiornale.it/interni/cosi_maestre-mamme_diventano_maestre-streghe/25-03-2012/articolo-id=579281-page=0-comments=1
cesare(Quota) (Replica)
http://www.net1news.org/uccide-due-figli-nella-loro-nuova-casa-arrestata-mamma-depressa.html
Andrea(Quota) (Replica)
http://violenza-donne.blogspot.it/2010/06/donne-infanticide-dimenticate.html
Le donne che uccidono i loro figli ottengono comprensione e sono condannate a delle “cure”, mentre gli uomini che fanno la stessa cosa sono accusati di omicidio e condannati a vita.
Forse non è un caso che le donne siano molto più inclini ad uccidere i loro figli rispetto agli uomini.
In Gran Bretagna un ospedale aveva installato telecamere nascoste per sorvegliare bambini ritenuti a rischio di violenze da parte dei genitori. Si sono riscontrati decine di casi ed è stata diffusa la notizia di abusi da parte di “genitori” e “genitori adottivi”. Life Channel ha trasmesso la notizia in TV (questa versione è stata tradotta e trasmessa anche sul canale di lingua francese Canal Vie).
Quel che tutti i commentatori hanno accuratamente occultato è che questi “genitori” erano: una nonna, un padre e… trentasette madri. A giudicare dall’inclusione nella descrizione dell’espressione “genitori adottivi”, mi viene da sospettare che il padre non fosse nemmeno quello naturale.
L’ospedale come ha scelto le persone da sorvegliare? Ogni caso si basava su quegli altri in cui dei bambini erano precedentemente morti in circostanze misteriose.
Per essere più precisi, 37 madri assassine hanno ucciso 40 bambini. Totale delle condanna detentive inflitte: zero; anche se alcune delle donne, dopo, hanno confessato, messe di fronte all’evidenza.
L’anno scorso, negli Stati Uniti, sono avvenuti circa 1.300 infanticidi. Circa 500 degli autori – all’incirca alla pari fra uomini e donne – non erano i genitori. Peraltro, i padri sono stati solo 30 (!). In altre parole, le madri erano 25 volte più portate ad uccidere la loro progenie rispetto ai padri. Eppure, in qualche modo, gli uomini sono visti come più pericolosi per i loro figli rispetto alle donne.
In Canada, molte statistiche di criminalità sono presentate in modo tale da nascondere la malvagità femminile. Ad esempio, le statistiche di omicidio di bambini non sono suddivise per sesso dell’autore. Di conseguenza, queste informazioni non sono disponibili. Tuttavia, non vi è alcun motivo di ritenere che le cose siano diverse a nord del confine. [ndt: rispetto agli USA]
Questo trattamento di favore alle donne non si limita all’uccisione di bambini. Rose Cece e Mary Taylor, una coppia lesbica di Toronto, decise di uccidere per gioco un agente di polizia. Fosse stata una coppia maschile, sarebbe stata condannata per omicidio di primo grado, quasi senza neanche considerare i fatti; in caso contrario, le associazioni di polizia in tutto il Paese sarebbero insorte. Invece, Cece e Taylor furono condannate per omicidio colposo e nessuno alzò la voce.
Loro, almeno, furono mandate in galera. Spesso le donne sono lasciate fuori con la condizionale. Il primo cittadino di Ottawa disse a proposito di un caso di omicidio: “La condanna di Lilian Gatkate, assassina confessa di suo marito, a due anni meno un giorno di domiciliari, è un insulto al nostro senso di giustizia naturale”. L’assassina reagì alla sentenza dicendo: “Ero confusa. Ho preso la vita di qualcuno e non vado in galera. Certo che sono sorpresa da tutto ciò”. Ancora una volta, la Procura non fece appello.
Sfuggire alla pena per omicidio
Questa riluttanza a condannare le donne assassine risale a molto tempo fa. In realtà, è la ragione dell’invenzione del reato d’infanticidio, al volgere del secolo scorso. Le giurie rifiutavano di condannare le donne che uccidevano i propri figli.
O i loro genitori, sembrerebbe.
Lizzie Borden prese un’accetta
diede a sua madre quaranta colpi
Quando vide ciò che aveva fatto
ne diede a suo padre quarantuno. [ndt: ballata nordamericana]
Ciò che la canzoncina non menziona è che la giuria di Boston, nel 1892, rilasciò Lizzie libera. Una delle ragioni principali è che il giudice, come nel caso di Getkate, diresse praticamente la giuria ad assolverla.
Sembra esserci una differenza fra le donne che sono state condannate al carcere e coloro che non lo sono stati: le relazioni familiari con la vittima. Solo due donne sono mai state condannate per omicidio di primo grado in questo Paese: Yvonne Johnson uccise un uomo che appena conosceva; Sarabjit Kaur Minhas strangolò il proprio nipote. In altre parole, le donne ottengono pene maggiormente flessibili quando uccidono i loro mariti, i loro genitori o i loro figli. Naturalmente, possono sempre ottenere un certo alleggerimento della pena: Cece e Taylor ne sono la prova certa.
La discriminazione dei giudici a favore delle donne non è limitata all’omicidio: accade per tutti i reati. Ufficialmente le donne commettono il 15% dei crimini gravi in Canada: molto probabilmente un dato che sottovaluta la realtà. Qualunque sia il numero reale, esse costituiscono circa l’1% delle persone nelle nostre carceri. Le statistiche in Texas indicano che le donne commettono frodi più spesso degli uomini. Malgrado ciò, gli uomini trascorrono detenzioni dieci volte più lunghe per questo reato, rispetto alle donne.
Sembra che ci sia un radicato rifiuto ad ammettere che le donne sono capaci di commettere crimini. Quando lo fanno, si tende a sminuire l’atto ed a vederele come le vittime, non come le carnefici. Sul caso Johnson è stato scritto un libro: il titolo è “La vita rubata”; indovinate a chi appartiene la vita che l’autore sente derubata? Non è quella dell’uomo ucciso.
Mentre il femminismo può essere solo parzialmente responsabile di questo rifiuto, la risposta sembra essere più remota. I genitori di Lizzy Borden furono uccisi molto prima della comparsa di questa forma di follia collettiva. La realtà è che la gente, in tutte le società, assume che la femmina della specie debba essere protetta, anche dalle conseguenze delle proprie azioni.
Comunque: la conclusione è che i misfatti (a voi la scelta del termine giusto) del sesso maschile sono trattati molto più severamente degli equivalenti crimini femminili.
Andrea(Quota) (Replica)
>>>
Questa riluttanza a condannare le donne assassine risale a molto tempo fa. In realtà, è la ragione dell’invenzione del reato d’infanticidio, al volgere del secolo scorso. Le giurie rifiutavano di condannare le donne che uccidevano i propri figli.
