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Una tragedia di classe e di genere, quella dei morti sul lavoro, di cui si parla ipocritamente e in modo generico,soffermandosi, quando va bene, solo sul primo aspetto, occultando scientemente il secondo. Evitando cioè di specificare che la quasi totalità delle vittime sono uomini, appartenenti al genere maschile, e poveri, appartenenti alla classe lavoratrice. Perché non si ha notizia di un notaio o di un commercialista rimasti uccisi precipitando dalla loro scrivania, né di un parlamentare o di un giudice cadendo dal loro scranno, né tanto meno di un industriale schiacciato sotto una pressa.
Questi sono i dati tratti dal sito dell’Inail per quanto riguarda l’Italia (verificati nel 2008):
Nel 2004 i morti totali furono 1328 di cui 1225 maschi e 103 femmine.
Dei 1225 maschi, 438 morirono a causa di infortuni stradali (di questi 251 erano infortuni in itinere e gli altri inerenti la tipologia di lavoro)
Delle 103 femmine 62 morirono per incidenti stradali (di cui 54 in itinere)
Nel 2005 i morti furono 1280 (di cui 1193 maschi e 87 femmine)
Dei 1193 maschi 612 morirono per incidenti stradali (di cui 235 in itinere); delle 87 femmine 66 morirono in incidenti stradali (di cui 44 in itinere)
Nel 2006 i morti furono 1341 (1242 maschi e 99 femmine)
Dei 1242 maschi 603 morirono in incidenti stradali di cui 214 in itinere); delle 99 femmine 85 morirono in incidenti stradali di cui 52 in itinere.
Quindi gli infortuni in itinere sono circa il 20% per maschi mentre salgono al 50% per le femmine. Se consideriamo che la quasi totalità degli autotrasportatori, degli autisti e in generale di coloro che svolgono una professione che prevede lo stare lunghe ore alla guida di un mezzo, sono uomini, è facile capire come in realtà si arriva alla percentuale del 98% di vittime maschili.
Le percentuali sono pressochè le stesse relativamente all’Unione Europea. Paradossale il fatto che, sullo stesso sito dell’Inail (www.inail.it “banca dati al femminile”), viene citata la percentuale di infortuni mortali femminile e non quella maschile che si evince ovviamente sottraendo la prima al totale…
Pensate cosa succederebbe e sarebbe già successo se questa ecatombe sociale e di genere, con cifre paragonabili a quelle di una guerra civile neanche tanto strisciante, fosse stata e fosse a parti invertite. Se cioè a morire sul posto di lavoro fossero le donne e in quella percentuale.
Campagne mediatiche fino all’inverosimile, tuoni e fulmini scagliati contro una insopportabile e vergognosa discriminazione, leggi speciali per evitare alle donne i lavori più pesanti, faticosi e rischiosi. E sarebbe sacrosanto. Guai se non fosse così.
E invece in questo caso c’è un silenzio assordante, come si suol dire. E’ come se tutto questo fosse dato per scontato. E suonano beffardi i titoli dei giornali che mettono in risalto l’aumento degli infortuni sul lavoro per le donne, in percentuale.
Su questo dramma sociale e umano (e maschile) cala il sipario dell’oblio e dell’ipocrisia. Non una parola in tal senso. Se ne guardano bene tutti: politici, media, sindacati, associazioni degli industriali.
La domanda sorge spontanea? Perché? Forse perché questa verità è insopportabilmente vera al punto di spazzare via una “verità” fasulla, quella del privilegio e dell’oppressione maschile sulle donne, sempre, comunque e dovunque? Forse perché questa verità è talmente vera che metterebbe in crisi la vulgata dominante e “politicamente corretta” che racconta di una oppressione a senso unico dell’intero genere maschile su quello femminile?
Noi non abbiamo paura della verità che qualcuno,una volta, sosteneva essere rivoluzionaria. Noi, la pensiamo come lui. Qualcun altro/a ne ha paura.
825 Commenti
Damien di certo hai ragione. Ma l’oppressione della femmina passa per quella del maschio.
Le femmine attuali sono le femmine più schiave della storia dell’umanità.
Impresentabili.
Ecco perché io sottolineo il fatto che l’avere successo , potere e soldi oggi sia sintomo di non essere degni di rispetto.
Mi rifiuto di concedere ( seppure il ragionamento che vi è dietro lo capisco benissimo ed è sotto gli occhi di tutti ) a categorie di tal fatta il termine ALPHA.
Ugualmente non perché una persona non dispone di tali cose merita tale rispetto poiché questi non ha , tramite la consapevolezza, controllato la brama e la cattiveria tipiche degli ignoranti.
Si badi bene.
A me non interessa la morale in quanto roba sentimentalistica.Non sto dando giudizi di valore sulle singole persone cosa che sarebbe impossibile poiché non posso conoscere il loro foro interno né la loro storia.
Io mi focalizzo sulla regola d’azione esteriore che oggi mi palesa la schiavitù dei maschi femminilizzati e delle femmine mascolinizzate.
Con tutte le paraculate del caso annesse.
Finché si reterrà alpha un certo tipo di maschio , i ragazzi più deboli, quelli che dovrebbero , grazie alla tutela della propria famiglia , della comunità in cui vivono ed altro, non riusciranno a formarsi e cadranno vittime della situazione.
Se non si adegueranno passeranno una vita d’inferno.
E ci metto lamano sul fuoco che per molte femmine la situazione è la medesima.
Saluti
daouda(Quota) (Replica)
Annamaria: “Comunque è scritto benissimo, l’ho letto tutto di un fiato e ho pensato “porca miseria!” Insieme al post di Fabrizio ha gettato una luce diversa su voialtri. I due interventi mi hanno fatto pensare che una questione maschile esista davvero e che varrebbe la pena farla conoscere al di fuori da questo sito. ”
Ma sant’Iddio. Questa frase, sia benvenuta, è la prova più pura perchè sincera, del mondo in cui viviamo. Perchè un tempo le madri e le donne in genere, non solo i padri e gli uomini, sapevano benissimo qual’era ed è la condizione maschile. Per questo rispettavano i propri uomini e tutto sommato si ritenevano anche fortunate di non dover subire quel particolare stress maschile. Certo, il loro stress, la loro lotta, l’avevano anch’esse, ma conoscevano anche quella dei propri compagni, diverso dal loro e sicuramente non meno duro, anzi.
Questa conoscenza oggi è scomparsa. Sembra che i maschi vivano nel mondo delle favole, dove sono felicemente aggressivi, dove la strada è per loro spianata, dove per loro ci sono solo privilegi e prebende a scapito sempre delle donne. Questa è la rappresentazione mediatica del mondo maschile. Così si deve rappresentare e raccontare il mondo degli uomini. Per questo, esattamente per questo, nessuno dice mai che il 97 % dei crepati sul lavoro sono maschi, che gli stupri etnici seguono gli omicidi etnici dei maschi, che i morti sui barconi sono in stragrande maggioranza maschi che rischiano e così via all’infinito…….
