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Bighellonando sulla rete mi sono casualmente imbattuto in questo faccia a faccia tra Luisa Muraro, considerata una delle massime ideologhe del femminismo italiano e Ida Dominijanni, giornalista e anch’essa esponente di punta del femminismo più militante. Insomma il gotha del pensiero femminista. Il tutto durante una trasmissione radiofonica condotta dalla stessa Dominijanni su Radio 3, “Faccia a faccia”, esattamente il 9 luglio 2009.
In linea di massima non è corretto estrapolare degli stralci da un intervista o da uno scritto perché si rischia, soprattutto se chi lo fa è in malafede, di deformare il significato di quelle parole, però non posso fare altrimenti perché è veramente troppo lunga. Vi garantisco sul mio onore che le parti che riporto e sottopongo alla vostra attenzione non vanno a modificare in alcun modo il contenuto complessivo del loro colloquio.
Dominijanni:”Lei ha scritto un articolo quando Veronica Lario annunciò la sua intenzione di divorziare, in cui parlava di una nuova figura di libertà femminile, non etichettabile nei termini a cui eravamo abituati anni fa, anche ai tempi del primo femminismo”.
Muraro:”Sì, perché quello che vediamo sulla scena internazionale sono leader, quasi tutti uomini,, accompagnati da first lady. Il posto di Veronica Lario sarebbe stato quello lì, ma lei non ha fatto questa parte. Perché in definitiva la figura della first lady è subordinata ad un protagonismo maschile. La accettiamo ma è una vecchia figura. Fuori da questo c’era la femminista, che invece non accettava ruoli subordinati, in funzione del protagonismo maschile. La Lario non è nè l’una né l’altra cosa. Non è first lady e non è femminista. E’ – può sembrare paradossale, essendo la moglie di un uomo ricchissimo, dunque ricchissima lei stessa – una donna comune. E ha parlato in effetti con accenti di una donna comune, più di una volta”.
Dominijanni:”Cosa pensa invece delle altre figure femminili che sono emerse in questa vicenda? Anche quelle più controverse, la giovane Noemi, Letizia, la escort di Bari, Patrizia D’Addario, che tra l’altro sta rilasciando una serie di interviste di un certo interesse, oppure le amiche della D’Addario, queste giovani ragazze che contrattano, diciamo, le loro prestazioni, anche quando non sono prestazioni sessuali ma semplici prestazioni di accompagnamento…
Muraro:”Non è la prima volta che queste figure che vengono messe al servizio della sessualità maschile, poi si ribellino. Lo fanno con i mezzi che hanno, però si ribellano a vivere in funzione unicamente di questo. Hanno una loro contrattualità e se l’altra parte non sta al contratto tacito o esplicito sono pronte a rivoltarsi. L’unica cosa che mi dispiace di loro è che danno questa immagine di donne che vivono in funzione di. Che il loro desiderio, il loro piacere, la loro gioia di vivere è tutta ingabbiata dentro a quello che è …
Dominijanni:”Lo sguardo maschile”.
Muraro:”E il potere maschile”.
Dominijanni:”Un’ascoltatrice di Roma scrive”Perché le donne italiane non si ribellano più e accettano che l’immagine di veline senza cervello diventi la nostra bandiera?
Muraro:”Disapprovo che si usino espressioni come “veline senza cervello”: sono giovani donne che in un mercato del lavoro che è piuttosto scarso scelgono quella strada lì. Io non so se questa strada le porterà dove desiderano ma vanno rispettate nella misura stessa in cui loro si comportano con correttezza professionale, come fa la più parte di loro”.
Dominijanni:”Sì, certo. E’ un problema che è emerso attraverso questi scandali che c’è un mercato del lavoro che offre poco alle giovani donne, e spesso offre una strada di realizzazione che passa soltanto per l’industria dell’immagine. Questo è un problema che io penso vada preso in considerazione, proprio per la vastità e l’ovvietà ormai di questo canale”.
Muraro:”Sì, sì”.
Il colloquio prosegue toccando altri argomenti e poi si torna alla vicenda Lario…
Muraro:”Ho visto i commenti di certi commentatori e politologi sulle parole di Veronica Lario: erano tutti sballati, completamente fuori tiro, non capivano che lei stava facendo un intervento di alto valore politico, stava dicendo dal suo punto di vista di moglie, vicinissima al potere ma distaccata dal potere, quello che capitava. Questa incarnazione del potere politico che stava andando fuori dei binari, lei lo ha detto con parole semplici…L’intervento di Veronica Lario ha scombussolato un assetto profondo. Mi riferisco al rapporto con il potere. Questi che l’hanno ascoltata avevano a loro volta la coda di paglia. Lei ha detto”E’ indecente che il potere politico serva a fini sessuali (invece il potere sessuale utilizzato per fini di potere è altamente educativo – aggiungo io (Fabrizio Marchi) – scusate ma non ce la faccio a non commentare…), in questione non c’è solo il capo del governo. Certo lui lo fa in maniera plateale…ma comunque lei è andata a mettere il dito sulla piaga di un certo uso del potere politico”.
Dominijanni:”Un’ascoltatrice, Luciana, scrive ”Cosa abbiamo sbagliato noi, ora che abbiamo sessant’anni, che dai venti in poi abbiamo lottato per la dignità delle donne, mentre le nostre figlie si realizzano solo seguendo lo sguardo maschile?”
Muraro:”Cara Luciana, il suo sguardo vuole la perfezione. E’ naturale, vuole che arriviamo a una dignità e libertà di donne senza problemi e senza intoppi, completa, esauriente. No. Anche le giovani donne devono lottare e farsi strada. Non è che le nostre figlie adesso vivono sotto lo sguardo degli uomini, io insegno all’università e le assicuro che non è così. Solo che non tocca a noi misurare il modo con cui loro si conquistano la libertà. Ma ripeto e le assicuro che sono giovani donne che hanno un’idea molto chiara della propria realizzazione e hanno un’aspirazione a fare bene e a contare nella società di oggi”.
Ora, nessuno da queste parti, è uso distinguere le donne in sante e puttane. Al contrario, riteniamo che questa sia una suddivisione artificiosa e moralistica tipica di una società ipocrita come la nostra, fondata da un lato sull’esaltazione sistematica della mercificazione sessuale a tutti i livelli, e dall’altra dalla sua altrettanto ipocrita condanna. Non v’è dubbio quindi che, sotto questo profilo, esistano comportamenti ben più gravi di quelli di una prostituta d’alto bordo, di una escort o di un’”accompagnatrice”. Anzi, queste hanno per lo meno il merito di non fare mistero della loro professione e di vivere alla luce del sole la loro scelta di vita. Si mercificano ma lo fanno consapevolmente , senza ipocrisie.
Da questo però a considerarle, non dico una sorta di eroine della rivoluzione femminile e femminista, ma di donne che si sono ribellate al sistema perché al momento del pagamento post prestazione, la parcella concordata (tacita o esplicita, parole della Muraro) non è stata loro del tutto corrisposta come da accordi convenuti, mi sembra quanto meno esagerato, per usare un eufemismo. Naturalmente la mercificazione viene, neanche a dirlo, interpretata a senso unico. E’ sempre e solo l’uomo che mercifica e la donna che subisce passivamente. Superfluo sottolineare (sempre perché gli avvoltoi stanno costantemente in agguato) che non stiamo parlando di “schiave del sesso”, cioè extracomunitarie sfruttate e in numerosi casi sbattute con la forza sulla strada dai racket criminali, ma di professioniste del sesso che consapevolmente scelgono di intraprendere il “mestiere”. Donne che “guadagnano”, anzi che fatturano in nero mediamente dai 20 ai 30mila euro mensili (cioè quello che un lavoratore o una lavoratrice dipendente in molti casi guadagnano in due anni di lavoro) e alle quali, se non siamo ipocriti, non gli passa neanche per la testa di fare un lavoro “normale” come milioni di altre donne e uomini.
E invece (ancora più grave, deresponsabilizzante, giustificazionista e assolutorio il commento delle due “leader maxime” del femminismo) questa scelta sarebbe motivata dal fatto che il mercato del lavoro sarebbe talmente scarso (cosa vera ma questo è un altro discorso…) da obbligare queste donne a questi percorsi che, se potessero, eviterebbero volentieri. Come a dire che se qualcuno proponesse un posto di lavoro fisso in un’ azienda come operaia o impiegata alla D’Addario o anche a qualsiasi aspirante velina, showgirl, attrice e via discorrendo, queste farebbero i salti di gioia e getterebbero alle ortiche la “professione” (nel caso della D’Addario e di quelle come lei) e i sogni di successo e di gloria nel caso delle seconde.
Il discorso diventa ancora più grottesco quando si passa ad analizzare la vicenda della Lario. Una ex attricetta di quart’ordine (questo era, se qualcuno ricorda dei film di Kubrik o di Scorsese da lei interpretati, lo dicesse) che ad un certo punto della sua vita si rende ben conto che non diventerà Marlene Dietrich e che a quel punto si fa due calcoli, si sposa l’uomo ricco e di successo (altrimenti non se lo sposava) dal quale ora decide di divorziare e dal quale si farà mantenere, vita natural durante, con un assegno di qualche milione di euro al mese.
Questa donna (insieme alle altre di cui sopra), sempre secondo l’interpretazione della Muraro e della Dominijanni, diventa l’esempio di una nuova ribellione al potere maschile. Non l’altra faccia della medaglia, cioè di quel potere di alcuni maschi (alpha), ma una nuova figura della libertà, della specificità e del protagonismo femminile.
Di fronte a tutto ciò, devo essere onesto, e ripeto, stiamo parlando del sancta sanctorum del pensiero femminile e femminista, alzo le braccia. A questo punto tutto è possibile, tutto e il contrario di tutto può essere vero e non vero. Quando si arriva a tali interpretazioni, tutto può essere affermato e negato e la difesa del genere, comunque sia, purchessia, assume dei contorni, per quanto mi riguarda, assolutamente inquietanti. Non solo, un simile atteggiamento conduce alla degenerazione del concetto di parzialità (di cui pure sono fiero sostenitore) che, se assunto al 100% in modo totalmente acritico e aprioristico, è destinato inevitabilmente a degenerare nel dogmatismo e nel totalitarismo.
Il mistero da svelare, per lo meno per chi la vede come il sottoscritto, è come una interpretazione fondamentalmente sessista, interclassista, di fatto razzista (perché una forma di pensiero che individua in un solo genere la ragione prima di tutti i mali, non saprei come altro definirla), abbia potuto fare breccia in quella che una volta si chiamava sinistra. Ciò che a tutti/e oggi sembra normale, a me non lo sembra affatto. Al contrario, ritengo che sia stata una usurpazione, una gigantesca operazione mistificatoria, alla luce dei fatti e della storia. Per il semplice fatto che a me, ma credo a nessun uomo (ma neanche a nessuna donna) ragionevole, verrebbe mai in mente di assumere la difesa di uno dei due generi aprioristicamente, sempre e comunque. Se lo facessimo noi uomini, saremmo inevitabilmente tacciati di maschilismo, sessismo, razzismo e anche di ottusità (e sarebbe giusto, laddove lo facessimo).
Fabrizio Marchi
302 Commenti
“Il mistero da svelare, per lo meno per chi la vede come il sottoscritto, è come una interpretazione fondamentalmente sessista, interclassista, di fatto razzista (perché una forma di pensiero che individua in un solo genere la ragione prima di tutti i mali, non saprei come altro definirla), abbia potuto fare breccia in quella che una volta si chiamava sinistra.”
Caro Fabrizio, hai centrato la domanda fondamentale su cui anche io mi sono arrovellato per molto tempo.
Poi una risposta l’ho abbozzata. Ma preferisco non entrare nel merito di essa. E’ troppo importante che ciascuno trovi la sua (di risposta al mistero) e, qualsiasi sia, tragga le sue conclusioni e il suo modo di stare dentro la QM. Ma, ripeto, l’importante è che quella fatidica domanda ci sia e che non si volti la testa da un’altra parte.
armando
armando(Quota) (Replica)
Il femminismo è schiettamente interclassista (e interconfessionale). Regine e mondine, miliardarie e nullatenenti, carmelitane e veline, vergini e squillo, contesse e popolane, tutte sono accomunate nell’interclasse delle Vittime. Ora, posto che (quantomeno visto da Sx) l’interclassismo è di Dx, ciò significa che la Sx è passata a Dx? Ma allora perché per la Dx il femminismo coindice ancora con la Sx anziché …con se stessa?
E poi: la Sx può tradire e, di fatto, ha tradito se stessa, ma perché la Dx non tradisce mai se stessa? Forse perché non può? Ad es., se diventasse (come la Sx) “…sessista, interclassista, di fatto razzista…” si potrebbe dire che ha tradito se stessa?
Mi piacciono tantissimo questi cortocircuiti. Molto istruttivi.
Rino
RIno(Quota) (Replica)
Alcune considerazioni presenti nello stralcio d’intervista riportato mi sembrano anche condivisibili, come quando la filosofa Muraro, afferma, in risposta alla sciocca domanda dell’ascoltatrice, che le donne che svolgono la professione di veline, showgirl ecc., non denigrano proprio nessuno, tantomeno un intero genere sessuale. Nel complesso però l’intervista è il solito leit-motiv femminista, ossia colpevolizzazione dell’altro sesso, totale mancanza di autocritica ( i colpevoli sono sempre gli altri), venature revansciste,corsa sfrenata al potere da occupare, da sottrarre al maschio ( a questo proposito è da notare come le femministe di solito non richiedano più preparazione, più onestà ai vertici del potere, di cui si sente un enorme necessità, bensì esclusiivamente più presenza femminile).
In una sua bella canzone il grande Giorgio Gaber diceva: “la realtà è più avanti, siamo sempre indietro”. Io credo che la sinistra, intesa in quanto ideologia prevalente, sia rimasta indietro, sia legata a una visione della società sorpassata per quanto riguarda la concezione della donna, faccio riferimento alla donna occidentale ovviamente, si ostini a considerarla vittima, discriminata, svantaggiata sempre e comunque.
La realtà invece ci dice un’altra cosa: che la donna oggi occupa importanti posti di potere, svolge qualsiasi professione, è tutelata giustamente in alcune fasi della sua vita, vedi maternità-allattamento, ma anche privilegiata, ed è inutile che ricordi, a chi sa meglio di me, la caterva di agevolazioni concesse alle donne, alla faccia dei dattati costituzionali.
Insomma la realtà ce l’abbiamo di fronte e ci comunica qualcosa di preciso, se abbiamo l’onestà intellettuale di osservarla con attenzione, ma i pregiudizi, soprattutto di natura sessista, spingono a guardare indietro o a elaborare una realtà deformata, che si adegua a una visione del mondo piuttosto che il suo contrario, come sarebbe più logico.
Alessandro(Quota) (Replica)
Condivido completamente, Alessandro. Una colata di cemento armato di cecità e omertà pervade la sinistra, o ciò che di essa è rimasto (ben poco a livello politico, ancora molto dal punto di vista delle ragioni), relativamente al conflitto di genere.
Tocca a noi e solo a noi rompere la gabbia, bucare quel muro di cemento armato. Non lo farà nessuno al nostro posto, non illudiamoci.
“Contare sulle proprie forze”, diceva un vecchio signore con gli occhi a mandorla che ha fatto una rivoluzione…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sì Fabrizio, su questo aspetto la sinistra ha ancora molta strada da percorrere. Noi pensiamo che abbia ancora tanto da offrire, ma certo deve liberarsi di alcuni retaggi ideologici che hanno fatto il loro tempo. Questi retaggi hanno scarso rilievo nella vita degli uomini alfa, ma possono condizionare negativamente la vita degli uomini beta, per quanto costoro poco se ne accorgano.
Da uomo di sinistra provo un pò di disagio a votare dalla stessa parte di chi manifesta a priori un astio che non è rivolto al singolo individuo, cosa che potrebbe essere in certe occasioni perfino giustificabile, bensì a un intero genere sessuale, che è stupido condannare tout court, fosse anche a parti invertite. Allo stesso tempo mi sorprende che tanti politici di sinistra non trovino niente da contestare alle loro colleghe, giornaliste, ecc.. Ma si sa, costoro sono in buona parte uomini alfa, troppo lontani dalle difficoltà quotidiane che i più vivono.
Alessandro(Quota) (Replica)
Sul solito, annoso, e ormai patetico, piagnisteo femminista a riguardo della “merficificazione” e delle veline, ho già avuto modo di affrontare la questione nel mio blog, evidenziando l’ipocrisia e la doppiezza femminista nel dire tutto e il contrario di tutto a seconda delle convenienze del momento.
Come scrissi nella mia lettera a Repubblica: “La velina è una donna che ha realizzato questo sogno, frutto della sua autonoma volontà.Lo dimostrano le lunghissime e sterminate file di ragazze sorridenti, prive di scrupoli, narcisiste ed esibizioniste che partecipano ai concorsi e ai provini per diventare veline.Soprattutto lo dimostrano il vestire sempre più esibizionista e succinto di una parte sempre più consistente di donne. Perchè, quindi, affermate che le veline esistono per colpa del maschilismo? Prima dite che le donne sono superiori e più intelligenti degli uomini, e poi fate capire implicitamente che non sono capaci di intendere e di volere(dal momento che affermate che le donne diventano veline non per colpa loro ma dei “maschilisti”).”
Ecco. Se le donne, come vuol far capire il politicamente corretto femministe, non sono capaci di prendere autonomamente una propria decisione e se non sono capaci quindi di saper e poter distinguere tra ciò che per loro è giusto fare e ciò che non è giusto fare, facendo le veline,..lor signore e loro signori femministe e femminsti non hanno che da fare una cosa: Denunciare le tv e i “maschilisti” per CIRCONVENZIONE DI INCAPACE. E’ un reato contemplato dal Codice Penale contro coloro che approfittando di coloro che non sono capaci di intendere e di volere, li manipolano a proprio uso e piacimento.
http://ilvolodidedalo.blogspot.com/2009/06/velina-ergo-femminista.html
Icarus.10(Quota) (Replica)
Ma è vero che la dx non tradisce mai se stessa?
Ed esiste una categoria “dx” che riesce ad accomunare tutti quelli che di dx si definiscono? E lo stesso non vale forse anche per la sx?
La verità è che ormai, secondo me, non esiste un parametro certo su cui valutare cosa è dx e cosa sx.
Pasolini, comunista, era davvero di sx quando era contro aborto e financo divorzio? E il papa, quando si esprime contro il consumismo e la distruzione del pianeta, si può catalogare di dx come classicamente si intende? E il filosofo Scruton quando parla della conservazione del pianeta con accenti ecologisti, è di dx?
E Fini, quando vuole la cittadinanza agli extracomunitari e su pronuncia contro la legge 40, è di dx?
E Barcellona, quando rivaluta la religione come sentire radicato, e necessario, dell’uomo, è forse di sx?
Grande è la confusione sotto il cielo (Mao). Credo che i piani politici e culturali siano ormai nettamente sfalsati e non basti più l’antico discrimine fra oppressi e oppressori, diventato troppo generico in un mondo complesso che è andato in una direzione solo 40 anni orsono impensabile. Se quel criterio fosse sufficiente i maschi beta dovrebbero essere tutti naturalmente di sx, sennonchè la sx li considera oppressori e tiene oer le donne che considera le “oppresse”, che infatti guardano più da quella parte come loro naturale rappresentanza.
armando
armando(Quota) (Replica)
Non è facile oggigiorno stabilire che cosa sia di sinistra, come giustamente affermi Armando. Io risponderei affermando che la sinistra, e faccio riferimento a quella italiana che meglio conosco, è quell’insieme di forze politiche che aspirano a trasformare i principi della prima parte della nostra Costituzione in realtà viva, concreta, operante. Detto in altri termini, sono coloro che vogliono trasformare da formale a materiale la nostra Costituzione. Non è un caso che insigni rappresentanti di destra, non ultimo Brunetta, cerchino di modificare, stravolgere in chiave liberista e reazionaria quei medesimi principi. Il discrimine è ancora lì. Ed è proprio per questo che io critico coloro che, come le femministe, in maniera ipocrita difendono da una parte quei medesimi principi, dall’altra aspirano al privilegio. E’ possibile conciliare le pari opportunità con le quote rosa o con la pensione a 65 anni per esempio? Sicuramente no, Costituzione alla mano. La Costituzione italiana afferma che occorre fare in modo di aiutare, sostenere i più meritevoli mancanti di mezzi, non i rappresentanti di un sesso piuttosto che di un altro.
Ecco perchè nel mio precedente messaggio ho scritto di mancanza di preparazione e onestà come le vere emergenze del Paese. Emergenze anche per la sinistra.
Alessandro(Quota) (Replica)
Secondo me, Armando, quello che era il paradigma maoista (da te citato), si è esattamente capovolto.
Oggi questa confusione ideale e ideologica viene portata avanti e sostenuta scientemente dal sistema. Un sistema che ha interesse a ingenerare nelle persone la convinzione che nulla può essere mutato, che tutto è confuso, che tutto è rimescolato, che non ci sono differenze, distinzioni, che ormai destra e sinistra (intese come grandi opzioni culturali, non dal punto di vista strettamente partitico) non esistono più, che non esistono più le classi sociali, i gruppi sociali, che tutto è così confuso, sfocato, poco chiaro. Un grande indistinto minestrone che non sarebbe più comprensibile in base alle “vecchie categorie”. La crisi e il crollo di quello che veniva chiamato comunismo (un capitalismo di stato governato da un sistema burocratico poliziesco, siamo fra gente evoluta, su, non ci raccontiamo balle…) ha fatto il resto. Fine della prospettiva del cambiamento, di un’alternativa. Il mondo è questo, piaccia o no, e non lo si può TRASFORMARE . La gente viene di fatto “educata” ad una sorta di passività culturale, ideale, psicologica, direi addirittura esistenziale. Una vita quotidiana sempre più pesante, grigia, vuota di contenuti, priva di prospettive, un vuoto esistenziale riempito di “nulla”. Insomma questo è un sistema che alla fin fine si fonda anche su un certo substrato nichilistico. Anche il relativismo assoluto, e non sto parlando del versante religioso che ormai va molto di moda perché nell’impossibilità di dare una risposta terrena la si cerca in quella spirituale, (senza assolutamente negare che questa dimensione esista, sia chiaro) ma di quello sociale, storico, culturale, è funzionale ad ingenerare questa sorta di scoramento psicologico individuale e collettivo, questo “sbattimento” costante e continuo di masse sempre più crescenti di persone che non sanno dove sbattere la testa, che pesci pigliare. Non perdendo comunque mai di vista che un conto è sbattere la testa con i soldi di “papà”, e un altro conto è sbattersela senza…
Ma in tutto questo gran casino (in cui qualcuno però, guarda caso, ha le idee chiare) ecco la sola certezza: il mercato. E le sue leggi, e le sue fondamenta. La proprietà privata, il profitto, il capitale. Qui confusioni non ce ne sono. Una cosa è sicura, che se questo è mio certamente non è tuo. Poi su tutto il resto si discute finchè vuoi. Ma non su questo. Questa è l’unica certezza rimasta. Ma guarda un po’…
Il mercato. Diventato ormai anche ideologia, come qualsiasi altra. Inamovibile. Non superabile. Esiste ed esisterà sempre. L’umanità non potrà mai superarlo, concepire la possibilità di una forma diversa di convivenza e di organizzazione sociale. Chiuso il cerchio. Di tutto si può discutere, dibattere, affermare e negare insieme, rivoltare come un calzino, ma non dell’immutabilità e dell’inevitabilità del mercato, delle sue regole, delle sue leggi ormai considerate, queste sì, di derivazione ontologica. Questa è l’unica certezza rimasta.
Ecco, pensare che la storia non sia finita, che sia ancora possibile concepire una realtà diversa, non dominata dal capitale, dal mercato, dalla proprietà, dal profitto, nella direzione di un mondo dove le relazioni fra gli uomini e le donne siano all’insegna dei valori dell’eguaglianza (che non significa massificazione) e della libertà, è ancora un discrimen, a mio parere, fra destra e sinistra.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Questa sterile diatriba di cui sopra, su opposte vedute, scivola inesorabilmente sul muro della mia indifferenza..
Sinceramente in quanto persona uomo, non vedo cosa debba dimostrare alla persona donna se non il mio lecito arbitrio, questo significa che, in quanto persona, non sento nessuna esigenza di ostentazione dinanzi alla persona donna, la quale detiene gli stessi diritti/doveri .
Tutto il resto e’ a prescindere, l’amore, i sentimenti, i valori, le proprie ambizioni, non passano per la vulva, tantomeno dal pene, e’ semplicemente l’incontro tra due persone, un connubio di stesse vedute, che genera il miracolo della vita che ci vede vivi in questi tempi, tutte le altre discussioni sono semplicemente masturbazioni mentali deviate da una societa’ consumistica corrotta e priva di senso, di cui purtroppo le donne sono divenute amplificatori perfetti, e alcuni uomini,purtroppo.. generatori umiliati.
Damien(Quota) (Replica)
Le veline, i calendari, alimentano solo un attività manuale dei maschi, chiamati erroneamente maschilisti, anche perché le vere idee maschiliste non vengono mai rivelate al grande pubblico.
Questo le donne lo sanno, anche se sono ipnotizzate da tutto il corteggiamento intorno.
Leo(Quota) (Replica)
“Ecco, pensare che la storia non sia finita, che sia ancora possibile concepire una realtà diversa, non dominata dal capitale, dal mercato, dalla proprietà, dal profitto, nella direzione di un mondo dove le relazioni fra gli uomini e le donne siano all’insegna dei valori dell’eguaglianza (che non significa massificazione) e della libertà, è ancora un discrimen, a mio parere, fra destra e sinistra.”, scrive Fabrizio.
Detto così ci sarebbero ben poche persone a non essere d’accordo. Troppo generico, a mio parere. Ad esempio, cosa significa “non dominata dal capitale etc.”? Che capitale, profitto, proprietà non debbano esistere o che non debbano essere i fattori in base ai quali tutta la vita sociale è organizzata?
Nel primo caso siamo, a mio parere, nel campo dell’utopia. Almeno fino ad ora tutti gli esperimenti in questo senso sono falliti, tanto quelli del comunismo “romantico” che quelli del “socialismo scientifico”. Diciamo pure, anzi, che sempre i tentativi di applicare nel concreto le utopie si sono rovesciati, in modo drammatico, nel loro contrario.
Nel secondo caso la domanda è: quali sono i fattori che consentono ad un gruppo umano di non essere dominato dalla legge del profitto e anzi mettere a base del proprio vivere sociale altri fattori sovradeterminati rispetto al primo?
armando
armando(Quota) (Replica)
Bè, intanto caro Armando, non è affatto vero, ma neanche un po’, che tutti sarebbero d’accordo, come dici tu, nel superamento della proprietà privata, del capitale e del profitto nella direzione della costruzione di una società fondata sui valori dell’eguaglianza e della libertà.
Secondo, come spesso fai, apri dei post in cui poni delle domande che richiederebbero non altri post per risponderti ma un trattato di filosofia politica (e non basterebbe)…
Terzo, la risposta in fondo te la sei data da solo e risiede nella tua rinuncia profonda all’idea che la realtà possa essere trasformata, per lo meno nella direzione che il sottoscritto ha indicato in quel post a cui tu hai risposto. Anche questo è un discrimen fra “destra e sinistra” (non sto parlando di schieramenti politici né di luoghi comuni ma di grandi concetti) o fra conservatori e progressisti (sempre senza nessun riferimento alle vulgate con cui questi termini vengono identificati). L’uomo di sinistra tende a pensare che la realtà possa essere trasformata ed è portato a gettare il sasso oltre la siepe. E’ in questo modo, a mio parere, che l’umanità ha progredito fin da quando ha cominciato a scendere dagli alberi e a vagare per le savane. E via discorrendo. Il solo concetto di democrazia fino a qualche secolo fa era considerato una sorta di bestemmia (né più e né meno di come era considerato il concetto di comunismo nel secolo scorso e anche nell’’800) e invece a forza di lotte, scioperi, battaglie, guerre, repressioni, spargimenti di sangue, oggi qualche passo in avanti lo abbiamo fatto. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi all’infinito. Pensiamo alla schiavitù che per millenni (millenni) è stata un fatto assolutamente normale e che nessuno ha osato mettere in discussione per altrettanti millenni. Chi ci provava veniva massacrato o considerato un pazzo da rinchiudere in un manicomio. Oggi è l’esatto contrario; è il concetto stesso di schiavitù che non fa più parte dell’immaginario umano. Non siamo arrivati a questo per grazia divina ma perché milioni di uomini hanno lottato, anche e soprattutto contro quelle forze (che sono anche forze interiori) che tendevano e tendono a zavorrarlo, a impedirgli non solo di cambiare ma anche solo di pensare di poter cambiare. Per concepire il cambiamento e la trasformazione della realtà ci vuole una marcia in più, un qualcosa che non potranno mai avere gli ultrapragmatici, gli eccessivamente prudenti, gli accorti, gli ultrarealisti, gli ancorati alla realtà, i fanatici del “buon senso” (che diventa quasi un’ ideologia), quelli che “da che mondo è mondo le cose sono andate così e sempre andranno così”, gli ultrascettici, i portatori sani o meno sani di sfiducia. Una sfiducia e uno scetticismo radicale e profondo verso l’idea stessa del cambiamento che viene avvertito appunto come utopia e in quanto tale rigettato, rifiutato. In una parola, i conservatori.
Ecco, se tutti gli uomini fossero stati come questi uomini qui, nulla sarebbe cambiato. E il cane si morde ancora la coda, per l’ennesima volta. Perché se pensassimo che il cambiamento è utopia, non saremmo neanche qui a concepire una qualcosa che al momento, se siamo onesti con noi stessi, è questo sì, utopia: il riequilibrio del rapporto fra i sessi. Ma se non avessimo dentro di noi l’idea, sia pure in qualche angolo remoto della nostra mente, che questo è possibile, non avrebbe neanche senso stare qui a fare quello che facciamo. Sarebbe molto più logico e coerente accettare lo status quo e metterci l’anima in pace. Da bravi conservatori. Allora, la domanda è (senza arrivare, caro Armando, a domande troppo grandi che, come ripeto, necessiterebbero di fare una decina di seminari all’anno in cui ciascuno di noi potrebbe sbizzarrirsi):” Sei o non sei animato anche tu dalla volontà di modificare radicalmente questa situazione?”
La logica è stringente. Se lo sei allora devi entrare anche tu nell’ottica, ti piaccia o no, che sei un “progressista”. Se invece pensi che non si possa cambiare nulla allora sei un conservatore. Ma allora la domanda successiva è:”Cosa ci stai a fare qui (mi riferisco al Momas in generale)? A meno che tu non voglia in effetti lavorare ad un cambiamento (anche se in una direzione diversa dalla mia) ma non per andare avanti ma per tornare indietro. In questo caso saresti un tradizionalista o un neotradizionalista. Insomma qualcosa devi essere però, perché altrimenti il rimanere sospesi nell’aria (come fa molta destra contemporanea in modo molto ambiguo per la verità) ingenera sospetti. E infatti io sospetto molto di tutti coloro che professano di non essere né di destra né di sinistra, che non bisogna avere i paraocchi (questo è giustissimo purchè inteso in un modo che non sconfini nell’ambiguità), che i concetti stessi di destra e sinistra hanno fatto ormai il loro tempo. Perché credo che dietro a tutte queste parole ci sia sostanzialmente un pensiero e un agire di destra.
