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07 Mag 2012  |  738 Commenti

Un brusco risveglio ….

Per una volta una corretta informazione ci mette al corrente di una amara ma anche ovvia, a nostro parere, verità, e cioè che la violenza non è prerogativa di un solo genere, quello maschile, ma, ahinoi, di tutto il genere umano.

La realtà che emerge da questa inchiesta è che negli USA il 50% degli abusi, dei maltrattamenti e degli stupri sui minori (e molto probabilmente anche di più perché, come spiega la stessa Giovanna Botteri, è estremamente difficile per un bambino denunciare la propria madre e accettare di riconoscerla come sua aguzzina) sono commessi da donne e in particolari da madri.

Questo non è un servizio giornalistico come tanti, è una testimonianza concreta di qualcosa che fino ad ora era stato semplicemente sottaciuto, di una realtà che era stata occultata, e di un’altra che è stata raccontata in sua vece; quella secondo cui la violenza, e in particolare quella domestica e sui minori, è solo e sempre stata opera degli uomini e in particolare dei padri.

Ormai sappiamo che in  America, e possiamo ipotizzare in tutto il mondo occidentale di cui in genere gli USA sono i battistrada, non è così. E il fatto che tutto questo accada oggi, nel più grande paese del mondo occidentale, patria del femminismo, toglie ogni alibi.

E’ il crollo di un “mito”, di una verità assoluta e incontrovertibile, una vera e propria “caduta degli idoli”, perché questo è stato e ancora è per molti e soprattutto per molte: il mito dell’innocenza femminile, della incapacità e della impossibilità da parte delle donne non solo di praticare la violenza ma addirittura di concepirla. Una prerogativa che, secondo una lettura che non esitiamo a definire sessista e razzista,  apparterrebbe esclusivamente al genere maschile.

Naturalmente noi non facciamo certo i salti di gioia per questa “scoperta” e non ci sfiora neanche lontanamente l’idea, come è invece stato fatto nei confronti degli uomini, di criminalizzare un intero genere.

Non siamo dei manichei, né tanto meno degli integralisti, né ancor meno  dei difensori  a priori del genere. Al contrario, riteniamo questo atteggiamento, oltre che intriso di sessismo e razzismo, anche profondamente stupido.

Non pensiamo che ci sia sempre il bene da una parte e il male dall’altra così come non pensiamo che sia possibile andare “al di là del bene e del male”.

Crediamo  che la realtà sia sempre estremamente più complessa rispetto a come spesso tendiamo a vederla (o meglio, a come la vogliamo vedere) e che la ricerca e l’individuazione delle cause,  della origine dei problemi e delle responsabilità, sia un lavoro che richiede pazienza e fatica e che soprattutto deve essere animato da una profonda laicità e onestà intellettuale.

Assumere un punto di vista “parziale”, che è anche il nostro metodo, non significa sconfinare nella pretesa di avere in tasca la verità assoluta. Una cosa è essere convinti delle proprie idee e un’altra è trasformarle in una religione, in un teorema chiuso, impenetrabile e immodificabile.  Sappiamo che è impossibile arrivare a delle verità condivise, come probabilmente è giusto che sia, ma forse è possibile cercare di convivere nel riconoscimento e nel rispetto reciproco. Anche fra i generi .

Ci auguriamo che testimonianze concrete come questa possano offrire l’opportunità a molte e a molti di riflettere su convincimenti che si fondavano su opzioni ideologiche piuttosto che sulla effettiva realtà.

Fabrizio Marchi


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Silver 6:41 pm - 24th Agosto:

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Silver 8:32 pm - 24th Agosto:

http://violenza-donne.blogspot.com/2009/01/violenza-delle-donne-sulle-donne-il.html
Storie di donne: senza uomini e con tanta violenza
14 agosto 2010
Come dimostrano diversi studi internazionali il binomio uomo violento/donna vittima tra le mura domestiche è necessariamente da rivedere. Senza alcun fondamento scientifico si tende a considerare la violenza domestica come violenza dell’uomo verso la donna anche se sempre più ricerche dimostrano che la donna può essere altrettanto violenta dell’uomo. La violenza della donna in famiglia non si dirige solo verso l’uomo, ma anche verso i figli, (vedi articolo) verso gli anziani e verso le donne stesse.

Alcuni studi (vedi ad esempio il lavoro dell’autrice americana Claire Renzetti: Violent Betrayal – Partner Abuse in Lesbian Relashionships) riportano risultati che confermerebbero che i rapporti tra donne lesbiche sono quasi altrettanto violenti dei rapporti eterosessuali. L’autrice sostiene anche che circa il 30% delle lesbiche ha subito violenze sessuali da altre donne.
(vedi articolo in lingua inglese in fondo alla pagina per maggiori dettagli).

Sul tema della violenza delle donne sulle donne nei rapporti lesbici è uscito nel 2007 un Documentario dal titolo: Mi ha rubato la voce
Sul sito del documentario (al quale rimandiamo per maggiori notizie: http://www.rmdglobal.net/she-stole-my-voice) si legge:
“La società percepisce rispettivamente gli organi sessuali maschili come penetranti e distruttivi e quelli femminili come ricettivi e nutritivi. Nel giusto contesto, però, gli organi sessuali femminili possono essere altrettanto distruttivi”.
La violenza lesbica è un crimine così inconcepibile che le sue vittime incontrano ripetutamente la derisione e l’incredulità, sia dalla comunità che da parte di chi applica le leggi. A causa della prevalenza di tali risposte, gli aggressori possono colpire ripetutamente senza timore delle ripercussioni.

Sempre su questo tema pubblichiamo un estratto della monografia intitolata “The Silence Of The Screams: Female Violence In Intimate Relations” “Il silenzio delle urla: la violenza femminile nelle relazioni sentimentali” a cura dell’Associazione australiana per la Bigenitorialità.

LESBIAN PARTNER ABUSE

L’esistenza di attacchi donna-contro-uomo non è il solo aspetto sottaciuto riguardo alla capacità delle donne di esercitare violenze. Un altro aspetto della violenza femminile che gli specialisti sottostimano è la violenza nelle relazioni lesbiche.
Le vittima di violenze donne-contro-donne – una materia molto diffusa nella comunità lesbica è completamente ignorata – spesso sono viste come masochiste o pazze. Susan Morrow, uno degli autori dell’articolo del 1989 nel “Giornale di Consulenza Psicologica e Sviluppo” ha testimoniato di come una lesbica aggredita dalla sua partner è stata giudicata dalla terapista paranoica e borderline. Il fatto che la paziente fosse una vittima è stato completamente ignorato.
Morrow e la sua co-autrice, Donna Hawxhurst, hanno trovato che molti miti – secondo cui le donne sono meno aggressive degli uomini e perciò non picchiano, e che le donne sono incapaci di far molto male – hanno contribuito alla segretezza intorno alla materia delle violenze tra lesbiche. Suggeriscono che gli avvocati dei diritti delle donne rifiutano di riconoscere la violenza fra lesbiche perché ciò metterebbe a rischio l’analisi delle femministe che vedono il picchiare come una conseguenza del privilegio e potere maschili nella società.
Barbara Hart (1986), nella sua introduzione in un libro su lesbiche violente,riassume il caso delle vittime di lesbiche in relazioni intime scrivendo:
“E’ molto doloroso. Si ipoteca il nostro sogno di un’utopia lesbica. Contraddice la nostra convinzione sulla’insita non violenza delle donne…. e la scoperta di violenze da lesbiche…. può rafforzare l’arsenale di omofobie… eppure, se vogliamo liberare noi stesse, dobbiamo liberare le nostre sorelle.”
Come sopra annotato, secondo ognuno dei trenta studi condotti negli U.S.A. che hanno esaminato il comportamento di ambedue, uomini e donne, le donne commettono circa la metà delle violenze domestiche. Questa scoperta viene supportata dagli studi sulle relazioni lesbiche, che secondo la Professoressa Claire M. Renzetti, nel suo libro del 1992 “Tradimento Violento”, sono quasi così violente come le relazioni eterosessuali. Altre ricerche citate nel libro della Renzetti, ipotizzano che le relazioni lesbiche siano probabilmente più violente.
L’autrice scrive:
“Bologna, Waterman, and Dawson (1987) hanno scoperto un’alta incidenza di abusi nella loro indagine su un campione di 174 lesbiche autoselezionatesi. Circa il 26% delle interrogate, hanno dichiarato di essere state oggetto di almeno un’azione di violenza sessuale, il 59% erano state vittime di violenza fisica, l’81% aveva subito violenze verbali o emozionali. Allo stesso tempo il 68% delle interrogate hanno dichiarato di aver usato violenza contro l’attuale o più recente partner e che erano state a loro volta vittimizzate dalla partner.
Similarmente, in un’indagine su un campione non casuale di 1.099 lesbiche, Lie and Gentlewainer (1991) hanno trovato che il 52% delle interrogate erano state abusate da una donna amante o partner e che il 30% ammetteva di aver abusato di una amante o partner. Di quelle che erano state vittime di abusi, più della metà – 51% – hanno dichiarato che anche loro avevano commessi abusi verso le loro partners….. Gli abusi spaziavano dalle minacce e insulti verbali fino agli accoltellamenti e pistolettate. Veramente le abusanti mostravano una terrificante ingenuità nel selezionare la loro tattica di abuso: frequentemente sceglievano l’abuso più appropriato alla vulnerabilità della loro partner.”
A causa di problemi politici, non è stato semplice incamerare dati accurati, ma Martin Hiraga della “(U.S.) Commissione Nazionale Gay e Lesbiche”, ha dichiarato che tutta l’evidenza disponibile indica che (la violenza domestica fra lesbiche) si verifica né più né meno che nelle relazioni eterosessuali.
‘Anita’, una portavoce del “Centro Gestione Violenze Domestiche e Incesti” di Melbourne, ora impegnata in un programma per le vittime di violenza domestica fra lesbiche, ha dichiarato che il loro lavoro è grandemente complicato dal mito secondo cui le violenze contro le donne sono commesse esclusivamente da uomini. Ha anche espresso preoccupazione per la sottostima delle violenze non fisiche, viste come ‘problemi ordinari di relazione’: una relazione può essere straordinariamente abusiva senza che una partner violenta tocchi con un dito la sua partner. Questi tipi di abusi sono i più duri da fermare, perché difficili da spiegare.

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Silver 8:38 pm - 24th Agosto:

http://violenza-donne.blogspot.com/2008/01/references-examining-assaults-by-women.html
La candela sotto il vaso – 58 studi del 2009 sulla violenza di coppia
12 agosto 2010
http://es.wikipedia.org/wiki/Violencia_dom%C3%A9stica
Sezione in Wikipedia: Violenza domestica – Testo:
(…) In una raccolta pubblicata nel 2009, Javier Alverez Deca presenta i risultati di 230 studi empirici internazionali sulla violenza di coppia, realizzati nel corso degli ultimi 30 anni in 24 paesi. Tutti questi studi compiono il requisito essenziale di valutare il comportamento di entrambi i partner nella coppia eterosessuale. Secondo le conclusioni di tale pubblicazione, la violenza fisica è esercitata in proporzioni simili da uomini e donne, e spesso iniziata per primo dalle donne. Lo stesso autore ha prodotto una raccolta di 58 studi sulla violenza nella coppia, tutti pubblicati nel 2009, i cui risultati coincidono con la raccolta precedente. Pertanto, appare evidente la sfasatura creatasi tra le conclusioni della comunità scientifica, che riscontra la bidirezionalità della violenza nella coppia, e le politiche attuali, basate sul paradigma di genere.

JAVIER ALVAREZ DECA, studioso della violenza di genere ha pubblicato:
LA VIOLENCIA EN LA PAREJA: BIDIRECCIONAL Y SIMETRICA: ANALISIS COMPARATIVO DE 230 ESTUDIOS CIENTIFICOS INTERNACIONALES
(La violenza nella coppia: bidirezionale e simmetrica: analisi comparativo di 230 studi scientifici internazionali)

http://www.absurdistan.eu/luz_bajo_celemin_2009.pdf

Il titolo di questo lavoro – tra l’altro privo di qualsiasi connotazione religiosa – fa eco alle parole di Gesù: “Si prende forse la candela per metterla sotto il vaso o sotto il letto? Non la si prende invece per metterla sul candeliere? Poiché non vi è nulla che sia nascosto se non per essere manifestato; e nulla è stato tenuto segreto, se non per essere messo in luce. Se uno ha orecchi per udire oda» (Marco 4:21-23).
Non si poteva trovare un titolo migliore di questo per riassumere lo stato attuale degli studi scientifici sulla violenza di coppia.
La prima grande indagine sulla violenza domestica, condotta da Straus, Gelles e Steinmetz nel 1975 negli Stati Uniti, diede già allora dei risultati inattesi e del tutto incoerenti con la tesi dell’ideologia trionfante, e dimostrò che tanto gli uomini quanto le donne esercitavano violenza sul partner in proporzioni simili. Da allora, centinaia di studi scientifici, basati su campioni compositi di uomini e donne, rappresentativi della popolazione, hanno confermato questa conclusione in maniera inconfutabile.
Inoltre, sono sempre più studi ad indagare sulla violenza offensiva o difensiva nella relazione di coppia. La conclusione quasi unanime di questi studi è che la donna è l’iniziatrice principale dell’aggressione fisica nella coppia, smentendo il mito radicato del carattere puramente difensivo della violenza femminile. [1]
Tuttavia, chi conosce questi studi? Come vengono pubblicizzati dai media e dalla politica? Senza dubbio hanno richiesto sforzo, conoscenze e risorse; e sono stati fatti, con risultati coincidenti, in molti paesi. Insieme rappresentano una vera e propria mappa del mondo della violenza domestica. Ma il loro riconoscimento sociale e politico è molto lontano dai loro meriti e dalle loro utilità potenziali. La loro diffusione si limita principalmente agli ambienti specializzati e raramente attraversa la barriera, apparentemente insormontabile, della correttezza politica ed del tornaconto elettorale. Questi studi obiettivi ed imparziali sono la luce che dovrebbe essere sul candelabro come riferimento per la formulazione di politiche e l’adozione di leggi sulla violenza domestica. Tuttavia, nel corso dei decenni, sono stati relegati nell’ultimo piano, nel dimenticatoio. Essi sono la lampada che, assurdamente o per interesse, è messa sotto il vaso.
Questo elaborato raccoglie i risultati di 58 studi sulla violenza di coppia pubblicati nel 2009. Anche se confinata in un lasso di tempo molto limitato, la raccolta non ha la pretesa di essere esaustiva. Un’ulteriore ricerca nelle principali banche-dati utilizzate, [2] o da altre fonti, permetterebbe, quasi certamente, di trovare molti altri studi pubblicati nello stesso anno e con risultati analoghi. Gli studi sono stati selezionati sulla base di un unico criterio: che tengano conto del comportamento di entrambi i partner, maschio e femmina.
In questa raccolta, i tassi simili di violenza di entrambi i partner sono il risultato predominante (31 studi); il secondo risultato più frequente è il più elevato tasso di violenza femminile (22 studi); e solo cinque di questi studi divergono da questi dati e mostrano livelli di violenza maschile più elevati: il n° 40 (realizzato su un campione di coppie in terapia per problemi psicologici del maschio), il n° 48 (applicato ad un campione iraniano) e i nn. 26, 56, e 57 (che valutano la violenza esercitata o subita nel corso della vita degli intervistati). Questi ultimi tre studi riproducono il modello di quasi tutti gli studi che coprono un lungo periodo di tempo o la vita intera dei partecipanti. In questi casi, i livelli di vittimizzazione riportati dalle donne sono spesso superiori a quelli riportati dagli uomini, in contraddizione con gli studi più ravvicinati e meglio collocati nel tempo, e relativi a periodi più brevi e facili da ricordare. Dato che entrambi i risultati non possono essere veri, è logico dedurre che i risultati di studi di periodi più distanti e lunghi nel tempo sono meno affidabili e più condizionati dall’ideologia e dal clima sociale prevalente.
Inoltre, in nove studi (i nn. 3, 5, 13, 17, 23, 24, 40, 48 e 50) si prendono in esame gli aspetti dell’unilateralità e dell’avvio dell’aggressione. Il risultato più frequente è il simile tasso di aggressioni non reciproche o unilaterali in uomini e donne (quattro studi); il secondo risultato più frequente è il tasso più elevato di violenza unilaterale femminile (tre studi); e, infine, la violenza unilaterale maschile prevale nei due studi sopraccitati con un campione di uomini con problemi psicologici (n° 40) e il campione iraniano (n° 48).

Le conclusioni generali ottenute dopo la consultazione dei 58 studi qui presentati non differiscono da quelle esposte nella ricerca “La violenza di coppia: bidirezionale e simmetrica”, dove sono stati raccolti i risultati di 230 studi pubblicati prima del 2009. A questa ricerca, quindi rimando il lettore.

[1] Nel libro “La violencia en la pareja: bidireccional y simétrica” (J. Alvarez-Deca, Ed. AEMA, 2009) sono raccolti i risultati di 230 studi sulla violenza di coppia. 51 studi affrontano la questione dell’avvio della violenza, e le loro conclusioni sono le seguenti: 39 studi riscontrano tassi più elevati di violenza fisica non reciproca o iniziata da aggressione fisica femminile; 5 studi, tre di loro basati su campioni di coppie sottoposti a terapia coniugale, riscontrano più elevati tassi di violenza fisica non reciproca o iniziata da aggressione fisica maschile; e i 7 studi mancanti riscontrano tassi simile in entrambi i sessi.

[2] Le principali banche-dati o editoriali consultate sono state British Library, APA Databases, Sage Journals, ScienceDirect, Blackwell Publishing, Citeulike, Wiley Interscience, Cat.Inist, PubMed e Scielo.

Traduz. per CDVD a cura di Santiago G.

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Silver 12:40 pm - 25th Agosto:

http://violenza-donne.blogspot.com/2010/06/le-madri-che-uccidono.html
Le madri che uccidono
13 giugno 2010
di Marco Cannavicci – psichiatra, criminologo

a cura del CEPIC – Centro Europeo di Psicologia, Investigazione e Criminologia – diretto dalla Dr.ssa Chiara Camerani

La condizione di “essere madre” comporta sempre un forte investimento affettivo, come non accade per alcuna altra condizione psicologica, per cui la madre è capace di un grande, grandissimo amore, che può arrivare fino a comprendere il sacrificio. Tuttavia la stessa condizione di “essere madre” potrebbe arrivare a generare anche un grande e violentissimo odio, per cui una madre può arrivare perfino ad uccidere il proprio figlio. “Essere madre” in ogni caso non protegge la donna dalla possibilità di far male al proprio bambino e questo viene confermato da numerose statistiche pubblicate sia negli Stati Uniti (secondo dati resi disponibili dall’FBI) che in Inghilterra. Secondo le statistiche criminologiche elaborate dall’FBI solo in due situazioni delittuose le donne commettono crimini in maniera prevalente rispetto all’uomo: nel taccheggio e nel figlicidio.
Mentre in Italia si discuteva del caso di Cogne e del piccolo Samuele, negli Stati Uniti l’opinione pubblica era presa dal caso di Andrea Yates, una donna di 37 anni che aveva affogato, uno dopo l’altro, i suoi cinque figli. La motivazione delirante che la Yates aveva offerto al processo era che “volevo salvare i miei figli dai raggi viola degli extraterrestri”. Le è stata diagnosticata una schizofrenia che molto probabilmente le permetterà di evitare la pena di morte, in quanto la donna è chiaramente inferma di mente.
Da molto tempo negli Stati Uniti il fenomeno delle madri che uccidono sta occupando le pagine della cronaca ed è stato quindi molto studiato dagli investigatori. In occasione dei vari processi gli psicologi forensi hanno molto scavato nel passato di queste donne, cercando di comprendere la motivazione interiore di questi gesti estremi. Alcuni studi effettuati dagli esperti dell’FBI sono arrivati alla conclusione che le madri che arrivano ad uccidere i propri figli sono state a loro volta “violate nel corpo e nell’anima” sia da piccole che da adolescenti. Queste donne non ricordano né i fatti violenti che hanno subito né i violentatori. Pur avendo rimosso dalla memoria questi tragici eventi, tuttavia arrivano a ripeterne inconsapevolmente le gesta. Si è osservato inoltre che se quando erano piccole nessuno ascoltava il loro pianto, loro troveranno intollerabile ed insostenibile il pianto del figlio, in quanto rievoca una loro antica e profonda angoscia. Sotto stress ed in occasione di forti emozioni queste donne manifestano un forte bisogno di qualcuno vicino che le faccia uscire dall’isolamento e che prevenga i possibili violenti gesti impulsivi.
Indipendentemente dalla natura degli eventi passati, queste madri arrivano ad uccidere i loro figli in base a sei tipi diverse di cause scatenanti:
1. la schizofrenia paranoidea – è una patologia psichiatrica che si manifesta nelle donne in un’età compresa tra i 25 ed i 35 anni (fascia d’età in cui una donna è alle prese con dei bambini piccoli), con delirio, allucinazioni e disturbi del comportamento (facile aggressività e violenza);
2. la depressione post-partum – è una depressione che si manifesta nel 10-15% delle puerpere, nelle prime quattro settimane dopo il parto, con i sintomi tipici della grave depressione maggiore e con deliri ed allucinazioni dai contenuti aggressivi ed accusatori contro di sé e contro il bambino;
3. i disturbi dissociativi – fra questi rientrano ad esempio l’amnesia dissociativa, per cui queste mamme si ritrovano ad effettuare sul bambino atti violenti che esse hanno subito senza ricordarli; oppure si tratta di uno stato di profonda dissociazione dell’identità, come avviene classicamente in una personalità multipla;
4. la sindrome di Munchausen per procura – questa sindrome è considerata un disturbo “fittizio” in cui i sintomi sono creati dalla mente della persona per ottenere dagli altri attenzione e considerazione; la forma per procura riguarda il commettere, di nascosto, atti lesivi sul figlio per poterlo poi accudire e curare, acquisendo il ruolo prestigioso della salvatrice del bambino (molte malattie inspiegabili di bambini sono state comprese in ospedale ponendo delle telecamere nascoste, puntate sul letto del bambino, che hanno mostrato madri che avvelenavano, ferivano e maltrattavano i figli);
5. l’omicidio compassionevole – viene generalmente effettuato nei confronti di figli gravemente e cronicamente ammalati e di cui non si accetta né si sopporta la malattia; l’omicidio ha lo scopo di porre fine alla propria sofferenza ed a quella del figlio e spesso si accompagna al suicidio o alla immediata confessione del delitto;
6. il raptus omicida – avviene in genere per sfogo di rabbia, dopo accumulo cronico di frustrazione con liberazione improvvisa ed inaspettata di marcata aggressività; in questo caso si ha una perdita completa del controllo razionale sulle incontenibile ed esplosive pulsioni aggressive.
Dietro queste situazioni si trova spesso un conflitto lacerante tra il dentro ed il fuori della personalità della madre: una esteriorità perfetta, come immagine pubblica, ed una interiorità malata, nel proprio privato domestico ed affettivo.