Così si nasconde una realtà che ogni uomo vive invece sulla sua pelle, la si dissimula perchè raccontarla farebbe vedere una realtà diversa da quella che si vuole che sia. Di chi la responsabilità di ciò? Questione complessa e non risolvibile in due righe, ma sicuramente c’entra il femminismo che ha imposto (sia chiaro, perchè ha trovato un terreno non dico già arato ma addirittura sgmobro e libero da ostacoli) ,per così dire, la sua “agenda”. La quale prevedeva che il nemico dei maschi fossero le donne e il loro scopo supremo opprimerle. Da sempre. Così in realtà la loro battaglia in favore delle donne ha ben presto assunto un senso diverso: lotta contro i privilegi maschili, cosa del tutto diversa, salvo, naturalmente, rifuggire come la peste quei “privilegi” che non andavano esattamente loro a genio. Generazioni di donne sono cresciute con questa ideologia, anche le meno avverse al mondo maschile. E quel che è peggio è che così sono cresciute anche generazioni di ragazzi, abituati a considerarsi privilegiati oltre ogni esperienza di vita concreta. E’ un veleno terribile, pensiamoci. Per questo credo che restituire al mondo maschile il suo onore, e per intero, sia condizione necessaria a qualunque altro ragionamento.
armando
armando(Quota) (Replica)
@daouda
penso che il discorso di possa semplificare ,anche in maniera ermetica in due frasi
Se uno è alpha e stronzo, è un alpha.
Se uno è beta e stronzo, è un beta stronzo.
mauro recher(Quota) (Replica)
@A.A.
“Prego tuttavia Damien di non cambiare stile, è semplicemente TROPPO divertente!” ah grazie.. ma temo di non raggiungere la qualità eccelsa che la vede titolare sino ad ora su questi lidi..
“Senti Damien, a te rispondo un’altra volta per questione di tempo, sempre se mi togli il nazi, sennò no”
Sono qui per esprimere opinioni, pareri, dare un contributo fattivo.. lo faccia anche lei, il dialogo risulterà sicuramente pregno di contenuti.. mi perdoni ma per ovviare al “nazi” deve necessariamente ripudiare determinati stereotipi che si sono succeduti in questa sede, non si tratta quindi di preconcetti.. semplicemente adeguamenti al suo operato ed al suo modo di scrivere in questo sito, pertanto che io ometta o meno tale suffisso dipende da Lei, non da me.. e per la ritorsione nel non rispondermi.. liberissima di non farlo.. è un suo diritto al quale lei può fare appello nella più assoluta libertà..in questi frangenti, solitamente, un “sticazzi” ci stà benissimo..
Damien(Quota) (Replica)
Armando, sei troppo buono…
Annamaria scende dalle nuvole dove ha vissuto fino ad ora, ascolta un paio di racconti maschili, e alla sua non più tenerissima età scopre che sì, forse anche gli uomini soffrono, proprio come le donne, e anche loro hanno una sensibilità, molto spesso ferita, non solo da altri uomini ma anche dalle donne.
Hai capito che scoperta? Porca miseria, meno male che ci siamo noi, altrimenti sarebbe rimasta convinta per tutto il resto della sua vita che gli uomini (con l’eccezione, ovviamente, del suo caro marito) sono fondamentalmente dei bruti, anche se col cervello sviluppato, che godono della loro natura aggressiva e famelica…
Annamaria non sapeva che anche gli uomini sono “umani”, proprio come le donne, e come le donne capaci anche di soffrire (per ferite inferte da altri/e).Soprattutto non lo percepiva, anzi, non lo ipotizzava neanche. Poi con il solito candore che la contraddistingue pronuncia su per giù queste parole:”Sì, va bene, ma perché ve la prendete con le femministe?…Sostenete le vostre ragioni senza per questo prendervela con loro (“con loro”, dal mio punto di vista, significa l’intero sistema dominante di cui il femdominismo è parte integrante e fondamentale)”.
Il che, volendo ricorrere ai miei soliti banali, iperbolici ma forse efficaci esempi, equivale a dire a un nero dell’Alabama ai tempi della segregazione razziale:”Sì, certo, comprendo le tue problematiche, ma perché te la prendi con i bianchi, che c’entrano loro, porta avanti le tue ragioni senza necessariamente attaccare gli altri…”…
Va bè, andiamo avanti…
Comunque, come si suol dire, non è mai troppo tardi, come diceva il caro buon vecchio maestro Manzi (qualcuno fra noi se lo ricorderà senz’altro) e quindi, ben venga la scoperta della Questione Maschile da parte di Annamaria, colpita anche lei sulla Via di Damasco. Meglio tardi che mai…E chissà che (nella vita tutto può essere…) , dopo decenni di svolazzamenti e di femminismo all’acqua di rose non diventi una pasdaran della QM, un’eroina della causa degli uomini beta…
Naturalmente ne saremmo felici, convinti comunque che la strada maestra sia contare sulle proprie forze…
“Play it again, Annamaria”, ce la puoi fare…Ti accoglieremo a braccia aperte. Il dono è maschile, come ben sai…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@Annamaria:
Necessità è guadagnare, necessità è eliminare la dipendenza economica dal marito che non ci mette niente a farti pesare il fatto che ti sei comprata un maglione nuovo…ma necessità è anche sentirsi in pace con se stesse nei riguardi della cura dei figli. E’ una situazione difficile e basta, perché negarlo?
…………….
io non nego che molte madri siano ostacolate nella carriera dal senso di colpa verso i figli (anzi, guarda che tante donne quelle che lo fanno proprio per “necessità” quelle con un lavoro normale e non in “scalata” verso il potere, questo senso di colpa molte volte, noto che lo trasformano in un’eccessiva oppressione verso i figli, tanto che molte volte ho pensato che mi sentivo più libera io, figlia di una casalinga – che però non poteva certo star dietro a me tutto il tempo – che non molti figli di donne lavoratrici). Contesto semplicemente che di questo senso di colpa se ne debba far carico la società, se ne debbano interrogare gli uomini, si debbano arrovellare il cervello per trovare una soluzione che salvi capra e cavoli, che renda possibile la realizzazione di tutti i “desiderata” delle donne, che siano artificiali o naturali, soprattutto in un’epoca, come diceva Armando, in cui le aspirazioni e le inclinazioni maschili (siano esse naturali o artificiali) non vengono nemmeno prese in considerazione come se non esistessero.
Un piccolo appunto.. “non ci mette niente a farti pesare…” eccolà lì, è la tua realtà? è quella di tua madre, di qualcuno a te vicino?. Perchè io questa realtà non l’ho osservata con così tanta frequenza. Perlomeno non sicuramente nella mia famiglia dove lo stipendio di mio padre veniva consegnato a mia madre che lo amministrava e mai un appunto gli fu mosso sulle spese (certo mia madre non ne approfittava.. amministrava appunto, non facendosi mancare i vestiti nuovi quando erano necessari). A questo proposito io ricordo che noi bambine di “una certa età” avevamo tra i libri di narrativa per l’infanzia la serie di Louisa May Alcott. Forse ne sorriderai e forse ormai questi libri ottocenteschi saranno trasformati come le favole perchè portatori di “stereotipi”, ma c’è un bellissimo episodio di vita casalinga di Meg in cui, lei, giovane sposa di un precettore economicamente debole si lascia tentare dalle amiche e compra un vestito molto costoso. Meg segnava le spese per lei su un libretto, scrive la Alcott, e alla sera lui si divertiva a sfogliarlo e ne ridevano insieme perchè per lui era incomprensibile come l’acquisto di nastri di raso o stoffa potesse costituire un cappellino. La sera dell’acquisto del vestito costoso Meg non vuole fargli vedere il libretto, perchè sa che non se lo potevano permettere. Lui dà un’occhiata e dice “perchè no? perchè hai speso 9 dollari per un paio di scarpe nuove? sono orgoglioso dei piedini di mia moglie io” Poi vede la cifra ben più grossa e lei per giustificarsi gli dice “sì lo so è tanto, ma ero in giro con le amiche e sono stufa di essere povera”. L’ultima frase pronunciata piano, ma lui la sente e tace. Tutto quello che fa, è disdire l’ordine per un soprabito nuovo (dato che il suo era da buttare) e fermarsi di più la sera a lavorare. Tutto ciò finchè non trova una notte sua moglie che piange col viso nascosto nel vecchio soprabito del marito. E quella notte Meg, impara il valore del denaro.