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Il che sta a dimostrare (qualora ce ne fosse bisogno) che all’origine di certi doppio-pesismi, non c’è sicuramente il femminismo. La giustizia degli uomini è molto più dura verso i medesimi piuttosto che nei confronti del “gentil sesso” (?).
Anche fra la popolazione è facilissimo trovare degli uomini che invocano la pena di morte contro un altro uomo (più difficilmente verso una donna), ed anche delle donne; mentre per quanto riguarda quest’ultime, è praticamente impossibile sentirne una che chieda la pena capitale nei confronti di un’altra donna.
Andrea(Quota) (Replica)
Sì, ma vogliamo parlare di questa merda?
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_maggio_10/tassista-massari-condanna-pietro-citterio-stefania-sentenza-201127499759.shtml
Da quando il (la) mandante di un omicidio è MENO responsabile degli esecutori?
Marco Pensante(Quota) (Replica)
@MarcoP
Il fatto che l’autore materiale debba essere punito maggiormente dell’eventuale mandante è corretto in termini di principi fondanti del diritto penale, nel senso che pocihè il favoreggiamento/supporto senza l’azione non produce effetto, l’azione fisica va punita maggiormente.
Questo su un piano del dirittto.
Sul piano etico le cose sono invertite, nel senso che il mandante è sempre più spregeveole dell’esecutore (entrambi hanno l’intezione di compiere violenza, ma solo uno si sporca le mani e l’altro gode del maggiore beneficio), e questo è un aspetto che molti e molte dimenticano.
Ma devo dire che nel caso in oggetto non ho capito molto della dinamica; la ragazza sembra abbia partecipato attivamente all’omicidio non l’abbia soltanto istigato…però non si può dire…
Diciamo una cosa; a parità di reato negli USA una donna viene sentenziata in media con una pena del 30%-40% inferiore a quella di un uomo, non credo che in Italia le cose vadano differentemente.
fabrizio(Quota) (Replica)
http://violenza-donne.blogspot.it/2011/05/usa-il-bimbo-lottava-per-vivere-mentre.html
20 maggio 2011
DALLAS – La telecamera dell’ospedale ha ripreso il momento scioccante in cui una madre tenta di soffocare suo figlio. La diciottenne Shantaniqua Scott preme con una coperta sulla bocca del bambino. Poi la ragazza mette la mano sul viso e sulla bocca del neonato che cerca di lottare muovendo le gambe. Quando la Scott toglie la mano dalla bocca del figlio, il piccolo è senza sensi. Per fortuna suona l’allarme per i medici, dato che il bambino ha smesso di respirare. I sanitari fanno di tutto per rianimarlo. Scott ora è sotto processo in Texsas, è accusata di aver tentato di uccidere il figlio.I giudici hanno visto in religioso silenzio il video girato al Cook Children’s Medical Centre nel luglio del 2010.
I dottori hanno spiegato che il neonato era stato portato in ospedale perché aveva crisi respiratorie. I medici allora lo hanno curato e lo hanno mandato a casa. Ma due giorni dopo il piccolo era di nuovo in ospedale. I medici allora si sono insospettiti e hanno messo una telecamera nella stanza dove il bimbo è stato ricoverato. In un minuto e 14 secondi il video mostra come la donna abbia tentato di soffocare il figlio. Lo specialista Sami Heed ha spiegato che il bimbo è vivo solo grazie all’intervento immediato dei dottori. “Di notte ancora non riesco ha dormire, il pensiero mi tormenta – racconta Heed – la sua vita è stata messa in pericolo da chi avrebbe dovuto prendersi cura di lui”. La Scott ha confessato alla polizia che non voleva più prendersi cura del figlio e in una confessione registrata ha ammesso di aver cercato di soffocarlo. I medici hanno aggiunto che ora non si sa se il bambino avrà le lesioni per aver subito questa mancanza di ossigeno.
Andrea(Quota) (Replica)
da quanto ho capito la posizione ufficiale del movimento UB è incentrata sull’uguaglianza, sui pari diritti ecc.
però a leggere i commenti presenti sul blog si ha l’impressione che l’opinione prevalente (per non dire dominante o assoluta) degli utenti è che le donne possono essere potenzialmente aggressive e cattive come gli uomini, ma da un altro lato non posseggono le stesse qualità e gli stessi lati positivi maschili. Rimangono cioè creature stupidine e incapaci di rivaleggiare con l’uomo a livello intellettuale. possono essere brave a curare i figli e dedicarsi a mansioni casalinghe ma non possono raggiungere le vette di creatività, di ingegno e di grandezza spirituale degli uomini.
mah, rimango perplesso.
cmq contenti voi.
wakarimasen(Quota) (Replica)
Potrei risponderti che sono io a rimanere perplesso rispetto a tanta superficialità (la tua), ma in realtà non lo sono affatto, purtroppo, perché di persone come te, uomini o donne che siano, ne ho incontrate a migliaia da quando mi occupo di queste questioni, e quindi ormai da un bel po’ di tempo.
Ciò detto, fermo restando che non condivido affatto la tua opinione, ribadisco per l’ennesima volta ciò che è scritto a caratteri rossi su tutte le pagine del sito in alto a destra:
“La linea politica, la strategia e gli orizzonti filosofici e valoriali del Movimento degli Uomini Beta si evincono dal Manifesto (“Il Movimento”) e dai “Principi”, pubblicati entrambi sulla homepage del sito, nonché dagli scritti pubblicati negli spazi riservati agli “editoriali” e agli “articoli”.
Lo spazio dei commenti è libero ed è stato creato per dare a tutti/e (indipendentemente dalla loro collocazione nei confronti del Movimento) l’opportunità di esprimere la propria opinione, purché nel rispetto delle regole della civile convivenza, delle altrui opinioni e dello Statuto del Movimento.
Conseguentemente, i commenti ivi pubblicati non sono in alcun modo riconducibili al Movimento degli Uomini Beta, ma esprimono solo ed esclusivamente posizioni individuali”.
Buona lettura e buona visione, se ne hai voglia.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
ma metti che io voglia aderire al movimento e voglia partecipare ad un raduno: mi ritrovo faccia a faccia con gli altri aderenti e sollevo la questione sostenendo la mia opinione personale e cioè che le donne possono fare tutto quello che fanno gli uomini con gli stessi risultati (trascurando il limite della minore forza fisica) e gli altri mi guardano con sufficienza elencandomi studi barzelletta pubblicati su Repubblica, Focus o altre riviste di bassa divulgazione scientifica secondo cui uomini e donne non potranno mai competere alla pari per presunte differenze naturali. io mi ritroverei in minoranza perché ho la netta impressione che tutti o quasi gli altri la pensino diversamente da me. non vedo molta dialettica interna riguardo a tali questioni. o forse c’è qualcuno d’accordo con me?
wakarimasen(Quota) (Replica)
http://razzismodemocratico.blogspot.it/2008/02/questo-post-incisivo.html
Fabio C.(Quota) (Replica)
Rimangono cioè creature stupidine e incapaci di rivaleggiare con l’uomo a livello intellettuale. possono essere brave a curare i figli e dedicarsi a mansioni casalinghe ma non possono raggiungere le vette di creatività, di ingegno e di grandezza spirituale degli uomini. [wakarimasen]
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Non escludo di vivere su altro pianeta, ma a me capita frequentemente di ascoltare e leggere l’esatto contrario, ovvero che gli uomini sono sostanzialmente dei poveri idioti, mentalmente ritardati, incapaci di rivaleggiare col “superiore” cervello femminile.