Cause per cui una madre uccide il proprio figlio:

1. schizofrenia paranoidea
2. depressione post-partum
3. disturbi dissociativi
4. sindrome di Munchausen per procura
5. omicidio compassionevole
6. raptus omicida

Psicologicamente il legame materno è un legame ambivalente molto forte nelle due polarità estreme: una madre può amare e prendersi cura del bambino (come una fatina buona) oppure può odiarlo fino ad ucciderlo (come una strega cattiva). Su questa ambivalenza sono state costruite quasi tutte le fiabe per l’infanzia in cui ad una persona malvagia si contrappone sempre una vincente e rassicurante persona buona e protettiva. Il figlicidio è un delitto ricorrente nella storia, nei drammi teatrali (come in Medea), nella letteratura e nel tessuto popolare (a Milano c’è il detto per cui una madre del figlio può dire “mi l’ho fà, mi el disfi”).
In tutti noi la notizia di un figlicidio ha una forte risonanza emotiva. Arriva a scuotere la coscienza in ogni persona, in quanto o è un genitore oppure è un figlio. Il pensiero di un genitore che uccide il proprio figlio rievoca fantasie, sogni e paure che tutti abbiamo vissuto in un momento molto delicato della nostra crescita psicologica e che viene definito come “crisi edipica”. Nella fase edipica, intorno ai 4 – 5 anni di età, si vive un forte conflitto tra il figlio ed un genitore e questo conflitto si accompagna con fantasie di morte in grado di provocare forti vissuti di angoscia, di colpa e di odio. Sono sentimenti molto potenti che non verranno più scacciati dalla mente e che riaffioreranno per tutta la vita dietro ogni stimolo, situazione o notizia in grado di ricordare o richiamare qualcuno degli elementi caratteristici di questa fase.
Il conflitto tra la madre ed il figlio che evolve nell’uccisione del figlio può riguardare tre tipi di situazioni, così come vengono riportate dalla cronaca:

a – la madre uccide il figlio e si uccide
b – la madre uccide il figlio e confessa
c – la madre uccide il figlio e dimentica

Gli episodi di omicidio-suicidio e quelli in cui il genitore viene subito dopo colpito dal rimorso e si costituisce alla polizia, sono delle situazioni subito chiare ed evidenti agli investigatori e che non rappresentano alcuna difficoltà interpretativa e valutativa.
Molto più difficile e complesso è il caso in cui la madre uccide e dimentica. Nella situazione in cui uccide e dimentica si ha che il delitto, in genere per raptus omicida, non viene accettato dalla coscienza e quindi viene immediatamente rimosso dalla parte consapevole della mente. La madre nega, con convinzione, anche a se stessa e di fronte anche ad ogni forma di evidenza. Se ricordasse il proprio delitto, la coscienza la spingerebbe al suicidio.
Spesso questo accade nella forma di uccidere per raptus ed il dimenticare viene facilitato dallo stato di forte emotività, di cieca violenza, in cui viene commesso il delitto. Dietro questo tipo di delitto si ha un accumulo nel tempo di insofferenza verso il bambino, di rifiuto della sua gestione, di sentimenti ostili contro quello che è e che fa, e con una marcata rabbia repressa dentro di sé. Alla fine, quando il gesto viene compiuto, non c’è un movente adeguato che possa spiegarlo e giustificarlo. E’ la classica goccia che fa traboccare il vaso, come ad esempio il pianto ininterrotto o immotivato del bambino, la pipì addosso, la minestra sputata, … già riempito da settimane, mesi o anni di repressione emotiva. In quel momento, quello dello sfogo liberatorio, il bambino viene sentito non come un figlio, ma come lo stimolo di una minaccia e di una persecuzione non ulteriormente sopportabile.
Le mamme che uccidono e dimenticano sono donne che idealizzano molto se stesse, il loro figlio ed il loro legame. Si presentano come mamme perfette di un figlio perfetto e con un legame perfetto. La ricerca di perfezione nasconde sempre una marcata intolleranza del diverso e dell’imperfetto. Negano ogni forma di sentimento negativo od ostile e giocano alla apparente madre perfetta, tuttavia solo interpretando, senza sentirlo, il ruolo di madre comprensiva, amorevole e tollerante. Spesso si crea un circolo vizioso con la madre che esteriormente è perfetta agli occhi di tutti, ma che dentro di sé rifiuta psicologicamente il bambino. Ed il bambino, che sente ed intuisce in qualche modo il rifiuto e l’ostilità della madre, ci sta male e mette in atto proprio quei comportamenti di pianto, di ribellione e di rifiuto del cibo che non fanno altro che amplificare il rifiuto della madre fino al gesto estremo dell’omicidio del piccolo.
Si rompe così, traumaticamente, quella simbiosi che fin dai primi giorni lega la madre ed il bambino, facendolo sentire non come un qualcosa di autonomo, bensì come una parte di sé (su cui la madre può fare e disfare a proprio piacimento). La simbiosi madre-figlio, necessaria nelle prime fasi di vita del bambino, deve risolversi spontaneamente e gradualmente. Quando il piccolo, crescendo e differenziandosi, viene percepito dalla madre come “altro da sé” e quindi come un essere autonomo, differente da lei, possiamo considerarlo fuori pericolo. Una “madre normale” non è mai soddisfatta del proprio figlio, sa riferire sempre molti motivi per cui si ritrova ad avercela contro il piccolo, tuttavia sceglie di accettare la diversità del figlio e di non fargliela pagare.

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Silver 12:44 pm - 25th Agosto:

http://violenza-donne.blogspot.com/2010/02/orbassano-assolto-il-padre-denunciato.html
Orbassano – Assolto il padre denunciato dall’ex moglie per pedofilia
24 febbraio 2010
http://www.ecodelchisone.it/articoli/articolo.asp?ID=30191

Assolto perché il fatto non sussiste. È finita così, nel pomeriggio di lunedì 22 febbraio, la vicenda giudiziaria di un quarantenne orbassanese denunciato dall’ex-moglie per molestie sessuali ai danni del figlio. Seconda udienza in rito abbreviato, davanti al giudice di Pinerolo Alberto Giannone.
Assolto. Processo concluso. Ma tanti, pesanti, strascichi ancora aperti. Perché se pure il giudice sentenzia che non hai abusato di tuo figlio, l’ombra di un’accusa tanto infamante resta. Te la porti appresso. Se la portano appresso i tuoi famigliari, gli amici. In fondo in fondo, negli angoli più appartati delle loro menti rimarrà il dubbio. E nei ricordi di quel bimbo rimarranno i volti e le domande dei consulenti, dei giudici, della Polizia giudiziaria. Di tutta quella pletora di figure che ruotano intorno ad ogni caso di abuso. Vero o presunto che sia.
Avrai un bel dire che quella storia se l’era inventata la tua ex-moglie e che a tuo figlio non hai mai rivolto carezze indecenti. Intanto restano quei due anni e quattro mesi lontano dal ragazzino. Un padre cui il Tribunale dei minori ha tolto la patria potestà. Fin dall’ottobre 2007, quando l’ex-moglie sporge denuncia. Molestie. Gliele aveva confidate il suo bimbo, racconta la donna, a giugno di quell’anno. Perché non rivolgersi subito agli inquirenti? Se lo è chiesto, evidentemente, anche il giudice. Un lasso di tempo “sospetto”, tanto più che a settembre alla donna vengono liquidati 50mila euro per la separazione. Una causa di divorzio ancora in corso, nell’ambito della quale è stato chiesto un risarcimento danni da 100mila euro.
Intanto per Mario (nome di fantasia, come si usa dire) il processo penale si è risolto con una vittoria. In carcere non era mai finito, si era sempre dichiarato innocente e «tale è», si limita a dire il suo difensore, l’avvocato torinese Pierfranco Bertolino. Un «povero padre tirato per i capelli», in una vertigine di rancori pesantissimi, tradimenti più o meno fondati, sostanziose rivendicazioni economiche.
Separazioni altamente conflittuali. Come ce ne sono mille. Con denunce usate come bombe, in guerre senza esclusione di colpi, in cui piovono sospetti e frecce avvelenate. Sul campo ci restano tutti. Ma soprattutto i più piccoli, trasformati in strumenti di vendetta.
Non sarà di sollievo a Mario sapere che, come scrive il criminologo milanese Luca Steffenoni in “Presunto colpevole”, «nella classifica degli abusatori di minori si collocano, con un sorprendente 80 per cento, i padri separati denunciati dall’ex-moglie in concomitanza o immediatamente dopo la richiesta di divorzio».
Mario, insomma, è in “buona” compagnia, ma ora ha altro a cui pensare. Dovrà, sempreché il Tribunale dei minori revochi il suo provvedimento, provare a ricostruire il rapporto con quel figlio che gli è stato tolto. Un “buco” di quasi due anni e mezzo. Lungo, lunghissimo. Per fortuna il ragazzino non ha perso allegria e buon umore. Va bene a scuola e non manifesta tensioni. Sarà anche per quello che Giannone non ha ritenuto credibile il racconto della mamma. «Non commento – fa sapere Mauro Anetrini, legale di parte civile -. Non commento mai le sentenze: aspettiamo le motivazioni (il giudice si è riservato 60 giorni, ndr) per proporre eventuale appello».

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Luke Cage 8:48 pm - 30th Agosto:

Francia,donna stuprata da 5 ragazze
L’aggressione per una rivalità amorosa

http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo489657.shtml

Cinque ragazze, quattro delle quali minorenni, sono state incriminate in Francia per lo stupro di una donna di 29 anni. E’ successo nella città di Saint-Quentin, nella regione della Piccardia. Le cinque hanno organizzato una vera e propria spedizione punitiva contro la vittima, colpevole di aver “rubato” il fidanzato a una delle ragazze. Le sevizie sono continuate per molte ore, poi la violenza sessuale con un oggetto.
Francia,donna stuprata da 5 ragazze

Tutto ha avuto inizio per una rivalità amorosa. La più anziana del gruppetto, 27 anni, rimproverava alla vittima di averle soffiato il fidanzato. Per questo, nella notte tra il 19 e il 20 agosto, ha convinto le compagne a seguirla in una spedizione punitiva contro l’abitazione della ventinovenne, che è stata aggredita e seviziata per diverse ore, e poi stuprata con un oggetto, mentre la casa era sottoposta a un “vero e proprio saccheggio”.

Il solo a essere risparmiato è stato il figlio della vittima, di appena due anni, che si trovava nell’appartamento al momento dei fatti. La 27enne è stata messa in detenzione provvisoria, insieme con una ragazza di 16 anni, in attesa del processo. Le altre tre – dai 14 ai 17 anni – sono state messe sotto controllo giudiziario, due in un centro educativo. Sono accusate di stupro collettivo, furto e violenza aggravata

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Alessandro 8:51 am - 1st Settembre:

Purtroppo questa è la sorte che tocca a non pochi cuccioli, ma vedere queste immagini provoca comunque un profondo disgusto. E’ incredibile quanta violenza si esprima ogni giorno nei confronti di altri esseri viventi a cui dobbiamo, come specie umana, spesso tantissimo. Davvero c’è ancora tanta strada da fare. Mi chiedo perchè non si faccia abbastanza nelle scuole per sviluppare già nei più giovani il rispetto per gli altri esseri viventi. Meglio, a quanto pare, dar spazio ai fastidi di qualche donna alfa di fronte al piccolo schermo spacciandoli per problemi collettivi.

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Fabrizio Marchi 9:35 am - 1st Settembre:

A proposito di violenza (stimolato dal video postato da Rita), ieri una delle prime notizie “sparate” sul TG1 delle 20 era, giustamente, quella dell’uomo, un marocchino, che ha gettato dell’acido in faccia ad una ragazza (che lo aveva “respinto”), anche lei marocchina, che ora rischia di perdere un occhio. Una “usanza” allucinante questa dell’”acidificazione”, come viene chiamata, che purtroppo ho avuto modo di constatare di persona quando un gruppo di ragazze pakistane vittime di questa barbara forma di violenza vennero a Roma invitate dal Presidente della Provincia di Roma (lavoravo come addetto stampa del Consiglio Provinciale) . Rimasi molto turbato nel vedere queste donne con il volto sfigurato che giravano il mondo, sostenute da un’associazione umanitaria, per denunciare questa tragedia e anche per cercare fondi per aiutare queste donne a ricostruire, in qualche modo, i loro volti in alcuni casi orribilmente deturpati, grazie a degli interventi chirurgici. Quella volta svolsi il mio lavoro di comunicazione con particolare dedizione e convinzione.
Nello stesso TG1 di ieri, ma solo dopo un quarto d’ora da questo servizio, verso la fine insomma, ne hanno mandato in onda un altro relativo ad una badante rumena che aveva sequestrato nella sua casa (di lui), con la complicità del suo fidanzato, un povero pensionato ottantenne, torturandolo e vessandolo per giorni per obbligarlo ad intestargli la casa di sua proprietà. Era da mesi che gli sottraevano con la forza anche la pensione e lui non era in grado di ribellarsi, sottoposto a continue minacce e vessazioni. Il pover’uomo ha rischiato di morire; ieri è stato intervistato dal Tg mentre nel suo letto nell’ ospedale dove è stato ricoverato raccontava, piangendo e visibilmente scosso, la sua terribile esperienza. Non ricordo come gli inquirenti sono riusciti a scoprire la vicenda e a liberare l’uomo.
E’ accertato che era la donna la regista oltre che l’esecutrice, insieme al fidanzato, dell’”operazione”.
Si tratta di due fatti di cronaca entrambi molto gravi. Non possono sfuggire però alcuni aspetti. Il primo, quello relativo al giovane marocchino è stato mandato in onda molto prima, quindi come una delle notizie più importanti e quando l’audience è molto più elevata. Il servizio era forse anche un po’ più lungo dell’altro ed è stato immediatamente fatto seguire da un’intervista a non mi ricordo chi, comunque uno “specialista” di qualcosa, che ha cominciato a parlare di “oggettivizzazione del corpo delle donne, concepite come mero oggetto, spersonalizzate, e quindi ecc. ecc. ecc….”. Il secondo invece, come abbiamo detto, è stato mandato in onda negli ultimi dieci minuti del TG, e comprendeva l’intervista al povero vecchio senza commenti da parte di “specialisti” o affini.
Non voglio certo speculare su fatti di cronaca drammatici come questi due e spero che i colpevoli in entrambi i casi abbiano la punizione che meritano, cioè un bel po’ (e spero un bel po’) di anni di galera senza se e senza ma e soprattutto senza sconti. E chi lo afferma non è certo un forcaiolo né un giustizialista ma semplicemente uno che crede nell’etica della responsabilità ed è giusto pagare per i crimini commessi.
Però, mi viene spontaneamente da pensare ad alcune cose. Intanto i due servizi, entrambi di cronaca, avrebbero dovuto essere mandati in onda in successione, uno dopo l’altro. Non vedo perché mandare in onda il secondo dopo un quarto d’ora. La seconda cosa è il commento dello “specialista” che spiega che “il corpo della donna è stato reso oggetto e quindi in quanto tale è normale che si arrivi a concepire un simile atto di brutalità, perché un oggetto è come una cosa che si possiede come qualsiasi altra e quindi gli si può fare a piacimento tutto quello che si vuole…ecc. ecc.”.
Mi domando. E il corpo degli uomini che subiscono violenza che cos’è? Come si spiega la violenza sugli uomini e sui loro corpi? Il corpo delle donne subisce violenza perché oggettivizzato. Bene. E il corpo degli uomini invece? Non abbiamo spiegazioni? Vale forse meno il corpo degli uomini rispetto a quelle delle donne? Non forniamo spiegazioni? Eppure ci saranno… Oppure siamo di fronte al tipico caso dei due pesi e due misure?
Fabrizio

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armando 11:31 am - 1st Settembre:

Su come i giornali riportano le notizie sulle violenze ed altro, mi permetto due autocitazioni. La prima in:

http://www.maschiselvatici.it/index.php?option=com_content&view=article&id=336:-uomini-e-giornali-una-piccola-ricerca-sul-campo&catid=33:uomini-e-giornali&Itemid=37

La seconda, di cui riporto lo stralcio che segue, è contenuta in http://www.maschiselvatici.it/index.php?option=com_content&view=article&id=363:-i-maschi-lultima-porta-in-fondo-a-sinistra&catid=34:la-condizione-maschile&Itemid=37
Si tratta di un lavoro più ampio, dedicato al tema Sinistra e Qm in generale, ma che però non risparmia affatto la dx, nè il modo con cui presenta il problema.
armando

“In generale si può dire le tecniche di rappresentazione del maschile sulla stampa di sinistra e progressista possono essere raggruppate in cinque categorie.

a) L’attribuzione esplicita agli uomini di caratteri intrinsecamente negativi. I maschi sono per natura violenti, aggressivi, prepotenti, vigliacchi. Valga come esempio per tutti la prima pagina di Liberazione del 24 novembre 2004 in cui, sotto una foto a pagina intera campeggiava il titolo “Maschio assassino”. L’articolo è stato meglio analizzato sul sito (1). Basti qui ricordare che lo scopo non è quello di analizzare criticamente ma con rigore, equilibrio e amore per la verità il drammatico fenomeno della violenza sessuale, ma di mettere sotto accusa l’intero genere maschile.

b) L’attribuzione degli stessi caratteri di cui sopra, ma questa volta in modo implicito, senza parlare direttamente degli uomini, quanto piuttosto delle donne, a cui sono riconosciuti una serie di meriti e caratteristiche assenti nei maschi, che quindi risultano portatori di quelle contrarie. Ne è esempio un pezzo dell’allora direttore de L’Unità, Furio Colombo, in occasione dei festeggiamenti per l’ultimo scudetto della Roma (2).

c) La rappresentazione del maschio come biologicamente inferiore. Meno intelligente, col cervello che funziona rozzamente, psichicamente fragile e via discorrendo (3) . Qui siamo al razzismo vero e proprio, che tocca il culmine quando Sylvie Coyaude (4) fa un confronto fra il genere maschile e le scimmie bonono, tutto a favore di queste.

d) L’omissione, che nasconde i fatti che non rientrano nello schema del maschio privilegiato e oppressore. Si preferisce allora glissare. Difficile, infatti, sostenere che il genere che presenta un tasso di suicidi triplo rispetto all’altro, che muore o si infortuna sul lavoro in numero almeno quadruplo, che muore di più per morte violenta, i cui esponenti costituiscono la stragrande maggioranza degli homeless (i barboni che vagano per le città), che mediamente campa 5/7 anni in meno, goda di tutti i privilegi che gli si attribuiscono e che il suo scopo supremo sia l’oppressione delle donne. Ed infatti, se si presta attenzione ai titoli dei giornali su questi temi, sono sempre neutri e spesso anche i contenuti degli articoli omettono di rilevare questi particolari, quando non distorcono la verità (5). In questa specifica categoria si può ricomprendere la tecnica di riservare diverso trattamento a fatti identici ma i cui attori sono di sesso diverso (6). Se questo accade per i fenomeni sociali, la stessa cosa si può dire per le vicende individuali. Le cronache ci raccontano spesso di uomini che sacrificano la loro vita per salvare donne e bambini. Normale, certo, perché il dono è parte costitutiva dell’identità maschile, ma mal si concilia con il luogo comune della loro vigliaccheria. Allora si sceglie di glissare sul sesso del salvatore, tanto meno si chiama in causa lo psicanalista di turno a spiegarci le cause recondite, come puntualmente si fa in occasione di episodi negativi. Esemplare a questo proposito il caso Calipari/Sgrena. Ed ancora, a proposito di omissioni questa volta al contrario, il tenere celate notizie che potrebbero smentire la rappresentazione del genere femminile come vittima designata degli uomini. (7)

e) Il sarcasmo e la sottovalutazione dei racconti maschili. I maschi non devono essere presi sul serio quando raccontano qualcosa che potrebbe incrinare l’assunto ideologico di partenza. Né le sofferenze dei padri separati (8) , né vicende raccontate in diretta. Quando a Porta a Porta l’ex ministro Castelli raccontò di un tentativo femminile di usargli violenza, fu deriso e accolto con sorrisi di scherno o di sufficienza da parte di tutti i presenti, uomini e donne di ogni parte politica, con la lodevole eccezione della diessina Anna Serafini.

Per concludere questa parte dedicata alla rappresentazione del maschile da parte della stampa di sinistra, riporto una citazione da L’Unità del 12 febbraio 2004 : Bisogna dare una spallata a questa gerontocrazia fallocratica e tendenzialmente onanista, che ne riassume il programma politico. Questo il contorno mediatico in cui la sinistra affronta da un punto di vista più approfondito sul lato teorico la questione maschile, che poggia sull’architrave della critica alla violenza maschile ed al patriarcato.

(1) http://www.maschiselvatici.it/accadeoggi/fr_giornali.htm Maschio assassino, maschio stupratore. Per una analisi più generale vedasi http://www.maschiselvatici.it/menu/atti.htm La colonna infame, di Cesare Brivio
(2) http://www.archiviomaschiselvatici.com/accadeoggi/indice.htm. Lei si spoglia, a pagamento, ma la volgarità è maschile
(3) http://www.maschiselvatici.it/accadeoggi/fr_giornali.htm Nuove (vecchissime) scemenze sul maschio e Maschi sesso debole, ci risiamo.
(4) http://www.golemindispensabile.it/Puntata62/articolo.asp?id=2150&num=62&sez=696&tipo=&mpp=&ed=&as= Meglio bonobo che umani (maschi)
(5) http://www.archiviomaschiselvatici.com/accadeoggi/indice.htm Quando preoccupano gli infortuni sul lavoro http://www.archiviomaschiselvatici.com/accadeoggi/indice.htm Muori in guerra? Sei un povero misogino.
(6) http://www.maschiselvatici.it/accadeoggi/fr_giornali.htm Uomini e giornali, una piccola ricerca sul campo. Vedi anche http://www.archiviomaschiselvatici.com/accadeoggi/indice.htm Roghi nei dormitori.
(7) http://www.maschiselvatici.it/accadeoggi/fr_condizione.htm Dal Washington Post. La violenza domestica è maschile? Sul tema è apparso anche un articolo su D Donna n. 61 del 5/11/05, Picchiati dalle donne, con statistiche internazionali ufficiali, mai riprese e commentate dai giornali ufficiali della sinistra, che dimostrano come la violenza in famiglia è esercitata anche dalle donne sugli uomini in percentuali insospettabili, vicine al 50%. Si veda anche Erin Pizzey, The emotional terrorist & the violence-prone.
(8) http://www.maschiselvatici.it/accadeoggi/fr_giornali.htm Associazioni inverosimili

La Questione maschile vista da sinistra.

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Leonardo 12:52 pm - 1st Settembre:

Non so come funziona questa cosa dell’acido (da ragazzo ho fatto uso di altri tipi di acido ) ma ci sono usanze a volte veramente imbecilli come poteva essere il delitto d’onore, che sono dannosi per entrambi i sessi e vengono perseguiti da entrambe i sessi.
Come la donna adultera (nel senso che faceva sesso senza essere sposata) veniva isolata proprio dalle altre donne (l’unica giusta), e tutti gli altri tabù.