Tutta questa manfrina non per dirti che le donne sono sprecone e non sanno fare economica e contenersi, che anzi ho conosciuto donne fare miracoli nel gestire la casa con pochi soldi. (e .. ahimè non sono certo le emancipate donne odierne, evidentemente c’è un deterioramente e un peggioramento, se non ci sono più gli “uomini di una volta” dobbiamo riconoscere che per molti aspetti anche le donne hanno perso molte capacità gestionali e operative) ma per dirti che si parte sempre dal pregiudizio che “gli uomini ci abbiano sempre messo niente ad umiliare” e che le “donne abbiano sempre dovuto elemosinare”. Non è così Annamaria, non è assolutamente così. Certo che ci sono e ci sono stati uomini umilianti e donne umiliate, ma ci sono e ci sono state anche donne umilianti e uomini umiliati.
Il racconte delle donne umiliate ha prevalso e, per una strana alchimia, ha acquisito un valore altissimo. Talmente alto che non si ritiene e non si è ritenuto di ascoltare il racconto degli uomini umiliati, oppure lo si è liquidato come una condizione eccezionale e riguardante pochi uomini.
Eppure se ci si sofferma ad ascoltare il racconto dei grandi anziani, oppure si va a rileggere uno dei vecchi libri della nostra infanzia, si scopre che la realtà era molto più variegata da quella che si racconta ne “Il Corpo delle donne” o nella “27ora” o nelle migliaia di blog dedicati alle donne.
Rita(Quota) (Replica)
Mi viene da dire: signore donne, modello Sabrina & Cosima (se davvero così è andata la vicenda si Sara Scazzi) , verrà il giorno in cui gli uomini, modello zio Michele, usciranno dalla galera della falsa coscienza in cui si sono fatti colpevolmente mettere da voi così da diventare vostri complici nel seppellire la femminilità e se stessi. E dopo un breve ricovero coatto in psichiatria, come si conviene in regime femmidominista, torneranno a casa e in senno. Quel giorno auguratevi che le masse di zii Michele siano capaci di riconoscere che il male subito e fatto per causa vostra è stato causato principalmente dalla propria insipienza di maschipentiti che si sono fatti trattare da voi come pezze da piedi e come burattini.
cesare(Quota) (Replica)
Mi hai battuto sul tempo, Cesare… stavo per intervenire sullo stesso argomento…
La vicenda di Sarah Scazzi, che normalmente non avrei seguito perché si tratta di fatti cronaca che in genere non mi suscitano particolare interesse, ha invece assunto un certo qual significato ed è in qualche modo emblematica.
Sarebbe interessante, per chi ne avesse tempo e voglia, andare a ripescare gli articoli delle varie giornaliste e opinioniste, pubblicati subito dopo il delitto di Sarah, che denunciavano l’ennesimo brutale atto di violenza sessista e maschilista perpetrato all’interno delle mura domestiche …
I fatti sembrano proprio fornirci un’altra versione: quella di un uomo sottomesso, succube, vittima della moglie e della figlia. Se una colpa ha avuto quell’uomo, e l’ha avuta, è stata quella di non essersi ribellato prima a quella condizione. Lo ha fatto, costretto dagli eventi, quando era ormai troppo tardi…
Se lo avesse fatto, molto probabilmente, se non certamente, forse oggi Sarah sarebbe ancora viva…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Scommetto pizza e birra per tutti gli intervenuti che la questione verrà posta sul lato sanitario e che in finale, l’anziana verrà messa agli arresti domiciliari, e l’esecutrice dell’omicidio sconterà poco di carcere, beneficiando della platea femminista, la stessa sarà menzionata sui media che conosciamo, tema di dibattiti ed alla fine la vulgata nazifemdominista troverà il perfetto escamotage per depurarla dal crimine commesso (psicolabile.. depressa.. fate voi), magari come ciliegina.. che viveva oppressa in casa dallo zio maschilista..
un abbraccio a Sarah e Yara…
Damien(Quota) (Replica)
@ Fabrizio: Sarebbe interessante, per chi ne avesse tempo e voglia, andare a ripescare gli articoli delle varie giornaliste e opinioniste, pubblicati subito dopo il delitto di Sarah, che denunciavano l’ennesimo brutale atto di violenza sessista e maschilista perpetrato all’interno delle mura domestiche
In realtà, senza fare troppa fatica, c’è chi, come Maria Corbi de “la Stampa” ancora OGGI, parla di risvoti maschilisti nella vicenda.
http://infosannio.wordpress.com/2011/05/29/sarah-scazzi-avetrana-ha-gia-scelto-le-sue-colpevoli-e-va-in-piazza-a-far-festa/
Rita(Quota) (Replica)
A ben vedere, comunque, se per maschilismo, s’intende la superiorità del genere maschile, il risvolto maschilista c’è: ma non nel senso che dice Maria Corbi. C’è il presupposto della maggior superiorità maschile emotiva e psicologica, di una maggior responsabilità personale se un uomo si fa sottomettere per debolezza. Questa sorta di complicatissimo equilibrio (che non posso nemmeno immaginare) che fa sì che si debba essere sempre quello su cui si fa affidamento, che deve saper guidare, sapersi difendere, sapersi accorgere quando cade nel baratro di un’apatica schiavitù perchè comunque ne sarà responsabile in prima persona.
C’è anche nel tuo commento, a mio avviso, Fabrizio, quando dici:
quella di un uomo sottomesso, succube, vittima della moglie e della figlia. Se una colpa ha avuto quell’uomo, e l’ha avuta, è stata quella di non essersi ribellato prima a quella condizione. Lo ha fatto, costretto dagli eventi, quando era ormai troppo tardi…
Mi ricorda un vecchissimo interrogativo del founder del vecchio forum della QM,
http://www.uomini3000.it/10377.htm
“E, se uomo e donna sono uguali, (e non una la costola dell’altro) le lacrime dell’uomo chi le conta ?
