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Nella galassia telematica di divulgazione femminista è facile imbattersi frequentemente in discussioni che, ammantate come al solito ipocritamente da rivendicazioni egualitarie, non fanno altro che screditare l’universo maschile in ogni suo aspetto e declinazione.
Da un po’ di tempo a questa parte, uno dei temi centrali di tali dissertazioni riguarda i cosiddetti Incel, o “Celibi Involontari”, i quali vengono costantemente additati come misogini, violenti, repressi e con un latente complesso di inferiorità nei confronti della crescente emancipazione femminile.
Credo sia giusto osservare la questione da un punto di vista alternativo a quello comune, che senza dubbio è stato in grande misura viziato da alcuni tremendi e aberranti atti criminali commessi da sedicenti Incel.
Per evitare però inutili e generiche criminalizzazioni è importante tenere conto del fatto che gli Incel non sono un movimento organizzato, quindi all’atto pratico ognuno parla e agisce per sé, pur essendo consapevole di essere in una condizione comune a molti altri uomini.
Ecco perché l’attacco indiscriminato nei loro confronti mi pare una manovra scorretta e trovo più costruttivo indagare sulle ragioni più profonde della loro esistenza.
Il mio parere è che queste ragioni scaturiscano in gran parte, forse principalmente, dall’enorme potere sessuale che le donne hanno sempre esercitato sugli uomini.
Sarebbe ipocrita non ammettere che le donne sono indiscutibilmente portatrici di tale innato e dirompente potere (ma si sa, il mondo è pieno di ipocriti). Molte cominciano a fare esperienza di ciò sin dall’adolescenza e prima o poi, consciamente o inconsciamente, avranno percezione del fatto che la loro sessualità ha un alto valore di mercato e che quindi possono “scambiarla” strumentalmente con qualcos’altro.
Da quel momento, e per gran parte della loro vita, decideranno se e in che misura cogliere i frutti di tale privilegio, uno fra tutti, la possibilità di scegliere i propri partner.
Se non bastasse anche solo guardarsi intorno per rendersi conto dello snobismo selettivo femminile in tal senso, da qualche anno a questa parte sono stati effettuati alcuni studi, basati sull’utilizzo delle App di dating, che hanno più volte confermato la statistica per cui circa l’80% delle donne trova attraente solo il 20% circa degli uomini, scartando – anche solo idealmente – tutti gli altri.
Semplificando: solo venti uomini su cento vengono ritenuti attraenti da ottanta donne su cento, sulla base di standard sicuramente estetici ma anche, e non in misura minore, di status economico e sociale.
Questi standard non possono che essere decisamente pretenziosi visto che la maggioranza della popolazione maschile (80%) non è di certo composta da cloni del ricco Brad Pitt, ma nemmeno del povero gobbo di Notre Dame, così come la maggioranza della popolazione femminile (80%), che in questo caso ha delle così alte aspettative sugli uomini, non somiglia probabilmente a Salma Hayek né è ricca come la rampolla Paris Hilton.
Questi dati mi pare contribuiscano ad individuare quale tra i due sessi alimenta e impone in certi termini un evidente disequilibrio e perché ciò avviene.
Stando alle statistiche di cui sopra, considerando certamente le ovvie eccezioni e variabili, le donne sembrano prediligere i maschi belli, benestanti e/o ricchi, oppure anche bruttini ma solo se ricchi e/o potenti.
Va da sé che un uomo esteticamente nella media, disoccupato o con un lavoro precario, sarà quasi sicuramente un partner meno appetibile rispetto ad uno belloccio, occupato o comunque “figlio del Papy”.
Chi non offre uno status estetico, economico o sociale decente esce fuori dal radar, di conseguenza l’uomo che non fa parte di quella nicchia ristretta sa di dovere sgomitare per essere “scelto” e poter stabilire una relazione emotiva o anche solo sessuale con una donna.