Fabio C.(Quota) (Replica)
Io veramente, vedo solo studi che dicono che la donna è più intelligente, più empatica, più sensibile ecc. degli uomini.
paolo(Quota) (Replica)
mi ritrovo faccia a faccia con gli altri aderenti e sollevo la questione sostenendo la mia opinione personale e cioè che le donne possono fare tutto quello che fanno gli uomini con gli stessi risultati (trascurando il limite della minore forza fisica) e gli altri mi guardano con sufficienza elencandomi studi barzelletta pubblicati su Repubblica, Focus o altre riviste di bassa divulgazione scientifica secondo cui uomini e donne non potranno mai competere alla pari per presunte differenze naturali. [wakarimasen]
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Continui a toppare.
Su Focus, La Repubblica, ecc., si sostiene ben altro, ovvero che le donne non solo possono fare tutto quel che fanno gli uomini, ma che possono farlo molto meglio, perché “dotate di una marcia in più”.
Riguardo alle differenze naturali fra uomo e donna, ti faccio notare che NON sono presunte ma reali.
Fabio C.(Quota) (Replica)
Wak.: evidentemente tu conosci, tra coloro che qui scrivono, chi sono gli aderenti, i simpatizzanti di Uomini Beta e chi no. Per trarre quelle conclusioni devi essere molto informato. Comunque, ti ha già risposto chiaramente Fabrizio. Se hai capito, bene, altrimenti contento tu.
Alessandro(Quota) (Replica)
x wakarimasen
Non credo tu sia uno che vuole aderire al movimento, sei solo un provocatore che dice fesserie. Ammetti la minore forza fisica e neghi altre differenze, e non sei critico invece con gli studi barzelletta che infestano il mondo e vogliono dimostrare che le donne sono migliori.
Infatti la tua è furbizia: le donne sono uguali agli uomini tranne che per forza fisica, cosi vogliono gli stessi diritti maschili mantenendo i privilegi del sesso debole. Oggi è così: le donne scrivono romanzi di successo (vedi Harry Potter), dipingono, fanno le spazine, guidano gli autobus e fanno tutto quello che riescono a fare, ma che cazzo volete di più?
Leonardo(Quota) (Replica)
wakarimasen
>>
studi barzelletta pubblicati su Repubblica, Focus
>>
Lasciamo stare Focus (non mi sembra il caso di approfondire). Quanto a Repubblica tu ci stai dicendo che si tratta di un giornale maschilista che pubblica false ricerche scientifiche antifemminili che noi ghiotti riprendiamo e da cui deriviamo che le DD debbono stare ai fornelli e sfornare nugoli di poppanti.
.
Non ho parole.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
wakarimasen (che vuol dire “non capisco”, ma forse sarebbe più indicato “capisco quello che mi fa comodo e per il resto fingo di essere perplesso, ma in realtà vi guardo con sufficienza”) mette in bocca ai presenti quello che non hanno mai detto. In particolare, finge di non capire che qui nessuno ha mai detto che le donne sono “creature stupidine” o che non siano in grado di fare quello che fanno gli uomini. Qui, casomai, si sta cercando di sfatare una duplice vulgata che al giorno d’oggi riscuote grande successo, quella secondo cui 1) le donne sono superiori agli uomin e 2) le donne sono “oppresse” da un “patriarcato” che le odia IN QUANTO DONNE. Quando mai si è detto che le donne “non sono in grado” di fare quello che fanno gli uomini? Certo che sono in grado; solo che STRANAMENTE ci sono certe cose che le donne non si sognano neanche di fare alla pari con gli uomini, tipo lavorare in miniera o in cantiere. Perché? Perché non sono mica stupide, anzi, “stupidine”. E poi, “trascurando il limite della minore forza fisica” è un po’ come dire che non c’è differenza tra gli esseri umani e gli uccelli, “trascurando il limite della capacità di volare”: mentre invece uno dei due può fare certe cose e l’altro no. STRANAMENTE, in questo caso, il limite della minore forza fisica è quello che assicura la posizione di privilegio. Curioso, poi, che gli “studi barzelletta” su Repubblica o Focus diventino improvvisamente “autorevoli studi scientifici” quando si tratta di dire che le donne “hanno un cervello più sviluppato” o sono “geneticamente superiori” agli uomini. wakarimasen, sei in malafede e lo sai. cmq, contento tu.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
“Non credo tu sia uno che vuole aderire al movimento, sei solo un provocatore che dice fesserie. Ammetti la minore forza fisica e neghi altre differenze, e non sei critico invece con gli studi barzelletta che infestano il mondo e vogliono dimostrare che le donne sono migliori.
Infatti la tua è furbizia: le donne sono uguali agli uomini tranne che per forza fisica, cosi vogliono gli stessi diritti maschili mantenendo i privilegi del sesso debole”. (Leonardo)
Bravo Leonardo.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
GB- Scozia: abolita la parola “papà”.
http://www.repubblica.it/esteri/2012/05/28/news/il_caso_gb_censurata_la_parola_pap_per_rispetto_ai_genitori_gay-36075390/?ref=HREC2-9
Si noti l’acutezza delle “obiezioni”: denaro pubblico speso vanamente. Ecco è il problema, per questa perduta gente.
Fosse avvenuto senza spese… non ci sarebbe stata alcuna obiezione.
E che ne è del termine “mamma”???
Siamo sempre un passo più avanti di ogni immaginazione.
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RDV
Rino(Quota) (Replica)
può essere che mi sia confuso con alcuni commenti che ho letto su Uomini3000 ma credo di aver visto certe considerazioni anche qui. gli studi a cui mi riferisco sono quelli che sostengono che gli uomini abbiano maggiori capacità di orientamento spaziale mentre le donne maggiori capacità linguistiche oppure che le donne hanno un temperamento piu artistico e gli uomini piu scientifico e che ho visto citati parecchie volte in questo genere di discussioni qui o altrove. oltretutto li considero ciarpame pseudo-scientifico anche in merito alle parti in cui magnificano le presunte doti femminili di maggiore flessibilità mentale (e chi invece li considera verità rivelate dovrebbe riflettere anche sulle parti meno lusinghiere per gli uomini)
la superiore forza fisica maschile non è invece un ostacolo al lavoro pesante per le donne visto che esistono macchine, servomeccanismi, leve ecc.
io sono dell’idea che una donna possa fare la tornitrice, la camionista o l’operaia e non esistono ostacoli di tipo attitudinale.
wakarimasen(Quota) (Replica)
@wakarimasen
siamo d’accordo su una cosa…tutti devono avere l’opportunità di fare quello che vogliono secondo attitudini, senza barriere…giusto no?