Che senso hanno simili pensieri in un mondo laico e moderno e, ancor di più, che senso avranno in futuro ? ”
Beninteso non è una critica al tuo commento: è una semplice osservazione. Anzi, auspico che anzichè deresponsabilizzare gli uomini si responsabilizzino anche le donne che, in situazione simili, di sottomissione e soccombenza psicologica, non sanno reagire e ribellarsi
Rita(Quota) (Replica)
Rita: “Perlomeno non sicuramente nella mia famiglia dove lo stipendio di mio padre veniva consegnato a mia madre che lo amministrava e mai un appunto gli fu mosso sulle spese (certo mia madre non ne approfittava.. amministrava appunto, non facendosi mancare i vestiti nuovi quando erano necessari). ”
Succedeva proprio così anche nella mia famiglia, e in quella dei miei ex suoceri e di tante famiglie di mia conoscenza. Ma di quale umiliazione si va parlando? Quali fanfaluche sono state immesse nel cervello di tante donne d’oggi?
A Fabrizio. Si la vicenda di Sara necessiterebbe di un libro bianco che raccolga la miriade di articoli, studi psicologici, etc. etc. su quel povero disgraziato di Michele, l’orco assassino emblema della sessualità maschile deviata. Ci vorrebbe un po’ di tempo, ma con la buona volontà si riuscirebbe a farlo.
armando
armando(Quota) (Replica)
Anche il razzismo in molti casi è causato dall’invidia…
Ripensando ad Annamaria che negli anta non deve più preoccuparsi degli uomini che sbavano dietro di lei, anche io negli anta non devo più preoccuparmi di essere vessato dai bulli, dai nonni e ufficiali sotto le armi, mi sembra poi, che sono passati molti anni da che un carabiniere o poliziotto mi hanno fermato per controllarmi i documenti (vessazione e bullismo anche questo).
Ribadisco che mentre zio Michele lavorava la terra, le sue donne andavano a tingersi i capelli di biondo (la razza ariana).
Leonardo(Quota) (Replica)
A ben vedere, comunque, se per maschilismo, s’intende la superiorità del genere maschile, il risvolto maschilista c’è: ma non nel senso che dice Maria Corbi. C’è il presupposto della maggior superiorità maschile emotiva e psicologica, di una maggior responsabilità personale se un uomo si fa sottomettere per debolezza. Questa sorta di complicatissimo equilibrio (che non posso nemmeno immaginare) che fa sì che si debba essere sempre quello su cui si fa affidamento, che deve saper guidare, sapersi difendere, sapersi accorgere quando cade nel baratro di un’apatica schiavitù perchè comunque ne sarà responsabile in prima persona.
C’è anche nel tuo commento, a mio avviso, Fabrizio, quando dici:
quella di un uomo sottomesso, succube, vittima della moglie e della figlia. Se una colpa ha avuto quell’uomo, e l’ha avuta, è stata quella di non essersi ribellato prima a quella condizione. Lo ha fatto, costretto dagli eventi, quando era ormai troppo tardi…
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D’accordo su tutto e aggiungo che a nessuno viene in mente, come la Zanardo per le veline, di andare in giro a dire che zio Michele viene sfruttato inconsapevolmente dalle sue donne.
Leonardo(Quota) (Replica)
eccone uno
http://blog.leiweb.it/marinaterragni/2010/10/07/qualcuno-puo-spiegarmi/
mauro recher(Quota) (Replica)
@Mauro Recher: una delle prime risposte dell’articolo segnalato è di Marina Terragni
“Noi donne non abbiamo gli strumenti per spiegare”
chissà se alla luce dei nuovi eventi si è resa conto di poter trovare da qualche parte nel suo cervello gli strumenti per spiegare
Rita(Quota) (Replica)
Le lacrime dell’uomo non sono da contarsi perché l’uomo E’ SUPERIORE ed il superiore è nato per avere maggiori responsabilità.
Questo è normale.
Ugualmente è normale e giusto che un maschio pianga, ma per lacrime vere e soprattutto è bene che non lo faccia davanti a tutti, per pudore.
Non è normale che le femmine vengano strumentalizzate in questo modo ed abbiano più poteri di quelli che dovrebbero essergli concessi.
Non è normale che queste vengano usate ( assieme a tante altre categorie ) come avamposto per mantenere il potere portando alla destabilizzazione della società ed a sofferenze molti di noi , dall’una e dall’altra parte, che subiranno questi eventi sulla propria pelle.
Questi sono dei vigliacchi ed infami, maschi e femmine ( molto più maschi proprio per la superiorità su espressa che determina ciò naturalmente ) , i cui modelli di riferimento a cui vogliono formarci vanno rigettati.
Per questo scrivo che gli alpha siete voi e non molti di quelli che si reputano tali e che devono il loro successo ad altri, e chi vuol capire capisca…
daouda(Quota) (Replica)
“Le lacrime dell’uomo non sono da contarsi perché l’uomo E’ SUPERIORE ed il superiore è nato per avere maggiori responsabilità”. (Daouda)
Questa mi sembra un’affermazione veramente sopra le righe, Daouda, perché credo che nessun essere umano, in questo mondo, possa avere la presunzione di sentirsi o autodefinirsi “superiore”. Sarei quindi al tuo posto molto più cauto, anche perché stai pur sicuro che troveremo sempre qualcuno convinto di essere “un po’ più superiore” di noi…
Mi sembra molto più saggio e ragionevole non considerarsi “inferiori”. Questi concetti (superiore/inferiore) sono per lo più trappole ben camuffate. Facciamo attenzione a non cascarci dentro. Potremmo rimanere infilzati in paletti acuminati messi lì appositamente…
“Ugualmente è normale e giusto che un maschio pianga, ma per lacrime vere e soprattutto è bene che non lo faccia davanti a tutti, per pudore”. (Daouda)
Questo invece è un errore, a mio parere, che affonda le sue radici nella “cultura” di derivazione “machista” di cui abbiamo parlato lungamente.
La penso esattamente all’opposto. Non sto ovviamente teorizzando che gli uomini si debbano mettere a piagnucolare come bambini, è evidente. Sono invece convinto che debbano imparare a guardare dentro loro stessi dismettendo una volta per tutte i (falsi) panni da (finti) “duri” che sono stati educati a vestire da sempre. Anche e soprattutto questa è una trappola che ha ingabbiato il genere maschile e in particolare i maschi beta che erano e restano i principali destinatari di questo messaggio. . Solo in seguito a questa operazione potrà nascere una nuova forza interiore e una nuova consapevolezza che non ha nulla a che vedere con l’ostentazione, questa sì tipicamente maschilista, di una presunta forza che in realtà mal cela una profonda debolezza.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio
Questo invece è un errore, a mio parere, che affonda le sue radici nella “cultura” di derivazione “machista” di cui abbiamo parlato lungamente.
La penso esattamente all’opposto. Non sto ovviamente teorizzando che gli uomini si debbano mettere a piagnucolare come bambini, è evidente. Sono invece convinto che debbano imparare a guardare dentro loro stessi dismettendo una volta per tutte i (falsi) panni da (finti) “duri” che sono stati educati a vestire da sempre.
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Sì, l’uomo può piangere; di solito lo fa da solo coprendosi il volto o allontanandosi dagli altri quasi per non farsi vedere, mentre notiamo che molte donne ai funerali piangono in modo plateale, sembrano svenire e hanno molta gente intorno che le sostiene.
Sulla superiorità: è un idea fissa delle femminazidoministe doversi distinguere dagli uomini.
Leonardo(Quota) (Replica)
Io non credo affatto che siano trappole.