Seconda cosa. C’è una contraddizione gigantesca nell’atteggiamento che hai tu (ma non solo tu, a questo punto, caro Armando, non so come definirti/vi, perché se dico conservatori non va bene, tradizionalisti non lo so, antimarxisti, anti illuministi, antipositivisti, cattolici integralisti, non lo so, credimi, decidi tu, però qualcosa sarai e sarete …). Siete critici (giustamente) nei confronti di un pensiero che ha avuto la pretesa di definirsi forte, epistemologico, escatologico, finalistico. Dopo di che però, al contempo, pretendete dagli stessi che criticate di avere delle risposte sui grandi temi e lo fate anche con una certa supponenza e autocompiacimento della sconfitta altrui, cioè di coloro che per lo meno ci hanno provato. Del tipo:”Avete visto? Ve l’avevamo detto noi che il mondo non si può cambiare, avete fallito con i vostri ideali di trasformazione ecc. ecc. di un mondo diverso, migliore, da rovesciare sottosopra…E adesso? Che ci dite?”.
Relativamente al fatto che sarebbe troppo generica la mia dichiarazione di intenti di un possibile “manfesto”, diciamo così, di una possibile sinistra, ma caro Armando, ma non poso scrivere dei libri per ogni post, suvvia…
E allora se chiedessi a te di farmi una sorta di manifesto o di tavola filosofico-programmatica della destra o di una nuova destra (e di condensarla in quattro righe come tu mi hai di fatto chiesto di fare in quel frangente) o di non so cosa sei perché qualsiasi cosa possa dire sbaglierei, perché tu mi diresti che non è così e che tu non sei né di destra né di sinistra (e anche questa sarebbe un’altra affermazione che confermerebbe che sei di destra), tu cosa ci scriveresti in quattro righe? E cosa potrei risponderti io dopo quattro righe? “Troppo generico?” Suvvia, Armando…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“La solitudine delle numero uno”.
http://www.corriere.it/cronache/10_febbraio_19/iodonna_terragni_donne_5898ab04-1d48-11df-b33e-00144f02aabe.shtml
Silver(Quota) (Replica)
Non disprezzo affatto l’utopia. La considero anzi propedeutica ai processi di trasformazione profonda. Indica,diciamo, una “necessità”, e spesso coglie un “bisogno” diffuso. Al tempo stesso però ha il dovere di confrontarsi con la realtà, o meglio di sottoporsi alla verifica della realtà. Se non lo fa anche la più bella delle utopie si rovescia nel suo contrario negativo, e da istanza di liberazione diventa oppressione concreta.
Per il resto non mi preoccupo molto di come vengo “classificato”. Penso che il pensiero, tanto più è libero, quanto più sfugga alle etichettature. Preferisco che la classificazione, se proprio la si vuole, non sia un “a priori”, ma scaturisca da un confronto sulle idee e sui temi concreti. Faccio un esempio: Le applicazioni delle scoperte della genetica (manipolazione degli embrioni, loro selezione etc) son un elemento di “progresso” oppure no? Si deve andare avanti in quella direzione o è meglio porre dei limiti, dei confini oltre i quali la società decide che non si debba andare? Cosa dice su questo il pensiero (non i partiti, sia chiaro) di “Sx” che è progressista per definizione?
Insomma, bisogna mettersi prima di tutto d’accordo su cosa significa “progresso”, perchè temo che in quella parola si annidino molte trappole. Per certi aspetti, come ad esempio quello che ho citato o nella continua trasformazione del modo di produrre, non c’è dubbio che il Capitalismo sia “progressista” molto più di quanto fossero i paesi a socialismo reale. Non solo, riesce anche a farlo apparire come coniugato culturalmente con la libertà e i diritti dell’individuo. Per me si tratta di un falso progresso,e se per questo divento un reazionario o tradizionalista, pazienza. Porterò il fardello senza preoccuparmi più di tanto. Del resto non pretendo di essere esente da contraddizioni. Tutto il pensiero, anche quello più alto e raffinato (dunque non il mio) lo è, perchè è l’uomo ad esserlo.
armando
armando(Quota) (Replica)
Caro Armando, il concetto di “progresso” è estremamente ambiguo. E’ appunto una di quelle parole che può essere tirata per la giacca da tutte le parti. Tendo quindi ad evitare di utilizzarla, per quanto è possibile, anche perché, molto spesso, se non quasi sempre, si confondono i concetti di “progressivo” e di “progressita”, che come ben sai, sono duce cose diverse…
Il capitalismo, ad esempio, è stato sicuramente progressivo (e anche il comunismo realizzato, se è per questo) ma non certo è stato sempre progressista (come il comunismo realizzato). Il capitalismo ha modificato, fino a stravolgerli, la natura, l’ambiente e la vita degli uomini. In tutte le direzioni. Questa trasformazione può essere sempre definita come progresso? La distruzione della natura e dell’ambiente che il capitalismo ha perpetrato può essere definita “progresso”? Il genocidio e il massacro sistematico di interi popoli, addirittura di interi continenti, perpetrato per secoli, può essere definito “progresso”? Lo sfruttamento selvaggio a cui l’umanità è stata sottoposta e in larga misura è ancora sottoposta può essere definito “progresso”? Le macroscopiche e strutturali diseguaglianze provocate dallo sviluppo capitalistico a livello planetario, possono essere considerate “progresso”? Il ricorso sistematico alla violenza e alla coercizione a livello planetario per imporre il proprio “ordine” può essere definito “progresso”?
Il dibattito è aperto. Naturalmente, essendo un laico da sempre, a differenza di altri e di tutti coloro che hanno appartenuto e continuano ad appartenere a chiese di vario genere, non penso e non ho mai pensato che il capitalismo sia il demonio, come ho peraltro spiegato in diversi articoli, non ultimo quello dal titolo “destra e sinistra” sulla homepage del sito. Proprio in quell’articolo spiego come, dal mio punto di vista, il capitalismo sia solo la forma attuale che il dominio dell’uomo sull’uomo ha assunto in questa fase storica che dura ormai da diversi secoli. Punto. Non è l’inferno e non è il paradiso, così come il comunismo non lo era, eccezion fatta per l’era stalinista, ma allora se ci attacchiamo a questo io rispondo con il nazismo, i vari fascismi e le varie dittature che nella storia, al soldo del capitalismo (tutti sottoprodotti del capitalismo stesso, parliamoci chiaro) hanno tenuto pezzi interi di umanità in una tenebra di sangue e orrore per decenni se non secoli ecc.
Per quanto riguarda invece l’equazione capitalismo=diritti e democrazia sia Rino che il sottoscritto abbiamo evidenziato diverse volte come ormai questa teoria sia da considerare solo una favola per bambini.
Il capitalismo ha allegramente convissuto da sempre con le peggiori tirannie e dittature in tutto il mondo. Un intero continente, l’America Latina, è stato tenuto per mezzo secolo sotto il tallone delle più feroci dittature militari e fasciste (al soldo degli USA che gli addestravano pure i torturatori di professione nella basi CIA nel Texas) che l’era moderna abbia mai conosciuto. Altro che Stasi! Io nelle mani della Stasi ci potevo anche finire ma in quelle di una qualsiasi delle polizie sudamericane, mi sarei suicidato prima, se avessi avuto l’occasione per farlo…
E che dire della Turchia dei generali, della Spagna di Franco, del Portogallo di Salazar, del Sudafrica dell’apartheid e via discorrendo? E che dire oggi della Cina, il colosso asiatico, la seconda grande superpotenza capitalista del mondo che convive altrettanto allegramente con uno stato-partito? Anzi, sembra quasi che quel sistema sia stato costruito su misura per il capitalismo. E infatti viene oramai da tutti (anche dagli ideologi liberali) denominato con il termine di “capitalismo autoritario”. Nessuno ormai, solo i cretini e quelli in mala fede parlano della Cina come di un paese comunista…Un formula “buonista” e ipocrita per dire che in quel paese c’è una dittatura che convive perfettamente con un’economia capitalista a tutto tondo. Ergo, capitalismo senza diritti, l’esatto contrario di quello che gli ideologi borghesi hanno da sempre sostenuto pro domo loro. Quella formula si sta espandendo di fatto a tanti altri paesi asiatici dove non si brilla per la difesa dei diritti degli uomini, neanche i più elementari e… Non solo, c’è chi pensa realisticamente che sia proprio quello il modello migliore di sviluppo capitalistico…trionfo del capitale e del mercato, nessun potere contrattuale ai lavoratori, zero o quasi diritti…Che allegria!…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
>E che dire oggi della Cina, il colosso asiatico, la >seconda grande superpotenza capitalista del mondo >che convive altrettanto allegramente con uno stato->partito?
Da non credere: ora nemmeno la Cina ha nulla a che spartire col comunismo…
Roberto(Quota) (Replica)
“così come il comunismo non lo era, eccezion fatta per l’era stalinista”
Scusa, Marchi, e l’era di Pol Pot? Fu forse un periodo di pace e di progresso? Oppure nemmeno quello era un REGIME COMUNISTA?
http://www.dittatori.it/polpot.htm
Ma poi, quello che io (noi…) mi chiedo (ci chiediamo…) è: ma perché voi sinistri italiani nemmeno in passato andavate a vivere in quei “paradisi” ?
Andrea Moretti(Quota) (Replica)
Caro Andrea Moretti, non posso ogni volta che scrivo e rispondo a tutti, fare delle enciclopedie, altrimenti non la finirei più. Ho citato lo stalinismo come il periodo più buio ed emblematico di quella fase di terrore così come ho citato, da quest’altra parte, il nazismo e le dittature fasciste che per 50 anni (cinquanta) hanno insanguinato un intero continente, l’America Latina. Tutto qui. Non volevo certo “dimenticarmi” della tragedia cambogiana. Una tragedia, voglio ricordarlo, alla quale è stata posta fine grazie all’intervento militare di un paese comunista: il Vietnam. Un intervento, è bene ricordare anche questo, che fu osteggiato da tutto il mondo occidentale con in testa gli USA che finanziavano, in funzione antisovietica, i khmer rossi, nemici dell’URSS e strumentalmente alleati della Cina allora a sua volta essa stessa in rotta di collisione con l’URSS, ai quali davano una “cosetta” (40 anni fa non era una “cosetta”) come circa 20 milioni di dollari l’anno (sono cose risapute, non me le invento di certo e mi sono occupato di politica internazionale per qualche tempo nella mia vita…) più appoggio logistico.
Questo non lo sapevi, vero? Bene, ora lo sai.
Detto ciò, per quanto riguarda la mia opinione e la mia analisi su ciò che riguarda le eperienze di comunismo realizzato, ti rimando e ti invito alla lettura del mio articolo dal titolo “Capitalismo liberista e di stato” dove espongo, sia pur molto sinteticamente (d’altronde questo è un sito che si occupa fondamentalmente di altro) ciò che penso e soprattuto ciò che ritengo siano state realmente quelle esperienze lì.
Sulla base di quelle riflessioni capirai da solo che io personalmente non ho mai visto in quelle esperienze dei punti di riferimento nè tanto meno dei modelli. Potrai quindi facilmente evincere anche tu come mai io non abbia mai avuto lo sfrenato desiderio di emigrare in quei paesi…
A differenza invece di tanta gente di destra come te (forse non te, non ti conosco, ma molti sicuramente) che ancora ha nostalgia delle esperienze fasciste e che guarda ancora con simpatia a personaggi come Pinochet, Stroessner, Franco, Somoza, Banzer e via discorrendo tanti altri bravi ragazzi che hanno difeso la libertà e la democrazia dal comunismo…
Perchè non ci andate voi a vivere in quei contesti? Diciamo nell’Argentina dei generali? Perchè no? Oppure nel Sudafrica di Botha, da neri però, non da bianchi… Per vostra fortuna (e per fortuna di tutta l’umanità), quei regimi non sono più in piedi.
Un consiglio: se volete la polemica cercate di argomentare ad un livello un po’ più alto. Così perdiamo tempo tutti. Voi, io e gli altri utenti del sito.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
A me pare che questa discussione su dx e sx non ci porti da nessuna parte. Lo dico io, che pure non avrei titolo per farlo avendo espresso le mie idee, discordanti con quelle di Fabrizio. Soprattutto non serve alla QM. Sulla quale faccio mia la famosa frase di Teng Hsiao Ping: non importa che il gatto sia bianco o nero, basta che acchiappi il topo.
Voglio dire che trovo più appassionante e utile discutere non di schieramenti ma di cose concrete.
Una di queste avevo provato a lanciarla nella mail precedente e la ripropongo in altri termini.
Le questioni antropologiche che nascono coi “progressi” della ricerca sulla genetica e sulle tecniche riproduttive, si intrecciano e in cosa con la QM?
Più in generale, i temi della vita (leggasi aborto) e della morte (eutanasia), dunque il tema dei “diritti” nei termini in cui sono oggi coniugati, hanno una valenza rispetto alla QM, o sono neutri?
Altrettanto vale per i temi della famiglia e dell’educazione dei figli, naturalmente.
Mi sembra più importante individuare convergenze o divergenze su queste cose piuttosto che sulle appartenenze. Spero che nessuno mi dica che faccio del qualunquismo o del trasformismo, ma se qualcuno lo pensa pazienza. A me basta che si discuta di quelle cose.
armando
armando(Quota) (Replica)
Armando:”A me pare che questa discussione su dx e sx non ci porti da nessuna parte. Lo dico io, che pure non avrei titolo per farlo avendo espresso le mie idee, discordanti con quelle di Fabrizio”.
Lo premetto per chiarezza. Così quando dico che c’è un incaponimento da parte di uomini di destra (diciamo uomini non di sinistra, così nessuno si risente) ad insistere su questo sito (dichiaratamente di sinistra) per tentare di “smontare” le nostre posizioni (gli ultimi post paraltro erano particolarmente deboli…) non passo per visionario.
Naturalmente se gli uomini di destra scrivono su questo sito (ne hanno tutto il diritto se questo è il loro desiderio), noi abbiamo il sacrosanto diritto di replicare.
Saremo d’accordo su questo, o no?. Bene. Specie se gli argomenti portati sono (mi devono scusare ma è ciò che penso, di una terrificante banalità e povertà politica e culturale).
Il tuo invito a ragionare su altre cose è invece molto più serio. Bè, intanto, visto che questa è una tematica a te cara e che tu per primo proponi di discutere, potresti lanciarla in un post…
Comunque, visto che l’hai toccata, dirò miolto superficialmente la mia, precisando che queste sono problematiche di grandissimo rilievo che devo essere affrontate in altro modo, cioè con ben altro spazio e attenzione.
Però, dal momento che le hai affrontate dirò molto sinteticamente la mia opinione per punti.
1) aborto: sono favorevole, naturalmente non usato come una sorta di metodo contraccettivo. Si spera sempre che sia una soluzione estrema ratio per tutta una serie di motivi. In ultima analisi, e so di toccare un argomento che susciterà enormi polemiche e reazioni anche da parte tua, è una decisione che spetta alla donna. Una donna e un uomo che si trovano di fronte a questo dilemma ne possono parlare, discutere, ma in ultima analisi è alla donna che spetta la decisione definitiva perché la persona più direttamente interessata, sempre in ultima analisi, è lei. E non si può certo imporre per decreto o con la forza ad una donna di portare avanti una gravidanza non desiderata (così come, al contrario, di abortire). E questa è forse una delle pochissime questioni sulla quale il femminismo ha le sue ragioni. Se qualcuno tentasse di imporre al sottoscritto qualcosa, e soprattutto una cosa che riguarda il mio corpo, il sottoscritto si ribellerebbe.
Naturalmente, dall’altra parte, così come la donna ha il pieno diritto, per quanto mi riguarda, di poter decidere sul e del suo corpo, l’uomo deve avere la stessa libertà di decidere se riconoscere o meno la paternità. Nel momento in cui si dà libertà totale alla donna di decidere se portare avanti una gravidanza o interromperla, la stessa libertà di riconoscere o meno la paternità, la si deve lasciare all’uomo. Altrimenti si crea una situazione, come quella odierna, di asimmetria fra uomini e donne. Se un uomo non desidera la paternità è giusto che gli sia garantita la libertà di rifiutarla, nello stesso modo in cui alla donna viene garantita la libertà di decidere se tenere un figlio o abortire.
Quanti uomini sono stati di fatto costretti ad accettare una paternità che non desideravano? E cioè hanno avuto la loro vita pesantissimamente condizionata da una decisione altrui? Tanti, tantissimi, come sappiamo. Quindi la libertà deve essere reciproca altrimenti non c’è parità, come infatti oggi non c’è, ma solo il potere assoluto di una sola parte, quella femminile.
2) Eutanasia: sono favorevole. Credo che un essere umano debba avere la libertà di decidere della propria vita in tutto e per tutto e se per qualsiasi motivo ritenesse di trovare la sua vita insopportabile e quindi di togliersela, sia giusto rispettare la sua decisione. Naturalmente in questo caso sto parlando in generale, cioè della libertà di ciascuno di vivere o di voler morire. In questo caso è una decisione individuale che non deve riguardare nessun altro. Non è che sto ipotizzando una sorta di servizio pubblico al quale chi si vuol suicidare (diritto individuale legittimo e da non condannare) può rivolgersi…
Tornando a noi, se una persona è gravemente ammalata e decide che la sua condizione è intollerabile (e nessuno di noi ha il diritto di decidere per lui se il suo livello di sofferenza sia sopportabile o meno), è giusto che si dia a quella persona la possibilità di decidere della propria vita.
Nel caso di persone (come ne abbiamo viste molte negli ultimi tempi) che si trovano in una stato vegetativo, magari da dieci o vent’anni, penso che la decisione se mantenerli in vita o meno spetti ai loro parenti più cari (o amici se non hanno parenti) che meglio di qualsiasi altro possono conoscere o interpretare la volontà del loro caro.
Personalmente, anche se qualcuno penserà che sono pazzo, ho già scritto nero su bianco le mie volontà a tal proposito e se dovessi trovarmi in una simile condizione, chi di dovere saprà come regolarsi.
Credo che anche questa, che può sembrare una follia, in realtà non lo è. Viviamo in una società (e non voglio entrare in polemiche di ordine religioso perché in effetti mi interessano anche poco) che “demonizza” la morte, che la drammatizza quando in realtà è un atto della vita che spesso, purtroppo, in taluni casi, può anche essere liberatorio per persone che si trovano a vivere in condizioni terribili. E’ giusto che a queste persone vengano riconosciuti il diritto e la libertà di decidere della loro sofferenza e della loro vita. Tutto il resto sono solo chiacchiere. Non c’è nulla di nobile nè tanto meno di spirituale nella sofferenza e tutto di straziante, di tremendo, a livello fisico, psicologico, spirituale. E se la sofferenza è troppa diventa solo una persecuzione, una tortura gratuita, fine a se stessa. Non esiste motivazione di ordine religioso o pseudo tale che possa imporre ad un essere umano di soffrire perché qualcun altro ha deciso così al suo posto. In questo caso non saremmo di fronte solo a delle chiacchiere ma ad una vera e propria forma di potere sadico.
Quindi, se vivessimo in un contesto più libero e più laico si potrebbe serenamente chiedere alle persone di pronunciarsi, in modo assolutamente privato, su quali decisioni debbano essere assunte in merito, laddove si trovassero in uno stato di coma vegetativo. Oggi il solo ipotizzare una cosa simile creerebbe scandalo ma io non ci vedo nulla di scandaloso. Trovo anzi che ci siano molte cose molto più scandalose e gravi di questa. E non entro nel merito altrimenti dovrei scrivere per mesi senza fermarmi più…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sottoscrivo quanto da te scritto, Fabrizio, sia in tema di aborto che di eutanasia.
Alessandro(Quota) (Replica)
Cari amici, caro Fabrizio, la domanda che ricorre con frequenza nei dibattiti sulla condizione maschile attuale, è quale sia l’origine di questo male oscuro maschile. Male oscuro per cui, come anche Fabrizio sottolinea spesso, proprio chi ha dimostrato di essere in grado di affrontare in ogni tempo ogni rischio per le proprie idee e la propria dignità, oggi di fronte alla infondata colpevolizzazione storica e antropologica del maschile da parte del racconto femminista, tace intimidito, trattenuto da una forza in prevalenza inconscia e misteriosa che gli impedisce ogni gesto di verità e dignità. Il mio personale parere è che un ruolo tutto da valutare, è da ricercarsi anche (ma non solo naturalmente) nelle scelte che i maschi hanno operato di fronte alla soppressione della vita del proprio (possibile) figlio tramite l’ aborto. Mi permetto pertanto di problematizzare la posizione di Fabrizio sull’aborto, convinto che l’aborto, nonostante tutti gli sforzi in contrario, nessuno e nessuna morale e teoria lo ha ancora digerito, e in nome di nessuna buona intenzione. Resta lì, irredimibile segno di contraddizione per ciascuno. Pietra di inciampo e di giudizio del nostro tempo. Insomma non consente giudizi trancianti. Esige l’esercizio del dubbio.
C’è dunque a mio avviso un gesto maschile originario di rinuncia malintesa e di malinteso rispetto della libertà e dignità altrui, quella della donna: è la rinuncia ad affermare la dignità umana di chi è uscito comunque dai propri ( e altrui) lombi, il concepito. Tanto più grave perchè oggi, allo stato attuale della diffusione delle conoscenze contraccettive e della disponibilità di mezzi contraccettivi, il concepimento è diventato per sua natura un gesto di libertà. La causa di forza maggiore non è più invocabile a giustificazione di una interruzione di gravidanza per il semplice motivo che si ha la possibilità di evitarla. Voglio dire che essendo liberi di non concepire allo stesso modo in cui si è liberi di non fare qualunque altro gesto, una volta che si è concepito non si può eludere la responsabilità che ne consegue. Questa libertà in cui si dà attualmente il concepimento, non consente più il dispiegamento delle giustificazioni fino ad oggi date a giustificazione dell’aborto: infatti si può non concepire, punto. Così come si può non rubare, o dire falsa testimonianza, ecc., ecc.. Se si è liberi si è anche responsabili. E l’accettazione maschile della morte del concepito, figlio proprio o altrui che sia, per legge o meno che sia, diventa anche diretta responsabilità maschile, senza alcuna possibilità di razionalizzazione, o di scuse. Una colpa, detto con termine non politicamente corretto, ma che corrisponde alla realtà delle cose. E credo che questo, questa colpa, non sia senza conseguenze nel profondo dello spirito maschile: c’è dunque un dramma maschile per l’aborto come per la donna. Ma tanto più grave, in termini di conseguenze personali, per il maschio/padre in quanto, nella cultura attuale, il gesto è totalmente rimosso tramite razionalizzazioni di ogni tipo che impediscono l’elaborazione del lutto. Il tema, mi rendo conto, è sempre molto doloroso ed esplosivo per tutti (anche se sempre più banalizzato). Ma vorrei proprio che anche in questo ambito di dibattito, per il rispetto e la stima che in esso ripongo, il tema non fosse derubricato con la reiterazione di un giudizio che può anche diventare formula stereotipata. Meccanismo al quale si è spesso ricorsi nella Storia per nascondersi gli eventi e le scelte più tragiche. Pertanto senza alcuna pretesa che non sia il desiderio di farvi condividere miei pensieri in merito, vi invito a leggere un mio testo sul tema aborto, cui tengo moltissimo e che ho scritto di getto anni fa. Se vi può interessare lo trovate a questo indirizzo: http://www.maschiselvatici.it/archivio/pensiero/indice.htm
ckkb(Quota) (Replica)
Di fronte a tanta sincera lucidita’, non posso che condividere, caro Cesare.
In effetti quando Fabrizio ha scritto: “sono favorevole, naturalmente non usato come una sorta di metodo contraccettivo. Si spera sempre che sia una soluzione estrema ratio per tutta una serie di motivi. “, ho pensato, ah, ecco uno che e’ per l’aborto ma contro la 194.
Poi ho focalizzato l’accrocchio, il termine “si spera”.
Un vecchio adagio dice, chi di speranza vive (cioe’ chi ripone il proprio valore di uomo nelle “altrui mani”) disperato muore.
Che poi e’ la fine che stanno facendo gli uomini…
Lasciate ogni speranza, voi che la riponete alle decisioni femminili.
Animus(Quota) (Replica)
Note sulla questione aborto.
Aborto e questioni di bioetica vanno oltre la pura QM nel senso che la comprendono in sé, a mio avviso. Vita e morte riguardano tutti noi, uomini e donne, credenti o atei, e non possiamo fermarsi alla Qm se non la inquadriamo nel contesto sociale e psichico in cui si concretizza. E solo dopo vedere le questioni concrete che pure esistono.
Prima domanda.
Un feto è una vita umana diversa da quella materna o no?
Secondo un filone del femminismo (vedasi Angela Azzaro nell’inserto Queer di Liberazione del 10 febbraio 2008), la vita esiste solo in quanto la madre l’accetti dentro di sé. Evidenti le conseguenze di questa autoattribuzione femminile della decisione più fondamentale che esista. Ci si vuole sostituire a Dio per chi crede, si vuole assurgere a diventare la Dea Creatrice e Signora dell’universo per chi non crede. Rinunciando ad una definizione oggettiva e valida per tutti di cosa e quando è vita umana si aprono le porte ai peggiori totalitarsimi. Per i nazisti gli ebrei non erano persone e quindi era legittimo eliminarli. Inutile dire quale svalutazione del maschile quella concezione porta in sé.
Per un altro filone del femminismo , come tale intendendo anche i maschi femministi, si tratta di vita umana ma l’unica persona legittimata a decidere della sua vita e della sua morte è la madre, perché il figlio è totalmente dipendente da lei, quindi con essa si identifica fino alla nascita, perchè le cresce dentro e perché lei è la legittima proprietaria del proprio corpo. L’argomento della dipendenza/identificazione è falso e usato strumentalmente. Falso perché accade che un feto sopravviva alla morte della madre e quindi è cosa da essa diversa. Falso perché quando ci sarà l’utero artificiale apparirà in tutta chiarezza che comunque lo si voglia definire è qualcosa di diverso dalla madre. Usato strumentalmente perché anche il neonato è totalmente dipendente da qualcuno, ma non per questo è lecito eliminarlo. Anzi, tutti siamo in qualche modo dipendenti gli uni dagli altri. E’ solo una scala quantitativa che ci differenzia, non qualitativa. Una variante è quella di considerare legittimo l’aborto perché il feto non ha capacità razionale e quindi non sarebbe persona. Ma anche i mentecatti, i malati psichici gravi etc. etc. sono in analoghe condizioni. Non per questo, per ora, è lecito eliminarli. Siamo anche qui all’onnipotenza, all’autoattribuzione, per di più in esclusiva alla donna, della decisione di vita e di morte su un soggetto altro da sé. Il maschio padre è ancora escluso totalmente, nonostante abbia dato al figlio metà del suo corredo genetico.
Seconda domanda.
E’ giusto dire che la donna deve avere piena sovranità sul suo corpo?
Si, senza dubbio è giusto. Nessuno può metterlo in dubbio, ma è altrettanto evidente che è cosa diversa dalla sovranità sul corpo altrui. Ma, ed è obbiezione vera, allora il diritto materno a disporre di sé può entrare in contraddizione con quello del figlio a vivere. E’ così e tale contraddizione non può essere risolta totalmente. Tuttavia alcune considerazioni si possono fare. In linea di principio il diritto di vivere non può essere subordinato ad altri diritti perché è quello fondamentale. Stiamo fra l’altro parlando del soggetto più debole e indifeso, che non può scendere in piazza a tirare uova o ortaggi. Nel concreto, poi, si confronta col diritto materno a non volere un altro corpo dentro il proprio per la durata di nove mesi nove. La sproporzione è evidente, salvo solo se il concepimento fosse frutto di violenza sessuale. In quel caso anche nove mesi sarebbero tantissimi, e non si possono chiedere a nessuno atti “eroici”.
Ne discende che l’aborto in linea di principio non può essere considerato un diritto. Piuttosto un atto illecito, dunque non consentito salvo il pericolo di vita della madre oppure se il concepimento deriva da violenza. Ma non consentito non significa sanzionato penalmente. Ci sono altri casi in cui avviene. Ad esempio per quanto riguarda il consumo di droghe. Si sancisce il principio che non è lecito assumerle, ma non si punisce chi lo fa. Non è ipocrisia, affatto. Occorre comprendere che le leggi hanno sempre anche un carattere pedagogico, a maggior ragione per coloro che pensano il diritto positivo come un sistema che trova in se stesso i propri principi ispiratori e non lo subordinano a leggi o principi naturali che gli siano superiori. Accade allora che ciò che viene definito legale dal diritto positivo, venga immediatamente percepito anche come moralmente lecito. E’ la storia della 194 che, nata come legge di tutela della maternità, ha di fatto sdoganato l’aborto come evento moralmente lecito, anche per il modo parziale con cui è stata applicata. La mia opinione è che una qualsiasi legge sull’aborto che si proponga, giustamente, di diminuire gli aborti clandestini, debba contenere 1) una dichiarazione esplicita che l’aborto è soppressione di una vita umana diversa da quella materna, dunque illecito in linea di principio. 2) Una dichiarazione chiara ed esplicita che è compito di tutta la comunità, assumendosene per davvero gli oneri anche economici, fare in modo che ci siano meno aborti possibile. 3) Poiché si concepisce in due, l’obbligatorietà di ascoltare anche il parere del padre. 4) La non sanzionabilità dell’aborto, se questo viene comunque voluto.
So anch’io che c’è una contraddizione, ma a me sembra la soluzione meno peggiore ad un problema insolubile.
Esiste poi un altro punto di fondamentale importanza connesso al 2) di cui sopra. Il rifiuto di diventare madri o padri, questione diversa dalla sovranità sul proprio corpo. Non voglio giudicare, perché non mi compete e non mi interessa, il perché di questo rifiuto e diciamo che lo accetto a priori.
Ma c’è solo l’aborto come “rimedio”? No. Nel medioevo “oscurantista” c’erano le “ruote degli innocenti”, oggi in Italia esiste già una legge che consente alla madre di partorire in forma anonima e affidare il figlio ai servizi sociali, scarsissimamente utilizzata . Chiedo sempre alle donne con cui parlo dell’argomento come è possibile che preferiscano eliminare il figlio dentro di sé piuttosto che saperlo vivo in qualche parte del mondo, e magari anche felice. Non mi rispondono mai, se non per dirmi che non posso capire in quanto maschio. Solo raramente qualcuna ammette che il figlio “o con la madre o con nessuno”. Verità indicibile perché svela il lato divorante del materno e il concetto proprietario della maternità, dal quale il padre e qualsiasi altro soggetto sono esclusi a priori. Io dico invece che su questa legge dovremmo lavorare per migliorarla, nel senso di prevedere che il bambino sia reso subito adottabile (potenziare dunque il sistema delle adozioni) e soprattutto prevedere che se il padre lo volesse, il bambino gli sia affidato in via esclusiva, liberando la madre dagli obblighi connessi.
E i maschi? Se consideriamo la cosa sotto il punto di vista del loro diritto simmetrico a quello femminile la risposta è una sola: la possibilità di non riconoscere il figlio. Si pongono però due ordini di problemi. Il primo è se può considerarsi giusta e solidale una società che dia agli uomini e alle donne la possibilità di disfarsi facilmente di un figlio. Secondo me no. Una società siffatta è portatrice di una cultura di morte, ingiusta e selettiva alle sue fondamenta. Credo che l’argomento potrebbe essere agitato solo in negativo, per dimostrare come la logica del diritto del più forte (l’adulto), porti inevitabilmente verso il nulla. Ma non credo né giusto né utile nel lungo periodo porsi questo obbiettivo in termini concreti. Personalmente sarei disposto ad assumere questa disimmetria rispetto alle donne, pur di arrivare ad una cultura che metta la difesa della vita in senso materiale e psichico/concettuale, in cima ai propri pensieri. E poi abbiamo sempre detto che il principio di responsabilità è maschile, e che anzi va “imposto” alle femmine più naturalmente riottose ad assumerlo. Sarebbe allora contraddittorio, rispetto a quel principio, il rifiuto di assunzione di responsabilità.