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Luke Cage 11:13 pm - 1st Settembre:

Questa poi: anche la ricompensa vuole…
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo489823.shtml

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Luke Cage 11:28 pm - 1st Settembre:

Sarebbe bene continuare a seguire la faccenda del fondatore di Wikileaks,reo di aver pubblicato materiale non autorizzato dal Pentagono relativo alla Guerra in Afghanistan e adesso sotto inchiesta in Svezia con l’accusa di stupro
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo489803.shtml

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Fabrizio Marchi 8:46 am - 2nd Settembre:

Molto interessante, LukeCage, la vicenda del fondatore di Wikileaks, il sito che ha fatto luce sull’operato dell’esercito americano in Afghanistan. Naturalmente noi non abbiamo prove in un senso o nell’altro, però la vicenda non può non farci riflettere. E come su per giù diceva un noto leader politico della prima repubblica, “pensar male non è bello ma ci si azzecca quasi sempre”…
Mi pare che in questo caso questo detto ci stia tutto… e guarda caso l’accusa è di stupro, la più infamante…
Fabrizio

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ckkb 9:11 am - 2nd Settembre:

A che serve la criminalizzazione di genere? a quello cui serviva la criminalizzazione di classe o di razza: costruire un’accusa irredimibile (in questo caso l’accusa di stupro) perchè gravissima e perchè tale da non richiedere la prova e farne il fulcro della liquidazione secondo la Legge e il Pubblico Sentire dell’avversario. Il caso Wikileaks è in tal senso esemplare e scontato: i Droni si sa che sbagliano spesso, l’accusa di stupro no.

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Luke Cage 2:02 pm - 2nd Settembre:

Concordo con Ckkb.
Si tratta di un accusa di per sè irredimibile a prescindere dall’esito dell’inchiesta.
Brillante anche il paragone con i droni:”non ci sono danni collaterali”.

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Rita 10:43 am - 10th Settembre:

http://www.opsonline.it/psicologia-23580-bullismo-al-femminile.html

fra tutte le notazioni:

Il risultato è un tipo di bullismo più subdolo di quello dei coetanei maschi, che deriva dalla maggior conoscenza delle implicazioni psichiche e delle fragilità su cui far perno, nonché dal fatto che tali modalità sono meno individuabili e punibili da docenti, istruttori o genitori.

C’è una costante (non so se la noto soltanto io).
Si riconosce quasi sempre (nei pochi esempi come questo in cui viene in qualche modo riconosciuta) implicitamente (o come qui esplicitamente) che la violenza femminile è in genere più subdola (che poi essenzialmente significa psicologica – agisco sulla psiche là dove non si lasciano segni “visibili”) rispetto a quella maschile.

Data questa premessa è ovvio che se ne deduce che è anche meno individuabile e più difficile da punire e sanzionare.

Sull’altro versante però sembra ci sia un maggior impegno nell’individuare e definire questa violenza invisibile ma sempre e soltanto quando è subita dal femminile e non quando è agita (penso ad esempio alle molestie sessuali, al mobbing, alla dipendenza psicologica ed economica).

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Marco 9:00 am - 17th Settembre:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/09/17/visualizza_new.html_1762324710.html

Conegliano, fa uccidere il marito per l’eredità
La donna è crollata dopo 4 ore di interrogatorio
17 settembre, 09:51

TREVISO – E’ crollata dopo ore di interrogatorio ed è stata arrestata dalla Squadra mobile di Treviso con l’accusa di omicidio volontario premeditato Laura de Nardo, 61 anni, accusata dell’omicidio del marito Eliseo David, 71 anni. Con la donna sono finiti in carcere altre tre persone, tutti uomini, coinvolti a vario titolo nel delitto. Dopo 24 ore dall’omicidio dell’anziano, avvenuto all’interno della sua abitazione, la mobile trevigiana, coordinata da Riccardo Tumminia, assieme al Commissariato di Conegliano, ha risolo il caso. E non si è trattata di una rapina, come aveva sostenuto con forza la moglie della vittima in un primo momento. Gli uomini sono stati rinchiusi presso il carcere di Treviso, mentre la donna al carcere di Venezia.

“Siamo molto soddisfatti dell’importante risultato ottenuto – ha detto all’ANSA il dirigente della mobile di Treviso, Riccardo Tumminia -. Abbiamo applicato una metodologia di investigazione criminale finalizzata a scoprire dapprima l’errore nascosto in ogni singola pista d’indagine per poi scartare tutte le ipotesi non sostenibili e giungere all’unica verità possibile e rappresentabile. Solo coì – ha aggiunto – abbiamo potuto scoprire che non si trattava di una rapina, anche se molto ben simulata, bensì di un omicidio premeditato volontario commissionato dalla moglie del defunto ad un conoscente che a sua volta aveva assoldato un killer”. Soddisfatto per il risultato anche il questore di Treviso, Carmine Damiano che si è complimentato con i suoi uomini.

MOVENTE L’EREDITA’ – E’ stato ucciso per l’eredità Eliseo David, 71 anni. Lo ha confessato la moglie Laura De Nardo di fronte alle precise contestazioni mosse dagli inquirenti in ordine ad alcune contraddizioni nel racconto della dinamica dei fatti. Lo ha ribadito al pm trevigiano Barbara Sabattini, che ha sottoposta la donna a fermo di indiziato di omicidio volontario premeditato. Con lei sono stati ammanettati i suoi complici: Ivan Marin (36), di Vazzola (Treviso), disoccupato; Gennaro Geremia (48), di Visnà di Vazzola (Treviso), pregiudicato, manutentore presso un hotel di Mestre (Venezia) e Mirko Della Giustina (29), di Fregona (Treviso), idraulico.

KILLER PAGATO 200 MILA EURO – Duecentomila euro: questa la cifra che sarebbe stata pagata per uccidere Eliseo David. Il particolare, confermato all’ANSA, è emerso nelle indagini della polizia di Treviso che ha avuto un prezioso aiuto da personale del Gabinetto interregionale di Polizia scientifica. L’omicidio dell’uomo sarebbe stato commissionato dalla moglie in difficoltà economiche a Marin che, dietro il pagamento di 200.000 euro, avrebbe assoldato Geremia, col quale avrebbe poi ucciso David, soffocandolo con un cuscino dopo avergli infilato in bocca uno straccio intriso di un solvente. Numerosi gli elementi indiziari raccolti dalla squadra mobile a carico degli indagati. Dopo il crollo e la confessione della moglie della vittima Laura de Nardo, anche Marin ha ammesso le sue responsabilità nel delitto, coinvolgendo nell’inchiesta Geremia, anch’egli presente sulla scena dell’omicidio. Sulla base degli elementi raccolti, i due uomini, sono stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto di omicidio in concorso volontario e premeditato. L’ultimo finito in manette, all’alba, è stato Della Giustina, accusato di favoreggiamento personale e ricettazione, per aver ricevuto e successivamente rivenduto monili in oro ed orologi della vittima e della donna che erano stati ceduti da quest’ultima a Marin. E da questi a Della Giustina per simulare la rapina.

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Marco 11:14 am - 17th Settembre:
Raffaele 9:02 pm - 17th Settembre:

Donna fa uccidere il marito per prendersi l’eredità.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/09/17/visualizza_new.html_1762324710.html
Faccio qualche considerazione.
Pur essendo il numero di omicidi commessi da mariti(o fidanzati) nei confronti delle loro mogli(o fidanzate) maggiore rispetto a quelli commessi a parti invertite, cioè di mogli nei confronti di mariti, quest’ ultimi però, in genere, sono messi in atto e determinati da motivi profondamente diversi e ben più abietti dei primi. Infatti se leggete le notizie di cronaca a riguardo degli omicidi familiari noterete che mentre gli omicidi di uomini nei confronti delle loro partner non sono premeditati e quindi non dovuti a motivazioni di interessi personali ma scaturiti, in genere, da raptus in seguito a divorzi e altri gravi contenziosi familiari, invece quelle di mogli nei confronti di mariti sono determinate da squallidi e bassi moventi di interesse e soprattutto architettati e premeditati con lucida e cinica determinazione, ad esempio abbiamo donne che uccidono(o meglio, fanno uccidere) il marito per coprire la propria relazione extraconiugale con l’amante, oppure per motivazioni economiche. Non a caso, e anche qui avrete notato, che quando un uomo uccide la moglie e/o i figli spesso si suicida(quindi si autopunisce, perchè pentito del gesto) o comunque, pentito, si costituisce, al contrario, una donna quando uccide il marito e/o i figli, simula, fa di tutto per nascondere la sua colpevolezza, addossa la colpa agli altri, recita, si fa intervistare da tv e giornali per ibadire la propria mendace versione dei fatti,insomma in loro, dopo l’omicidio nei confronti del loro caro, non subentra il benchè minimo senso di rimorso. La Franzoni è solo un esempio fra i tanti. Ora non voglio dire che gli omicidi di mariti(e/o figli) nei confronti delle mogli siano meno gravi di quelli a parti invertite, però gli abietti moventi e la cinica premeditazione di quest’ ultimi, cioè di quelli di mogli nei confronti di mariti(e/o figli), e soprattutto la mancanza di rimorso nelle autrici di questi omicidi,devono farci riflettere.

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Claudio 7:13 am - 18th Settembre:

Sono perfettamente d’accordo con l’analisi fatta da Fabrizio, non esistono il genere buono ed il genere cattivo, non esistono la metà del cielo pulita e quella sporca. Purtroppo c’è stata fatta troppa propaganda in tal senso e, personalmente, penso che in molti casi ci sia della malafede dietro.

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Raffaele 5:00 pm - 18th Settembre:

up

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Marco 8:56 am - 25th Settembre:

http://www.corriere.it/cronache/10_settembre_24/bambini-picchiati-aula-siria_a6cf1458-c7ce-11df-9bef-00144f02aabe.shtml
Dolore e orrore sui volto dei ragazzini. Il ministero ora vuole vederci chiaro
Bambini picchiati dalle maestre in aula
Video choc sul web fa aprire un’inchiesta
Siria, alunni percossi con bastoni sulle mani e sui piedi. Un gruppo su Facebook per individuare le insegnanti

Dolore e orrore sui volto dei ragazzini. Il ministero ora vuole vederci chiaro

Bambini picchiati dalle maestre in aula
Video choc sul web fa aprire un’inchiesta

Siria, alunni percossi con bastoni sulle mani e sui piedi. Un gruppo su Facebook per individuare le insegnanti

MILANO – Violenza, lacrime e dolore. Sono gli ingredienti di un video-choc postato recentemente sul web e che racconta la vita quotidiana in una scuola elementare in Siria. Nel filmato amatoriale si vedono due insegnanti che picchiano senza pietà e con regolarità sulle mani e sui piedi i loro giovani scolari.

LA DENUNCIA SU FACEBOOK – I bambini sono costretti a sedersi su una sedia di plastica e ad aprire le mani. Una delle insegnanti, armata di un grosso bastone di legno, colpisce gli arti dei ragazzi con grande violenza. Sul volto dei piccini traspaiono dolore e orrore. Nonostante l’educazione repressiva sia la norma nelle scuole del paese mediorientale, il video ha suscitato grande scalpore tra gli utenti siriani ed è stato creato anche un gruppo su Facebook per identificare le autrici di queste violenze. Anche il Ministero dell’Istruzione siriano ha fatto sapere che sta seguendo il caso e intende punire le due insegnanti.

EDUCAZIONE REPRESSIVA – Come racconta al sito web dell’emittente transalpina France 24 Bassam Alkadi, direttore dell’Osservatorio sulle donne siriane, un’organizzazione che lotta per i diritti delle donne e dei bambini, la violenza è all’ordine del giorno nelle scuole mediorientali: «In Siria questa violenza non sciocca nessuno. E’ chiaro dal filmato che le due istitutrici sanno di essere filmate e non cercano di nascondere le violenze che stanno commettendo sui bambini, perché per loro è una cosa normale». Secondo Alkadi anche i genitori dei bambini siriani accettano questo tipo di educazione e non protestano contro le continue sevizie inflitte ai loro figli: «Bisogna al più presto trovare queste insegnanti e punirle – continua Alkadi -. Ma la cosa ancora più importante da fare è riorganizzare il sistema scolastico. Se lo Stato non cerca di riparare i danni fatti, non si avanzerà mai. Bisogna educare gli insegnanti e fare capire le conseguenze che producono le violenze fisiche sui bambini. Gli stessi alunni devono sapere che gli insegnanti hanno il compito di educare e non sono né dei padroni né dei carnefici».

Francesco Tortora
24 settembre 2010

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Fabrizio Marchi 9:37 am - 25th Settembre:

Erano metodi in voga anche in Italia fino ad una quarantina di anni fa, e utilizzati non dico sistematicamente ma molto frequentemente.
C’era un maestro nella scuola elementare dove andavo, famoso per essere molto severo, che usava gli stessi identici metodi “educativi”. Una mattina la nostra maestra era assente e ci divisero per varie classi. Avevamo il terrore di finire nella sua, cosa che purtroppo mi toccò in sorte. Immancabilmente, non ricordo neanche per quale motivo, forse perché stavamo parlottando, ci bacchettò le mani, sia sulle palme che sul dorso. Il tutto durò tre o quattro minuti, una scena molto simile a quella del video, anche se solo sule mani. Chi piangeva già prima della bastonatura, chi cercava di scappare ma veniva ripreso per la collottola dallo maestro-sbirro. Io ero completamente bloccato. Le presi senza fiatare.
Rimasi molto scosso. Sono proprio queste esperienze infantili e adolescenziali che, sia pur inconsapevolmente, hanno contribuito a crearmi una coscienza e a fare di me l’uomo che sono oggi, nel bene nel male. La cosa strana fu che non raccontai l’episodio in famiglia, quasi per pudore o per vergogna.
Ma ricordo che giurai vendetta per quell’episodio, come per altri che fui costretto a subire da ragazzino. Pensai:”Quando sarò adulto gliela farò pagare”. E la stessa cosa avvenne in altre occasioni. Ma poi, una volta cresciuto e nel pieno del mio vigore giovanile, quell’uomo ovviamente era un anziano e io avevo dirottato e sublimato il mio (sano) risentimento verso di lui e quelli come lui, in ben altra direzione.
Al di là delle vicende personali, la cosa che deve farci riflettere è che in effetti quelle “metodologie” che oggi ci ripugnano, erano non dico sistematiche ma molto frequenti e spesso c’era anche una sorta di più o meno tacita acquiescenza da parte di molti genitori. Spesso, non nel mio caso fortunatamente, perché mio padre non sarebbe rimasto certamente inerte se avesse saputo un fatto del genere, se si tornava a casa e si raccontava che il maestro o la maestra ce le aveva suonate, se ne prendevano altre, perché secondo la morale corrente, se le avevamo prese voleva dire che c’erano delle valide ragioni…
Tutto questo, amici miei, accadeva in Italia, una quarantina di anni fa, e non in un paesino isolato della più sperduta e depressa provincia italiana ma a Roma, in una scuola di un normalissimo quartiere della capitale. E’ con la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 che le cose hanno cominciato radicalmente a cambiare.
Come vedete, qualcosa di buono anche in quegli anni, oggi demonizzati a senso unico, è stata fatta.
Fabrizio

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Simone 12:31 pm - 3rd Ottobre:

http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9249:le-buone-madri-che-uccidono&catid=34:editoriali&Itemid=54
LE BUONE MADRI CHE UCCIDONO

di Barbara Mapelli

La maternità vive oggi, tra le molte, una contraddizione che appare ed è di fondo: si fanno pochi figli, ma l’obbligo a essere una buona madre è sempre più prescrittivo. Proprio perché divenire madre è ormai, prevalentemente, una scelta, che può avvenire una o due volte nella vita di una donna – così scriveva alcuni anni fa Chiara Saraceno – questa scelta assume una dimensione problematica, che deve essere integrata, più o meno consapevolmente, nell’insieme delle esperienze della vita di una donna, nei suoi progetti, nelle prospettive e organizzazione quotidiana e biografica.
Non ne è più, come nel passato, la finalità omnicomprensiva e scontata. Diviene dunque un passaggio, a un tempo cruciale e normativo, che incide profondamente e ha conseguenze non solo sul piano organizzativo, ma identitario: cambia la vita di una donna, ma cambia anche e soprattutto la sua percezione di sé stessa, del suo posto nel mondo: la prescrizione sarai (dovrai essere) una buona madre crea conseguenze con esiti profondi, che possono rendere più deboli le donne, apparentemente meno legittime le loro aspirazioni a una ricerca di vita più autonoma.

Se quindi la maternità continua ad essere un evento centrale e che dà senso – molto di più di quanto non avvenga per gli uomini, con la paternità – alla biografia individuale, al tempo stesso, con la sua problematicità, questo senso può sottrarlo, negarlo, fino alla perdita di sé, alla disperazione.

Occorre, io credo, imparare a guardare, a vedere veramente oggi, quando si leggano i frequenti episodi di donne che uccidono i propri figli, queste contraddizioni dolorose, laceranti, le ambiguità profonde che si legano alla maternità – in queste forme inedite rispetto al passato nella vita delle donne – per restituire a queste madri, a ciascuna di loro, le protagoniste attive di questa violenza, lo statuto di soggetto, di singolarità individuale con una propria storia, diversa dalle altre, ricca e sofferente delle proprie ambivalenze, anche se inserita in narrazioni, significati più collettivi.
Renderle di nuovo soggetti per capirne i racconti e le ragioni, per sottrarle a un giudizio generico che opacizza, crea una cortina di vapore, anche denso di buone intenzioni talvolta, che confonde volti e lineamenti di queste donne.

Delle madri che uccidono i propri figli ci raccontano quotidianamente le cronache dei giornali. I commenti sono sempre uguali: si parla di raptus, di furia incontrollata o di confusione, la donna non parla o dice di non sapere, di non capire perché l’ha fatto. Se queste donne sono le vittime, e lo sono, della loro stessa violenza, sono anche vittime delle eterne retoriche sulla maternità, che continuamente si rinnovano e vivono un particolare momento di enfasi, molto pericoloso come si diceva, nel contemporaneo. Retoriche che della maternità non solo nascondono le ambiguità profonde, ma la esaltano anche come principale veicolo della presenza sociale, visibile, delle donne.
E allora chi non si sente all’altezza di questo immaginario materno, fonte di ogni virtù, qualità femminile, può accadere che uccida, senza sapere perché.

E la sua passività si nutre anche dello sguardo di chi allestisce intorno a quel gesto singolo – non considerato come tale, ma piuttosto come componente indistinta di una narrazione seriale – talora carnevali della pietà, talora una presa di distanza, che non nasconde quel che accade, ma non ne fa, se non raramente, occasione di riflessività, condivisione critica anche in una ricerca e un discorso tutti femminili.
Le madri che uccidono, e il pensiero corre immediatamente a una figura tragica, a un mito della violenza, evocatore di orrore, Medea.

La maga della Colchide è protagonista di infinite narrazioni, mitiche prima e poi letterarie, anche se su tutte domina il racconto della tragedia di Euripide. Medea è l’immagine e il simbolo delle forze primigenie della natura e della magia, del disordine, a fronte di Giasone che cerca l’egemonia reale e l’ordine della città ben governata. Ma come sempre la magia e chi la impersona si muovono su un doppio registro, la metis, l’astuzia di Medea può essere benefica e aiutare l’eroe, essere anzi decisiva per rendere possibili le sue conquiste, oppure malefica, portatrice di sciagure e morte.

Così, come sempre, nel mito il femminile si rappresenta ambiguo ed anzi l’ambiguità appare come il nucleo costitutivo dell’essere e della storia di questa simbologia di donna. Fino all’infanticidio che ha costruito la fama sinistra di Medea e l’atto centrale della tragedia euripidea, in cui la maga rappresenta una maternità passionale e dolente, che sembra prendersi cura mentre uccide, accarezza i corpi cui toglierà la vita, o dolci abbracci, o tenere carni, o soavissimo respiro dei miei figli. Una madre che diventa assassina per difesa dei suoi stessi figli, non sarà mai che io abbandoni i miei figli all’oltraggio dei miei nemici!

Comunque, devono morire: e poiché è necessario, io li ucciderò, io che li ho generati!
Una madre onnipotente la quale, poiché ha dato la vita, sente il diritto di dare la morte, come colei che più di tutti sa amare i propri figli e ne decide il destino.

La rappresentazione di Medea non si svolge solo sul teatro dell’immaginario maschile nell’eterno gioco di fascino e paura del femminile e del materno, la sua figura scende più nel profondo, dentro a noi donne e lì vive e ha bisogno di attenzioni, non di semplificazioni, né di assoluzioni facili. Come la serie infinita di madri assassine che sono venute dopo Medea e ancora ora riempiono di cronache quotidiane i giornali, quelle donne che non sanno perché l’hanno fatto. Nel loro atto vivono ancora molto spesso i gesti di cura che ha Medea per i suoi figli mentre li uccide e il sentimento di maternità onnipotente, anche se in storie di smarrimento, io che ti ho dato la vita te la tolgo. Vivono storie antiche, originarie e costitutive delle identità femminili, che si accostano alle nuove contraddizioni, alle nuove norme che regolano prescrittivamente la maternità contemporanea.

Ma i ritratti di queste madri si confondono nella narrazione sempre uguale, che parla di depressione, di problemi psichici – senza che in realtà si faccia nulla, se non evocando interventi di medicalizzazione – oppure non offre alcuna interpretazione, affidandosi all’inspiegabile. Di nuovo il non sapere o volere vedere veramente ciò che accade, toglie realtà ai soggetti, unicità alle loro storie e, al contempo, affidandosi alla retorica, ai sempre nuovi stereotipi che ricoprono la maternità, nega una storia che affonda nei pozzi del tempo e che narra questa violenza femminile che si potrebbe definire primigenia, tanto che nel tempo, anche se padri hanno ucciso figli, sono le madri ad essere state assunte come icone degli infanticidi.

La storia dei miti, delle cronache e della poesia e letteratura che hanno moltiplicato le figure di Medea, questa storia che racconta della violenza che a un tempo le donne hanno subito ma hanno anche saputo infliggere, potrebbe forse dare luce, consentire di vedere le molteplici storie uniche anche di queste povere madri delle nostre cronache, in cui un’ambiguità non compresa, perché negata, relegata in una semplificazione edulcorata e naturalizzata, quando assai poco di naturale è rimasto nelle nostre vite, si trasforma in scissioni insostenibili, in un dolore, che anche se si rappresenta, spesso uguale e contemporaneamente su tutte le scene del mondo, appare soprattutto solitario, muto, sembra concedersi solo quel confuso non so perché…*

* Questo contributo fa parte di una saggio, più esteso, sulla violenza delle donne, che sarà pubblicato prossimamente sulla rivista Pedagogika.it

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Simone 12:38 pm - 3rd Ottobre:

http://www.bresciaoggi.it/stories/Cronaca/188348__tre_raggiri_in_poche_ore_due_riescono_il_terzo_no/
Tre truffe in una sola giornata, due andate a segno e una, quella più articolata, fallita. Vittime dei truffatori tre famiglie di anziani che vivono in città.
Vittime della truffa non riuscita una coppia di anziani coniugi che vive in via del Carso, il marito 88 anni e 86 la moglie. La donna l’altra mattina alle 10.30 ha ricevuto la telefonata di una ragazza che si è spacciata per la nipote e ha chiesto 9mila euro per pagare la rata di un mutuo. I nonni erano già pronti ad andare in banca quando hanno sentito per caso il figlio che è caduto dalle nuvole: la sua figliola non aveva bisogno di soldi. La coppia di anziani ha chiamato la polizia.
PRIMA DELLE 13 in vai D’Azeglio la signora Gianna di 82 anni ha fatto entrare uno sconosciuto che si è presentato come tecnico del gas: mentre l’uomo fingeva di controllare alcuni tubi alla porta ha suonato il complice, un finto vigile. Da copione la messinscena: «Hanno rubato nel palazzo – ha detto il finto vigile alla donna – controlli se ha tutto». L’anziana è subito corsa in camera da letto dove aveva una busta con mille euro e ha mostrato al malfattore i soldi: «C’è tutto» ha risposto sollevata. Ma quando poco dopo il finto tecnico del gas se ne è andato, seguendo il finto vigile, la donna ha scoperto che la busta era vuota, e i mille euro le erano stati rubati. Anche la signora Gianna non ha potuto far altro che chiamare la polizia e sporgere denuncia.
Il terzo colpo alle 18.30 in via Bettole. Vittima, anche in questo caso, una coppia di anziani. La moglie, 85 anni, rientrando ha incontrato fuori casa due donne, ben vestite e a bordo di un’auto di grossa cilindrata, che hanno finto di essere amiche del marito e volevano fargli visita. L’uomo è malato da tempo, la moglie non si è insospettita e ha aperto la propria casa alle due sconosciute. Alle due donne sono bastati pochi attimi per distrarre la donna e prenderle il portafogli che aveva in borsa. Quando l’85enne si è accorta della sparizione dei soldi l due erano già lontane.W.P.