Non ho alcun poblema ad ammettere una superiorità intellettuale, emotiva o fisica laddove essa si manifesti.
Ceteris paribus , un maschio è superiore ad una femmina?
Le risposte non possono prevedere una neutralità di comodo.
Il no sta ad indicare che la femmina è superiore al maschio.
Il sì l’inverso.
Ciò semplicemente perché se fossero identici avremmo un unico sesso ergo il rispondere no per presuppore una parità è illogico ed impossibile.
Si accomodino per escogitare una soluzione che salvi capra e cavoli!!!
Per quanto mi riguarda, il maschilismo è un femminismo al maschile.
Chi storpia le regole a suo uso e cosumo, chi opprime gli altri questi è un vile ed un pusillanime quantunque per la società attuale possa essere un cardine ed impersonare l’uomo di successo.
Riconoscere che il maschio è la parte forte come ho già scritto implica che questo ha maggiori responsabilità.
Se alla donna si può perdonare, proprio perché più debole, al maschio no.
( in generale, poi si deve vedere in ogni situazione , ovvio )
saluti
daouda(Quota) (Replica)
Bilancio tragico della giornata lavorativa, con sei vittime: cinque operai e un pescatore
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/06/06/visualizza_new.html_840439329.html
E’ incredibile come l’interpretazione femminista diventata cultura dominante e di fatto immaginario collettivo, cozzi clamorosamente con la realtà vera, di cui la tragedia dei morti sul lavoro è soltanto un aspetto…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@Damien: sono la baronessa Von Arlotten Tumistufen Von Brandenburg, ben lieta di rispondere alla sua gentile missiva. Sappia innanzitutto che ho trovato la canzone da Lei consigliatami orribile sia nella musica che nel testo. Dirò di più: tale da ispirare la creazione di un altro gruppo FB, contro le canzoni non tanto sessiste quanto banali fino alla nausea e piene di stereotipi.
Dopo che ho concordato con Lei sulla necessità da parte delle donne di assumersi le loro responsabilità, Lei ha risposto:
“si.. vedo la luce! finalmente! la speranza! si! oddio! allora lo vedi che se vuoi ci si capisce.. Ok!! che avete deciso di fare te e le tue amiche? azione di volatinaggio? articoli per sensibilizzare le donne a questo tema? aprite un sito donnebeta.org e facciamo gemellaggio? cominciate voi stesse ad agire in maniera diversa? non mi risponda… da buona politichese, immagino che trattasi solo di.. politica spicciola inconcludente!” Ebbene, sono affranta di doverle comunicare che nonostante gli stemmi di famiglia e i vari titoli nobiliari, non sono, come Lei mostra di credere, un’Onorevole, e dunque i miei contatti si riducono a ben poco e sarebbe per me arduo organizzare un qualsivoglia dibattito in merito. Del resto mi è parso che questo sito fosse più luogo di incontro e discussione che di programma di iniziative che da esso esulino, nonché al di fuori di internet: non me ne voglia se affermo che dovreste essere voi, non certo io, a proiettare la vostra visione all’esterno di questo spazio e diffonderla fuori, così come faccio io con il mail bombing del mio gruppo all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Non sto evidentemente dicendo che dovreste fare un’azione simile, ma piuttosto, trovare altri canali che superino la semplice contrapposizione uomo-donna per presentarvi al mondo, così come ha fatto recentemente Stefano Ciccone col suo libro Essere maschi, di cui ho letto la recensione su Repubblica http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/06/08/news/passaparola_8_giugno-17393329/index.html?ref=search
Venendo ora al nostro amabile scambio sulle molestie alle donne, incollo qui ciò che ci siamo detti: A: “nessuno penserà che il motivo per cui mi siedo al bar, su una panchina o passeggio in campagna sia perché IN REALTA’ aspetto di essere avvicinata da un uomo, come succedeva quando ero giovane, anche se leggevo il giornale e avrei continuato a farlo in santa pace
D. )Il popolo ha fame? che mangino Brioches!(Regina Maria Antonietta)
E ribatto: la fame è una cosa e la fame sessuale è un’altra. In quest’ultimo caso, non vengano a scocciare chi non dà nessun segno di voler essere avvicinata.
Riguardo al fatto che io sia agevolata nei riguardi della chirurgia plastica, come ho tentato di dirle già in passato, non tutte le donne sono interessate a mantenere una finta giovinezza, e io non ne sento alcuna esigenza. Cerchi, anche Lei, di capire che le donne non sono una categoria di persone tutte uguali, ma che ci sono differenze individuali. E’ arduo afferrare questo concetto, ma con qualche sforzo di immaginazione vedrà che riuscirà nell’intento.
Devo invece ricredermi su talune mie affermazioni superficiali. Lo scambio è il seguente:
A “Che ne sai della paura di girare quando è buio e dell’invidia per gli uomini che a meno che vadano in quartieri malfamati lo possono fare tranquillamente?”
D (…) ?? beh.. guardi.. anche essere accoltellati per il portafoglio le assicuro che non risulta un’esperienza piacevole..
Forse quando ero giovane e giravo a volte la sera i tempi erano diversi e gli uomini non dovevano temere di esser derubati a meno di andare in certi quartieri. O forse non l’ho mai saputo io, comunque le do atto di avermi trasmesso un’informazione utile alla formazione dei miei giudizi.
Tutt’altro discorso A“Che ne sai delle strusciate di uomini bavosi sull’autobus?”
.Ergo uomini che non le piacciono.. ma se domani si girasse e vedesse il classico fusto mediterraneo che la palpa o la guarda.. mi dica.. la reazione sarebbe la stessa?
Sì.
E’ stato un piacere corrispondere con Lei. Ora devo lasciarla, vado a spolverare gli stemmi di famiglia.
Cordiali saluti
Baronessa Von Arlotten Tumistufen Von Brandenburg
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
@Cameraten un Onorevolen Arlotten!
Nein! Nein und nein! du ast nicht verstanden! tu non avere kapiten! al solito svolazzaren.. svolazzaren!
Esimia!.. i suoi presupposti partono sempre da un inevitabile punto già conclamato in precedenza, il sillogismo femminile.. o se piu’ la aggrada.. l’eco! IO…Io…io…io..
Chiaro che lei come molte donne non ha mai avuto problemi di fame sessuale.. chiaro che lei scriva qui SI! per poi magari fare l’opposto sul bus di fronte alla realtà del fustaccione magari carino che si scusa tra i suoi “si figuri..” e sventagliate di ciglia…
Inoltre, cara Arlotten, è dalla notte dei tempi che la donna si trucca, se davvero crede che io le lasci passare la frase:”come ho tentato di dirle già in passato, non tutte le donne sono interessate a mantenere una finta giovinezza” devo dedurre che tra un pasto e l’altro lei abbia fatto uso di un buon Barolo o magari un chianti gallo nero!
Lei veramenten pensa ke io kredere ancoren a Babbo Natalen?
con tale presupposto, glissa su molti aspetti che ricoprono la MAGGIORANZA delle persone nel merito citate, ergo che mi dica di uscire dal blog per spargere il verbo è fuori discussione.. vengo qui per discutere quello che GIA’ faccio fuori.. stia tranquilla Onorevole Von Arlotten.. e per quanto concerne il libro.. se li spenda lei 18 NEURI per leggere quello che già molti sanno.. e che possono leggere gratis anche in questa sede, oltre che nei siti ivi linkati!