Ma a prescindere da tutto quanto detto sopra, c’è un altro argomento forte. Ammesso che ai maschi sia consentito di non riconoscere il figlio, poiché è evidente che fino al momento della nascita il rapporto madre/figlio è più stretto di quello padre/figlio perché passa attraverso il corpo femminile, è molto probabile che il risultato sarebbe una crescita delle famiglie monoparentali con la sola madre. Questo significherebbe una regressione ad uno stato pre-culturale, di matriarcato psichico fortissimo e con la donna al centro. Noi maschi vogliamo questo? Io no. Anche perché da maschi ci siamo sempre preoccupati non solo di noi stessi ma della nostra comunità, e tutti i numeri ci dicono che dove non c’è il padre presente crescono figli più violenti e più soggetti sia a delinquere sia a subire violenza. Ed accade per la “semplicissima” ragione che senza il padre che gliela trasmette, l’identità maschile si indebolisce fortemente. Lasciare campo libero al materno sarebbe una disgrazia, anzi la peggior disgrazia possibile per i maschi del futuro. Sarebbe la strada aperta o per una società interamente femminilizzata oppure, al massimo, per quella in cui convivono tranquillamente un machismo di facciata sul piano sociologico ed un matriarcato psichico fortissimo. Come in tanta parte del meridione italiano, come nelle associazioni mafiose che ricalcano esattamente questo modello. Cosa ne abbiano da guadagnare i maschi non capisco.
Insomma, dalla libertà di aborto i maschi non hanno nulla da guadagnare nel lungo periodo. Sarebbe come scambiare il paradiso per un piatto di lenticchie.
Un’ultima parola infine, scusandomi per la lunghezza, su un argomento di cui sarebbe bene fare giustizia una volta per tutte. Molte donne che abortiscono, ed anche molto uomini che le spingono a farlo, giustificano la loro decisione col bene del bambino. Ripeto che non giudico nessuno, ma è un’argomentazione inesistente. Faccio fuori uno per il suo bene? Come genitore devo assumere tutte quelle decisioni che permettano al figlio una vita la migliore possibile. Questo e solo questo è “il suo bene”, non eliminarlo. Se passasse, come sta passando, un concetto simile, sarebbe aperta la strada verso i peggiori totalitarismi. Siamo sinceri prima di tutto con noi stessi. “Non sono pronto, mi rompe, preferisco altro”, tutto quello che si vuole ma non fare fuori uno per il suo bene. I nazisti giustificavano i loro programmi di eliminazione dei disabili proprio col bene delle persone condannate ad una vita “indegna di essere vissuta”. Lo stesso dicasi per i programmi di sterilizzazione forzata degli “idioti” delle socialdemocrazie nordiche o negli Usa fra le due guerre sotto la spinta di potenti fondazioni “umanitarie” progressiste, con l’aiuto (anche qui), della lobby femminista (vedasi Margaret Sanger). E guardate che non c’è differenza sostanziale fra eugenetica di stato e quella del” buon senso comune”, si sa quanto manipolabile. Si torna allora a bomba all’allenza fra femminismo e maschi Alfa, contro gli uomini e le donne normali, ed anche al neomalthusianesimo reazionario, in sempiterna alleanza coi nuovi assetti e le nuove esigenze della finanza mondiale globalizzata e della società dei consumi. “Un altro mondo è possibile” solo se rifiutiamo questo nelle sue fondamenta antiumane e utilitaristiche. Il senso del ripensamento delle esperienze sociali e culturali del 900, ed anche della “rivoluzione” del ’68, a cui ho partecipato, sta in questo. E come vedete ho usato solo ed esclusivamente argomenti laici, laicissimi, come fecero Pasolini, Bobbio, Langer, e come tuttora fa Pietro Barcellona.
armando
armando(Quota) (Replica)
1- Viene posto il problema aborto/QM, nel senso che il degrado/azzeramento della posizione maschile (e tutto quel che ne consegue) sono/sarebbero correlate alla sua legalizzazione e al suo esercizio a livello di massa. L’idea è che una società abortista sia intrinsecamente antimaschile, ginecocentrica e/o matriarcale. Ipotesi che troverebbe conferma nel fatto che il femminismo pone l’aborto in cima ai diritti femminili. Anche la proibizione dell’aborto nell’Islam (=società non femministizzate e forse “patriarcali”) deporrebbe nello stesso senso. Ciò posto la rinascita maschile sarebbe impensabile/impossibile senza una riconsiderazione della questione (divieto o sua derubricazione a “atto non punito ma cmq immorale”). Il legame sembra ferreo.
Ma se quella correlazione fosse vera dovremmo trovare che in TUTTE le società non-femministe l’aborto (e l’infanticidio) erano (e sono) proibiti. Il che è falso. Vero è invece che là la decisione non era/è demandata alla donna. Non è l’aborto in sé a render femministizzata una società, né la sua estensione, ma semmai l’autocrazia/preminenza femminile nella decisione. Perciò il legame aborto/QM non esiste.
2- Esiste dunque, ed è ovvio, un legame tra la diversa condizione/valore di F ed M e il potere di decidere sull’aborto (e l’infanticidio). In via preliminare si potrebbe dire che dove decide M siamo in una società patriarcale/androcentrica, dove decide F, viceversa. In questa visione (semplificata) si tratterebbe allora di scegliere tra due preminenze: o F o M. In tal modo la condanna dell’autocrazia femminile potrebbe legittimamente venir denunciata come banale progetto di autocrazia maschile, il che la svuoterebbe di ogni credibilità ed avrebbe un effetto boomerang: “Siete abortisti, però volete decidere voi sul nostro corpo!”. Immaginare una preminenza di M nella decisione (a prescindere se sia giusta/equa o meno) è oggi assolutamente improponibile. Non se ne parla neppure.
3- L’ipotesi “scelta per gli uomini” – choice for men.
L’ipotesi CfM non mette in discussione l’aborto ma solo la relazione che il nascituro ha/avrà con il padre. Si articola in due versioni: una parziale e una integrale. La prima – CfM-P – vuole che al padre sia riconosciuto il diritto di rinunciare alla paternità (come fa la donna con l’aborto), applicando questa regola: chi non lo vuole lo rifiuta. Se lei abortisce il problema è risolto. La versione CfM-I integrale – oltre a ciò – prevede anche che la donna non possa abortire se il padre si assume in toto (e per sempre) la responsabilità/onere post partum. In altre parole la CfM-P vuole solo liberare M (come è F) mentre la CfM-I vuole porre M nella stessa condizione di F anche nel lato positivo, il che presuppone ed implica che M abbia lo stesso potere sul proprio destino. Insomma che abbia lo stesso VALORE.
Vi sono però due intendimenti diversi nel sostenere entrambe le versioni. Una è sostanziale, una è solo strumentale. Quella sostanziale (es. Marco Faraci di PDU) mira ad ottenere davvero un simile risultato (Faraci è per la Choice for men originale anglosassone, quindi quella parziale).
L’intendimento strumentale invece mira solamente a porre in rilievo il carattere prevaricatorio del potere femminile sul maschio-padre (non sul nascituro che è altra questione). Cioè il semplice fatto che mentre F decide della sua vita decide anche di quella di M. La prospettiva strumentale (proprio perché non mira ad instaurare de facto la CfM-I) può permettersi di propugnarla usando la sua potenza dissacratoria, lacerante e spiazzante per smascherare le menzogne e far esplodere le contraddizioni. Ecco come.
4- La CfM-P può essere vista e denunciata come espressione di un controegoismo maschile da contrapporre a quello f.le. Già questa dunque manifesta il fatto che oggi M è sottoposto alla volontà f.le e smaschera così il primo smaccato tradimento della proclamata parità femminista. Infatti i diritti f.li in campo riproduttivo hanno come fondamento il puro dovere m.le di subire. Uno scandalo. La CfM in versione integrale va invece ben oltre. Essa si pone vari obiettivi.
Collocare M alla pari con F in senso assoluto e in entrambe le direzioni. Manifesta il carattere antiegoistico della proposta e svela invece il carattere brutalmente egoistico della prassi femminile (laddove si preferisce abortire invece che partorire e consegnare il nato al padre – procedura che avrebbe gli stessi effetti del parto anonimo).
5- Aborto per entrambi o per nessuno questo è il principio della CfM-I, dirompente da ogni punto di vista. Prescinde dalla questione se l’aborto sia moralmente lecito o meno e pone solo la questione del VALORE della volontà m.le, da rendere pari a quella f.le. Con ciò è invisa agli antiaboristi i quali ovviamente non possono volere per M quel che non ammettono per F. Ad essi si obietta che sin qui l’antiabortismo c’è ma riguarda solo M, visto che l’aborto per F è garantito e che perciò, lo si voglia o meno, si tratta di un antiabortismo che danneggia M. E’ invisa alla Dx perché il rifiuto della paternità manderebbe per aria la società (ed è probabile che sarebbe così). È inviso alla Sx perché viene letto sia come abbandono della donna a se stessa (nel rifiuto della paternità) sia come imposizione alla donna della gravidanza (nella pretesa del figlio partorito). Lacerazioni tremende.
6- Aborto e parto-al-padre. La CfM-I nella parte attiva (pretesa di paternità) sembra esigere qualcosa di abnorme, di assurdo. Sembra che voglia imporre ad F di fare da cotenitore al servizio di M. La stessa Chiesa, che pure sostiene il parto anonimo, non ha mai osato neanche proporre il parto-al-padre. Come se fosse improponibile. E infatti è così, il che mostra a che livello di delirio antimaschile sia giunta la nostra società. Partorirlo orfano e poi darlo in adozione va bene, partorirlo e darlo al padre …non se ne parla. Sarebbe come “trasformare F in fattrice”. Quello che ha osato per primo ventilare pubblicamente il parto-al-padre in Italia è stato Risé, il quale però non propone la CfM-I ma la versione opposta dell’opposto di Faraci. Risé è contrario alla CfM in tutte le due versioni. La CfM-I non la sostiene nessuno.
Ma non vi è solo il parto anonimo, abbiamo anche l’utero in affitto (benché non in Italia) pratica la cui bontà è sostenuta da quelle stesse forze (femminismo, Sx, Dx liberista) che pure giudicano orrenda l’ipotesi del parto-al-padre. Ci siamo: sostenere la gravidanza e partorire per l’orfanotrofio va bene, fare lo stesso (a pagamento) per un’altra donna va bene ancora. Farlo per il padre sarebbe un delitto. E’ un delitto, perciò non esiste. Cos’ha il padre di così abominevole che per lui non si possa chiudere la gravidanza secondo natura? Cosa c’è di spregevole in lui?
7- Stiamo ovviamente tutti parlando dell’aborto NON terapeutico, giacché questo è un tema completamente diverso (e in sostanza fuori discussione). Non dimentichiamolo neanche per un istante. Aborto significa quindi: aborto motivato da cause post-partum. Tutti gli aborti di cui parliamo sono motivati da cause post-partum. Qualsiasi esse siano. Economiche psicologiche, sociali, familiari etc.. che inducono F a non portare a termine la gravidanza.
Non può essere che così, perciò quando quelle cause venissero rimosse …non vi sarebbero più cause per interrompere la gravidanza. Se non ci fossero motivi (post partum) per abortire, …non vi sarebbero motivi per abortire. Perciò quando il padre si assuma l’onere integrale sul nato, non vi sono più motivi per abortire. E allora perché F rivendica il diritto di abortire lo stesso? E soprattutto, per quale motivo noi – sotto sotto – siamo indotti a riconoscerglielo? Perché a nessuno è venuto in mente di rivendicare almeno il potere sul feto abortito, o prima, di estrarre il feto vivo, metterlo in incubatrice per destinarlo al padre, sopravviva o meno? (ovviamente qui i problemi tecnici sono irrilevanti).
Dunque: aborto a discrezione di F Ok, parto anonimo Ok, gravidanza (e parto) in affitto Ok, feto morto da buttare Ok. Figlio nato o da nascere, vivo o morto da consegnare al padre …non se ne parla nemmeno!
La CfM-I non è dirompente solo per gli altri e le altre, lo è anche per noi.
Ad altro post alcune (+ brevi!) considerazioni sul fatto se sia lecito o no uccidere (un feto o un nato).
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Caro Rino,
dal mio punto di vista, la questione sulla liceità di uccidere è preliminare. Scrivevo non a caso che le questioni bioetiche comprendono anche la QM.
Intanto una nota interessante. Tu sembri accomunare aborto e infanticidio come categoria unica. Sbaglio allora a pensare che, dal momento che è inimmaginabile ammettere l’infaticidio ,anche se il noto bieticista , animalista e premio Nobel (sic!) Peter Singer lo fa tranquillamente (per il bene del bambino, s’intende), sbaglio dicevo, a pensare che anche tu sei contrario all’aborto in linea di principio?
Se non sbaglio almeno su questo concordiamo, e non è poco.
Ma se è così, la tua frase
“Collocare M alla pari con F in senso assoluto e in entrambe le direzioni. Manifesta il carattere antiegoistico della proposta e svela invece il carattere brutalmente egoistico della prassi femminile (laddove si preferisce abortire invece che partorire e consegnare il nato al padre – procedura che avrebbe gli stessi effetti del parto anonimo).”,
mi sembra non pienamente convincente laddove dici che la CfMI manifesta il suo carattere antiegoistico. Lo sarebbe pienamente solo se inserita in un contesto in cui fosse chiaro che l’aborto è un atto non consentito in linea di principio, e dunque che l’obbiettivo principale fosse quello di salvare una vita, e solo in subordine una questione di parità M/F.
Credo che abbiamo il dovere di essere realistici, e quindi riconoscere che fra il principio e la realtà concretamente possibile esiste una differenza che nel caso specifico non è pienamente colmabile. Non lo è perchè la posizione di M e F rispetto al bambino non è simmetrica. La ragione è semplice, la donna può agire l’aborto in senso concreto, l’uomo solo in senso simbolico col rifiuto della paternità. Non è la stessa cosa. Sul piano simbolico e di principio ho il dovere di dichiarare apertamente che abortire non si può perchè si uccide,e ciò vale per tutti. Sul piano concreto, come ho già detto, si tratta dell’impresa impossibile di conciliare il diritto alla vita, il primo e fondamentale diritto, con quello all’autodeterminazione, che pure non può essere ignorato. Ciò che si può e si deve fare è quindi la limitazione massima possibile degli aborti. Credo perciò che debba essere privilegiato l’aspetto culturale rispetto a quello sanzionatorio. Mentre la proposta di affidare al padre che lo voglia il bambino che sta per essere abortito va nella giusta direzione , è’ invece impensabile ammettere sul piano dei principi qualsiasi tipo d’aborto, maschile o femminile che sia. Il valore della “guerra culturale” di Giuliano Ferrara del 2008, al netto delle inaccettabili dichiarazioni sull’aborto come fatto maschile, sta proprio in questo.
Come sai, ne abbiamo parlato all’epoca, ero in qualche modo favorevole anch’io all’agitazione del tema aborto in senso positivamente strumentale, per far deflagrare le contraddizioni. Oggi non penso più nello stesso modo. Ritengo che qualsiasi presa di posizione maschile sul tema non possa non partire da una difesa incondizionata del soggetto più debole, il bambino,e che qualsiasi cedimento da questo “baluardo” , non solo sia un cedimento alla cultura mortifera che contraddistingue i nostri tempi, ma sia anche catastrofico dal punto di vista della QM. Non so, in verità, se esistono al mondo d’oggi leggi abortiste che non lascino la decisione finale alla donna. Sinceramente ne dubito, e sicuramente nel caso ci siano, sono ben poche rispetto alle altre. E’ inevitabile sia così per i motivi di cui sopra, e soprattutto perchè la grande maggioranza di queste leggi si fonda, in linea di diritto o di fatto, sul principio del diritto all’autodeterminazione della donna e del suo corpo.
Se mettiamo alla base questo diritto, che non può trovare simmetria nell’uomo, non c’è partita.
Il fatto è però, ripeto, che si tratta di un diritto che non può prevalere su quello alla vita. O gli uomini se ne fanno paladini o saranno destinati alla sconfitta.
Ne discende che qualsiasi agitazione strumentale del tema, compresa quella lucidamente indicata da te nella CfMI, perde di forza se non c’è la dichiarazione di principio di cui dicevo, ossia se è priva di orizzonte universalistico ed è invece percepita come rivendicazione di genere, sia pure per la parità fra M e F. dove però non è previsto il terzo incomodo e dunque è zoppa. Credo di poter dire che la proposta di Risè sul padre sia concepita in questo alveo di pensiero.
Ed è per questo ho scritto che sarei disposto ad assumere una certa asimmetria fattuale fra M e F sulla questione aborto.
armando
armando(Quota) (Replica)
Considerazioni sull’aborto, in parte già espresse altrove (ma non ricordo dove).
Può essere utile sapere che non sono contento e che anzi mi dispiace scrivere le cose che mi appresto a dire (come mi è dispiaciuto scrivere quelle del precedente post). Mi amareggia scriverle come a suo tempo mi amareggiò doverle riconoscere nella realtà che mi circonda.
Premessa (e conclusione): la sola posizione corretta, leale e sostenibile in tema di aborto è quella Gandhiana: non uccidere mai per nessun motivo. E’ la sola sostenibile perché è la sola coerente. Tutte le altre sono strumentali (anche se a noi non paiono tali).
2- La questione sta in questi termini: tutto discende dal principio universalmente ammesso non è lecito uccidere (un essere umano). Ciò posto il problema diventa questo: stabilire se il feto sia persona o meno. Di qui la grande – insoluta – querelle. Se invece fosse lecito uccidere, quel problema non si porrebbe neppure. Dunque la questione nasce tutta da quel principio: non uccidere. Principio che nessuno nega, caposaldo di ogni morale e dell’esistenza di ogni comunità umana.
3- Ed ecco l’arcano: il principio “non uccidere” è falso. Vale invece il contrario: uccidere è lecito.
Tutta la storia è la realizzazione pratica e la teorizzazione del fatto che uccidere è lecito, purché si uccida non per i propri interessi ma per quelli del gruppo cui si appartiene. (Gruppo= collettività, comunità, società, fazione, partito, patria, religione, nazione, etnia, razza, classe, stirpe, stato). Chiunque abbia ucciso per il suo Gruppo non è mai stato accusato di omicidio (dal suo gruppo). E’ quella che chiamiamo guerra. Per ogni Gruppo uccidere gli altri non solo è lecito, ma anzi doveroso. Se si uccide in nome di esso non solo non si viene puniti, ma onorati. Non solo non esistono divieti all’omicidio, anzi si viene allevati e preparati all’omicidio di singoli o di intere comunità. La strage ed il genocidio sono celebrati, onorati e premiati. Uccidere è lecito, purché sia nell’interesse del Gruppo. Questa è metà della morale del Gruppo.
4- Uccidere resta però vietato all’interno del Gruppo. E se ne capisce il motivo: se l’omicidio fosse lecito il gruppo non potrebbe sussistere. Dunque resta vero che non si deve uccidere, ma ciò vale solo se lo si fa nell’interesse dell’individuo anziché del Gruppo. Assassino è solo colui che uccide per il proprio interesse. Questa è l’altra metà della morale del Gruppo.
5- “Non puoi uccidere nel tuo interesse, devi invece farlo per il mio!” ordina il Gruppo.
“Non uccidere!” è la morale che il Gruppo impone agli individui (ai suoi membri) non quella che impone a se stesso! Ora, l’aborto è un fatto che riguarda l’individuo (o una coppia) e quindi un interesse privato (molecolare rispetto al Gruppo). Il diritto all’aborto allora non è altro che l’esercizio individuale di quel diritto che il Gruppo vuole riservare a sé. “Se tu, Gruppo cui io appartengo, hai il diritto di uccidere, perché io no? Se tu hai il diritto di farmi uccidere chiunque nel tuo interesse perché io non posso farlo per il mio interesse? Se posso uccidere per te, perché non posso farlo per me?”. Non è una questione di legittimità nell’omicidio, ma solo di titolarità degli interessi. Quindi tutto verte su questo: se l’individuo abbia il diritto di fare ciò che fa il Gruppo.
Sembra che la questione aborto verta sul tema: il feto è persona o meno? Questione fittizia.
Sembra allora che la questione derivi dal principio che uccidere è illecito. Questione risolta: uccidere è lecito. Si tratta solo di vedere se lo sia anche per l’interesse dei singoli.
Alcuni dicono no, altri dicono sì. E’ solo lo scontro tra la morale (gli interessi) del Gruppo e la morale (gli interessi) del singolo.
Perciò la sola posizione corretta, leale e sostenibile in tema di aborto è quella Gandhiana: non uccidere mai per nessun motivo, né per te né per il tuo gruppo (comunità, società, fazione, partito, patria, religione, nazione, etnia, razza, classe, stirpe, stato). In altre parole astieniti dall’aborto come dalla guerra. Solo i pacifisti assoluti (obiettori integrali) possono essere antiaboristi.
E qui c’è la sorpresa: i pacifisti sono (tendenzialmente) abortisti mentre gli antiabortisti sono (tendenzialmente) nazionalisti. I militaristi poi sono tutti antiabortisti. La contraddizione è solo apparente.
Poiché – purtroppo – uccidere è lecito, il tema feto-persona /vs/feto-cosa è un depistaggio.
Il conflitto singolo/gruppo appare in tutta la sua evidenza nella questione del fine-vita (eutanasia).
Chi decide del destino del singolo? Lui o il Gruppo?
Il Gruppo non si pone mai il problema se quel che sta eliminando sia una cosa o una persona. Elimina e distrugge tutto ciò che gli pare (comprese le femmine incinte e perciò i feti che portano). E chi agisce in suo nome riceve la medaglia.
Non mi piace scrive questo. Non mi è piaciuto scoprirlo. Da giovane credevo che gli antiaboristi fossero tutti antimilitaristi e pacifisti. E che i pacifisti fossero tutti antiabortisti.
Ho dovuto ricredermi.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Non entrerò nell’analisi dell’amico Rino sull’ aborto: la sua chiarezza argomentativa non è davvero alla mia portata. Nè ricorrerò ad argomentazioni altrettanto valide come quelle portate in risposta critica dall’ amico Armando. Insomma non dialogherò se non nella forma della testimonianza. Più consona alle mie attuali capacità e possibilità. Della qual cosa chiedo venia per tempo, in primis ai miei due carissimi e generosi amici. Dirò, e per immagini, solo ciò che credo: ripeto solo una testimonianza del mio cuore.
Credo dunque che l’aborto sia la linea rossa, varcata la quale ci si lascia alle spalle ciò che io ritengo essere proprio del maschile che consiste nel conferire il senso a ciò che è altro da sè, il far venire alla luce della coscienza e dell’amore con l’ atto del dare il nome. Il dono maschile non è originariamente e propriamente questo? non è la sua forma univerale? Che è poi è il compito di Adamo dalle origini: dare il senso, dare il nome, riconoscere. Buber penso direbbe fare entrare nel rapporto Io-Tu dal rapporto Io-Esso. E’ compito dello Spirito chiamare alla vita tramite la parola e la parola è in ambito ebraico-cristiano la sostanza stessa delle cose. Il loro senso, il loro nome. Il loro poter essere chiamate per nome. E persino gli animali e le pietre possono entrare in qualche modo speciale nella relazione Io-Tu. E non è sostanza stessa della paternità dare senso, dare la parola, dare il nome? non è la forma generale della paternità il dare senso alla vita perchè ci sia la vita e la vita sia? ed entri nel rapporti Io-Tu? ed entri nella Storia? E dare il senso non è forse darsi il senso e dare il nome non è forse darsi il nome. Per me sì. E dare il nome è dare la vita, dare alla luce, alla luce della consapevolezza. E dare paternità è riconoscersi come figlio e avere il padre. Darsi l’Io tramite il dare il Tu. Darsi il dono dell’ Io tramite il dono del Tu. La catena sacra, la sequenza sacra: la catena e la sequenza dell’assoluto, la partecipazione al proprio Destino di uomini, di maschi e di padri. E togliere senso è togliersi senso. Se poi come nel concepimento e nella nascita, il senso che si dà è propriamente, specialmente, solamente, il valore assoluto di immagine dell’Assoluto, di figlio del Padre, il Tu per eccellenza, negare questo senso è negarsi questo senso, negarsi ogni senso. Scomparire nell’Esso. O ergersi come Esso che vuol fare dell’Esso l’assoluto. Originario tragico desiderio; primo originario anello della catena del non-senso. E se si nega questo senso che senso mai si potrà dare a qualunque cosa che sia sensato? e chi mai avrà il senso necessario per avere legittimitazione nel dare senso? Così paternità e maschilità e spirito e dono non possono essere scissi. E l’aborto li scinde. E lasciarsi alle spalle il senso è lasciarsi alle spalle lo spirito e il dono e il dono del padre e ogni possibile attribuzione di senso. Le donne, quelle che negano di dare senso al concepito, di riconoscerlo come incarnazione del Tu, non lo sanno ma è direttamente contro questa realtà che agiscono e non possono non essere a loro volta travolte da questa negazione. In tanti terribili modi individualmente e collettivamente concretamente travolte. Ed oggi sempre più chiaramente lo si vede: l’atto di aborto temo sia questione ahimè molto più grave di quello che, per pietà umana, o per rassicurante logica chiara, si spera. Una micidiale rottura di senso che è poi la vita: una catena che va spezzandosi, anello dopo anello, e ben più importante e decisiva di quella costruita sul piano bochimico. Posso formulare un consiglio accorato e un auspicio? Gli uomini, i maschi, i padri, stiano fuori di questo disastro, e al contrario, obbediscano al loro destino che li vuole donatori di senso, tutori e fautori della vita. E proprio loro che da sempre amano le donne, e ne hanno, che lo vogliano o no, che lo sappiano o no, che lo accettino o no, la responsabilità, come il Prossimo più prossimo, chiamino le donne fuori di questo disastro e le aiutino a starsene e tirarsene fuori.
ckkb(Quota) (Replica)
Nei fatti è vero che uccidere un altro essere umani per l’interesse del gruppo viene considerato lecito ed anche premiato. Ma non troveremo nessuna legge, nessuna costituzione che lo teorizza. Perfino il nazismo , per rendere possibile lo sterminio degli ebrei dovette teorizzare che non erano esseri umani come gli altri, una specie subumana insomma, e cercava anche in qualche modo di nascondere il loro genocidio, e non credo per solo opportunismo. Era il riflesso, con tutta l’immensa ipocrisia del caso, di una lontana reminescienza di coscienza morale.
Anche le peggiori guerre, per poterle fare accettare dal popolo, si sono dovute giustificare con qualche pretesto, qualche scusa più o meno plausibile. Legittima difesa, democrazia, la classe, la liberazione dell’umanità etc. etc. Insomma non è teorizzato da nessuna parte che si può uccidere un uomo senza motivo plausibile, per quanto questo motivo sia ipocrita.
E non potrebbe essere diversamente, perchè altrimenti non sarebbe neanche pensabile la società umana. Rotto il pur labile principio simbolico sarebbe la fine. Tu, amico Rino, me lo insegni. Per questo non è affatto un falso problema quello di stabilire se un feto è o no un essere umano. Il diritto di aborto teorizzato nelle legislazioni moderne rompe proprio quel principio. In qualche caso ricorrendo al solito artificio di non considerarlo persona, arrampicandosi sugli specchi. In altri rivendicando pari pari il superiore diritto femminile a decidere cosa è vita e cosa non è, in altri ancora teorizzando la priorità del diritto all’autodeterminazione femminile. In tutti i casi ignorando che dal punto di vista scientifico l’unica certezza è la compiutezza del corredo genetico dell’embrione, essendo tutto il resto solo un suo sviluppo quantitativo. Per questo il principio di precauzione dovrebbe valere. Meglio un “colpevole” fuori che un innocente in galera. Così non è nel caso dell’aborto, e questa è la rottura sul piano simbolico.
Non possiamo cedere su questo punto di immensa portata. Ragioniamo e dividiamoci sul resto, sull’incoerenza che contraddistingue la specie umana, sulla sua ipocrisia, sulla violenza di cui è intrisa etc. etc., ma non per giustificarla a livello di principio. Piuttosto per limitarla nei fatti. Così dovremmo fare per l’aborto. Tenere fermo il livello simbolico, irrinunciabile pena la fine di tutto, e ragionare in concreto sul resto. Voglio dire insomma che se è un dato di fatto che il furto fa parte anch’esso dell’uomo, non per questo lo si può considerare giusto e lo si legalizza.
armando
armando(Quota) (Replica)
Due quesiti sulla questione aborto che, devo essere onesto, non mi appartiene più di tanto. Forse, anzi sicuramente è un mio limite, ma è un aspetto che non riesce ad appassionarmi più del dovuto. In ogni caso non riesco a considerarla centrale ma solo un elemento dell’intera QM. Ma questo è il mio sentire personale. Non significa che la cosa ovviamente non abbia la sua importanza.
D’altronde abbiamo, specialmente con alcuni, Armando, Ckkb e altri, una interpretazione diversa della QM. Per loro la questione del Padre è strutturale, e quindi quella dell’aborto intimamente e strettamente interconnessa alla prima. Queste due questioni sono il cuore, insomma, dell’intera QM, questione Padre e questione aborto si sovrappongono completamente alla QM.
Per me invece, come sapete, queste due questioni, sia pur molto importanti, non sono il cuore della QM, ma due aspetti, due risvolti, anche se molto importanti, come ce ne sono diversi altri. Per Armando, Ckkb e altri, l’attacco al maschile è stato ed è sostanzialmente l’attacco al Padre (e naturalmente l’aborto che priva gli uomini di qualsiasi voce in capitolo nel merito), La mia interpretazione, come sapete è diversa, L’aggressione al “maschile” è un’offensiva complessiva, strettamente interconnessa con un processo sociale, economico, politico, culturale e anche psicologico che prevede determinati ruoli per le donne e altri per gli uomini. Dal mio punto di vista quindi, l’attacco alla figura paterna è solo un pezzo e,a mio giudizio, neanche il più decisivo. Anzi, contrariamente a quello che pensano Armando e Ckkb, è solo l’effetto del processo innescato nella società e non la causa (come è invece per loro).
Ma questo discorso ci porterebbe lontano e non sarebbe sufficiente un semplice post. Ci torneremo.
Vengo ai due quesiti di cui parlavo all’inizio.
1) A me pare, e questo lo sostengo sin da quando ero nella lista di U3000, che ci sia qualcosa che non mi convince quando, specialmente tu, Armando (ma la cosa riguardava anche diversi altri amici della vecchia lista), rispondi agli articoli di Rino. Al di là dell’amicizia che vi lega, mi pare che ci sia quasi un tentativo (o forse è uno sforzo inconsapevole) di cercare a tutti i costi di portare le argomentazioni di Rino, spesso assai complesse e problematiche, dalla propria parte. Ora, Rino, da pensatore complesso, profondo, non dogmatico, direi anzi laico (se non si offende) e consapevolmente lacerato anche dalla sua stessa libertà interiore che lo pone, inevitabilmente, anche davanti a delle contraddizioni (che qualsiasi uomo pensante, lucido e relativamente libero ha) ha un modo di esprimersi che potrebbe, per la sua complessità, lasciare spazio alla possibilità di differenti interpretazioni. A mio parere invece, il “Rino-pensiero”, ha il merito di essere relativamente comprensibile ai più. Purchè lo si legga con la dovuta calma e attenzione e con la necessaria onestà intellettuale.