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Simone 12:41 pm - 3rd Ottobre:

http://www.agi.it/milano/notizie/201010021915-cro-rmi0054-ricatta_l_amante_del_marito_per_farsi_ridare_i_regali_arrestata
19:15 02 OTT 2010

(AGI) – Bergamo, 2 ott. – Marito e moglie ricattavano l’ex amante di lui, ma la ragazza si e’ rivolta ai carabinieri e alla fine la donna e’ stata arrestata e il marito denunciato.
E’ successo tutto a Treviglio. L’uomo, P.G.L., 46 anni, ha avuto per qualche tempo una relazione con una 27enne brasiliana, alla quale ha fatto numerosi regali. Quando la moglie V.M.G., 45 anni, ha scoperto la tresca non si e’ limitata a pretendere la fine della storia ma ha voluto indietro tutti i doni fatti dal marito. O almeno il pagamento di un corrispettivo di 600 euro. Altrimenti, ha chiarito alla ragazza, le avrebbe procurato lesioni fisiche e le avrebbe incendiato l’auto. La giovane ha finto di accordarsi con la donna per il pagamento di 400 euro poi si e’ rivolta ai carabinieri della stazione di Treviglio che hanno organizzato l’appostamento. E intervenendo subito dopo il passaggio di denaro, hanno arrestato la donna per estorsione. Il marito e’ stato invece solo denunciato per concorso in estorsione. (AGI) Cli/Car

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sandro 9:40 pm - 3rd Ottobre:

“E’ con la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 che le cose hanno cominciato radicalmente a cambiare.
Come vedete, qualcosa di buono anche in quegli anni, oggi demonizzati a senso unico, è stata fatta”
Già.
Peccato che la maggior parte di tutto quello che si è ottenuto sia stato ad esclusivo uso e consumo di una sola generazione di individui.
Tanto per dirne una, i diritti dei lavoratori.

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Rita 10:11 pm - 7th Ottobre:

ancora Giovanna Botteri sulle sorority afro-americane

http://www.youtube.com/watch?v=rwliKnvBRQ4&feature=player_embedded

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armando 11:31 pm - 7th Ottobre:

Sull’articolo riportato da Simone che parla della ambiguità del sentimento materno e della violenza femminile, dico che a me stanno bene le analisi che cercano di scavare in profondità nelle ambiguità della psiche, nel suo continuo oscillare fra bene e male, fra amore e odio, fra carezze e violenza. Sta bene perchè le contraddizioni fanno parte della condizione umana. I delitti vanno ovviamente sanzionati ma la sanzione non esime dall’approfondirne i motivi. Mi sta bene, dunque. Ma perchè quando ad uccidere è un uomo si parla sempre e solo del padrone che non vuole perdere il suo potere? Dell’oppressore che non sa rinunciare al comando sull’oppressa? Perchè non si analizzano con lo stesso metro “pietoso” anche le ambiguità psichiche maschili che pure ci sono? Ed anche le cause sociali che se per le donne sono la spinta alla realizzazione sociale che entra in contrasto con la realizzazione nella maternità e che per questo fa sentire inadeguate tante madri, per gli uomini sono l’impossibilità a corrispondere al modello del maschio che “deve” essere di successo, ricco, affascinante e dunque circondato da femmine? E che, se ha una donna deve fare salti mortali per corrispondere a ciò che lei vuole e come vuole pena l’abbandono?
In fondo, la vera reciprocità starebbe proprio in questo.
armando

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Alessandro 9:53 am - 8th Ottobre:

Armando: Sull’articolo riportato da Simone che parla della ambiguità del sentimento materno e della violenza femminile, dico che a me stanno bene le analisi che cercano di scavare in profondità nelle ambiguità della psiche, nel suo continuo oscillare fra bene e male, fra amore e odio, fra carezze e violenza. Sta bene perchè le contraddizioni fanno parte della condizione umana. I delitti vanno ovviamente sanzionati ma la sanzione non esime dall’approfondirne i motivi. Mi sta bene, dunque. Ma perchè quando ad uccidere è un uomo si parla sempre e solo del padrone che non vuole perdere il suo potere? Dell’oppressore che non sa rinunciare al comando sull’oppressa? Perchè non si analizzano con lo stesso metro “pietoso” anche le ambiguità psichiche maschili che pure ci sono? Ed anche le cause sociali che se per le donne sono la spinta alla realizzazione sociale che entra in contrasto con la realizzazione nella maternità e che per questo fa sentire inadeguate tante madri, per gli uomini sono l’impossibilità a corrispondere al modello del maschio che “deve” essere di successo, ricco, affascinante e dunque circondato da femmine? E che, se ha una donna deve fare salti mortali per corrispondere a ciò che lei vuole e come vuole pena l’abbandono?
In fondo, la vera reciprocità starebbe proprio in questo.
armando>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
D’accordissimo con quanto scrivi, Armando. La rsposta consiste nel fatto che gli uomini, la quasi totalità, non parlano di loro stessi, ma demandano alle donne questo compito, per una serie di ragioni più volte sviscerate inn questo sito. Fino a che i Gad Lerner, cioè che fa opinione, sottoscriveranno in toto ciò che la misandrica di turno afferma, non ci saranno sviluppi positivi. Io devo raccontare la mia storia, non farmela raccontare come oggi accade.

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ckkb 10:00 am - 8th Ottobre:

Per il sentire della nostra società, che un bambino venga strangolato dalla madre, non è un delitto orrendo, nè la madre un mostro; è solo uno dei sintomi della depressione di una povera mamma. La vita del bambino di fronte alla madre conta niente, e il dolore del padre ancora meno. E’ per questo che non vengono raccontati: la memoria è risolta in una passata di telegiornale e in due righe di articolo. Punto e a capo, avanti il prossimo sintomo.
Simmetria vorrebbe che di fronte ad un delitto di cui è vittima un adulto, analogamente non si parlasse della vittima, se non come sintomo del disagio sociale e psichico del “povero” assassino.
A ben pensarci è già stato così quando si spiegavano e giustificavano gli assassinii per ragioni ideologico/politiche. Nulla di nuovo dunque se non l’ideologia di sostituzione: il femminismo per il quale ogni sangue versato da una madre o da una donna ha sempre una ragione che lo derubrica dalla categoria del delitto e lo ascrive a quella del sintomo, talvolta addirittura del diritto. Un terribile gioco delle tre carte ideologico, con cui la coscienza della nostra società si balocca per tacitare evidenze insopportabili.

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Alessandro 10:06 am - 8th Ottobre:

Sono anni che non guardo i telegiornali. La celebrazione del potere, la morbosità con cui si dà spazio alla cronaca nera, il nulla che diventa prima notizia, vedasi per esempio la vittoria delle Ferrari in un Gran Premio, l’impostazione femminista, ecc., me li rendono fortemente indigesti. Per questo ripiego su qualche altra fonte d’informazione, come il televideo rai. Ebbene ieri, come sempre, veniva dato grande spazio a strangolamenti, uccisioni, stupri…, tutte violenze spaventose su cui ci si dovrebbe accostare con ben altra sensibilità, per non violentare una seconda volta chi è stato vittima di violenza, ma ciò che mi ha colpito è stato il diverso risalto attribuito a due casi di omicidio pressochè identici ma commessi da un uomo e una donna. Lo strangolamento della nipote da parte di questo pazzo da legare campeggiava a caratteri cubitali sulla prima pagina, mentre l’omicidio analogo da una parte di una madre del suo bambino di tre anni abbandonato poi in strada veniva relegato in una pagina secondaria e ovviamente giustificato come prodotto dalla depressione post partum, su cui non mi posso esprimere. Comunque due pesi e due misure, il mostro e la vittima. Basta osservare questi “dettagli” per rendersi conto in che razza di società maschilista viviamo.

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ckkb 11:29 am - 8th Ottobre:

Giusto scandalo per l’uccisione di un coniglio da parte di un docente di biologia che non era depresso:
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_ottobre_8/coniglio-ucciso-classe-professore-1703908942746.shtml

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Alessandro 3:22 pm - 8th Ottobre:

Non capisco se quest’uomo c’è o ci fa. Lasci il mestiere di macellaio a chi lo è. Sfortuna sua, si potrebbe pensare, è un uomo, quindi verrà punito senza nessuna attenuante. E in questo caso è giusto così.
P.s.: comunque la violenza gratuita sugli animali è una piaga spaventosa della nostra società. Ma ormai non ci fa più nessun effetto. Non interessa più che a pochissimi.

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Simone 8:26 pm - 8th Ottobre:

http://www.leggonline.it/articolo.php?id=83736
Ha ucciso in casa il figlioletto di 3 anni, Andrea, strangolandolo; poi lo ha caricato in auto e si è diretta verso i Ha ucciso in casa il figlioletto di 3 anni, Andrea, strangolandolo; poi lo ha caricato in auto e si è diretta verso i boschi sulle alture di Savona, dove ha tentato di togliersi la vita lasciando scivolare la vettura in un dirupo. Ma è rimasta solo ferita. Nel frattempo era accorso sul posto il marito della donna, che si è trovato davanti il corpicino, ormai rigido, del figlioletto, deposto sul ciglio della strada. Elisabetta Bertolotto, 36 anni, impiegata savonese, aveva partorito, venti giorni fa, il secondogenito. Una delle possibili motivazioni dell’ infanticidio è che la donna avrebbe ucciso il figlio perché il bambino aveva difficoltà ad esprimersi e non come si era ipotizzato in un primo momento, la depressione post partum.

È DEPRESSIONE POST-PARTUM «Ho visitato la donna in nottata e mi è apparsa piuttosto scossa per quanto è accaduto. Ha solo bisogno di riposarsi e di essere seguita»: lo ha detto Antonio Ferro, direttore del dipartimento di Psichiatria della Asl 2 Savonese che ha visitato Elisabetta Bertolotto, la donna che ha ucciso il figlio tentando poi di togliersi la vita, piantonata nel reparto psichiatrico del San Paolo. «Ci troviamo di fronte ad un tipico caso di depressione post-partum», ha continuato il direttore, «certo non è facile chiarire i motivi per i quali ha poi scatenato questa forma di depressione verso il figlio più grande». Il primario ha anche precisato come la donna non fosse mai stata seguita da specialisti psichiatrici della Asl 2.

MARITO VUOLE VEDERLA «Come sta mia moglie?»: Mauro Quagliati, il marito di Elisabetta Bortolotto stamani ha già chiamato l’avvocato Francesco Giusto per chiedere notizie della donna, ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale San Paolo di Savona dove è piantonata dalla polizia in stato d’arresto per l’omicidio del figlio Andrea, di tre anni. La donna dopo aver ucciso il bambino aveva anche tentato di togliersi la vita lasciandosi cadere con l’auto in un canale. Il marito e altri familiari chiedono di poter vedere Elisabetta e per questo l’avvocato Giusto sta già disponendo una richiesta. Oggi inoltre prenderà contatti col gip per l’udienza di convalida degli arresti che potrebbe tenersi già nel pomeriggio o domani. Prevista per oggi anche l’autopsia sul bambino. Il pm potrebbe dare subito il nulla osta per liberare la salma dando così la possibilità di celebrare i funerali. Intanto emergono particolari del colloquio che ieri sera la donna ha avuto col pm Danilo Ceccarelli, durato una mezzora circa. Parlava con un filo di voce. Era molto scossa. Ha tentato di ricostruire quanto accaduto ma il racconto si inceppava, era lacunoso. Era attonita, apatica. Quasi assente. «Volevo morire con lui, l’ho ucciso perchè non potevo pensare che stesse male per colpa mia. Ho provato allora a soffocarlo, lui non respirava, poi l’ho strangolato e Andrea non parlava piu», avrebbe detto poco prima in questura dove è stata interrogata dagli investigatori della squadra mobile. Il bambino, nella tarda mattinata di ieri, doveva essere visitato da un logopedista che avrebbe potuto curare i disagi nell’esprimersi del figlioletto. Secondo quanto si è appreso Elisabetta Bortolotto resterà in ospedale fino a quando i medici non si pronunceranno sul suo stato di salute.

L’HO UCCISO Davanti agli agenti di polizia la donna è crollata. In stato confusionale ha pronunciato solo poche parole: «Si, l’ho ucciso». La donna è ora piantonata in stato di fermo di polizia giudiziaria all’ospedale San Paolo di Savona. Il marito Mauro Quagliati, 37 anni, dopo un interrogatorio durato diverse ore in questura, è tornato a casa. Sembra che l’uomo sia giunto per primo sul posto, dopo aver ricevuto una telefonata dalla moglie. Trovato il corpicino del figlio sul ciglio della strada, vi si è accasciato sopra, singhiozzando. Nei suoi confronti non sono stati assunti provvedimenti. A coordinare l’inchiesta è il pubblico ministero Danilo Ceccarelli, che ha già disposto l’autopsia del piccolo. Ai soccorritori arrivati sul posto dopo una segnalazione al 113 è sembrato inizialmente di trovarsi davanti ad un incidente con un bambino morto e una donna ferita. Poi hanno capito che era successo qualcosa di anomalo, qualcosa di diverso da un incidente stradale e hanno atteso l’arrivo della polizia. I rilievi della scientifica e la confessione della donna hanno messo in luce un’altra verità ancora più drammatica e assurda. Elisabetta ha ucciso il figlio in casa, lo ha avvolto in una copertina e lo ha trasportato sulle alture della città dopo aver girovagato con la sua auto, una Opel Corsa di colore azzurro poi trovata in fondo a una scarpata.

TENTATIVO DI SUICIDIO È qui, lungo una strada sterrata non lontano da un ristorante frequentato da escursionisti, che la donna ha tentato a sua volta di ammazzarsi con l’auto. La vettura ha compiuto un volo di pochi metri attutito dall’erba; per Elisabetta solo pochi graffi che le hanno insanguinato la maglietta. In auto è stato trovato anche un coltello, che però non sembra sia stato adoperato. Sono stati i soccorritori del 118 a trasportarla in stato di choc all’ospedale in Valloria, dove i medici l’hanno sedata. La coppia si era sposata a Varazze nel 2007 dove aveva vissuto fino a due mesi fa, poi la donna aveva preso residenza a Savona in via Acqui, nel quartiere di Villapiana. Il neonato è stato affidato alla nonna che ha già ricevuto la visita dei servizi sociali del Comune di Savona
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«Ci troviamo di fronte ad un tipico caso di depressione post-partum», ha continuato il direttore, «certo non è facile chiarire i motivi per i quali ha poi scatenato questa forma di depressione verso il figlio più grande». Il primario ha anche precisato come la donna non fosse mai stata seguita da specialisti psichiatrici della Asl 2.
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Insomma è sempre colpa della depressione post partum. L’ipotesi che certi madri possano essere anche malvagie non viene mai presa in considerazione. Pazzesco.

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Fabio 10:57 pm - 11th Ottobre:

http://www.uomini3000.it/169.htm
Donne Pedofile

Non se ne parla ma esiste. Su questo argomento se ne sa veramente poco e poco e’ stato scritto in merito. Parlare di donne pedofile non e’ ne’ comune ne’ semplice in quanto, nell’immaginario collettivo, il termine “pedofilia” viene associato al sesso maschile, al quale e’ stato sempre affidato un ruolo “attivo”: la pedofilia e’ infatti “azione”.
E’ considerata quindi, come la maggioranza delle parafilie, una patologia rara nel sesso femminile. Infatti, contrariamente a quanto si pensa, complice la mancanza di informazione, la parafilia colpisce anche le donne, contraddicendo il tradizionale giudizio clinico che ha sempre sostenuto la rarita’ delle perversioni nelle donne.

Da esaurienti studi clinici e’ emerso che le dinamiche delle fantasie perverse femminili sono piu’ sottili ed imprevedibili rispetto alla sessualita’ maschile e quindi difficilmente identificabili e riscontrabili.

Infatti, gli esperti hanno riscontrato che il vovyerismo, il frotteurismo, il feticismo, sono riscontrabili quasi esclusivamente nei maschi; cosi’ come il sadismo sessuale e’ raramente presente nei soggetti femminili, mentre il numero dei masochisti di sesso maschile e’ di gran lunga piu’ alto di quello relativo al sesso femminile.
Lo stesso si puo’ dire della pedofilia. Invece, l’unica parafilia dove i soggetti di sesso femminile sono in numero paragonabile a quelli di sesso maschile e’ la zoofilia.

Le cause

Cause scatenanti la pedofilia femminile possono essere la separazione, l’abbandono, la perdita. Alcune donne hanno subito abusi da bambine e l’esasperazione nell’attivita’ sessuale pedofila e’ riconducibile al tentativo di vendetta sugli uomini, per fare riemergere la propria femminilita’. Dal ruolo “passivo” che l’ha vista vittima e sottomessa -non avendo una propria autonomia economica e sociale fino ad alcuni decenni fa e quindi costretta a nascondere tale aspetto perverso della sessualita’- la donna tenta in tal modo il riscatto ed una propria affermazione in un ruolo “attivo”, grazie alla rivoluzione sociale che la rende cosi’ indipendente e libera.

Tenendo presente che la pedofilia femminile intra-familiare ha caratteristiche differenti dalla pedofilia femminile che si manifesta al di fuori delle mura domestiche, preferendo mete lontane come luoghi di abbordaggio, si puo’ affermare con certezza che tale fenomeno e’ comparso, all’incirca, intorno agli anni ’70. In quel periodo donne americane e canadesi, per lo piu’ divorziate e vedove, favorite dall’emancipazione economica, hanno iniziato a recarsi verso spiagge lontane alla conquista dei “beach boys” soprattutto, ma anche delle “beach girls” che potevano farle sentire, al suono di 100 dollari, “regine per una notte”. Alcune indagini giornalistiche come quella del settimanale Panorama, hanno messo in luce che oggi l’eta’ di queste donne varia dai 25 anni circa ai 50 anni, mentre le motivazioni che le spingerebbero ad alimentare il desiderio di vivere una notte di sesso con bimbi di 6-7 anni o di 11-12, sono sempre le stesse: la soddisfazione sessuale e, ad un tempo, l’appagamento materno.

Esse, tuttavia, potendo difficilmente usufruire di infrastrutture organizzate al loro servizio come i pedofili maschi, sono costrette ad abbordare i ragazzini per strada e a viaggiare senza la protezione di un’articolata rete di agganci.Infatti non hanno alle spalle la tutela di organizzazioni che garantiscono loro la certezza di raggiungere il luogo di destinazione avendo gia’ tutto stabilito, come accade per la maggior parte dei pedofili maschi.

Differenti sono le mete. Le donne nordamericane si indirizzano, per la maggior parte, verso i Caraibi; mentre le europee provenienti dai ricchi paesi occidentali preferiscono come mete il Marocco, la Tunisia e il Kenya e per le destinazioni piu’ lontane la Giamaica e il Brasile. La Thailandiainvece, e’ la meta preferita dalle donne giapponesi che, con i voli charter, raggiungono i centri specializzati in massaggi sadomaso di Bangkok. E a Marrakesh trascorrono dei periodi le scandinave e le olandesi che consumano notti d’amore in acconto, cioe’ se la notte trascorsa non e’ stata soddisfacente la prestazione non viene pagata.

Gli strumenti

Sulle donne che praticano la pedofilia all’estero, si e’ saputo che per permettere l’atto sessuale, vengono iniettati nei testicoli di bambini di 6-7 anni degli ormoni e droghe. Poco si conosce sull’uso di tali sostanze, a parte gli effetti collaterali estremamente sgradevoli per il minore.Dalla testimonianza di volontari dello Sri Lanka, si apprende che sono le donne pedofile stesse (la maggior parte svizzere e tedesche) a portare le droghe da iniettare nei bambini. Secondo il resoconto di una dottoressa che ha visitato alcuni di quei bambini, il trattamento ormonale causa l’abnorme ingrossamento dell’organo sessuale ad un ragazzino di 11-12 anni che non tollera piu’ di 5-6 di tali iniezioni.

Conclusioni

E’ difficile tracciare un quadro completo e ben delineato del fenomeno “pedofilia femminile”. Essa, come quella maschile, si cela all’interno delle mura domestiche, tra segreti, sentimenti di amore-odio e rapporti pericolosi. Ma esattamente come succede per i pedofili maschi, le donne pedofile evadano dalla comune realta’ ricercando altrove gli oggetti dei loro spasmodici ed incomprensibili desideri: i meninos de rua, i bambini di strada. Come di consueto, quindi, per chi pratica la pedofilia, i soldi diventano lo strumento che compra il silenzio e l’accondiscendenza dei piccoli. In questo senso, tra uomini e donne – “pedofili” – non vi e’ alcuna differenza.

Greta con la collaborazione di Nicoletta Bressan consulenza a cura del Dott. Sergio De Martino

Riferimenti bibliografici:

1 S.Polo, I mercati della pedofilia in Europa e le politiche di prevenzione e controllo penali e sociali, Tesi di Laurea in Giurisprudenza, Universita’ degli Studi di Trento – Transcrime, Facolta’ di Giurisprudenza, Anno accademico 1998-1999, pag. 23, in N. Bressan, “Quando un bambino piange al buio”, relazione presentata al Convegno di Novara “Perche’ i bambini non piangano al buio. Riflessioni sulla pedofilia”, 27 Gennaio 2001, pag. 9.2 Per ulteriori approfondimenti si veda N. Bressan, Sulla loro pelle, IL SEGNO, Gabrielli Editori, Verona, 1999, pag. 48-493 B. Demartin, Turismo sessuale e prostituzione infantile, Tesi di Diploma in Sociologia del turismo, Unviersita’ degli Studi di Trieste, Facolta’ di Economia, Corso di Diploma in Economia e Gestione dei Servizi Turistici, Anno accademico 1998-1999, in N. Bressan, “Quando un bambino piange al buio”, relazione presentata al Convegno di Novara “Perche’ i bambini non piangano al buio.

