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Per una volta una corretta informazione ci mette al corrente di una amara ma anche ovvia, a nostro parere, verità, e cioè che la violenza non è prerogativa di un solo genere, quello maschile, ma, ahinoi, di tutto il genere umano.
La realtà che emerge da questa inchiesta è che negli USA il 50% degli abusi, dei maltrattamenti e degli stupri sui minori (e molto probabilmente anche di più perché, come spiega la stessa Giovanna Botteri, è estremamente difficile per un bambino denunciare la propria madre e accettare di riconoscerla come sua aguzzina) sono commessi da donne e in particolari da madri.
Questo non è un servizio giornalistico come tanti, è una testimonianza concreta di qualcosa che fino ad ora era stato semplicemente sottaciuto, di una realtà che era stata occultata, e di un’altra che è stata raccontata in sua vece; quella secondo cui la violenza, e in particolare quella domestica e sui minori, è solo e sempre stata opera degli uomini e in particolare dei padri.
Ormai sappiamo che in America, e possiamo ipotizzare in tutto il mondo occidentale di cui in genere gli USA sono i battistrada, non è così. E il fatto che tutto questo accada oggi, nel più grande paese del mondo occidentale, patria del femminismo, toglie ogni alibi.
E’ il crollo di un “mito”, di una verità assoluta e incontrovertibile, una vera e propria “caduta degli idoli”, perché questo è stato e ancora è per molti e soprattutto per molte: il mito dell’innocenza femminile, della incapacità e della impossibilità da parte delle donne non solo di praticare la violenza ma addirittura di concepirla. Una prerogativa che, secondo una lettura che non esitiamo a definire sessista e razzista, apparterrebbe esclusivamente al genere maschile.
Naturalmente noi non facciamo certo i salti di gioia per questa “scoperta” e non ci sfiora neanche lontanamente l’idea, come è invece stato fatto nei confronti degli uomini, di criminalizzare un intero genere.
Non siamo dei manichei, né tanto meno degli integralisti, né ancor meno dei difensori a priori del genere. Al contrario, riteniamo questo atteggiamento, oltre che intriso di sessismo e razzismo, anche profondamente stupido.
Non pensiamo che ci sia sempre il bene da una parte e il male dall’altra così come non pensiamo che sia possibile andare “al di là del bene e del male”.
Crediamo che la realtà sia sempre estremamente più complessa rispetto a come spesso tendiamo a vederla (o meglio, a come la vogliamo vedere) e che la ricerca e l’individuazione delle cause, della origine dei problemi e delle responsabilità, sia un lavoro che richiede pazienza e fatica e che soprattutto deve essere animato da una profonda laicità e onestà intellettuale.
Assumere un punto di vista “parziale”, che è anche il nostro metodo, non significa sconfinare nella pretesa di avere in tasca la verità assoluta. Una cosa è essere convinti delle proprie idee e un’altra è trasformarle in una religione, in un teorema chiuso, impenetrabile e immodificabile. Sappiamo che è impossibile arrivare a delle verità condivise, come probabilmente è giusto che sia, ma forse è possibile cercare di convivere nel riconoscimento e nel rispetto reciproco. Anche fra i generi .
Ci auguriamo che testimonianze concrete come questa possano offrire l’opportunità a molte e a molti di riflettere su convincimenti che si fondavano su opzioni ideologiche piuttosto che sulla effettiva realtà.
Fabrizio Marchi
738 Commenti
1- Nel capitolo II di “The Myth of Male Power: Why Men Are the Disposable Sex” (London: Fourth Estate, 1994), Warren Farrell scrive che “il sistema protegge le donne”, citando statistiche del dipartimento della giustizia e aggiungendo che in Nord Carolina le condanne per omicidio di secondo grado si traducono mediamente in pene detentive di 12,6 anni più lunghe per gli uomini, che a parità di crimine scontano pene più severe.
2- Questo dato è tratto dalla Tabella E di J. Austin, B. Krisberg, R. DeComo, S. Rudenstine e D. Del Rosario, “Juveniles Taken into Custody: Fiscal Wear 1993” (Washington DC: Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention, 1995). Questa tabella mostra come, per tutti i reati, rispetto alle femmine, gli adolescenti maschi si vedano comminare più spesso pene detentive. Per reati connessi alla droga, viene incarcerato il 37% dei ragazzi contro il 26% delle ragazze. Quest’incidenza di detenzione di 1,5 volte superiore per i giovani maschi vale per tutti i crimini (22% i maschi, 15% le femmine). E’ interessante osservare che queste differenze fra i due sessi sono quasi della stessa entità di quelle osservate fra i bianchi e gli altri gruppi etnici (17% per i bianchi, 26% per gli altri gruppi etnici).
Silver(Quota) (Replica)
Scusate, ma la calunnia faccio proprio fatica a digerirla.
Scrive Rino su di me: 20 Giugno 8:39am
“Nei tuoi interventi non c’è mai stata alcuna argomentazione.”
Bene!
Queste non sono argomentazioni civili, vero?
1)
– – –
Dal mio blog –
http://www.giosby.it/2010/04/03/uomini-beta-no-grazie-visita-imprevista-al-movimento-maschile/
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Reciprocità e spontaneità
di Fabrizio Marchi
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Reciprocità e spontaneità sono due concetti che la grande maggioranza delle donne non sa neanche cosa siano.
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Già qui mi sembra di leggere un concetto assurdo che sembra provenire da una situazione di estrema ignoranza e povertà intellettuale.
Ma come diavolo si fa ad affermare una cosa del genere?
Provo a riscriverla:
LA MAGGIORANZA DELLE DONNE NON SA NEANCHE COSA SIA LA SPONTANEITA’ !
Cioè tutte le donne (o quasi) sono una massa di bugiarde calcolatrici!!!
Si comportano seguendo soltanto il loro sporco interesse. Essere senza spontaneità significa non avere SENTIMENTI !
Una nuova specie di automa che freddamente calcola come fregare il maschio e sottometterlo al proprio volere!
***
2)
—
Proposto qui 19 giugno ore 9:12am:
http://www.medicinenon.it/modules.php?name=News&file=article&sid=139
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3)
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Proposto qui 19 giugno 5:53pm:
Scrivi che “la malattia mentale non porta ad uccidere i bambini” !
Davvero credi che uno che uccide i bambini possa essere tanto sano di mente?
Certo che non sempre chi soffre psichicamente arriva alla violenza e all’omicidio, però non credo proprio che atti simili possano verificarsi senza alcun tipo di disagio da un punto di vista psicologico. Non credi?
___
“Tu scrivi che io scrivo falsità estrapolando frasi dei tuoi ospiti qua e là, mentre io sul mio blog ho scritto in merito a questo sito citando innanzitutto un brano preso dai Principi degli Uomini Beta”.
Pertanto chi è in malafede sei TU!
___
“Quello che penso io in sintesi è questo: è vero che ci siano delle persone che affermano la superiorità del genere femminile ed è anche vero che ci sono un sacco di donne eccellenti, come ci sono uomini eccellenti.
Ma credo che se dobbiamo fare una fotografia delle nostra società odierna la bilancia delle ingiustizie e dei soprusi pende ancora a svantaggio delle donne.
Non trovo utile fare il tifo per un genere piuttosto che per un altro, perché non aiuta nessuno a comprendere meglio le dinamiche tra i sessi che sono sempre molto personalizzate.”
***
Invece ciò che scrive Fabrizio Marchi è un grande segno di civiltà:
Giorgio Mancuso, sei un povero idiota
12:44 pm – 3rd aprile:
https://www.uominibeta.org/2010/05/06/matrimonio-no-grazie/#comments
___________________________________
La vostra dialettica è meno di zero. Siete solo capaci di ripetere slogan a pappagallo.
E quando siete alle corde la calunnia e la menzogna è l’unica cosa cui aggrapparsi.
Come tutti i ciarlatani.
Penoso
giosby(Quota) (Replica)
@giosby: La violenza, il crimine è una caratteristica dell’ umanità, in senso figurato si dice la follia umana, la follia della guerra…..La malattia mentale ha i suoi sintomi e quadro clinico, spesso i malati di mente gravi sono solitari e hanno difficoltà ad avere rapporti con altre persone e, hanno l’invalidità civile (e anche di guerra) la fase del delirio può portare a gesti e pensieri bizzarri.
Dire che Hitler era schizofrenico è una cazzata, possiamo dire che questo è un mondo di pazzi, ma non di Maniaci Depressivi e Schizofrenici: altrimenti chiudiamo le carceri e prendiamo tutti l’invalidità.
L’infanticidio è sempre stata caratteristica femmilnie, diamo l’invalidità alle assassine di bambini: allora perché non la diamo anche agli stupratori? è giosby!?
Con questo non voglio dire che c’è un taglio netto tra malattia mentale e normalità, possiamo considerare folli popoli come gli Aztechi che facevano sacrifici umani, ma per loro era la normalità.
Leonardo(Quota) (Replica)
@Leonardo
La volete smettere di mettermi in bocca tutto quello che volete?
Quando mai ho scritto che gli stupratori sono sani di mente e bastardi, mentre le donne assassine sono poverette innocenti e malate?
Tutte queste distinzioni me le attribuite voi senza alcuna ragione.
Anche chi stupra, ovviamente, è vittima di un disagio psichico. Spesso è stato in precedenza una vittima di abusi sessuali!
Ma non bisogna certo essere scienziati per sapere queste banalità!
Io non sono schierato a difendere a priori un sesso piuttosto che un altro!
E’ tanto difficile da capire?
giosby(Quota) (Replica)
Giosby come vedi, io con te sto parlando, non ti sto insultando. Tu dici:
“Ma credo che se dobbiamo fare una fotografia delle nostra società odierna la bilancia delle ingiustizie e dei soprusi pende ancora a svantaggio delle donne.”
Beh, Giuliano, che devo dirti. Vallo a dire a quei milioni di padri separati distrutti, cacciati via di casa,e nonostante tutto costretti a versare assegni di mantenimento all’ ex moglie ingrata. E inoltre gli uomini nonostante vivano 7 anni in meno rispetto alla donna, noniostante facciano i lavori più rischiosi e usuranti, vanno in pensione 5 anni più tardi. Vallo a dire a quei milioni di uomini vittime di false accuse strumentali da parte delle ex mogli per escluderli da ognio relazione con i figli.Come fai a dire che l’ago delle ingiustizie e soprusi pende sulle donne? Mah, guarda, Giuliano, l’ingiustizia colpisce indiscriminatamente dal sesso.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Giuliano, guarda qui. Queste cose non le dice un Maschilista, ma una Donna,la quale è un magistrato appartenente al Pool contro le violenze sessuali e stalking. Eppure ha ammesso che la maggior parte, l’ 80%, delle denunce di donne nei confronti dei mariti ed ex, sono FALSE. Ecco il testo dell’ articolo:
«I maltrattamenti in famiglia stanno diventando un’arma di ritorsione per i contenziosi civili durante le separazioni», avverte Carmen Pugliese, pm del pool della Procura specializzato in reati sessuali e familiari, scorrendo i dati che vedono questo tipo di violenza aumentare in maniera significativa. Nella Bergamasca si è passati dai 278 casi del 2006 ai 306 del 2007, fino ai 382 del 2008, in pratica più di una denuncia al giorno. E se è vero che si riscontra una sempre più diffusa propensione da parte di padri e mariti ad alzare le mani, è altrettanto appurato che molte volte le versioni fornite dalle presunte vittime (quasi sempre donne) sono gonfiate ad arte. «Solo in due casi su 10 si tratta di maltrattamenti veri – analizza il pm Pugliese -. Il resto sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione. “Se non mi concedi tot benefici, io ti denuncio”, è la minaccia che fanno alcune mogli. Tanto che, una volta ottenuto quello che volevano, tornano in Procura a chiedere di ritirare la denuncia. Non sanno che nel frattempo noi abbiamo speso tempo ed energie per indagare. L’impressione è che alcune mogli tendano a usare pm e polizia giudiziaria come strumento per perseguire i propri interessi economici in fase di separazione».
Poche, in percentuale, le inchieste che sfociano in condanna. «Molte volte – rivela il pm Pugliese – siamo noi stessi a chiedere l’archiviazione. In altri casi, invece, si arriva a un processo dove la presunta vittima ridimensiona il proprio racconto. È successo anche che qualche ex moglie sia finita indagata per calunnia».
Sono per lo più italiane (mogli di italiani e anche di stranieri) le presunte vittime che si rivolgono alla Procura. Più limitata, invece, la percentuale dei genitori (il più delle volte anziani) presi a botte dai figli. Anche papà e mamme tendono a minimizzare i fatti dopo la denuncia, ma in questo caso lo fanno per amore e non per denaro.
Carmen Pugliese una tiratina d’orecchi la riserva anche alle associazioni che operano a tutela delle donne: «Non fanno l’operazione di filtro che dovrebbero fare: incitano le assistite a denunciare, ma poi si disinteressano del percorso giudiziario, di verificare come finirà la vicenda. Mi sembra una difesa indiscriminata della tutela della donna che viene a denunciare i maltrattamenti, senza mettere in conto che questa donna potrebbe sempre cambiare versione».
Ovvio che molte volte le violenze si verificano davvero e in modo pesante: «Da noi arrivano donne col volto tumefatto e in alcuni casi contro i mariti emettiamo misure cautelari». Ma talvolta a patire le conseguenze di denunce enfatizzate sono uomini che cascano dalle nuvole. Come quel bergamasco denunciato dalla ex moglie dell’Est che s’era rifugiata in una comunità protetta. Lei lo aveva dipinto come una sorta di persecutore, lui si presentò in Procura a raccontare che il rapporto non era poi così compromesso: i due continuavano a vedersi ogni fine settimana e per provarlo l’ex marito esibì le ricevute del motel.
Soldi richiesti e rapporti coniugali deteriorati, soprattutto in tempi di recessione, sono l’impasto che spesso porta davanti a un giudice. Lo si può leggere nelle statistiche dei reati consumati nella Bergamasca nel 2008, alla voce del mancato versamento di alimenti fra coppie separate. Un numero passato dai 278 casi denunciati nel 2006 ai 292 del 2007 per giungere ai 315 dello scorso anno.
«E chiaro che separarsi comporta difficoltà economiche – osserva il procuratore Addano Galizzi -. Se poi in famiglia lavora solo il marito, versare gli alimenti alla moglie separata e ai figli diventa un problema quando scatta la cassa integrazione o addirittura il licenziamento, soprattutto in questi periodi di crisi economica diffusa».
A volte sono gli inquirenti stessi a mettersi la mano sul cuore: « Se – confessa il pm Pugliese – un ex marito per uno o due mesi non versa gli alimenti e mi documenta che ha perso l’impiego o parte significativa del reddito, io per la denuncia chiedo l’archiviazione».
Stefano Serpellini
L’Eco di Bergamo
Icarus.10(Quota) (Replica)
Se tu fossi in buona fede, Giosby, e non lo sei, leggeresti con più attenzione e minor pregiudizio quello che scriviamo. Capiresti quindi che quando affermiamo che “la grande maggioranza delle donne non sa neanche cosa sia la spontaneità” vogliamo dire che questo comportamento che noi riscontriamo hic et nunc, qui ed ora, nel nostro mondo e nella nostra realtà, è il risultato di un processo storico, sociale e culturale estremamente complesso che è andato a sovrapporsi a quelle che sono le peculiarità e le caratteristiche di natura ontologica-biologica che appartengono ai sessi (la differenza sessuale), nel caso in questione al genere femminile.
Ciò che sosteniamo è che i vari sistemi sociali, culturali, economici, religiosi e politici che l’hanno fatta fino ad ora da padroni nella storia dell’umanità, hanno “lavorato” sistematicamente e spesso scientificamente pro domo loro (come nel caso di quello attuale ma non solo) per esasperare quelle differenze e renderle funzionali al loro dominio. Questi processi si sono sedimentati a tal punto nel corso dei millenni che è appunto estremamente difficile, se non addirittura impossibile (come spieghiamo nell’articolo dal titolo “Natura e Cultura”) separare la dimensione ontologica da quella socioculturale. Insomma gli esseri umani, piaccia o no, uomini o donne che siano, sono esseri sia naturali che culturali. Qualcuno di noi potrebbe essere portato a pensare che oggi siano più culturali che naturali, perché il condizionamento operato dall’ambiente (appunto sociale e culturale) è troppo più potente dell’elemento ontologico-biologico comunque presente in tutti noi. E’ un’interpretazione plausibile e assolutamente legittima. Diciamo che è l’interpretazione un po’ più di “sinistra”, se mi passi il termine. Altri potrebbero invece obiettare che la cultura non potrà mai modificare la natura umana, se non in minima parte, e che dobbiamo rassegnarci al fatto che, per quanti sforzi potremo fare, sempre una tribù di scimmie evolute rimarremo, anche se stiamo per andare su Marte e forse abbiamo già clonato degli esseri umani…E questa è l’interpretazione un po’ più di “destra”, sempre se non urto la tua sensibilità…
Ma anche qui si aprirebbe una discussione interminabile alla quale è veramente arduo tentare di dare una risposta, specie perché millenni di filosofia, da Talete a Gadamer, e soprattutto da Hobbes a Rousseau (cioè quelli che forse un po’ più di altri hanno affrontato questa tematica da punti di vista diametralmente opposti), non ci sono riusciti.
Il sottoscritto che non ha la presunzione (in questo caso avresti perfettamente ragione a definirmi un ciarlatano) di sciogliere questo nodo ha scelto di attestarsi sul concetto di “prassi” (spiego anche questo nell’articolo “Natura e Cultura” che trovi nello spazio degli “articoli”) di marxiana derivazione e di “ottimismo della volontà” di gramsciana memoria. Naturalmente sto parlando del metodo di approccio, non dell’intero impianto delle filosofie sia marxista che gramsciana nella loro interezza che sono qualcosa di enormemente più grande e complesso e alle quali bisogna approcciare (come con altre) con la necessaria umiltà e modestia.
Ma poi, siamo certi che lo stato di natura sia sempre stato lo stesso per tutti e a tutte le latitudini? Potrei portare degli esempi che ci confermerebbero l’esatto contrario. In molti arcipelaghi del Pacifico, stando ai racconti dei primi occidentali sbarcati da quelle parti, si viveva in una condizione naturale pressoché idilliaca, paragonabile ad una sorta di paradiso terrestre. Ma siamo certi che fosse solo una condizione naturale o erano già intervenuti dei processi culturali? In tante altre parti del mondo, viceversa, forse la gran parte, lo stato di natura era invece una specie di inferno sulla terra sottoposto alle spietate leggi del dominio del più forte sul più debole (homo homini lupus). E siamo certi che anche qui non fosse già intervenuta la cultura? Chi ce lo può garantire con certezza? Credo nessuno. Andando a ritroso possiamo affermare con un certo margine di sicurezza che già quando cominciarono a comparire i primi schizzi sulle pareti delle caverne, era iniziato il processo culturale.
Ora, tornando a noi, può darsi (ho detto può darsi), che ti sarà più facile comprendere ciò che vogliamo dire con quell’affermazione da te “incriminata” a cui fari riferimento, e cioè che determinati comportamenti sono il risultato di questo estremamente complesso e inestricabile processo che ho cercato sommariamente e maldestramente di spiegare in poche righe.
Nell’impossibilità di sciogliere il nodo, io, piccolo uomo forte solo della mia intelligenza (presunta) e della mia volontà di stare al mondo in dignità,avendo preso coscienza del fatto che vivo in una realtà che non mi piace affatto, fondata sulle logiche del dominio dell’uno/a sull’altro/a, ho deciso di lavorare per cambiarlo, per trasformarlo. Non mi pongo più il problema (o me lo pongo solo a livello accademico, di riflessione filosofica) di sciogliere il nodo fra natura e cultura per passare all’azione. Ho cambiato approccio. Osservo il mondo e cerco di fare ciò che mi è possibile per trasformarlo, per renderlo più vivibile per quelle che sono le mie esigenze e i miei bisogni.