Quindi niente leggi anti maschio, saremo d’accordo no?
Per quanto riguarda il ciarpame scientifico, fermo restando che ogni individuo fa caso a se, le ricerche cui fai riferimento sono “abbastanza” scientifiche anche se insistono su temi mooolto opinabili, ma fortunatamente hanno valore puramente statistico. Spero che nessuno legiferi sulla base di tali ricerche.
Per quanto riguarda i lavori di fatica, lasciami dire la tua opinione mi lascia molto perplesso….ma sono d’accordo con te ognuno deve fare quello che vuole, basta che poi sia retribuito sulla base di quanto produce…siamo stati chiari no?
Fabriziaccio(Quota) (Replica)
A dire il vero ,non mi sembra di aver mai letto che vogliamo le donne casalinghe ,forse mi è sfuggito ,ma non credo ,quello che si rivendica qui è tutt’altro che avere una donna “schiava” …
Si rivendica che ,in quanto uomini (beta), non abbiamo il mondo ai nostri piedi ,e anzi questo mondo ,visto che parli di lavoro , uccide in quell’ambito quasi praticamente uomini (un caso tragico ,anche oggi con il terremoto) ,ma queste cose sono state ripetute molte ,moltissime volte…
Magari una nostra rivendicazione “contro le donne ” è che le donne non stanno dalla parte degli uomini beta ,ma preferiscono quegli uomini che sono l’ “elite dominate” del sistema …
Mi dirai ,”beh ma ci sono un sacco di muratori ,operai ,felicemente sposati” …Vero ,ma ho notato ,anche nel mio piccolo (lavoro con 15 colleghi) che la “fatica” (sopratutto per gli italiani) di avere un rapporto affettivo è molto più marcato ..forse allora qui ,non diciamo fesserie, a meno di essere dei poveri sfigati …
mauro recher(Quota) (Replica)
Ogni tanto ne arriva uno…
Che noia.
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(misterxy sono io)
http://www.riflessioni.it/forum/cultura-e-societa/12022-cose-veramente-il-maschilismo-13.html
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1- Molte differenze fra i sessi si ritrovano in altri primati, anzi, in tutta la classe dei mammiferi. I maschi tendono a competere con maggiore aggressività e a essere più poligami; le femmine a investire di più nell’allevamento dei figli. In molti mammiferi un raggio territoriale più ampio si accompagna a una maggiore capacità di orientarsi usando la geometria della configurazione spaziale (invece che ricordando singoli punti di riferimento). E ad avere il raggio territoriale più ampio è più spesso il maschio, come avviene anche fra i cacciatori-raccoglitori umani. La superiorità degli uomini nell’uso delle mappe mentali e nella rotazione mentale tridimensionale non è forse casuale.
2- I genetisti hanno scoperto che, in persone diverse, la diversità del DNA nei mitocondri (che uomini e donne ereditano dalla madre) è molto maggiore della diversità del DNA nei cromosomi Y (che gli uomini ereditano dal padre). Questo fa pensare che, per decine di millenni, gli uomini abbiano conosciuto una maggiore variazione nel successo riproduttivo rispetto alle donne: alcuni hanno avuto molti discendenti, altri nessuno (lasciandoci con un piccolo numero di cromosomi Y diversi), mentre un maggior numero di donne ha avuto un numero di discendenti più equamente distribuito (lasciandoci con un maggior numero di genomi mitocondriali diversi). Sono esattamente queste le condizioni che causano la selezione sessuale, in cui i maschi competono per le occasioni di accoppiamento e le femmine scelgono i maschi di migliore qualità.
3- Il corpo umano contiene un meccanismo che fa che sì che il cervello dei bambini e quello delle bambine divergano durante lo sviluppo. Il cromosoma Y innesca nel feto maschio la crescita dei testicoli, che secernono gli androgeni, ormoni tipicamente maschili (come il testosterone) che hanno effetti duraturi sul cervello durante lo sviluppo fetale, nei mesi successivi alla nascita e durante la pubertà, ed effetti transitori in altri periodi. Gli estrogeni, ormoni sessuali tipicamente femminili, influiscono anch’essi sul cervello per tutta la vita. Oltre che nella corteccia cerebrale, i recettori degli ormoni sessuali si trovano nell’ipotalamo, nell’ippocampo e nell’amigdala nel sistema limbico del cervello.
4- Gli androgeni hanno effetti permanenti sul cervello in sviluppo, non solo effetti transitori sul cervello adulto. Le femmine che soffrono di iperplasia adrenale congenita producono un eccesso di androstenedione, l’ormone androgeno reso famoso dal grande giocatore di baseball Mark McGuire. E anche se i loro livelli ormonali vengono portati alla normalità subito dopo la nascita, crescono come dei “maschiacci”, giocano di più a fare la lotta, mostrano più interesse per i camion che per le bambole, hanno maggiori abilità spaziali e, crescendo, sviluppano più fantasie sessuali e provano più attrazione per altre ragazze. Quelle trattate con ormoni solo a infanzia avanzata mostrano, divenendo giovani adulte, modalità sessuali maschili, come una pronta eccitazione di fronte a immagini pornografiche, un impulso sessuale autonomo centrato sulla stimolazione genitale e l’equivalente di polluzioni notturne.
5- Un immaginario ma conclusivo esperimento per separare la biologia dalla socializzazione consisterebbe nel prendere un neonato, sottoporlo a un’operazione di cambiamento di sesso e farlo allevare dai genitori e trattare come una bambina. Se il genere è una costruzione sociale, dovrebbe avere la mente di una normale bambina; se invece esso dipende dagli ormoni prenatali, dovrebbe sentirsi un maschio intrappolato in un corpo femminile.
L’esperimento è stato compiuto, non per curiosità scientifica naturalmente, ma in seguito a malattie e incidenti. Uno studio ha preso in esame 25 bambini nati senza pene (un difetto congenito noto come estrofia cloacale), poi evirati e allevati come bambine: tutti giocavano a fare la lotta come i maschi e avevano comportamenti e interessi tipicamente maschili; più della metà dichiaravano spontaneamente di essere dei maschi, uno a soli cinque anni di età.