Ho l’impressione, a volte, diciamo pure abbastanza spesso, che non si leggano i suoi pezzi con la concentrazione richiesta, non perché egli sia chissà quale guru ma solo perché è necessario dosare la nostra attenzione in relazione alla complessità del nostro interlocutore.
E leggendo i commenti di qualcuno di voi, anche i tuoi, agli articoli di Rino, non posso non notare alcuni aspetti contraddittori. Il primo è che del Rino-pensiero (sono certo che Rino interpreti ironicamente questo mio modo di esprimermi…) voi prendete solo alcune parti, quelle cioè che fanno comodo alla vostra costruzione teorica, e lasciate da parte tutto il resto, quello che invece potrebbe mettere in contraddizione la stessa.
Questo atteggiamento si è verificato molto spesso, specie nella vecchia lista (qui in modo minore ovviamente perché siamo in un luogo altro rispetto a quello). Addirittura si verificava il caso che, dopo esserci divisi sulla lista in una lunga discussione, l’intervento finale e chiarificatore di Rino veniva accolto con grande favore sia dal sottoscritto che dagli altri, cosa che a me lasciava perplesso perché mi chiedevo:”O non ho capito nulla io di ciò che voleva dire oppure non hanno o non vogliono capire nulla gli altri, forse per rispetto reverenziale nei confronti di Rino stesso”. Oppure siamo tutti degli idioti ma, tutto sommato, non mi pare che sia così.
E allora qualcosa non quadra e, personalmente, ma non c’è alcun problema, la discussione è fatta anche di questo, credo che in realtà qualcuno tenti di tirare lo stesso Rino per la giacchetta, come spesso si fa.
Anche su questa questione dell’aborto (e dico subito che la posizione di Rino non è la mia, anche se, per la verità, come ripeto, non ho chiuso il cerchio su questo tema perché non è nelle mie corde e quindi non ho una posizione assoluta e definitiva) mi pare che sia accaduta la stessa cosa.
Rino ha sottolineato con grande chiarezza le contraddizioni (enormi) del fronte antiabortista (e anche di quello abortista). Prima fra tutte il fatto che la stragrande maggioranza degli antiabortisti, che dovrebbe difendere la vita, sempre e comunque, è poi invece composto da persone che quando si tratta di bombardare l’Iraq o l’Afghanistan o la Striscia di Gaza e via discorrendo sono in prima fila a sostenere la giustezza di quegli interventi. Lo stesso Giuliano Ferrara, leader antiabortista, è considerato giustamente un “falco” e non da oggi. Sostenitore della giustezza degli interventi militari americani nei Balcani, in iraq, in Afghanistan, nonché portabandiera, sempre comunque e dovunque di Israele e della sua politica, se così può essere definita l’occupazione neocoloniale, brutale e razzista del popolo palestinese (le cui donne, visto che siamo in tema, e parlo per testimonianza diretta, spesso vengono fatte partorire ai check point o magari abortire perché i soldati non lasciano passare le ambulanze, ma lasciamo perdere…). Non parliamo poi di atteggiamenti come quello verso l’immigrazione ecc. Ma di esempi se ne potrebbero fare centomila, non esclusi argomenti che riguardano direttamente o indirettamente anche la QM. Non ho mai fatto indagini o sondaggi ma sono pronto a scommettere che tra gli antiabortisti la percentuale di quelli che si dichiarerebbero favorevoli alla pena di morte oppure alla castrazione dei pedofili e/o degli stupratori sia molto alta, se non addirittura largamente maggioritaria.
Su questa contraddizione (innegabile) che Rino ha puntualmente evidenziato, non una parola. Si glissa, ma alla grande. E’ successo molte altre volte in tante altre occasioni e sui più diversi argomenti. Diciamo che qualcosa non quadra. Diciamo così…
Seconda questione che pongo solo come riflessione. E’ successo milioni di volte, forse più, da sempre, specie quando il parto e la gravidanza erano ancora operazioni rischiose che spessissimo si “risolvevano” con la morte o della madre o del nascituro. In quei casi si decideva di volta in volta o cercando di salvare la vita a chi aveva più possibilità di sopravvivere, oppure, a seconda dei contesti socio-culturali, si tendeva molto spesso (in un passato in fondo neanche molto lontano,il più delle volte, bisogna onestamente ammetterlo)a privilegiare la vita del nascituro rispetto a quella della madre, dal momento che la vita stessa della donna era comunque considerata sacrificabile rispetto a quella del futuro nascituro.
Quesito: laddove si verificassero oggi le stesse condizioni, come vi comportereste oggi? Ammettiamo che per salvare la vita della madre sia necessario sacrificare la vita del figlio. Ammettiamo di trovarci, non come entità astratte, ma come uomini in carne ed ossa in un ospedale in attesa della nascita di nostro figlio. Arriva il medico e ci dice che dobbiamo scegliere fra la vita di nostra moglie e quella di nostro figlio, a quel punto una entità umana a tutti gli effetti, in arrivo. Uno dei due deve essere necessariamente ucciso. O si salva la donna o si salva il figlio.
Che fate in quel caso? Come vi comportate? Che decisione prendereste? Quale sarebbe la vostra PRIORITA’? La vita della vostra moglie-compagna o quella del figlio in arrivo?
So che mettere in bocca agli altri la risposta è da presuntuosi, e mi scuso per questo, ma mi sento di affermare che il 90% di voi opterebbe per la vita della propria donna. Ed io con loro. E farebbero bene.
Non sono entrato, come Rino, in una dissertazione complessa sulla questione aborto(d’altronde, per lo meno su questa materia, non ne avrei competenza), ma credo comunque di aver dato, se non una risposta sul tema aborto, certo un’indicazione. Certamente dolorosa e soprattutto non in grado di risolvere il problema, che rimarrebbe comunque aperto. Ma forse dobbiamo entrare, da laici, nell’ordine di idee che non tutti i nodi possono essere sciolti.
Fabrizio Marchi
P.S. Vidi un bel film una volta, dal titolo “La scelta di Sophie”, che narrava di una donna, deportata ad Auschvitz, che appena scesa dal vagone del treno fu costretta, in un secondo, a scegliere tra i suoi due figli. Uno dei due era destinato alla camera a gas. Poteva salvarne uno. E scelse. Drammaticamente, ma scelse.
Naturalmente questo, in sé, non ha nulla a che vedere con la questione che stiamo affrontando, però mi interessava, a margine, sottolineare in questo caso il concetto della scelta. Essere uomini nel mondo comporta costantemente delle scelte, a volte terribili. Prendetela come una riflessione a margine.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Arriva il medico e ci dice che dobbiamo scegliere fra la vita di nostra moglie e quella di nostro figlio, a quel punto una entità umana a tutti gli effetti, in arrivo. Uno dei due deve essere necessariamente ucciso. O si salva la donna o si salva il figlio.”(Fabrizio)
Beh si può dire che quando ci si trova in queste situazioni(e purtroppo, non raramente), spesso si riscontra il più becero e fanatico pseudo-eroismo da parte di talune donne religiose(che però se devono mettere le corna al marito, non sentono nessun scrupolo “religioso”), le quali preferiscono morire pur di far nascere il feto. Del resto, la Chiesa Cattolica considera una simile azione come un gesto di “santità” e di “amore”, e non a caso,ha beatificato(o addirittura canonizzato, in alcuni casi) tali donne. Se poi, si aggiunge il sensazionalismo dei mass media, sempre pronti come sciacalli a raccogliere e raccontare presunti gesti e azioni “eroiche” dal forte impatto umano ed emotivo, si capisce il perchè alcune donne, in queste situazioni, si lascino prendere dall’ idea assurda e irrazionale di immolare la loro vita in nome di un falso ideale di “amore” ed “eroismo”
Ma mi chiedo io. Come si può parlare di “gesto d’amore” ed “eroico”, il far nascere un individuo a discapito della madre, e quindi condannandolo per tutta la vita a tenersi lo scrupolo e il senso di colpa di essere stato messo al mondo, di vivere, a discapito della madre?? Io, francamente, non riuscirei a vivere. Sarebbe un peso, un macigno nel cuore.
Mi ricordo di un caso del genere ne parlarono per tv. Intervistarono il marito di una donna che pur di far nascere il bambino, preferì morire rifiutandosi di sottoporsi ad una terapia che l’avrebbe salvata di sicuro da un cancro( non molto aggressivo e allo stato iniziale e, quindi curabile). Sapete cosa disse il marito??? Disse “io non mi sono mai opposto alla sua decisione, anzi sono stato contento e fiero di avere una moglie così”. Avete capito??? Tu dici di amare una persona..ma poi non ti opponi alla sua decisione irrazionale di voler morire, cioè di fatto, di suidarsi???? Io avrei fatto di tutto per scongiurare una simile azione da parte di un mio caro!!!!
Questo è Amore.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Caro Fabrizio, non ho nessun problema a dire che sulla questione aborto non sono in sintonia con Rino, senza naturalmente che vengano meno stima e amicizia. Mi sembra che la lettura dei rispettivi post lo confermi in pieno. Per Rino la questione di cosa è un feto è fittizia, per me primaria.
Per Rino la CFMI è parte inetgrante della strategia atta a far esplodere le contraddizioni, per me è accettabile soltanto come un mezzo per evitare più aborti possibili e solo nella parte che concedesse al padre di crescere da solo il figlio da lei non voluto, ma non in quella del diritto maschile a
disconoscere il figlio (fatti salvi, forse, i casi di estorsione truffaldina di paternità). Per Rino la QM comprende interamente la questione paterna ma non viceversa. Per me si. Più chiari di così! Dunque nessuna appropriazione indebita, nessun tentativo di far dire ad altri ciò che non pensano. Ci sono punti di convergenza, altri di divergenza, e non esito a dire che sulla questione aborto il mio pensiero è cambiato negli ultimi anni.
Altra questione è quella delle contraddizioni che, come sottolinei anche tu, sono presenti in ogni campo. Ho cercato, ma forse non sono stato chiaro, di separare questa questione dall’enunciazione di principi simbolici sui quali si fonda qualsiasi aggregazione sociale.
Non potrebbe esistere infatti nessuna società umana alla cui base ci fosse la liceità di uccidere chi in qualche modo ci da noia. Ho cercato di argomentare che la preservazione di tali principi è irrinunciabile. Ho scritto che anche nelle dittature più spietate come il nazismo, e che in concreto hanno agito premiando assassini e stragi, non esiste la teorizzazione ad uccidere un essere umano senza colpa. Tanto che sono state obbligate, per poterlo fare, a declassare le vittime a “non uomini”.
Scrive Rino, se ho capito bene ma credo di si, che il problema dell’uccidere/non uccidere non ha nulla a che fare con questioni morali, ma solo di interessi e di rapporti fra gruppo e singoli (o sottogruppi). Credo ci sia un pericolo molto alto in questo, perché è ovvio che un interesse vale l’altro, dunque sono tutti moralmente uguali, dunque è impossibile (e inutile) sforzarsi nella ricerca di una qualsiasi verità (si potrebbe dire della distinzione fra bene e male), seppure difficile a trovarsi. I rapporti umani, fra gruppi e fra singoli, sarebbero con ciò governati unicamente dai rapporti di forza. Attenzione, non dico che nei fatti non sia spesso così. Rino lo spiega benissimo nel suo libro a proposito del femminismo quando parla di ethosfera etc., ed anche Marx quando analizza il funzionamento di questa società. Dico però che se riteniamo possibile un altro mondo, non possiamo assumere gli stessi criteri di azione e di comportamento come se fossero gli unici possibili. Finiremmo per fare un ragionamento simmetrico al femminismo, che peraltro sarebbe inutile criticare. Fa il suo interesse, e lo farà finchè i rapporti di forza glielo permetteranno. Dovremmo solo lamentarci di noi stessi, sapendo d’altronde che una volta ribaltati quei rapporti faremmo dal ns punto di vista esattamente la stessa cosa.
Ma è questo che ci proponiamo? Io penso che gli uomini, i maschi, per cambiare il mondo come hanno sempre fatto e per dare il meglio di sé, abbiano bisogno di sentire di stare andando oltre da sé, dal proprio gruppo intendo, e di interpretare istanze universali.
Il problema della violenza esiste, senza dubbio, ma la radicalità della dicotomia proposta: non violenza assoluta ghandiana versus liceità di uccidere con l’unico criterio degli interessi del gruppo, non mi convince. Apro una breve parentesi per dire che sono contrario a pena di morte, castrazione chimica etc., che sono pacifico e per la pace, ma non pacifista. Non mi piacciono le anime belle che non si sporcano mai le mani. Sono convinto che esiste una violenza inevitabile di cui una coscienza non ancora assopita deve farsi dolorosamente carico in tutta la sua lacerazione. Lo spirito di Monaco mi è alieno, perché penso che alla fine produca più violenza, morte e tragedie di una assunzione vera di responsabilità, per quanto duro e doloroso possa essere.
Rino applica la dicotomia non violenza assoluta/liceità di uccidere specificamente all’aborto, ma ovviamente deve valere anche in altri suoi possibili “campi” d’applicazione. Ma si può, senza entrare nel merito del comportamento dei singoli combattenti che è altra questione, mettere sullo stesso piano la guerra nazista e l’uso della violenza e le uccisioni della Resistenza? Non dico, sia chiaro, che Rino pensi questo, ma questa è la conseguenza logica del suo ragionamento, mi pare. Insomma (lo dico con tutto l’affetto che nutro per Rino, uomo dolcissimo ad onta delle apparenze, e mi scuso per la disgressione troppo personale), il disincanto dettato dalla sua coscienza inquieta è lucidissimo ma ha il torto di non offrire speranze.
Detto questo è del tutto evidente che esiste un iato fra i principi enunciati e la prassi che risente di mille cose, prima fra tutte una natura umana imperfetta, contraddittoria, presa fra slancio luminoso e lato oscuro. Con una precisazione però. Tutti i popoli hanno cercato di darsi, comunque, delle regole anche per la guerra. Ed anche questo è significativo. Prima di tutte quella di tener fuori la popolazione civile, la quale è stata massicciamente coinvolta solo con la guerra moderna. Carl Schmitt sottolineava il concetto di “nemico giusto” e che solo la scomparsa, moderna, di questo concetto, ha fatto si che scopo della guerra diventasse l’annientamento del nemico visto come il male assoluto. In ogni modo lo jato di cui dicevo c’è sempre stato, in società in cui la religione ha avuto largo spazio e in quelle in cui era bandita come oppio dei popoli. Ma con ciò? Rimane che una società che sul piano simbolico permettesse l’omicidio non potrebbe essere in nulla e per nulla migliore di quella che lo vietasse, con tutte le sue imperfezioni e ipocrisie.
Dunque il punto non è svicolare, visto che nessuno è senza peccato e ognuno avrebbe buon gioco a sottolineare le incongruità concrete altrui, ma distinguere i problemi ai vari livelli in cui si pongono.
Il punto è che oggi si sta intaccando quel principio simbolico, e non solo per l’aborto. Penso alla pretesa di regolamentare per legge,ad esempio, l’eutanasia attiva, che si giustifica in base a un
parametro, “la vita degna di essere vissuta”, del tutto arbitrario e
passibile delle peggiori nefandezze. Io, prevenendo l’obbiezione che già
sento, non dico che un malato sofferente e senza speranza alcuna debba
essere tenuto necessariamente in vita con ogni mezzo. Dico però che la legge
non può autorizzare chicchessia ad ucciderlo. Esiste una zona grigia in cui la legge non può e non deve entrare coi suoi dispositivi. Enunciato il principio irrinunciabile, ogni caso concreto è poi unico, va lasciato alle coscienze e valutato con tutta la com-passione che merita. Non mi risulta che nessun medico che ha dato dosi forti di morfina sia stato indagato. Al contrario, pretendere di regolamentare per legge la morte è segno di onnipotenza. Rompe il principio e da lì inizia una china senza fine. Oggi i criteri di vita degna sono alcuni, domani sarebbero diversi. Dov’è il limite insomma?
Guardate che per l’aborto è lo stesso, proprio lo stesso. La posizione abortista più “coerente” è senza dubbio quella che lo contempla fino all’ultimo minuto prima della nascita. Tutto il resto (due mesi/tre/sei) è convenzione che cela. Anzi, perché prima si e dopo no? Anche qui, dov’è il limite?
Coerente si fa per dire, d’altra parte. Coerente rispetto a cosa?
La coerenza vera è impossibile: sarebbe dire che la donna è libera di uccidere suo figlio (e perché solo suo figlio?) semplicemente perché così le va, qualsiasi siano i motivi. Ma non si può, sarebbe la fine. Allora ci si arrampica sugli specchi della “non persona piena” o della dipendenza totale, o della donna sola in grado di decidere cosa è vita e cosa non lo è. Oppure ancora alla somma ipocrisia della salute psichica, così vaga che dentro ci sta tutto, comprese vacanze o carriera. Tutti schermi messi lì perché, per ora, non si può enunciare con chiarezza ciò che si pensa. La sostanza, però, non cambia. Se si ammette il “diritto” di aborto si ammette il diritto di uccidere una persona del tutto innocente. Anzi, si ammette il diritto di uccidere proprio una persona specifica, il figlio. Anche questo marca una differenza con la guerra.
La faccenda della scelta fra la vita materna e quella del bambino, poi, è irrilevante. Mai, in nessuna legislazione antiabortista, è scritto che l’aborto è proibito quando c’è questo rischio, e nessuno chiede sia così. Semmai può essere la donna, e in questo caso solo lei, a scegliere. E non sarei così tranchant come Icarus, al contrario. Non si chiede di essere eroi o eroine, ma quando accade tanto di cappello. Sacrificare se stessi per un altro è un atto comunque d’amore. Come si fa a condannare un gesto che dona la vita? E quando un uomo salva un’altra persona cosa è? Un povero stupido? Ma questa è proprio la mentalità utilitaristica che si condanna.
Armando
armando(Quota) (Replica)
Solo pochissimi punti al volo. La questione è troppo complessa e ci vorrebbe troppo tempo. Se ne discuterà.
1) Nel momento in cui tra la vita della madre e quella del nascituro (una vita a tutti gli effetti, anche per me, figuriamoci per gli antiabortisti) scegli comunque quella della madre hai di fatto compiuto una scelta e stabilito una priorità. Che piaccia o meno è così. Non si vede allora perché a quel punto, come dici tu, anche la legislazione più antiabortista dovrebbe privilegiare la vita della madre. E perché? E dove sta scritto? Forse la sua vita è più importante o più sacra di quella del figlio? Peraltro non più un feto ma un essere umano a tutto tondo che aspetta solo di frignare… e poi lo hai detto tu che non è questione di mesi, potrebbe essere il secondo giorno come il nono mese…
A quel punto allora, anche se stiamo parlando di casi estremi ma frequenti, secondo la vostra concezione in base alla quale la vita è sacra sempre e comunque (cosa vera, sia chiaro), bisognerebbe lasciare la scelta alla madre e non imporre per legge di salvare la vita di lei, comunque sia e purchessia.
2) Non tiriamo sempre fuori il nazismo o i fatti di Monaco quando si parla di violenza o per giustificare il fatto di non essere pacifisti perché questa rischia di diventare una litania anche un po’ scontata.
Rino, ed io con lui, ha posto una questione molto semplice. Se il principio è il rispetto della vita comunque sia, gli antiabortisti dovrebbero essere anche contro ogni forma di violenza e quindi in primis contro la guerra. Così non è, come è evidente. A meno che non vogliamo tirar fuori il nazismo a ogni piè sospinto. Ma una volta è il nazismo, una volta il comunismo, una volta il fondamentalismo islamico, sta di fatto che una ragione ideologica e “superiore”, un demonio assoluto da abbattere per giustificare la guerra si trova sempre. E non entro nel merito delle reali ragioni per cui si scatenano le guerre… Armando, non ci prendiamo in giro, almeno su queste cose, cerchiamo di essere intellettualmente onesti. E’ troppo comodo dire “Io sono contro l’aborto perché sono per il rispetto della vita sempre e comunque però quando la violenza è assolutamente necessaria bisogna usarla perché altrimenti se non si usasse le conseguenze del suo non utilizzo potrebbero essere anche peggiori”. E chi è che decide quando queste condizioni si rendono necessarie? Vuoi che ti faccio l’elenco di tutte le guerre e le nefandezze che sono state commesse nella storia, passata e recente, motivate da “ragioni superiori” o per prevenire presunte conseguenze catastrofiche? Non scherziamo…mi appello all’”ex marxista” che ancora, per lo meno dal punto di vista metodologico dovrebbe avere determinati strumenti…
3) Non è vero purtroppo che solo la guerra moderna ha coinvolto i civili. In tutte le epoche gli eserciti invasori massacravano, depredavano, stupravano, incendiavano, saccheggiavano, distruggevano e radevano al suolo tutto quello che era sul loro cammino. Potrei farti centinaia di esempi. La guerra moderna ha solo strumenti di distruzione più sofisticati. Tutto qui. Ma questa era solo una nota a margine e nulla più.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
1) A proposito della scelta fra vita della madre e quella del figlio, ho scritto che la scelta DEVE essere della madre, non che la legge debba privilegiarla. Rileggi, please! Il motivo è così banale che sarebbe perfino superfluo dirlo. Non si può obbligare nessuno a suicidarsi, neanche per salvare un’altra vita.
2) Sulla guerra. Prendo atto che per te i Partigiani erano gente violenta e assassina al pari dei nazi, e che se ti trovi di fronte ad un energumeno che ti vuole uccidere e non puoi fuggire, ti lasci ammazzare senza reagire. O forse ho capito male, o forse anche tu ammetti l’esistenza di una violenza legittima. Ma se è così, quando, come e perchè? Io, noto guerrafondaio ed anche poco onesto intellettualmente (le due cose vanno assieme, s’intende), ho cercato di portare l’esempio più chiaro, con ciò indicando un motivo su cui speravo non ci fossero troppi distinguo. Non ti piace l’esempio? Parliamo allora, esiti finali a parte, di Che Guevara, il quale sparava eccome, e non solo per legittima difesa personale. Devo forse prendere atto che io, ex marxista, trovo che quella ribellione armata a Batista fosse legittima mentre tu, ancora marxista, ritieni il contrario? Chiarisci, per cortesia, altrimenti chi legge non capisce nulla.
3) L’aborto. Domanda semplice e concretissima. Perchè e quando abortire dovrebbe essere legittimo? Sempre? In qualche caso? Quale?
armando
armando(Quota) (Replica)
Armando, perdona la schiettezza ma nè te nè io abbiamo l’anello al naso. Hai capito perfettamente ciò che volevo dire. Adesso, se continuiamo sulla linea che hai scelto su quest’ultimo post la cosa diventa, perdona, una micropolemica politica da bar o da barbiere.
Non sono mai stato un “pacifista”, inteso nel senso che dici tu. Detto ciò ora dovremmo aprire una lunghissima discussione sulla guerra, sulle guerre, sulle loro cause, sulla legittima difesa, sul diritto dei popoli alla lotta armata nel caso fossero occupati da potenze straniere…
Lasciamo stare Armando, te lo dico in tutta onestà. A volte fai degli interventi mirati, condivisibili o meno non importa, comunque interessanti e costruttivi. Altre volte ti lasci prendere la mano e scivoli in micropolemiche gratuite e senza senso. Anche perchè, ripeto, hai PERFETTAMENTE CAPITO ciò che volevo dire.
Se vuoi l’ultima parola te la lascio. Non me ne frega nulla.
Una sola cosa, però: abbi rispetto per la mia intelligenza, è la sola cosa che chiedo a te e a tutti. Non mi postare commenti così banali e gratuiti perchè sono un’offesa alla mia intelligenza. Anche perchè puoi fare di molto meglio, come spesso fai. E allora fallo e lascia perdere queste menatine, su…perderemmo tempo entrambi e ho l’impressione che ogni tanto tu ce l’abbia questo tempo da perdere. Io no.
Io sono qui per COSTRUIRE UN MOVIMENTO. Non posso impegnare il mio tempo con un uomo che ha gettato al macero un pezzo della sua vita e ha cambiato casacca e ad ogni piè sospinto ha il problema di cercare di convincere gli altri e soprattuto se stesso che la sua scelta è stata giusta e che per decenni ha creduto in un mucchio di cazzate.
E’ un tuo problema, comprensibile, rispettabile, ma è tuo. Io non posso ora mettermi a dissertare con te sulla guerra imperialista, sulla guerra “giusta e sull’uso della violenza.
Dai, Armà, su per favore…cerchiamo di essere seri…Adesso, per favore non mi rispondere che tu sei serio ecc. ecc. Non entro volutamente nel merito del tuo ultimo post perchè la mia intelligenza non merita di essere trattata in quel modo.
Scusa ma è quello che penso.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ho postato l’ultimo intervento prima di leggere il commento di Armando del 12 marzo ore 10.08 (l’orario del mio, che pur sembra successivo, non inganni). Perciò quello non era un controcommento alle sue osservazioni. Non avevo concluso le considerazioni, perché ci vuole tempo ed energia.
Poi dal 12 marzo sono state dette molte cose interessanti.
Confermo ancora che dalle mie parole non si può ricavare quel che penso dell’aborto (ma anche di tante altre cose). Altro è dire ciò che si ritiene giusto o sbagliato, altro è cercare di invididuare le contraddizioni (che sono quasi sempre bugie) esistenti nella realtà, nelle idee, nei valori (e tra tutti questi) presenti nella collettività.
Questa sera mi limito a dire che la questione se il feto sia cosa o persona non è da poco, dico che ha senso trattarne solo se è stabilito che uccidere è immorale.
Se invece uccidere è moralmente lecito allora il problema è scavalcato e diventa: chi stabilisce se e quando si possa uccidere? A beneficio di chi si può uccidere? Solo a vantaggio del gruppo o anche negli interessi dell’individuo?
Che il gruppo abbia (di fatto) il diritto di uccidere è fuori discussione: ce l’ha. Ha anche il diritto morale di farlo, lo rivendica e lo insegna.
Uccidere: o sempre, o mai, o in certe condizioni e per certi fini: perché i fini del gruppo rendono l’omicidio legittimo e i fini di un individuo no? Questo è il dilemma.
Mi pare che da questo incastro non si possa uscire.
Perciò ho evocato Gandhi (che non era un pacifista, era un non-violento che però ha guerreggiato tutta la vita). Gandhi era legittimamente antiabortista.
Vedo la contraddizione degli antiabortisti (quella sopra) e quella degli abortisti, che, per un singolare fenomeno, tendono ad essere pacifisti (e magari anche animalisti).
La condizione umana è intrinsecamente contraddittoria e tragica (appunto come quando si deve scegliere tra due atti immorali, tra due delitti: es. questo o quel figlio?) ma in campo etico la coerenza è tutto. Bisogna ricercarla e poi assumersi la responsabilità delle scelte tragiche.
Il resto …ad altra puntata.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Pero’ boh, ckkb ci piazza la questione aborto praticamente in ogni post ed in ogni topic del sito…..
Secondo me, far coincidere la qm con l’antiabortismo integrale, non va bene.
Nemmeno non ci fossero altri argomenti….
animus(Quota) (Replica)
@Aramando: Non sono contario ai gesti di eroismi, anzi li ammiro. Li ammiro, però,solo quando e soprattutto possono essere compiuti. Un uomo o una donna che ha dei figli a carico, ad esempio, non può dare la vita per un altro, perchè privando la sua esistenza e la sua presenza dai figli, farebbe del loro male. Questo è solo un esempio fra i tanti.
Per quanto riguarda l’aspetto della guerra, violenza e legittima difesa, stai facendo un pò di confusione. I comunisti(se si eccettua i falsi comunisti alla Bertinotti) non sono pacifisti ne non violenti. I comunisti sono favorevoli alla Lotta Armata per rovesciare un sistema ritenuto iniquo e imperialista(ad es . la lotta partigiana contro il nazismo). La guerra è un altra cosa, invece. Perchè coinvolge anche e soprattutto i civili e poi perchè è sempre scaturita da motivi di interesse economico e geopolitico.
In conclusione, i comunisti sono contrari alle guerre, ma non sono ne pacifisti ne gandhiani.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Io ho posto alcune domande precise perchè dai tuoi post non capisco. Lascio perdere i commenti personali sui cambi di casacca perchè non interessano un fico secco a nessuno.
Ripeto le domande rimaste senza risposta perchè siano chiare ai lettori le idee di tutti e chiudo, rinunciando ad altre controrepliche. Mi basta che il panorama sia chiaro.
1)Esiste o no una violenza legittima?
Quando e come è un punto che segue, non che precede la domanda, su cui ci potremmo scannare ma a partire dalla risposta alla domanda precedente.
Se la risposta è no, è evidente che l’aborto diventa inammissibile, a meno di considerarlo come atto non di violenza. Se così fosse bisogna spiegare il perchè.
Se la risposta è si e se l’aborto lo si considera atto di violenza, allora la domanda è
2)fa parte della violenza legittima? Sempre? qualche volta? e quale e perchè?
Gli altri hanno forse capito cosa pensi, ossia quali sono le linee lungo le quali il movimento Uomini Beta si muove rispetto a questi argomenti. Io, perdonami, no.
Ho capito solo che sei favorevole all’aborto ma non come metodo di limitazione delle nascite.
Spero di non aver insultato l’intelligenza di nessuno. O forse la mia, visto che non riesco a capire.
armando
armando(Quota) (Replica)
@armando: il concetto di legittima difesa, può valere anche sotto il punto di vista antiabortivo??? Voglio dire: vi possono essere casi in cui sopprimere un feto rappresenti-per una serie di ragioni-un “male minore”???
Se la riposta è sì,e per me è sì, penso che possa incominciare a venir fuori qualche piccola convergenza.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Allora…abbiamo già affrontato diverse volte questi argomenti ma va bene lo stesso. Vediamo un po’ di fare il “bignamino” nella speranza di passare ad altro…
Non sono mai stato un pacifista. La violenza fa parte della realtà, della storia, del genere umano. Dobbiamo fare di tutto per limitarla, disinnescarla, contenerla, cercare di eliminare le ragioni che la provocano, ma al momento la prospettiva di bandirla, di cancellarla dall’orizzonte dell’umanità, è IMPOSSIBILE. Peraltro gli stessi rapporti di dominio sono rapporti di violenza. Non esiste solo l’aspetto militare o l’ aggressione fisica, come ben sappiamo, ma mille altre forme di violenza che vengono perpetrate quotidianamente all’interno di un mondo largamente fondato ancora sull’oppressione, sullo sfruttamento, sulla divisione in classi, sulla divisione appunto fra dominanti e dominati in tutte le sue forme (anche quella specifica di cui ci occupiamo noi su questo sito).
Quindi il problema, dal mio punto di vista (che tu hai capito perfettamente perché sai con chi stai con chi stai parlando come io so con chi sto parlando, però continuiamo a prenderci in giro, e va bene, facciamolo……) non è condannare la violenza sempre e comunque. Quest’ultima è una posizione rispettabilissima che dovrebbe suonare bene sulla bocca di qualsiasi cristiano (anche se sappiamo che così non è). Ora non mi venire a fare giri e controgiri di parole. San Francesco era un non violento così come il Figlio del tuo Nuovo Dio (dopo Stalin che ti ha deluso) che predicavano di porgere l’altra guancia a chi ti procura un offesa.