E dalle stelle alle stalle, così rientriamo in tema e forse ci capiamo meglio, ho cominciato anche ad osservare i comportamenti i femminili e quelli maschili. E osservando questi comportamenti sono giunto alla considerazione di cui sopra che a te fa tanto scandalizzare. E cioè che nella grande maggioranza dei casi, all’interno della relazione uomo-donna, a proporsi sono quasi sempre gli uomini e quasi mai le donne. E che questo rapporto si capovolge del tutto quando siamo in presenza di cosiddetti maschi alpha dominanti. Se questa mia analisi corrisponde al vero non vedo cosa ci sia di tanto scandaloso nel dire che le donne, mediamente parlando (ho detto mediamente parlando) non hanno un atteggiamento di reciprocità e di spontaneità nei confronti degli uomini.
Naturalmente tu sei liberissimo di sconfessare questa mia affermazione e di ritenerla del tutto campata per aria. Se però tu affermi questo io mi ritengo legittimato a sostenere che il cielo è pieno di asini che svolazzano e voglio essere rispettato per questa mia affermazione.
Se tu leggessi con maggiore attenzione e soprattutto se smettessi di essere in malafede, proprio al termine dell’articolo “Reciprocità e spontaneità”, ma anche in altri, avresti potuto leggere che noi ci rivolgiamo anche e soprattutto alle donne (quelle non appartenenti alle elite dominanti), invitandole ad abbandonare le logiche e i “valori” dominanti, a gettare alle ortiche proprio quei comportamenti che dal nostro punto di vista sviliscono loro stesse, a smettere di essere culturalmente, psicologicamente e praticamente complici del sistema, e a lavorare insieme a noi per costruire una relazione fra i generi radicalmente diversa, all’insegna appunto di una vera eguaglianza, della reciprocità e della spontaneità. Noi riteniamo che questo sia propedeutico ad un processo molto più ampio di trasformazione dello stato di cose presenti capace di andare ben oltre la relazione fra i generi.
In chiusura. Ti avevo detto di astenerti da insulti, offese, irrisioni e dileggi di ogni genere. Nonostante i miei ripetuti avvisi hai continuato imperterrito nel tuo atteggiamento gratuitamente provocatorio, dandoci addirittura dei ciarlatani.
Ho scelto comunque di pubblicare il tuo commento perché dovevo risponderti sull’argomento in oggetto ma sappi che da ora in poi, non pubblicherò più nessun tuo post che contenga, direttamente o indirettamente, in modo esplicito o allusivo, in forma palese o appena velata, qualsiasi forma di dileggio o insulto nei nostri confronti.
Fabrizio Marchi
P.S. dimenticavo, visto che hai citato qualche mia affermazione che ho scritto sul NOSTRO sito dopo essere stato tempestato di insulti e di offese gratuite, sempre sul NOSTRO sito.
Il sottoscritto, sul suo blog, quello degli Uomini Beta, di cui è fondatore, è libero di scrivere quello che gli pare. Non vengo sul tuo ad insultarti, nè su quello di altri, cosa che tu e molti altri/ avete fatto sistematicamente e senza ritegno.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
A proposito dell’articolo della Tamaro citato da Marco, lo avevo letto. Dice cose sulle donne di oggi condivisibili, alcune molto esatte, ma ha, come al solito, un vizio di fondo che lo fa classificare nella solita cultura antimaschile.
Le donne sarebbero “peggiorate” perchè avrebbero copiato gli uomini. Non se ne può più di queste critiche ipocrite alle donne che in realtà mascherano la condanna inappellabile degli uomini, e insieme considerano le donne come eterne incapaci di assumere il male in prima persona.
Una cosa è dire che maschi e femmine stanno perdendo le loro caratteristiche specifiche di genere, cosa che penso e dico da anni, un’altra è dire che la perdita d’identià femminile nasce dallo scopiazzamento di quella maschile. In questo, fra l’altro, non si tiene conto di un altro fatto fondamentale. Assumere come proprie le specificità dell’altro genere significa inserirle in un contesto del tutto diverso, e quindi distorcele, far loro assumere senso e significati diversi, farne la caricatura. Così gli uomini quando assumono midalità femminili, risultando “donni”, così le donne quando si trasformano in “uome”.
armando(Quota) (Replica)
Invece ciò che scrive Fabrizio Marchi è un grande segno di civiltà: Giorgio Mancuso, sei un povero idiota
Però Fabrizio, dopo averlo detto, non pretende di “confrontarsi” nuovamente con Giorgio Mancuso spiegandogli che la dialettica “è fatta anche di disprezzo e irrisione”.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
@Fabrizio Marchi
tu scrivi:
“da ora in poi, non pubblicherò più nessun tuo post che contenga, direttamente o indirettamente, in modo esplicito o allusivo, in forma palese o appena velata, qualsiasi forma di dileggio o insulto nei nostri confronti.”
Non essendo libero di esprimermi in questo spazio come meglio credo ed essendo sottoposto alla tua censura, possibile chiaramente soltanto per un tuo insindacabile giudizio, mi astengo da ulteriori commenti.
Infatti ritengo che questo luogo non è sufficientemente neutrale e mi espone a qualunque utilizzo strumentale del mio pensiero, senza per altro una sicura possibilità di replica da parte mia.
Grazie per lo spazio concessomi.
Giorgio Mancuso
giosby(Quota) (Replica)
Ma come, null’altro da dire dopo la mia risposta alle tue argomentazioni? Ma non sono “un ciarlatano ignorante, povero intellettualmente e capace di aggrapparsi solo alla calunnia e alla menzogna?” Sono le tue parole, Giosby, quelle che tu dici che nel nostro blog non sei libero di esprimere.
Eppure dovrebbe esssre facile “smontare” pezzo dopo pezzo una nullità come il sottoscritto.
Sto scherzando, Giosby, sia chiaro, non ti venga in mente di riaprire la pllemica…Buon lavoro e arrivederci nella prossima vita!…Forse…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@giosby: non ti ho messo in bocca niente, è quello che si fa di solito: condannare uno stupratore in una società che innalza la donna e il sesso.
Leonardo(Quota) (Replica)
E’ un peccato che sia finita così, perchè Giosby ha smentito due volte le femministe, prima affermando che quell’ articolo femminista è una cagata, e poi, dicendo che non bisogna fare il tifo per un genere contro l’altro: infatti, questo è esattamente ciò che da sempre fa il femminismo: contrapporre il genere femminile contro quello maschile. E’ un peccato, caro Giosby, perchè sono sicuro che su qualche punto avremmo potuto trovare qualche convergenza,se tu fossi stato meno arrabbiato e meno sprezzante con noi. Del resto, pari essere di un altra pasta rispetto ad una lameduk o klara qualsiasi che è intervenuta qui, pertanto non puoi dire che non sei libero di esprimere qui le tue argomentazioni, non mi sembra che ti sia stata censurata qualche tua argomentazione, ma sei stato solo invitato, come tutti(me compreso, che sono un utente normale come te), a non usare provocazioni, cosa ben diversa da una normale dialettica. Non trovi?
Icarus.10(Quota) (Replica)
Coloro che negano l’esistenza della QM, ossia del male-bashing, della subordinazione maschile in casa e fuori, dei privilegi di casta del genere F, della distruzione del padre, del forcaiolismo antistuprazionista (per usare un bel neologismo di Icarus) e antimolestista, etc. etc. non possono in nessun caso venir convinti che tutto ciò esista davvero. Infatti tutto ciò si manifesta in una serie di fatti, di prese di posizione, di leggi, regolamenti, sentenze etc. il cui numero non è mai sufficiente a provare l’esistenza della pianta da cui provengono.
Precisamente per la stessa ragione per cui, per quanto grande sia il numero degli alberi, è sempre legittimo sostenere che davanti a noi non c’è una foresta. Alcuni alberi, migliaia di alberi, milioni di alberi.
Nessuna foresta.
Questa è una delle tante scappatoie a disposizione di chi nega l’esistenza della QM. Dal punto di vista strettamente logico la negazione dell’esistenza della foresta è del tutto legittima. Inattaccabile.
Il negazionista potrà forse venir costretto a riconoscere che esiste un “gran numero di alberi”. Ma un gran numero di alberi non è una foresta.
Per questo motivo noi possiamo addurre migliaia o milioni di fatti senza nessun risultato.
Ckkb a suo tempo raccolse gli articoli antimaschili di un diffusissimo quotidiano, pubblicati nell’arco di un paio di anni. Ne vennero fuori circa 2000 pezzi assemblati in una presentazione che dura circa un’ora. Lo spettacolo è impressionante. Ogni 3 secondi si può vedere nero su bianco la coltellata antimaschile. Bene.
E’ chiaro che se quella ricerca/raccolta venisse estesa a tutti i media italiani (tutti i giornali, i periodici, le trasmissioni radio e quell tv, etc ) degli ultimi 40 anni raggiungeremmo – inevitabilmente – i milioni di casi.
Credere che questo basterebbe?
Credete che se potessimo obbligare i negazionisti a starsene per mesi interi 24 ore al giorno a vedere e sentire quella raccolta essi muterebbero di opinione?
In gioventù avrei giurato che sarebbe accaduto. Ero ingenuo. Adesso so che la foresta può sempre venire negata. So che miliardi di alberi non bastano a fare una foresta.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
La malafede e la cattiva coscienza di Giosby è proverbiale e lo si evince dal fatto che non va a tampinare le sue amiche che scrivono quelle che lui stesso ha definito “cagate” ma si incaponisce nella falsa speranza di “far ragionare” noi (le sue amiche che ci denigrano invece usano argomentazioni ineccepibili e molto concilianti nei confronti degli uomini).
Giosby mi ricorda tanto Adel Smith o Magdi Allam, quei personaggi che dopo essersi convertiti ad un altra religione si trasformano nei più strenui critici di altre religioni nella necessità di consolidare la propria fede.
Imbarazzante.
Luke Cage(Quota) (Replica)
Vi seguo da un po’ di tempo, pur non essendo mai intervenuto, e devo dire che se contestualizzate all’epoca odierna, condivido molte delle vostre obiezioni, un po’ meno se andiamo a ritroso nel tempo. Ma non è questo il punto, perlomeno per quanto riguarda la questione della violenza.
Alcuni di voi mi sembrano molto acuti e preparati, perciò non credo che possiate ignorare il fatto che il motivo che porta a condannare molto più facilmente la violenza maschile piuttosto che quella femminile, sia dovuto al fatto che gli uomini sono molto più dediti al crimine e pertanto più propensi delle donne ad uccidere ed usare violenza fisica. Prendiamo il caso dei narcos,
http://blog.panorama.it/mondo/2010/03/16/messico-lemergenza-narcos-e-la-prima-guerra-di-obama/
chi sono i capi? chi sono gli autori di siffatte, efferate stragi? Purtroppo degli uomini, non delle donne.
E vi assicuro che io, da uomo, vorrei non doverlo scrivere: ma così è.
maurizio tonelli(Quota) (Replica)
La maggior forza fisica è, oggi, in una società tecnologica e “civile”, uno svantaggio. A parità di violenza, (intesa come predisposizione a far del male) la maggior forza fisica produce ovviamente segni visibili. Che fa guardare con sospetto.
Il “brusco risveglio” però concerne la violenza sui bambini, quindi esseri umani fisicamente più deboli delle donne. I bambini sono da sempre (e ancora oggi – e non è anche una lamentela ricorrente della società femminista?, i bambini se li devono “sciroppare” le madri?) più a contatto con le donne che non con gli uomini.
Quindi, perchè tanto stupore?
Rita(Quota) (Replica)
Maurizio, scusa ma stai portando un non-argomento. Qui si sta parlando dello stato di cose presente. Si sta parlando della questione presente qui e ora. Se andiamo a ritroso nel tempo è evidente che le cose erano diverse. Casomai vediamola da un’altra angolazione: noi non stiamo dicendo che in passato le cose erano come oggi, se mai ci stiamo opponendo a una narrazione di segno opposto, quella femminista, la quale cerca di convincere il mondo che dall’inizio della Storia gli uomini hanno sistematicamente e con un preciso piano di dominio oppresso le donne. Noi stiamo dicendo che questo non è vero.
Se poi vuoi puntare il dito sulle responsabilità degli uomini, che bisogno c’è di parlare dei narcos? Sono una goccia nel mare. Parliamo della Gestapo? Della Ceka? Dei sacrifici umani Maya? Dei cannibali del Congo? Della trapanazione del cranio per curare la malinconia? Chi erano i responsabili? Uomini. In maggior parte. Visto? Qui non si fa nessuna fatica ad ammettere le verità storiche. Ce ne sono talmente tante. Visti quanti uomini sono vissuti dal tempo dei Neandertal a oggi, è pressoché ovvio che molti uomini siano stati coinvolti in turpi accadimenti, e anzi, che ne siano stati i diretti responsabili.
Da qui a dire che la malvagità femminile non esiste o è meno malvagia, ce ne passa.
D’altronde, hai forse la prova provata che in tutti gli orrori passati dell’umanità non siano mai state coinvolte delle donne? No? Sei sicuro?
Chi lo dice? Il tuo pio desiderio, temo.
Attenzione a dire “così è”, “le cose stanno così”, “il mondo è così”, “da sempre…”, “per sempre…”
Parole che sono virus.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
@Maurizio Tonelli: Benvenuto.Le tue obiezioni mi sembrano molto sensate e garbate, ma non per questo smontano ciò che vogliamo affermare. Ecco perchè:
1) Ciò che il femminismo e la vulgata corrente hanno preso di mira non è tanto la “violenza maschile” in sè, cioè a prescindere dal sesso di chi lo subisce, quanto invece la “violenza maschile contro le donne”. Quindi la situazione cambia. E’ una visione distorta, manichea e sessista di concepire l’umanità: la violenza merita di essere stigmatizzata solo se è commessa da un UOMO contro una DONNA, mentre le violenze commesse da uomini contro uomini, o da donne contro uomini o altre donne, sono violenze di serie B. Tra l’altro le femministe e la la loro propaganda non possono parlare di violenza maschile a prescindere dal sesso, altrimenti si darebbero la zappa sui piedi, cioè per loro sarebbe un autogoal, e questo perchè a essere colpitii dalla “violenza maschile” sono più gli uomini che le donne: la maggior parte degli omicidi o di vittime di mafia è maschile, la maggior parte delle vittime di aggressioni razziali o bullismi vari è maschile, la maggior parte delle “morti bianche” è maschile. E così via. Poi certamente vi sono anche stupri e altre violenze commesse da uomini contro le donne. Ma se facciamo un conteggio delle vittime di vari reati, cioè di violenza maschile, vediamo che il numero di maschi vittime è maggiore di femmine vittime: cioè la Violenza Maschile colpisce più gli uomini che non le donne. Questo, almeno in Occidente.Ecco perchè le femministe e femministi si guardano bene dal condannare la “violenza maschile” in sè, ma ci tengono a specificare, cioè ad aggiungere al termine “violenza maschile”, quel “contro le donne”. Non ti sembra razzismo questo?
2) E’ vero che la propensione alla violenza fisica è maggiore negli uomini che non nelle donne, ma questo è dovuto al fatto che mediamente l’uomo è più forte fisicamente della donna, non già perchè la donna sia mediamente più pacifica e incline alla non violenza, come invece ne deducono in malafede femministe e femministi.
3) Non è detto che essere violenti significhi necessariamente esercitarla in prima persona e fisicamente la violenza. Si può benissimo avallarla e/o pianificarla, e/o indurla. E in questi casi, non c’entra nulla la forza fisica. Conta solo il cervello e l’animo. E su queste forme atipiche di violenza, o meglio, di secondo grado, le donne non sono meno degli uomini.
4) Talvolta un uomo violento può essere tale, o meglio riesce ad avere successo, con il determinante aiuto del consenso femminile. Questo per via della dipendenza di molti uomini dall’ essere approvati e stimati dalle donne nel perseguire un fine.Basti considerare ad es. che Hitler poteva contare sull’ estasi di milioni e milioni di donne verso di lui, quelle milioni e milioni di donne tedesche che dormivano con la foto di Hitler nel guanciale o nella mutandine, sognando di poterselo sposare. Non è un mistero, ed è risaputo che Hitler nella sua ascesa e rafforzamento del potere, tanto ha attinto dall’aiuto, diretto e indiretto, di molte donne: Himmler era un suo fedele macellaio di esseri umani, ma non era di nessun aiuto per il sollevamento del suo spirito e della sua morale che tanto possono permettere di continuare e di migliorare nella conservazione del potere. Su queste cose a lui gli erano di aiuto le sue amanti, le sue amiche, le sue ammiratrici, ecc. Fa male la verità, ma è così.
5) Esiste anche la violenza PSICOLOGICA e MORALE, e non solo quella fisica, eppure nessuno ne parla. Ora se è vero, come è vero, che gli uomini sono più portati alla violenza fisica, è anche vero che su quella psicologica e morale, sono più portate le donne.
Ma ripeto, a valle di queste considerazioni, sarebbe assurdo omologare uomini e donne in specifici e precisi modelli comportamentali. Per fortuna esiste la varietà:esistono uomini e uomini e donne e donne.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Caro Maurizio, come ben sai viviamo in un sistema capace di condizionare pesantemente gli individui al punto di limitare fortemente se non di disinnescare del tutto la possibilità di sviluppare una autonoma capacità di pensiero e di critica. Naturalmente questo avviene attraverso sofisticati meccanismi culturali e psicologici che hanno l’obiettivo di manipolare la sfera più profonda delle persone. La manipolazione dell’informazione e il dispiegamento di vere e proprie campagne mediatiche costituiscono degli strumenti formidabili (non sono i soli naturalmente) da questo punto di vista. Si arrivano a costruire delle vere e proprie “balle spaziali” che vengono gettate sul “mercato” dell’informazione fino a quando non entrano a far parte dell’immaginario psicologico di massa.
Una di queste macroscopiche balle è quella ad esempio (l’avrai sicuramente già sentita se addirittura non l’hai già data per scontata) che racconta che la prima causa di morte per le donne, in Italia, in Europa, in America, nel mondo, è la mano omicida degli uomini. Ci occupiamo di questa criminale menzogna degna della migliore propaganda goebbelsiana (senza timore di esagerare) in un articolo dal titolo appunto “La grande menzogna” che puoi trovare nello spazio “articoli” del sito.
Per fartela breve e farti capire l’entità della manipolazione, in Italia (dati Istat) sono approssimativamente tra le 130 e le 150 le donne assassinate ogni anno (di cui il 20-25% per mano femminile) e circa 18/20.000 quelle che muoiono di cancro. Più naturalmente tutte le altre cause (altre malattie, infarto, incidenti stradali ecc.).
Eppure la voce corrente, la vulgata, come si suol dire, che ha fatto breccia e si è ormai affermata fino a diventare opinione corrente è che la prima causa di morte per le donne è la mano omicida dell’uomo. Ne uccide più l’amore del tumore: 150 contro 20.000. Ma tant’è. La menzogna diventa addirittura grottesca quando si passa ai “dati” (mettiamoci centomila virgolette) diffusi a livello mondiale, anche da organismi internazionali di un certo calibro. Secondo questi “dati” sarebbero circa 60 milioni le donne uccise ogni anno da mano omicida maschile. Ora, non c’è bisogno di essere dei matematici per capire che, con questi “dati”, se tanto mi dà tanto, entro una cinquantina d’anni l’umanità di genere femminile (e di conseguenza anche quella maschile) dovrebbe estinguersi. Anzi, se andiamo a ritroso nel tempo e neanche di tanto, solo di qualche decennio, in base a questo calcolo il genere umano avrebbe già dovuto essersi estinto.