Riflessioni sulla pedofilia”, 27 Gennaio 2001, pag. 10.
http://www.mimanchitu.it/amore/bambini/ped_femminile.asp

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Fabio 10:59 pm - 11th Ottobre:
Luke Cage 1:02 pm - 30th Ottobre:

http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo494536.shtml
Usa,gioca su Facebook:uccide figlio
Donna confessa: “Mi stava disturbando”

Una donna della Florida ha ammesso di avere ucciso il figlio neonato, scuotendolo troppo violentemente, perché il suo pianto disturbava la sua attività su Facebook. Alexandra Tobias ha spiegato di avere avuto uno scatto di rabbia perché il pianto continuo del neonato le impediva di giocare a FarmVille sul popolare social network. L’imputata rischia fino a 25 anni di carcere.
Usa,gioca su Facebook:uccide figlio

Uno scatto d’ira e poi la tragedia. Il pianto del piccolo le ha fatto perdere la testa proprio mentre era di fronte al computer. Senza pensare a quello che stava facendo, Alexandra Tobias ha afferrato il figlio neonato e l’ha scosso con forza, uccidendolo. Tutto per un gioco online, a cui non riusciva a giocare proprio perché il bimbo continuava a disturbarla con le sue grida.

La donna è stata arrestata dalle forze dell’ordine, allertate subito dopo la tragedia. Ora rischia grosso. Per l’omicidio del piccolo, infatti, Alexandra potrebbe rimanere 25 anni dietro le sbarre.

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Simone 8:50 pm - 16th Novembre:

http://www.giornalettismo.com/archives/95794/madre-uccide-figlio-autistico

di Pietro Salvato
Uccide il figlio autistico con la candeggina
pubblicato il 15 novembre 2010 alle 16:03 dallo stesso autore – torna alla home

Oggi la svolta durante il dibattimento. La madre, dopo aver negato per mesi, ha ammesso l’omicidio volontario del ragazzino dodicenne per non lasciarlo ai servizi sociali

autismo Uccide il figlio autistico con la candeggina Questa tragica storia, ha per protagonisti una madre ed un figlio, oltre agli sviluppi di una vicenda per certi versi paradossale. La madre che ha fatto bere al figlio autistico di soli 12 anni una tazza di candeggina, perché temeva che i servizi sociali l’avrebbero portarto via.

UNA STORIA DI ORDINARIA FOLLIA – Satpal Kaur Singh, 44 anni, ha ucciso il figlio Ajit poche ore dopo che ha rifiutato di cooperare con gli assistenti sociali per una terapia che la curasse. La Singh era apparsa “calma” e nessun altro che ha partecipato all’incontro ha nutrito “preoccupazioni circa il suo comportamento immediato”, hanno ammesso gli assistenti sociali chiamati a testimonire innanzi all’Old Bailey, l’Alta Corte di giustizia di Londra. Poche ore dopo, la stessa madre disgraziata, ha chiamato la polizia ed ha rilasciato le seguenti terrificanti parole: “Ho appena ammazzato mio figlio e ho cercato di suicidarmi”. La corte inglese ha sentito gli assistenti sociali di Barking una zona residenziale ad est di Londra, e in tutte le udienze, cominciate lo scorso febbraio, si è interrogata sul possibile (ammesso che ne esista uno solo) perché del terribile omicidio. Una storia, come si vede, che assomiglia molto a quella altrettanto agghiacciante del delitto di Cogne. La donna dopo il suo arresto ha successivamente negato l’assassino del figlioletto. La vicenda ha fatto discutere la stampa e più in generale i media inglesi. Senza arrivare ai “plastici” di Vespa, anche oltremanica si sono subito creati i due tradizionali partiti: quello dei colpevolisti (largamente maggioritario) e quello degli innocentisti, o meglio di quelli che imputavano il gesto folle e sconsiderato appunto ad un raptus, una follia immonda quanto improvvisa.

autistic child Uccide il figlio autistico con la candegginaOGGI LA SVOLTA – Come detto la donna, dopo il suo arresto si è dichiarato innocente, ha per tutto questo tempo accampato scuse, addotto alibi che si sono subito sciolti come neve al sole. Mancava tuttavia ancora una sua esplicita confessione. Confessione che, appunto, è arrivatasolo oggi nel corsa dell’ennesima udienza del dibattimento. La donna si è dichiarata colpevole di omicidio colposo, dichiarazione – evidentemente – studiata a “tavolino” con il suo collegio di difesa, poiché le comporterà una riduzione di pena, poiché l’omicidio volontario è meno grave rispetto a quello premeditato supposto inizialmente dall’accusa. L’accusa, per bocca dei procuratori che stanno seguendo il caso, ha accettato il cambio del capo di imputazione, subito dopo che i periti psichiatrici della stessa parte hanno accertato che effettivamente la donna soffriva di un serio e grave disturbo mentale. La Singh, pertanto, è stata trattenuto in custodia in attesa della condanna prevista il prossimo 13 dicembre. Il procuratore Richard Whittam ha dichiarato: “Questo caso è una grande tragedia. Una storia orribile che solo con un gesto folle di una malata può trovare una spiegazione umanamente comprensibile”. Ma la storia presenta anche altre responsabilità. Quelle degli assistenti sociali che prima dell’efferato omicidio hanno sottovalutato la gravità del quadro psichiatrico e psichico della donna. Whittam ha ancora detto: il piccolo “Ajit era dipendente da sua madre per le sue necessità”, tuttavia “Non aveva senso del pericolo. Mai avrebbe potuto immaginare dove la follia della madre sarebbe mai arrivata”. Solo adesso i vicini, quegli stessi vicini che fino a poco tempo descrivevano la donna come perbene per quanto riservata, descrivono la donna come “pericolosa”, oppure azzardano “il ragazzo non doveva stare con lei”. Solo adesso, come sempre in questi casi.

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Marco 7:56 pm - 27th Novembre:

http://it.notizie.yahoo.com/10/20101126/tod-india-passeggere-metro-new-delhi-pic-5946e98.html
(ANSA) – NEW DELHI, 26 NOV – Un agguerrito gruppo di passeggere della nuova metropolitana di New Delhi ha preso a calci e pugni alcuni uomini, saliti negli scompartimenti riservati alle donne. Lo riferisce la televisione Cnn-Ibn. Importunate da alcuni giovani entrati nella loro carrozza, le donne hanno avvisato le poliziotte di servizio, che hanno provveduto a far sgomberare il vagone dai passeggeri illegali. Le passeggere hanno dato loro manforte ‘buttando fuori dal treno gli intrusi con schiaffi e spintoni’.
@@@@
Qualcuno di voi saprebbe dirmi se in India, o altrove, esistono degli scompartimenti dei treni riservati agli uomini?

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mik 2:27 am - 28th Novembre:

@Marco
In Russia dal 2007 nei treni a lunga percorrenza esistono carrozze riservate agli uomini, alle donne e miste.
In India nel 2009 secondo il New York Times sono stati istituiti i convogli “Ladies Specials”, otto treni pendolari riservati solo alle donne in 4 grandi città.

The Times of India riporta diversamente la notizia: non c’e’ stata molestia sessuale da parte degli uomini, semplicemente nelle ore di punta tendono ad entrare anche nello scompartimento riservato alle donne. Su un treno 40 uomini si sono rifiutati di scendere e sono stati aggrediti dalle donne presenti a cui hanno pensato bene di dare manforte gli agenti della polizia della metropolitana.
Due uomini sono stati arrestati e incriminati per 4 capi d’imputazione: per uno di questi (section 67-obstructing the running of a train) rischiano una multa di Rs4000 o fino a 5 anni di carcere o entrambi.

Il 1° dicembre 1955 a Montgomery in Alabama Rosa lee Parks si trovò in una situazione simile e fu arrestata.
Questa è evidentemente l'”eguaglianza” che si prepara.

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Daniele 6:37 pm - 4th Dicembre:

Su il venerdi’ di Repubblica di ieri, 3 novembre 2010, alla pagina 178, e’ stato pubblicato un articolo di Antonio Dipollina, intitolato “DONNE ASSASSINE E CRIMINOLOGHE AFFASCINANTI”, nel quale l’ autore parla di una trasmissione intitolata “Donne mortali” che va in onda sul canale Real Time, nonche’ della criminologa Roberta Bruzzone, chiamata ad introdurre ogni puntata della sopracitata trasmissione.
Ebbene, leggete questa dichiarazione della Bruzzone:
>>>>>>>>>>>>>>>>>
I casi di assassine seriali sono decisamente meno rispetto a quelli che riguardano gli uomini, ma ciò non significa che le donne non siano predatori anche piu’ letali dei maschi.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Bene, innanzitutto c’e’ da rilevare che anche per questa donna esistono “le donne e i maschi” anziche’ le donne e gli uomini” o “le femmine e i maschi”; poi e’ estremamente significativo il fatto che ella ci tenga a informarci che pur essendo in numero nettamente inferiore, le femmine killer possono essere piu’ letali dei killer di sesso maschile.
Ossia, che le esponenti del cosiddetto “gentil sesso”, (?!?) sono moralmente “superiori” agli uomini, ma che allo stesso tempo, se lo vogliono, possono “superarli” anche in crudelta’.
Insomma, non c’e’ ambito in cui le femmine non dimostrino di essere “migliori” degli uomini.
Io dico che queste tipe sono veramente andate fuori di testa.

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Simone 1:46 pm - 8th Dicembre:

http://www.ilrestodelcarlino.it/civitanova_marche/cronaca/2010/11/15/414752-brigadiere_preso_sportellate.shtml
Brigadiere preso
a sportellate
Arrestata prostituta

La donna, che si stava intrattenendo con un cliente nel piazzale di una discoteca, ha anche sputato ai militari che la controllavano

Porto Recanati, 15 novembre 2010 – Ha colpito con lo sportello dell’auto il brigadiere che la stava controllando, scaraventandolo a terra, la prostituta nigeriana (clandestina) sorpresa in atti osceni con un suo cliente (un 40enne del posto) nel parcheggio antistante una discoteca di Porto Recanati. I due si erano appartati in auto, senza curarsi del fatto che erano sotto gli occhi dei residenti dei palazzi circostanti.
I militari hanno così tentato di identificare i due. E’ stato a questo punto che la prostituta si è scagliata contro il brigadiere che la controllava, sputandogli e scaraventandolo a terra con lo sportello dell’auto del cliente con cui si stava intrattenendo in un amplesso alla luce del sole. La donna si è poi data alla fuga e il militare l’ha inseguita a piedi lungo la vicina statale che conduce all’Hotel House per poi bloccarla dopo qualche centinaio di metri.
La donna è stata fermata per resistenza a pubblico ufficiale, atti osceni in luogo pubblico e violazione delle norme in materia di immigrazione. È in carcere a Camerino a disposizione della procura del capoluogo maceratese.

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Simone 10:06 am - 6th Gennaio:

http://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/2010/11/17/415693-quella_donna_pericolosa_aids_diffonde_virus.shtml

Pesaro, 17 novembre 2010 – Tutto è cominciato nel più comune dei modi. Lui passeggia da solo in centro a Fano, lei si avvicina con una scusa banale: “Sai dove posso ricaricare il cellulare, qui vicino?”, “Sì, ti accompagno”. “E conosci qualcuno che mi possa dare lavoro come cuoca? Ho un figlio piccolo”, “Sì, ho un amico cuoco, ti faccio sapere…”. E si sono scambiati i rispettivi numeri di telefono. Quell’incontro di sei mesi fa si è poi trasformato in un inferno per il ragazzo in questione: un giovane pesarese che chiameremo Marco.

La donna, nome di fantasia Anna, è una ragazza madre poco più che ventenne che è diventata “una vera persecuzione”, stando ai racconti di lui: “E’ ossessionata da me, non mi lascia in pace, mi chiama e mi scrive di continuo, nonostante tra noi — giura — non ci sia mai stato nulla. Anche perché io sono fidanzato e glielo dissi da subito”. Marco ha sopportato l’invadenza per un po’, poi ha cercato di prendere le distanze, facendosi negare al telefono quando lei chiamava a casa, e cambiando ben tre schede sim del telefonino. Anna non si fermava, voleva incontrarlo e stare insieme a lui, le lettere e i messaggi nella cassetta postale e incastrate nel tergicristallo dell’auto si moltiplicavano. Finché la situazione è precipitata.

“Quella ragazza è pericolosa, mi ha confessato di essere malata di Aids e di avere rapporti con molti uomini, ovviamente ignari della malattia”. Lui da questo punto di vista è sereno perché “non abbiamo assolutamente mai avuto rapporti, soltanto un’amicizia”, però si preoccupa per i poveretti che lei ha incontrato e incontrerà.

Dà la colpa alla sua buona fede, Marco, alla sua indole, così predisposta ad aiutare gli altri, la stessa che lo ha fatto cadere in un incubo dal quale non vede l’ora di svegliarsi. E c’è dell’altro: Anna alcuni giorni fa ha denunciato Marco, accusandolo di avere picchiato il suo figlioletto di due anni. Poi però ha promesso di ritirare la denuncia se lui fosse corso tra le sue braccia. La querela per maltrattamenti di minore in effetti è agli atti, ma al momento secondo a quanto emerge da fonti investigative, non ci sono i termini per procedere. Anche l’altra mattina, accompagnato dalla madre, Marco si è recato dai carabinieri di Fano per raccontare la sua versione dei fatti.
“E’ assurdo, lei querela me? — continua Marco —. Quella donna è ossessionata, bugiarda, sarebbe capace di inventarsi qualunque cosa”.

Ci sarebbero diverse persone pronte a testimoniare in favore di Marco, che il giorno in cui sarebbe avvenuta l’aggressione al bambino, in un luogo pubblico a Fano, si trovava altrove. “Gli assistenti sociali dovrebbero seguirla molto di più (Anna al momento si trova in un centro di assistenza, ndr) — aggiunge —. Quella ragazza non sta bene, ma così non mette nei guai solo se stessa. Chi mi conosce sa che non farei mai male a una mosca, figuriamoci a un bambino. Per colpa della sua denuncia ho pure perso il lavoro”. Perché Marco non si è rivolto prima alle forze dell’ordine? Non si sentiva forse vittima di stalking? “Sono stato dai carabinieri, ma non l’ho denunciata perché in fondo mi dispiaceva, non volevo metterla nei guai, ha già tanti problemi, e poi perché pensavo che sarebbe diventata ancora più ossessionante. Adesso col senno di poi — conclude — mi dico che avrei dovuto farlo, e se non la smetterà di perseguitarmi lo farò”. E’ così che una vicenda apparentementemente banale si è trasformata in una storia di ordinaria follia.

di DANIELA BATTISTINI

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Marco 8:23 pm - 12th Gennaio:

http://www.corriere.it/esteri/11_gennaio_12/rissa-donne-florida_24b10d0a-1e72-11e0-8f93-00144f02aabc.shtml
FLORIDA
Pugni, schiaffi e vestiti strappati
La rissa tra donne è fuori controllo
Altro che gentil sesso: botte da orbi alla stazione di servizio
MILANO – Si picchiano selvaggiamente, si tirano per i capelli, si strappano i vestiti di dosso, volano pugni, schiaffi e calci. Le protagoniste? Donne. È accaduto in un parcheggio in Florida, davanti a una stazione di rifornimento per la benzina nella cittadina di Ocala. La maxi rissa, rivelano i media americani, risale alla notte del 30 dicembre scorso; solo ora è stato pubblicato il video su Internet. Gli inquirenti hanno aperto un’inchiesta.

TACCHI A SPILLO – Siamo negli Usa, precisamente in Florida. Una dozzina di ragazze, tra i 20 e i 30 anni, a quanto sembra le protagoniste appartengono a due gang rivali che si sono inaspettatamente ritrovate nel cuore della notte in un parcheggio. La sequenza è alquanto eloquente: dopo qualche occhiata nervosa e minacciosa, le protagoniste cominciano a insultarsi. Per poi venire alle mani. La scena ricorda un vero e proprio incontro di wrestling. Con tanto di spettatori che, divertiti, stanno a guardare. Nessuno però chiama la polizia. Le riprese, forse effettuate con la videocamera di un cellulare, è mossa, l’obiettivo si alza e si abbassa freneticamente. Evidentemente persino l’operatore non sa quale scena catturare per prima. Volano le extension dei capelli, le scarpe e persino i vestiti, letteralmente strappati di dosso, tanto che alla fine alcune di loro rimangono a scontrarsi in tanga e reggiseno. Altre senza nemmeno la biancheria intima. La polizia locale, che ha visionato le riprese, spera di poter individuare le responsabili.

El. Bur.
12 gennaio 2011

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Marco 2:25 pm - 21st Gennaio:

http://www.italiah24.it/home/cronaca/4343-bambino-ucraino-venduto-dalla-madre-6-arresti.html
Cassino – Magari una volta si restava di stucco quando leggevamo di bambini venduti appena nati, poi abbiamo fatto il salto di “qualità”, ci siamo abituati a notizie che restano raccapriccianti. E’ il caso di Cassino dove le forze dell’ordine hanno accertato la compravendita di un bambino per 25 mila euro, “messo in vendita” dalla madre. In manette sono finiti due cittadini russi, due italiani, un avvocato e la madre del bambino ucraino messo io vendita. Gli arrestati sono tutti domiciliati nella provincia di Caserta e sono accusati a vario titolo di soppressione di stato civile di minore e favoreggiamento personale. Sulla vicenda indaga la Procura di Cassino per capire se la banda fosse responsabile anche della vendita di altri minori in Italia. Le indagini sono state lunghe e complesse, anche per il massimo riservo su una situazione tanto delicata. I primi ad essere stati arrestati sono la coppia italiana di Cassino che aveva comprato il bambino. Poi le forze dell’ordine sono risalite alla coppia ucraina che cercava di recuperare l’intera cifra richiesta per la vendita del bambino. (Rosario Lavorgna)

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Andrea 9:00 pm - 12th Febbraio:

http://www.giornalettismo.com/archives/111663/uccide-i-figli-perche-parlano-troppo/

29 gennaio 2011

Una donna della Florida uccide i suoi bambini

Una madre di più di quarant’anni ha ucciso i propri due figli adolescenti, una ragazza di sedici e un ragazzo di tredici, perchè le rispondevano troppo spesso, mostrando una vivacità eccessiva che ha reso la donna un’omicida. La signora, Julie Powers Schenecker , è stata ricoverata in ospedale dopo essere stata arrestata, e attualmente è sottoposta a cure mediche che hanno fatto emergere uno stato di alterazione mentale precedente l’assassinio compiuto.

FIGLI UCCISI – Julie Powers Schenecker è stata portata al General Hospital di Hospital poco dopo mezzogiorno, ora della Florida, per essere curata a livello mentale. Le sue condizioni di salute però non sono state rivelate dalla polizia per ragioni di privacy. Secondo il mandato d’arresto la signora Schenecker avrebbe sparato al figlio perchè le aveva ribattuto in modo insolente mentre lo portava al campo di calcio per allenarsi con la sua squadra. Dopo l’omicidio la donna si è recata a casa, una villa, e ha mirato al viso dell’altra figlia, uccidendo anche lei con un colpo secco sparato all’interno dell’abitazione. La madre della mamma killer, e nonna dei due nipoti uccisi, aveva scritto una mail alla polizia avvertendo sulla depressione sempre più preoccupante della figlia. I poliziotti hanno trovato la signora Julie Powers Schenecker ricoperta dal sangue, e una volta visti cadaveri dei figli, alcune persone tra le forze dell’ordine hanno dovuto essere aiutati per riprendersi dallo shock.

FAMIGLIA NORMALE – Calyx, una ragazza di sedici anni, era la stella del liceo nella corsa campestre, mentre il figlio di 13 anni, Beau, era nell’ottava classe, l’equivalente americano della terza media italiana. Gli investigatori sono convinti che i figlio non si aspettavano il gesto omicida della madre, che li ha freddati con una pistola calibro 38 acquistata cinque giorni prima. Il marito della donna Parker Schenecker, è un ufficiale di carriera dell’esercito americano al Commando centrale di Tampa. L’uomo era al lavoro in Medio Oriente quando si sono verificati gli omicidi dei figli. Nel 2008 la famiglia Schenecker si era trasferita a Tampa, acquistando una villa del valore di circa 500 mila dollari nella tranquilla suburbia della città della Florida. Secondo i vicini la famiglia conduceva una vita normale, e la madre omicida non aveva dato segnali forti di disturbo della personalità.

