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30 Ott 2024  |  0 Commenti

Persone e non “clienti egualitari”

Le persone omosessuali sono indicate con la parola gay. Vi è da chiedersi se l’abitudine indotta ad usare la parola “gay” per indicare un gruppo di persone con il medesimo orientamento affettivo nasconda un sottile razzismo. Il linguaggio è la nostra grammatica significante con la quale si significa la realtà socio-storica e, specialmente, se stessi. Le parole non sono mai neutre, esse costruiscono la percezione del mondo all’interno del quale ci si forma in un gioco di rimandi fondamentali per la formazione umana di ogni componente. La parola gay deriva dall’occitano ed è poi divenuta parte del francese e dell’inglese. Il primo dato rilevante è la sua estraneità al nostro linguaggio, si è installata in esso con l’abitudine a non pensarla e si è ricevuti passivamente i significati ad essa afferenti derivati specialmente dalla versione anglo-americana. Se si consulta un banale vocabolario, si scoprirà che  essa designa una pluralità di qualità: allegro, eccessivo, gaudente, gioioso fino a depravato, quest’ultimo specialmente nell’Ottocento. Ogni definizione di un gruppo di persone con una qualità in comune, in questo caso l’orientamento affettivo,  è sempre una forma di riduzionismo al limite del razzismo, il quale può essere anche inconsapevole. La parola gay presuppone che le persone omosessuali siano allegre e dunque abbiano costumi e abitudini eccessivi.  In questa maniera ci si attende da loro l’eccesso e di conseguenza comportamenti  finalizzati a sorprendere e a trasformare se stessi in avanspettacolo. Tali comportamenti sono attesi e sostenuti da una parte dell’opinione pubblica, in fondo lo indica la parola e i media associano le persone omosessuali ai comportamenti suddetti. Il risultato finale è la morte della diversità e l’omologazione verso un modello unico, a cui le persone omosessuali gradualmente sono condotte, specialmente se giovani e prive di coscienza politica e sociale. In tal maniera il sistema li usa per abbattere vincoli etici e tradizioni e divengono il mezzo per l’affermazione della cultura liberal.

La rappresentazione di tal genere della persona con diverso orientamento affettivo non può che procurare sofferenze alla stessa. La persona omosessuale deve dimostrare nella vita ordinaria che non è “allegro”, ma è semplicemente  una persona che come le altre ha qualità e caratteristiche proprie e che vuole essere accettata e inclusa con la totalità della sua persona che la rende, come tutti, irriproducibile ed unica. Il mondo giornalistico e mediatico produce lo stereotipo “gay” con il quale si inoculano aspettative comportamentali precostituite e si determina l’immaginario della “società dello spettacolo”. L’effetto è che non si guarda alla totalità della persona, ma la si filtra attraverso lo stereotipo. Pregiudizi antichi si sovrappongono ai nuovi. L’emancipazione e la liberazione dalle sovrastrutture che ci impediscono di cogliere di ogni persona la sua unicità sono in questo momento storico lontanissime. In questa produzione di stereotipi non sono esenti da responsabilità i gruppi LGBT ormai omologati alla cultura liberal di cui spesso sono diventati i sostenitori. Il mercato e i capitalisti li sostengono e li usano nella guerra ideologica verso l’Oriente e per occultare la contrazione dei diritti sociali e dei lavoratori. Non è secondario il fiorente mercato che si rivolge alle persone gay benestanti, le quali, in quanto gioiose amano gli eccessi che il mercato può soddisfare. Ogni movimento di emancipazione deve portare ad una crescita politica, altrimenti si impaluda in forme di rivendicazione individuali non universali.  Si spera, dunque, che le persone omosessuali possano rifiutare gli antichi e i nuovi stereotipi per condurre la lotta con i lavoratori e con i migranti per la liberazione dell’umanità dalle miserie materiali e morali. Non dimentichiamoci che non esistono le persone omosessuali in generale, come la cultura astratta del sistema vorrebbe farci credere, ma ogni persona omosessuale vive la materialità strutturale della propria condizione. Gli interessi di un magnate non sono i medesimi di una persona omosessuale che lavora in fabbrica. La comunità gay spesso riportata dai media, è anch’essa una falsa e dunque astratta rappresentazione. Fa immaginare una comunità coesa e omologata, in realtà essa designa ancora una volta una parte organizzata e spesso limitrofa ai poteri politici rappresentata come una totalità.

Alla parola “gay” si dovrebbe sostituire l’espressione “persone con diverso orientamento affettivo ”, giacchè la formula linguistica “orientamento sessuale” spesso usata in relazione alle persone omosessuali è di per sé riduzionista. Le persone omosessuali amano e talune espressioni come gay o orientamento sessuale possono ingenerare resistenze e pregiudizi verso l’affettività delle coppie omosessuali e della persone omosessuali.

Il capitalismo liberal si presenta come rivoluzionario, ma esso ha lo scopo di includere nel mercato in modo che l’impero mercantile possa regnare, tale fine non ha dunque lo scopo di emancipare i gruppi umani oppressi, ma li trasforma in clienti egualitari e in tal modo li  impoverisce nello spirito e nel pensiero.

L’emancipazione secondo la formula anglosassone dovrebbe essere ripensata e filtrata attraverso l’Umanesimo della nostra tradizione che pone al centro il concetto di “persona”. Ogni essere umano è prima di tutto una persona con qualità proprie, per cui al riduzionismo anglofono dobbiamo opporre la liberazione dai pregiudizi vecchi e nuovi, evidenti e occulti, e a tal fine dobbiamo ripensare il nostro tempo con le categorie eterne dell’Umanesimo debitamente liberate dai pregiudizi che ogni epoca reca con sé. La liberazione e l’emancipazione sono autentiche e solide se la lotta non resta confinata in richieste di nicchia, ma se si legge politicamente la propria condizione e la si apre alla lotta solidale con le altre categorie oppresse e umiliate. Bisogna rompere le contrapposizioni a cui il sistema addestra per frammentare la lotta e perpetuare il dominio. Uomini contro donne, omosessuali contro eterosessuali, proletari contro piccolo borghesi, e si potrebbe continuare, le contrapposizioni pemettono al sistema di produrre pregiudizi e di indebolire l’azione politica.  Un nuovo Umanesimo potrebbe avere patria in Italia e in Europa. Umanesimo capace di riportare le differenze alla comune umanità e di orientare lo sguardo sulla persona nella sua dinamicità olistica.

Ripensare il linguaggio è un modo per iniziare tale arduo cammino. Il mercato non libera e non emancipa, perché cerca solo “clienti eccessivi” per i suoi prodotti. Liberazione è guardare e accogliere la persona nella sua totalità, in tal modo l’orientamento affettivo e il genere sono solo una parte rilevante dell’identità personale, mentre nel sistema attuale il linguaggio orienta a far percepire la parte come una totalità e di questo non abbiamo bisogno. Il capitalismo riduce l’emancipazione ad un prodotto: i gay sono rapppresentati come “gaudenti, belli, giovani e disinibiti”; oltre il prodotto ideologico c‘è la verità e le persone che tardano  a riportare l’essere e la storia  nel regno delle mercificazioni non riconosciute.


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