6- I bambini affetti da sindrome di Turner sono geneticamente neutri. Hanno un singolo cromosoma X, ereditato dal padre o dalla madre, invece dei normali due cromosomi X delle bambine (uno ereditato dal padre, l’altro dalla madre) o X e Y dei bambini (l’X ereditato dalla madre, l’Y dal padre). Siccome lo schema corporeo femminile è quello standard fra i mammiferi, essi hanno l’aspetto e il comportamento di bambine. I genetisti hanno scoperto che il corpo dei genitori può influire a livello molecolare sui geni del cromosoma X rendendoli più o meno attivi nel corpo e nel cervello in sviluppo del figlio. Una bambina con la sindrome di Turner che prende il cromosoma X dal padre ha probabilmente geni ottimizzati dall’evoluzione per una bambina (perché un X paterno porta sempre a una femmina), mentre una bambina con la sindrome di Turner che prende il cromosoma X dalla madre ha probabilmente geni ottimizzati dall’evoluzione per un bambino (poiché un X materno, se può portare all’uno come all’altro sesso, opererà senza incontrare opposizione solo in un maschio, che manca di corrispettivi dei geni X sul suo cromosoma Y).
E infatti le femminucce che presentano tale sindrome differiscono psicologicamente a seconda del genitore da cui hanno ricevuto il cromosoma X. Rispetto a quelle che l’hanno ricevuto dalla madre (caso in cui esso è pienamente attivo solo in un maschio), le bambine che l’hanno ricevuto dal padre (caso in cui esso è destinato a una femmina) sono più brave a interpretare il linguaggio corporeo, a leggere le emozioni, a riconoscere i volti, a maneggiare le parole, nonché ad andare più facilmente d’accordo con gli altri.
In definitiva, maschi e femmine sono intrinsecamente diversi e non hanno menti intercambiabili.
Piaccia o meno.
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http://www.riflessioni.it/forum/cultura-e-societa/12022-cose-veramente-il-maschilismo-12.html
Negli ultimi anni si sono andate accumulando prove che il testosterone influenzi non soltanto gli ornamenti e la corporatura, ma anche i cervelli.
Il testosterone è un composto chimico antico, presente in forma pressoché identica in tutti i vertebrati.
La sua concentrazione determina l’aggressività in modo così preciso che, negli uccelli con scambio di ruoli sessuali come i falaropi o nei clan a dominanza femminile delle iene, è la femmina ad avere livelli ematici di testosterone più alti.
Il testosterone mascolinizza l’organismo (in sua assenza il corpo resta di tipo femminile, quali che siano i geni dell’individuo) e mascolinizza anche il cervello.
Tra gli uccelli, in genere canta solo il maschio.
Un diamante mandarino che non ha nel sangue un livello sufficiente di testosterone non canta.
In presenza dell’ormone, la parte del cervello preposta alla produzione del canto cresce e l’uccello comincia a cantare.
Anche una femmina di diamante mandarino può cantare, purché sia stata esposta al testosterone in una fase precoce della vita e poi da adulta.
In altre parole, il testosterone prepara il cervello del nidiaceo a reagire di nuovo, più avanti nella vita, al testosterone e quindi a sviluppare la tendenza al canto.
Se si può parlare di mente per un diamante mandarino, l’ormone è una sostanza che ne altera la mente.
Lo stesso vale per gli esseri umani.
In questo caso le testimonianze provengono da una serie di esperimenti, in parte naturali e in parte no.
La natura ha dotato alcuni soggetti maschili e femminili di dosi alterate di ormoni e negli anni Cinquanta i medici hanno fatto lo stesso iniettando certi tipi di ormoni in alcune pazienti gravide.
Le donne affette dalla sindrome di Turner nascono senza ovaie e quindi hanno meno testosterone nel sangue di quelle che le hanno (le ovaie producono un po’ di testosterone, sebbene non quanto i testicoli).
Queste donne sono esageratamente femminili nei loro comportamenti, di solito hanno uno spiccato interesse verso i bambini, i vestiti, i lavori domestici e le storie d’amore.
Gli uomini che da adulti hanno nel sangue meno testosterone rispetto alla norma, gli eunuchi per esempio, si riconoscono per l’aspetto e l’atteggiamento femminile.
Gli uomini che durante lo stato embrionale sono stati esposti a un livello di testosterone inferiore alla norma, per esempio i figli di diabetiche che durante la gravidanza hanno dovuto assumere ormoni femminili, sono timidi, poco energici ed effeminati.
Gli uomini con troppo testosterone sono bellicosi.
Le figlie di donne che negli anni Cinquanta sono state trattate con iniezioni di progesterone (per prevenire un aborto spontaneo) dicono di essere state “maschiacci” da bambine; il progesterone non ha effetti diversi dal testosterone.
Anche le femmine affette da iperplasia surrenale congenita o sindrome adrenogenitale, sono dei maschiacci: le loro ghiandole surrenali, poste vicino ai reni, anziché produrre cortisolo, come dovrebbero, producono un ormone ad azione simile a quella del testosterone.
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http://www.riflessioni.it/forum/cultura-e-societa/12022-cose-veramente-il-maschilismo-10.html
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Sandro2(Quota) (Replica)
>>
la superiore forza fisica maschile non è invece un ostacolo al lavoro pesante per le donne visto che esistono macchine, servomeccanismi, leve ecc.
io sono dell’idea che una donna possa fare la tornitrice, la camionista o l’operaia e non esistono ostacoli di tipo attitudinale.
>>
A parte il fatto che le suddette macchine sono delle creazioni MASCHILI (mica femminili…), sappi che “l’ostacolo” è più che altro nelle loro menti…
Dì un po’, quante appartenenti alla “Razza Eletta” conosci che sarebbero disposte a fare la camionista, la tornitrice, la manovala, la muratrice, la carpentiera, etc? Io nemmeno una; e tu?
Sandro2(Quota) (Replica)
GB- Scozia: abolita la parola “papà”.
Follia. Puro delirio. Eppure è realtà.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Follia ..non ci sono altre cose da aggiungere
mauro recher(Quota) (Replica)
Wakarimasen, abbiamo discusso di questi temi qualche migliaio di volte, e non in senso metaforico.
Che dirti, vai a ritroso a rileggerti i vecchi commenti nell’ambito dei vari articoli e troverai altrettante risposte ai tuoi quesiti.
Francamente non ce la faccio a ripetermi ogni volta sugli stessi argomenti. Scusa ma le mie energie hanno un limite. Se qualcuno vuole rispondergli nel merito, faccia pure, naturalmente.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Wakarimasen
(strano poi per uno che si pone il problema dell’adesione a UB tutta questa indeterminatezza) ha proprio ragione Fabrizio, non è che può sempre tornare sugli stessi argomenti. E nemmeno a me, notoriamente pigro nello scrivere, va di farlo.