Poi invece, veniamo a sapere (e ti rimando anche in questo caso alla visione del servizio di Giovanna Botteri che abbiamo pubblicato nello spazio “articoli” dal titolo “Un brusco risveglio”, raro esempio di informazione fuori dal coro) che in America più del 50% delle violenze e degli abusi sessuali sui minori sono commessi da donne e da madri. Curioso eh?…
Ora, partendo da queste premesse, non ci stupiamo più se il pensiero corrente dominante è quello che dice che la violenza “è sempre e comunque maschile”, anche quando viene commessa dalle donne (questo l’assioma femminista). Le donne infatti, secondo questa interpretazione, sono addirittura incapaci non solo di commettere violenza ma addirittura di concepirla. Quando la commettono è perché sono state espropriate della loro identità e hanno interiorizzato il modo di essere dei maschi…
Mettendo da parte queste imbecillità e spero che tu lo farai con me, avrei gioco fin troppo facile nel farti l’elenco di tutte le donne di potere, imperatrici, regine, capi o capesse di stato che hanno scatenato guerre, incarcerato, massacrato, bombardato né più e né meno dei loro colleghi uomini. Non c’è bisogno di andare a rovistare nella storia, mi è sufficiente citare i nomi di Condoleeza Rice, degna compare del guerrafondaio Bush, e di Tzipi Livni (peraltro progressista e femminista),altrettanto degna compare di massacri di Ehud Olmert.
Ovviamente a questo punto si potrebbe avviare un discorso (che necessita di un’analisi molto più approfondita che faremo nel prosieguo del nostro lavoro) su altre forme di violenza femminile (oltre quelle tradizionali da cui non sono esenti) che vanno dall’infanticidio a diverse altre forme molto più sottili e meno facilmente individuabili di violenza psicologica che spessissimo sfociano anche in quella fisica. Di queste forme di violenza, di cui sono vittime gli uomini, i mariti, i fidanzati, i figli, non si parla mai, nessuno dice mai nulla. Ma ci vorrebbe troppo tempo e non possiamo farlo certo ora.
Naturalmente, a scanso di equivoci e per evitare che i soliti avvoltoi in agguato si scatenino, l’obiettivo di questa sia pur breve riflessione, non è quella di criminalizzare il genere femminile, cosa che ci guardiamo bene dal fare (e che è invece stata fatta dal femminismo nei confronti del genere maschile) ma quella di aprire una riflessione lucida, equilibrata e non manichea sul tema della violenza di genere, ponendo fine alla criminalizzazione a senso unico del genere maschile, individuato come unico generatore di violenza. Una interpretazione che non può che essere definita come sessista e razzista.
Per cui, caro Maurizio, è ora di uscire dal guscio e soprattutto di gettare alle ortiche i luoghi comuni e le verità preconfezionate e cominciare a gettare uno sguardo più lucido, laico ed equilibrato sulla realtà.
Ci torneremo perché l’argomento è di fondamentale importanza.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ormai io penso sia banale parlare di violenza e oppressione sulle donne nel passato è la solita tiritera, la questione è anche di mentalità: quando ero bambino, anni 70, c’era ancora chi si meravigliava se una donna guidasse l’automobile o fumasse sigarette, erano soprattutto le donne di generazioni precedenti a indignarsi per questo. Quindi nei secoli passati la maggioranza delle donne non avrebbe mai pensato di poter fare la soldatessa o la brigantessa, eppure ci sono state donne battagliere come Giovanna D’Arco e anche donne briganti ecc….
La violenza femminile di sempre è quella psicologica, che spesso sfocia nel far diventare violento l’uomo, sotto pressione, che poi picchia la donna.
Leonardo(Quota) (Replica)
Caro Icarus, sottoscrivo completamente questo tuo ultimo post sul tema della violenza di genere che trovo estremamente lucido e analitico.
Naturalmente è una problematica da approfondire e sulla quale torneremo senz’altro. In particolare quella sulla violenza psicologica e sui suoi risvolti. Un aspetto mai affrontato se non addirittura occultato, guarda caso, da tutti/e.
Ne riparleremo presto.
fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sul passato. Il fatto della maggior inclinazione maschile all’uso della violenza fisica, non nasce secondo me solo dalla maggior forza. E’ che sono stati i maschi ad assumersi l’onere della difesa, e quindi anche dell’offesa, con le lacerazioni interiori e i pericoli che ciò comporta. Per questo, secondo me, si sono dovuti creare oasi di pace incontaminate o almeno credute e idealizzate come tali. Niente di meglio allo scopo che il genere femminile, che quindi dall’uso della violenza è stato esentato, potendosi così rappresentare a se stesso come “innocente”. Di questo le donne, oggi che si dice siamo nel post-patriarcato, dovrebbero ringraziare gli uomini anzichè portar loro rancore. E assumersi le loro responsabilità che stanno emergendo con chiarezza (torture, bullismo rosa etc. etc.), invece di continuare a fare le vittime o di allontanare da sè l’amaro calice attribuendo ogni cosa spiecevole e brutta del femminile al potere maschile che le avrebbe contaminate. E’ vero il contrario, semmai. Che il diminuito potere maschile fa emergere alla luce con più chiarezza anche la violenza esplicita del femminile.
armando
armando(Quota) (Replica)
Il fascino della divisa: si diceva cosi una volta, gli uomini si arruolavano militari sentendosi ammirati dalle donne.
I duelli: sempre per le donne, o quasi.
Molti maschi faranno i bulli anche per apparire forti davanti alle femmine.
Se un uomo debole, solo, vittima, si sfoga in modo violento su una donna, sarà condannato come una nullità, come un incapace, saranno problemi suoi.
Un uomo davanti alla donna deve essere perfetto, se dici non pago, non ho soldi, ti diranno morto di fame.
Se non hai la macchina?
Più violenza psicologica di questa, ed è continua.
Se ti prendi una ragazza brutta, ti diranno: ma chi ti sei preso ??
Leonardo(Quota) (Replica)
scusa Armando e perchè si sarebbero assunti l’onere della difesa e dell’offesa se non in virtù della consapevolezza della maggior forza fisica o anche della maggior “stabilità” intesa come condizione fisiologica stabile che non è della donna che è ciclica, è incinta, è partoriente è puerpera insomma varia la sua condizione fisica continuamente…chissà se mi sono spiegata? 😉
Rita(Quota) (Replica)
Rita, tu hai perfettamente ragione. Diciamo che si trattava di uno scambio basato sulla divisione del “lavoro” e volto ad assicurare la reciproca sopravvivenza. Era un contratto sociale fra uomini e donne che potremmo chiamare “patriarcato”. La parola ormai significa “oppressione sistematica e premeditata degli uomini sulle donne”, ma secondo me potremmo recuperarla (è la mia speranza per il futuro) nel senso di definire il patriarcato come riconoscimento reciproco dell’uguaglianza di valore e della diversità di funzione. Ora, è evidente che non sempre fossero rose e fiori; ma in media, funzionava. Tanto è vero che nonostante gli ovvi abusi, il tanto vituperato “patriarcato” ha prodotto una civiltà umana in media funzionante, evoluta e democratica, con grandi altezze creative e intellettuali e, naturalmente, picchi di degenerazione. Qui la parola chiave è in media. (O forse pensiamo ancora che il mondo perfetto, senza ingiustizie, senza guerre, senza alcun tipo di violenza, sia davvero possibile?)
Il problema è che ultimamente si è voluto ribaltare le carte in tavola, affermando che queste differenze di “condizione fisiologica stabile”, “ciclicità” ecc. che tu (giustamente) sottolinei in realtà non esistono e sono costruzioni sociali intese al dominio maschile. Oggi si sente dire che gli uomini sono inutili, si estingueranno, possiamo costruire il matriarcato, non c’è più bisogno del maschio, bla bla bla. Cioè: se distruggiamo queste differenze con le parole, allora distruggeremo le differenze anche nella realtà fisica, materiale.
Io penso che il matriarcato, se mai esisterà e vorrà darsi una forma stabile e duratura piuttosto che di esperimento isolato e limitato a piccoli gruppi antropologici, non potrà reggersi che su una struttura sociale di tipo schiavista. Non avrà altro mezzo per mantenere la sua egemonia. Molte donne diranno: “Evviva!”, certo, posso capirle.
Ma forse gli schiavizzandi hanno qualcosa da obiettare. E soprattutto, sapendo cosa si prepara, possono lavorare per impedirlo.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
maurizio tonelli
“perciò non credo che possiate ignorare il fatto che il motivo che porta a condannare molto più facilmente la violenza maschile piuttosto che quella femminile, sia dovuto al fatto che gli uomini sono molto più dediti al crimine e pertanto più propensi delle donne ad uccidere ed usare violenza fisica.”
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Caro Maurizio e tu credi il sottoscritto (al pari di altri), non sia a conoscenza del fatto che gli uomini delinquono più delle donne? Oppure che non evidenzi ciò per “paura” o perché in malafede?
Ascolta, vi sono molte ragioni per credere che la violenza negli esseri umani non sia propriamente una malattia o un “avvelenamento”, ma parte della nostra costituzione.
Ora, prendere in considerazione le radici della violenza nella natura umana, non significa ridurre la suddetta violenza ai cattivi geni degli individui violenti, con la sgradevole implicazione che i gruppi etnici in cui il tasso di violenza è maggiore devono averne un numero maggiore.
Vi sono pochi dubbi che alcuni individui siano costituzionalmente più inclini alla violenza di altri.
Per esempio, in tutte le culture gli uomini uccidono altri uomini da venti a quaranta volte di più di quanto le donne uccidano altre donne. E la parte del leone, fra gli assassini, la fanno gli uomini giovani, fra i quindici e i trent’anni.
Alcuni di essi, inoltre, sono più violenti di altri. Secondo alcune stime, il 7% dei giovani è responsabile del 79% degli atti di violenza ripetuti. Gli psicologi hanno rilevato che gli individui inclini alla violenza hanno un profilo personologico caratteristico. Tendono a essere impulsivi, poco intelligenti, iperattivi e con deficit di attenzione. Li si definisce di “temperamento oppositivo”: sono vendicativi, vanno facilmente in collera, oppongono resistenza al controllo, molestano deliberatamente e tendono a dare ogni colpa agli altri.
Fra di essi gli psicopatici sono i più spietati e costituiscono un’alta percentuale degli assassini. Tali tratti emergono nella prima infanzia, perdurano per tutta la vita e sono in larga misura, anche se non del tutto né quasi del tutto, ereditabili. I sadici, le teste calde e altri natural-born killers sono parte del problema della violenza non soltanto per il male che fanno, ma per l’atteggiamento aggressivo cui, come deterrente e autodifesa, costringono gli altri. Ma quello che va sottolineato è che non sono la parte principale del problema. Le guerre iniziano e finiscono, la criminalità sale e scende, le società passano dalla belligeranza al pacifismo, o viceversa, nel corso di una sola generazione e tutto ciò senza alcun mutamento nelle frequenze dei geni locali. Se oggi vi sono delle differenze fra i gruppi etnici quanto a tasso medio di violenza, sono differenze che non richiedono una spiegazione genetica: il tasso di un gruppo di un dato periodo storico può corrispondere a quello di qualunque altro gruppo in un altro periodo. I mansueti scandinavi di oggi discendono dai sanguinari vichinghi, e l’Africa, dilaniata dalle guerre dopo la fine del colonialismo, è molto simile all’Europa dopo la caduta dell’impero romano.
Ora, se il cervello è dotato di strategie per la violenza, si tratta di strategie contingenti, connesse a un complicato circuito che computa quando e dove vadano dispiegate. Gli animali mettono in atto la loro aggressività molto selettivamente, e gli esseri umani, il cui sistema limbico è unito a lobi frontali molto sviluppati, calcolano ovviamente ancora di più.
La maggior parte di noi, oggi, vive la propria vita adulta senza mai premere il suo pulsante della violenza.
Che cosa testimonia che la nostra specie possa avere evoluto dei meccanismi atti all’esercizio di una violenza discrezionale? In primo luogo bisogna mettersi in testa che l’aggressione è un atto organizzato e diretto a uno scopo, non qualcosa che possa essere frutto di una casuale disfunzione.
Che i nostri cugini scimpanzé conoscano l’assassinio volontario ai danni di compagni di specie fa pensare che a predisporci alla violenza possano essere state le forze dell’evoluzione, non le peculiari caratteristiche di questa o quella cultura umana. E l’onnipresenza della violenza nelle società umane lungo tutta la storia e la preistoria ne è un indizio ancor più convincente.
Segni più diretti di una progettazione per l’aggressione li troviamo prendendo in esame il corpo e il cervello umani. La maggiore statura, la maggiore forza e le maggiori dimensioni – specie nella parte superiore – del corpo degli uomini sono un segno rivelatore zoologico di una storia evoluzionistica di violenta competizione fra maschi.
Per concludere (per ora): è indubbio che la violenza sia un problema sociale e politico; i fenomeni che definiamo sociali e politici, però, non sono accadimenti esterni che influenzano misteriosamente, come macchie solari, le vicende umane, ma hanno caratteri intellettivi condivisi dagli individui in un dato tempo e luogo. Non è quindi possibile comprendere la violenza senza capire fino in fondo la mente umana.
Silver(Quota) (Replica)
@ Silver
Che i nostri cugini scimpanzé conoscano l’assassinio volontario ai danni di compagni di specie fa pensare che a predisporci alla violenza possano essere state le forze dell’evoluzione,
@
Proprio oggi, su ANSA.it, è stato pubblicato questo articolo.
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Scimpanze’ in guerra, uccidono per avere piu’ territorio
Ricercatori hanno seguito per 10 anni un branco di scimmie in Uganda
22 giugno, 18:28
ROMA – Come delle moderne gang di Los Angeles, anche gli scimpanzé fanno delle guerre tra bande per la conquista del territorio. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori, che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Current Biology seguendo per dieci anni un branco di queste scimmie in un parco nazionale in Uganda.
Gli esperti hanno osservato dal 1999 al 2008 un branco di 150 scimpanzé del parco di Kibale, scoprendo l’esistenza di vere e proprie ‘pattuglie’, a forte predominanza maschile, che compivano dei raid in territori di altri branchi uccidendo i rivali e impossessandosi dell’area. Nel periodo di studio sono state almeno 21 le uccisioni, tutte fatte ‘a mani nude’, senza l’uso di arnesi, e hanno fruttato un allargamento del territorio, che era di circa 30 chilometri quadrati, di altri 6, fino a comprendere anche alcuni alberi da frutta assenti in quello di partenza.
“Ci potrebbe essere anche un altro vantaggio, oltre al cibo – sottolineano i ricercatori – le femmine del gruppo depredato del territorio potrebbero unirsi a quello ‘vincente’, perché controlla più risorse”.
Marco(Quota) (Replica)
Per Rita. Certo, per maggior forza fisica ma anche per preservare le donne, preziose per la prole e la sua crescita che erano elementi essenziali per la società nel suo insieme. Come scrive Marco si è trattato di una “divisione sociale del lavoro” su basi naturali e funzionali alle condizioni date. Che però non è rimasta senza forti conseguenze psicologiche. Ora si può discutere sull’effettivo cambiamento del contesto, ma se lo si assume come un dato è ovvio che cambino anche gli atteggiamenti psichici, e ciò che era rimasto in ombra finisca per emergere. Come sembra stia accadendo. Se ne prenda allora atto e si riconsiderino tutti i parametri e gli schemi abituali.
Questo in prima battuta. Comunque, se ti interessa, ti segnalo
http://www.ilcovile.it/news/archivio/00000591.html,
è una rivista telematica a cui collaboro che tratta più approfonditamente, nello specificato numero 591, il tema del patriarcato e del genere.
armando
armando(Quota) (Replica)
Sempre per Rita ed a proposito della violenza. Se avrai la pazienza di leggere tutto il numero della rivista che ti ho segnalato prima (piuttosto lungo), nella parte finale troverai un accenno ad una tesi di Franco Fornari, uno dei più importanti psicanalisti italianie e internazionali di scuola Freudiana.
Secondo lui la maternità, per il fatto che il bambino cresce nel corpo materno con tutte le implicazioni del caso, ha aspetti non solo di amore, quindi positivi, ma anche di odio, quindi negativi, che potrebbero sfociare in violenza distruttiva. Il padre/maschio assumerebbe, spostandolo su di sè, questo odio e questa violenza non suoi, per bonificare il rapporto madre/bambino e permettere che si affermi il “codice materno” di amore e accudimento assolutamente necessario alla prosecuzione della vita ed alla crescita sana del bimbo. E’ un’altra spiegazione, da un punto di vista diverso, della proiezione maschile dell’innocenza e della non violenza femminili, contemporaneamente a quella dell’assunzione maschile della violenza e dell’autoillusione femminile di essere esenti da questi aspetti della vita. Dunque il femminile dovrebbe essere doppiamente grato al maschile per l’ingrato, seppur necessario onere, che si è caricato sulle spalle. Altro che il rancore e l’oppressione di cui si sparla a vanvera (non da parte tua). Dal che si capisce anche il perchè della crescita degli infanticidi e della violenza al femminile. Si è voluto “uccidere” il padre ritenendo il suo ruolo e la sua funzione ininfluente o marginale. Questi sono gli esiti.
armando
armando(Quota) (Replica)
Aggiungo dell’altro.
Il primo passo per capire la violenza consiste nel mettere da parte l’avversione che ci suscita per un periodo di tempo sufficientemente lungo da consentirci di esaminare perché essa a volte paghi in termini personali o evoluzionistici. Il che richiede di rovesciare la formulazione della domanda chiedendosi, non perché si faccia violenza, ma perché si eviti di farla. La morale, dopotutto, non ha fatto il suo ingresso nell’universo con il Big Bang per poi permearlo come una radiazione di fondo. E’ stata scoperta dai nostri antenati quando il processo moralmente indifferente noto come “selezione naturale” aveva già miliardi di anni. Secondo alcuni esperti in materia, le migliori riflessioni sulle conseguenze di questa amoralità di fondo sono quelle di Hobbes nel Leviatano.
Purtroppo, la sua concisa definizione della vita umana come “sordida, bestiale e corta” e l’immagine di un onnipotente Leviatano che ci trattiene dal saltarci vicendevolmente alla gola hanno portato a fraintendere le sue argomentazioni. La convinzione che in genere gli si attribuisce è che nello stato di natura l’uomo fosse in balìa di un impulso irrazionale che lo portava a odiare e distruggere. In realtà, la sua analisi è più sottile, e forse ancora più tragica: egli mostra, infatti, come la dinamica della violenza si sviluppi dalle interazioni fra agenti razionali mossi da interesse personale.
(L’analisi hobbesiana è stata riportata in auge dalla biologia evoluzionistica, dalla teoria dei giochi e dalla psicologia sociale.)
In primo luogo, la competizione. La selezione naturale è mossa da competizione, il che significa che i suoi prodotti – “macchine per la sopravvivenza” nella metafora di Richard Dawkins – dovrebbero, in assenza di interventi esterni, fare tutto ciò che li aiuta a sopravvivere e riprodursi. Spiega Dawkins:
“Per una macchina per la sopravvivenza, un’altra macchina per la sopravvivenza (che non sia un suo figlio o un altro parente stretto) è una parte dell’ambiente, come una roccia, un fiume o un po’ di cibo. E’ qualcosa che si ritrova sulla via o qualcosa che può essere sfruttata. Differisce dalla roccia o da un fiume per un aspetto importante: che è portata a restituire i colpi. Questo perché anch’essa è una macchina che conserva i suoi geni immortali per il futuro, e anch’essa non si fermerà di fronte a nulla per salvarli. La selezione naturale favorisce i geni che controllano la loro macchina per la sopravvivenza in modo tale da permetterle di sfruttare nel modo migliore l’ambiente. Ciò comprende anche sfruttare nel modo migliore le altre macchine per la sopravvivenza, della stessa o di specie diversa”.
Se fra un organismo e qualcosa di cui esso ha bisogno si frappone un ostacolo, l’organismo cercherà di rimuoverlo, neutralizzandolo o eliminandolo. E questo vale anche quando l’ostacolo è rappresentato, come accade, da altri esseri umani, quelli che, per esempio, monopolizzano una terra o fonti di cibo desiderabili.