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Andrea 9:05 pm - 12th Febbraio:

http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=6417&Cat=1&I=immagini/Foto%20A-C/bambina_muro_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=Attualit%C3%A0&Codi_Cate_Arti=24&Page=1
Su Sky un reportage che racconta storie di abusi compiuti da donne
Pedofilia femminile:
il dramma e il tabù
di Isabella Angius* Lavorare sulla pedofilia femminile significa trascorrere settimane e mesi a spiegare ad amici e conoscenti cos’è. Cos’è l’abuso al femminile? In molti pensavano che con quella definizione ci si riferisse alle vittime bambine, non alle abusanti adulte. Realizzare un reportage per Current tv (canale 130 di Sky) sulla pedofilia femminile ha significato quindi fare i conti con un tabù nel tabù: se è infatti già difficile che si riesca a parlare di pedofilia, è ancora più complicato riuscire a raccontare che gli abusi sessuali avvengono il più delle volte all’interno delle famiglie. È ancora più complesso fare i conti con il fatto che la pedofilia può avere il volto di una madre, di una baby sitter o di un’insegnante.Di solito le donne pedofile hanno un profilo che non ci si aspetta: sono giovani, colte, amorevoli con i bambini. Sono tante – troppe – le donne che recitano un ruolo passivo lasciando all’uomo il ruolo attivo nella molestia e nella violenza. Si calcola che le donne in percentuale siano tra l’8 e il 12% del totale. Un dato questo controverso perché è raro che venga segnalato un abuso di una donna, quelle segnalazioni stentano a diventare denunce, molte di queste vengono ritirate se non addirittura ritrattate dalle vittime stesse. Nessuna famiglia accetta un’onta di questo tipo. Se è una vergogna avere un familiare che ha questo tipo di “gusto sessuale” è ancora più intollerabile che sia una donna. Allora si ritratta, si ritira, si allontana la vittima se possibile. Si tace. Sintetizzando al massimo possiamo dire che gli uomini dal punto di vista fisico sono più violenti, mentre dal punto di vista psicologico sono le donne a fare peggio. Perché da una donna non te l’aspetti. Che ci piaccia o no la donna è vista soprattutto come madre. È suo per lo più il ruolo di cura e di protezione che rende la vittima ancora più debole, fragile, sola e isolata. La pedofilia femminile, come quella maschile, si esercita in gran parte all’interno delle mura domestiche, tra segreti, sentimenti di amore-odio e rapporti pericolosi. Una psicologa durante la realizzazione della puntata ci ha raccontato di una madre che svegliandosi di notte – e trovandosi sola nel letto – non faceva nulla. Eppure sapeva che il marito era nel letto della figlia sedicenne. Tutte le notti. Durante il processo la madre accusò la ragazzina di avere un atteggiamento seducente con suo padre. Per la madre, quella ragazzina era la colpevole, non la vittima.Quando si parla di pedofilia si sottende quasi sempre che il pedofilo sia maschio, sconosciuto e violento. E invece la realtà è molto diversa: per dirla con le parole di Luigi Colombo il pedofilo «è come un truffatore». E non meno la donna che abusa, che innanzitutto circuisce la vittima: crea empatia con il piccolo (spesso anche con i genitori) e solo dopo aver abusato in qualche modo si arriva al ricatto. Prima si chiede il silenzio, poi lo si pretende. Non è subito violenza, prima c’è l’inganno, la truffa appunto.Abbiamo parlato con tante persone: medici, poliziotti, investigatori, studiosi e volontari. Abbiamo poi intervistato una donna, una mamma che un giorno ha avuto chiaro che il suo figlio più piccolo stava subendo molestie dalla baby sitter che viveva a casa con loro. Un trauma. Un classico nella letteratura scientifica. Il bambino aveva allora meno di due anni, non andava all’asilo. Un giorno mimò un atto sessuale con un oggetto. Dopo un incontro con una psicoterapeuta è stato subito chiaro che il bambino viveva sollecitazioni sessuali non consone alla sua età. Il bambino era iper-sollecitato, sapeva cose che non avrebbe dovuto sapere. Scoprire che una persona che vive in casa – assunta e scelta dai genitori – proprio per la cura dei più piccoli è responsabile di molestie (quando non di vere e proprie violenze) è scioccante. Quella madre decise di non denunciare. Un bambino così piccolo non può raccontare, non sa parlare.Poi c’è la pedopornografia. A fare emergere più chiaramente la diffusione della pedofilia femminile negli ultimi anni ha contribuito senza dubbio il web. Su internet sono sempre di più le immagini o i filmati pedopornografici che coinvolgono donne e soprattutto mamme. Al Centro Nazionale della Polizia di Stato per il contrasto alla pedopornografia i poliziotti parlano di oltre 570 siti nella blacklist della Polizia Postale. «Dalle comunità virtuali – raccontano degli agenti – arrivano i consigli per l’uso, le raccomandazioni e le piste per ottenere materiali e minori da poter abusare. Il prezzo lo impone la qualità e soprattutto la novità delle immagini. È importante sottolineare – avvertono – che il clic alimenta la produzione e quindi l’abuso di produzione di questo materiale». Una donna poliziotto che ogni giorno – per lavoro – è costretta a vedere materiale perdopornografico – che non ha voluto rilasciare l’intervista – ci ha raccontato di quanto sia diversa, e comunque terribile, l’esperienza di vedere una fotografia, un filmato e un filmato con l’audio. E dunque l’incremento dei casi come questi confermano i dati riportati da Barbara Forresi dalla sede centrale a Milano di Telefono Azzurro: «Negli ultimi due anni, il 12% delle violenze sessuali denunciate su segnalazioni giunte al Telefono Azzurro, hanno come autrici delle donne». Nel reportage abbiamo raccolto la testimonianza di una donna condannata per abusi sessuali su sua figlia. Una testimonianza che abbiamo dovuto ricostruire grazie all’interpretazione di una (brava) attrice come Barbara Foria.«Adoravo il mio fidanzato. Era affascinante come Steve Mc Queen. Era lui che mi chiedeva di coinvolgere mia figlia. Quando sono accaduti i fatti non pensavo che mi piacessero i bambini e non lo penso neppure ora. In realtà non pensavo a nulla. Adesso mi è capitato, soprattutto nel progetto di trattamento, di farmi questa domanda, ma penso di poter dire che i bambini in generale non mi piacciono, ho coinvolto mia figlia nei rapporti sessuali con il mio partner». Luigi Colombo è il medico che ha in cura la donna che ha risposto alle nostre domande. Un altro medico che anche lui cura i sex offender ci ha raccontato: «Quando entra nella mia stanza un pedofilo per me è un malato. Spesso è vittima due volte: della sua malattia e di un abuso subito molti anni fa, da bambino». Ma i malati vanno curati e il carcere punisce e non cura.

*Autrice del reportage in onda questa sera alle 21.10 su Current Tv (Sky, canale 130)

16 giugno 2010

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Andrea 9:08 pm - 12th Febbraio:

http://www.crimeblog.it/post/5853/usa-nonna-getta-la-nipotina-di-2-anni-dal-quinto-piano-di-un-centro-commerciale-arrestata-con-laccusa-di-omicidio
La donna che vedete in foto si chiama Carmela Dela Rosa, ha 50 anni ed ha finita in carcere ieri con l’accusa di aver ucciso la nipotina di appena 2 anni e mezzo lanciandola dal quinto piano della parcheggio di un centro commerciale a Fairfax, in Virginia.

L’omicidio – sembra esclusa l’ipotesi di un incidente – è avvenuto al termine di una giornata di shopping: la Dela Rosa si era recata al Tysons Corner Center insieme al marito, la figlia e la nipotina, Angelyn Ogdoc.

All’improvviso, mentre l’intera famiglia stava attraversando il ponte che collega il centro commerciale al parcheggio, la Dela Rosa ha afferrato la bimba e l’ha lanciata di sotto.

La bimba, dopo un volo di circa 15 metri, è precipitata su un marciapiede e la corsa in ospedale è stata inutile: è deceduta poche ore dopo.

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Leonardo 2:44 pm - 16th Febbraio:

Una cosa che mi sembra interessante. Guardando il commento audio nel DVD del film Le colline hanno gli occhi del 2006, ad opera dei due produttori Wes Craven e Peter Locke. All’inizio del film si vedono immagini di repertorio su esperimenti nucleari Americani, i due produttori commentando il film durante queste immagini, ( in inglese, ho copiato i sottotitoli del discorso che hanno fatto ) dicono:
No, seriamente, noi due siamo cresciuti in questo periodo….quando facevano queste cose – vero. Ricordo che…facevate anche voi le esercitazioni? – Sicuro – nel corridoio della scuola? – sotto i banchi, arrabbiati perché ci mettevano…..inizialmente sotto i banchi. Poi in corridoio. Credo che avessero studiato il sistema più intelligente, secondo loro. Con i maschietti all’esterno, affinché si prendessero il calore dell’esplosione. Cosa che non ho mai perdonato loro.

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Andrea 12:30 pm - 20th Febbraio:

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/marche/2011/02/16/visualizza_new.html_1586828752.html
(ANSA) – ASCOLI PICENO, 16 FEB – Quattro anni e 4 mesi di carcere. E’ la condanna comminata dal gup del Tribunale di Ascoli a una mamma di Amandola accusata di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile delle figlie, tre sorelline al centro di un giro di pedofilia scoperto dai carabinieri nel 2007. Una vicenda che ha gia’ portato a 11 condanne. Le tre sorelle erano tutte minorenni all’epoca dei fatti. In particolare le due piu’ grandi erano state costrette a rapporti sessuali ripetuti da uno zio paterno, un paio di uomini di Amandola e Comunanza, un anziano e due gruppi distinti di giovani indiani, fra cui il fidanzato della ragazza piu’ grande.

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Sandro2 7:31 pm - 1st Marzo:

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/?id=3.0.3588793278
USA: TEXAS, DONNA UCCIDE E DECAPITA FIGLIO NEONATO
ultimo aggiornamento: 27 luglio, ore 17:34

Washington, 27 lug. – (Adnkronos) – Una donna di San Antonio, in Texas, ha ucciso e poi decapitato il figlio di appena quattro settimane con un coltello da cucina, in quello che la polizia locale descrive come uno dei crimini piu’ raccapriccianti degli ultimi anni. Otty Sanchez, 33 anni, ha ammesso ai poliziotti le proprie responsabilita’, dichiarando di aver “udito delle voci” e di essere stata costretta dal diavolo a commettere l’infanticidio. La donna e’ ora ricoverata allo University Hospital.

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Leonardo 5:42 pm - 2nd Marzo:

Washington, 27 lug. – (Adnkronos) – Una donna di San Antonio, in Texas, ha ucciso e poi decapitato il figlio di appena quattro settimane con un coltello da cucina, in quello che la polizia locale descrive come uno dei crimini piu’ raccapriccianti degli ultimi anni….., dichiarando di aver “udito delle voci” e di essere stata costretta dal diavolo a commettere l’infanticidio. La donna e’ ora ricoverata allo University Hospital
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Certo non si può impedire alla gente di fare figli, sono favorevole all'aborto se una donna o un uomo non se la sentono di crescere dignitosamente degli esseri umani che sono i bambini.

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Andrea 8:05 pm - 3rd Marzo:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/03/03/news/milano_in_carcere_marinella_colombo_la_donna_che_sottrasse_i_figli_al_padre-13132626/?ref=HREC2-5
Milano, in carcere Marinella Colombo
la donna che sottrasse i figli al padre
Nel febbraio dello scorso anno era andata in Germania per riprendersi i bambini affidati
all’ex marito tedesco. E’ accusata di sottrazione di minori, sequestro di persona e maltrattamenti

E’ finita in carcere con le accuse di sottrazione di minori, sequestro di persona e maltrattamenti Marinella Colombo, la donna milanese che da tempo sta conducendo una lunga e personale battaglia per poter stare in Italia con i suoi figli, affidati dal tribunale di Monaco all’ex marito tedesco. Nel febbraio dello scorso anno la donna, che sarà interrogata domani dal gip milanese Luigi Varanelli nel carcere di San Vittore, era andata a riprendersi i suoi due figli, di 8 e 12 anni, in Germania e da allora li tiene nascosti in una località segreta, all’estero. Da qui le accuse di sequestro di persona e sottrazione di minori, a cui si è aggiunta quella di maltrattamenti psicologici, in relazione al fatto che da oltre un anno i suoi bambini non stanno frequentando la scuola e vivono lontani da padre e madre.

Il fermo, firmato dal procuratore aggiunto Pietro Forno e dal pm Luca Gaglio, si è reso necessario perché gli investigatori, dopo averle piazzato cimici in casa, hanno scoperto che la donna stava per fuggire in Libano con i figli. “Qualche giorno fa – ha spiegato il suo legale, l’avvocato Laura Cossar – la sua casa di Milano è stata perquisita e in quell’occasione probabilmente hanno piazzato le microspie. La Colombo voleva probabilmente andare in Libano perché è uno dei pochi Paesi che non hanno firmato la Convenzione dell’Aja e dunque da là non poteva essere estradata”. Il problema ora, ha aggiunto l’avvocato, “è per i bambini, perché solo lei sa dove sono”.

La settimana scorsa, ha aggiunto il legale, era già arrivata una notifica per un interrogatorio davanti al gip Varanelli, fissato per domani, per una misura di divieto d’espatrio a carico della donna. I pm non hanno ancora mandato al gip la richiesta di convalida del fermo e l’interrogatorio di domani probabilmente sarà relativo anche alla convalida del fermo. Inoltre l’8 marzo prossimo per la donna proseguirà il processo in cui è accusata di sottrazione di minori e inottemperanza di un provvedimento del tribunale dei minorenni. Quel giorno dovrebbe testimoniare anche il padre dei piccoli.

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Andrea 3:02 pm - 5th Marzo:

http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2010/08/06/olanda_madre_uccide_neonati.html
Una nuova storia d’orrore è emersa oggi da un tranquillo paesino di provincia nel nord-est dell’Olanda. La polizia ha arrestato una giovane donna di 25 anni sospettata di aver ucciso quattro neonati partoriti tra il 2002 e il 2010. I corpi dei quattro bebè, nascosti in altrettante valigie, sono stati scoperti durante una perquisizione nel sottotetto della casa dove la donna abitava insieme ai genitori. Dapprima era stato detto dagli inquirenti che tre valigie contenevano “le spoglie mortali” di altrettanti neonati. Successivamente, in seguito ad accertamenti medico-legali, è stato stabilito che anche la quarta conteneva i resti di un bebè.

Ad anticipare la notizia dell’arresto della donna è stata oggi la stampa locale. Poi il procuratore generale del tribunale di Leeuwaarden, Annette Bronsvoort, ha confermato l’arresto nel corso di una conferenza stampa, precisando che si sospettava che la madre avesse ucciso “almeno tre bebe”‘. Nel pomeriggio l’annuncio del quarto ritrovamento. Gli inquirenti non hanno fornito altri particolari, evitando di rispondere a chi voleva sapere se anche i genitori della giovane donna sono sospettati di aver avuto qualche ruolo negli infanticidi e nell’occultamento dei cadaveri. A Nij Beets, il paesino teatro del macabro ritrovamento, i vicini di casa sono letteralmente caduti dalle nuvole. La donna lavorava come assistente di un dentista in un paese vicino. “Era carina e magra”, ha detto chi la conosceva di vista. E mai era stata notata una sua gravidanza. La polizia avrebbe dato il via alle indagini all’inizio di quest’anno dopo aver ricevuto una soffiata da qualcuno vicino alla famiglia della principale sospettata.

La strada dove si trova la casa in cui è avvenuto il ritrovamento dei resti dei neonati è stata transennata e gli agenti della scientifica hanno setacciato l’abitazione e il giardino alla ricerca di nuovi indizi. Intanto, gli esperti di medicina legale esaminano i resti dei bebè per tentare di appurare le cause della loro morte. L’inchiesta “dovrà anche rispondere alla domanda se i bebè erano nati morti”, ha spiegato il procuratore generale. Durante l’interrogatorio a cui è stata sottoposta dalla polizia, la giovane avrebbe prima affermato che i suoi bambini erano stati adottati da altri, poi avrebbe ammesso che erano morti. Il 28 luglio scorso ha suscitato grande commozione il ritrovamento, nel nord della Francia, dei cadaveri di otto neonati uccisi e occultati dalla madre in un edificio e nel giardino.Ma anche l’Olanda non è nuova a questo genere di orrori. Nel 2006 una donna venne arrestata e condannata per aver affogato quattro figli appena nati.

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Simone 9:10 pm - 5th Marzo:

http://www.crimeblog.it/post/4330/uk-madre-36enne-circuisce-ragazzino-di-12-anni-condannata-a-9-anni-di-carcere
UK: madre 36enne circuisce ragazzino di 12 anni, condannata a 9 anni di carcere
pubblicato: venerdì 26 febbraio 2010 da Daniele Particelli

AngelaSullivan

Si è concluso oggi a Middlesbrough, nel Regno Unito, il processo che ha visto imputata la 36enne Angela Sullivan, accusata di aver abusato sessualmente di uno studente di 12 anni.

Nel corso del processo, ve lo avevamo anticipato qualche settimana fa, si è parlato di quasi 200 rapporti sessuali nel giro di 10 mesi, rapporti di cui la donna aveva tenuto traccia in un diario, affiancando un numero di stelle pari alla qualità del rapporto vicino ad ogni data.

La Sullivan, dopo essersi inventata una serie di scuse per giustificare le sue azioni, nel corso del processo si è dichiarata colpevole di tutti i capi d’accusa ed ha anche ammesso di aver ricompensato il ragazzino con un paio di scarpe nuove.

Per questo la donna, madre single, è stata condanna a scontare 9 anni di carcere.

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Simone 9:14 pm - 5th Marzo:

http://www.ilsecoloxix.it/p/savona/2010/04/29/AMXGUGeD-seviziava_dieci_figlio.shtml
Seviziava il figlio di dieci anni
29 aprile 2010
ALBERTO PARODI
SAVONA
Secondo l’accusa, la donna avrebbe sfogato sul bambino le sue fantasie sessuali

Abusi, sevizie e violenze sessuali choccanti, ancor di più se a commetterle è una mamma sul proprio figlioletto. Accuse agghiaccianti, da far rabbrividire. Una galleria degli orrori.

Una madre quarantenne, ieri a processo, che in base alle accuse avrebbe sfogato sul figlio di 10 anni le sue perversioni e fantasie sessuali. Lo avrebbe sodomizzato con un bastone, legato ad una sedia con una fune oppure usando le manette del marito (agente di polizia penitenziaria), per masturbarlo. E ancora lo avrebbe costretto ad assistere ai suoi rapporti sessuali con altri uomini. È quanto descritto dalla vittima, ritenuto attendibile dalla perizia disposta al consulente del Tribunale.

Si è tenuta a porte chiuse l’udienza di ieri mattina in Tribunale a Savona in cui sono state raccontate dai testi (assistenti sociali, medici, periti, carabinieri) dell’accusa le presunte sevizie riferite dalla vittima. Orrori difficili anche da immaginare rivissuti davanti ai giudici Canepa, Meloni e Zerilli riuniti in seduta collegiale e al pm G.B. Ferro. Davanti alla madre, quarantenne di Cairo (presente ieri in aula) che lavora per una ditta che si occupa di mense comunali, ieri è stato ascoltato come testimone anche il fratello maggiore, ora trentenne, della vittima dei presunti abusi avvenuti sino all’ottobre del 2004 e segnalati dai servizi sociali del comune di Cairo, che hanno portato il figlio, ora sedicenne, ad essere allontanato dalla madre ed affidato ad una casa-famiglia. All’udienza di ieri era presente anche l’amministrazione comunale di Cairo che tramite l’avvocato Luigi Gallareto si è costituita parte civile. Infatti il bambino era stato affidato al Comune dopo essere stato tolto alla madre e per un certo periodo affidato agli zii in Sardegna, dove lo avevano ospitato a Tempo Pausania. E proprio qui, gli assistenti sociali si erano accorti degli atteggiamenti particolari della ragazzino che si rapportava alla zia cercando di ripetere i gesti che faceva la madre su di lui. Comportamenti che hanno inquietato la zia, oggetto delle «avances» del nipotino che ripeteva su di lei, secondo le relazioni degli assistenti sociali, quanto la mamma faceva su di lui. La donna, assistita dall’avvocato Andrea Agenta, ha sempre negato le accuse, definendole «fantasie». Solo casi sporadici di violenti rimproveri, degenerati dalle continue liti in famiglia, alimentati anche da problemi di alcolismo emersi ieri in aula: «Voglio dimostrare la mia innocenza» ha detto ai parenti in una pausa fuori dall’aula. In attesa dei testi della difesa, la prossima udienza è stata fissata al 21 luglio prossimo. In base alla relazione del dottor Debora Cavalleri (perito che ha seguito l’incidente probatorio in cui è stata raccolta la testimonianza della presunta vittima) il bambino è risultato «abusato». Un’altra perizia è stata affidata al dottor Andrea Rebizzo per la valutazione dei danni fisici causati dai presunti casi di sodomizzazione.

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Simone 9:21 pm - 5th Marzo:

http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=597449&idsezione=9&idsito=1&idtipo=2
VIENNA – E’ stata condannata a 22 mesi di reclusione con la condizionale una 42enne riconosciuta colpevole di avere avuto rapporti sessuali con un 13enne.

Renata C., 42 anni è una donna d’affari appassionata di pallamano. Uno sport che pratica durante il suo tempo libero. Siamo nel dicembre 2009. La donna in carriera allena una squadra di Vienna, nel quartiere di Neustadt, dove gioca il tredicenne, che diventerà poi il suo giocatore preferito. Tra i due scatta la scintilla. Febbraio 2010. I due cominciano ad incontrarsi, a frequentarsi.

Norbert Hauser, l’avvocato che ha difeso in tribunale la donna ha spiegato al giudice che “pero’, l’iniziativa che ha portato all’approccio di natura sessuale è stata presa da lui”. “E lei voleva addirittura scappare via” ha aggiunto Hauser. Lei voleva andarsene, ma non lo ha fatto. Tra i due nasce un sentimento corrisposto. Relazione che la legge austriaca non consente in quanto la relazione inizia 5 mesi dal compimento del 14esimo compleanno del giovane.

Alla donna, infatti, è stato proibito per i prossimi tre anni di non avere più rapporti sessuali con il ragazzo, oggi 14enne. Inoltre, la 42 è stata esonerata dalla squadra di pallamano che allenava.

Alla fine del processo, che si è tenuto a porte chiuse, ad aspettarla fuori dall’aula c’era il suo ragazzo, insieme alla madre di lui. I due hanno ripreso insieme, abbracciati, la via di casa. Il padre del giovane, che ha denunciato il fatto, ha accettato il giudizio pronunciato dalla corte.

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sandro 9:45 am - 11th Marzo:
Leonardo 1:03 pm - 13th Marzo:

Carino il testo di questa canzone:
http://www.youtube.com/watch?v=EPRwo0OMbQ8

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Sandro2 10:23 pm - 21st Marzo:

http://violenza-donne.blogspot.com/2011/03/mississipi-madre-cuoce-figlio-nel-forno.html
Mississipi – Madre cuoce figlio nel forno
03 marzo 2011
Un ennesimo caso di infanticidio, questa volta scoperto in America nel Mississipi. I poliziotti della zona hanno rinvenuto in casa di una donna, il corpo carbonizzato del proprio figlioletto che giaceva in un forno elettrico. Tristan, questo era il suo nome, ha cessato di vivere nella maniera più atroce che si possa pensare e per mano della madre che avrebbe dovuto difenderlo piuttosto che procurargli la morte.
Non sono ancora ben chiare le cause del decesso, ovvero se il bambino sia stato bruciato vivo o messo nel forno dopo essere stato ucciso. L’autopsia disposta subito dopo la scoperta, rivelerà in questi giorni il modus operandi della madre assassina, anche se il medico legale chiamato sulla scena del crimine pensa con tutta probabilità che si tratti della prima ipotesi. La madre, Terrie A. Robinson verrà chiamata in giudizio il prossimo giovedì e dovrà rispondere di omicidio.

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Sandro2 10:26 pm - 21st Marzo:

http://www.quotidianoitalia.it/index.php/component/content/article/1-prima-pagina/14041-donna-uccide-i-suoi-tre-figli-a-coltellate
Donna uccide i suoi tre figli a coltellate
Mercoledì 09 Marzo 2011 10:54
Roma – Un’altra vicenda legata a motivi di separazione. Una donna nata in California Theresa Riggi, 47 anni, ha ucciso i suoi tre figli, due gemellini di otto anni e la sorellina più piccola di cinque. E’ successo ad Edimburgo. Dopo un’esplosione di gas in un appartamento ha trovare i corpi dei bambini con diverse coltellate in vari punti del corpo. Quella che sembrava un incidente causato per fuga di gas, si è rivelato invece un macabro omicidio. All’origine dell’accaduto c’è la storia di separazione dei coniugi. La donna era terrorizzata dal fatto che gli venissero tolti i bambini, infatti in una ultima telefonata col marito, che gli aveva rivelato l’intenzione di portare via i bambini, la risposta della donna è stata fredda e decisa: “Di loro addio”. Un avvertimento, che la donna poi ha messo in atto con la morte dei tre bambini. La donna sarà processata nel prossimo 26 aprile.

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Sandro2 10:31 pm - 21st Marzo:

http://violenza-donne.blogspot.com/2011/03/gb-donna-stacca-morsi-i-testicoli-del.html
GB – Donna stacca a morsi i testicoli del fidanzato
17 marzo 2011
Un uomo ha subito un intervento chirurgico per riattaccare i suoi testicoli, dopo che la sua fidanzata glieli avrebbe staccati a morsi.
Maria Georgina Topp (nella foto in alto), 43 anni, è apparsa in tribunale accusata di aver sferrato l’orribile attacco contro Martin Douglas.
Martin, 45 anni, ha dovuto chiamare il 999 per chiedere un’ambulanza, ma era talmente sofferente che era difficile per gli operatori capire che cosa stava dicendo.
La coppia era tornata nel proprio appartamento dopo una notte fuori quando, verso le 4 del mattino, è avvenuto l’attacco.
I paramedici che sono arrivati sul posto hanno ​​contattato la polizia a causa della gravità delle sue ferite e la Topp è stata arrestata.
E’ stato necessario un intervento d’urgenza dopo l’incidente di Newcastle e l’uomo ha dovuto trascorrere diversi giorni per riprendersi dalle lesioni ai genitali prima di essere dimesso dall’ospedale.
La signora Topp, della vicina Gateshead, è stata accusata di aver causato lesioni personali gravi.
Un giudice ha accolto il rilascio su cauzione a condizione che non rimetta piede in città, né si avvicini a Martin.