Ti lancio però una proposta. Iscriviti a Google+ (se non ci stai già), incontriamoci, formiamo un video-ritrovo e confrontiamoci face-to-face.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Fabrizio@GB- Scozia: abolita la parola “papà”.
Follia. Puro delirio. Eppure è realtà
Un divertente occhiello su Il Foglio ne delinea gli sviluppi sul piano religioso: ecco in versione gender la preghiera insegnata da Cristo, il Padre nostro:
“Partner nostro, che sei nei cieli…”
cesare(Quota) (Replica)
wakarimasen:
gli studi a cui mi riferisco sono quelli che sostengono che gli uomini abbiano maggiori capacità di orientamento spaziale mentre le donne maggiori capacità linguistiche oppure che le donne hanno un temperamento piu artistico e gli uomini piu scientifico
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Tutte fesserie, abbiamo una Margherita Hack astronoma, c’è stata una Giovanna D’Arco guerriera…Credo che vada bene se restino una minoranza, senza quote, ne va della qualità dei professionisti, anche se nella mia ASL sono in maggioranza donne.
Riguardo alle capacita linguistiche, le donne hanno sempre avuto più libertà di parola, di sfogarsi e raccontarsi le proprie debolezze, ed insultare l’uomo (malgrado pure loro siano state represse nel dire parolacce e in certi atteggiamenti considerati maschili, ma se nell’autobus capitano alcune adolescenti o alcune barbone o alcune zingare, quegli atteggiamenti violenti e volgari si possono notare come insiti anche nella donna), cosa che invece in nome della cavalleria, della forza, dell’onore e non so’ che altro, l’uomo non ha potuto sfogare le sue debolezze con il proprio e l’altro sesso e tanto meno criticare il femminile con discorsi che non vanno al di là di “Le donne sono tutte puttane” che in parte rafforza la visione della femmina porcona e vogliosa.
Mi sembra importante rompere il muro di omertà, anche qui ne va della qualità dei professionisti maschi, di cui quelli che che si contraddicono parlando di maggiore sensibilità ed intelligenza femminile mentre magari spiegano Dante Alighieri o Leopardi; poi escono le leggende sui grandi del passato che vogliono dimostrare che erano gay…Ed il mondo è sempre il solito casino…
Leonardo(Quota) (Replica)
Credo sarebbe meglio occuparsi di cose veramente gravi come l’abolizione del termine padre in Scozia. In Spagna è già accaduto qualche anno orsono, regnante il progressista Zapatero. Dal C.C. sono spariti non soltanto le parole padre e madre, ma anche marito e moglie. E ciò perchè qualsiasi accenno a una differenza sarebbe discriminatorio. Sta avanzando l’idea di una umanità indifferenziata, omologata, priva di qualsiasi identità. Dietro il pretesto della non discriminazione si negano anche le evidenze antropologiche. Col pretesto della libertà la si nega nei fatti. Perchè non illudiamoci che l’individuo privo di ogni legame con le sue tradizioni, con ogni memoria storica, l’individuo psicologicamente privato del suo corpo biologico che è maschile o femminile, sia davvero libero. In realtà è un non individuo che galleggia nell’aria, è più debole e manipolabile dai potentati economici del supercapitalismo finanziario astratto (nei principi ma non naturalmente negli effetti sulla vita delle persone reali). Esiste, appunto, una crescente astrazione concettuale che tutto invade e taglia i legami col mondo concreto e materiale. C’è un parallelo preciso fra la finanziarizzazione del capitale sempre più impalpabile e astratto (anche il denaro è sempre più virtuale, un puro segno), fra il taglio del legame fra capitale e produzione materiale di cose e oggetti, e la decorporizzazione dell’essere umano. Anche il corpo, come l’identità, viene costruito a tavolino, scegliendocela fra quelli in offerta come sugli scaffali di un supermercato.
E’ ciò che è stato definito il dominio reale del capitale che, una volta appropriatosi anche della riproduzione della vita, come accade, ha completato la sua presa totalitaria sull’individuo e quindi su tutta la società. Il femminismo non vuole accorgersene o se se ne accorge accondiscende credendo di ottenere vantaggi per le donne (indubbiamente veri all’apparenza ma catastrofici nella sostanza per la maggioranza di esse). Neanche gli uomini (a dx come a sx) se ne accorgono.
Non perdiamoci dietro agli Wakarimasen di giornata. Sull’argomento sollevato da costui c’è una sola cosa da dire, molto liberale. Ciascun individuo deve essere libero di ambire a qualsiasi lavoro. Per qualsiasi lavoro i parametri d’accesso e di valutazione devono essere identici per tutti.
armando
armando(Quota) (Replica)
Zapatero era un cretino, anche gli Spagnoli se ne sono accorti.
Col suo sorriso ha preso in giro i suoi concittadini e con il suo “illuminismo” ha largamente contribuito al dissesto del suo Paese.
Troppo preso nella sua opera di ingegneria sociale, si è perso nel decostruire la società di provenienza senza di fatto dare orientamenti per il futuro, preso da una psicosi decostruzionista…con una bella dose di femminismo…
Io che putroppo di ingegneria, di quella vera, qualcosa so, ho imparato che prima di mettere le mani su qualcosa che magari ha dei difetti ma tuttosommato funzionicchia, prima di intervenire devi avere una idea chiara di dove vai a parare e quali sono i rischi… Non serve essere ingegneri, basta avere un po’ di buon senso…se non hai questa attitudine, beh ..ti butti in politica.
Nel 2007 ero in Spagna, e con un mio collega Spagnolo (con parenti Italiani) parlavamo della bolla speculativa immobiliare spagnola. Un’economia che cresceva a debito su pura speculazione, col binomio mercato immobiliare pompato e credito allegro….il dissesto era alle porte e Zapatà si preoccupava di riscrivere le favole o “neutralizzare” il linguaggio…”smoke in the eyes”
fabriziaccio(Quota) (Replica)
PS. aggiungo che la retribuzione del lavoro dovrebbe tener conto delle competenze specifiche e della produttività individuale, ma anche della rischiosità del lavoro stesso e della fatica che implica. Per cui un carpentiere che rischia sulle impalcature e fatica assai non può valere meno di una segretaria in minigonna o di un impiegato generico.
armando
armando(Quota) (Replica)
Armando, basta lasciare fare al mercato….domanda ed offerta…più un lavoro è richiesto e minore è l’offerta di lavoratori…maggiore sarà la retribuzione.
Il tema della sicurezza poi è un tema molto delicato, perchè il rischio è insito nel lavoro, si può solo tentare di calmierarlo, nei limiti dell’economicità d’impresa…lo so è un discorso liberale, ma quando accetti le regole del mercato globale, te ne devi fare una ragione.
Piuttosto ci si dovrebbe domandare perchè la regola del mercato valga per alcune professioni e non per altre, e perchè alcune professioni con offerta eccessiva rispetto alla domanda non vedano calare le retribuzioni….