Anche fra i moderni Stati-nazione il bruto interesse è un grande incentivo alla guerra. Lo studioso di scienze sociali Bruce Bueno de Mesquita ha analizzato i motivi scatenanti di 251 conflitti scoppiati nel mondo negli ultimi due secoli, giungendo alla conclusione che, nella maggior parte dei casi, l’aggressore aveva giustamente calcolato che un’invasione riuscita sarebbe stata nel suo interesse nazionale. Un altro ostacolo umano è rappresentato dagli uomini che hanno in monopolio donne che, rimosso l’ostacolo, potrebbero essere prese in mogli. Hobbes ha attirato l’attenzione su questo fenomeno senza conoscerne la ragione evoluzionistica, fornita secoli dopo da Robert Trivers: le differenze di investimento genitoriale minimo fra maschio e femmina rendono la capacità riproduttiva della femmina un bene scarso per il quale i maschi competono. Questo spiega perché gli uomini siano portati a guerreggiare e inoltre perché abbiano sempre qualcosa per cui lottare, anche quando le loro necessità legate alla sopravvivenza sono assicurate.
Gli studi sui conflitti nelle società prestatuali confermano che gli uomini non hanno bisogno di mancare di cibo o di terra per muoversi in guerra. Spesso compiono incursioni in altri villaggi per rapirne le donne, per rappresaglia in seguito a scorrerie simili subite in passato o per difendere i loro interessi in dispute relative a scambi di donne destinate al matrimonio. Come osservano Daly e Wilson, la competizione può essere violenta perché “una creatura visibilmente sulla strada del completo fallimento riproduttivo deve in qualche modo fare uno sforzo, spesso rischiando la morte, per cercare di migliorare la sua traiettoria di vita presente”.
E’ quindi facile che i giovani in povertà che finiscono su quella strada siano pronti a rischiare la vita per migliorare le loro chance di successo nella lotteria i cui premi sono status, ricchezza e partner. In tutte le società essi costituiscono il settore demografico in cui sono concentrati gli agitatori, i delinquenti e la carne da cannone. Se sono molti i motivi che rendono un Paese più o meno propenso di altri a muovere guerra, uno è semplicemente la percentuale della popolazione costituita da uomini fra i quindici e i ventinove anni.
Se questa cinica analisi può suonare completamente campata per aria alle orecchie del lettore moderno è perché ci è difficile pensare agli altri come a mere componenti dell’ambiente da togliere di mezzo, se occorre, come le erbacce di un giardino. A meno di non essere psicopatici, noi solidarizziamo con gli altri, non li trattiamo allegramente da ostacoli o prede. Tale solidarietà, tuttavia, non ha impedito alla specie umana di commettere atrocità di ogni sorta lungo tutta la storia e preistoria. La contraddizione è risolvibile ricordando che noi riconosciamo un cerchio morale che può non includere tutti gli esseri umani, ma soltanto membri del nostro clan, villaggio o tribù. Il prossimo all’interno del cerchio è oggetto di solidarietà; quello all’esterno è trattato come una roccia, un fiume o un po’ di cibo.
Per esempio, la lingua dei Wari, che abitano la foresta amazzonica, dispone di una serie di classificatori nominali che distinguono gli oggetti commestibili da quelli non commestibili e la classe degli oggetti commestibili include chiunque non sia membro della tribù.
Silver(Quota) (Replica)
Questo è quanto scriveva Rino, un paio di anni fa, in risposta a un lettore di U3000.
______________
Caro amico, dici bene.
Gli uomini sono le maggiori vittime della violenza ma sono essi stessi ad infliggersela. Verissimo.
Qui tre cose sono da notare. Mi limito a segnalare le prime due, sulla terza mi allungo un po’.
1- Stiamo parlando di violenza visibile, quella che è innegabile e che rende chi la compie responsabile di fronte agli altri, alla legge e a se stessi. Di quella invisibile, che troppo spesso sta alla base di quella visibile, non si parla mai. O meglio, se ne parla solo nei casi in cui ad esercitare quella visibile è la donna (infanticidi, omicidi, mutilazioni dei genitali maschili etc.). Allora si corre subito a descrivere la sicura violenza invisibile/occulta che la donna ha precedentemente subìto. Strategia il cui fine è troppo evidente per doverlo chiarire.
2- Se gli uomini sono le maggiori vittime della violenza (ancorché autoinflitta) diventa necessariamente falso il proclama femminista secondo cui le donne ne sarebbero invece le prime vittime, come ad esempio si usa dire nella guerra.
Già queste sono considerazioni pesanti che però non si fanno mai.
E veniamo al punto.
3- La visibilità appartiene al maschile. Considerata la simbologia e la valenza dei genitali maschili comparati a quelli femminili, non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. La violenza (visibile) maschile è espressione negativa di quella medesima energia che nel lato positivo ha creato la quasi totalità di ciò che si vede nel mondo.
Questa energia ha una proiezione esterna che può andare nella direzione della costruzione o della distruzione ma che proviene dalla medesima fonte. A questa pulsione verso l’esterno sono correlati il coraggio (spinto sino alla temerarietà), la percezione strumentale del corpo (una cosa che si può perdere per uno scopo) ed una straordinaria carica energetica (più altri caratteri che tralascio). Ad essa pulsione è stato dato il nome di aggressività. Termine fuorviante perché ne dà una connotazione esclusivamente negativa. (K. Lorenz , che ne colse l’unicità della fonte e al tempo stesso la duplice valenza, la definì “Il cosiddetto male”). Creazione e distruzione sono modi specifici di espressione della maschilità. Va da sé che noi tutti ammiriamo la prima e detestiamo la seconda.
Il punto essenziale della nostra denuncia è che degli uomini si vede solo la seconda e mai la prima. La distruzione operata dagli uomini è il solo aspetto della loro opera di cui si parla. Si parla delle 150 donne assassinate ogni anno. Non si parla delle 1200/1400 che ogni anno vengono salvate, non al mare dai bagnini, ma sul lavoro, dove muoiono i maschi per conto di tutti. Sembra che i morti sul lavoro siano tanti, ma ancora negli anni 60 quelli che ne morivano erano circa 4.000 ogni anno. Lasciamo stare quel che avveniva ancor prima e lasciamo stare il resto: hai mai visto una donna mutilata del lavoro? Né si parla mai, perché nemmeno lo si vede, di tutte quelle che sono state salvate (e sono miliardi) dalla cornucopia di invenzioni e creazioni che hanno permesso all’umanità di crescere sino alle dimensioni attuali. Senza la parte luminosa, creatrice del “cosiddetto male” di cui è portatore il genere maschile, l’umanità conterebbe oggi lo stesso numero di persone dei tempi preistorici. Non lo si è mai neppure pensato. Invenzioni, creazioni, realizzazioni che si originano dalla stessa fonte e che sono state pagate da un numero immenso di maschi con infiniti sacrifici e spesso con la vita.
La predisposizione al rischio è un’altra manifestazione della stessa pulsione. Dove ci sono rischi là ci sono gli uomini e chi è in pericolo e chiede aiuto sa che lo avrà dagli uomini. Uomini o donne che siano.
Detta in altro modo, la maschilità è il sole dell’umanità. Ma il sole produce luce e ombra. Preferiremmo non aver a che fare con l’ombra, sarebbe bellissimo, ma per eliminarla dal mondo bisogna spegnere la luce. Spegnere il sole.
Noi non ci siamo messi in azione per propagandare l’idea che i maschi siano buoni o che le violenze maschili non esistano o per minimizzarle, ma per denunciare il fatto che si parla solo di quelle e che ormai si vedono solo quelle. Che vengono moltiplicate per 100 e per 1000. Che vengono rievocate dal passato o importate dall’estero. Ora, quando di qualcuno si vede solo il male vuol dire che il cuore di chi guarda è avvelenato. Intossicato dal rancore. Noi denunciamo l’esistenza da tutti negata dell’odio antimaschile e denunciamo anche il fatto che gli uomini stessi non sono più capaci di vedere l’immensità del bene che hanno prodotto e che producono. E se lo vedono si vergognano di gettarlo sull’altro piatto della bilancia.
I maschi sono il Genere che crea e che distrugge a nome dell’intera umanità ma è quasi esclusivamente su di loro che grava il peso delle conseguenze di questa tragica ambivalenza.
Concludendo, faccio notare che le osservazioni presentate nella sua email possono tranquillamente essere pubblicate sul forum.
Con cordialità.
R. B.
Silver(Quota) (Replica)
Segnalo che sul blog dell’ Antefatto c’è un articolo di Massimo Fini “due al prezzo di uno”
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?p=2&id_blog=96578
per quanto non dica niente di particolarmente scandaloso sono piovute tante di quelle e-mail di protesta che perfino Peter Gomez è stato costretto a una specie di articolo riparatore
Paolo(Quota) (Replica)
nonostnte i numerosi commenti.. siamo sempre ad un punto morto.. le donne da una parte.. gli uomini dall’altra.. e non si rendono conto che sono sulla stessabarca che, inesorabilmente, stà affondando.. chiariamoci, chi detiene un potere non si rispecchia certo in questa contesa, tutto scivola inesorabilmente sul muro della loro regale indifferenza, al solito l’umanità beta è quella che si confronta in un becero e sterile alterco, senza soluzioni di sorta..AD MAJORA!
Damien(Quota) (Replica)
Cronaca
ANSA.it
Bordighera, tenta di uccidere madre di un’amica
La giovane è finita in manette assieme alla figlia delle donna
26 giugno, 19:39
BORDIGHERA (IMPERIA) – Assieme all’amica del cuore avrebbe pianificato l’uccisione della madre, sembra per non essere costretta e rivelarle di essere molto lontana dalla laurea, oltre che per intascare l’eredità.
Con l’accusa di tentato omicidio in concorso, i carabinieri di Bordighera hanno arrestato Federica Bellone, 26 anni, studentessa di giurisprudenza al polo universitario di Imperia, e la sua amica Chiara Cortese Pellin, 29 anni, milanese, volontaria della Croce Rossa Italiana. Federica avrebbe affidato il compito di uccidere la madre Paola Berselli, 56 anni, a Chiara. Ma il piano è fallito: la madre, aggredita da Chiara in casa, si è ben difesa e l’ha messa in fuga.
La sera di giovedì scorso Chiara Cortese Pellin si era presentata alla porta di Paola Berselli, in un alloggio in centro a Bordighera, con la scusa di avere un appuntamento con Federica. Nella borsa, però, aveva l’occorrente per compiere il delitto: un batticarne, un coltello da macellaio e un paio di guanti di lattice. Una volta dentro l’appartamento, aveva chiesto alla padrona di casa un bicchiere d’acqua, e si era allontanata in bagno. Qui aveva tirato fuori dalla borsa coltello e batticarne, e indossato i guanti di lattice. Poi aveva raggiunto la vittima designata in cucina.
Le era arrivata alle spalle, con il batticarne pronto a colpire. Ma la donna, forse avvertendo la presenza di Chiara dietro di sé, si è voltata di scatto, evitando il colpo mortale. Ferita solo di striscio, si era poi difesa con tutte le sue forze, riuscendo a mettere in fuga la donna più giovane. Poi aveva raggiunto il pronto soccorso, si era fatta medicare a aveva chiamato il 112, raccontando tutto ai carabinieri, fornendo loro anche il nome di chi aveva cercato di ammazzarla. I militari hanno arrestato Chiara Cortese Pellin mentre cercava di tornare in treno a Milano, da dove era partita quella stessa mattina. Interrogata dal sostituto procuratore Marco Zocco per oltre tre ore, alla fine la giovane è crollata, rivelando il piano criminoso.
E incolpando l’amica Federica, figlia della mancata vittima. La studentessa è stata rintracciata ieri sera, a Bordighera, anche lei mentre si preparava alla fuga. Ha negato tutto, ma la confessione dell’amica la inchioderebbe. Sembra che il progetto di uccidere la madre, inoltre, non fosse recente, ma che Federica avesse già cercato di assoldare altri due killer, uno dei quali pakistano. Ma all’ultimo momento entrambi si erano tirati indietro. Ora Federica si trova in carcere a Genova Pontedecimo, mentre Chiara Cortese Pellin ha ottenuto gli arresti domiciliari.
Marco(Quota) (Replica)
Non conosco bene la realtà americana, né quella di altri paesi, così come non so quanto c’entri la natura e quanto la cultura in certe tragedie, perché non sono un esperto. So però quello che accade in Italia e, purtroppo, mi pare che non vi siano dubbi riguardo a chi è più portato a uccidere quando una storia d’amore finisce.
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articolo pubblicato sul corriere.it
la relazione con livia balcone era finita da tantissimo tempo
Il killer denunciato 7 volte per stalking
Gaetano De Carlo era stato segnalato alle autorità dal marito della seconda vittima
MILANO – Era stato denunciato per molestie (reato successivamente qualificato come stalking) e minacce per ben sette volte dal marito della seconda donna che ha ucciso, a Rivolta d’Adda (Cremona), Gaetano De Carlo, l’uomo che si è sparato poi alla tempia davanti al cimitero di Corneliano di Truccazzano (Milano). A quanto si è appreso, alla procura di Crema, da una delle denunce per stalking era scaturito anche un procedimento penale.
Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara Uccide le due ex e si spara
Il corpo di Gaetano De Carlo (Newpress)
Il corpo di Gaetano De Carlo (Newpress)
LA VICENDA – De Carlo lavorava come carrozziere in provincia di Bergamo ed abitava a Vailate (Cremona). Mezz’ora prima di farla finita e dopo una folle corsa in auto da Chieri, nel Torinese, dove aveva ucciso una prima volta, ancora una sua ex, aveva ammazzato con quattro colpi di pistola, tre al petto e uno alla testa, Livia Balcone, una sua ex fidanzata di 42 anni che abitava con il marito e la figlia di cinque anni a Rivolta d’Adda (Cremona). L’uomo sapeva che, per rientrare dal lavoro, la donna avrebbe percorso la strada che costeggia il Parco della Preistoria di Rivolta d’Adda e le ha teso un vero agguato. Ha sparato un primo colpo di pistola contro il finestrino, mandandolo in frantumi. Livia, benchè ferita, ha percorso una sessantina di metri prima di fermarsi. È scesa dalla vettura ed è stata raggiunta da altri tre colpi che l’hanno finita. La relazione tra i due era terminata da tempo, ma Gaetano De Carlo continuava a perseguitare la sua ex che, spalleggiata dal marito, l’aveva denunciato ben sette volte per molestie e minacce, ma niente era servito a fermarlo.
LA RABBIA DEI PARENTI DELLA VITTIMA – Sconcerto, orrore e rabbia per l’omicidio da parte dei parenti della seconda vittima. «Le denunce? – dice un amico di Livia Balcone e del marito – chiedete ai carabinieri». Qualcun altro spiega che «tutti sapevano a Rivolta dei problemi di Sonia con quell’uomo». Scene di disperazione poco prima davanti alla Renault dove giaceva il corpo senza vita della donna, con il volto sfigurato dalle pallottole. «Dovevo ammazzarlo io quel bastardo – ha detto un parente della donna davanti all’auto – qualcuno doveva fermarlo, qualcuno doveva farlo. Ma adesso?».
Redazione online
30 giugno 2010
maurizio tonelli(Quota) (Replica)
Maurizio, scusa ma non riesco a capire il senso del tuo post…
Citi un episodio di cronaca in cui un uomo uccide una o anche dieci donne per poi venirci a dire che gli uomini sono più violenti delle donne?…E’ come se io pubblicassi la vicenda di Erica di Novi Ligure per stabilire che le donne sono più violente degli uomini…Ma che senso ha?
Guarda che noi non siamo dei manichei, a differenza di coloro che sostengono che la violenza è sempre e solo maschile, anche solo concettualmente parlando, e che le donne sarebbero addirittura incapaci non solo di praticarla ma anche di concepirla. Noi molto più laicamente sosteniamo che la violenza non appartenga a questo o a quel genere ma semplicemente, purtroppo, al genere umano nella sua interezza, e che nessuno ne è esente, uomini o donne che siano.
Sono intervenuto spesso su questo argomento e ho portato mille esempi, quindi non ci ritorno sopra. Abbiamo scelto di pubblicare quel servizio di Giovanna Botteri, che denuncia una vera e propria tragedia come la violenza, anche sessuale, di tante donne e madri sui minori in USA, non certo per criminalizzare l’intero genere femminile o per sostenere che tutte le donne o le madri sono in quel modo lì (ti ricordo peraltro che non molto tempo fa un filone del femminismo sosteneva che in ogni uomo c’è un potenziale stupratore, non dimentichiamolo, e nessuna femminista si è mai preoccupata di stigmatizzare una simile aberrazione…) ma appunto per dimostrare che la violenza non è a senso unico.
Un ritornello che invece viene ripetuto da decenni come un mantra e che è arrivato a costruire delle vere e proprie “giga menzogne” come quella secondo la quale la prima causa di morte per le donne sarebbe la mano omicida degli uomini. Solo il semplice buon senso ci direbbe che questa è solo una criminale idiozia propagandistica però siccome siamo gente seria, a scanso di equivoci, abbiamo pubblicato alcuni dati Istat relativi ad alcuni anni fa (la media è su per giù quella). Li puoi trovare nell’articolo dal titolo “La grande menzogna” pubblicato nello spazio “articoli”.
La tragedia sai qual è? Che dopo decenni di martellamento mediatico di questo genere questa menzogna è entrata a far parte dell’immaginario collettivo e sarà molto, molto difficile invertire la rotta.
La dimostrazione di questo ce la dai proprio tu, caro Maurizio, lo dico senza nessun intento giudicante nei tuoi riguardi, sia chiaro, che sei profondamente convinto che gli uomini “siano senz’altro più violenti delle donne”. “E che diamine, ci mancherebbe!”. Ecco, Dobbiamo mollare questi luoghi comuni e cercare di osservare la realtà con laicità e lucidità.
E guarda caso, non appena la si osserva con maggior lucidità ed equilibrio, emergono dall’oscurità tragedie come quella descritta dalla Botteri sulla quale nessuno, ma veramente nessuno è più ritornato.
Ma come? Un servizio giornalistico di un certo livello, realizzato da una delle migliori professioniste (peraltro donna, progressista e di sinistra, in questo caso) della comunicazione sulla base di dati reali e non certo inventati, ci spiega che più del 50%, forse il 60%, non lo sappiamo con certezza, delle violenze e degli abusi sessuali sui minori sono fatti da donne e prevalentemente da madri, e nessuno ha nulla da dire? Nessuno si preoccupa di approfondire il tema? Tutto cade nel vuoto?
E tu stesso, pensaci, come “risolvi” la questione? Dici “che non conosci la situazione negli USA e in altri paesi” e poi citi un episodio di cronaca nera italiana per dimostrare che la violenza è maschile o che comunque gli uomini sono più propensi alla violenza…
Ma su, dai, Maurizio…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
————–CUT–HERE——————————-
.:::::::::::::::F3-MALE Corporation:::::::::::::::::::::.
::Clone system “f3mm-inist.exe” ver. 6.1.0 – Readme.txt::
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
F.A.Q.:
Q:Ho notato che, nonostante la disinstallazione del programma “f3mm-inist.exe”, talvolta alcune periferiche non funzionano come prima, come mai?
A: Spesso messi alle strette, per evitare il “Guru- Meditation”, i Cloni sono costretti a terminare il programma, ma non prima di aver impestato il sito ospite di vario spam, attacchi mirati alla CPU per indurre una impotenza di calcolo e lanciando programmi come ad esempio SF1G4T1.exe oltre a worm di vario genere che TENDONO AD INFETTARE LE PERIFERICHE VULNERABILI, RENDENDOLI PROMOTORI DEL PROGRAMMA STESSO, il processo di ripristino risulta arduo, meglio isolare la periferica, anche se spesso si disconnette da sola.