Un Cristiano che si rispetti, in tutta coerenza, dovrebbe essere contro la violenza sempre e comunque. Anzi, dovrebbe concepire la non violenza addirittura come un’arma rivoluzionaria. Mi pare che così non sia. Non torno indietro nella storia, ci vorrebbe troppo tempo e ho le palle piene. Mi limito a dire che moltissimi cattolici (non tutti), moltissimi antiabortisti (non tutti) appoggiano serenamente l’occupazione dell’Iraq (dove non c’è il nazismo), della Palestina (dove non c’è il nazismo) e dell’Afghanistan (dove, se comandassero i talebani ci sarebbe un regime per me allucinante ma non il nazismo, e comunque non sarebbe certo un problema per noi, quelli vogliono il califfato sulla loro terra, di noi non gliene frega proprio nulla, sempre che non gli si vada dentro casa a pretendere di imporgli il nostro modello di vita).
Aggiungo che anche altre religioni bandiscono la violenza nel modo più assoluto. Rino ha citato Ghandi e io mi fermo qui, sempre per brevità.
Ora, io non sono un cristiano ma un marxista (per lo meno nell’approccio interpretativo,non nella versione escatologica), quindi ammetto l’uso della violenza. Naturalmente la mia concezione della violenza è diversa da quella di altri. Senza farla troppo lunga, come tu stesso hai riconosciuto in un tuo post, non si può certo mettere sullo stesso piano la violenza dei partigiani (che era una violenza a scopo di liberazione dall’oppressione, nazifascista in quel caso) da quella dei nazisti che massacravano al gente o la mandavano nelle camere a gas. Il discorso potrebbe essere ampliato alla grandissima e potrei citare milioni di esempi ma credo che questo sia sufficiente. Aggiungo solo che il diritto alla autodifesa e alla lotta armata da parte di popoli occupati militarmente da potenze straniere è un diritto riconosciuto dalle Nazioni Unite. Qui si potrebbero a questo punto disvelare (si fa per dire perché sono davanti agli occhi di tutti) le ipocrisie e le contraddizioni di questo nostro mondo che da una parte sancisce formalmente il diritto alla lotta armata da parte dei popoli oppressi e poi però condanna quegli stessi che la praticano considerandoli come dei terroristi. Viene da pensare, al di là delle “carte”, che sono sempre purtroppo carte stracce se non sostenute dalla canna del fucile, che ci sia sempre “qualcuno” che decide chi è nel torto e chi è nella ragione. I talebani sono occupati nel loro paese però sono considerati dei terroristi che si oppongono alla democrazia…bah…vorrei proprio vedere se l’Italia o la Germania fossero occupati dagli eserciti iraniani, siriani, afghani e via discorrendo…
Come vediamo tutto è relativo. Anche la violenza e l’uso che se ne fa. Perché, ci piaccia o no, anche l’uso della violenza è sottoposto alle leggi dell’etosfera, direbbe Rino.
Tornando a noi, Rino stesso ha posto un problema molto semplice e cioè ha detto che se si è coerentemente contro l’aborto perché si è per il rispetto della vita, sempre e comunque, bisognerebbe essere dei pacifisti, cioè credere nella non violenza sempre e comunque (può darsi che sbaglio, sarà lui stesso a rettificare, se lo ritiene opportuno). Però non è detto neanche che sia così, aggiungo io. Perché tu stesso dici, in casi estremi (il nazismo o affini) si rende necessario l’uso della violenza. Ma, come ripeto, non c’è solo il nazismo, ci sono milioni di casi “grigi”. E’ giusto essere contrari all’aborto e al contempo sostenere i bombardamenti sull’Afghanistan o il lento genocidio in atto nella Strisca di Gaza, stretta in una morsa da Israele e dal suo alleato, l’Egitto? Era lecito polverizzare in un decimo di secondo 150.000 persone a Hiroshima? A sentire i responsabili di quegli eccidi sì, perché c’erano delle ragioni di ordine superiore. Ci sono sempre, in ogni guerra, delle ragioni di ordine superiore. Trovami una guerra (una che è una) in cui un governo non abbia addotto “ragioni superiori”. Trovami un governo che abbia detto al suo popolo”Andiamo ad occupare quel paese a diecimila km. di distanza da noi per i cazzacci nostri, anzi per i cazzacci di chi comanda e che ha interesse ad occupare quel paese”. Mi pare che non sia mai avvenuto, o sbaglio? Ecco, io sono contro “questa guerra” e credo che sia giusto combattere in armi per combattere contro quelli che portano in casa mia “quella guerra lì”. Fanno dunque bene i palestinesi a ribellarsi in armi, fanno bene gli iracheni e fanno bene anche gli afghani. Così come hanno fatto bene tutti quei popoli che hanno avuto la “visita” non richiesta e non desiderata in casa loro da parte di altri stati.
Naturalmente questo concetto di violenza può essere applicato anche in altri contesti. Se vengo aggredito da quattro energumeni (o anche da uno solo) che vogliono farmi del male ho tutto il sacrosanto diritto di difendermi.
Questa è, in pillole, la mia concezione della violenza. Secondo me tu già la conoscevi però hai fatto finta di non saperla. Eppure non è un giorno che parliamo, o mi sbaglio? Comunque…andiamo avanti…
Sull’aborto. Mi sono già espresso in un altro post. Ritengo che, piaccia o meno, sia la donna a dover dire l’ultima parola sull’aborto, perché il figlio è “qualcosa” che le cresce nella pancia e, ripeto, se qualcuno volesse imporre al sottoscritto qualcosa che riguarda la sua vita, il suo corpo, sempre il sottoscritto si incazzerebbe assai. Naturalmente ora tu mi risponderai che qui in ballo non c’è solo la vita della madre ma anche quella del nascituro. E’ vero, è così. Però anche qui rientriamo, ahinoi, nell’etosfera. E’ giusto che ad una donna venga imposto di vivere la maternità contro la sua volontà? Non è forse una violenza anche questa? Non è forse una violenza imporre una gravidanza non desiderata? Un figlio non desiderato, non voluto, non amato…due vite rovinate, quella del figlio e quella della madre; due infelici…A meno che la nostra risposta non sia quella dei benpensanti e delle comari di una volta “Poteva pensarci prima”, “Si è divertita e adesso paghi il conto”. Quante volte abbiamo sentito dire queste stronzate? Molte.
Ora, da laico, ritengo che non ci possa essere una soluzione a tutto. Non pretendo di offrire una soluzione né mi rifugio in corner con il discorso sul primo, il secondo o il quarto mese. Naturalmente anche qui ci sarebbe da discutere. Però se andiamo fino in fondo a questo discorso, se consideriamo un grumo di sangue come una vita umana a tutto tondo (e non sto entrando nel merito, come ho già detto in un altro post, non ho le idee chiarissime sul tema aborto), allora coerentemente, e non vuole essere una provocazione ma una riflessione reale, non vedo perché dovremmo ancora acconsentire al massacro sistematico degli animali. Dovremmo tutti smettere di mangiare carne. Non vedo perché le vacche, i cavalli e i maiali debbano essere sistematicamente macellati. Non sono delle vite anche quelle? Il Signore o Chi per Lui non ha creato anche quelle vite? Valgono meno di quelle umane? Sicuramente valgono più di quelle di tanti “umani” di cui avremmo fatto e faremmo volentieri a meno …La vita di un tiranno sanguinario, o di un trafficante di bambini, o di uno spacciatore in grande stile di droga,o di un cinico sfruttatore senza scrupoli o di uno schiavista vale forse di più di quella di un povero animale? Secondo me no. E lo affermo con convinzione. Eppure uccidere un animale innocente non è un reato ma se ammazzi un bastardo del calibro di cui sopra vai in galera, magari con le attenuanti, ma vai in galera. Come la mettiamo?
Ecco che torniamo nuovamente nell’etosfera.
Piaccia o meno, questa è la realtà. Non esisterà mai né potrà mai esistere una morale condivisa da tutti.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Animus, nonostante tutto, mi farei qualche domanda in più su questo giudizio di lateralità dell’aborto rispetto alla QM e su questa praticamente universale richiesta e pratica maschile di silenzio sull’aborto. Anche perchè per aborto in Italia è sparita sotto gli occhi dei maschi e dei padri una popolazione giovane potenziale pari agli abitanti della regione Lombardia. Un “lato”? forse, ma davvero grosso, e per qualunque questione. Insomma, si potrebbe dire un gigantesco lapsus della coscienza maschile. O no?
ckkb(Quota) (Replica)
Fabrizio
“La violenza fa parte della realtà, della storia, del genere umano”.
Di più. La violenza non è una maledizione insita nella natura umana: è una maledizione insita nella Vita. Certo, può essere limitata, contenuta, controllata: ma non eliminata.
In merito questo è quanto scrivevo circa dieci anni fa.
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L’Universo.
Apparentemente è un luogo che, osservando il cielo la notte, appare tranquillo. Appare, appunto.
In realtà è un luogo violento, violentissimo: buchi neri, supernove, quasar, scontri fra galassie, lenti gravitazionali, galassie attive.
Straordinari fenomeni che bruciano in una frazione di secondo l’energia che il Sole non riuscirà a produrre in 10 miliardi di anni.
Prendiamo le supernove, ovvero le esplosioni di stelle giganti (hanno una massa almeno 8 volte superiore a quella del Sole): sono fenomeni apocalittici, di una violenza inaudita.
Eppure se siamo qui lo dobbiamo proprio a loro.
Sono le supernove ad aver diffuso nell’Universo gli elementi pesanti come il carbonio e fornito quindi le basi per lo sviluppo della vita.
In un Universo pacifico noi non esisteremmo, la Vita non esisterebbe.
Andiamo sulla “nostra” piccola Terra.
Noi esseri umani dobbiamo “ringraziare” un gigantesco meteorite che 65 milioni di anni fa, provocò l’estinzione dei dinosauri (studi di David A.Kring, Daniel D.Durda, James Lawrence Powell e Walter Alvarez, confermerebbero tale tesi).
Anche perché in quel periodo viveva sulla Terra un piccolo dinosauro chiamato Troodon, possedeva un cervello molto più sviluppato degli altri dinosauri – in rapporto, 26 volte più del T-Rex -, ed era anche molto più intelligente dei mammiferi dell’epoca.
Non solo. Era alto circa 2 metri, aveva la visione frontale, era l’unico tra i dinosauri a possedere un dito opponente che facilitava la presa delle prede, era dotato di ombelico – segno che non deponeva le uova ma partoriva piccoli vivi che curava e allevava a lungo -, molto probabilmente nelle sue vene scorreva del sangue caldo.
Secondo il paleontologo canadese Dave Russel, se quel meteorite avesse “sbagliato mira” (…), il Troodon si sarebbe potuto evolvere fino a raggiungere la posizione eretta e un’intelligenza superiore e cosciente, esattamente come è accaduto alla specie umana.
(Certo, sono teorie e non potremo mai avere la controprova; però, chissà…)
Di conseguenza la Storia avrebbe avuto un altro corso e la specie umana non sarebbe mai esistita.
Ma se la Storia è stata quella che è stata lo dobbiamo a un lontanissimo, violentissimo e catastrofico evento.
Rimaniamo sulla Terra.
La Natura non scatena, non causa forse terremoti, maremoti, uragani, esplosioni vulcaniche (che successivamente daranno origine a terreni fertilissimi – Morte e Vita, Male e Bene, senza l’una/o non esiste l’altra/o), che portano distruzione e morte? La Natura non è quindi violenta? E noi esseri umani non siamo figli di questa Natura?
Perciò, come potrebbe non esistere in noi quel lato violento se la Natura (o Dio, per chi ci crede…) che ci ha generati “è quella lì”?
Silver(Quota) (Replica)
Trattiamo della questione aborto (QA) per ragionare sul se, sul come e sul quanto abbia a che vedere con la QM.
1- La mia opinione è che la QA, nel senso di legalità e pratica di massa dell’aborto, non sia direttamente implicata nella QM. Lo deduco dall’esistenza storica di società che ammettevano l’aborto (e peggio) senza per ciò essere né ginecocratiche né matriarcali. E sono durate secoli. Ovviamente se ne può discutere, perché la vera realtà psicologica e pragmatica delle società antiche (al di là delle leggi formali) è sempre oggetto di legittime contestazioni.
2- Neppure la questione se sia lecito uccidere o meno riguarda in sé la QM. Altrimenti si rovescerebbero le affermazioni femministe, dicendo che gli UU sono per la vita e le DD per la morte. Ipotesi che non merita commenti.
3- La QA riguarda invece la QM in quanto oggi nella decisione di abortire o di non farlo, il maschio non ha voce in capitolo. Subisce e basta. Ho più volte sottolineato il carattere prettamente strumentale della visione Choice for men Integrale. Visione che non pretendo sia fatta propria da nessun movimento e che può essere presentata in pubblico solo con molta cautela e all’interno di un ben determinato contesto. Però, assumerla pur se solo come prospettiva e presentarla anche solo come provocazione è dirompente. Riguardando sia il lato passivo (rifiuto) che quello attivo (rivendicazione) della paternità, manifesta il fatto che si tratta di una questione di potere e cioè di valore, non di calcolo egoistico (come sarebbe se si pretendesse solo il diritto al rifiuto) e neppure di una forma di antiabortismo (se presente solo la rivendicazione).
4 – Lato passivo: “Come tu decidi della tua vita io decido della mia”. Se si intende denunciare lo stato di inferiorità maschile e al tempo stesso rivendicare il medesimo potere sulla propria vita che ha D, a questo aspetto (negativo) non si può rinunciare. E qui non ha importanza se il feto sia o meno persona. Se D ha il diritto di risolvere i suoi problemi (veri, presunti etc.) rifiutando la maternità, il diritto simmetrico deve essere rivendicato in modo assoluto. Senza se, ma e però. L’aborto è un omicidio? Non importa. Qui importa solo la denuncia della disparità del potere: se D può essere assassina anch’io devo poterlo essere. Punto.
5- Lato attivo. Osando esporre la pretesa morale che la donna partorisca per il padre non si fa altro che pretendere questo: che l’aborto (non terapeutico) sia ciò che si dice, ciò che si grida, ciò che la legge prevede, ciò che si rivendica, insomma la sola cosa che può essere: la soluzione dei problemi (della madre) emergenti dopo il parto, e non qualcosa di diverso (come invece vedremo). Infatti se dopo il parto per la donna non ci sono problemi (perché il figlio se lo tiene il padre) il risultato è questo: che dopo il parto non ci sono problemi e che quindi non ci sono motivi per abortire. Il cavallo di battaglia di ogni motivazione all’aborto è: la D abortisce perché ne è costretta. La CfM Integrale svela la menzogna spudorata di questa affermazione. Infatti l’aborto viene parimenti rivendicato anche quando i problemi sono risolti (dal padre). L’aborto risolve i problemi della donna (veri, falsi, immaginari, etc – non ha importanza) post partum. Anche la consegna al padre risolve quei problemi, post partum. A allora perché l’aborto? Le motivazioni (le cause) sono scomparse ma l’aborto continua. Gatta ci cova.
Lo si rivendica e viene praticato senza remore in ogni caso, tanto che i padri in potenza che vorrebbero tenersi il figlio (non importa qui la motivazione) non sanno neppure a chi rivolgersi per ottenere questo minimo esito. Che è la pura e semplice conseguenza dei giuramenti femministi: D non abortirebbe se non ne fosse costretta. Invece rivendica il diritto di abortire lo stesso e abortisce comunque. Non è aborto terapeutico, non è aborto per problemi post partum. Quindi è un aborto di un terzo tipo. Non è A, non è B. Deve essere C. Necessariamente. Un terzo tipo di motivazione dunque, ossia un terzo tipo di aborto. Non ne avevamo mai sentito parlare.
6- Il 3° aborto. Il terzo tipo di aborto è quello che viene nascosto pudicamente sotto la depistante (e liquidatoria) affermazione: “Tu sei un uomo e non puoi capire!”. E cos’è che i maschi non possono capire? Quello che capiamo benissimo. E cioè questo: che se la donna (che intende abortire) porta avanti la gravidanza, può accadere che poi non se la senta più di rinunciare al figlio. La motivazione (demenziale) dunque è questa: “Abortisco perché se non abortisco va a finire che non voglio più abortire. Va a finire che il nato (dopo l’intera gravidanza e il parto) diventa per me più importante dei problemi che mi crea (problemi che adesso prevedo/immagino). Insomma va a finire che i problemi che oggi mi inducono ad abortire passano in secondo piano rispetto al legame con il nato. Va a finire che il figlio diventa la cosa più importante e io invece voglio che ci siano cose più importanti di lui”. “Tu sei un uomo e non puoi capire!”. Nasconde dunque la verità indicibile (e mai detta): “Abortisco perché se non abortisco va a finire che non voglio più abortire”. Ma si va oltre. Stiamo infatti parlando del caso in cui il padre rivendica il figlio e la D non ha da fare altro che partorirglielo. Se dunque accadesse che, una volta partorito, lei pure lo volesse tenere, ci troveremmo di fronte a questa “mostruosità”: che entrambi lo vogliono. Dunque, per evitare una simile (…aberrante) eventualità, la D abortisce. Il quadro allora è chiaro: il 3° tipo di aborto è un aborto contro il padre. L’esistenza del parto anonimo (peraltro civilissima legge che purtroppo in molti paesi non esiste) manifesta in modo eclatante la natura dell’aborto del 3° tipo. E’ un aborto rivendicato nel pieno tradimento dei propri giuramenti (i problemi post partum), nascosto sotto il mantello del “Voi non capite”, che nasconde una motivazione aberrante (“…se non abortisco ora potrei cambiare idea…) ed una criminale: la guerra contro i maschi e contro i padri. Sia il feto persona o plasma di cellule, meglio in discarica che al padre. E’ la guerra contro gli uomini.
Che i problemi post partum siano veri o falsi, che esistano o vengano rimossi persino come ipotesi, non cambia nulla. La D ha imperio assoluto sulla tua vita e non tollera che tu eserciti alcun diritto sulla tua.
Esponendo la pretesa morale che la donna partorisca per il padre non si fa altro che inchiodare il femminismo ai suoi stessi eterni giuramenti, smascherare l’egoismo autocratico che ne sta alla base e la finalità di annichilimento degli uomini. Choice for men Integrale non impone nulla alla D. E’ essa stessa che se lo impone quando giura che se non ci fossero problemi non abortirebbe. Tu le togli i problemi …e lei abortisce lo stesso. Abortisce contro di te. La D non viene costretta a nulla, se non a smetterla di mentire, a svelare la sua volontà di onnipotenza e di esautorazione degli UU.
Choice for men Integrale non può venire accettata né da Dx, né da Sx, né dal Centro. Lo so. Ma può giovare a tutti noi per fare del brainstorming e per scompaginare le carte, per spiazzare e confondere gli interlocutori, M ed F che siano. Di Dx, Sx, Centro. Adottandola in modo strumentale (non come programma politico) la si può maneggiare – con acume ma anche con disinvoltura – per menare fendenti in tutte le direzioni.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Da donna, vorrei porre una questione molto pratica: quando una donna resta incinta, per nove mesi il feto rimane dentro di lei, non c’è alternativa. Dal momento che è mio il corpo che lo ospita, è ovvio che devo essere io a dare il consenso perché questo avvenga. Nove mesi di gravidanza significano dover sopportare disagi fisici (nausee, vomito, squilibri ormonali e sbalzi di umore, quando va bene, stanchezza, spesso anche impossibilità a muoversi nell’ultimo mese, problemi a svolgere le normali attività e necessità di astenersi dal lavoro); possono comportare rischi per la salute della madre, che sia durante la gravidanza sia durante il parto può arrivare a rischiare la vita. Dunque, è necessario che la donna sia consenziente a sopportare tutto questo ed ad assumersene i rischi, non basta che l’uomo dica: “be’, partorisci, dopo che è nato al bambino ci penso io!”
Non si può espropriare una persona del proprio corpo per nove mesi senza il suo consenso (senza contare che a seguito del parto ci possono essere complicanze). Quindi è ovvio che non si può prevedere una forma di legislazione in cui l’uomo possa imporre in qualche maniera alla donna di portare avanti la gravidanza contro alla sua volontà: almeno non in uno stato che voglia far salvi i principi della democrazia liberale e i diritti del singolo individuo a disporre e decidere per il proprio corpo.
Il disconoscimento del figlio da parte della madre, invece, è già possibile per legge: dopo il parto, il bambino può essere riconosciuto solo dal padre. Ma più di questo, non vedo cosa si possa fare: il padre dovrebbe offrirsi di portare lui a termine la gravidanza al posto della madre, dentro al suo corpo. Visto che non si può, non può obbligare la madre a tenere dentro di sè un feto che non vuole.
galatea(Quota) (Replica)
Sono certissimo che non ce ne sia bisogno, tuttavia voglio comunque spendere due parole.
Galatea ha postato un commento sul sito degli Uomini Beta. Sul suo blog siamo stati più volte insultati non solo e non tanto da lei quanto da altri utenti di quel forum.
Ma questo non ha, qui ed ora, nessuna importanza. Gli insulti e le insolenze colpiscono chi li fa, non chi li riceve.
Galatea ha scelto di esprimere la sua opinione (nel merito specifico sul tema dell’aborto) sul nostro blog e lo ha fatto, in questo caso, con garbo e senza urtare la suscettibilità di nessuno. Di fatto sta scegliendo, con il suo comportamento, di partecipare ad una discussione che si era aperta fra noi, proprio sul tema dell’aborto. Una questione sulla quale, come tutti sapete, su questo sito, al di là della posizione ufficiale del Movimento, non c’è però una opinione condivisa da parte di tutti. Al contrario il dibattito resta aperto, come è giusto che sia.
Prendiamo atto della sua scelta e la accogliamo con altrettanto garbo e serenità d’animo.
Evidentemente, ed è un fatto dimostrato dalla sua scelta di scrivere su questo blog, ritiene che il nostro Movimento sia degno di attenzione e non solo di insulti.
E ha ragione perché in questo luogo di certo non ne avrà
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ckkb, sappiamo come la pensa Fabrizio.
Secondo me sbaglia, nel senso che non ha capito un “acca” della questione morale (Zarathustra vide molti paesi e molti popoli…. etc. etc.), non a caso si dichiara fieramente marxista, cioè uno che vede le dinamiche del mondo secondo logiche materiali (cioè femminili, “mater”) …. e non morali (immateriali, e dunque maschili).
Il risultato?
Pagherà le conseguenze per la propria ignoranza, come del resto tocca a tutti.
Ma cosa vuoi fare?
Stare a scrivere in tutti i post che l’aborto e blì blì blì , e che l’aborto e blà blà blà?
Essu’, e c’ha ragione che qui si sta fecendo del proselitismo, insomma “uomini beta” non è “maschi selvatici”, o si accetta la differenza e si contribuisce in qualche modo , che pero’ non vuol dire sfiancare il responsabile del movimento con argomenti contrari interminabili che lo occupano per quasi tutta la giornata, o la si rifiuta e ci si defila.
Io un contributo fattivo alla causa maschile la vedo in questi termini.
Animus
Animus(Quota) (Replica)
Galatea, non rispondo alla tua parte iniziale (il corpo è della donna, e le solite liturgie del caso),fondamentalmente perchè non mi interessa, l’ho già fatto troppo volte ed il tutto potrebbe essere liquidato con un perentorio “se non volete la gravidanza…perchè rimanete incinte?”, i tempi della cicogna, dell’ignoranza di massa, sono finiti, e dunque bypasso tutto perchè trovo molto più interessate la tua affermazione finale:
“il padre dovrebbe offrirsi di portare lui a termine la gravidanza al posto della madre, dentro al suo corpo. Visto che non si può, non può obbligare la madre a tenere dentro di sè un feto che non vuole.”
Ecco, è questo “visto che non si puo'” che mi strappa un sorriso, che mi avebbe fatto capire (se non lo sapessi già, da tremilista incallito), che qui si sta parlando di una questione di potere (sulla vita e dunque sul mondo), e non di diritto.
Leggi un po’:
http://it.wikipedia.org/wiki/Gravidanza_maschile#Gravidanze_extrauterine_e_possibilit.C3.A0_tecnica_nell.27uomo
Ora te mi vorresti dire, in tutta onesta, che saresti favorevole a questa “pari opportunità” visto che in realtà sembra che il limite sia ormai, nno piu’ tecnico, ma solo morale (fondamentalmente, le donne non vogliono).
Favole …. favole.
Siam qui, per raccontarci le barzellete.
Almeno dirne qualcuna che fa ridere…non trovi?
Animus(Quota) (Replica)
Io sono per l’inalienabilità dei diritti dell’individuo,pertanto nel caso specifico della scelta di abortire,anche per le implicazioni evidenziate da Galatea,l’ultima parola deve aspettare alla donna.
Credo cmq che la legge vigente debba essere migliorata a favore dell’uomo il cui destino dipende troppo dalla decisione che la donna prende.
Da laico penso che il discorso relativo a ciò che è bene per la collettività dipende dai valori su cui tale collettività si fonda.
Oggi viviamo in società così eterogenee dal punto di vista culturale che credo sia più giusto tutelare il più possibile i diritti del singolo individuo.
Questa tematica vede il conflitto tra morale pubblica e morale individuale e il significato stesso della morale (la vita del nascituro riguarda solo me?la collettività?..o appartiene a Dio?).
Secondo me la risposta a certe domande non può essere demandata ad alcun organo legislativo.
Luke Cage(Quota) (Replica)
Non ho letto tutti gli interventi sul tema dell’aborto che sono stati proposti in maniera molto approfondita da Fabrizio, Rino, Cesare, Armando… Personalmente non è un tema che mi abbia mai appassionato molto e, di conseguenza, non ho mai cercato di approfondirlo. Quindi non penso di poter dare un contributo originale al dibattito. Ho sempre pensato, però, che questo accapigliarsi tra uomini di Chiesa e femmniste su questo tema sia un pò patetico. Occorerebbe essere tutti un pò meno viscerali e un pò più razionali. Non ho difficoltà anche a scrivere che la posizione di Galatea è anche la mia. Trovo che la scelta di portare avanti una gravidanza spetti alla donna. L’uomo può accompagnarla in questa fase, consigliarla, ma non può sostituirsi a essa nella decisione da adottare. Comunque l’argomento è complesso e presenta, forse, anche aspetti che io ignoro.
Alessandro(Quota) (Replica)
Galatea: da donna, hai la tua posizione sul problema e nessuno, credo, la contesta. Io no di certo, quantomeno. Però c’è un dettaglio che mi colpisce del tuo commento e che secondo me la dice lunga su una certa politica del “due pesi, due misure”: la parola espropriare. Davvero tu vedi la gravidanza come un esproprio? Ed è sottinteso che l’espropriatore sarebbe l’uomo, chi altro potrebbe esserlo? Perché la gravidanza e il parto sono – a seconda della tesi che si intende sostenere volta per volta – la prova provata della divinità femminile, o un esproprio del corpo? Davvero le donne non possono assumersi la responsabilità di un fatto biologico che certamente può creare problemi, non si discute, ma che evidentemente ha anche un significato profondo per tutti, donne e uomini, tanto è vero che miliardi di donne hanno sopportato disagi e dolori in vista di questo significato profondo? No, ormai bisogna ridurre la questione all’individuo singolo elevandolo a metro e misura. A seconda della convenienza individuale, far nascere è l’atto supremo dell’universo che conferisce appartenenza al Divino, anzi, è divino in sé, oppure è l’atto più infame dell’universo perché vi è un esproprio del corpo, ovviamente imposto da altri e su cui la singola persona non ha potere decisionale o autonomia, innocente sempre e comunque (o irresponsabile? Boh). Mi sembra lo specchio della ben nota dicotomia Santa/Puttana.
Che la donna debba essere consenziente è ovvio. Non le si può imporre nulla, per legge o per altra via. Che ci siano disagi e rischi, non c’è dubbio. Che si possa rischiare anche la vita, non c’è dubbio. Ma il punto è che nella maggioranza dei casi questi disagi e questi rischi non sono così elevati, non richiedono una presa di posizione drastica che ci ponga tutti, uomini e donne, di fronte alla questione dell’Autodeterminazione. E, soprattutto, oggi una gravidanza è sempre meno rischiosa, sempre meglio assistita in termini medici. Se poi i rischi diventano obiettivamente gravi, è evidente che una donna può e deve scegliere in perfetta libertà cosa fare. Ma molte donne hanno affrontato l’esperienza e l’hanno superata senza traumi. E non vale dire “Tu sei un uomo e non puoi capire il dolore del parto”, per il semplice motivo che è un dolore che gli uomini, per motivi bassamente biologici, non potranno mai provare. Non si può e non si potrà mai sapere come reagirebbe un uomo, dunque manca l’esperienza condivisa per poter decidere chi ha più “coraggio” e chi meno. Nessuno ci può fare niente; è dunque sleale, profondamente sleale, opporre agli uomini la maggiore (o minore) pericolosità di una gravidanza come “prova di coraggio”.
Ma non è questo il punto. Se hai letto la discussione, e presumo di sì, vedrai che il punto centrale – perfettamente chiarito da Rino – è che l’aborto ormai è una questione di potere, proprio come ci viene detto da anni che lo stupro è una questione di potere. Nessuno sano di mente si opporrebbe al diritto di autodeterminazione della singola donna, che può scegliere o meno di concludere la gravidanza. Ci si oppone all’utilizzo strumentale che certe persone ne fanno. E’ la leva opposta alla violenza sessuale che un uomo può esercitare su una donna. Potere M su F; potere F su M. Se non vale il primo, non deve valere neanche il secondo.
Di fronte a una donna che gli dice “sono incinta di te”, un uomo perde totalmente la propria autodeterminazione. Non può scegliere. Potrebbe avere motivi meschini per rifiutare un figlio, ma potrebbe averne anche di ragionevoli. Esattamente come una donna. Solo che quelli dell’uomo non vengono presi in considerazione. Non esistono. Se rifiuta di partecipare, anche se ha motivi ragionevoli (lasciamo perdere i motivi meschini, per quelli esistono due rimedi sicuri: un cervello e un accessorio in lattice di gomma), è un infame. Se partecipa, la donna può comunque decidere a suo piacimento come comportarsi. E’ una persona onesta e ragionevole? Prenderà certe decisioni e sarà onesta e ragionevole anche in quelle, verso il padre e verso il figlio. Saremo tutti felicissimi. Ma se è una persona disonesta? Non ha alcuna importanza. Potrà lo stesso imporre la sua decisione al padre. E per il resto della vita. Se poi è una persona ragionevole e onesta, potrà comunque cambiare idea ed essere disonesta fra due, cinque, dieci anni; nessuno glielo può impedire e non subirà alcuna conseguenza, né morale, né di legge. Se la mettiamo come dici tu, la donna si fa “espropriare” per nove mesi, ma l’uomo si fa “espropriare” per il resto della vita. L’uomo divorziato deve pagare gli alimenti. E dopo il divorzio, ogni suo diritto dipende dalla maggiore o minore onestà e integrità morale della ex moglie. La quale può averne o non averne, è del tutto indifferente ai fini degli obblighi di legge dell’ex marito.
Si applichi dunque il criterio di uguaglianza: nessun vincolo o imposizione al diritto femminile di decidere della propria gravidanza, ma nessun vincolo o imposizione al diritto maschile di decidere se mettere in gioco la propria vita o meno come conseguenza di una decisione femminile su cui non si ha alcun modo o potere, neppure con la pura e semplice parola, per intervenire. La responsabilità sia totalmente condivisa, senza obblighi odiosi né facili vie di fuga per nessuno. Chi vuole sottrarsi, si sottragga e non sia punito (se non, ovviamente, per aver commesso un crimine direttamente correlato); chi vuole restare e partecipare, lo faccia e sia tutelato per la sua assunzione di responsabilità. Le persone oneste e ragionevoli sapranno decidere insieme; ma dove una lo sia e l’altra no, si tutelino le persone oneste e ragionevoli dagli abusi.