Purtroppo l’origine del classismo è proprio qui, il legare la retribuzione e lo status sociale, non a quello che fai ma a quello che sei, non al valore di mercato delle tue competenze ma ai titoli…e chi confonde titoli con le competenze è già passato nel terreno della logica conformista e classista…a buon intenditore…
fabriziaccio(Quota) (Replica)
Fabriziaccio, il tema è un po’ O.T. ma il mercato perfetto è un’utopia non meno della pianificazione sovietica perfetta. Il mercato lasciato a se stesso non tende alla concorrenza perfetta, ma all’oligopolio e al monopolio. E ciò proprio perchè, per fortuna o per sfortuna, l’economia non è mai l’unico parametro con cui l’uomo ragiona e agisce.
Faccio un esempio, proprio partendo da quello che scrivi sul mercato del lavoro. Al sud c’è una grande richiesta di manodopera per la raccolta di pomodori e altri ortaggi, lavoro certamente non qualificato ma molto faticoso. Stesso discorso vale per l’edilizia, con in più, oltre a una certa sapienza, una buona dose di rischio d’infortunio. Se fatica e rischio contano qualcosa, dovrebbero pur essere retribuite, ma non accade perchè l’offerta di manodopera (spesso straniera) è altissima e funziona da “esercito industriale di riserva”. In questi settori l’offerta di lavoro è in pratica interamente maschile per il “semplice ” motivo che gli uomini sono più resistenti alla fatica e più inclini al rischio. E quindi cresce il numero di “proletari” o “sottoproletari” (per usare desueti termini marxisti) maschi pagati secondo il mercato ma sottoretribuiti rispetto alla fatica e al rischio. Sul lato opposto anche i calciatori sono retribuiti secondo regole di mercato (anche il giro di soldi intorno alle TV e alla pubblicità è mercato), ma ciò non toglie nulla allo “scandalo” di certi guadagni. La questione è complicata e non ho ricette precise, ma è certo che il mercato non è il toccasana di tutto, e che occorre la politica (in senso alto) per dare regole e parametri che non siano solo economici. Le regole del mercato globale, poi, sono proprio quelle che ci stanno fottendo alla grande. Accettarle in quanto tali significa sottomettersi al dominio del capitale astratto, impersonale. Significa lasciare che ogni tradizione culturale, ogni memoria e ogni vestigia storica vengano annullate e che cresca il famigerato “uomo nuovo”, individuo privo di passato e privo d’identità, e per ciò assai più manipolabile- L’androgino l’individuo perfetto per il mercato globale mondializzato.
armando
armando(Quota) (Replica)
Armando, il tema è OT ma interessante.
Ognuno ovviamente ha la sua visione, ed io sono tendenzialmente liberale con una prospettiva sociale…
Quando mi riferisco alla regola del mercato, non mi riferisco alla logica del capitalismo, ma semplicemente alla regola base della domanda e dell’offerta; non è un’invenzione capitalista, e a volte viene demonizzata. E’ in realtà la regola su cui sono basate le transazioni da millenni, e che è l’unico incentivo reale alla competizione sana e uno, non il solo, degli elementi del progresso civile. Ovviamente un mercato senza paracaduti sociali, finisce in un meccanismo perverso e classista. Questo va da sè. E’ anche vero che non si può pensare ad un welfare che sia insostenibile e cioè danneggi i meccanismi produttivi che di fatto sostengono il welfare stesso, sarebbe suicida.
Io ritengo che il mercato debba regolare la vita sociale, e la società debba regolare il mercato, in un circolo virtuoso non vizioso.
Il motivo fondamentale per cui faccio riferimento alla logica di mercato non è tanto per un discorso economico, ma per un discorso di dignità del lavoro. Non è pensabile che un operaio sia considerato una persona di serie B rispetto ad un lavoratore di concetto, questa è l’Utopia di una società che pensa al lavoro manuale come ripiego, una logica classista che io rifiuto. Quindi dobbiamo iniziare a pensare che una laurea è un titolo ma non necessariamente una competenza, e tale titolo ha un valore in relazione alla “domanda”; viceversa le capactià operative e manuali di un operario possono essere una competenza, il cui valore può essere maggiore di un titolo laddove la domanda lo dimostri. Io ritengo che il lavoro nobiliti l’uomo (e la donna ovviamente) e bisogna rimettere il lavoro al centro della vita sociale, il lavoro non il titolo, il sacrificio non lo status, la fatica e non la scrivania, il rischio e non la rendita.
Per quanto riguarda le logiche globalizzate, io le “accetto” nel senso che le subisco. Ma quella è una scelta di campo, o stai dentro il WTO o ne stai fuori, è un discorso complesso…che penso diventerà sempre più concreto nei prossimi decenni.
fabriziaccio(Quota) (Replica)
Mamma shock: regali ai ragazzi per fare sesso con la figlia di 11 anni
PERUGIA – Cinque anni e quattro mesi. A tanto è stata condannata la madre che costringeva la figlia di undici anni ad avere rapporti sessuali con coetanei che la stessa donna adescava e ricompensava addirittura con piccoli regali.Lo ha deciso il giudice Carla Maria Giangamboni dopo un’ora di camera di consiglio e un rito abbreviato con cui le è stato concesso lo sconto di un terzo della pena. Il pubblico ministero Michele Adragna (che ha sostituito la collega Manuela Comodi, che ha fatto partire l’inchiesta) aveva chiesto 8 anni di reclusione.
«Entro sessanta giorni conosceremo le motivazioni della sentenza. Su questa base valuteremo l’opportunità di proporre appello», ha commentato l’avvocato Francesco Falcinelli, legale della donna insieme ai colleghi Anna Dean e Massimo Rossini.
Una condanna pesante che parte dai racconti dei ragazzi dopo gli incontri avuti con l’undicenne. «La madre spingeva la figlia a masturbarmi ma lei solitamente non voleva farlo e urlava, la convinceva dicendo che non era niente e che anche lei lo aveva fatto». Questa una delle frasi choc riportate dall’accusa contro la mamma (di Passignano sul Trasimeno) che «ringraziava» i giovani con ricariche di cellulari, lettori mp4, sim card e preservativi da usare con la figlia.
La ragazzina è stata affidata a uno zio paterno subito dopo l’inizio dell’indagine, svolta dagli agenti della squadra mobile arrivati nella casa della donna per un esposto anonimo sotto forma di dvd. Un dvd in cui si vedevano ragazzi affacciati dal balcone di quella casa mentre fumavano spinelli. Una casa, quindi, nota in tutto il paese, per il comportamento di questa madre che per la figlia sognava un futuro da velina: era per «gratificarla» e renderla popolare che le procurava i ragazzini compiacenti. Ragazzi pure di 17 anni con cui le ha fatto avere rapporti sessuali per oltre quattro mesi, anche tutti i giorni. Un gioco perverso che sembra venisse anche videoregistrato dalla stessa donna, che riprendeva quelle scene di sesso con la figlia dando pure dei consigli su come muoversi meglio. Un inferno per una ragazzina neanche adolescente che (comunque vada avanti la vicenda processuale) è finalmente finito.