Damien(Quota) (Replica)
“non vi siano dubbi riguardo a chi è più portato a uccidere quando una storia d’amore finisce.”(Maurizio)
Allora, maurizio, stai facendo un pò di confusione, perchè citi i numeri però senza farne le debite proporzioni: che il numero di omicidi per questioni sentimentali, cioè perchè non si è accettato la fine della storia sentimentale, è maggiore negli uomini che non nelle donne, è dovuto al fatto che la stragrande maggioranza delle separazioni e divorzi avviene ad opera delle donne. Se la percentuale delle delle iniziative alla rottura del rapporto fosse divisa equamente, cioè al 50%, tra i due sessi,anche la percentuale di omicidi sentimentali sarebbe più o meno distribuita equamente tra i due sessi. Si parla tanto degli omicidi di uomini nei confronti delle ex partner a seguito di una fine del rapporto, però nessuno parla dei SUICIDI di quegli uomini a seguito della rottura di un rapporto. E il numero dei suicidi maschili a seguito di una rottura di un rapporto è ben maggiore di quello degli omicidi di uomini nei confronti delle ex mogli(o fidanzate). Il suicidio, in Occidente, è un male maschile, una vera e propria ecatombe, un vero e proprio MASCHICIDIO,di cui nessuno parla o cerca di risolvere, o addirittura quando se ne parla, quelle pochissime volte che se ne parla, lo si fa in senso spregiativo e irrisorio nei confronti degli uomini(leggiti l’articolo sul Corriere in cui si sbeffeggiano i padri separati suicidi). Caro Maurizio, essere lasciati(spesso per motivi pretestuosi) dopo anni e anni di rapporto in cui sono stati condivisi corpo, spirito e sentimenti, rappresenta una forma atroce di strazio interiore e psicologico, e che talvolta, per fortuna solo in una minoranza dei casi, può portare ad un raptus omicida, ma che nella maggioranza dei casi porta a depressione e talvolta suicidio. E queste cose accadono specie se alla rottura non voluta del rapporto si subisce anche la profonda ingiustizia di essere mandati via(su ordine del giudice) dalla propria casa(cioè di propria proprietà), quindi costretti a dormire e a mangiare nell’auto e nella mensa della caritas, a versare continui assegni di mantenimento(quindi anche per la pelliccia e il viaggio di piacere) all’ avida e sadica ex moglie, e soprattutto non poter vedere i propri figli. Cioè, Cornuto e Mazziato.Ma, ripeto, solo in una minoranza dei casi sfocia in un raptus omicida, nella maggioranza dei casi, abbiamo un esercito di milioni e milioni di uomini distrutti interiormente(ed economicamente): hai mai sentito parlare della tragedia dei padri Maurizio? Io ho visto, sono stato a contatto con persone(alcuni di loro, miei amici), lasciati dalle partner, dopo anni e anni di rapporto, e posso assicurarti che sono diventati dei veri e propri zoombie, perchè questo succede quando vengono ad essere colpiti i SENTIMENTI!!! Abbandonare senza un motivo grave, una persona con cui si sono condivisi per anni e anni sentimenti, rappresenta una VIOLENZA PSICOLOGICA!!!!e la violenza psicologica, oltre a causare un danno atroce, e spesso irrimediabile, nei confronti di chi la subisce, in taluni casi, per fortuna minoritari, può portare a dei raptus omicidi. Ovviamente quando si parla di uxoricidi, si guarda solo e soltanto l’ effetto e mai la causa: cioè si guarda la violenza fisica, ma senza dire che spesso è causata da una violenza psicologica subita.
E comunque, maurizio, il numero di uxoricidi, contrariamente a quanto tv e giornali dicono(“uccide più l’amore che il cancro”), per fortuna rappresenta una percentuale estremamente esigua delle morti femminili, ma, come diceva Goebbels: “prendete una bugia, ripetetela al popolo molte e molte volte, e diventerà verità”. La propaganda femminista, quindi usa la stessa strategia di Goebbels.
Si legga qui:
https://www.uominibeta.org/2010/05/10/la-grande-menzogna/
Icarus.10(Quota) (Replica)
http://www.youtube.com/watch?v=sDc5CqPlp4Q
l veri motivi per cui un omicida finisce col compiere i suoi propositi… sono legati a vizi procedurali nell’applicazione della legge : spesso la polizia si trova a non poter intervenire se non a misfatto compiuto..detto ciò è inutile criminalizzare tutti gli uomini con leggi restrittive a senso unico,perchè non è così che si risolvono le cose tant’è che le 7 denunce per stalking non sono servite a niente: il pericolo andrebbe valutato da caso a caso,se si crea nell’immaginario comune una megacategoria di stalkers, molti dei quali a fronte di una denuncia non si rivelano veramente pericolosi, si finisce per lasciare in libertà quello che poi ammazza per davvero…
Luke Cage(Quota) (Replica)
http://www.australian-news.com.au/domestic_violence_Susan_Falls.htm
Silver(Quota) (Replica)
http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/10401416.stm
Silver(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi
@Maurizio, scusa ma non riesco a capire il senso del tuo post…
Citi un episodio di cronaca in cui un uomo uccide una o anche dieci donne per poi venirci a dire che gli uomini sono più violenti delle donne?…
>>>
In realtà, Fabrizio, io volevo soltanto evidenziare che in questi tragici fatti di cronaca è molto più facile che siano degli uomini a uccidere piuttosto che delle donne, ma non perché ritengo i primi più violenti delle seconde, bensì perché credo che alcuni uomini (ho scritto ALCUNI, fabrizio) non abbiano la forza di vivere senza una donna accanto. E pertanto mi chiedevo, e mi chiedo, quanto questo dipenda dal contesto sociale, dal mammismo italiano e dalla conseguente subordinazione maschile verso le donne. Vorrei anche aggiungere che io non penso affatto che le donne siano degli angeli. Anzi.
maurizio tonelli(Quota) (Replica)
Una precisazione importante la tua, caro Maurizio, di cui sono ben lieto.
La mia risposta è che oggi la grande maggioranza degli uomini siano molto fragili, né potrebbe essere altrimenti, per tutte le ragioni che cerchiamo di spiegare sul sito. E’ pertanto ovvio che questa profonda fragilità si traduca in gesti di disperazione violenta, rivolta sia contro gli altri (le altre in questo caso) che contro se stessi.
Naturalmente ci si guarda bene dall’osservare il fenomeno con lucidità e razionalità e ci si limita alla mera criminalizzazione da una parte (quando la violenza è rivolta verso l’altra/o) o ad una sorta di compatimento mescolato al disprezzo dall’altra, quando cioè la violenza è rivolta verso se stessi.
Tutta la cultura del “politically correct”, così attenta ad indagare e ad approfondire in altre vicende (ipocritamente, perché in realtà non gliene frega nulla di nulla e nessuno), di fronte alla tragedia della disperazione degli uomini si ferma a questi due luoghi comuni stereotipati. O criminali o poveracci insomma…Complimenti a loro! Veramente una grande capacità di lettura, di analisi e di sensibilità nell’interpretare i fenomeni sociali…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Interessanti le questioni che sollevi, Maurizio. Certamente gli uomini esprimono più violenza fisica nei confronti della donne più che viceversa, anche in seguito a una separazione o a problemi relazionali all’interno di un rapporto di coppia, e mi sembra ovvia la ragione: come finirebbe uno scontro fisico tra un marito e sua moglie nel 99% dei casi? Se una donna iniziasse uno scontro fisico con un uomo avrebbe solo, potenzialmente, da perderci. Ciò non toglie che, talvolta, anche una donna, in preda all’ira, possa alzare le mani, con conseguenze imprevedibili. Sarebbe come se un uomo di statura, muscolatura normale si mettesse a far a botte con il Mike Tyson dei tempi migliori, perchè spesso c’è un divario di questo tipo tra un uomo e una donna. Mi sembra ovvio quindi che una donna si trovi in un terreno a sè sfavorevole. Al contrario l’uomo, sapendo di poter avere la meglio e obnubilato dall’ira o da problemi di natura psichiatrica, vigliaccamente in certe circostanze se ne approfitta, per poi cadere, giustamente, nella rete della giustizia. Il fenomeno della violenza fisica maschile verso le donne è un fenomeno gravissimo, che va combattuto su più fronti con mano ferma, ma affermare, o far credere in maniera più o meno esplicita, che la violenza sia unilaterale è semplicemente ridicolo. La violenza femminile, non potendo estrinsecarsi con la stessa facilità sotto forma fisica, si esprime essenzialmente sotto forma verbale. Per esempio chi fra uomini e donne esprime, sia pure in maniera spesso edulcorata ma non meno pungente, maggior disprezzo per l’altro sesso? Io penso che, al di là delle esternazioni ridicole di molti uomini nei confronti delle “donne di facili costumi” alle quali va invece tutta la mia solidarietà, siano oggi le donne ad esprimere maggior risentimento. Il femminismo, per esempio, ne è intriso, ma al di là di esso il disprezzo per l’uomo è diffusissimo per quanto se ne parli pochissimo sui media. La violenza non è appannaggio di un sesso, ma si esprime nei due sessi in modalità differenti, perchè differenti sono soprattutto le caratteristiche fisiche di essi. La violenza fisica è da condannare senza appello, ma anche le altre forme di violenza feriscono sia pure in maniera diversa.
Sulle altre questioni ritornerò più tardi.
Alessandro(Quota) (Replica)
D’accordissimo Alessandro, del resto anche Icarus ha più volte giustamente sollevato la questione della violenza sulla quale, mi rendo conto, sarà necessario aprire un dibattito molto più approfondito perché l’argomento è estremamente serio e cogente. Anche perché è proprio su questo punto, interpretato a senso unico (nè potrebbe essere altrimenti), che viene dispiegato un attacco al “maschile” di proporzioni inaudite. Peraltro è lo strumento che viene sistematicamente utilizzato per troncare qualsiasi critica nei confronti del “femminile”. E’ ovvio che di fronte all’argomento “violenza” tutti alzano le braccia in segno di resa. E siccome la violenza è sempre e solo maschile”, voilà, il gioco è fatto, fine dei giochi, chiusura del cerchio e tutti a casa…
Non una parola sulle mille diverse forme e sfaccettature della violenza, che può essere fisica ma anche psicologica e morale, e in questo secondo caso spesso molto più devastante della prima anche se meno evidente.
Non una parola sull’utilizzo subdolo, torbido, perverso e talvolta sistematico della violenza psicologica (che molto spesso degenera in quella fisica).
Rispetto ad un tema così complesso e delicato, tutti, senza distinzione alcuna, si limitano alla condanna e si trincerano dietro un atteggiamento di tipo giustizialista. Vale ormai per la “destra” come per la “sinistra”. Tutti preoccupati solo di raccattare voti facendo leva sulle angosce e sulle paure di sempre delle persone, sugli spettri che si agitano nella loro psiche, sul sentimento atavico di paura e insicurezza. Che lo faccia la “destra” ci posso pure stare; fa parte del suo Dna. Ma che lo faccia la “sinistra” no.
Si dividono solo sul “target”. La destra è forcaiola più o meno su tutta la linea ma concentra maggiormente la sua furia securitaria sul problema dell’immigrazione e della microcriminalità. La sinistra invece tende a stemperare e a ridimensionare (relativamente) l’allarme su queste questioni mentre diventa assolutamente inflessibile (alla Mario Cuomo, ex sindaco di New York, quello della “tolleranza zero”) sul tema della violenza di genere (naturalmente intesa a senso unico). Il risultato è quello di alimentare un senso di insicurezza sempre più profondo fra i cittadini, arrivando a costruire di sana pianta degli scenari apocalittici e innescando un circuito vizioso senza fine del tipo: violenza (vera o presunta)-repressione (vera)-richiesta di repressione-paura-insicurezza-diffidenza nei confronti dell’altro (e soprattutto del “diverso” e degli uomini…)-criminalizzazione dell’altro. Un altro che di volta in volta è o l’immigrato, o il sottoproletario, o genericamente l’uomo (se parliamo di violenza di genere). Comunque, in tutti i casi, si tratta sempre di uomini. E sono sempre gli uomini a essere criminalizzati.
Ancora una volta, anche in questo frangente, la questione si ripropone sia nei termini di classe che in quelli di genere (assolutamente sovrapposti). Non voglio assolutamente riaprire polemiche ma è evidente come la presunta contrapposizione fra uomini beta “italiani” e uomini beta “stranieri o immigrati sia assolutamente fittizia, creata ad arte e priva di ogni senso.
Gli uomini beta sono TUTTI oppressi e vittime di questo sistema dal quale sono in egual misura oggetto di criminalizzazione. E insieme dovranno organizzarsi per i propri diritti.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Caro Fabrizio, ma e’ evidente la contradizione rilevata, l’affermazione sempre piu’ spesso citata dal movimento nazi-sessista femminile si rileva nell’asserire che lo stupro provoca “DOLORE INTERIORE MAGGIORE” rispetto a quello provocato da “altre violenze”. Lo stesso Icarus cita giustamente tale asserzione come una spregevole menzogna femminista e sessista, che offende le vittime(e i familiari) di violenze diverse dallo stupro.
L’evidenza della contraddizione, quindi, appare disarmante! ovvero se da una parte si usa criminalizzare (giustamente) chi attua lo stupro (anche perchè è causa di “dolore interiore” e quindi dell’ anima, appare chiaro rubricare lo stupro come un PROLUNGAMENTO DELLA VIOLENZA FISICA, che, seppur di per se abbia minori conseguenza, lascia il campo a QUELLA BEN PIU’ GRAVE della VIOLENZA PSICOLOGICA.
Ergo, se e’ più che giusto quindi punire coloro che stuprano, causando una VIOLENZA PSICOLOGICA così grave, difficile da sanare col tempo, nasce spontaneo chiedersi per quali motivi si riconosca tale VIOLENZA esclusivo appannaggio del genere FEMMINILE; questo suona come una duplice interpretazione, da un lato c’e’ la DONNA, la quale e’ sempre vittima, solo lei puo’ essere soggetta a tale VIOLENZA PSICOLOGICA, dall’altra, la negazione a priori di constatare che, anche gli uomini, possano divenire soggetti di VIOLENZA PSICOLOGICA!
La domanda quindi nasce spontanea: Che aspettano a comprendere e RICONOSCERE tale VIOLENZA PSICOLOGICA? per quanto mi riguarda credo che tale gravità sia stata ampiamente RICONOSCIUTA ed APPLICATA, ma solo AL FEMMINILE! diversamente RICONOSCEREBBERO quella perpetrata QUOTIDIANAMENTE nei confronti degli uomini dalla maggior parte delle donne, dal SISTEMA e dai MEDIA..ecco quindi l’assurdo, i due pesi e due misure, lo screditamento del maschile a priori in quanto tale.
Damien(Quota) (Replica)
Ore 1833, italia uno, ennesima tragedia, un carabiniere che uccide la sua ex.
alcune contradizioni nel narrare la faccenda:
1) prima si dice che lui stesse convivendo con un altra, ma che quella sera avrebbe comunque incontrato la sua ex…(a che scopo?)
2) nel motivo dell’uccisione, il movente appare passionale, eppure risulta difficile chiarire tale movente, visto che l’omicida stava convivendo con una altra donna.
3) nell’articolo, vengono intervistati i parenti, la madre (credo del giovane) afferma che poteva essere uno dei tanti screzi visto che AVEVANO (notare il plurale) AVEVANO persino comperato casa insieme..(ma allora perchè conviveva con un altra?)
4) si conclude dicendo della vita spezzata di una donna, lui AVEVA PIANIFICATO TUTTO PER LEI, casa, e matrimonio, e lei e’ morta per un matrimonio che non voleva. (ma non avevano comperato casa insieme? ma lui non conviveva già con un altra? perchè si sarebbe recato con la sua ex vicino ad un cimitero per discutere? e di cosa? lui aveva un’altra vita sentimentale, che motivo c’era di vedere la ex?)
Subito dopo parte un video di approfondimento (?), ad enfatizzare che è sempre L’UOMO che uccide la DONNA, per quanto tragica, questo e’ il tragico EFFETTO?? non sempre.. ma si guardano bene dal disquisirne parimenti quanto spesso accade con i mariti lasciati, morti dentro, nonchè si badano bene sull’argomentare le probabili cause, c’e’ l’uomo.. lui e’ la causa.punto.
Aborro ovviamente ogni forma di VIOLENZA, tuttavia e’ bene notare come non solo si ENFATIZZI la VIOLENZA FISICA, nascondendo la VIOLENZA PSICOLOGICA (molto probabilmente in essa si troverebbero i moventi..), ma si usano le TRAGEDIE, a mio parere, per la causa che tutti conosciamo..
Nel articolo che segue, Ore 18:44 ancora un ennesima esclusiva.. di cosa? della famosa SPIA RUSSA, pare sia stata con un animatore siciliano, il quale narra la sua relazione avuta in passato.. ora, a parte che le spie arrestate sono se non erro 10, viene da domandarsi PERCHE’ continuino a smammellarcelo sempre con lei? forse perchè DONNA? forse perchè BELLA??, se fosse un GENUINO gesto di cronaca (per quanto ce ne possa fregare, diciamocelo..) non si dovrebbe parlare anche dei restanti nove?
E per finire, un duo eccezionale di.. donne! che si ritrovano per promuovere un disco, ma di fatto esaltano la figura femminile, come bella procace e desiderabile, anche se sono passate tante primavere, Samantha Fox e Sabrina Salerno, sono due vincenti! ovviamente si badano bene dal dire come mai siano insieme.. forse perchè la Fox e’ (dichiaratamente) lesbica? .. donna e’ bello! sempre!
p.s.: il commento viene ovviamente assegnato all’ometto zerbino, compiacente gli emendamenti nazi-sessisti del tg..
Damien(Quota) (Replica)
Per quanto riguarda la violenza verbale e psicologica, non c’e’ match, perche’ in questo le femmine sono imbattibili…
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=12522462
Basta ascoltare bene tutti gli insulti, le provocazioni, le battutine, che ci vomitano addosso quotidianamente.
Strider(Quota) (Replica)
maurizio tonelli
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E pertanto mi chiedevo, e mi chiedo, quanto questo dipenda dal contesto sociale, dal mammismo italiano e dalla conseguente subordinazione maschile verso le donne.
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A proposito di subordinazione maschile, leggi qua, Maurizio…
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=14568826
Strider(Quota) (Replica)
@ damien : bravo, hai rilevato numerose contraddizioni. ma una e’ piu’ importante : perche’ un movente passionale ?
Infatti, la razza zerbina per eccellenza ( i giornalisti), NON scrivono il vero motivo che quasi sempre e’ dietro questr stragi : il movente economico. il fatto che , grazie alle leggi aberranti, la donna si porta via tutto e lascia l’uomo sul lastrico. Altro che passione.
Da qui la violenza. E visto che la violenza psicologica, volontaria e distruttiva, viene dalle donne esercitata senza quartiere, non vedo stupore nel ricorso alla violenza fisica.
Chi semina vento, raccoglie tempesta
ilmarmocchio(Quota) (Replica)
http://www.facebook.com/topic.php?uid=134480501017&topic=10901
Silver(Quota) (Replica)
http://digilander.libero.it/uomini/adamjones.html
Silver(Quota) (Replica)
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/07/14/news/marzano_donne_uccise-5572987/?ref=HREC1-1#commentatutti
Silver(Quota) (Replica)
Un articolo come quello della Marzano altro non fa che inneggiare alla violenza contro le donne (con la sua superficialità)…
Luke Cage(Quota) (Replica)
Non so, continuo a pensare che rendere martiri, onorare i martiri sia proficuo. Non riesco a spiegarmi il perchè di tutta questa insistenza nel voler “omologare” qualsiasi omicidio contro una donna nel dualismo persecutore/perseguitata. E’ curioso vedere con quanto accanimento ci si scaglia contro la dizione “omicidio passionale” e poi nelle liste dei “femminicidi” si mette di tutto, dai casi di questi giorni, all’omicido della 98enne uccisa dal nipote, (magari per l’eredità, magari per pietà, pare che il movente non importi più quando si tratta del male fatto ad una donna). Importa soltanto stabilire il principio che il movente principale dovrebbe essere l’odio di genere. E allora tutto quanto fa “numero” è utile. C’è quasi una sorta di perverso “godimento” da parte di chi sciorina continuamente queste donne morte, quasi sperasse ce ne fossero ancora per giustificare la propria tesi.