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cesare 4:52 pm - 24th Marzo:

Il Foglio di oggi Giovedì 24 marzo in un articolo dal titolo “Le Amazzoni che hanno costretto Obama a fare la guerra a Gheddafi”, scrive che Maureen Dowd sul New York Time le chiama Amazzoni guerriere, le Lady Falco che piombano sul presidente Barack Obama e lo scuotono dalle sue delicate sensibilità e gli mostrano la strada della guerra. Esse sono: Samantha Power assistente alla sicurezza nazionale, Susan Rice ambasciatrice all’ONU, la Power che ha vinto il Pulitzer, Anne Marie Slaughter ex direttore della pianificazione politica al dipartimento di Stato, Margaret Woodward comandante in capo della guerrra in Libia.
Racconta Maureen Dowd che gli uomini del Presidente erano così disperati di far sembrare Obama un burattino nelle mani delle ragazze (dopo la madre e la moglie) che hanno dichiarato che le Furie non si trovavano nella stanza della Decisione. Si domanda ironicamente Maureen Dowd: e dov’erano allora, in cucina?
Mio commento: probabilmente la guerra è il modo peggiore per risolvere i problemi. Certo è che sembra la prima volta che si fa una guerra senza che esistano i problemi da risolvere: per puro gusto di farla insomma. Infatti è da giorni che la si sta facendo e nessuno ha ancora capito perché. Più che fare la guerra in questo caso si può forse usare il verbo “indossare” la guerra, a condizione naturalmente che sia di moda. E questa indiscutibilmente per la fantasia delle signore della guerra si prestava ad esserlo: trasformare le beghe tribali e le aspirazioni del populismo teocratico islamico in lotte delle masse femminili e studentesche, la sfilata delle women in war sulla passerella della no fly zone non poteva che essere un successone mediatico. Quella carogna della realtà invece appare sempre più amaramente diversa.

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Marco 9:21 pm - 24th Marzo:

“Le Amazzoni che hanno costretto Obama a fare la guerra a Gheddafi”
@@@@@
Ma perché questi ridicoli giornalisti parlano sempre di “Amazzoni” ?? Ma amazzoni di che? Ma chi è che sta in prima linea a fare la guerra, gli uomini o le donne? A me risulta che si tratti di uomini! Inoltre, se non vado errato, quando a dichiarare guerra erano uomini come Reagan, nessuna di queste giornaliste parlava di “Spartani” o di “Pretoriani”… Ma che vadano a…!!

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Andrea 5:59 pm - 27th Marzo:

http://www.libero-news.it/news/379462/Belgio__donna_uccide_i___figli.html
Nonostante sia stato riconosciuto vittima della vicenda, Bouchaib Moqadem dovrà risarcire le spese del processo della moglie – ormai ex – che ha ucciso, sgozzandoli, i loro cinque figli.
Lo stato belga chiede infatti a lui di risarcire le spese della giustizia, oltre 72 mila euro, dato che la moglie in carcere risulta insolvente. Lo riporta oggi il quotidiano belga ‘Le soir’, riferendo che la richiesta è rivolta alla coppia che formavano Bouchaib Moqadem e Genevieve Lhermitte. Considerando che la donna, ora in carcere perché riconosciuta colpevole, è insolvente, dovrà essere il marito a pagare i costi del processo.
«Non so cosa dire, sono disgustato e sgomento», ha dichiarato il signor Moqadem. «Ecco che spetta a me, che sono già stato privato ingiustamente dei miei figli, di pagare il processo intentato alla mia ex moglie, riconosciuta come l’assassina dei miei cinque bambini, tutti sgozzati in condizioni crudeli», ha aggiunto parlando al quotidiano belga.
Moqadem e la sua ex moglie hanno nel frattempo venduto la casa familiare, nella divisione dei beni seguita al divorzio. L’avvocato dell’uomo si è rivolto al ministro delle finanze Didier Reynders, sperando che la «morale superi le ragioni amministrative» e che lo Stato dia prova di «moderazione giustificata dal carattere tragico di questo quintuplo infanticidio».

La vicenda risale al 28 febbraio 2007. La donna, all’epoca 42enne, uccise i bambini, di età compresa tra i 3 e i 14 anni, a coltellate. Genevieve Lhermitte è stata ritenuta colpevole di «pluri-omicidio premeditato» e non le è stata concessa alcuna attenuante. Anzi, il giudice parlò di «atti di estrema violenza», «di fatti particolarmente atroci, che hanno causato un’intensa sofferenza ai bambini che hanno potuto accorgersi che stavano per morire», e la giuria la ritenne «sana di mente e capace di intendere e di volere».
Secondo la ricostruzione fatta durante il processo, la donna sgozzò una dopo l’altra le sue quattro figlie Yasmine, di 14 anni, Nora di 12, Miryam di 10, Mina di 8 e il maschietto di tre anni, Medhi. Li uccise in casa, dove si trovava da sola dato che il marito algerino era da quasi un mese assente, nel suo Paese. Poi cercò a sua volta di togliersi la vita ma senza successo.
La giuria ha ritenuto che Genevieve Lhermitte «fosse in uno stato ansioso-depressivo grave che ha alterato, ma non annullato, la sua capacità di capire» ciò che stava facendo.

27/03/2010

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Andrea 9:28 pm - 2nd Aprile:

http://www.dailymail.co.uk/news/article-1356704/Chemist-killed-husband-radioactive-poison-avoid-going-divorce.html?ITO=1490
Chemist ‘killed her husband with radioactive poison to avoid going through a divorce’

By Paul Thompson
Last updated at 11:09 PM on 13th February 2011
A chemist killed her husband with a radioactive poison to avoid going through a divorce, prosecutors have claimed.

Tianle Li is suspected of giving her husband Xiaoye Wang deadly doses of Thallium, a poison so toxic that it was banned in the US in the 1980s.

The 39-year-old computer engineer, who lived with his wife and two-year-old son in Middlesex County, New Jersey, believed he was suffering from flu when he checked into the University of Princeton Hospital.
Accused: Arriving in court, Tianle Li is accused of poisoning her husband with deadly Thallium which she allegedly acquired from her job as a chemist

Accused: Arriving in court, Tianle Li is accused of poisoning her husband with deadly Thallium which she allegedly acquired from her job as a chemist

Doctors were unable to figure out what was wrong with Mr Wang, until a nurse remembered a case more than a decade ago when she read about a student in China who died from Thallium poisoning.

Tests confirmed Wang was riddled with the poison, but by the time the rare antidote – Prussian Blue – arrived he could not be saved.

His 40 year old widow showed no emotion when she appeared in court to face first degree murder charges.

Tianle is suspected of stealing the poison from the lab where she worked at Bristol-Myers Squibb in Lawrenceville, New Jersey.
Family home: The house where Li and her husband lived with their two-year-old son in Middlesex County, New Jersey. Police say they were called to disturbances in 2009

Family home: The house where Li and her husband lived with their two-year-old son in Middlesex County, New Jersey. Police say they were called to disturbances

Thallium poisoning typically includes loss of hair, thickened skin, severe gastrointestinal pain and loss of feeling in the extremities.

But medical staff said Wang showed none of the symptoms until a few days after his arrival at hospital.

Wang and Li, who are from China, were known to have had marriage problems and authorities said they had planned to divorce. Neighbours claimed police were called to the house on occasions.

‘The investigation determined that Li and Wang, who were in the process of getting a divorce, had been involved in a series of domestic disturbances since April 2009,’ said Bruce Kaplan, the Middlesex County prosecutor.
Thallium: The radioactive chemical has only one known cure – Prussian Blue – which doctors could not find in time to save Mr Wang

Thallium: The radioactive chemical has only one known cure – Prussian Blue – which doctors could not find in time to save Mr Wang

He said Li, who goes by the name Heidi, has no relatives in the United States. Their son, two, is in foster care while family travel from China to take care of the boy.

After searching the couple’s home in the southern end of Middlesex County, investigators concluded no one else had been exposed to the metal.

Thallium, a radioactive substance, is used mostly in the electronics industry. It is also deployed in stress tests to diagnose heart disease.

For poisoning purposes, it would be in a powdery or crystallized state.

The poison works by destroying the body’s supply of potassium and attacking the nervous system, the stomach and the kidneys. Its effects can take weeks to kick in.

Li is being held in the Middlesex County Jail with her bail set at $4 million after she was charged with murder. She pleaded not guilty.

Read more: http://www.dailymail.co.uk/news/article-1356704/Chemist-killed-husband-radioactive-poison-avoid-going-divorce.html#ixzz1IOq0nwFv

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Andrea 11:57 am - 4th Aprile:

http://www.primocanale.it/news.php?id=86088
GENOVA
Minaccia con coltello la rivale, denunciata
18/03/2011 13:02
Da qualche settimana passeggia in via di Francia e la clientela non le manca. La donna, una romena di 30 anni, è vista però come una rivale dalla veterana “collega” italiana di 43. Quest’ultima la informa così che se vorrà restare in zona dovrà contribuire con una ventina di euro per ogni “passaggio” accettato. La giovane prostituta si rifiuta di pagare la quota richiesta e finisce per esser minacciata con un coltello dalla rivale. In seguito all’accaduto la 43enne è stata denunciata per estorsione dai poliziotti di una volante del Commissariato Pré chiamati dalla vittima.

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Andrea 7:47 am - 5th Aprile:

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo435165.shtml
Si uccise per false accuse di abusi
Alessandria, 3 denunce per estorsione

“Paga o diciamo che hai toccato la nostra bambina”. Con questa tremenda e falsa minaccia, un uomo e la sua convivente, con la complicità della figlia 16enne, hanno ricattato per mesi Giuseppe Papalia, 63 anni, muratore di Castelnuovo Scrivia (Alessandria). Il 63enne si tolse la vita nel maggio 2007. Ora, denunciati per estorsione e morte come conseguenza di altro delitto, i tre sono stati rinviati a giudizio.

E’ fine febbraio 2007. In due mesi, Papalia incontra di frequente la 16enne, a cui consegna piccole somme. A marzo ottiene dal suo datore di lavoro 2mila euro. Alla banca chiede un prestito di 5mila euro.

Sposato, padre di due figli, Giuseppe si sente morire di vergogna per una storia falsa. In famiglia, che non ha mai creduto al suicidio, diventa sempre più taciturno.

La mente di tutto, secondo i carabinieri, è Teresa Angela Camillo, madre della ragazza. Ricevuti i soldi delle presunte estorsioni, li versa in banca. Ai ricatti contribuisce anche il convivente della donna, Salvatore Caccamo, di 26 anni.

Dal 7 al 19 marzo Papalia continua a consegnare denaro. L’ultima somma è di 1.600 euro. L’uomo scompare il 28 marzo 2007. Il 6 maggio viene trovato impiccato nel cantiere di un’abitazione in costruzione, poco distante da casa. In tasca ha un paio di biglietti, utili per far partire le indagini. Sono fogli che imitano grossolanamente la carta intestata della Procura di Tortona e in cui si parla di un ipotetico procedimento penale per molestie sessuali verso una ragazza di 16 anni.

Il controllo incrociato dei conti correnti rileva passaggi di denaro dalla banca di Papalia a quella di Teresa Angela Camillo. I Ris di Parma individuano nel pc della donna il computer con cui sono stati scritti i foglietti. E’ l’ultimo elemento utile per le indagini. Il pm di Tortona chiede il rinvio a giudizio per Teresa Angela Camillo e Salvatore Caccamo. Della ragazza se ne occuperà la Procura dei minori.

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Andrea 7:51 am - 5th Aprile:

http://lanuovasardegna.gelocal.it/cronaca/2009/12/08/news/accusati-di-pedofilia-padre-e-nonni-assolti-dopo-sei-anni-1799392
BORORE. Dopo sei anni la verità viene fuori. Un padre e due nonni cancellano l’etichetta di mostri che si portavano dietro da quando erano finiti sotto inchiesta, perché ritenuti gli autori di abusi verso una bambina di sette anni.
Quegli abusi, come ha chiarito la sentenza di primo grado, non c’erano mai stati. In aula, dopo alcune udienze, questa convinzione è pian piano diventata certezza. Non una prova, non una perizia che indicasse chiaramente la colpevolezza dei tre imputati, trasformati così in vittime di una vicenda assurda.

Tutto inizia nel 2003, quando la madre della bambina – i due genitori si erano separati qualche tempo prima e la donna era andata a vivere a Bosa – segnala che la figlia avrebbe riferito delle strane frasi. Si pensa che possano essere collegate a comportamenti sessuali di adulti e si tenta di capirne l’o rigine.
Parte l’inchiesta della procura che avvia vari accertamenti, tra cui quelli ginecologici. Tutti danno esito negativo: non ci sono segnali che possano far pensare che la bimba abbia subito abusi. Ma il reato ha varie configurazioni, per cui non è necessario che l’a buso sia consumato sino in fondo.

Così l’inchiesta va avanti, ma nemmeno le varie audizioni protette cui viene sottoposta la bambina danno esiti che possano far pensare ad un coinvolgimento del padre e dei nonni paterni negli abusi.
Il rinvio a giudizio, però, arriva ugualmente. Il padre è accusato per un episodio accaduto a Bosa, quando era andato a trovare la figlia. I nonni per alcuni episodi accaduti nella loro casa, quando ospitavano la bambina. Sulla base di questi capi d’imputazione inizia il processo, dove sfilano, come testimoni, la madre e tutte quelle persone che avevano avuto modo di esaminare la piccola.

Ma è un processo che sembra non avere pace. Il tribunale è costretto a cambiare diversi pubblici ministeri, anche se le udienze scorrono una dietro l’altra. Sino all’ultima, quella di ieri mattina, che ha visto il pubblico ministero Armando Mammone chiedere l’assoluzione con formula ampia per tutti e tre gli imputati.

Il padre è sempre stato presente in aula, mentre i due nonni hanno preferito non partecipare ad una prova così ardua.
La requisitoria del pubblico ministero ha ovviamente trovato sponda nell’avvocato difensore Rosaria Manconi, che ha ribadito come dal processo e dalla precedente inchiesta non fosse emerso un solo indizio che provasse che gli abusi fossero stati realmente commessi.

A difendere l’ipotesi contraria è rimasto solamente l’avvocato di parte civile, che si era costituito per conto della madre della bambina. Ha insistito sulla veridicità delle accuse e sulla reale possibilità che gli abusi fossero stati commessi da tutti e tre gli imputati, basandosi proprio sulle dichiarazioni della bimba. Tesi che non è stata però accolta. I giudici Annie Cecile Pinello, Francesco Mameli e Mauro Pusceddu, dopo una camera di consiglio non troppo lunga hanno letto la sentenza di assoluzione. Che chiude un capitolo giudiziario durato sei anni e cancella le accuse che comunque avranno segnato passato e futuro di una famiglia.

Dall’avvio del processo infatti il padre, nonostante il tribunale dei minori mai avesse espresso un parere in tal senso, ha visto solo raramente la figlia.
Nell’ultimo anno, addirittura, i due non si sono mai incontrati. E ora sarà difficile riprendere da capo e far ripartire il rapporto interrotto all’improvviso.
8 dicembre 2009

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Andrea 8:00 am - 5th Aprile:

http://www.gazzettadiparma.it/primapagina/interna/1/Parma/primapagina/dettaglio/2/65677/Rimini%3A_muratore_a_processo_per_stupro_ma_la_vittima_%C3%A8_ancora_vergine.html
02/12/2010 –
Rimini: muratore a processo per stupro, ma la vittima è ancora vergine

Un muratore riminese di 66 anni è stato assolto in Tribunale a Rimini dall’accusa di aver stuprato una donna di 30 anni, disabile mentale. Una perizia ginecologica ha stabilito che la donna è ancora vergine.

La giovane aveva sostenuto di fronte ai giudici essere stata più volte violentata dall’uomo tra il 2003 e il 2006, quando la madre usciva e lei rimaneva sola in casa. Secondo la donna, il muratore l’avrebbe costretta a rapporti sessuali con violenze e minacce. Ma la difesa dell’accusato ha chiesto una perizia ginecologica sulla donna. E’ risultato che la 30enne era ancora vergine. È così caduta l’accusa e l’uomo è stato assolto.

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Andrea 4:13 pm - 6th Aprile:

http://www.giornalettismo.com/archives/111663/uccide-i-figli-perche-parlano-troppo/
29 gennaio 2011

Una donna della Florida uccide i suoi bambini

Una madre di più di quarant’anni ha ucciso i propri due figli adolescenti, una ragazza di sedici e un ragazzo di tredici, perchè le rispondevano troppo spesso, mostrando una vivacità eccessiva che ha reso la donna un’omicida. La signora, Julie Powers Schenecker , è stata ricoverata in ospedale dopo essere stata arrestata, e attualmente è sottoposta a cure mediche che hanno fatto emergere uno stato di alterazione mentale precedente l’assassinio compiuto.

FIGLI UCCISI – Julie Powers Schenecker è stata portata al General Hospital di Hospital poco dopo mezzogiorno, ora della Florida, per essere curata a livello mentale. Le sue condizioni di salute però non sono state rivelate dalla polizia per ragioni di privacy. Secondo il mandato d’arresto la signora Schenecker avrebbe sparato al figlio perchè le aveva ribattuto in modo insolente mentre lo portava al campo di calcio per allenarsi con la sua squadra. Dopo l’omicidio la donna si è recata a casa, una villa, e ha mirato al viso dell’altra figlia, uccidendo anche lei con un colpo secco sparato all’interno dell’abitazione. La madre della mamma killer, e nonna dei due nipoti uccisi, aveva scritto una mail alla polizia avvertendo sulla depressione sempre più preoccupante della figlia. I poliziotti hanno trovato la signora Julie Powers Schenecker ricoperta dal sangue, e una volta visti cadaveri dei figli, alcune persone tra le forze dell’ordine hanno dovuto essere aiutati per riprendersi dallo shock.

FAMIGLIA NORMALE – Calyx, una ragazza di sedici anni, era la stella del liceo nella corsa campestre, mentre il figlio di 13 anni, Beau, era nell’ottava classe, l’equivalente americano della terza media italiana. Gli investigatori sono convinti che i figlio non si aspettavano il gesto omicida della madre, che li ha freddati con una pistola calibro 38 acquistata cinque giorni prima. Il marito della donna Parker Schenecker, è un ufficiale di carriera dell’esercito americano al Commando centrale di Tampa. L’uomo era al lavoro in Medio Oriente quando si sono verificati gli omicidi dei figli. Nel 2008 la famiglia Schenecker si era trasferita a Tampa, acquistando una villa del valore di circa 500 mila dollari nella tranquilla suburbia della città della Florida. Secondo i vicini la famiglia conduceva una vita normale, e la madre omicida non aveva dato segnali forti di disturbo della personalità.

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Andrea 6:31 pm - 7th Aprile:

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2011/5-aprile-2011/uccisa-17-anni-fa-caso-riaperto-pm-in-carcere-figlie-amiche-190375027782.shtml?fr=correlati
Uccisa 17 anni fa, caso riaperto
Il pm: «In carcere figlie e amiche»
Maria Armando venne accoltellata e trafitta con una scopa. Per l’atroce delitto finì in carcere un preside, poi scagionato. Il movente sarebbe stata l’eredità. Primo indizio: un’intercettazione
VENEZIA — Una decina di chilometri più su, al di là dell’A4, a Montecchia di Crosara, tre anni prima Pietro Maso aveva massacrato i genitori con tre amici, per incassare l’eredità. Ora, a diciassette anni di distanza, la svolta presa dalle indagini dell’omicidio di Maria Armando percorre la stessa strada. Secondo il pm di Verona Giulia Labia la donna, colpita con 21 coltellate nel suo appartamento la sera del 23 febbraio del 1994 a Praissola di San Bonifacio e oltraggiata con un bastone infilato nelle parti intime, sarebbe stata uccisa dalle due figlie, anche loro aiutate da tre amici e anche loro per motivi economici: volevano intascarsi i soldi ricavati dalla vendita dell’appartamento in cui viveva la madre. A riaprire l’indagine, che sembrava ormai destinata al dimenticatoio dopo che inizialmente era stato arrestato il compagno della donna, è stata una confessione intercettata dalle microspie dei carabinieri lo scorso novembre.

Frasi che avevano spinto il pm a chiedere al giudice per le indagini preliminari un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di cinque persone: Katia Montanaro, che all’epoca dei fatti aveva 19 anni e che era stata colei che aveva trovato il cadavere della madre in casa, disteso sopra un lago di sangue, e aveva subito avvisato i carabinieri; Cristina Montanaro, la sorella di due anni più vecchia, che all’epoca viveva a Milano in una comunità punk e che aveva avuto anche dei problemi di tossicodipendenza; il suo allora fidanzato Salvador Versaci, argentino, che oggi ha 40 anni; infine le due amiche Marika Cozzula e Alessandra Cusin. E’ stata proprio quest’ultima ad essere registrata dai carabinieri. I militari avevano infatti creduto al fidanzato della ragazza, che era stato arrestato per altri motivi lo scorso anno, e che a fine ottobre aveva deciso di rivelare quel segreto rimasto chiuso per mesi. «Alessandra mi ha confessato di aver partecipato ad un omicidio», è stato quello che ha detto l’uomo, riaprendo di fatto il caso. Subito è stata preparata la trappola per la ragazza, che ha raccontato tutto. Ma quella confessione è inutilizzabile — ha sentenziato il gip — perché l’intercettazione non era stata correttamente autorizzata: quindi la richiesta è stata respinta una decina di giorni fa. Subito il pm Labia ha impugnato l’atto del gip al tribunale del riesame, chiedendo che i presunti omicidi finiscano in carcere, ma di fatto anche scoprendo le carte sulla svolta delle indagini, che ovviamente era stata tenuta copertissima. L’udienza è stata fissata per il 19 aprile prossimo e toccherà ai giudici del riesame sciogliere quell’ostacolo giuridico e stabilire se arrestare o meno le figlie e i tre amici.

L’omicidio era stato particolarmente sconvolgente per la sua ferocia, compreso quell’oltraggio sul corpo della donna che aveva subito indirizzato gli inquirenti sulla pista passionale. Maria Armando allora aveva 42 anni e lavorava come inserviente nel reparto di Ortopedia dell’ospedale di San Bonifacio. Era vedova da cinque anni dopo la morte del marito in un incidente stradale e aveva una relazione con l’allora 57enne Alessio Biasin, preside di una scuola media che per lei aveva lasciato la moglie e i sette figli. Lui avrebbe voluto sposarla,ma dopo la morte venne incolpato di averla uccisa e finì anche in carcere: fu arrestato l’11 marzo 1994 e rimase in cella per quattro mesi, dichiarandosi sempre innocente («fungo da capro espiatorio e da copertura per l’incapacità degli inquirenti di trovare il vero colpevole », scrisse dal carcere alle cugine in una lettera resa nota recentemente), e fu scarcerato il 5 luglio successivo. Quattro mesi di dolore per lui e per la sua famiglia, che gli rimase vicino nonostante il tradimento, per i quali ottenne anche un risarcimento per ingiusta detenzione: ma la sua vita era stata segnata per sempre. La sorte chiuse tragicamente il cerchio nel 2000, quando morì in un incidente stradale precipitando in una scarpata con la moglie e la figlia più piccola. «Doveva venire a prendermi in auto, come sempre, nella fabbrica di jeans dove lavoro, ma quando alle 18 non l’ho vista arrivare ho avuto un brutto presentimento », aveva raccontato sconvolta Katia Montanaro. Ancor più sconvolgente sarebbe sapere— oggi, a distanza di 16 anni—che ad ucciderla era stata anche lei.