Martedì 12 Giugno 2012 – 20:24
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Giugno – 20:35
Andrea(Quota) (Replica)
Fabriziaccio@Non è pensabile che un operaio sia considerato una persona di serie B rispetto ad un lavoratore di concetto, questa è l’Utopia di una società che pensa al lavoro manuale come ripiego, una logica classista che io rifiuto.
D’accordissimo, ma è il “mercato” che opera quella distinzione. Mercato in senso lato, direi meglio tutta una cultura profondamente antimaschile che ha svalutato il lavoro manuale a favore di quello “intellettuale” (metto le virgolette perchè poi bisognerebbe capire cosa è davvero il lavoro manuale e quello intellettuale). Da questo punto di vista non si tratta neanche di logica classista, ormai. Lo poteva essere un tempo, quando il lavoro intellettuale significava automaticamente elevamento del livello sociale. Oggi non è neanche più così, se non agli occhi ciechi, e un po’ stupidi, di chi crede di essere superiore perchè va al lavoro indossando camicia e cravatta o gonna anzichè una tuta. Ma il fatto è che tanti lavori manuali sono pressochè interamente sostituiti dalle macchine automatiche e una parte di quei posti di lavoro recuperati nei così detti servizi (ossia lavori improduttivi) e di vendita (la nuova ossessione dei tempi moderni). Accade così che i lavori tradizionalmente maschili entrano in crisi, ma poi entra in crisi tutta la società. Perchè con le chiacchere e colla finanza l’aumento reale della ricchezza è fittizio e riservato a pochi, E così esplodono le “bolle” in diversi settori. E più siamo finanziarizzati più le possibilità delle bolle sono frequenti. Credo che alla fine sarà un disastro, e allora, come sempre, gli uomini saranno chiamati a ricostruire partendo dalla base, dal lavoro vero.
armando
armando(Quota) (Replica)
Interessante. Da dedicarci pagine.
Non ho la memoria di Sandro2 (che è erede diretto di Pico della Mirandola, come si può vedere e come qualcuno ha notato) tuttavia ricordo con chiarezza che nel 1978 il leader dell’URSS L. Breznev tenne un discorso in cui lodò il lavoro manuale ormai negletto dalle nuove generazioni del (relativo e parziale ma non del tutto inesistente) benessere dell’URSS di quel tempo. Si trattò ovviamente di una predica edificante destinata a lasciare il tempo che trovava.
Però indicativa.
Molto.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
http://www.leggo.it/news/mondo/cava_gli_occhi_al_figlio_di_5_anni_con_un_cucchiaio_per_prevenire_i_terremoti/notizie/181149.shtml
Sabato 26 Maggio 2012 – 13:44
CITTA’ DEL MESSICO – Una donna messicana di 28 anni ha cavato gli occhi al figlioletto di cinque perché in questo modo avrebbe sconfitto il demonio e impedito un terribile terremoto. La mamma sacerdotessa, Marìa del Carmen Rìos Garcìa, aveva deciso – di comune accordo con la famiglia – di sacrificare il figlio Fernando e così, preso un cucchiaino, gli ha cavato gli occhi. Stando ai racconti dei vicini, quella dei Garcia era una famiglia “ossessionata dalla religione”, convinta che la fine del mondo è vicina e che “il diavolo si trova tra di noi”. Scoprendo il terribile gesto, la polizia ha sapto dai parenti che gli occhi del piccolo Fernando sono stati cavati perché il bimbo si era rifiutato di chiudere gli occhi durante il rito. Il bambino ora si trova sotto le cure dei medici mentre i due fratelli di Fernando, uno appena nato e un altro di nove anni, sono stati protati via dai servizi sociali.
Tiziano(Quota) (Replica)
http://www.giornalettismo.com/archives/286332/la-madre-che-uccide-il-figlio-a-bastonate-e-gli-da-fuoco/
Dalla Gran Bretagna arriva l’ennesimo caso di “raptus” casalingo. Anche se è troppo facile liquidare così una storia di quelle che ti prendono allo stomaco e ti fanno provare tanta rabbia.
LA STORIA – Yaseen era solo un bambino. Quel giorni si trovava in casa perché non aveva un orsetto, da portare in classe, per il “teddy bear’s picnic party”. Doveva essere solo una giornata speciale, e già per lui era partita male. Speciale lo è stata, ma non felice. Speciale e forse, di liberazione.
Perché sua madre, Sara Ege di anni 31, lo ha malmenato ferocemente per più di un anno. Non un solo giorno, non un solo raptus. L’unica differenza è che nel giorno degli orsetti, Yaseen si arreso, non ce l’ha fatta.
L’OMICIDIO – Quella mattina Yaseen si è arresa e ha perso la vita. La Ege non si è scomposta ma ha tentato solo di coprire le prove dell’omicidio dando fuoco all’abitazione. La Polizia ha effettuato le ricerche necessarie e subito è venuta alla luce la verità: “Yaseen è morto prima dell’incendio – ha dichiarato il Procuratore Ian Murphy – la donna ha tentato di coprire le prove e lo ha appiccato proprio in camera da letto, ossia vicino al luogo del ritrovamento del corpo”. Yaseen aveva gravi lesioni addominali, lesioni non accidentali e addirittura un braccio fratturato.
LE PROVE – La madre è stata subito arrestata e ha ammesso alla Polizia di essere stata violenta con suo figlio per più di un anno. “Ha detto che lo aveva picchiato con un bastone sulla schiena, come si fa con i cani” Quando le è stato chiesto di ricostruire quel folle giorno ha detto: “L’ho picchiato per un sacco di tempo, non riesco a ricordare”. Il marito Yousuf Ege, si è dichiarato non colpevole ma Murphy continua ad accusarlo di complicità: “Lui sapeva”.
Tiziano(Quota) (Replica)
Museo degli orrori…
Sembra proprio che l’altra metà del cielo non si faccia mancare nulla, esattamente come l’altra metà dellaTerra…
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/06/24/Usa-tiene-figlia-chiusa-armadio-escrementi_7087658.html
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Museo degli orrori…
Sembra proprio che l’altra metà del cielo non si faccia mancare nulla, esattamente come l’altra metà dellaTerra…(Fabrizio Marchi)
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Davvero, e forse sono anche peggio degli uomini visto che spesso sono vittime i bambini e sopratutto i loro stessi figli.
Si potrebbe stampare tutta questa pagina e farne un libro shock sugli orrori femminili…
Leonardo(Quota) (Replica)