Un po’ come ha fatto la chiesa cattolica esaltando i martiri cristiani.
Avere martiri rende più forti nel tempo?
Rita(Quota) (Replica)
La perversione che tu evidenzi Rita si evince anche dal malcelato compiacimento con il quale le opinioniste “alla Marzano” celebrano l’irreversibile crisi del maschio contemporaneo mettendolo in relazione con epoche passate…,come se il tipo che impazzisce oggi abbia qualcosa a che fare con il pater familias di ieri…
Queste “operazioni” sono semplicemente spregiudicate, si fa dello sciacallaggio su donne barbaramente uccise per portare acqua alla propria “parrocchia” (femminista)…
Luke Cage(Quota) (Replica)
http://www.thenewstribune.com/2010/07/11/1259734/the-advocate.html
http://www.suntimes.com/news/24-7/2490950,southwest-airlines-sued-woman-sex-drugs-boy-071210.article
Silver(Quota) (Replica)
http://www.heraldsun.com.au/news/breaking-news/killer-japanese-mum-spun-kid-in-washing-machine/story-e6frf7jx-1225891719500
http://article.nationalreview.com/437888/the-world-cup-abuse-nightmare/christina-hoff-sommers
Silver(Quota) (Replica)
http://www.ocregister.com/news/sister-257108-law-manunga.html
Silver(Quota) (Replica)
http://www.boston.com/news/nation/articles/2010/07/09/millionaires_slaying_a_family_affair_us_says/
Silver(Quota) (Replica)
http://www.thenewstribune.com/2010/07/11/1259734/the-advocate.html
Silver(Quota) (Replica)
http://saigon2k.altervista.org/?p=1758
Luke Cage(Quota) (Replica)
Sugli ultimi episodi di stupri e violenza contro le donne trascrivo un articolo che ne da una interpretazione per me convincente, con l’eccezione dell’accenno agli immigrati. Non un rigurgito maschilista e patriarcale di possesso come vorrebbe il femminismo, ma all’opposto l’espressione di una estrema dipendenza e mancanza di autonomia maschile.
L’uomo uccide: non è colpa del maschilismo
di Marcello veneziani
Gira e rigira, tornano sempre al femminismo. Per spiegare la catena funesta di delitti contro le donne, uno al giorno, Dacia Maraini sul Corsera, Michela Marzano su la Repubblica e un esercito di donne pubblicanti sui quotidiani d’impegno, ricorrono alla solita vecchiotta spiegazione, diversamente modulata: è il maschio spossessato (…)
(…)che non sopporta l’emancipazione femminile e allora torna dispotico, cruento e primitivo.
La tesi è facile, ideologicamente comoda per loro, ma non convince. Perchè non considera tre o quattro cose. La prima obiezione elementare è che la società era infinitamente più maschilista negli anni Settanta quando il femminismo era più virulento, mentre delitti di questo genere con questa impressionante sequenza, si vedono invece quarant’anni dopo, quando molte di quelle rivendicazioni che all’epoca sconcertavano, sono diventate ormai orizzonte comune. La seconda è che non si considera affatto, per ovvie ragioni ideologiche tipiche del politically correct, che un’influenza di questa brutalizzazione dei rapporti semmai è venuta dalla presenza nella nostra società di immigrati provenienti da mondi che non sono affatto portati a riconoscere diritti alle donne; la forza dell’emulazione non è da trascurare e non sono pochi i casi di violenze alle donne da parte di immigrati, anche se non sta bene dirlo.
Ma la terza e più importante considerazione è che l’uccisione della donna, nella gran parte dei casi, non è l’affermazione di un predominio ma di una disperazione, non è il segno della podestà maschile ma della sua impotenza, non indica possesso ma abbandono, non è maschilismo ma terrore della solitudine.
Se dovessi tentare una formula riassuntiva per spiegare questa catena di delitti direi: è la sindrome del bambino perduto che si vendica perchè crolla il suo mondo e la sua nutrice. Il femminismo aggressivo ed espansivo dei nostri anni, unito alla regressione anche numerica dei maschi e perfino al destino genetico di scomparsa e di tramonto che viene copiosamente descritto attraverso quelle X e quelle Y inquietanti, ha intimidito i maschi li ha portati alla fuga, sulla difensiva, col timore di competere o in cerca di surrogati, come l’omosessualità o la transessualità. Ma li ha portati soprattutto a restar bambini, perchè avvertono il peso della fragilità e della dipendenza.
Il rapporto assoluto con la donna, che è poi alla base di questi delitti, non nasce dalla mancata tolleranza dell’emancipazione femminile, se non in apparenza; nasce piuttosto dal sentirsi bambini abbandonati da madri considerate crudeli agli occhi patologici dei loro partner-figli. Non è in discussione il ruolo della donna, ma al contrario, è una conseguenza del ruolo accresciuto della donna che produce questa dipendenza tossica fino al crimine, del bambino perduto. Abituati da una società fondata sulla centralità del desiderio e sulla permanenza del gioco infantile, a non dover rinunciare a niente, non possiamo accettare l’idea che chi ci tiene al mondo possa andar via e abbandonarci. Non è tanto il dramma della gelosia, e tantomeno il delitto d’onore a risalire dai meandri della nostra antica matrice, quanto questo trovarsi soli in mare aperto, dopo aver affidato alla donna il ruolo di barca, di skipper e di bussola. Anche quando il rapporto formale era ancora segnato dalla finzione dei ruoli, lui masculo sovrano, lei femmina concupita e succuba, in realtà il rapporto era invertito. Perchè quel che segna il dominio non è il grido di possesso o la forza muscolare, che è solo scena e cerimonia; ma il grado di dipendenza. Chi più dipende dall’altro più è subordinato all’altro.
Arrivo perciò a dire che si è trattato forse di una rivolta degli schiavi, i maschi, a cui è stato tolto il pane della loro vita. È quella la vera debolezza, far dipendere la propria vita da un’altra persona; impensabile per un vir delle società maschiliste e patriarcali. Il delitto d’onore o passionale del tempo remoto era la punizione per aver infranto un ordine, per una ribellione al potere maschile, per rimediare alla vergogna, ad una brutta figura sociale. Qui il movente appare un altro, non è la considerazione del giudizio altrui o l’esigenza estrema di ribadire la gerarchia tra il maschio e la femmina, non è la punizione per aver infranto una sovranità indiscutibile. Ma è l’estrema fragilità di chi dice: se te ne vai tu è finita la mia vita, ti uccido e mi uccido. Non sottovalutate che solitamente il progetto di uccidere l’ex partner si accompagna al desiderio di uccidersi. Perchè non si sopporta l’idea del carcere e del vituperio generale, sì, è vero. Ma soprattutto perchè la mia vita senza di te non ha più senso, muoia Sansone con la filistea.
Questo non è maschilismo ma infantilismo tragico, delirio puerile, la ferocia dei deboli. Il re maschio per antonomasia non dipende dalla sua donna, la punisce magari ma poi continua la sua vita. Qui non è così, perchè non si tratta di vir ma di puer. Il femminismo è il comodo alibi, il nuovo luogo comune o codice di sicurezza per rassicurare le pigrizie mentali e gli schemi ideologici dei nostri tardo-progressisti. E così vien fuori il maschio leonino che ruggisce e sbrana per comandare. O come, scrive la Marzano, «il declino dell’impero patriarcale». Una trama buona per vecchi film o per cartoni animati, non per la realtà presente, pervasa da nichilismo e solitudine, capricci e disperazione, insicurezza e rigurgiti d’infanzia. Perchè mi hai abbandonato? È il grido che risuona nelle metropoli, nelle periferie e nei paesi e qui parlano ancora di maschilismo.
armando(Quota) (Replica)
Non ho tempo per commentare il pezzo di Veneziani e lo farò più tardi. Voglio solo dire al momento che un articolo per buona parte interessante e condivisibile è stato sporcato e contraddetto da quella affermazione sugli extracomunitari. E non lo dico per buonismo ma perché proprio quell’assunto contraddice l’intero impianto dell’articolo. D’altronde anche il Veneziani fa parte del salotto…non lo dimentichiamo…
Ci tornerò a brevissimo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Armando, trovo che l’articolo di Veneziani sia di una contraddittorietà spaventosa. Da una parte si denuncia il fatto, condivisibilissimo, che i numerosi episodi di violenza maschile sulle donne che le cronache ci raccontano, in particolare violenze e omicidi in seguito ad abbandoni coniugali, sarebbero l’effetto di una crisi profonda e verticale della maschilità, di uno spappolamento psicologico e morale degli uomini occidentali, che hanno completamente smarrito baricentro e identità. Non solo, l’autore dell’articolo rafforza questa teoria proprio criticando la vulgata interpretativa femminista dominante che legge queste violenze come la risposta frustrata maschile alla perdita di potere da parte degli uomini e alla fine del patriarcato. Contemporaneamente lo stesso autore afferma che l’aumento delle violenze sarebbe però anche dato dal fatto che molte di queste sono commesse da immigrati che provengono da culture che non hanno alcun rispetto per i diritti delle donne.
Intanto, se parliamo di violenza di genere, questa è una sonora castroneria. Nei paesi arabi e musulmani stupri e molestie sulle donne sono puniti in modo severissimo né mi sembra che gli immigrati provenienti da paesi africani o asiatici si siano particolarmente contraddistinti per avere perpetrato particolari e specifiche forme di violenza nei confronti delle donne, italiane o straniere. Quindi non si giustifica assolutamente uno specifico “allarme immigrati” relativamente alla violenza di genere, del tutto infondato e privo di fondamenta. Se poi parliamo di criminalità comune, micro, macro, spicciola o organizzata, allora il discorso si amplia e di parecchio e non riguarda di certo i soli immigrati (fra i quali ci sono criminali e gente perbene così come fra gli italiani…)
Quello che afferma Veneziani in tal senso mi sembra molto pesante e rischia di gettare una luce sinistra sugli immigrati. Una criminalizzazione de facto, indiscriminata, dichiarata come se nulla fosse. Violenza e stupro figli di altre culture. Vergognoso e ridicolo al contempo.
Inviterei Veneziani a farsi una bella passeggiata con la sua signora, diciamo dalle dieci della sera alle cinque del mattino, prima a Damasco o ad Amman, e poi a Los Angeles, diciamo nel downtown… E poi vediamo dove si sente più al sicuro…Si accettano scommesse sui tempi della passeggiata a L.A Io dico che non supera le due ore se è fortunato, cammina veloce, non si ferma mai e fa finta di tenere un fucile a pompa sotto il giubbotto…Un’altra possibilità potrebbe forse averla se fa passare la moglie come la sua mignotta e lui si spaccia come pappone, sempre che non incappi in qualche brav’uomo con la sua banda che prima ammazza lui e poi mette a battere la moglie, sempre che sia di suo gradimento… Ah, dimenticavo un particolare, a L.A. la criminalità organizzata e anche quella spicciola, è tutta americana di vecchia generazione, bianca e nera. I “latinos”, i narcos in particolare, si fermano alla frontiera messicana (in Messico fanno il bello e il cattivo tempo…) perché quella è la loro giurisdizione…
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da inorridire quando si ascoltano queste affermazioni cialtronesche e criminali…Lasciamo stare va…
Secondo poi, se la violenza di genere (maschile), sempre secondo l’articolista, sarebbe il risultato di una condizione di frustrazione profonda degli uomini, come si può al contempo affermare che l’aumento delle violenze sarebbe determinato proprio da quegli uomini appartenenti a culture e comunità dove invece il genere maschile mantiene relativamente inalterato il proprio ruolo o il proprio potere, se si preferisce?
E’ una contraddizione in termini grande come un palazzo di cento piani che deriva, a mio parere, dall’arrampicarsi sugli specchi di un esponente dell’intellighenzia di una certa post-destra sdoganata, riveduta e corretta, che comunque è entrata a far parte del salotto buono e che cavalca artificiosamente alcune tematiche (come tanti altri “intellettuali del salotto buono della “sinistra”, sia chiaro…).
Credo che Veneziani, al di là delle buone maniere e di una notevole dose di intelligenza che lo contraddistinguono (quando non se ne esce con i luoghi comuni di cui sopra), non abbia le idee molto chiare nel merito. Mi pare anzi che sia uno che si barcameni molto, stretto com’è, fra le sue incombenze di intellettuale in qualche modo “organico” da una parte (anche se lo nega), e la necessità di ritagliarsi appunto uno spazio di autonomia personale e intellettuale. Mi sembra di poter dire che ancora non sia riuscito a trovare questo equilibrio.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
C’è questo miraggio arabo maschilista, prima con gli Harem, oggi peggio con il burqa; che fa comodo sia alle femministe (se cosi si possono chiamare) che le usano come prova della bestialità maschile e l’oppressione….bla bla…,,che a certi maschilisti che credono che le arabe siano schiave sottomesse: ma è solo una religione da schifo, i monoteismi sono tra le peggiori religioni, castratrici, non so i paesi orientali tipo Giappone, Cina, non si sente mai parlare di guerra di religione e donne oppresse, in Giappone c’è Buddismo e Scintoismo.
Preferisco vedere le italiane e altre donne occidentali-estremo orientali in giro poco vestite, bisognerebbe solo cambiargli la mente ( anche a molti uomini)
Non è solo una questione di religione, ma sempre di natura cultura, anche perché coprirsi il volto in quei paesi arabi desertici era consuetudine anche maschile.
Leonardo(Quota) (Replica)
Fabrizio, per una volta sono sostanzialmente d’accordo con te rispetto alla contraddizione in cui è incorso Veneziani. Aggiungo che, ammesso anche che le violenze, percentualmente al numero, vengano in maggioranza dagli immigrati, ciò accade, se accade, perchè ai loro occhi le donne occidentali sembrano assai più disponibili delle loro, sia vero o no. Quindi, in ogni caso, non si tratta di volontà o meno di riconoscere i diritti, quanto piuttosto di culture diverse per usi e tradizioni, che stentano a trovare un amalgama, vista la repentinità del fenomeno.
Quello che però mi premeva sottolineare era la contestazione della vulgata femminista sul patriarcato feroce, quando invece è davvero feroce il maschio matrizzato (che spesso assume le sembianze del falso macho).
armando
armando
armando(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it
la guerra del narcotraffico in MESSICO
Detenuti usati come killer
dalla direttrice del carcere
Utilizzavano le armi delle guardie per compiere delitti
su commissione: coinvolti in almeno tre massacri
MILANO – Liberi di uscire e liberi di uccidere: detenuti reclutati come killer dalla direttrice di un carcere in Messico. I prigionieri venivano armati dalle guardie carcerarie e fatti uscire dalle loro celle per compiere gli omicidi, che sono stati almeno 35 in pochi mesi. La vicenda è venuta alla luce nello stato messicano di Durango. «I responsabili sono con ogni probabilità un gruppo di reclusi del centro di riabilitazione Gómez Palacio ai quali veniva concesso di abbandonare la prigione e usare veicoli ufficiali e armi delle guardie carcerarie», ha spiegato il portavoce della Procura Generale, Ricardo Nájera. I detenuti venivano autorizzati a lasciare il centro di reclusione durante la notte per portare a termine le missioni, ovvero per compiere veri e propri delitti su commissione.
ESECUZIONI – Un metodo utilizzato in almeno tre massacri avvenuti a Torreón, città industriale in mezzo al deserto, capitale dello stato di Coahuila e al confine con il Texas: nel febbraio scorso furono ammazzate a colpi d’arma da fuoco dieci persone, per lo più ragazzi; a maggio quattro uomini scesi da un fuoristrada hanno fatto irruzione in un bar ed aperto il fuoco contro i giovani che si trovavano all’interno ed in meno di un minuto ne hanno uccisi 15. Il 18 luglio scorso un commando armato ha ucciso 17 persone e ferito gravemente altre 18 durante una festa di compleanno organizzata da un gruppo di giovani.
DETENUTI-KILLER – Gli investigatori sono risaliti ai detenuti-killer dopo aver trovato sulla scena del crimine i bossoli e le munizioni dei fucili in dotazione appunto ai secondini della struttura carceraria. A far sospettare gli inquirenti che i killer fossero in realtà i detenuti è stato un video sul web con la confessione di un agente di polizia della città di Lerdo, nei pressi di Torreón, caduto nelle mani del cartello de Los Zetas. Nel video l’agente rivela a chi lo ha catturato che la direzione del carcere avrebbe concesso l’uscita dei detenuti per incursioni criminali. Nel filmato, rimosso nel frattempo da YouTube, viene mostrata poi l’esecuzione a morte di questo agente. Nel frattempo la direttrice del carcere, Margarita Rojas Rodríguez, e altri tre funzionari sono stati messi agli arresti domiciliari.
NARCOTRAFFICO – Gli attacchi sarebbero da ricondurre ai narcotrafficanti che combattono una sanguinosa battaglia per il controllo del territorio e delle rotte della droga. I dati ufficiali riferiscono che dal 2006 sono già oltre 25.000 i morti in Messico a causa di sparatorie e attentati legati al narcotraffico, molti dei quali sono vittime innocenti. Nel Paese è in atto infatti una resa dei conti fortissima tra bande criminali. Nel dicembre scorso il presidente Felipe Calderón ha schierato circa 50.000 soldati dell’esercito nel nord della regione.
Elmar Burchia
26 luglio 2010
@
Detenuti usati come killer
dalla direttrice del carcere
@
Marco(Quota) (Replica)
http://www.thenewstribune.com/2010/07/11/1259772/audit-finds-numerous-problems.html
Silver(Quota) (Replica)
http://www.wtop.com/?nid=104&sid=2007049
Silver(Quota) (Replica)
http://www.themetropolitain.ca/articles/view/855
Silver(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_29/neoanti-ricerche-francia_aa49e252-9add-11df-ad9d-00144f02aabe.shtml
Silver(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_30/sequestrata-e-torturata-dalle-coinquiline_251d2194-9bd1-11df-8a43-00144f02aabe.shtml
Simone(Quota) (Replica)
Per quanto concerne il contesto sociale italiano, non credo ci sia bisogno di studi approfonditi, per essere a conoscenza del fatto che nelle relazioni fra i due sessi le donne sono SICURAMENTE più maleducate, aggressive e violente degli uomini. Basta ascoltare e osservare attentamente la realtà che ci circonda.
Lestat(Quota) (Replica)
Certo , le donne non si abbassano a chiedere, pretendono.
Leonardo(Quota) (Replica)
Lestat
@ Per quanto concerne il contesto sociale italiano, non credo ci sia bisogno di studi approfonditi, per essere a conoscenza del fatto che nelle relazioni fra i due sessi le donne sono SICURAMENTE più maleducate, aggressive e violente degli uomini. Basta ascoltare e osservare attentamente la realtà che ci circonda.
@
Concordo ma al tempo stesso sono del parere che questo discorso non riguardi la sola Italia.
Ad esempio, due sere fa mi è capitato di assistere alla seguente scena, fra tre persone dell’Europa dell’est (non so di preciso se dell’Ucraina o della repubblica Ceka). Marito e moglie (suppongo) discutono violentemente, ed a un certo punto lei si scaglia contro lui, colpendolo con due pugni in faccia (pugni non schiaffi…). Al che, lui, anziché reagire in maniera altrettanto violenta, se ne va via col suo cagnolino al guinzaglio, mentre lei piange fra le braccia dell’altra donna. Trenta metri più avanti cominciano nuovamente a litigare, ed ancora una volta lei si scaglia fisicamente contro di lui, che, tra l’altro, perde l’equilibrio e finisce per terra con lei sopra. Anche in questa occasione lui evita di colpirla e reagisce solo a parole…
La sera prima, invece, mi era capitato di vedere e ascoltare una lei – sempre dell’est e sempre per strada – che urlava contro un lui. Io credo che, talebani a parte, pure altrove esista da parte maschile un forte senso di “cavalleria” verso le donne, le quali abusano fortemente di ciò.
Simone(Quota) (Replica)
@Lestat: In Italia? dovresti aprire tutti i link presenti in questa discussione con notizie di violenza femminile da tutto il mondo.