Alberto Zorzi
05 aprile 2011

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Simone 7:17 pm - 20th Aprile:

http://www.targatocn.it/2011/03/03/leggi-notizia/argomenti/cronaca-1/articolo/imputata-di-lesioni-ad-un-uomo-si-e-ritrovata-indagata-per-rapina-e-minacce.html
Era imputata di lesioni ad un signore di origine rumena, ma, al termine dell’istruttoria dibattimentale, si è ritrovata indagata di rapina e minacce. E’ successo questa mattina al tribunale di Cuneo dove si discuteva il processo a carico di P.O., cittadina nigeriana che la sera del 22 giugno del 2009, mentre si trovava nei pressi della stazione di Cuneo, offrì a I.R., operaio rumeno, una prestazione sessuale che quello rifiutò.

La donna insistette per avere per lo meno dei soldi e cominciò a tirarlo per la camicia fino a strappargliela, minacciando, per di più, di chiamare la Polizia. A quel punto l’uomo, parecchio infastidito, la afferrò per i capelli e le disse che la Polizia l’avrebbe chiamata lui per quello che la donna gli aveva fatto; un’accesa discussione di pochissimi minuti che venne interrotta da un’amica dell’imputata la quale, con un bastone di legno, colpì violentemente alla testa il povero malcapitato.

Mentre tutto questo avveniva, i tre si erano lentamente spostati proprio davanti all’entrata del Pronto Soccorso, e fu lì che l’uomo venne colpito. Una fortuna, nella sfortuna, poiché in un lampo uscirono gli infermieri che prestarono le prime cure al ferito e intanto chiamarono la Polizia che intervenne con una volante nel giro di pochi minuti. Le due donne, prive di documenti, vennero accompagnate in Questura e identificate, mentre i testimoni del fatto raccontarono agli agenti di come l’uomo fosse stato aggredito e picchiato.

Un caso decisamente insolito, dal momento che è molto più frequente imbattersi in prostitute vittime di clienti insolventi, che non in prostitute che pretendono di convincere i potenziali clienti a suon di botte. All’esito dell’istruttoria è così emerso che non si trattò di semplici lesioni, ma di una tentata rapina ed il giudice ha quindi riqualificato il capo d’imputazione, rimettendo gli atti alla Procura della Repubblica per il nuovo procedimento.

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Non sono mai stato con delle prostitute nigeriane (né mai ci andrò, perché non mi piacciono), ma tramite alcuni amici e conoscenti, mi risulta che certi comportamenti aggressivi e sleali non siano affatto così rari fra le nigeriane.

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Andrea 8:02 pm - 23rd Aprile:

http://www.giornalettismo.com/archives/96063/germania-uccide-figli-mettendoli/
16 novembre 2010

Pena più dura nel processo di secondo grado per la donna che aveva prima ammazzato e poi nascosto nel freezer i bambini appena nati.

La donna di 46 anni, Monika H. residente a Wenden, nel Sauerland, è stata condannata dal tribunale di Münster ad una sentenza più dura rispetto al processo di primo grado. In appello la detenzione è cresciuta dai 4 anni e 3 mesi ai 5, e ora la donna, che aveva sconvolto la Germania, dovrà scontare in prigione due dei tre omicidi dei suoi bambini. Il primo è stato prescritto. L’accusa aveva chiesto otto anni, mentre la difesa aveva chiesto la libertà condizionale. Il presidente del tribunale, prima di leggere la sentenza, aveva parlato di una tragedia familiare che aveva colpito tutti i giudici.

MATERNITA’ NEGATA – Il caso era diventato famoso nel 2008, quando un figlio della donna, all’epoca diciottenne, aveva trovato tre cadaveri di bambini nel freezer di casa sua mentre cercava una pizza congelata. La donna si era subito consegnata alla polizia, e aveva confessato i tre delitti, avvenuti nel 1986, nel 1988 e nel 2004. Dopo aver partorito i tre infanti di nascosto nel bagno di casa sua, la donna li aveva soffocati e poi nascosti nel congelatore. Secondo l’autopsia dei tre cadaveri i bambini sarebbero stati in grado di sopravvivere al parto prematuro. La madre ha rivelato di essere caduta in depressione, ed era terrorizzata dalle visite ginecologiche. Per questo ha soppresso le gravidanze. La donna era turbata dalle molestie sessuali subite in passato, e il suo trauma non è mai stato rivelato alle persone a lei vicine.

UN SOLO COLPEVOLE – La famiglia era totalmente all’oscuro della vicenda, e il processo ha chiarito anche il ruolo del marito, al quale è stata riconosciuta dai magistrati la totale ignoranza dei delitti compiuti dalla moglie, che all’epoca era alcolizzata. La prima condanna della donna non era stata ritentata abbastanza dura dalla procura, e in appello il tribunale di secondo grado ha appesantito il periodo di detenzione. I giudici hanno stabilito che la donna fosse consapevole al momento dell’esecuzione dei crimini, ma non ha corrisposto la pena massima richiesta dall’accusa per la confessione e la collaborazione alle indagini. Ora Monika H. dovrà scontare la condanna.

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Andrea 5:03 pm - 25th Aprile:

http://www.tmnews.it/web/sezioni/news/PN_20110414_00243.shtml
New York, 14 apr. (TMNews) – Tragedia familiare a Newburgh, 100 chilometri a nord di Manhattan. Martedì notte una donna di 25 anni ha diretto la propria auto, su cui viaggiavano anche i quattro figli, nel fiume Hudson. Solo il figlio più grande, dell’età di 10 anni, è sopravvissuto, essendo riuscito ad abbassare il finestrino sottacqua e a nuotare fino a raggiungere la terraferma. Lashaun Armstrong è stato soccorso da un passante, che lo ha subito accompagnato alla locale stazione dei vigili del fuoco, dove è arrivato presentando un lieve stato di ipotermia.

Dopo aver ascoltato il racconto del bambino, i vigili del fuoco hanno immediatamente allertato le forze dell’ordine, dando modo ai sommozzatori di fare la macabra scoperta: i corpi di Lashandra Armstrong, di 25 anni, della sua unica figlia femmina di 11 mesi, e degli altri due bimbi di 2 e 5 anni, giacevano senza vita sottacqua, all’interno della vettura, a circa 20 metri dalla riva.

Le ricerche, condotte dalle squadre speciali nell’acqua torbida, alta due metri e mezzo, sono state coordinate da un elicottero e sono durate per quasi due ore. Le prime indagini della polizia confermerebbero che si tratta di un caso di suicidio-omicidio, con la donna che avrebbe lanciato intenzionalmente la propria auto nel fiume.

Poco prima della tragedia un parente aveva chiamato le forze dell’ordine segnalando un “problema domestico”. Secondo la polizia l’episodio potrebbe chiamare in causa il marito della donna, Jean Pierre. Alcuni testimoni hanno riferito che c’erano dei forti tensioni all’interno della coppia.

Altri elementi utili per provare a ricostruire il movente arrivano dalla sorella della suicida, secondo la quale Lashandra Armstrong, nelle ultime settimane, aveva mostrato crescenti segnali di uno stato di paranoia, sentendosi spiata. Il dirigente della polizia di Newburgh, tuttavia, ha osservato che con ogni probabilità non si riuscirà mai a determinare qual era lo stato mentale della donna al momento del suicidio.

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cesare 6:01 pm - 27th Aprile:

A nessuno sarà sfuggito, in questa ennesima guerra, stavolta di Libia, dove è finito “il naturale rifiuto della guerra” rivendicato a positiva diversità femminile dalle femmes savants del femminismo. Non c’è onorevole donna, giornalista donna, intellettuale donna, fino a ieri autocelebrantesi come pacifista gandiana per meriti ginecologici di contro ai testosteronici maschi guerrafondai-per-diletto, che col visetto seriosamente atteggiato, per l’occasione solenne, non concioni in TV in questi giorni a favore della guerra, con voce risentita e accalorata per le permanenti incertezze maschili a liberare con “chirurgici” bombardamenti “la faccetta nera, bella abissina” di turno.
Per chi vuol fare e fa la guerra, la guerra è naturalmente, “geneticamente”, sempre giusta. Potrebbe forse farla e dire il contrario?
Già visto naturalmente, e tante volte quante sono state le guerre scatenate e subite dall’Umanità: cadono bombe e cadono maschi colpiti a morte in azioni di guerra. E cadono civili, uomini e donne. Guerre invocate, come sempre, anche da masse di femmine entusiaste. Oggi come ieri. Ma oggi cadono anche le balle infantili e paracule della narrazione femminista: le sedicenti pacifiste gandiane innate e di bontà innata, le dee del nuovo mondo senza guerra, ci vanno a nozze con bombe e moschetti. I “dunin de guera”: momentaneamente distolte dalla quotidiana guerra interna contro il genere maschile, si sono dispiegate in appoggio, ma da casa, sul fronte libico.

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Leonardo 6:41 pm - 27th Aprile:

Dopo aver ascoltato il racconto del bambino, i vigili del fuoco hanno immediatamente allertato le forze dell’ordine, dando modo ai sommozzatori di fare la macabra scoperta: i corpi di Lashandra Armstrong, di 25 anni, della sua unica figlia femmina di 11 mesi, e degli altri due bimbi di 2 e 5 anni, giacevano senza vita sottacqua, all’interno della vettura, a circa 20 metri dalla riva.
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Mi domando: una persona fa 4 figli, l’ultimo da appena 11 mesi, per poi ammazzarsi con tutti? Forse ha pensato:”Ho sbagliato tutto nella vita”… Mah!?

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Andrea 5:56 pm - 7th Maggio:

http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=108391
Uccide bimbo appena nato: infanticidio
Articolo pubblicato il: 2011-05-03

EDMONTON – In una mossa a sorpresa, la Corte d’appello dell’Alberta ha trasformato in infanticidio, accusa più lieve, la condanna di omicidio di secondo grado inflitta a Kathrina Effert nel 2009. Sei anni fa, quando aveva 19 anni, la ragazza aveva partorito di nascosto nel basement della casa dei suoi genitori a Wetaskiwin, aveva strangolato il suo neonato con le mutande e gettato il corpo nel giardino dei vicini. Effert era stata accusato di omicidio di secondo grado a giugno del 2009 e condannata all’ergastolo senza possibilità di libertà vigilata per 10 anni. L’infanticidio, invece, comporta al massimo una pena di cinque anni. La Corte d’appello, ieri, ha definito “irragionevole” il verdetto precedente. La decisione di ieri è stata presa sulla base del parere merito di due esperti, che hanno dichiarato che la ragazza al momento del parto aveva problemi mentali.

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Leonardo 7:01 am - 13th Giugno:

http://paultemplar.wordpress.com/2008/12/13/ilse-koch-la-cagna-di-buchenwald/

Quando, il 13 aprile 1945 gli alleati arrivarono a Buchenwald, il campo di concentramento nazista a pochi chilometri da Weimar, non trovarono praticamente nessuno dei soldati tedeschi, tantomeno ufficiali o i temuti ed odiati medici. I prigionieri sopravissuti si erano liberati da soli, ed erano ormai allo stremo delle forze. Tra le truppe c’era una persona che ad Hollywood era molto conosciuta; si trattava di Billy Wilder, lo sceneggiatore di Ninotckha, il film con Greta Garbo, nonchè il regista di Frutto proibito e Venere e il professore. Wilder era al seguito delle truppe alleate per documentare la vita dei prigionieri dei campi nazisti, i famigerati lager. Per quanto qualcuno tra gli ufficiali alleati fosse al corrente di molte voci sulle atrocità consumate nei lager, quello che toccò vedere ai soldati e che venne ripreso, filmato e poi distrubuito in tutto il mondo proprio grazie a Wilder riempì di orrore e incredulità chiunque visionò sia i filmati che la realtà che si parò davanti agli occhi degli sbigottiti liberatori.

I racconti dei pochi sopravissuti lasciavano poco spazio alla fantasia; del resto, la presenza di paralumi fatti con pelle umana, crani sezionati, arti, cadaveri semi bruciati e tutto il campionario di orrori compiuti dai nazisti erano sotto gli occhi di tutti.

Quando vennero interrogati i prigionieri, per sapere i nomi dei capi del campo, visto che con molta astuzia le SS avevano brciato tutto il bruciabile, un nome si levò su tutti: quello di Ilse Koch, soprannominata, dai prigionieri, la baldracca di Buchenwald, o anche la la cagna o la strega. Soprannomi che la kapò e moglie dell’ex comandante del campo, Karl Otto Koch, si guadagnò, ed è il caso di usare l’ umorismo nero, sul campo.

Ilse Koch e suo marito, Karl Koch

Ilse Kohler era nata a Dresda nel settembre del 1906; era figlia di contadini, ma intelligente e ambiziosa. Con astuzia, seppe ingraziarsi le SA, le prime formazioni paramilitari naziste, poi sciolte da Hitler quando fece giustiziare Ernest Rohm; in seguito la donna si fece qualche amante nelle SS, prima di conoscere, nel campo di Sachenhausen, Karl Otto Koch, comandante dello stesso.

Ilse si era fatta una fama sinistra, all’interno del campo; le sue violenze,la sua crudeltà erano temute da tutti; svolgeva il suo compito di sorvegliante con un sadismo senza uguali.Karl era uno psicopatico, come lei, del resto. E i due si innamorarono e si sposarono nel 1936. L’anno successivo la sinistra coppia si trasferì a Buchenwald, che già prima dell’avvento dei due era considerato un’anticamera dell’inferno. Le condizioni di vita dei prigionieri erano inumane, gli esperimenti foll, senza alcuna validità scientifica, sadici e perversi dei vari dottori mietevano vittime come mosche. In questo scenario apocalittico si mossero le due figure, aggiungendo orrore ad orrore.

Ben presto la fama nera di Ilse si diffuse tra i prigionieri; molti di loro si raccontavano, con spavento, delle orge sessuali tenute con prigionieri poi spariti, o di atti di sadismo efferati conclusi,sistematicamene, con la morte dei malcapitati. La Koch iniziò anche una collezione terrificante di tatuaggi su pelle, strappata ai prigionieri. I ripetuti atti di sadismo, le torture e la violenza brutale continuarono per diverso tempo; ma le cose stavano per cambiare.
Voci su presunte irregolarità nella gestione del campo arrivarono fino al comando delle SS, che incaricarono Georg Konrad Morgen, un giovane e incorruttibile avvocato, famoso anche per la sua imparzialità, di investigare. Morgen giunse a Buchenwald, e interrogando dei sottoposti, aprendo la corrispondenza, assolutamente imprudente, del comandante Koch con la moglie,si rese conto che Koch aveva sottratto ingenti somme di denaro dal bilancio. Il che era una delle cose più gravi che un ufficiale potesse fare; a questo si aggiunsero le notizie sulle atrocità perpetrate dalla “cagna di Buchenwald” e dal degno marito. Morgen informò il capo della Gestapo, Muller, il capo dell’Rsha Kaltenbrunner e il capo delle SS,Himmler. Quest’ultimo autorizzò Morgen a fare piazza pulita;Koch venne processato e condannato a morte nell’agosto del 1944. Venne fucilato pochi giorni prima che gli americani entrassero a Monaco di baviera, nell’aprile del 1945. Ilse Koch riuscì a cavarsela, e venne prosciolta; la guerra era alla fine, e lei ornò a vivere con la famiglia.

Ilse Koch al processo di Dachau

Come già detto, subito dopo l’arrivo degli americani a Buchenwald, gli ex detenuti iniziarono a fare i nomi dei colpevoli degli efferati crimini perpetrati nel campo;venne fuori il nme della “cagna di Buchenwald”, e da quel momento la polizia militare si mise sulle sue tracce.A fine giugno del 45 la polizia americana la rintracciò e la trasse in arresto; durante il processo di Dachau,Morgen ebbe modo di deporre contro di lei, ma inaspettatamente non lo fece. Nonostante le minacce russe di deportarlo, l’uomo testimoniò che “tutto quello che si diceva sulla Koch era frutto di voci dei prigionieri, voci probabilmente vere, ma senza prove oggettive”

La Koch venne condannata all’ergastolo,nel 1947.incredibilmente la pena venne poi ridotta a 4 anni, perchè secondo la corte non c’erano prove sufficienti.Così, nel 1949, la belva di Buchenwald potà lasciare il carcere. La notizia fece il giro del mondo e l’indignazione popolare fu talmente forte che la Koch venne nuovamente arrestata.

Processata da capo, vide la condanna all’ergastolo confermata. Nel 1967 Ilse, che aveva da poco compiuto 60 anni, venne trovata appesa per il collo nella sua cella.

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cesare 2:44 pm - 22nd Giugno:

Uno dei mali estremi taciuto dai media a tutela della visione del mondo ufficiale: la narrazione femmidominista.

http://www.magiedizioni.com/magienarrazione dizioni/PEDOFILIA_ROSA.html

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Fabio 6:14 pm - 3rd Luglio:

http://violenza-donne.blogspot.com/2011/06/usa-figlia-e-ex-moglie-uccidono-colpi.html
TALLAHASSEE – Tale madre, tale figlia? Le autorità hanno arrestato in Florida una 19enne per l’omicidio raccapricciante di suo padre. Nella vicenda la ragazza avrebbe complottato con la madre proprio per uccidere l’uomo con un piccone. Guendalina Hudnall Lynn e sua madre, Stephanie Lynn Hudnall, 41 anni, sono accusate di aver architettato l’omicidio del 51enne William Arnold Hudnall, giovedì nella sua casa.

Gli investigatori sostengono che Guendalina abbia detto alla madre che sarebbe stata disposta a uccidere suo padre – separato dalla donna – se la madre poi l’avesse portata con lei in casa sua. Stephanie ha raccontato che la figlia ha chiacchierato con il padre la sera di mercoledì. Quando l’uomo ha deciso di andare a dormire, la ragazza ha iniziato a colpirlo con un piccone alla testa e al torace. “Dato che il padre continuava a fare rumore e urlare, la ragazza ha continuato a colpirlo più forte fino a farlo morire”, scrive in un rapporto il detective sceriffo Sandra Myers.

Prima di abbandonare il posto, Guendalina ha cercato di far sembrare l’omicidio la conseguenza di un furto e ha svuotato i cassetti nel soggiorno, hanno spiegato gli investigatori. La ragazza è poi salita sull’automobile del padre e si è diretta a casa della madre, dove ha distrutto tutte le prove. Le donne poi sono tornate il giorno dopo a casa dell’uomo, lo hanno trascinato nel letto e hanno chiamato le autorità, sostenendo di averlo trovato morto. Sia Guendalina che sua madre erano disoccupate. Entrambe le donne sono state arrestate e si trovano in due celle separate.

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Fabio 6:16 pm - 3rd Luglio:

http://violenza-donne.blogspot.com/2011/06/fort-wyne-donna-uccide-suo-figlio.htm
È accaduto a Fort Wayne, Indiana e riportato dal Telegraph. Latisha Lawson, 31 anni, e un’altra donna, credendo che i loro quattro figli fossero indemoniati, hanno dato loro da bere una miscela di olio di oliva e aceto come parte di un esorcismo. La prima donna, nel tentativo di impedire al suo bambino di due anni di vomitare l’intruglio, gli ha coperto la bocca premendo energicamente con la mano, causandone così la morte per schiacciamento del collo. “Marzon” è il nome del demonio che lei credeva essere nel corpo di suo figlio, a causa del poco amore verso Dio manifestato durante il periodo della gravidanza. La Lawson ha tenuto il cadavere del bambino in un sacco di plastica per più di anno, essendo convinta che Dio l’avrebbe risuscitato: “L’ha fatto nella Bibbia. Lo fece con Lazzaro”, ha dichiarato. Rischia 45 anni di carcere.
Daniele Stefanini

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Sandro2 7:10 pm - 10th Luglio:

http://www.ilgiornale.it/interni/pisa_madre_e_due_bambini_carbonizzati_auto_trovati_3_biglietti_cui_donna_spiega_suicidio/pisa-madre-bambini-carbonizzati-figli-omicidio-suicidio-indagini/10-07-2011/articolo-id=534262-page=0-comments=1

Pisa – Un auto carbonizzata dalle fiamme e al suo interno i corpi senza vita di una donna e due bambini. E’ questa la scena che ieri pomeriggio si è presentata davanti agli occhi delle forze dell’ordine della provincia di Pisa. Un giallo sul quale, sin da principio, aleggiava il dubbio dell’atto più disperato che la madre potesse compiere: un omicidio suicidio. La donna avrebbe affidato a tre biglietti, ritrovati nella sua abitazione di Lari, la spiegazione del gesto suicida, con cui ha dato la morte anche ai suoi due bambini. Simona Alessandroni, 40 anni, fiorentina, aveva dunque deciso, con lucida follia, quanto avrebbe portato a termine ieri pomeriggio, nei pressi di Capannoli, nel pisano. È sempre più probabile sia stata lei a cospargere la propria automobile di benzina, per poi chiudersi all’interno con i due bambini, Letizia di 11 anni e Lapo di 3, forse addormentati in qualche modo, e a dare infine fuoco. L’autopsia potrà fornire le conferme necessarie agli inquirenti, ma il ritrovamento dei tre biglietti lascia supporre che a spingere la donna all’omicidio-sucidio sia stata la rottura della relazione sentimentale con Bruno Pucci, 35 anni, padre dei due bimbi e che da qualche tempo era tornato a vivere a San Casciano Val di Pesa, in provincia di Firenze. Quando i vigili del fuoco, ieri pomeriggio, sono intervenuti perché chiamati per quello che sembrava un rogo di sterpaglie, hanno trovato, carbonizzati, il corpo della donna e dei due bambini, stretti in un abbraccio.

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Leggete questa frase…
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#1 KATYN1943 (18) – lettore
il 10.07.11 alle ore 17:56 scrive:
iL Signore abbia pietà di questa mamma che in un momento di lucida follia ha terminato la vita terrena di due piccoli angeli e la sua rincorrendo vanamente la vita di un uomo piccolo che non ha saputo gestire un rapporto d’amore e che ha preferito darsela a gambe, lasciando nelle peste una donna provata da mille dolori.
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dopo di che immaginate una situazione contraria: chi mai parlerebbe o scriverebbe di “una piccola donna che non ha saputo gestire un rapporto d’amore e che ha preferito darsela a gambe…?”.

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cesare 8:08 pm - 10th Luglio:

Giulia Bongiorno, riporta Repubblica di oggi, a Siena al raduno delle 1.500 donne di “Se non ora quando” ha promesso class action contro i maschi, mentre Lidia Menapace esalta la trasversalità del movimento che “non è qualunquismo”: piano piano ma irresistibilmente l’ombra del femminile si disvela.

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