E’ di questo che si parla, non del diritto o dovere di “imporre” alcunché alle donne o “espropriarle”. Se ne parla perché i diritti e l’uguaglianza non sono a senso unico. Se ne parla non per frustrazione personale, per misoginia, per invidia: se ne parla perché si parla di diritti di tutte le persone oneste. E finora sembra che ci si stia muovendo per tutelarli solo da una parte.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
La tesi secondo cui la messa a disposizione della propria vita in senso lato può avvenire solo a condizione che ci sia la libera accettazione, vale forse solo per quel periodo della vita che da sempre per la stragrande maggioranza delle donne era stupendo e sono i nove mesi della gravidanza? non vale per chi è chiamato a mettere a disposizione la propria vita per la difesa di un essere umano in pericolo di vita? o per portare a casa il necessario per la sussistenza della famiglia? lasciando magari la vita venti/trent’anni prima per usura fisica e psichica? Sono libero infatti se andare o no in fonderia o in miniera o in terribile altra mansione se altrimenti i miei non mangiano? libero di rifiutare di assistere un vecchio, un malato, un minore, una persona non autosufficiente, con l’argomentazione che devo mettere in gioco il mio corpo e la mia vita, quando il mio rifiuto ne comporti grave pregiudizio della sua incolumità e della sua stessa vita? e se mai la legge me lo consentisse, che giudizio dovrei esprimere nei miei confronti? e il giorno malaugurato che ci dovessimo difendere da un’aggressione nemica, i maschi, sarebbero liberi di rifiutare di dare la vita? e non è stato sempre per i maschi un obbligo d’onore non solo per sè ma per evitare la morte civile dare la vita per salvare una donna o un bambino o chiunque o una intera comunità? Siamo stati e siamo tutti doverosamente incinti della fatica di reggere il peso della vita di un altro. E non possiamo abortirla questa vita altrui per la ragione che richiede l’impegno totale della nostra anima e del nostro corpo. E per tantissimi, direi la maggioranza, non si è trattato di nausee per nove mesi, quando ci fossero, e super assistite, ma di prove terribili e della propria intera vita, e dell’intero dono di sè. E non perchè lo si è scelto, ma perchè, per sentirsi ai propri occhi umani lo si doveva fare. La vita in pancia è la vita tout court, e l’altro in pancia è l’altro tout court. Splendidi concepimenti e splendide gravidanze e nascite e rinascite, questa è la vita. In questa equivalenza di significato e valore sta l’inaccettabilità morale, etica e psicologica dell’aborto. Da questa equivalenza deriva l’impatto devastante degli effetti dell’aborto sulla vita di tutti. Deriva l’inconsistenza di ogni spiegazione che lo legittimi. I maschi che amano le donne, fanno di tutto perchè l’aborto non sia più, così che non ci siano nè tragedia personale nè tragedia collettiva, e tantomeno si continui a chiamare diritto un atto contro l’Umanità.
ckkb(Quota) (Replica)
Caro Animus, io posso anche non capire un “acca”, ma permettimi di dire che tu sei un po’ “semplicista” e frettoloso nel tirare le tue conclusioni, per dirla con una eufemismo.
Inrtanto ho sempre detto che io sono marxista dal punto di vista metodologico e dal punto di vista dell’approccio interpretativo e non da quello escatologico. C’è una bella differenza.
Ho sempre sostenuto che il cuore della filosofia marxista è nella prassi e non nella sua declinazione “finalistica”, “meccanicistica”, deterministica” e spesso quasi “religiosa”, come purtroppo spessissimo è stato di fatto interpretato e soprattutto declinato. Ti inviterei a studiarlo ma è materia assai impegnativa e rischieresti anche tu di non capirci un “acca”…
Come seconda cosa il fatto di essere marxisti, (sempre dal punto di vista di cui sopra) nell’interpretare la realtà, la storia e i fatti, non significa essere “solo” marxisti nè tanto meno non interrogarsi sui tanti e vari aspetti dell’esistenza che non è fatta certamente solo di rapporti di produzione e di classe ma di tante altri elementi di natura psicologica, spirituale, morale, affettiva, umana ecc., certamente molto spesso interconnessi con i primi.
Sei convinto, molto dogmaticamente, come tanti uomini di destra (abbiamo finalmente svelato la tua reale appartenenza ideologica, stacci perchè non è una vergogna essere di destra, e tu lo sei…) che essere marxisti significhi essere quasi della macchine fredde e prive di sentimenti o di una vita interoriore.
Questo oltre che semplicistico, è molto presuntuoso da parte tua.
Ciò detto, nel mio post ce l’avevo con Armando e non con Ckkb, il quale devo dire, fa degli interventi e delle riflessioni non animate da uno spirto polemico fine a se stesso come secondo me fa Armando spesso e volentieri.
Anche perchè, e in questo hai perfettamente ragione, non si capisce il motivo per il quale uno che la pensa in modo diametralmente opposto a questo sito, debba incaponirsi nel portare avanti delle posizioni che non sono quelle del luogo dove le sta esplicitando.
Come hai detto giustamente tu, ci sono diversi siti del Momas dove ciascuno può trovare le proprie sensibilità e corrispondenze.
Questo non significa, lo dico per Armando, onde evitare fraintendimenti, che il suo contributo qui non sia gradito. Tutt’altro. Però mi pare che a volte si ecceda nel colpo su colpo. E questa è una sua caratteristica, del tutto personale, che non è invece di Ckkb, il quale, a mio avviso, è entrato perfettamente nell’ottica di idee di cui parlavi tu. Cioè dare un contributo ad un sito con una filosofia diversa dalla sua senza però ad ogni piè sospinto cercare di convincere i suoi aderenti o il fondatore che non hanno capito un “acca” delle cose…
Se il sottoscritto, in modo speculare, facesse un bombardamento ideologico quotidiano sul sito dei MS, penso che i suoi utenti si chiederebbero legittimamente cosa ci stia a fare su un sito di cui non condivide nulla.
E allora, come dici tu, viene il sospetto che ci sia un pizzico di “ragion politica”, diciamo così, in questo atteggiamento.
Sia chiaro, non è che il tutto rappresenti chissà quale problema. Anche perchè, nessuno si offenda, ritengo le posizioni degli altri movimenti maschili molto deboli e incapaci di poter ottenere risultati significativi . E’ solo che rischia solo di diventare, e lo è, a mio parere, una perdita di tempo.
Peraltro, lo dico con molta chiarezza, ho l’impressione che molti diano un’importanza eccessiva alla discussione sul blog. E’ importante, certo, perchè consente di confrontarci, ma il vero problema è lavorare fuori dal sito, parlare con gli uomini, esporsi, organizzarli. Sai quanto me ne può importare di stare qui per ore a sfiancarmi in discussioni sterili premendo le dita su una tastiera… Io sto organizzando (la prassi) due riunioni di uomini a casa mia in due diverse occasioni.
Ieri (piccola grande soddisfazione) durante una delle presentazioni del mio ultimo libro (che non ha nulla a che vedere con la QM), un mio vecchio amico che ho rincontrato dopo vent’anni, si è esposto in modo critico pubblicamente durante il dibattito nei confronti del femminismo, prima che io avessi pronunciato una sola parola nel merito. E d’altronde la riunione non era sulla QM ma su questo libro. Ma noi avevamo già parlato nelle settimane scorse… E non puoi capire che gioia vedere un militante della sinistra, ex Lotta Continua e poi Rifondazione, alzarsi in piedi e cominciare a mettere in discussione pubblicamente il femminismo. E già mi ha detto che in una di queste riunioni che sto organizzando porterà un altro nostro vecchio amico e militante politico di vecchia data. E al termine di quella stessa riunione, dove naturalmente il dibattito si è spostato su questi temi, un altro “vecchio” ex compagno e militante si è avvicinato a noi due solidarizzando ed esprimendosi favorevolmente alle nostre tesi. Risultato: incontro la prossima settimana sempre a casa mia anche con lui e con altri.
Questo è il lavoro da fare, per quanto mi riguarda, non i “pensatoi” di cui parlava Iulbrinner o le polemiche sul blog…
Ma per fare questo bisogna essere attrezzati, è necessario avere un determinato approccio interpretativo e pratico. Non tutti, per formazione, possono averli.
E allora vuol dire che lo faremo noi questo lavoro. Siamo nati per questo. Altri faranno i “laboratori”…
E chi ha più filo da tessere, tesserà…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Animus, un antico detto sapienziale domanda: con chi si può fare la pace se non con chi è nemico ( fermo restando che Fabrizio fa parte del medesimo campo di battaglia della QM e lo considero un amico). Mi sembra pertanto che si possa anche domandare: e con chi si dialoga se non con chi è in disaccordo? Comunque rispetterò senz’altro le regole dell’ospitalità.
ckkb(Quota) (Replica)
Cerco di rispondere a tutti, in ordine.
@Animus: “Galatea, non rispondo alla tua parte iniziale (il corpo è della donna, e le solite liturgie del caso),fondamentalmente perchè non mi interessa”. Veramente il problema non è che il corpo della donna è della donna, ma che anche il corpo dell’uomo è dell’uomo: sul corpo di un individuo, sia esso maschio o femmina, io, in tutta coscienza, non mi sento legittimato/a imporre alcunché se lui/lei non accetta. Quindi non vedo come si potrebbe imporre ad una donna che non lo accetta di portare a termine una gravidanza, esattamente come non vedo come si possa imporre ad un uomo di sottoporsi forzatamente ad un operazione o ad una cura, se non è sua intenzione. Il sesso non c’entra, è una questione di diritti dell’individuo, riconosciuti, fra l’altro, dalla nostra Costituzione.
“Il tutto potrebbe essere liquidato con un perentorio “se non volete la gravidanza…perchè rimanete incinte?”,” Se la biologia non è una panzana, credo che per rimanere incinte ci voglia la fattiva cooperazione di qualcuno, quindi l’argomento è perfettamente ribaltabile: evidentemente entrambi in quel momento credevano alla cicogna o non avevano ben capito come funzionano gli apparati riproduttori, o c’è semplicemente stato uno sventurato incidente (Hai presente? I preservativi che si rompono…) . Se non hanno preso le dovute precauzioni, la responsabilità è quindi ripartibile al 50%, no? O forse la contraccezione e il controllo delle nascite sono un problema esclusivamente femminile? Strana, come idea, soprattutto da parte tua, che poi accusi le donne di voler riservarsi il “potere” sulla riproduzione.
“Ecco, è questo “visto che non si puo’” che mi strappa un sorriso, che mi avebbe fatto capire (se non lo sapessi già, da tremilista incallito), che qui si sta parlando di una questione di potere (sulla vita e dunque sul mondo), e non di diritto.”
Allo stato attuale delle cose, non mi risulta che si possa, per legge, neppure pensare a soluzioni del genere: anche qualora tecnicamente possibili, la vedo dura, in Italia, proporre qualcosa di simile: siamo in una nazione in cui persino la fecondazione in provetta fra coppie regolarmente sposate viene boicottata con ogni mezzo. Se un domani si potesse davvero offrire una alternativa del genere, ovvero il padre diviene incinto, guarda, io non avrei nessun tipo di problema: se i due sono d’accordo, non ci vedrei nulla di moralmente eccepibile. Ho dei forti dubbi però che molti uomini prenderebbero in considerazione una soluzione del genere, perché gli scrupoli “morali” in materia non sono femminili o maschili, ma trasversali a uomini e donne.
Quanto al “potere” cui tu fai riferimento: credo che una donna che decide di abortire a tutto pensi tranne che al “potere” che può o meno esercitare sul maschio in quel frangente. Sono situazioni talmente pesanti per la coppia che deve prendere una simile decisione, che il “potere” ed il “femminismo” penso siano davvero le ultime idee che vengano minimamente prese in considerazione.
galatea(Quota) (Replica)
@Luca Cage: La risposta alla domanda non può essere demandata ad un organo legislativo, ma la regolamentazione di una prassi sì: è compito della legge fissare i paletti. Oggi come oggi, la legislazione non può considerare i diritti del nascituri pari a quelli della madre, per il semplice motivo che il nascituro non è ancora un individuo pienamente autonomo, quindi non può essere considerato pienamente titolare di diritti, mentre la madre sì. Al momento della nascita, egli diventa un individuo al pari della madre, prima no. Lo sbilanciamento apparentemente a favore della madre che tu denoti è moralmente comprensibile (io credo che un uomo che desidera un figlio soffra terribilmente se la sua compagna decide di abortire e possa ritenere che la sua vita sia sconvolta da questa decisione). Ma a lume di logica, la verità resta pur sempre quella di prima: il feto, finché non viene alla luce, è una appendice non autonoma del corpo della madre, e la madre non può essere costretta a diventare un “contenitore” se non è lei ad accettarlo. Per cui, non vedo via di uscita, allo stato delle cose.
galatea(Quota) (Replica)
Caro Cesare, per quanto mi riguarda non hai mai mancato di rispetto alle regole dell’ospitalità. Ho appena postato un mio commento in cui spiego la mia posizione nel merito.
Ciò detto, se qui in parecchi hanno tempo da perdere (e non ce l’ho con te, lo dico espressamente), facciano pure. Io ho altro da fare.
Peraltro (ma solo fino ad un certo punto…) mi sorprende tutta questa presenza di uomini di “destra” su questo sito che insistono, intervengono, si incaponiscono (benvenuti, sia chiaro…). Perchè?
Gatta ci cova, direbbe Rino. Vuol dire evidentemente che tutta questa convinzione nelle proprie posizioni non c’è. Oppure ancora vuol dire che si coglie che da queste parti si sta muovendo qualcosa.
E hanno ragione. Si sta muovendo…Prima di quanto mi aspettassi io stesso…
Rischiano di rimanere indietro i suddetti amici…E io me lo auguro perchè significherebbe che la nostra strada è quella giusta. Cosa di cui, permettetemi di dire anche se penserete che sono presuntuoso, non ho dubbi.
Se c’è una possibile strada, per la QM, è questa che stiamo percorrendo.
Fate una cosa, incaponitevi con Galatea. Anche lei mi pare una che abbia tempo da “investire”, diciamo così, in discussioni.
Chi invece vuol lavorare alla causa mi faccia un fischio.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@Marco Pensante: credo che non ti sia chiaro che il mio intervento riguarda un caso ben preciso e ben delineato: quello in cui una donna incinta decida di abortire anche se il compagno è contrario e pur se quello si è offerto di prendersi cura del bambino dopo la nascita. Di questo si parlava e da qui è partito il mio commento. Si diceva infatti che in questo specifico caso si sarebbe potuto o dovuto trovare un escamotage di legge che costringesse, in pratica, la donna a portare a termine la gravidanza per poi affidare al padre il figlio in via esclusiva. Ti pregherei quindi, prima di iniziare a controbattere, di controllare di cosa si stia effettivamente parlando.
La gravidanza, quando sia accettata dalla donna, non è certamente un esproprio; ma se uno mi dice che siccome lui vuole che il bambino nasca, allora io in qualche modo vengo costretta a diventare una specie di contenitore a tempo, nonostante tutti i disagi ed i rischi che ciò potrebbe comportare per la mia salute, be’, questo non è nemmeno un esproprio, è sequestro di persona e violenza privata. Ripeto, qui si continua a discutere di questo fatto come se io stessi portando delle argomentazioni “femminili” o prenda questa posizione perché donna: in realtà io sto semplicemente portando delle argomentazioni che sono basate sui diritti inviolabili dell’individuo,a prescindere dal sesso. Che io parli di una gravidanza o parli di una appendicite, non cambia: o la donna è un individuo, e quindi ha piena facoltà, a meno che non la di dimostri incapace di intendere e di volere, di decidere eventualmente di non sottopori ai rischi e ai disagi di una gravidanza (o di accettarli in piena libertà, anche quando questi comportino una alta probabilità di morte: si veda i casi citati sopra di donne che non hanno voluto sottoporsi alla chemioterapia per far nascere il bambino), o si decide che la donna non è un individuo, e allora non le si deve concedere alcun diritto, mai. Non c’è una terza strada, sta a voi decidere quale delle due tesi sposare, semmai.
galatea(Quota) (Replica)
@Marco Pensante: Piccola appendice. Faccio presente inoltre che gli obblighi dell’uomo per legge sono verso il figlio che è nato, non verso la donna che l’ha fatto anscere. Mi pare che tu faccia un po’ di confusione fra quelli che possono essere obblighi “morali” (se una ti dice che è incinta di te tu ti senti obbligato a prendertene cura) e quelli che sono obblighi legali.Nel caso in cui una donna e un uomo concepiscano un figlio senza essere sposati, il padre naturale può riconoscere il figlio spontaneamente, oppure si può procedere al riconoscimento di paternità con il dna, per esempio. Ma questa possibilità non è una forma di tutela per la madre, ma solo per il bambino: è quest’ultimo che, una volta nato, secondo il dettato costituzionale, ha il diritto di essere mantenuto da entrambi i genitori (quindi anche dal padre naturale) fino alla maggiore età o all’indipendenza economica. Questo perché non sarebbe possibile creare una categoria di cittadini di serie B, che non hanno padre e sono tagliati fuori dall’asse ereditario rispetto ai fratelli ed alle sorelle riconosciuti o nati in costanza di matrimonio. La donna, in quanto tale, non riceve nulla dal padre, se non la quota di mantenimento per il figlio; se sono stati sposati e divorziano, potrà eventualmente chiedere, se ne ha diritto, alimenti, che però sono calcolati a parte e non hanno nulla a che fare con i soldi che il padre versa per il mantenimento della prole.
Il fatto che il procedimento di riconoscimento di paternità venga di solito intentato dalla madre dipende dal fatto che, nella maggioranza dei casi, è la madre il tutore del minore; ma, dopo essere stato riconosciuto genitore, il padre può presentare istanza per avere la custodia del bambino, nel qual caso, ove gli venga assegnata, non dovrà più versare alla madre alcuna quota di mantenimento, ma si limiterà a provedere lui direttamente alle esigenze del figlio.
galatea(Quota) (Replica)
“come tanti uomini di destra……che essere marxisti significhi essere quasi della macchine fredde e prive di sentimenti o di una vita interiore.”(Fabrizio)
Invece quando vedo e sento parlare Berlusconi, Gasparri, la Russa, Borghezio, Calderoli, Licio Gelli(loro maestro spirituale), ecc..mi arrossisco, il cuor mi sbatte soavemente..e infine altrettanto soavemente esclamo: “Ah..l’ Amour…” 😛
A parte gli scherzi, a questo punto io ritengo che la discussione aborto sì, aborto no, non sia più utile anche perchè non si troverà mai un punto d’incontro, date le più diverse e inconciliabili posizioni su temi di natura socio-etico-politica, espresse.. Mi pare che tutte le posizioni qui espresse mi sembrano abbastanza nette e acquisite per poter lasciare uno spiraglio di accordo e convergenza. E’ un pò come discutere se “ti piacciono più le bionde o le more?”. Questione di gusti…..
Allora, presone atto di ciò, non sarebbe più utile discutere se sia giusta o meno una legge che regoli l’aborto, cioè l’attuale194, e se sì come debba essere e se debba essere modificata tale legge?? Voglio che sia se l’aborto è vietato sia che non è vietato, comunque si abortisce. Se è legale, si abortisce legalmente; se non è legale, si abortisce clandestinamente. Ma,legale o non legale, sempre aborto è.
A mio modesto avviso, questa dovrebbe la base del tema di discussione sull’aborto. Di sicuro, ci sarebbe una maggiore possibilità di trovare dei pur piccoli e pochi punti d’incontro.
Icarus.10(Quota) (Replica)
@fabrizio: “Fate una cosa, incaponitevi con Galatea. Anche lei mi pare una che abbia tempo da “investire”, diciamo così, in discussioni.”
No, in realtà le discussioni mi annoiano a morte, e ho di meglio da fare: sono intervenuta solo perché mi pareva il caso di puntualizzare un paio di cose che avevo letto, e poi ho ritenuto educato rispondere ai commenti che avevo suscitato, come si fa, di buona norma, fra persone civili. Siccome dal tono piuttosto sprezzante della tua notazione, mi pare chiaro però che ciò sia considerato da te tempo perso, ti saluto.
Auguri per la Tua rivoluzione, caro Fabrizio.
galatea(Quota) (Replica)
Fabrizio,
io Marx l’ho letto, (specialmente “l’ideologia tedesca”), ma sarà un mio limite, lo ammetto, non riesco proprio ad apprezzarlo, lo trovo grossolano (rispetto ad es. a Nietzsche che è incomparabilmetne piu’ “sottile”)….
Insomma per me Marx, pure essendo da un certo punto di vista opposto, è come Freud, vanno bene per i nuovi concetti che hanno introdotto nella storia del pensiero, tanto di cappello, ma guai a scambiarli per profeti.
Poi ripeto, probabilmente è un mio limite il fatto di non riuscire ad apprezzarlo.
Animus(Quota) (Replica)
Eh,eh, le solite panzane che immaginavo e che non meritano nessun approfondimento.
Bello comunque il ribaltamento, in questo caso ci si limita alla legge (manco le leggi non potessero essere cambiate…quelle che non interessano ovvio) e specialmente qui ci si preoccuopa di cosa sentirebbe l’uomo, “Ho dei forti dubbi però che molti uomini prenderebbero in considerazione una soluzione del genere”.
Ma guarda un po’ … se questa non è empatia.
Animus(Quota) (Replica)
Non litighiamo tra noi: destra o sinistra, l’importante e’ la Q.M.
E apprezziamo anche l’intervento di Galatea che dimostra volonta’ al dialogo.
detto questo, non si puo’ negare che questo thread abbia svelato importanti aspetti sul’aborto, questione difficile e spinosa.
Sull’aborto in caso di rischio per la madre, a mio avviso c’e’ poco da discutere. la madre ha il diritto di salvare la propria vita, come tutti.
Dove invece non ci siamo, e’ sul fatto che la donna e’ padrona del suo corpo e quindi puo’ decidere, anche in assenza di rischio, di abortire. Innanzitutto, senza padre una donna incinta non ci rimane.
Inoltre, il feto non e’ ancora nato e senza una patologia nascerebbe. Non e’ solo un gruppo di cellule, tant’e’ che da latri gruppi di cellule non nasce nulla. Dall’embrione, e da l feto dopo, nasce un individuo. la madre ha la possibilita’ di disconoscere il figlio, il padre non puo’ mai disconoscere il figlio.
Se il padre vuole il figlio e la donna no, e non c’e’ nessun rischio per lei, l’aborto diventa una questione di potere asimmetrico.
E qui bisogna notare come la donna, in tutti i casi in cui puo’0 esercitare un suo potere, lo esercita e si sente nel diritto di farlo. laddove le sue possibilita’ non glielo permettoono ella esige facilitazioni per raggiungere una relativa uguaglianza ( facilitazioni varie nei lavori dove la donna ha deficit di forza, statura ecc ).
Inoltre continua ad essre esentate dalle mansioni veramente dure.
L’uomo invece non esercita i suoi poteri ( es la maggior forza fisica, e l’attitudine a deter+minati ruoli ). Anzi, si fanno leggi che
alterano i naturali dati di fatto.
vediamo ormai esaltati gli atteggiamneti aggressivi femminili che anche fisicamente aggrediscono l’uomo, in quanto egli non deve reagire, perche’ piu’ forte. Ma proprio perche’ piu’ forte l’uomo dovrebbe reagire, e anzi , la donna non dovrebbe neanche pensare di attaccare l’uomo e passarla liscia. L’uomo dovrebbe usare il suo potere, in questo caso la forza, cosi’ come la donna esercita il suo potere e elimina un embrione che , senza malattie o traumi, diventerebbe un essrer umano. Il trauma o la malattia, in realta’ e’ in questi casi la donna.
per quanto riguarda i rischi e i dolori del parto, sarebbe ora di finirla, per noi uomini di inchinarsi a questa storia. Una gravidanza oggi e’ medicalmente assistita. Costa al SSN piu’ di un tumore e , riguardo al dolore , consiglio alle donne di provare una colica renale , di quelle che rispèondono parzialmente ai narcotici. Quelle che hanno fattoi la prova, si sono ricredute, altro che dire sempre voi uomini non potete sapere.
Si, mavoi donne non potete sapere cosa voglia dire essere investiti da acciaio fuso e morire dopo un mese in un reparto grandi ustionati.
A noi uomini occidentali sta bene, abbiamo adottato la mentalita’ degli schiavi, e queste sono le legittime conseguenze. Alle donne non piacciono gli schiavi e faremo bene a mettercelo in testa.
A proposito, che si pensa dell’utero artificiale ? Gli studi ci sono
ilmarmocchio(Quota) (Replica)
Veramente, cara Galatea, che tu possa crederci o no, non ce l’avevo affatto con te, ma con alcuni utenti del blog che amano perdersi in interminabili polemiche fini a se stesse. Era con loro che ce l’avevo e non con te.
Mi sono espresso in quel modo solo per un motivo. E cioè che tu, presumo, hai aperto un blog che ha la sola finalità di far discutere le persone mentre per me e per quelli che sono con me la finalità è ben altra. E cioè costruire un Movimento di uomini in carne ed ossa capace di “bucare” il muro di gomma del sistema nel quale viviamo e di provare a trasformare, per quanto è nelle nostre possibilità, lo stato di cose presenti, cioè la condizione in cui si trova a vivere oggi la grnde maggioranza degli uomini: gli uomini beta. La famosa “mia rivoluzione” di cui parli tu… Un progetto, se permetti, un “tantinello” (come si dice a Roma) più impegnativo, gravoso e anche un po’ più rischioso del tuo. Un'”ambizioncella” che richiede grandi energie, grande impegno e grande coraggio. Credimi, è così. Per queste ragioni ritengo che sia molto più importante investire le nostre risorse in questa grande progettualità piuittosto che dispederle, soprattutto fra di noi, in interminalbili quanto spesso sterili discussioni (non è il caso di questa in particolare).
Anzi, ritengo positivo e apprezzabile il fatto che tu sia venuta a discutere e ad esprimere civilmente la tua opinione su questo sito e ti ringrazio sinceramente per questo. Torna quando vuoi. Anche perchè, peraltro, anche se con motivazioni e da punti di vista larghissimamente se non quasi completamente diversi dai tuoi, sulla questione specifica, come credo già sai perchè mi avrai letto, la mia posizione finale, estrema ratio, finisce col coincidere con la tua. Anche se per strade del tutto diverse (quella sulle nausee e i disagi vari, devo dare piena ragione a Ckkb, te la potevi veramente risparmiare…)
Voglio altresì sottolineare che, come vedi, il dibattito, per merito di tutti, e quindi anche per il tuo, è stato assolutamente civile.
Il contrario, consentimelo perchè è la verità e lo sai anche tu, di ciò che è avvenuto sul tuo blog dove siamo stati ingiuriati, insultati, peraltro in modo molto maldestro con il solito frasario di rito: sfigati, frustrati, segaioli e altre amenità del genere.
Grazie del tuo contributo e a risentirci presto.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Siccome dal tono piuttosto sprezzante della tua notazione” (galatea)
Invece sfottere e deridere gli uomini soli e poco fortunati in campo sessuale e sentimentale-alias “sfigati” e “segaioli”- non è “sprezzante”, per la Galatea. Sarebbe il galateo declinato al femminile. Stà bene.
Mah, un mondo alla rovescia.
p.S: fabrizio, non vedo pubblicato un mio commento sull’aborto, in cui invitavo tutti a soffermarsi non tanto se sia lecito moralmente o meno(de gustibus…), quanto invece come devono essere le leggi che lo regolano.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Animus, a me personalmente che tu non apprezzi Marx non me ne può fregare di meno, come si suol dire. Io, a differenza tua apprezzo sia Marx che Nietzsche e diversi altri.
Ma il “problema” (si fa per dire…) non è questo. E’ che non puoi permetterti di dire ad uno che non la pensa come te che non ha capito un “acca”. Puoi tutt’al più dire che non ha le tue stesse opinioni.
Perchè siamo alle solite, se io andassi sul sito dei MS a dire che quelli non hanno capito un “acca”, secondo te quali sarebbero le reazioni?
Riflettici e apprezza quanta liberalità e tolleranza hanno i marxisti, per lo meno su questo sito. Siamo talmente chiusi e dogmatici in questo luogo che ci sono tutti, ma proprio tutti, a discutere e ad esprimere le loro opinioni. Uomini di sinistra, di destra, marxisti, post marxisti, socialdemocratici, tradizionalisti, noetradizionalisti, conservatori, fascisti dichiarati, leghisti, anarcoidi di varia natura. Non mi pare, devo essere onesto, che su altri siti ci sia tutta questa ricchezza e varietà di opinioni…Mi pare di ascoltare sempre le solite sinfonie…O mi sbaglio? Sperando sempre in un pizzico di onestà intellettuale…
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“E’ che non puoi permetterti di dire ad uno che non la pensa come te che non ha capito un “acca”.
Fabrizio, uno che si occupa di qm, e dice che a lui il tema “aborto” è indifferente (senza tutte le sfaccettature che ha evidenziato Rino, e che comunque evidenzia invece quale è il problema centrale, che non è l’aborto i se stesso (coem lo è per Cesare), ma la legislazione sull’aborto, ) per me, e per chiunque conosca l’abcedario della qm, significa che sulla questione morale, non c’ha capito un “acca”.
Che poi questa mia sentenza non ti piaccia (puoi trovare conferma privata da Rino), beh, lo posso benissimo immaginare.
Animus(Quota) (Replica)
“Oggi come oggi, la legislazione non può considerare i diritti del nascituri pari a quelli della madre, per il semplice motivo che il nascituro non è ancora un individuo pienamente autonomo, quindi non può essere considerato pienamente titolare di diritti, mentre la madre sì.”
Mai sostenuto il contrario.
“Lo sbilanciamento apparentemente a favore della madre che tu denoti è moralmente comprensibile”
Non sono d’accordo.
Come ribadito da Ckkb e da Marco Pensante e da Marmocchio lo sblianciamento legislativo vigente tutela in maniera asimmetrica i diritti e l’interesse della donna anche eventualmente a scapito del “padre” che tale non vuole diventare (come nel caso delle gravidanze “carpite” con l’inganno,”ho preso la pillola “ quando invece non è vero..).
Fabrizio ad Animus :“Non mi pare, devo essere onesto, che su altri siti ci sia tutta questa ricchezza e varietà di opinioni…”.
Eh,Animus questo lo sa molto bene….non per niente ti consigliava di bannare qualcuno…
In effetti questo non è un FORUM ove si cerca di trovare una sintesi comune su come debba essere inquadrata la Questione Maschile (le posizioni sono inconciliabili),ma uno spazio culturalmente schierato dove si può condividere,partendo da presupposti elencati nei principi del Movimento, riflessioni ed opinioni su come conseguire gli obbiettivi che tale movimento si è posto.
Credo che qui nessuno abbia bisogno di essere catechizzato,siamo tutti adulti e vaccinati.
Il confronto ci può stare ma bisogna di base avere onestà intellettuale e,aggiugerei RISPETTO verso gli interlocutori (certi atteggiamenti supponenti del cazzo concediamoceli in spazi dove vengono tollerati,non qui..).