Non capisco perché: gli italiani siamo i più fessi del mondo?
Io avevo già postato questo video dal sudamerica
http://www.youtube.com/watch?v=Cggex_f7axg
Leonardo(Quota) (Replica)
http://www.wesh.com/news/23991233/detail.html?taf=orl
Silver(Quota) (Replica)
http://ca.news.yahoo.com/s/afp/100731/world/france_crime_kidnap
Silver(Quota) (Replica)
http://www.walb.com/Global/story.asp?S=12926687
Silver(Quota) (Replica)
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell
__________
Violenza contro chi?
«Per ogni donna che viene assassinata, tre sono gli uomini assassinati.»[1]
«Eccezion fatta per lo stupro, più il crimine è violento più ne è probabile vittima un uomo.»[2]
«I maschi sono le vittime principali di tutti i crimini violenti, stupro escluso. Queste violenze (escludendo lo stupro) sono aumentate del 36 per cento.[3] Lo stupro, la violenza di cui sono principali vittime le donne, è diminuito del 33 per cento.»[4]
«Lo stupro rappresenta meno del 6 per cento dei crimini; le violenze di cui sono principali vittime gli uomini costituiscono il restante 94 per cento.»[5]
«L’americano medio ha 1 probabilità su 153 di essere assassinato; un nero ha 1 probabilità su 28 di essere assassinato.»[6]
«Nell’inchiesta condotta a livello nazionale dal dipartimento della Giustizia emerse che, secondo gli americani, se una moglie accoltella il marito e lo uccide, il crimine è comunque meno grave (del 41 per cento) rispetto alla situazione opposta, in cui è il marito ad accoltellare la moglie.»[7]
«Le mogli riferiscono che più facilmente erano loro a colpire il marito, e non il contrario. (Ciò secondo uno studio del National Family Violence Survey condotto su un campione di famiglie scelto a caso.»[8]
«I neri rischiano sei volte più dei bianchi di essere vittime di omicidi.[9] Per il 45 per cento, i maschi neri saranno vittime di violenze tre o più volte.»[10]
Non sono forse gli uomini i responsabili di queste violenze, e tanta violenza è forse un riflesso del potere maschile?
Non abbiamo difficoltà a vedere l’ultimo dato sopra riportato come un riflesso dell’impotenza dei neri, ma raramente vediamo il maggior rischio che corrono gli uomini di essere vittime di violenze che sono un riflesso dell’impotenza maschile. Se sentiamo dire che gli uomini sono le maggiori vittime della violenza, siamo portati a dire: «Ebbene, si tratta di uomini che fanno del male ad altri uomini». Quando sono i neri le principali vittime, ci sembra razzista dire: «Ebbene, sono dei neri che fanno del male ad altri neri». La vittima è vittima, chiunque sia il responsabile della violenza.
Ma perché sono principalmente gli uomini a commettere i crimini più violenti? E un riflesso del potere maschile? Non proprio. I neri non commettono in proporzione più delitti dei bianchi perché hanno maggior potere. La cittadina di Flint, nel Michigan, ci offre un esempio.
A metà degli Anni Ottanta, Flint si trovò ad affrontare la chiusura di un certo numero di fabbriche della General Motors, il che costrinse 30.000 operai a trasferirsi altrove e creò un notevole numero di disoccupati.[11] Intorno al 1985, dunque, una cittadina in cui in precedenza la violenza era assai contenuta registrò un cospicuo aumento non soltanto dei suicidi e dell’alcolismo, ma anche di violenze coniugali, stupri e assassinii. Ben presto Flint raggiunse un tasso di crimini superiore a quello di New York. Furono 285 gli stupri nel 1985, una cifra veramente sconcertante per una cittadina di 150.000 abitanti.
Che cosa possiamo dedurne? Che assassinii, stupri e violenze coniugali, così come il suicìdio e l’alcolismo, non sono che un attimo di potere superficiale che compensa anni di impotenza di fondo. Sono manifestazioni di disperazione di impotenti, ed è questa la ragione per cui sono atti commessi in misura sproporzionata dai neri e dagli uomini.
Il crimine, specie se in qualche modo connesso al denaro, riflette il divario tra l’aspettativa di essere in grado di provvedere agli altri e la capacità di farlo[12]. Infatti, le donne che lavorano e guadagnano abbastanza da soddisfare le proprie aspettative raramente commettono dei crimini. Ma le donne che lavorano e non soddisfano le aspettative commettono un maggior numero di crimini.
Se davvero vogliamo che tra gli uomini i crimini siano poco frequenti come tra le donne, dobbiamo cominciare col non aspettarci che gli uomini provvedano alle donne, così come non ci aspettiamo che le donne provvedano agli uomini.
Silver(Quota) (Replica)
http://tv.repubblica.it/copertina/al-fast-food-non-c-e-il-pollo-donna-aggredisce-la-cameriera/51568?video=&ref=HRESS-2
Marco(Quota) (Replica)
http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Roma%20Cronaca&vxClipId=2524_a3e50c8e-a3a2-11df-9c56-00144f02aabe&vxBitrate=300
Marco(Quota) (Replica)
http://www.metaforum.it/showthread.php?16349-Perch%E9-gli-uomini-uccidono-le-donne
(…)
Silver(Quota) (Replica)
Io credo che il fatto che gli uomini abbiano una maggior tendenza ad ammazzarsi fra di loro, non possa essere ricondotto a soli fattori sociali, bensì anche alla naturali differenze di genere.
Andrea(Quota) (Replica)
Per esempio, quanti episodi del genere al femminile ricordate? Io neppure uno.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/08/14/visualizza_new.html_1880875208.html
Il fatto è che io, da uomo, so che devo temere molto di più un altro uomo piuttosto che una donna. I livelli di violenza distruttiva che possono raggiungere certi uomini, sono impensabili per quasi tutte le donne.
Andrea(Quota) (Replica)
http://bari.repubblica.it/cronaca/2010/08/14/news/massacra_figlio_di_sette_mesi_arrestata_madre_a_bari-6264483/
ciao Andrea, personalmente sono d’accordo in parte con te: le origini naturali della violenza fra maschi non credo si possano negare. Esiste una competizione sessuale intra-genere che in molti casi viene esercitata con raffronti diretti fra maschi e competizione indiretta fra femmine (.. ma molte volte se menano pure le donne tra di loro …).
Il fenomeno della violenza verso i più deboli però secondo me merita un’analisi a parte.
Non a caso gli episodi di violenza femminile della cronaca che si sentono più di frequente sono nei confronti di anziani e bambini, quindi su soggetti più deboli e non vedo come potrebbe essere diversamente.
Rita(Quota) (Replica)
Per esempio, quanti episodi del genere al femminile ricordate? Io neppure uno.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/08/14/visualizza_new.html_1880875208.html
Il fatto è che io, da uomo, so che devo temere molto di più un altro uomo piuttosto che una donna. I livelli di violenza distruttiva che possono raggiungere certi uomini, sono impensabili per quasi tutte le donne.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Neppure a me vengono in mente. Che l’uomo sia più violento fisicamente della donna è un dato di fatto inconfutabile. D’altronde non può essere altrimenti, dal momento che è, mediamente, più forte fisicamente. La violenza fisica si esprime quasi sempre nei confronti di chi è più debole fisicamente; perciò taluni uomini malmenano soprattutto le donne e i bambini, talune donne malmenano soprattutto bambini e anziani e così via. L’individuo, sia questo uomo o donna, è fondamentalmente un vile: scarica le proprie frustrazioni su chi è più debole e indifeso, anche socialmente, come dimostrano, per esempio, le aggressioni ai clochard, persone quasi sempre pacifiche. Ben vengano, quindi, punizioni severe nei confronti degli autori di violenze, uomini o donne che siano. Ciò che si contesta è la banalizzazione del fenomeno violenza che operano i media, che propongono una violenza unidirezionale, dall’uomo verso la donna, e una riduzione al solo aspetto della forma fisica, quando questa si esprime anche sotto altre forme, talvolta perfino più distruttive.
Per quanto riguardo la violenza negli USA, che spesso si esprime in queste sparatorie all’impazzata di qualche disturbato mentale, occorerebbe iniziare a non vendere armi a chiunque e dovunque, ma si sa, negli USA gli affari sono affari.
Alessandro(Quota) (Replica)
(.. ma molte volte se menano pure le donne tra di loro …).
[ Rita ]
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Sì, anche le donne si menano fra di loro, ma mai quanto si menano e ammazzano gli uomini fra di loro. Anche per motivi banali e senza senso. Ti vorrei portare un esempio, che mi riguarda personalmente. Un paio di mesi fa, in un bar, un tizio sui trentacinque anni (io ne ho trentanove), un po’ alticcio e dalla faccia di figlio di puttana vigliacco, comincia a darmi confidenza ed a parlarmi di sé. Io, educatamente, gli rispondo (benché non ne avessi la minima voglia), ed a un certo punto, con fare amichevole, gli metto una mano sulla spalla (mano che tolgo subito). Allorché, dopo pochi secondi, il coglione cambia espressione del volto e tono della voce, accusandomi di averlo “toccato” e “minacciando” la seguente ritorsione su di me:”Stai attento perché io ti faccio a pezzi con la motosega”… Non sto scherzando: quell’ imbecille ha pronunciato proprio quelle parole.
Al che, rendendomi conto sia dello stato che dell’ inferiorità intellettiva del tipo, nonché del fatto che mi trovavo in un locale pubblico (quindi con testimoni…), non ho reagito violentemente e l’ho lasciato stare. Ma di certo, se mi fossi trovato in un luogo senza testimoni, lo avrei massacrato di pugni e calci, perché per esperienza personale, so che certi bastardi vanno pesantemente puniti. Il tutto, però, va fatto in assenza di testimoni, altrimenti si rischiano denunce, processi e risarcimenti di migliaia di euro.
Sicché ti domando: fra donne, quanti episodi del genere rammenti…? E soprattutto per ragioni così stupide, come l’aver toccato la spalla ad uno sconosciuto, che però aveva “attaccato bottone” per primo? Ti dico questo perché devi sapere che ci sono uomini che non sopportano di essere toccati neppure da un amico, e che in determinate circostanze possono reagire con violenza. Tra donne esistono certe dinamiche? A me non risulta.
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Che l’uomo sia più violento fisicamente della donna è un dato di fatto inconfutabile. D’altronde non può essere altrimenti, dal momento che è, mediamente, più forte fisicamente. [ Alessandro ]
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Non è solo una questione di esser più forti fisicamente, ma anche di una maggior naturale predisposizione allo scontro fisico. Se dipendesse solo da quello, anche le donne, trovandosi fra “pari” (fisicamente), dovrebbero picchiarsi ed ammazzarsi nello stesso modo degli uomini. Ma così non è.
Andrea(Quota) (Replica)
sì Andrea, per questo ho fatto la distinzione fra una maggior attitudine naturale alla competizione sessuale intra-genere con l’eliminazione fisica del rivale (che nelle femmine si esprime in maniera diversa, più spesso la “rivale” si elimina denigrandola e svalutandola – adesso mi viene in mente come le donne “leggere” siano state – e lo siano tuttora, nonostante tutto – stigmatizzate ed emarginate da altre donne molto più spesso di quanto lo facessero gli uomini, pensa a “Bocca di Rosa” di De Andrè ) e la violenza derivante dal puro sfogo bestiale, quella a cui fa riferimento Alessandro, che si abbatte su chi è più debole, non peraltro la donna che ha massacrato il figlioletto di 7 mesi il cui articolo ho linkato nel precedente post, pare l’abbia fatto per motivi di discordia col compagno.
E’ un discorso complesso quello della violenza e delle sue motivazioni che sarebbe bello affrontare (qualcuno l’ha promesso e che personalmente non sono in grado di sviluppare appieno.
Però lancio la pietra: tra la provocazione e la sfida fra uomini di pari grado – che puo’ anche portare allo scontro fisico – attitudine tipicamente maschile e la violenza sul più debole – attitudine umana, c’è, secondo me, differenza.
Eppur c’è differenza
Rita(Quota) (Replica)
visto che si parla di violenza ,linko questo articolo
http://www.comunicazionedigenere.it/2010/08/14/da-centri-anti-violenza-a-centri-femministi/
posso dire che questa è la mia più grande paura ??
mauro recher(Quota) (Replica)
che nelle femmine si esprime in maniera diversa, più spesso la “rivale” si elimina denigrandola e svalutandola – adesso mi viene in mente come le donne “leggere” siano state – e lo siano tuttora, nonostante tutto – stigmatizzate ed emarginate da altre donne molto più spesso di quanto lo facessero gli uomini, pensa a “Bocca di Rosa” di De Andrè ) [ Rita ]
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Sì, fra donne si esprime sicuramente in maniera diversa, ma resta il fatto che alla svalutazione ed alla denigrazione di solito si sopravvive; alle coltellate, alle bottiglie spaccate in faccia o alle revolverate, generalmente no. A volte si può morire anche per un pugno in faccia.
Andrea(Quota) (Replica)
Qui si scopre l’acqua la calda e la si spaccia come la prova del primato maschile della violenza….
Ragioni evolutive hanno fatto sì che avendo l’uomo una superiore forza fisica rispetto alla donna si è trovato nei secoli a disporre di tale forza in maniera non sempre equa,democratica e/o a progressista come si presume avrebbero fatto le donne al posto degli uomini (così un certo modo di porre le questioni lascia intendere..).
Sottovalutiamo poi la violenza psicologica che spesso fa da battistrada a quella fisica.
Mah…inutile stare qui a scrivere sempre le stesse cose..c’è materiale sufficiente già solo su questo sito,ovviamente bisogna essere sinceramente interessati a mettere in discussione certi clichè..
Rimango personalmente dell’idea che la violenza non abbia genere e che “i maschi NON siano intrinsecamente più violenti delle femmine”.
Luke Cage(Quota) (Replica)
ok Andrea: il punto (ma non mi sono spiegata forse bene) sta secondo me, nel distinguere e non generalizzare le motivazioni della violenza.
Perchè a questo punto però sorge spontanea una domanda, visto che gli uomini si uccidono e si fanno del male fisico fra di loro, molto più frequentemente di quanto uccidano e facciano del male fisico alle donne, che senso ha teorizzare una violenza di genere quale quella teorizzata dal femminismo? Casomai sarebbero state da sviluppare e studiare le motivazioni della violenza intra-genere. Avremmo avuto magari autori che scrivevano libri dal titolo “Uomini che odiano gli uomini”?
Rita(Quota) (Replica)
Andrea: Non è solo una questione di esser più forti fisicamente, ma anche di una maggior naturale predisposizione allo scontro fisico. Se dipendesse solo da quello, anche le donne, trovandosi fra “pari” (fisicamente), dovrebbero picchiarsi ed ammazzarsi nello stesso modo degli uomini. Ma così non è.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Hai ragione Andrea. Questo è vero, soprattutto in giovanissima età, durante l’infanzia e la preadolescenza. Tutti noi, faccio riferimento ai maschi ovviamente, ricordiamo le botte date e prese durante quuelle fasi della nostra vita. Questa propensione alla violenza fisica dovrebbe venir meno con l’età adulta, ma non sempre accade, come il caso da te raccontato testimonia( e ha ragione anche Rita a mettere in relazione questa maggiore propensione con le dinamiche del “corteggiamento” . Ciò accade in tutto il regno animale e noi umani, uomini e donne, conserviamo anche questa dimensione per così dire animalesca). Per quanto mi riguarda poi, la propensione alla violenza era talmente scarsa in quella fase della vita che oggi è completamente assente. Sono totalmente incapace di esprimerla, non solo nei confronti degli essere umani, e il mio sforzo attuale è cercare di evitare quanto più possibile di esprimere la forma principale di violenza tra adulti, che è quella di natura psicologica, in cui sia gli uomini che le donne si esprimono ad alti livelli. Affermare che gli uomini sono in generale violenti fisicamente nei confronti delle donne, come si legge e si sente da varie parti, è esprimere una violenza di natura psicologica. Generalmente gli uomini sorvolano su queste accuse, finendo quasi per ridicolizzare chi si indigna come noi, ma le conseguenze di questo martellamento mediatico sono pesanti, perchè instillano nella mente di una donna, e io la comprendo perfettamente, il timore per l’uomo in genere, e siccome i due sessi hanno un bisogno reciproco d’incontrarsi e di stringere rapporti soddisfacenti, le conseguenze di ciò sono gravi. Invece di perseguire esclusivamente i colpevoli con decisione, si preferisce creare anche un clima di allarmismo, che è sempre funzionale per il raggiungimento di posizioni di potere o per conservarle. Dopo l’emergenza immigrati, rom, musulmani, questi sì davvero denigrati e offesi nei media, arriva l’emergenza uomini.
Alessandro(Quota) (Replica)
Andrea:
“Io credo che il fatto che gli uomini abbiano una maggior tendenza ad ammazzarsi fra di loro, non possa essere ricondotto a soli fattori sociali, bensì anche alle naturali differenze di genere.”
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Andrea, ti faccio notare che io stesso, lo scorso 22 giugno, avevo scritto il seguente post, proprio in questa discussione.
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Caro Maurizio e tu credi il sottoscritto (al pari di altri), non sia a conoscenza del fatto che gli uomini delinquono più delle donne? Oppure che non evidenzi ciò per “paura” o perché in malafede?
Ascolta, vi sono molte ragioni per credere che la violenza negli esseri umani non sia propriamente una malattia o un “avvelenamento”, ma parte della nostra costituzione.
Ora, prendere in considerazione le radici della violenza nella natura umana, non significa ridurre la suddetta violenza ai cattivi geni degli individui violenti, con la sgradevole implicazione che i gruppi etnici in cui il tasso di violenza è maggiore devono averne un numero maggiore.
Vi sono pochi dubbi che alcuni individui siano costituzionalmente più inclini alla violenza di altri.
Per esempio, in tutte le culture gli uomini uccidono altri uomini da venti a quaranta volte di più di quanto le donne uccidano altre donne. E la parte del leone, fra gli assassini, la fanno gli uomini giovani, fra i quindici e i trent’anni.
Alcuni di essi, inoltre, sono più violenti di altri. Secondo alcune stime, il 7% dei giovani è responsabile del 79% degli atti di violenza ripetuti. Gli psicologi hanno rilevato che gli individui inclini alla violenza hanno un profilo personologico caratteristico. Tendono a essere impulsivi, poco intelligenti, iperattivi e con deficit di attenzione. Li si definisce di “temperamento oppositivo”: sono vendicativi, vanno facilmente in collera, oppongono resistenza al controllo, molestano deliberatamente e tendono a dare ogni colpa agli altri.
Fra di essi gli psicopatici sono i più spietati e costituiscono un’alta percentuale degli assassini. Tali tratti emergono nella prima infanzia, perdurano per tutta la vita e sono in larga misura, anche se non del tutto né quasi del tutto, ereditabili. I sadici, le teste calde e altri natural-born killers sono parte del problema della violenza non soltanto per il male che fanno, ma per l’atteggiamento aggressivo cui, come deterrente e autodifesa, costringono gli altri. Ma quello che va sottolineato è che non sono la parte principale del problema. Le guerre iniziano e finiscono, la criminalità sale e scende, le società passano dalla belligeranza al pacifismo, o viceversa, nel corso di una sola generazione e tutto ciò senza alcun mutamento nelle frequenze dei geni locali. Se oggi vi sono delle differenze fra i gruppi etnici quanto a tasso medio di violenza, sono differenze che non richiedono una spiegazione genetica: il tasso di un gruppo di un dato periodo storico può corrispondere a quello di qualunque altro gruppo in un altro periodo. I mansueti scandinavi di oggi discendono dai sanguinari vichinghi, e l’Africa, dilaniata dalle guerre dopo la fine del colonialismo, è molto simile all’Europa dopo la caduta dell’impero romano.