Se nel corso della vita non dovesse mai riuscirci, o se raramente ce la dovesse fare ma a costo di un impegno incomprensibilmente spropositato, ad un certo punto potrebbe anche prendere atto della sua condizione e rassegnarsi, covando malumore e senso di impotenza rispetto al suo status di uomo rifiutato e, quindi, di involontariamente celibe.
Sono certa che nessuna donna al suo posto accetterebbe di vivere una condizione simile, anche perché nessuna donna, per quanto squattrinata o brutta, verrebbe mai realmente emarginata dal genere maschile per le stesse motivazioni.
Anche qui con le dovute eccezioni, bisogna prendere atto che le belle hanno sempre chi fa la fila per conquistarle. Le squattrinate, belle o brutte che siano, hanno sempre trovato e sempre troveranno qualcuno pronto a mantenerle.
In quanto alle brutte, ormai, con l’alibi che tutto è “bodyshaming”, si può dire che abbiano svoltato.
Infatti la realtà che si delinea da in po’ di tempo a questa parte è la seguente.
Le donne possono anche essere povere, stupide, grasse o rachitiche, basse, pelose, con la cellulite, le smagliature, il seno piccolo o asimmetrico, l’acne e la gobba ma, nonostante tutto, devono piacere a tutti. Comunque sia semmai qualcuno si ostinasse a non trovarle ugualmente attraenti dovrebbe giudicarle per la loro (presunta) meravigliosa interiorità, che è la vera bellezza.
Insomma, fatevele piacere.
Viceversa gli uomini poveri, stupidi, grassi o rachitici, pelosi o pelati, bassi, con l’acne, il pene piccolo (ma anche nella media), i denti storti, il naso aquilino o le orecchie a sventola continuano platealmente a fare schifo a tutte.
Insomma, della loro interiorità chissenefrega, che mostri.
E se vi fischiano per strada consideratelo pure cat-calling.
Roba da matti.
Impossibile che esista un doppio standard così aspramente palese, sarebbe discriminazione di genere.
E invece esiste, è un dato di fatto.
Chi lo nega è assente a se stesso e al mondo, oppure è in malafede.
Sfido chiunque a dire di non aver mai assistito nella vita a una di quelle squallide situazioni in cui una donna si rivolge ad un uomo – che questo sia un conoscente, un amico o oppure il compagno di vita – in modo irrispettoso, schernente, aggressivo o sminuente nei confronti del suo ruolo sociale o familiare, spesso del suo aspetto fisico, incurante degli eventuali presenti e per di più indignandosi qualora dall’altra parte arrivi anche un minimo segnale di disappunto per quelle offese gratuite (in realtà quasi mai palesato, purtroppo).
Io potrei fare un elenco enciclopedico di eventi di questo genere al quale ho assistito personalmente.
Alla faccia della grande delicatezza ed empatia innate del genere femminile.
Questi atteggiamenti derisori nei confronti di aspetti altrui considerati fallaci, sulla quale spesso fanno leva per poi declassare la persona nella sua interezza, non vengono mai redarguiti, sancendo quasi l’istituzionalizzazione di un bullismo femminile del quale si sottovalutano gli effetti.
In questo quadro generale di squilibri, gli Incel rappresentano solo uno dei sintomi di una disparità sessuale alimentata dalle donne, dalla loro estrema selettività e dal loro giudizio, che agisce severamente nei confronti di tutti tranne che di se stesse.
Le femministe, ma più in generale le donne, ammetteranno mai questa responsabilità? Purtroppo non credo.
In primo luogo perché se lo facessero dovrebbero poi coerentemente rinunciare al loro potere sessuale, privilegio che a questo mondo ha un peso specifico troppo importante, perché permette di aprire tante porte con il minimo sforzo.
In secondo luogo perché tutta la narrazione femminista, basata sul mito dell’oppressione maschile, a partire da questa analisi investirebbe anche altri campi e comincerebbe inevitabilmente a crollare, pezzo per pezzo. (Sarebbe pure ora).
Fonte foto: Brand News (da Google)
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