Tra l’altro,molto curiosamente,i post e i commenti sugli articoli dove vengono evidenziati i risvolti sociali dell ‘emarginazione degli uomini beta sembrano da taluni oculatamente evitati quando è ormai chiaro che è da quegli ambiti che questo movimento ha deciso di partire ( e non tanto dibattiti che tra l’altro uno può andarsi a rivedere nei vari forum linkati anche su questo sito ,oppure su altri siti/blogs come MS).
Cioè, quel che vorrei dire in sintesi è che se qualcuno pensa che questa sia una tana di sinistroidi incalliti, idealisti con i quali più di tanto è inutile ragionare e sui quali ormai la storia ha definitivamente espresso il suo verdetto, abbia per lo meno la serietà di continuare la discussione altrove,dove sicuramente avrà modo di gratificare il proprio narcisismo rimanendo però abbarbicato come direbbe Barnard,nella solita “parrocchietta”,dove ci si conta,si vedono sempre le stesse persone,si dicono le stesse cose mentre il resto mondo continua andare per la propria strada.
Luke Cage(Quota) (Replica)
Caro Animus, innanzitutto io non ho detto che non considero l’aborto una questione importante, ho detto che non è nelle mie corde e, per quanto mi riguarda non è centrale (come la questione del padre) come è invece per altri movimenti maschili. Ho spiegato già innumerevoli volte quale sia la mia interpretazione della Qm, peraltro evincibile dagli articoli che pubblichiamo.
Come seconda cosa il fatto di non occuparsi prevalentemente di questa questione non significa affatto che uno non abbia una morale, Non è che aborto e questione morale siano la stessa cosa. Un tale di nome Kant si è occupato di morale ben prima che si parlasse di aborto…
In terzo luogo, visto che questa è la tua posizione, espressa con molta chiarezza, sei sempre libero di levarti dai coglioni e andare a insultare la gente dandole dell’ignorante e dell’amorale come hai fatto con me (lo hai scritto sui tuoi due post, non me lo invento) su siti più vicini alla tua filosofia.
Non vedo per quale ragione dovresti continuare a stare qui dal momento che consideri tale il sottoscritto, cioè il fondatore di questo sito.
Io sono di sinistra e tu sei di destra (perchè è così, lo sei come tutti quelli che dicono che non sono nè di destra nè di sinistra), io sono un ignorante e tu sei colto, io non ho morale nè posso averla perchè essendo marxista sono un fredda macchina da guerra, non vedo le ragioni, anche nel tuo caso, di questo incaponimento.
Ma scusate, ma non c’è il sito dei MS per discutere delle vostre cose? Vorrei che qualcuno mi spiegasse il mistero, forse Ckkb che mi pare a questo punto l’unico degno di nota di questo gruppo di, non so come definirli perchè quello che dico sbaglio: di destra, non di sinistra, tradizionalisti, neotradizionalisti, conservatori (non va bene neanche questo), rivalutatori del fallo (improprio…), antiabortisti, cattolici integralisti (si incazzano), cattolici liberali (neanche), anarcoidi di destra, quelli che vanno oltre la destra e la sinistra (e quindi di destra), ex stalinisti pentiti, spretati del comunismo e ora “impretati” in quell’altra chiesa che hanno combattutto per una vita e che ora invece gli sembra l’unica ancora di salvezza…(come Rutelli, solo che quello si faceva le canne con Pannella e predicava anche lui l’aborto prima della conversione…).
Insomma ci dicessero loro quello che sono. Non è affar nostro.
Cesare, se ci sei batti un colpo, portati queste anime perse sul tuo sito e dagli ascolto. Non vedo perchè dovrei farlo io, scusa tanto. Mi sembra veramente una contraddizione in termini.
Oppure, ragazzo mio, fatti un tuo sito, un tuo movimento, inventati qualcosa, come Iulbrinner (che non farà mai un cazzo neanche lui perchè non ha palle, è un’altro parolaio di professione, è proprio il caso di dirlo), se ne sei capace, e fatti il tuo giocarello.
Francamente, te lo dico in tutta sincerità, per quella che è la nostra strategia, di uomini che la pensano come te e simili non sappiamo cosa farcene. Siete completamente inutili, dal mio punto di vista.
Dirò di più, tutti, ma veramente tutti, hanno capito perfettamente, senza che glielo spiegassi io, come ci si doveva comportare con Galatea. Tu sei stato l’unico che non ha capito un cazzo, tant’è che tu stesso mi hai chiesto di modificarti il post perchè non avevi fatto in tempo a leggere il mio messaggio in cui invitavo al rispetto e alla calma.
Le abbiamo dato una lezione di galateo (a Galatea), è il caso di dirlo (complimenti a tutti per il senso tattico e per il senso civico innato), a lei e a tutti i suoi amichetti, nonostante fossimo stati irrisi e insultati sul suo blog. L’unico che non ha capito nulla sei stato tu.
Pensa che campione di sensibilità, acume psicologico, lucidità e tattica. Bisogna spiegarti le cose come ai ragazzini, eppure hai un’età. Dovresti aver affinato certi strumenti.
Ragazzi, qui si viene per discutere, poi che siate di destra o di sinistra può essere secondario, ma si viene per discutere, non per distribuire insolenze gratuite.
Io non mi sognerei mai (intanto perchè non lo penso) di andare sul sito dei MS e dare dell’ignorante e dell’amorale a Cesare o a Risè.
E se anche lo pensassi non glielo andrei a dire anche perchè, a quel punto, non frequenterei quel sito. Posso frequentare il sito di gente che considero ignorante e priva di morale o che non capisce nulla di morale?
Cerchiamo di imparare a vivere, da adulti, possibilmente.
Ciò detto, spero di non perdere più tempo con simili sciocchezze; ho ben altro da fare, come spiegavo anche a Galatea e come spiego a tutti da tempo, che stare qui a perdere tempo con queste menate di bassissimo profilo.
Il sito non è un luogo di chiacchiericcio ma di discussione e di confronto serio. Così come non è la finalità ma uno strumento. Il fine è la costruzione del Movimento d cui il sito è un mezzo, un pezzo importante di un lavoro ben più grande e vasto che stiamo cercando di fare, sulla base dei principi, dei valori, della strategia e dei programmi che ci siamo dati e ai quali qualcuno di voi ha già aderito formalmente.
E’ giunta l’ora di parlarci chiaro. Chi ci vuole stare ci stia ed è il benvenuto. Chi non ci vuole stare se ne può tranquillamente andare per la sua strada. Se vuole è libero di esprimere la sua opinione sul blog, nessuno di certo glielo vieta, ma non di insultare nè di farci perdere tempo.
Punto.
Ancora una volta, invito tutti a evitare stupidi cicalecci, a rimboccarsi le maniche e a lavorare sodo.
Lo dico per l’ultima volta. QUESTO NON E’ UN GIOCO. Chi vuol giocare se ne vada da un’altra parte.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Eh sì, “gli obblighi dell’uomo per legge sono verso il figlio che è nato”. Sì, ma quousque tandem?
Le leggi sono a tutela dei figli…
*sospiro*
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Caro Marco Pensante (è il caso veramente di dirlo…), ho apprezzato moltissimo il tuo post in risposta a Galatea. Equilibrato, lucido, puntuale, articolato ma semplice e chiaro negli intenti, nei contenuti e nel messaggio.
Ottimo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
>Un tale di nome Kant si è occupato di morale ben prima che si parlasse di aborto.
Un tale di nome Adorno, marxista come te, ma al quale, permettimi di dirlo Fabrizio, tu arrivi giusto alle caviglie (forse, ma non credo nemmeno…), ha espresso su Kant e sugli imperativi (morali) kantiani un verdetto “chiaro e tondo”:
Sono tutte cazzate.
(In dialettica dell’illuminismo).
Animus(Quota) (Replica)
Ok, hai detto la tua, ti lascio l’ultima parola, Adesso puoi sgomberare il campo e lasciarci lavorare.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Galatea sulla questione aborto.
“il nascituro non è ancora un individuo pienamente autonomo, quindi non può essere considerato pienamente titolare di diritti, mentre la madre sì.”
Cara Galatea, se è per questo neanche il neonato è pienamente autonomo, neanche il demente lo è, neanche il genitore vecchio e malato lo e’. Anche tutti costoro ci pongono di fronte ad una questione fondamentale della vita: l’altro, il prossimo, e il rapporto che instauro con lui. Certo, mi impediscono di fare la mia vita liberamente e li posso abbandonare a se stessi o invocare che sia lo stato a pensarci. Certo, è questione di scelta, non di obblighi.
Ed a proposito di scelta, non ti sembra ci sia uno squilibrio fra la costrizione (morale, s’intende) del proprio corpo per nove mesi nove, avendo poi la possibilità di lasciare il bambino, e l’eliminazione di una vita umana?
A me sembra di sì, che lo squilibrio esista, e che chiami in causa altro. Da maschio sono necessariamente estraneo alle dinamiche psichiche di una donna incinta, o meglio ho dinamiche diverse, ma alle volte l’occhio di chi è esterno vede cose che chi è coinvolto emotivamente non riesce a cogliere.
Perchè le donne si avvalgono così poco della possibilità di partorire e lasciare il bambino in adozione? Non sarà perchè , inconsciamente o meno non importa, considerano il figlio come cosa propria, con ciò rivendicando un diritto supremo di vita o di morte su di lui? Io penso sia così, anche se è difficile, e lo capisco, dichiararlo.
armando
armando(Quota) (Replica)
Avevo detto che non avrei controreplicato, ma Fabrizio mi ha nuovamente chiamato in causa. Non su gli argomenti che ho portato, certo opinabili come quelli di chiunque altro, ma su questioni personali (intenzioni, vis polemica, etc ) che nulla c’entrano, specialmente sul tema. Ma anche in precedenza, quando avevamo parlato di dx e di sx, del concetto di progresso e via discorrendo (mi sono riletto i post inviati su questo articolo), avevo espresso le mie idee senza, mi pare, acrimonia o con lo scopo di rompere le uova nel paniere. Solo discutere portando una visione che so bene essere diversa da quella di UBeta, che non per questo considero un gruppo di gente dappoco e composto da individui “non degni di nota” come scrivi a proposito dei MS. I quali, aggiungo, hanno proprio il loro valore nell’inclassificabilità, nell’essere estranei alle definizioni stereotipate che tanto ossessionano chi senza quelle si sente perduto. Pensavo che il confronto potesse essere utile a tutti. Prendo atto che non è così e chiudo.
armando
armando(Quota) (Replica)
Questo pero’ è utile:
“Le dottrine morali dell’illuminismo testimoniano di uno sforzo disperato per trovare, al posto della religione indebolita, una ragione intellettuale di durare nella società anche quando viene meno l’interesse.
I filosofi, in ciò veri borghesi, vengono a patti nella prassi con le forze che hanno condannato in teoria.Le teorie sono dure e coerenti; le dottrine morali propagandistiche e sentimentali, anche se il loro tono è rigoristico; o sono colpi di mano, atti di forza, nati appunto dalla consapevolezza dell’indeducibilità della morale, come il ricorso di Kant alle forze morali come un fatto.
Il suo tentativo di dedurre il dovere del rispetto reciproco da una legge dellaragione, non ha alcun sostegno nella critica.
E’ il solito tentativo del pensiero borghese di fondare il riguardo, senza il quale non si darebbe civiltà, su altro che non sia l’interesse materiale e la violenza: sublime e paradossale come nessun altro in precedenza, ed effimero come tutti.
I
l borghese che si lasciasse sfuggire un guadagno solo in base al motivo kantiano del rispetto per la nuda forma della legge, non sarebbe illuminato, ma superstizioso: sarebbe un pazzo.
Alla base dell’ottimismo kantiano per cui l’agire morale sarebbe razionale anche là dove quello immorale ha buone probabilità di successo, è l’orrore di fronte al pericolo di una ricaduta nella barbarie.”
Dialettica dell’illuminismo, pag. 91
Adorno/Horkheimer
Animus(Quota) (Replica)
Tra l’altro l’ “abortismo” non è più connesso con l’aspetto del Femminismo. Lo poteva essere, semmai, trenta o quaranta anni fa allorchè i collettivi femministi reclamavano a gran voce il diritto all’aborto(oltre al divorzio). Ma oggi non più. Non voglio essere saccente o arrogante, ma chi continua ad identificare il femminismo solo e soltanto con la sinistra, a mio avviso, ha una visione un pò miope e incompleta del femminismo. Purtroppo il Femminismo, oggi non è più una ideologia, ma è andato ben oltre dai libri e slogan urlati, assumendo quindi forme e sfaccettature diverse a seconda della diverse culture politiche e sociali che lo accolgono nel proprio seno, e adattandosi quindi alle nuove esigenze sociali e alle diverse mentalità vigenti che si acquisiscono via via con i tempi.. Perchè, oggi, il Femminismo è un fenomeno trasversale e universale all’ intero arco politico, culturale e sociale . E’ una Forma Mentis dominante, obbligata e totalitaria cui ogni persona è tacitamente e subdolamente obbligata a credere,pena l’esclusione sociale. Favorire le donne(e fin qui ci siamo) a discapito degli uomini(e qui non ci siamo più). Il tutto secondo modalità diverse a seconda della varie culture ed epoche.
Venendo all’ aborto. Oggi, quindi, esiste un femminismo abortista(prevalentemente di sinistra) e un femminismo antiabortista(prevalentemente di destra).
Ecco perchè, quindi, non ha più senso(anzi non ce l’aveva nemmeno prima) collegare la liceità morale o meno dell’ aborto con il Femminismo e quindi con la QM. Nel femminismo di sinistra il diritto di aborto viene reclamato in funzione antimaschile. Al contrario, nel femminismo di destra antiabortista, invece, l’aborto, viene associato come male assoluto alla maschilità(“l’aborto è maschio”) e quindi vietarlo viene reclamato in funzione antimaschile.
Aborto sì, o aborto no. Per i femminismi, la colpa è sempre del Maschio.
Ecco perchè oggi l’aborto non più essere collegato a quel cancro sociale che è il Femminismo(nel senso plurale e variegato del termine). O si è favorevoli o si è contrari. A prescindere se si è femministi o meno.
Se proprio si vuole trovare un piccolo collegamente tra QM e aborto, allora si deve inquadrare il problema nella legislazione in materia, cioè su che ruolo debbano avere padre e madre nella scelta se continuare o interrompere una gravidanza.
Icarus.10(Quota) (Replica)
p.S: aggiungendo che sul ruolo del padre e della madre nel caso di un eventuale interruzione di gravidanza, la penso esattamente come Fabrizio.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Mi dispiace che la discussione sia scivolata verso ostilita’ personali.
Se c’e’ galatea, mi piacerebbe sapere, ma anche dagli altri, qual e’ l’opinione sull’eventualita’ dell’utero artificiale.
Io non sono antiabortista , ma neanche ammetto la esclusiva discrezionalita’ della donna, come ho specificatoi nel mio post precedente
ilmarmocchio(Quota) (Replica)
Lo scenario Choice for men integrale è una mina vagante. Produce sempre esplosioni.
Appena si sente ventilare l’ipotesi che D porti a termine la gravidanza per dare il nato al padre, inorriditi si corre a denunciare “la violenza maschilista che trasforma in contenitore il sacro corpo della femmina”.
– Subito si grida alla “costrizione” cui D sarebbe sottoposta mentre è vero precisamente il contrario.
Il padre che vuole tenersi il figlio non solo non la costringe ad alcunché; all’opposto: è colui che la libera da ogni impedimento, colui che toglie ogni causa che la costringa ad abortire. Egli è letteralmente il suo LIBERATORE. Come mai colui che la libera da ogni problema viene descritto invece come prevaricatore?
– Eppure una “costrizione” ci sarebbe davvero, ma – guarda un po’ – proverrebbe dalla D stessa, giacché giura che abortisce perché ci sono dei problemi. Si infligge il trauma dell’aborto perché non può tenersi il figlio. Glielo tieni tu …e abortisce lo stesso. Alzi la mano chi non ha sentito un milione di volte giurare:”Una D non abortirebbe se non ne fosse costretta”. Tu le togli ogni costrizione …e lei abortisce. “Le donne sognano il giorno in cui non saranno più costrette ad abortire!” Tu realizzi quel sogno …e lei abortisce comunque. Se abortisce è colpa della società maschilista che la costringe a farlo. Se le spiani la strada affinché possa evitare l’aborto ti denuncia come prevaricatore che vuole dominare sul suo corpo. Una bella contraddizione, cioè una menzogna: a cosa servirà? A nascondere la volontà di dominio sugli UU: “Anche se non ho più nessun motivo per abortire (visto che tu me li hai tolti di mezzo) abortisco comunque affinché tu non diventi padre contro la mia volontà. Per far ciò trasformo la ‘meravigliosa esperienza della G&P – (che gli UU non possono capire) in un trauma di maggior grado (che gli UU non possono capire). Trasformo me stessa in vittima e il mio liberatore in carnefice. Con questa eterna tattica metto a tacere il prevaricatore. Ho sempre vinto e sempre vincerò”.
– Nessuno mai risponde alla banale domanda, fondamento di tutta la questione: “Una volta rimossi tutti i motivi per abortire perché abortire lo stesso?” Si abortisce perché post partum ci sono dei problemi. Questo è il giuramento, questa è sola la ragione, la sola verità presentabile.
Eppure, tu le togli i problemi, glieli azzeri …e lei abortisce lo stesso. Perché? A questa domanda non viene mai risposto. La risposta è questa: la volontà di dominio sugli UU. “Non importa cosa sia bene o male per me, importa solo cosa è male per lui.” Si chiama misandria. Esiste, fratelli, la misandria esiste.
– Sopportare la gravidanza e partorire (G&P) per il padre sarebbe un trauma (che gli UU ovviamente non capiscono), perciò D abortisce. Ma G&P non cambiano per nulla, che siano per il padre o per la coppia o per la D stessa o per nessuno (parto anonimo). Stesso processo, e quindi stesso trauma. D’altra parte anche l’aborto è notoriamente un trauma cui D si sottrarrebbe (se potesse). Se invece abortisce ciò vuol dire che G&P rappresentano un trauma più grande del primo e D – giustamente – sceglie il trauma minore: l’aborto. Le nostre madri dunque hanno dovuto sopportare il trauma maggiore. Vuol dire che qualcuno glielo ha imposto. Non ci sono vie di uscita.
– Togliere le cause che costringono D ad abortire significherebbe dunque “imporle” G&P. La sola inevitabile conclusione è che OGNI G&P è un’imposizione, una costrizione, un sopruso. La domanda allora si inverte. Non ha più senso chiedersi perché D abortisca, ma viceversa cosa l’abbia costretta a NON abortire. Se il POTER fare viene sentito come DOVER fare allora il cerchio si chiude. Quando il POTER concludere la gravidanza e partorire viene liquidato come COSTRIZIONE, diventa vero che ogni gravidanza è coercizione ed ogni parto è violenza. Da qui non si può uscire. Un modo diverso per dire “ogni parto è uno stupro”. E questo lo sappiamo da sempre.
Choice for men Integrale è potentissima: costringe la Liberata a occuparsi della parte attiva (rivendicazione di paternità) e la obbliga a glissare su quella passiva. Sempre così.
Si trascura immediatamente di occuparsi del diritto simmetrico, del diritto maschile all’aborto (=al rifiuto della paternità) che della CfM-Integrale è parte integrante (!) e sostanziale, come se questo aspetto fosse imbarazzante. E infatti lo è. Si tratta di riconoscere ai maschi lo stesso diritto che hanno le femmine: quello di fare ciò che vogliono della loro vita. Si tratta insomma di rispettare un principio, di essere leali, di non dimenticare i propri giuramenti, di fare/non fare agli altri quello che tu vuoi/non vuoi sia fatto a te (espressioni tutte equivalenti, puri sinonimi).
Ma la lealtà costa (perciò è un valore). Riconoscere agli altri quei diritti che rivendichiamo per noi è una cosa che costa molto. E la Donna Liberata non intende ovviamente pagare alcun prezzo per nulla, quindi non è da lei che ci si può attendere lealtà e rispetto dei princìpi. Essa non ha principi, ha solo interessi. Ha un solo valore: se stessa. Essa esige dal maschio il rispetto della volontà altrui (la sua). Della volontà maschile (dei sentimenti, vita, fatiche, rischi, rinunce) se ne frega. Come ogni aristocrazia se ne frega della plebe.
Il corpo femminile è sacro e su di esso la femmina ha (e deve avere) il dominio assoluto. Quello maschile è uno strumento al servizio della volontà femminile. Se lei decide di importi la paternità tu devi mantenere lei e il figlio almeno per un quarto di secolo (non per 9 mesi). E lo fai usando il tuo corpo, la tua mente e la tua anima (magari senza neanche poterlo vedere, quel figlio) a prescindere dalle nausee, dai vomiti, dalla rovina del corpo e dell’anima e dei rischi che, per far ciò, devi correre. Di cui la Liberata se ne frega, perché nel decidere se abortire o meno tiene conto di quel che ne viene a lei, non di quel che comporterà per te. Il suo corpo (mente, sentimenti etc) è sacro, il tuo è al suo servizio. Post coitum.
Prendiamone atto: dalla Liberata non possiamo attenderci altro e non avremo mai altro che la menzogna più smaccata e viltà più spudorata.
Homo homini lupus. Femina homini lupa.
La misandria esiste e SI MANIFESTA.
Lo so che è dura la digerire. A me – ad esempio – questa verità non piace, ma non posso abortirla.
Ho dovuto deglutirla, rischiando di soffocarmi. Non mi sono ancora ripreso dal trauma.
RDV
P. S. …non venite a dirmi che sono cinico, spietato e disumano… ;-).
Rino(Quota) (Replica)
@ Marco Pensante : l’articolo da te postato e’ emblematico non tanto della tutela dei figli ( assurda a 32 anni ) , ma della vessazione del padre che, pensionato, e’ costretto a mantenere una fannullona.
Questo avviene grazie a leggi scritte male e truffaldine nelle intenzioni, ma anche all’abnorme possibilita’ di interpretazione che i magistrati possiedono. Questi sono i frutti avvelenati. la giustizia in Italia, sia come leggi, sia come operatori, e’ in una situazione allarmante
ilmarmocchio(Quota) (Replica)
@ ckkb : condivido la tua idea . L’aborto e’ una parte importante della q.m. Non la sola, ma importante. rimuoverla significa marginalizzarsi e lasciare tutto il potere alla donna , significa di fatto ammettere la sconfitta di ogni rivendicazione maschile. Questo le femministe, e non solo, lo sanno molto bene. la riproduzione non riguarda solo i corpo della donna ed ella non puo’ essere l’unica voce in capitolo.
L’asimetria legislativa nell’aborto e’ l’origine di tute le altre asimmetrie
legali. Non facciamo finta che non sia cosi’ : sappiamo tutti che non e’ vero
ilmarmocchio(Quota) (Replica)
La misandria è la normalità, è una parola che nessuno dice ma è il normale comportamento femminile.
Per l’aborto: sono favorevole, e che padre e madre abbiano gli stessi diritti di decidere, soprattutto quando il padre deve mantenere il tutto.
Lo sperma è mio. Il seme da cui tutti siamo nati (disse qualcuno) c’è quell’ insulto napoletano che fa capire come è considerato un padre, che tradotto significa: uomo di sperma.
Leo(Quota) (Replica)
ilmarmocchio: certamente, era solo per mostrare che la “tutela dei figli” è un concetto talmente vago che vi si possono far rientrare anche delle obiettive aberrazioni e dunque bisognerebbe guardare la famosa frase “bisogna fare la cosa X per il bene dei figli” con un po’ più di attenzione. E cautela, anche, come tutte quelle frasi che servono a coprire i problemi senza dire niente e senza bisogno di rispondere in modo sensato a chi li solleva.
Io non ho figli, ma ieri sera ho avuto a cena una quindicina di vecchi amici e c’erano anche tre bambine di 4, 9 e 13 anni. Altri hanno preferito non portare i loro figli per varie ragioni, ed è stato un peccato, perché queste bambine si sono divertite un mondo. E il loro divertimento era anche nello stare con noi quarantenni, uomini e donne, che parlavano di cose serie e non serie, ridevano, cucinavano e mangiavano senza alcuna formalità, accettando senza alcun problema i casini organizzativi (è incredibile come ti accorgi cinque minuti prima che in casa non ci sono abbastanza piatti per tutti). Per una sera non c’era differenza fra “adulti” e “bambini”, eravamo un gruppo di pari.
Comunque, questo per dire che ho avuto l’impressione che non ci fosse lì dentro una sola persona che non avesse a cuore il futuro di quelle bambine e che loro si divertissero anche perché sapevano di essere al sicuro. Perché se ci facevano delle domande noi rispondevamo esattamente come se avessimo risposto a un altro adulto. Perché non le trattavamo come minus habentes, ma parlavamo di tutto (anche dei rapporti fra uomini e donne, fra mille altri argomenti, e quello che avevo da dire io in merito l’avete già letto nei miei commenti: si è discusso e tutti hanno capito e detto la loro) lasciando che fossero loro a interrogarci e interrogarsi e partecipare finché volevano, o andarsene per giocare coi gatti nell’altra stanza se volevano. Avvertendole di non esagerare perché i gatti, quando si irritano, hanno reazioni spiacevoli. E loro l’hanno capito benissimo.
Io credo che quelle bambine abbiano imparato qualcosa che gli servirà per il futuro, anche se magari ora non se ne rendono conto. Non ha alcuna importanza cosa pensino ora, anche se credo ragionevolmente che possano essere state solo felici della serata. Per quanto mi riguarda, io ho a cuore la protezione di questo tipo di “innocenza infantile”, che è semplicemente la fiducia istintiva di chi sa di non avere nulla da temere e va ricambiata con il cervello, la cura quando ce n’è bisogno, ma anche la libertà di scoprire le cose per proprio conto. Saranno cose banali, ma secondo me bisogna ripetersele ogni tanto.
E la famosa fatica di crescere dei figli, sì, certo che è una fatica, non ho alcun dubbio, crea mille complicazioni (anche se i padri e le madri che ho visto ieri sera non sembravano particolarmente stressati, anzi), ma in fondo non è un po’ la stessa fatica del mantenere rapporti intelligenti e gioiosi con chiunque?
Marco Pensante(Quota) (Replica)
@il marmocchio: Come ho già spiegato sopra, io verso un utero artificiale non ho e non avrei nessun pregiudizio, anzi.
@rino: Più che spietato, mi sembra che tu non abbia proprio capito la mia obiezione, che, lo ripeto per la ennesima volta, non è legata al sesso maschile o femminile, ma al rispetto dei principi fondamentali della democrazia liberale. Se la madre non è d’accordo nel portare a termine la gravidanza, non è lecito che venga costretta a farlo, perché significherebbe costringere un individuo per nove mesi a sopportare sulla sua pelle qualcosa che non vuole sopportare. Non è una questione di misandria o di potere: è solo che sul proprio corpo ogni individuo è padrone, punto e basta. Sarebbe come se io ti sequestrassi per nove mesi costringendoti a farti crescere un doppio fegato perché a me serve un trapianto: se tu accetti, bene, ma se non sei d’accordo a farmi questo favore, non si può fare, e nessuno può costringerti. Se un domani tu sarai in grado di prendere l’embrione ed impiantarlo dentro di te o dentro un utero artificiale e farlo crescere là senza dare incomodo alla madre, allora se ne potrà discutere. Fino ad allora no, a meno che tu non voglia abolire i principi su cui si basano le democrazie.
galatea(Quota) (Replica)
>P. S. …non venite a dirmi che sono cinico, spietato e >disumano… 😉 .
Rino, secondo me, invece, tu sei capace di descrivere certi scenari come nessun altro in Italia.
Marco(Quota) (Replica)
Ripeto. L’aborto con c’entra nulla con la QM.
E’ un tema, sì, importantissimo, su cui è giusto che vi siano riflessioni e dibattiti.in merito, ma non riguarda la QM. E’ un tema di pertinenza bio-etico-morale e religiosa.
Sia se si abortisce, sia se non si abortisce, la mentalità nazi-femminista e l’ingiustizia tra i generi le classi, permangono comunque.
Il problema da affrontare è quindi ben altro.
Icarus.10(Quota) (Replica)
ESTRATTI DAI POST PRECEDENTI PER GALATEA:
Galatea:” Da donna, vorrei porre una questione molto pratica: quando una donna resta incinta, per nove mesi il feto rimane dentro di lei, non c’è alternativa. Dal momento che è mio il corpo che lo ospita, è ovvio che devo essere io a dare il consenso perché questo avvenga.” E “Il disconoscimento del figlio da parte della madre, invece, è già possibile per legge: dopo il parto, il bambino può essere riconosciuto solo dal padre. Ma più di questo, non vedo cosa si possa fare: il padre dovrebbe offrirsi di portare lui a termine la gravidanza al posto della madre, dentro al suo corpo. Visto che non si può, non può obbligare la madre a tenere dentro di sè un feto che non vuole.” E “l feto, finché non viene alla luce, è una appendice non autonoma del corpo della madre, e la madre non può essere costretta a diventare un “contenitore” se non è lei ad accettarlo.”
MarcoPensante:” Nessuno sano di mente si opporrebbe al diritto di autodeterminazione della singola donna, che può scegliere o meno di concludere la gravidanza. Ci si oppone all’utilizzo strumentale che certe persone ne fanno. E’ la leva opposta alla violenza sessuale che un uomo può esercitare su una donna. Potere M su F; potere F su M. Se non vale il primo, non deve valere neanche il secondo.
Di fronte a una donna che gli dice “sono incinta di te”, un uomo perde totalmente la propria autodeterminazione. Non può scegliere. Potrebbe avere motivi meschini per rifiutare un figlio, ma potrebbe averne anche di ragionevoli. Esattamente come una donna. Solo che quelli dell’uomo non vengono presi in considerazione. Non esistono. Se rifiuta di partecipare, anche se ha motivi ragionevoli (lasciamo perdere i motivi meschini, per quelli esistono due rimedi sicuri: un cervello e un accessorio in lattice di gomma), è un infame. Se partecipa, la donna può comunque decidere a suo piacimento come comportarsi. E’ una persona onesta e ragionevole? Prenderà certe decisioni e sarà onesta e ragionevole anche in quelle, verso il padre e verso il figlio. Saremo tutti felicissimi. Ma se è una persona disonesta? Non ha alcuna importanza. Potrà lo stesso imporre la sua decisione al padre. E per il resto della vita. Se poi è una persona ragionevole e onesta, potrà comunque cambiare idea ed essere disonesta fra due, cinque, dieci anni; nessuno glielo può impedire e non subirà alcuna conseguenza, né morale, né di legge. Se la mettiamo come dici tu, la donna si fa “espropriare” per nove mesi, ma l’uomo si fa “espropriare” per il resto della vita. L’uomo divorziatodeve pagare gli alimenti. E dopo il divorzio, ogni suo diritto dipende dalla maggiore o minore onestà e integrità morale della ex moglie”
ilMarmocchio:” Sull’aborto in caso di rischio per la madre, a mio avviso c’e’ poco da discutere. la madre ha il diritto di salvare la propria vita, come tutti.
Dove invece non ci siamo, e’ sul fatto che la donna e’ padrona del suo corpo e quindi puo’ decidere, anche in assenza di rischio, di abortire. Innanzitutto, senza padre una donna incinta non ci rimane.
Inoltre, il feto non e’ ancora nato e senza una patologia nascerebbe. Non e’ solo un gruppo di cellule, tant’e’ che da latri gruppi di cellule non nasce nulla. Dall’embrione, e da l feto dopo, nasce un individuo. la madre ha la possibilita’ di disconoscere il figlio, il padre non puo’ mai disconoscere il figlio.