Ora, se il cervello è dotato di strategie per la violenza, si tratta di strategie contingenti, connesse a un complicato circuito che computa quando e dove vadano dispiegate. Gli animali mettono in atto la loro aggressività molto selettivamente, e gli esseri umani, il cui sistema limbico è unito a lobi frontali molto sviluppati, calcolano ovviamente ancora di più.
La maggior parte di noi, oggi, vive la propria vita adulta senza mai premere il suo pulsante della violenza.
Che cosa testimonia che la nostra specie possa avere evoluto dei meccanismi atti all’esercizio di una violenza discrezionale? In primo luogo bisogna mettersi in testa che l’aggressione è un atto organizzato e diretto a uno scopo, non qualcosa che possa essere frutto di una casuale disfunzione.
Che i nostri cugini scimpanzé conoscano l’assassinio volontario ai danni di compagni di specie fa pensare che a predisporci alla violenza possano essere state le forze dell’evoluzione, non le peculiari caratteristiche di questa o quella cultura umana. E l’onnipresenza della violenza nelle società umane lungo tutta la storia e la preistoria ne è un indizio ancor più convincente.
Segni più diretti di una progettazione per l’aggressione li troviamo prendendo in esame il corpo e il cervello umani. La maggiore statura, la maggiore forza e le maggiori dimensioni – specie nella parte superiore – del corpo degli uomini sono un segno rivelatore zoologico di una storia evoluzionistica di violenta competizione fra maschi.
Per concludere (per ora): è indubbio che la violenza sia un problema sociale e politico; i fenomeni che definiamo sociali e politici, però, non sono accadimenti esterni che influenzano misteriosamente, come macchie solari, le vicende umane, ma hanno caratteri intellettivi condivisi dagli individui in un dato tempo e luogo. Non è quindi possibile comprendere la violenza senza capire fino in fondo la mente umana.
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http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/08/11/AR2010081105728.html
Silver(Quota) (Replica)
http://www.studentidipsicologia.it/ipb/Psycrime46/INFANTICIDI/2858.html#entry41248
Marco(Quota) (Replica)
Segnalo, anche se è datato (dicembre 2009)
sottolineo un paio di passi nell’articolo
Il primo è:
“Il direttore della struttura, André Müller, ha subito violenza da parte della ex compagna: “A parte degli schiaffi, non sono stato vittima di altre forme di violenza. Ho però subito una violenza psichica estrema”.
Il fatto che questo cuoco non consideri una schiaffo come un atto di violenza è un atteggiamento tipico da parte del genere maschile. “Gli uomini percepiscono la violenza in modo diverso”, sottolinea Olivier Hunziker.”
Il secondo è:
“La presenza di simili strutture – aggiunge Kranich – è senza dubbio un fatto positivo, ma su base privata. Non bisogna scordare che in Svizzera le 17 case destinate ad accogliere le donne, mancano drammaticamente di posti liberi e che i casi che vengono trattati sono sempre più gravi. Ho visto un uomo gravemente ferito una volta soltanto, mentre le donne sono spesso pesantemente picchiate”.
Per Elsbeth Aeschlimann quello che conta è di uscire dallo stereotipo “donna gentili, uomo cattivo” senza tuttavia cadere nell’esatto opposto. “Oggi gli uomini vittime di violenza sono nella situazione che le donne hanno vissuto 20 anni fa: devono lottare per fare conoscere la propria sofferenza”.
http://www.swissinfo.ch/ita/societa/Oltre_il_tabu:_prime_strutture_per_uomini_picchiati.html?cid=7893100
Rita(Quota) (Replica)
http://violenza-donne.blogspot.com/2010/06/assassine.html
http://www.riconoscilaviolenza.com/
Da molti studiosi la donna è stata considerata più crudele dell’uomo nelle vendette, instancabile nell’inseguimento della vittima e con minori scrupoli di coscienza.
Rudyard Kipling ha scritto che la femmina di ogni specie animale è più implacabile del maschio.
F. Tennyson Jesse ha paragonato la donna alla pantera: “Può inseguire la sua preda inesorabilmente giorno dopo giorno, può aspettare il momento giusto, può giocare con la sua vittima e torturarla per puro capriccio, e può uccidere per pura crudeltà come fa la pantera e mai il leone”.
Un gran numero di assassine concepiscono il crimine da sole e colpiscono in segretezza. Non si fidano di nessuno. Spesso considerano l’uomo debole e senza carattere, inutile per la loro implacabile decisione. Sono pochissimi i casi di donne convinte a uccidere da un partner maschile. Esistono molti più casi di uomini convinti da una donna a commettere un delitto. Questo accade soprattutto nei crimini di passione.
Le donne hanno sempre avuto meno interesse per certe passioni che hanno mosso gli uomini come l’ambizione, il gioco, l’alcol, la sconfitta. Quindi moventi di questo genere sono meno comuni nei delitti femminili. Sicuramente invece lo sono la cupidigia e l’amore, la gelosia e la vendetta. In genere però le donne commettono delitti per cupidigia insieme all’uomo, sia esso il marito o l’amante.
Per quanto riguarda la vendetta, scrive Vincenzo Mellusi: “L’abbandono non rappresenta soltanto la perdita dell’oggetto amato, ma il disprezzo dell’amante e l’umiliazione agli occhi di tutti. La morte della persona amata è per la fanciulla meno crudele dell’abbandono, che riassume tutte le sofferenze morali; perdita dell’amore, disprezzo della sua bellezza, preferenza accordata a una rivale, umiliazione pubblica, resa più dolorosa per il timore di vedere la rivale ridere del proprio dolore”.
Per una donna delusa nella sua passione l’omicidio appare come un prezzo modesto da pagare per la sua libertà, poiché la passione coinvolge la sua intera vita. Senza di essa, lei pensa, la vita sarebbe una lunga morte. Gli uomini sono meno coinvolti dall’amore. Possono andare in pezzi se le cose vanno male ma di solito si riprendono abbastanza presto e il delitto come via d’uscita non rientra nei loro calcoli.
Nel suo classico studio sulla criminalità femminile lo psichiatra Cesare Lombroso vede la donna criminale come un insieme di tutte le caratteristiche criminali maschili sommate ai peggiori difetti delle donne, per esempio l’astuzia, il rancore e l’inganno. Riteneva che le donne fossero più crudeli dell’uomo e portate ad essere vendicative, feroci e fredde. La donna omicida gioca con l’idea di disporre della sua vittima per ragioni che le sembrano giuste, ma possono non esserlo per un uomo. Se decide di uccidere è capace di giustificare l’atto a se stessa e inventare una propria moralità adatta a quel particolare caso.
Le motivazioni ed i percorsi del delitto femminile erano diversi fino a cinquant’anni fa, oggi somigliano sempre più a quelli maschili. Rabbia, vendetta, rivalità, invidia, odio, interesse. Il raptus femminile è figlio dell’emancipazione della donna.
Aumenta la criminalità femminile in generale, ma la proporzione rispetto ai crimini maschili è la stessa.
Dichiara Vittorino Andreoli: aumentano gli infanticidi. Per secoli la società ha tenuto le donne a freno. L’uomo era educato per essere un guerriero, lei per l’amore e per mettere al mondo dei figli. Ma è bastato dare alle donne una pistola, nei movimenti di resistenza durante l’ultima guerra mondiale o negli anni del terrorismo, per constatare quanto bene anche loro sapessero uccidere. Usano le armi come e meglio degli uomini. La parità sociale permette loro di difendersi e di scaricare l’aggressività con sistemi che erano di esclusiva competenza maschile.
Per molto tempo, sulla scia di Freud, si è ritenuto che la donna fosse incapace di uccidere. Si teorizzava una sorta di differenza biologica tra i due sessi. Il corpo femminile, predisposto per accogliere e dare la vita, non poteva essere in grado di toglierla. L’infanticidio, in particolare, era ritenuto impossibile: le donne che lo commettevano dovevano essere certamente folli, malate di mente, non-donne. Come se soltanto la perdita della femminilità e dell’istinto materno potesse giustificare un delitto del genere. Oggi le donne che abbandonano nei cassonetti i loro bambini sono giudicate dagli psichiatri tutt’altro che pazze e se lo fanno i motivi sono: perché il bambino dava fastidio, perché non era previsto, perché avrebbe complicato la vita.
I reati di violenza non sembrano essere facilmente conciliabili con il concetto tradizionale di comportamento femminile. l’assassinio e altri atti violenti contro le persone fisiche sembrano in completa antitesi con il delicato, riservato, protettivo ruolo del sesso femminile.
Le serial killers uccidono i bambini perché sono le vittime più vulnerabili. Ma ci sono donne che uccidono i propri figli e poi si suicidano perché odiano il marito e, incapaci di attaccarlo, uccidono i bambini per vendicarsi di lui.
Nel passato la criminalità femminile non ha mai costituito una significativa minaccia per l’ordine sociale.
Se l’amore e la famiglia erano l’ambito in cui la donna viveva e si affermava, amore e famiglia erano anche le sfere in cui si scatenavano le passioni omicide.
Le vittime delle donne omicide erano in netta maggioranza in rapporto di parentela con l’assassina oppure ne erano gli amanti. Gran parte delle vittime: fiduciosi e privi di sospetti, malati, ubriachi, addormentati, infermi, bambini.
Le donne uccidevano più frequentemente mariti, amanti e parenti vari mentre gli uomini assassinavano per lo più amici intimi ed estranei. Inoltre le donne criminali tendevano ad usare, nel consumare un omicidio, una minor forza fisica. Per esempio erano molto meno inclini dei maschi omicidi a colpire ripetutamente la vittima per provocarne la morte.
La maggior parte dei crimini commessi da donne sono crimini di letto. Hanno la loro origine, in molti casi, nell‘amore e nell’odio. Sono pianificati ed eseguiti con quell’implacabile e spietata crudeltà di cui le donne sono capaci così come sono capaci di amore e devozione immensi.
Alcune assassine sono state incolpate perché hanno parlato troppo durante gli interrogatori.
Ci sono infinite sfumature nel campo dei disturbi mentali tra i due estremi di salute e pazzia. La stessa donna può essere sana la mattina e insana la notte. Ci sono delle donne che hanno dei periodi di squilibrio e per il resto del tempo sono normali.
Per la nostra cultura, mentre l’uomo è vizioso, la donna è prevalentemente corruttrice.
La fragilità predispone la donna all’astuzia. La sua forza sta nella finzione e nel calcolo. Ciò ne fa una assassina con premeditazione che mette in opera i suoi misfatti dietro la maschera dell’innocenza, dell’amore e a volte perfino della pietà. La doppiezza è insita nella sua natura. E’ questo l’elemento affascinante nelle figure di donne criminali che la cronaca si compiace sempre di sottolineare.
Le donne hanno avuto maggiori possibilità di non vedere scoperti i loro crimini, commessi di solito in ambiente familiare. Probabilmente il numero di crimini commessi da loro è superiore a quello rivelato dalle statistiche ufficiali.
Negli ultimi anni sono stati moltissimi gli studi di stampo femminista sul delitto commesso dalle donne. L’accento è posto soprattutto sull’ambiente sociale e familiare della donna e sulle condizioni sociali e familiari svantaggiate che l’avrebbero portata al delitto.
Tradizionalmente le donne non sono educate all’aggressività bensì alla passività. Tutti i condizionamenti sociali fanno sì che le donne passino raramente all’atto delittuoso.
La sindrome premestruale che comporta depressione, irritazione e ostilità nella donna contribuisce secondo gli ultimi studi a rendere la donna più aggressiva. Nel 1953 in Usa in una prigione è stata condotta un’inchiesta: su cento donne che avevano commesso un crimine il 62% aveva commesso un crimine non premeditato nella settimana pre-mestruale a cui si aggiunge un altro 17% di atti criminali commessi durante le mestruazioni.
Solo recentemente certi criminologi hanno cominciato a considerare l’importanza dell’influenza delle strutture sociali sul crimine femminile. E fra queste influenze il denaro sembra essere il movente fondamentale degli omicidi commessi dalle donne.
In un’inchiesta compiuta negli Usa su 22 serial killer donne i moventi in ordine erano: i soldi, desiderio di vendetta, piacere di uccidere, sesso, droga.
Solo il 5% dei serial killers è di sesso femminile.In America le serial killers femmine rappresentano l’8% dei criminali ma le criminali donne americane rappresentano il 76% di tutte le serial killers del mondo. La serial killer uccide più di due persone intervallando gli omicidi. Quando la donna uccide più persone nello stesso breve periodo si parla di pluriomicide.
L’assassina passionale uccide di solito una volta sola.
Di solito le donne non sono spinte da motivi sessuali a differenza degli uomini. Uccidono in maniera più dolce, meno visibile, utilizzando veleni o medicinali. La violenza che accompagna i colpi di pugnale, lo strangolamento o la mutilazione sono propri degli uomini. Difficilmente le donne conservano parti del cadavere delle loro vittime come trofei.
Ci sono le “infermiere della morte” che uccidono pazienti anziani o in fase terminale e le “vedove nere” che si sbarazzano di diversi mariti o di amanti con il veleno.
Ma entrambi, uomini e donne, condividono uno stesso movente, quello del bisogno di esprimere un potere quasi divino di vita e di morte. Vogliono essere uguali a Dio.
Gli uomini uccidono di solito degli sconosciuti mentre le donne scelgono i membri della loro famiglia o parenti e amici. La vulnerabilità della vittima si riscontra anche nei bambini che sono tra le vittime preferite delle serial killers.
E’ il modo che hanno trovato di prendersi delle rivincite sulla vita, di esprimere la loro superiorità e di diventare celebri. Di solito queste assassine non hanno figli ma lo stesso accade ai serial killers. Non hanno una vita familiare stabile, vivono di solito sole e quando sono sposate la loro unione non funziona. Sono male inserite nella società anche se spesso non appare. Le serial killers appartengono alla categoria degli assassini organizzati. Premeditano i delitti che sono preparati con la più grande cura.
Uccidono in un luogo determinato, non affrontano grandi distanze come gli uomini.
I delitti non sono di solito scoperti subito. Le vittime sembrano morte per cause naturali e raramente si sospetta un avvelenamento. Se una donna uccide il marito si pensa a una crisi cardiaca magari perché l’uomo ha dei precedenti in famiglia o perché è anziano. Il primo crimine di solito passa inosservato. Solo dopo molte morti simili vengono fatti degli esami tossicologici e i cadaveri vengono riesumati.
Come l’uomo, la serial killer donna è generalmente bianca. Se l’uomo commette di solito il primo crimine prima dei trent’anni, la donna ne ha di solito trentuno.
Di intelligenza di solito superiore alla media. Introversa, si sente incompresa, tendenza a comportamenti psicotici. Di solito hanno avuto una vita mediocre e rapporti negativi all’interno della famiglia. Ci sono casi di abuso nella loro infanzia, che siano fisici, psicologici o sessuali.
L’altro fattore importante è l’esistenza di una vita fantasmatica. Il soggetto è una bambina trascurata o vittima di abusi che ha subito diversi conflitti nella sua infanzia senza esser capace di costruirsi e di utilizzare degli adeguati sistemi di difesa. Spesso queste bambine perdono uno o entrambi i genitori e sono costrette a vivere in un ambiente ostile. Queste frustrazioni, situazioni di stress e crisi di angoscia, unite a un’incapacità cronica a superarli possono condurre questa adolescente a isolarsi totalmente dalla società che percepisce come un’entità ostile.
Alcune scelgono di suicidarsi durante l’adolescenza piuttosto di conoscere una vita di solitudine e frustrazione. Ci sono fra queste criminali moltissimi casi di tentato suicidio che sono altrettante richieste di aiuto. Queste donne hanno uno scarso concetto di sé e si sentono scartate dalla società. Si parte dall’insoddisfazione della vita familiare e sociale per immaginare un mondo in cui sono padrone. Le loro energie sono canalizzate non verso obiettivi creativi, bensì verso idee di aggressione e dominio, sostituendosi così all’aggressore o al dominatore che le ha fatte soffrire.
La donna, a differenza dell’uomo, si rende meno visibile. Non provoca la polizia come molti serial killers fanno.
Esempi – Le serial killers donne hanno ucciso soprattutto per tre motivi:
denaro: (Belle Gunness; Louise Peete)
perversione sessuale (Erszébet Bathory)
desiderio di uccidere creature indifese come i bambini (Jeanne Weber; Marie Besnard)
Le donne pluriomicide invece possono avere ucciso:
per gelosia (Rina Fort)
per rabbia (assassina della Lomellina)
Nel libro: Erszébet Bathory: uccise seicentodieci donne (giovani vergini) per sadismo, per perversione sessuale
Marie de Brinvilliers: oltre ad alcuni malati dell’ospedale su cui sperimentò il veleno, fece uccidere i fratelli e il padre
Catherine Deshayes: avvelenava per soldi
Anna Zwanziger: uccideva uomini che voleva sposare o le mogli che ostacolavano i suoi progetti
Kate Bender: insieme alla famiglia uccideva per derubare
Belle Gunness: uccideva i pretendenti per derubarli
Jeanne Weber: uccideva i bambini che le venivano affidati
Louise Peete: uccideva per derubare
Marie Besnard: fu assolta dall’accusa di aver ucciso tredici parenti per ereditare
Martha Marek: uccise amante, marito e figlia per ereditare
Leonarda Cianciulli: uccise tre donne per derubarle o per superstizione
Caterina Fort: uccise la famiglia del suo amante per gelosia e rabbia
In genere:
Mary Ann Cotton: uccise diversi familiari;
Falling Christine (Usa 1980): uccise i bambini che le venivano affidati;
Gburek Tillie (Chicago 1914): uccide con il cibo vari mariti e i figli dei vicini con cui ha litigato;
Grills Caroline (Australia 1947): uccideva i parenti sia per denaro che per affermare il suo potere sulla vita e sulla morte. Uccideva somministrando tallio in tazze da té;
Archer Gilligan Amy (USA 1907): accusata di aver commesso diversi omicidi nel vicinato di cui uno solo fu provato e per cui fu condannata;
Hahn Anna Marie (Usa 1929): uccise diverse persone mentre le curava, forse per soldi;
Jegado Hélène (Francia 1849): uccise per il piacere di uccidere diversi familiari con il veleno;
Lehmann Christa (Germania 1944): uccise cinque persone tra amici e parenti per raptus di rabbia;
Lyles Anjette (USA 1955): uccise marito e altre persone per denaro ma anche una bambina con il veleno;
Allitt Beverley (USA 19907): pazza, uccise diversi bambini e malati all’ospedale in cui lavorava;
Puente Dorothea (Usa 1980): uccise diversi pensionati poveri a cui affittava le camere per derubarli e poi seppellirli in giardino;
Rendall Martha (Australia, ultima donna giustiziata in Australia, nel 1909): uccideva sadicamente i figli del marito versando acido nella loro gola;
Herman Lydia (Usa, 1860): uccise col veleno il primo marito e i suoi sei figli, il secondo marito e i suoi figli, sempre per denaro;
Tinning Marybeth (Usa 1972): uccise i suoi otto figli e uno adottato soffocandoli;
Toppan Jane (Usa, 1900): orfana, adottata, infermiera, uccise dozzine di pazienti con morfina;
Turner Lise Jane (Nuova Zelanda, 1980): uccise tre bambini due dei quali suoi e tentò di ucciderne altrettanti;
Wilson Catherine (GB, 1860): infermiera, uccise sette pazienti, il marito, poi fu scoperta mentre tentava di uccidere una donna presso cui lavorava e che aveva fatto testamento a suo favore;
Wilson Mary Elizabeth (GB, 1950): avvelenò il primo marito, un amante e altri due mariti;
Wuornos Aileen (Usa, 1989): prostituta, uccise diversi uomini con la pistola per derubarli. Poi li spogliava.
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P.S.
“Usano le armi come e meglio degli uomini.”
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Embè, anche in questo hanno “una marcia in più”…
Insomma, vere e proprie Aliene sbarcate dalla Galassia di Andromeda.
Resta il mistero della millenaria sottomissione femminile ad opera dell’inferiore sesso maschile…
Come può essere sottomesso chi è così superiore?
Misteri della vita…
(…)
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