Non è un libro che ci puo’ svegliare dal torpore Nazifemdominista.. ma una sana e piena consapevolezza di quello che le donne ed il sistema dominante stanno attuando ai danni di tutti! visto che lei Von Arlotten è erudita sulla lingua anglosassone, le agevolo un link che dovrebbe leggere, anzi senza condizionale va’! sono certo che puo’ dirle molto di piu’ delle sue vaginate isteriche da paladina della polenta!
THE MISANDRY BUBBLE
http://www.singularity2050.com/2010/01/the-misandry-bubble.html
Non è piu’ tempo di parole ma di fatti! è tempo che si sveli la misandria.. anzi..
It’s time to expose Miasandry
http://www.singularity2050.com/2011/01/the-time-has-arrived.html
Ecco, si faccia una cultura gratis di quello che realmente stà accadendo grazie al ficapower ed alle nazifemdoministe!
La vera rivoluzione è semplicemente racchiusa in due frasi:
Reciprocità e Spontaneità!
..cosa che lei, Onorevole Von arlotten, nello svolazzare e scribacchiare su feisbuc, ha completamente dimenticato!
Attendo ancora che mi erudica sugli altri punti di vista che ho chiesto in precedenza, tuttavia visto il tempo che si prende nel rispondermi, ne deduco che sia impegnata per i prossimi 2 mesi.. ebbene c’è una bella novità, anche io vado in ferie.. e non sono totalmente certo che tra due mesi voglia nuovamente leggere le sue TAVANATE GALATTICHE NAZIVAGINOCENTRICHE!
La saluto Von Arlotten! HEIL VAGINA!
Damien(Quota) (Replica)
Nel suo ultimo commento la tragicomica e mostruosa “leggiadria” di Annamaria Arlotta ha sfiorato delle vette che possono essere raggiunte (forse), a mio parere, solo mescolando assieme un libro di Paolo Villaggio, una delle migliori novelle di Gogol e un romanzo di Kafka… E non è affatto detto che arriveremmo a tanta perfezione…
L’invito a fare come Ciccone poi è veramente esilarante…
Non entro nel merito del post perché onestamente non ce la faccio. Mentre lo leggevo (giuro che è la verità, non è una boutade) mi è venuto alla mente un piccolo episodio accaduto ormai molti anni fa.
Ricordo che Carmelo Bene, invitato da Alba Parietti in una trasmissione televisiva di cui lei era conduttrice,. non appena entrato in scena pronunciò queste testuali parole:”Cara Alba, ti faccio i miei complimenti perché il tuo programma è talmente stupido da essere perfetto”.
Ecco, personalmente nell’ultimo post di Annamaria Arlotta ho intravisto quella stessa perfezione ravvisata da Carmelo Bene in quel frangente .
Non è da tutti/e.
Fabrizio
P.S. da queste parti sono stati pubblicati e scritti dei libri. Del mio non parlo per ovvie ragioni. Mi permetto di segnalare il bellissimo “Questa metà della terra” di Rino Della Vecchia, peraltro scaricabile in rete. Noi però sulle pagine di Repubblica non ci finiamo. Sarà perchè Ciccone è più bravo di noi, non c’è altra spiegazione…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
E’ vero Fabrizio ,non ci sono altre spiegazioni …D’altronde ho sentito pure dire che Gigi D’alessio ,visto che aveva fatto 2 milioni di fan e jimi hendrix solo 400 mila a Woodstook, è chiaro che Gigi d’alessio è più bravo (sic) ….
Ma vedi ,il nostro gruppo, il nostro essere uomini beta, per dirla in termini calcistici , non vince trofei o, in termine televisivi, non fa “audience” , siamo buoni solo per qualche pugno di voti da dare a quella che sarebbe la nostra collocazione naturale, cioè la sinistra, la quale però punta ad altri lidi (il 13 febbraio non vi dice niente…) ,porta più voti e fa parlare più di se …quindi è quasi naturale che Ciccone vada su Repubblica a far parlare di se (l’ho visto in un video di youtube e la sua prima frase è stata “l’uomo non è discriminato ” ,tanto per gradire)
è naturale anche che il Gigi nazionale abbia cosi tanti c……i ehm fans (chiedo scusa se ,per caso ci sono estimatori del gigi ,ma faccio fatica a sopportarlo) ,ma queste fanno parlare di se e portano voti ,meglio di cosi ,vuoi mettere quattro sfigati in croce ,i “fantozzi alla riscossa”, cosa vuoi che portino ? va beh ,dai se no passiamo per “piagnoni” (che andasse a biiip pure lui)
mauro recher(Quota) (Replica)
Sono impegnata in feste di compleanno in famiglia e altri cavoli, ma faccio un salto per chiedervi quale sia la vostra posizione a riguardo degli uomini alpha. Prendiamo un Bisignani: più alpha di così! Non invidierete mica uno che ha successo e quante donne vuole ma che basa la sua vita su attività illecite? Poi ho un’altra domanda, anzi, una provocazione da avvocato del diavolo. Se un alpha va in rovina diventa beta? Se un beta vince alla lotteria diventa alpha? Se un alpha invecchia e si ammala che cosa diventa? Se un beta trova grande soddisfazione nella sua attività creativa ( magari è uno scrittore) siamo sicuri di poterlo ancora chiamare beta? Cosa alpheggia o betizza un uomo, nel dettaglio? Lo so, voi direte: leggi le 400.000 pagine dei nostri articoli e saprai tutto, ma siccome non lo posso fare, magari qualcuno mi risponde con …un riassunto! A risentirci
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
Invito tutti a non rispondere ad Annamaria Arlotta; che si legga le 400.000 pagine dei nostri articoli. Metta per una volta da parte la sua leggiadria e i suoi innumerevoli impegni mondani, e si misuri con un po’ di “pesantezza”…
Le farà sicuramente molto bene.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Annamaria, leggi le 400.000 pagine dei nostri articoli e saprai tutto.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Gradirei una risposta.
Suggerisco inoltre di lasciar perdere la destra e la sinistra. Basta fermarsi ai concetti di giusto ed ingiusto ed il resto vien da sé…
daouda(Quota) (Replica)
Daouda, pare di capire che ti riferisci a qs domanda:
>>
Ceteris paribus, un maschio è superiore ad una femmina?
>>
Per la parte in cui sono uguali, sono uguali e per quella in cui sono diversi si tratta di qualità eterogenee perciò incomparabili.
Non ci si chiede mai se il cavallo sia superiore al passero,
la primula all’agave, la drammaturgia alla narrativa, il brunello ad una grigliata. E meno ancora se un delfino sia superiore al un gelato al pistacchio. Solo le entità omogenee si possono comparare.
Tra F ed M ha senso solo parlare di superiorità settoriali e limitate, corrispondenti alle diverse polarità, orientamenti, potenzialità.
Le aquile volano meglio delle galline e i pesci nuotano meglio dei mammiferi (però le foche e delfini non la pensano così…).
La determinazione di un valore complessivo, unitario, espresso poi in termini di “superiorità” è privo di ogni fondamento.