Se il padre vuole il figlio e la donna no, e non c’e’ nessun rischio per lei, l’aborto diventa una questione di potere asimmetrico.
”
Icarus10:” Se proprio si vuole trovare un piccolo collegamente tra QM e aborto, allora si deve inquadrare il problema nella legislazione in materia, cioè su che ruolo debbano avere padre e madre nella scelta se continuare o interrompere una gravidanza”
Luke Cage:” Come ribadito da Ckkb e da Marco Pensante e da Marmocchio lo sblianciamento legislativo vigente tutela in maniera asimmetrica i diritti e l’interesse della donna anche eventualmente a scapito del “padre” che tale non vuole diventare (come nel caso delle gravidanze “carpite” con l’inganno,”ho preso la pillola “ quando invece non è vero..)”
Rino:” Riconoscere agli altri quei diritti che rivendichiamo per noi è una cosa che costa molto. E la Donna Liberata non intende ovviamente pagare alcun prezzo per nulla, quindi non è da lei che ci si può attendere lealtà e rispetto dei princìpi. Essa non ha principi, ha solo interessi. Ha un solo valore: se stessa. Essa esige dal maschio il rispetto della volontà altrui (la sua). Della volontà maschile (dei sentimenti, vita, fatiche, rischi, rinunce) se ne frega. Come ogni aristocrazia se ne frega della plebe.
Il corpo femminile è sacro e su di esso la femmina ha (e deve avere) il dominio assoluto. Quello maschile è uno strumento al servizio della volontà femminile. Se lei decide di importi la paternità tu devi mantenere lei e il figlio almeno per un quarto di secolo (non per 9 mesi). E lo fai usando il tuo corpo, la tua mente e la tua anima (magari senza neanche poterlo vedere, quel figlio) a prescindere dalle nausee, dai vomiti, dalla rovina del corpo e dell’anima e dei rischi che, per far ciò, devi correre. Di cui la Liberata se ne frega, perché nel decidere se abortire o meno tiene conto di quel che ne viene a lei, non di quel che comporterà per te. Il suo corpo (mente, sentimenti etc) è sacro, il tuo è al suo servizio. Post coitum.
”
Fabrizio :”… peraltro, anche se con motivazioni e da punti di vista larghissimamente se non quasi completamente diversi dai tuoi, sulla questione specifica (aborto,n.d.r.), come credo già sai perchè mi avrai letto, la mia posizione finale, estrema ratio, finisce col coincidere con la tua”
Galatea ad Animus:” credo che una donna che decide di abortire a tutto pensi tranne che al “potere” che può o meno esercitare sul maschio in quel frangente. Sono situazioni talmente pesanti per la coppia che deve prendere una simile decisione, che il “potere” ed il “femminismo” penso siano davvero le ultime idee che vengano minimamente prese in considerazione.”
Che tu lo accetti o no è un diritto che allo stato attuale tu donna hai ed è tutelato per legge.Punto. Luke
Galatea a MarcoP:” io sto semplicemente portando delle argomentazioni che sono basate sui diritti inviolabili dell’individuo,a PRESCINDERE dal SESSO.”.
……e qui “casca l’asino” dico io,senza offesa. L
Continui ad intevenire dicendo come la pensi tu (giustamente) ma contemporaneamente “accusando” i tuoi interlocutori di evadere il tema.(nel caso di MarcoP e di Rino).
In realtà non è così.
Tra l’altro qui il dibattito è relativo su come la tematica dell’aborto rientra nella questione MASCHILE,quindi per NOI.
Per te Galatea,l’aborto non ha nulla a che vedere con tale (per te inesistente) questione,anche da quel che si evince dalla tua risposta,perchè il “donatore” di sperma nulla ha a che vedere con la scelta di tenere un figlio che sarebbe ANCHE suo.
È molto semplice.
Sulla questione aborto ognuno alla sua posizione,tra l’altro molti su questo sito; per i motivi più diversi sono a favore
(dell’aborto),ma il tema principale e che a NOI preme è proprio quello descritto da Rino.
Avresti per la verità l’occasione di stupirci entrando nel merito delle questioni da Rino e da altri sollevate e che spiegano perchè stiamo qui a parlare ANCHE dell’aborto ( e non principalmente) e perchè non siamo noi a voler IMPORRE la nostra volontà sul corpo della donna,ma di non dover subire la decisione di quest’ultima,qualunque essa sia.
Luke Cage(Quota) (Replica)
ESTRATTI DAI POST PRECEDENTI PER GALATEA 1a parte:
Galatea:” Da donna, vorrei porre una questione molto pratica: quando una donna resta incinta, per nove mesi il feto rimane dentro di lei, non c’è alternativa. Dal momento che è mio il corpo che lo ospita, è ovvio che devo essere io a dare il consenso perché questo avvenga.”
“Il disconoscimento del figlio da parte della madre, invece, è già possibile per legge: dopo il parto, il bambino può essere riconosciuto solo dal padre. Ma più di questo, non vedo cosa si possa fare: il padre dovrebbe offrirsi di portare lui a termine la gravidanza al posto della madre, dentro al suo corpo. Visto che non si può, non può obbligare la madre a tenere dentro di sè un feto che non vuole.”
“Il feto, finché non viene alla luce, è una appendice non autonoma del corpo della madre, e la madre non può essere costretta a diventare un “contenitore” se non è lei ad accettarlo.”
MarcoPensante:” Nessuno sano di mente si opporrebbe al diritto di autodeterminazione della singola donna, che può scegliere o meno di concludere la gravidanza. Ci si oppone all’utilizzo strumentale che certe persone ne fanno. E’ la leva opposta alla violenza sessuale che un uomo può esercitare su una donna. Potere M su F; potere F su M. Se non vale il primo, non deve valere neanche il secondo.
Di fronte a una donna che gli dice “sono incinta di te”, un uomo perde totalmente la propria autodeterminazione. Non può scegliere. Potrebbe avere motivi meschini per rifiutare un figlio, ma potrebbe averne anche di ragionevoli. Esattamente come una donna. Solo che quelli dell’uomo non vengono presi in considerazione. Non esistono. Se rifiuta di partecipare, anche se ha motivi ragionevoli (lasciamo perdere i motivi meschini, per quelli esistono due rimedi sicuri: un cervello e un accessorio in lattice di gomma), è un infame. Se partecipa, la donna può comunque decidere a suo piacimento come comportarsi. E’ una persona onesta e ragionevole? Prenderà certe decisioni e sarà onesta e ragionevole anche in quelle, verso il padre e verso il figlio. Saremo tutti felicissimi. Ma se è una persona disonesta? Non ha alcuna importanza. Potrà lo stesso imporre la sua decisione al padre. E per il resto della vita. Se poi è una persona ragionevole e onesta, potrà comunque cambiare idea ed essere disonesta fra due, cinque, dieci anni; nessuno glielo può impedire e non subirà alcuna conseguenza, né morale, né di legge. Se la mettiamo come dici tu, la donna si fa “espropriare” per nove mesi, ma l’uomo si fa “espropriare” per il resto della vita. L’uomo divorziatodeve pagare gli alimenti. E dopo il divorzio, ogni suo diritto dipende dalla maggiore o minore onestà e integrità morale della ex moglie”
ilMarmocchio:” Sull’aborto in caso di rischio per la madre, a mio avviso c’e’ poco da discutere. la madre ha il diritto di salvare la propria vita, come tutti.
Dove invece non ci siamo, e’ sul fatto che la donna e’ padrona del suo corpo e quindi puo’ decidere, anche in assenza di rischio, di abortire. Innanzitutto, senza padre una donna incinta non ci rimane.
Inoltre, il feto non e’ ancora nato e senza una patologia nascerebbe. Non e’ solo un gruppo di cellule, tant’e’ che da latri gruppi di cellule non nasce nulla. Dall’embrione, e da l feto dopo, nasce un individuo. la madre ha la possibilita’ di disconoscere il figlio, il padre non puo’ mai disconoscere il figlio.
Se il padre vuole il figlio e la donna no, e non c’e’ nessun rischio per lei, l’aborto diventa una questione di potere asimmetrico.”
Luke Cage(Quota) (Replica)
ESTRATTI DAI POST PRECEDENTI PER GALATEA 2a parte:
Luke Cage:” Come ribadito da Ckkb e da Marco Pensante e da Marmocchio lo sblianciamento legislativo vigente tutela in maniera asimmetrica i diritti e l’interesse della donna anche eventualmente a scapito del “padre” che tale non vuole diventare (come nel caso delle gravidanze “carpite” con l’inganno,”ho preso la pillola “ quando invece non è vero..)”
Rino:” Riconoscere agli altri quei diritti che rivendichiamo per noi è una cosa che costa molto. E la Donna Liberata non intende ovviamente pagare alcun prezzo per nulla, quindi non è da lei che ci si può attendere lealtà e rispetto dei princìpi. Essa non ha principi, ha solo interessi. Ha un solo valore: se stessa. Essa esige dal maschio il rispetto della volontà altrui (la sua). Della volontà maschile (dei sentimenti, vita, fatiche, rischi, rinunce) se ne frega. Come ogni aristocrazia se ne frega della plebe.
Il corpo femminile è sacro e su di esso la femmina ha (e deve avere) il dominio assoluto. Quello maschile è uno strumento al servizio della volontà femminile. Se lei decide di importi la paternità tu devi mantenere lei e il figlio almeno per un quarto di secolo (non per 9 mesi). E lo fai usando il tuo corpo, la tua mente e la tua anima (magari senza neanche poterlo vedere, quel figlio) a prescindere dalle nausee, dai vomiti, dalla rovina del corpo e dell’anima e dei rischi che, per far ciò, devi correre. Di cui la Liberata se ne frega, perché nel decidere se abortire o meno tiene conto di quel che ne viene a lei, non di quel che comporterà per te. Il suo corpo (mente, sentimenti etc) è sacro, il tuo è al suo servizio. Post coitum.
”
Fabrizio :”… peraltro, anche se con motivazioni e da punti di vista larghissimamente se non quasi completamente diversi dai tuoi, sulla questione specifica (aborto,n.d.r.), come credo già sai perchè mi avrai letto, la mia posizione finale, estrema ratio, finisce col coincidere con la tua”
Galatea ad Animus:” credo che una donna che decide di abortire a tutto pensi tranne che al “potere” che può o meno esercitare sul maschio in quel frangente. Sono situazioni talmente pesanti per la coppia che deve prendere una simile decisione, che il “potere” ed il “femminismo” penso siano davvero le ultime idee che vengano minimamente prese in considerazione.”
Che tu lo accetti o no è un diritto che allo stato attuale tu donna hai ed è tutelato per legge.Punto. Luke
Galatea a MarcoP:” io sto semplicemente portando delle argomentazioni che sono basate sui diritti inviolabili dell’individuo,a PRESCINDERE dal SESSO.”.
……e qui “casca l’asino” dico io,senza offesa. L
Continui ad intevenire dicendo come la pensi tu (giustamente) ma contemporaneamente “accusando” i tuoi interlocutori di evadere il tema.(nel caso di MarcoP e di Rino).
In realtà non è così.
Tra l’altro qui il dibattito è relativo su come la tematica dell’aborto rientra nella questione MASCHILE,quindi per NOI.
Per te Galatea,l’aborto non ha nulla a che vedere con tale (per te inesistente) questione,anche da quel che si evince dalla tua risposta,perchè il “donatore” di sperma nulla ha a che vedere con la scelta di tenere un figlio che sarebbe ANCHE suo.
È molto semplice.
Sulla questione aborto ognuno ha la sua posizione,tra l’altro molti su questo sito, per i motivi più diversi sono a favore (dell’aborto), ma il tema principale e che a NOI preme è proprio quello descritto da Rino.
Avresti per la verità l’occasione di stupirci entrando nel merito delle questioni da Rino e da altri sollevate e che spiegano perchè stiamo qui a parlare ANCHE dell’aborto ( e non principalmente) e perchè non siamo noi a voler IMPORRE la nostra volontà sul corpo della donna,ma di non dover subire la decisione di quest’ultima,qualunque essa sia.
Luke Cage(Quota) (Replica)
Icarus
>Ripeto. L’aborto con c’entra nulla con la QM.
E’ un tema, sì, importantissimo, su cui è giusto che vi siano riflessioni e dibattiti.in merito, ma non riguarda la QM.
Un’altro che ha capito tutto.
Poi della condizione maschile, si da pure la colpa al “femminismo”……
Pazzesco
Animus(Quota) (Replica)
Mi sembra corretto, a questo punto, esprimere la mia personale opinione sul tema dell’aborto, senza naturalmente la pretesa di tirare alcuna conclusione né tanto meno di chiudere il cerchio. Anche perché si tratta di una questione estremamente complessa che fa inevitabilmente anche parte della Questione Maschile (perché riguarda anche gli uomini, è evidente, non solo le donne, come ipocritamente sostengono le femministe) ma che va ben oltre quest’ultima, come altre grandi problematiche quali l’eutanasia, la fecondazione artificiale, l’eugenetica ecc.
Peraltro non credo che nessuno (e sottolineo nessuno) possa avere su un tema così controverso una “verità” assoluta valida per tutti/e, compreso per se stesso/a. La grande complessità del problema fa sì che si possa optare per delle scelte, in un senso o nell’altro, privilegiare alcuni aspetti piuttosto che altri, ma non si potrà mai giungere ad una sorta di verità ultima e definitiva. Da parte di nessuno. Se siamo d’accordo su questo (e non è affatto detto) è chiaro che l’aborto diventa (nella impossibilità di convergere su di una “verità” etica condivisa), una scelta di tipo politico. Di conseguenza, come ogni scelta politica così definita, rimanda alla difesa di privilegiare determinati diritti e interessi rispetto ad altri.
Personalmente ritengo che sia profondamente sbagliato affermare che il tema riguardi solo e soltanto le donne. A meno che non si consideri l’uomo soltanto come un mero strumento al proprio servizio e per i propri scopi. Se così fosse ce lo dicessero; il discorso si chiuderebbe prima ancora di incominciarlo. Auspichiamo di no, ovviamente, augurandoci che non sia solo un’affermazione (o meglio, una negazione) formale ma sostanziale.
Ciò detto, sono d’accordo sul fatto che, in ultima analisi, sia la donna ad avere il diritto di dire l’ultima parola su una scelta che riguarda in primis il suo corpo e la sua vita. Resto convinto che la scelta di avere un figlio debba essere il risultato di un atto di amore e non di un’imposizione di qualsiasi genere, sia essa di natura religiosa, giuridica, politica o quant’altro. Poi possiamo interrogarci sulle ragioni per le quali una donna possa non vivere come una scelta d’amore la vita che sta crescendo dentro di lei. Ma questo è un altro discorso. Anche un uomo può trovarsi nelle stesse identiche condizioni, trovarsi cioè a dover vivere una paternità non desiderata. E’ successo e succede ancora in moltissimi casi.
Non c’entrano quindi i disagi di cui, molto maldestramente a mio parere, parla Galatea (le nausee, la fatica, gli squilibri ormonali ecc.); non scherziamo. D’altronde ci sono donne (direi la grandissima maggioranza) che invece vivono la gravidanza come il periodo più bello ed esaltante della loro vita. Al contempo, come spiegava molto meglio di me anche Rino, ci sono stati e ci sono uomini (tantissimi) che, per una scelta non dettata dalla loro volontà, si sono sobbarcati per un’intera esistenza i “disagi” di una paternità non voluta e decisa unilateralmente da un’altra persona.
Come vediamo, torniamo al concetto di scelta, di libero arbitrio. Qualsiasi cosa (qualsiasi), anche quella che per noi può essere la più bella, se non desiderata, può trasformarsi in un inferno per un’altra persona. Ricorro, come al solito, ai miei banalissimi esempi per spiegarmi al meglio. Fare sesso con un uomo può essere molto bello per un gay o per una donna ma disgustoso per un eterosessuale maschio. Allo stesso modo aspettare un figlio può essere una sensazione meravigliosa se quella vita è stata concepita e voluta con amore, ma potrebbe anche essere un incubo laddove quella stessa non sia stata desiderata con quello stesso amore e profonda convinzione.
Questa condizione riguarda sia le donne che gli uomini. La natura però ha stabilito una priorità, da questo punto di vista. E’ la donna che cresce il figlio nel suo corpo, nelle sue viscere, dentro di sé. Non è un particolare da poco. Certo, anche il seme dell’uomo non è un’appendice ma una parte fondamentale della vita. Ed è per questo che non può essere escluso dalla vicenda. La mia opinione è però che la donna ci metta qualcosa di più, oltre al suo apparato riproduttivo, e questo qualcosa di più è il suo corpo. E non mi riferisco, in questo caso, al corpo inteso nella sua accezione più materialistica, ma ciò con cui siamo e ci manifestiamo al mondo: appunto, il nostro corpo. Un “pezzo” (si fa per dire…) fondamentale della nostra vita senza del quale non si darebbe neanche la nostra capacità di astrazione e la nostra spiritualità.
Questo non significa quindi che gli uomini non debbano avere diritti o voce in capitolo su una scelta di questo genere; significa che le donne ne hanno di più. Punto. Sempre per portare i miei semplicistici esempi da “bignamino”, se dovessimo, estrema ratio, essere obbligati, in situazioni estreme, a scegliere tra la vita di una persona anziana e quella di un bambino, quale sarebbe la nostra scelta? Sono certo che tutti/e opteremmo per quella del bambino.
Ecco, tornando a noi, fra i due diritti, quello della donna e quello dell’uomo, a dover scegliere sulla opportunità di dover tenere o interrompere una gravidanza, penso che quello che abbia maggior peso, sia quello della donna. Questo non significa risolvere una volta per tutte la questione, che non potrà mai essere risolta. Significa solo operare una scelta. Quindi una scelta politica. Ben sapendo che l’aborto è esistito da sempre e che per sempre esisterà, che ci piaccia o meno. Oggi, a differenza del passato, è stato “solo” legalizzato.
Se mi permettete un altro dei miei microesempi, facendo un piccolo grande volo pindarico (ma forse neanche tanto), è come il tema della prostituzione. Non si tratta di eliminarla, cosa praticamente impossibile (paradisi terrestri a parte, tutti da venire e da edificare…) da realizzare, ma di come limitare i danni e gestirla al meglio.
Il problema che ha di fronte il legislatore non è dunque quello di sciogliere il nodo della vita e della morte, cioè la discussione se il feto debba o non debba essere considerato come una vita umana a tutti gli effetti. Non si arriverà MAI ad una posizione condivisa su questo punto. E io credo che anche con noi stessi (cioè nel nostro foro interiore più profondo) non riusciremo mai a trovare la verità ultima. Il problema del legislatore (che comunque non è un’entità astratta o formale ma sempre il risultato dell’ordine sociale dominante) dovrebbe essere quello di garantire coloro che hanno “maggior diritti”, in una data situazione, anche se il concetto è e forse rimane controverso. Ma non ci sono altre strade, a mio avviso.
Naturalmente, e qui tocchiamo l’altra grande opzione (tuttora considerata un tabù) che viene completamente sottaciuta e disconosciuta, lo stesso diritto di decidere del proprio corpo e della propria vita riconosciuto alla donne, deve essere riconosciuto in altrettanta misura all’uomo. Se la donna ha il diritto di decidere sulla maternità, l’uomo deve avere lo stesso diritto di decidere sulla paternità. Altrimenti ci troviamo di fronte, come infatti è, ad una evidente asimmetria. Viceversa, mentre il diritto della donna viene riconosciuto non solo dal punto di vista giuridico ma anche da quello morale, il rifiuto della paternità da parte dell’uomo, anche quando imposta contro la sua volontà (e spesso con l’inganno) viene moralmente condannato.
Due pesi e due misure assolutamente inaccettabili. Eppure, da questo punto di vista, la condanna morale dell’uomo è assoluta e definitiva. “Non si è assunto le sue responsabilità”, “Non è un vero uomo”, “E’ un superficiale, cialtrone, inaffidabile, irresponsabile, privo di etica, pensa solo agli affari suoi, è un libertino,uno che abbandona la moglie incinta, suo figlio”. Questi i commenti che si ascoltano in questi casi. Naturalmente del tutto speculari, dal mio punto di vista, a quelle posizioni che sostengono che una donna che sceglie di abortire è un’”assassina, cinica, fredda, spietata, effimera, che vuole solo divertirsi nella vita, una poco di buono, ecc. “ e tutte le altre amenità del caso che conosciamo benissimo. Solo che ormai a pensare queste ultime cose sulle donne che abortiscono è solo una esigua minoranza, mentre nel primo caso sono senso comune. L’uomo che non riconosce la paternità è considerato sempre e comunque un debosciato, un reietto, uno che non vale nulla. La donna che impone la paternità all’uomo è invece comunque assolta e garantita. Un uomo che non ha deciso di diventare padre deve comunque accettare di avere la vita stravolta e pesantissimamente condizionata (e non per nove mesi) da una scelta operata da un’altra persona, pena l’emarginazione dal contesto sociale e la sua condanna morale (prova del DNA a parte che può essere imposta per legge). Naturalmente la grande maggioranza degli uomini, a mio parere, e non solo per senso di responsabilità o per ragioni etiche ma per un sentimento profondo e innato (la paternità) scelgono comunque di riconoscere il proprio figlio. Ma questo è un altro discorso che attiene appunto al libero arbitrio degli uomini che, mi pare, di poterlo affermare, nella loro grande maggioranza scelgono comunque di farsi carico dei “disagi” che la paternità comporta.
Anche su questa questione dell’aborto, come vedete, contrariamente a quello che pensa qualcuno che sostiene che il nostro Movimento non se ne preoccupi, torniamo in realtà a quelli che sono i temi fondamentali che caratterizzano il nostro sito; l’eguaglianza dei sessi, i rapporti di potere fra questi e fra le classi, il concetto di dominio, umano e sociale. Tutto è sempre collegato a questi temi e anche quello dell’aborto non fa eccezione.
Fabrizio Marchi
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Argomentazioni del tutto condivisibili, con una sola eccezione.
>Fabrizio
Il problema del legislatore … dovrebbe essere quello di garantire coloro che hanno “maggior diritti”, in una data situazione, anche se il concetto è e forse rimane controverso.
Ma non ci sono altre strade, a mio avviso.
Fabrizio, secondo te, oggi le donne, e ancor di piu’ in altri paesi (nord europa), hanno o non hanno IL MONOPOLIO sulla Vita?
(domanda ovviamente retorica)
Siamo sicuri che si stia semplicemente garantendo “un diritto” e che non ci siano altre strade?
(domanda ovviamente retorica)
Animus
Animus(Quota) (Replica)
“E’ la donna che cresce il figlio nel suo corpo, nelle sue viscere, dentro di sé. Non è un particolare da poco. Certo, anche il seme dell’uomo non è un’appendice ma una parte fondamentale della vita. Ed è per questo che non può essere escluso dalla vicenda. ” (Fabrizio)
Esatto,ed è su su questo può essere sviluppato un dibattito. Cioè sulla legislazione in materia che regoli il ruolo che devono avere madre e padre nell’ aborto.
Va bene l’attuale legge? Se sì, meglio così. Se no, come deve essere modificata?
L’aborto c’è. Sia se legalizzato o meno. Tutti se ne devono fare una ragione.
Ma il dibattito QMista non può essere incentrato se sia lecito abortire o meno, se ciò che sta nel grembo materno sia vita o un semplice progetto di vita, ecc. Perchè, e ripeto per la quarta volta, non è un argomento di pertinenza della QM.
Del resto, essere antiabortista non significa essere critici nei confronti del femminismo. La Mussolini, antiabortista,ad esempio, è antifemminista? No, anzi è la più agguerrita tra le femministe.
Icarus.10(Quota) (Replica)
Ritorno con piacere sulla questione, visto che assume ormai connotati interessanti degni di nota.
Stupro a parte.. ho deciso di andare a ritroso.. a mio avviso qui stiamo disquisendo sulle problematiche lecite ed analitiche dell’aborto, ma, a mio modesto parere, non abbiamo tenuto conto delle cause scatenanti.. e guarda caso ho trovato “illuminante” uno spunto dal post di Galatea che cito:
Galatea – 5:12 pm – 19th marzo
“..(omissis)Se non hanno preso le dovute precauzioni, la RESPONSABILITA’ è quindi ripartibile al 50%, no?..(omissis)”
A mio avviso e’ questo il fulcro di tutto il dibattimento, e da dove, di riflesso, nascono tutte le ovvie complicanze socio/economico/legislative.
La mancanza di Responsabilità, palesata da due individui adulti dinanzi a loro stessi e, per riflesso, verso la sessualità e ciò che questa comporta.
Proprio come un bimbo/a che ha combinato una marachella e si addentra in effimere scusanti privi di fondamento per poi ricercare verso chi gli porge solidarietà la propria attenzione.. ecco spiegato in chiave metaforica il comportamento dei singoli e della società dinanzi alla questione sull’aborto e dei suoi numerosi sviluppi..
La verità e’ che ogni individuo, maschio o femmina, debba avere rispetto per se stesso e senso di responsabilità quando attua quei comportamenti che esulano dall’io ed investono gli altri, questa linea di pensiero trova fondamento in molti altri campi.
Personalmente, non ho mai dato fede alle tranquille parole di un godimento garantito da una pillola, non solo per mancanza di fiducia o per legittimo timore di malattie, ma per senso di RESPONSABILITA’ che non delego a nessuno se non a me stesso, ergo aspettarsi la medesima posizione appare ovvio, tuttavia spesso viene disattesa per una serie di ragioni, e comunque appare chiaro che se l’atto sessuale debba essere solo circoscritto al mero piacere reciproco, entrambi dovrebbero attuare tutte le cautele del caso sotto l’egida della RESPONSABILITA’, oggi tutto questo appare quanto mai effimero e il condizionale risulta pertanto d’obbligo.
La donna e’ tale per un fine, portare a compimento una vita generata da UOMO e DONNA… RESPONSABILI!, il resto e’ solo aria fritta, laddove sussista la RESPONSABILITA’ esiste di concerto una società civile, garantista e democratica, e’ lapallissiano confermare il contrario, la nostra non lo e’ affatto…e le cause cosi come le diverse viziate sfaccettature etico/economico/politiche sono dinanzi agli occhi di tutti, un conforto dove il bambino/a trova lo strumento di sostegno, la via di fuga propizia dinanzi alla sua mancanza di RESPONSABILITA’.
E quindi via.. verso un godimento di accuse, leggi, decreti, movimenti pro e contro, rivendicazioni e quant’altro.. ognuno cercando di far valere le sue tesi, e qui al via tutte le altre amenità sull’addossarsi le colpe, rivendicare privilegi, strumentalizzare e denigrare l’altro.. quando basterebbe essere RESPONSABILI, ma non lo siamo.. quindi via a coito interrotto, a gravidanze di comodo, a preservativi economici, a rivalse di genere, a ricatti di genesi, utero artificiale.. tanto poi c’e’ sempre la legge che puo’ dirci cio’ che noi dovevamo gestire da persone responsabili..
Il tutto appare cinicamente ovvio.. se non siamo in grado di gestire responsabilmente una sana sessualita’, scevra da qualsiasi condizionamento, come possiamo ritenerci responsabili dinanzi ad una gravidanza, sia essa voluta o meno? come possiamo capire l’importanza della vita, se non sappiamo gestire felicemente l’atto che la genera? e qui qualcuno potrebbe trovare un filo conduttore sulla QM..
Damien(Quota) (Replica)
Sono d’accordo con quanto affermato da Fabrizio. Mi sembra una posizione, la sua, equilibrata e in grado di “tutelare” un pò tutte le parti in causa. Sull’aborto ci si dimentica spesso ciò che è invece da mettere al di sopra di tutto: i diritti del nascituro, che non sono esclusivamente quello di venire al mondo, ma anche di crescere in un ambiente sereno, sentendosi amato possibilmente. Ciò è possibile se i due genitori hanno vissuto la scelta della maternità/paternità come desiderata e ricercata ( e in questo caso occorre senza dubbio valorizzare maggiormente il ruolo dell’uomo). Altrimenti è forse preferibile evitare di aggiungere sofferenza a sofferenza. I diritti del nascituro prima di tutto, mentre mi sembra che la battaglia ideologica, molto “calda” su questo tema, se ne occupi ben poco.
Alessandro(Quota) (Replica)
Mi permetta Fabrizio di aggiungere un “corollario”.
La condizione necessaria (non è detto che sia anche sufficiente, ma è sicuramente necessaria, questo sì) affinchè si inneschi una “rivoluzione” è uno scontro di Volontà.
Questo è un sito di sx, ispirato a principi marxisti e dunque so che questo concetto è oltremodo chiaro e non necessita di nessuna spiegazione (personalmente, più che a Marx, mi rifaccio alla dinamica servo/padrone di Hegel, ma non cambia proprio nulla, è lo stesso concetto, anzi…nasce proprio da lì.).
Ora, che dall’altra parte si neghi che alla base delle questioni che stiamo trattando ci sia un “desiderio”, una “Volontà di potenza” avrebbe detto qualcuno, è cosa ovvia.
Cioè che lascia piuttosto interdetti invece, è come si possa pensare di innescare una rivoluzione, quando “il servo” condivide la morale/volontà del padrone.
Loro c’hanno il monopolio sulla vita, e dunque sulla morale, e dunque su tutte le sovrastrutture sociali, eppero’…. “è giusto così”/”non ci sono altre strade”/”questo non c’entra nulla con la qm” (faccio il mix dei “rivoluzionari”).
Che non si vedano altre soluzioni è l’ovvia conseguenza dell’accettazione della volontà altrui.
Finche mi sta bene, non vedo come si potrebbe “vedere un’altra soluzione”, perchè questa diviene possibile (la vista su un’alternativa) solo nel momento in cui si rifiuta l’altra Volontà,e mai, ripeto MAI, finche’ la si fa propria.
“E’ la mia volontà”.
“Io la penso così”.
Così dice il servo in catene al padrone.
E salva se stesso.
Animus(Quota) (Replica)
Secondo me no, Animus, non ci sono altre strade, nè potrebbero oggettivamente esserci.
Non sono neanche d’accordo sul fatto di poter in qualche modo “affittare” il corpo di una donna, laddove anche l’uomo si assumesse in toto la responsabilità di riconoscere e gestire la paternità a 360° dopo il parto. O meglio, potrebbe essere la scelta individuale di questa o quella donna, ma, come ha detto giustamente anche Marco Pensante, non può certo essere imposto per legge…Non scherziamo…
Il concetto fondamentale, a mio parere, è che nessuno/a può imporre nulla a nessun altro/a.
La differenza però è che mentre oggi un uomo, giustamente a mio avviso, non può imporre la propria volontà di paternità ad una donna, viceversa la donna può imporre la sua volontà di maternità ad un uomo, sia dal punto di vista giuridico-legale sia soprattutto da quello morale che è quello che alla fin fine schiaccia maggiormente un individuo dal punto di vista psicologico.
Una situazione di assoluto squilibrio e diseguaglianza in sfavore degli uomini. Non la sola ovviamente, ma certamente questa è una di quelle.
Credo che questo, per quanto mi riguarda, sia il punto centrale di tutta la questione. E, come potete constatare, gira che ti rigira, torniamo sempre ai rapporti di potere fra le parti. Rapporti di potere che generano il diritto. Non la morale fine a se stessa che (questa la critica fatta anche da Adorno a Kant, e certamente non solo da lui, visto che lo hai citato in un precedente post), decontestualizzata e universalizzata, rischia di diventare una scatola vuota, un mero espediente formale.
Citare un pensatore non significa necessariamente condividerlo o condividerlo in toto….
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)