Oltre ad essere cosa pericolosissima, perché gli umani sono di tal fatta che alla superiorità associano subito il diritto alla prevaricazione, conquista, ladrocinio del “superiore” sull’ “inferiore”.
L’ultimo esempio storico è proprio quello femdominista che parte appunto dalla superiorità morale femminile.
Diversi è una cosa, superiori è ben altra.
Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
Come già accaduto per il Paradiso dei lavoratori, la Razza superiore, e il Libero mercato, la realtà prima o poi fa a pezzi l’ideologia. E a far a pezzi il femmidominismo in questo caso ci hanno pensato gli operai della FIOM.
cesare(Quota) (Replica)
Milano: licenziate le sole donne.
Un’azienda in crisi decide di lasciare a casa circa metà delle maestranze e sceglie di tenere i maschi e licenziare le femmine. Apparsa nel web, tempo un’ora, diventa la notizia del giorno.
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_giugno_30/inzago-donne-licenziate-fiom-protesta-190986051519.shtml
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Ho chiesto a Fabrizio di rimuovere il post-scoop che avevo inviato in mattinata sul tema, perché sconclusionato nella scrittura e forse equivoco nel suo significato e privo di commenti.
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Cosa è accaduto?
Come sempre le notizie sono frammentarie e ricostruire il quadro degli avvenimenti, delle intenzioni, delle motivazioni addotte dalle diverse parti è molto difficile. Ma nel quadro della QM tutto ciò non è decisivo. Importante è che un simile fatto sia accaduto, dando la stura alla prevedibilissima reazione isterica quasi universale, ma a noi – forse – la possibilità di controdedurre e controinformare.
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Le intenzioni dell’azienda: impossibile sapere quali fossero, come è impossibile sapere se la frase “Che badino ai figli!” sia stata pronunciata dal titolare, dall’A.D. o sia una “attribuzione di intenzioni” operata dai giornalisti. Le licenziande hanno figli? Qual è la condizione economica delle stesse? Quanto guadagnano i rispettivi mariti? Non lo si sa ma non è importante saperlo. Pare poi che le licenziande siano in cassa integrazione da qualche anno e che le colpite siano esse. Ma neppure questo è importante. Quel che è altamente probabile è che l’azienda non si aspettasse un simile incendio. Si è trattato di una ingenuità puerile. Ma anche queste sono considerazioni collaterali.
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A seguito di ciò è stato proclamato lo sciopero cui, a quanto pare, i maschi non hanno partecipato. Anche in questo caso non conosciamo la motivazione (e non la conosceremo mai) né quella dello sciopero né quella della mancata partecipazione maschile. Lo sciopero è stato proclamato contro i licenziamenti in quanto tali o contro il fatto che ne venivano colpite solo le femmine? Son due cose diverse, ma non lo sapremo mai.
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Nel mio lancio-scoop manifestavo stupore assumendo la seconda ipotesi (sciopero prodonne) e che – anche sulla base di questa motivazione – forse almeno sottotraccia, in modo oscuro e semi consapevole quegli uomini avessero vagamente percepito la cosa fondamentale: che il loro destino non è quello delle femmine. Che un disoccupato non è come una disoccupata. Che la perdita del reddito per una donna è un guaio ma per un uomo è quasi la rovina. La guerra dei sessi nei bassi ranghi.
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Il concetto da cui parto è noto.
Ad onta delle fandonie femministe un uomo senza reddito è per una donna un ingombro, una zavorra. Non è ciò che dovrebbe essere – ok – ma è ciò che è. Mentre non vale il contrario, giacché per millenni esse hanno trovato nel matrimonio reddito (tanto o poco), hanno avuto vita sociale, protezione, sicurezza. Le donne senza reddito hanno diritto – da sempre – a quello del marito, da sposate e da divorziate. Il contrario è marginale e non esiste come diritto ma come semplice “fatto”. Quando un uomo perde il lavoro scende di valore e di prestigio davanti alla famiglia: ai figli e alla moglie. Non dovrebbe essere così ma è così. Diventa inutile (come prova il fatto che nessuna donna si lascia corteggiare da un disoccupato) cade in depressione, finisce nell’alcool, rischia l’impotenza e va in rovina.
Se lo perde la donna si ha solo una diminuzione del reddito familiare: il resto dei mali non c’è. Di uomini (dipendenti ma anche imprenditori) suicidatisi per la perdita del posto o il fallimento dell’azienda sono piene le cronache. Nessuna donna si è mai suicidata per questo. La perdita del reddito e della professione non colpisce M ed F nello stesso modo.
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Sul tema ho scritto qui e nel mio blog: “Giustizia Extraterrestre”, “Homo sine BMW” e da ultimo “La piramide, la bugia, la rovina”.
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Le DD hanno da sempre negli uomini un punto di appoggio economico, gli UU hanno solo se stessi. Le DD hanno qualcuno, gli UU sono soli.
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Ovviamente qui si prende atto di quel che il sistema è: quando calano le commesse le aziende riducono il personale, quando le commesse vanno a zero l’azienda chiude. Questo è il sistema. Si pone ora la questione se in un simile caso, che non ha precedenti, sia da far fronte contro il sistema o prendere atto e denunciare il fatto che esso quando colpisce tutti “indistintamente” di fatto colpisce molto …distintamente, ferendo lei ma uccidendo lui e cogliere l’occasione per propagandare questa verità.
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Ovvero, se le nostre forze, essendo incomparabilmente inferiori a quelle dell’avversario, ci suggeriscano invece un basso profilo.
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Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
Scusa Rino ma non arrampicarti sugli specchi…io sto paragonando umani maschi ed umani femmine.
E’ molto singolare ritenere giustamente che ” solo le entità omogenee si possono comparare” e poi negare l’evidenza.
Ad ogni modo dire diversità è dire superiorità od inferiorità relativa. Non c’è scampo riguardo questa ovvietà logica.
E’ inutile e financo dannoso seguire il sentimentalismo moralista, che ci impedisce di guardare con razionalità alle cose.
Chi è superiore ha più responsabilità e meno scuse e guardacaso il maschio ciò rappresenta rispetto alla donna.Ed è giusto così.
Oggi mancano i maschi e quei pochi che ci sono sono impediti a farsi valere.
I nostri figli non avranno guide ed andranno perdute, carne da macello per gli interessi dei “soliti ignoti”.
Collocare il femminile in una parità fittizzia può apparire certo meglio rispetto alla degenerescenza attuale, ma non è in sé risolutivo, ed anzi può solo continuare ad alimentare la confusione e quindi far affrontare con meno lucidità la questione, a tutto giovamento delle “cricche” varie.
Vedi…scrivi che gli homini associano alla superiorità la prevaricazione ed il ladrocinio.
Dov’è la superiorità in ciò?
E se fanno questa associazione non è forse perché si hanno vari interessi affinché cosi sia?
Questo è ovvio, non staremmo qui a scrivere altrimenti.
Epperò è di molto cattivo gusto usare la categoria “homini” quasi a non tirarcisi in mezzo.
Nella nostra società il carattere e la bravura c’entrano pochissimo.Maschi o femmine, ha successo e fama l’ “intrallazzatore” , il “violento” ed il “meschino.
Non sono questi inferiori?
Perché allora continuare a seguire quel che loro hanno deciso per noi , facendo leva sull’inganno e sul numero , e continuare a considerarli ALFA?
Ed al fermarci alle votazioni scolastiche , che andavano dalla A alla F, non è presuntuoso ritenersi già solo beta?
C’è il vero ed il falso, il buono ed il cattivo, il giusto e l’ingiusto.
Non c’è da perder tempo sui pareri, sulle ideologie e sulle ipotesi scientifiche.
Il mio può sembrare un discorso bizzarro, ma in realtà và dritto al cuore del problema su questo come su ogni altro tema di maggiore o minore importanza.
daouda(Quota) (Replica)
Alcune considerazioni sulla questione delle operaie in procinto di essere licenziate da quella azienda di Inzago, perché, come sappiamo, le cornacchie e gli avvoltoi di regime sono in servizio permanente e attivo H 24 e non saremo di certo noi a servirgli su un piatto d’argento i bocconi di carne avariata con cui normalmente sono usi cibarsi…
Il processo di liberazione dalla condizione di subordinazione in cui si trovano gli uomini beta all’interno del sistema dominante (capitalista a trazione femdominista) non passa certo attraverso una “guerra fra poveri”, tanto meno fra quei lavoratori e quelle lavoratrici che lottano contro la precarizzazione, i licenziamenti, per la difesa dei loro diritti elementari e del proprio posto di lavoro, sempre più minacciati dalle politiche liberiste (le guerre neocoloniali e neoimperialiste in corso camuffate sotto le bandiere dell’esportazione dei “diritti”, del “poltically correct” e del femdominismo non sono altro, come sempre, che la risposta del sistema alla crisi) e dalla crisi economica strutturale che attraversa il sistema stesso.
Non cadremo nella trappola e non daremo linfa vitale a coloro che utilizzeranno questa maldestra se non sciagurata (e anche molto ingenua dal punto di vista “politico”…) decisione della proprietà e dei vertici di quell’azienda per lanciare l’ennesima offensiva mediatica antimaschile.
Questo episodio arriva per questa gente come il cacio sui maccheroni, come si suol dire. Non poteva andargli meglio, e proprio nei giorni in cui è stata approvata una delle leggi più illiberali, sessiste e classiste che siano mai state concepite e realizzate, quella delle quote rosa nei CdA. In fondo la versione opposta e speculare, ma ben più grave, per ovvie ragioni, rispetto a quanto accaduto in quella fabbrica con il paventato licenziamento delle operaie.
Insomma un regalo, e anche ben impacchettato e infiocchettato. Di meglio la gestione della MaVig di Inzago non poteva veramente fare alla causa maschile (si fa per dire, ovviamente…)….Un capolavoro (ca va san dire, è veramente il caso di dirlo…)di tattica politica (del resto non si può imputare ad un imprenditore il fatto di non aver studiato Machiavelli, Schimtt e Lenin…)… Potrebbero scriverci un libro: come suicidarsi nel modo migliore possibile ottimizzando spazio e tempo …
Ora naturalmente i media avranno buon gioco nel denunciare “l’ennesimo atto di discriminazione contro le donne, punta dell’iceberg di una condizione di subordinazione complessiva all’interno di un sistema dominato dal potere maschilista di sempre…”. Non solo, la mancata adesione allo sciopero da parte dei colleghi maschi, iscritti alla FIOM, alimenterà la più scontata delle scontate cantilene femministe della prima ora, e cioè che “il conflitto di genere (dal punto di vista femminista, ovviamente…) va ben oltre quello sociale, che tutti i maschi, anche gli operai, anche i mariti (operai), anche i maschi di sinistra, “sotto sotto”, “in fondo in fondo” sono dei maschilisti disposti a fare fronte comune con i maschi dominanti pur di mantenere i loro privilegi e il loro potere sulle donne, e che quando si tratta dei diritti delle donne tutti gli uomini sono uguali…che il maschilismo è duro a morire e che la società ne èancora intrisa”.
La strada del cambiamento, della trasformazione dello stato di cose per gli uomini beta è ben altra, ed è quella di un’ acquisizione profonda e piena di consapevolezza della propria condizione e certamente di una conseguente traduzione in termini pratici (nel senso della prassi) e politici (quando i tempi saranno maturi) di quest’ultima.
Questo naturalmente non deve impedirci di riflettere, come siamo abituati a fare, sulle cause che potrebbero aver determinato questo episodio, come hanno giustamente fatto sia Rino che Cesare; mi riferisco ovviamente in particolar modo alla scelta degli operai della FIOM di quella azienda di non solidarizzare con le loro colleghe.
Personalmente credo che quella scelta sia stata fondamentalmente determinata da ragioni di ordine molto pratico (non nel senso filosofico ma spicciolo): lo spettro della disoccupazione, il fatto di essere stati rassicurati dall’azienda che non sarebbero stati licenziati e le necessità, comprensibilissime da un punto di vista umano (il famoso“tengo famiglia”… lo dico, sia chiaro, senza nessuna ironia o intento dispregiativo, non mi permetterei mai …) di conservare il posto di lavoro. Teniamo anche conto che si tratta di una piccola azienda poco più che a conduzione familiare (30 dipendenti destinati ad essere dimezzati) dove le relazioni interne e anche quelle sindacali sono fortemente condizionate proprio dalle dimensioni dell’azienda stessa e dal tipo di rapporti che si stabiliscono all’interno di questa.
Sono quindi poco propenso a pensare, come invece paventavano Rino (molto più cautamente) e Cesare (con molta maggior enfasi) che la scelta di quegli operai maschi sia stata in qualche modo dettata da un sia pur timido o più o meno inconscio afflato di consapevolezza maschile.
E in ogni caso, questa è la mia opinione, laddove anche la scelta operata dagli operai fosse stata assunta in piena coscienza, non sarebbe stata quella giusta da un punto di vista politico. Lo affermo, sia pur condividendo appieno l’analisi di Rino (e anche di Cesare) sulla diversità complessiva di condizione fra uomini e donne, anche e soprattutto nelle situazioni sociali e ambientali più disagiate.
Tuttavia diverse ragioni, in primis di ordine politico, mi inducono a dire che la scelta di quegli uomini e operai della FIOM sia stata errata e, come ripeto, pressoché impossibile da sostenere politicamente.
E chi, come noi, fa politica (perché la QM è innanzitutto una questione politica, anzi, altamente politica) non deve mai dimenticarlo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
La manovra economica che il Parlamento si accinge ad approvare prevede che il pensionamento a 65 anni delle lavoratrici del settore privato entrerà a regime non prima del 2030. Il ministro della Confindustria Sacconi si è dimostrato molto clemente, il che è abbastanza sorprendente, anche perchè quell’UE, che sempre viene tirata in ballo quando si vogliono goiustificare agli occhi dell’opinione pubblica scelte impopolari, ha richiesto all’Italia di adeguarsi quanto prima agli standard europei, che non prevedono questa disparità di trattamento. Perchè questo trattamento di favore quando migliaia di precari vengono licenziati e derisi senza ritegno? Calcolo elettorale, subordinazione nei confronti delle lobby che conosciamo bene o cos’altro?
Sul licenziamento delle lavoratrici dell’Inzago sono state già scritte ottime considerazioni da chi mi ha preceduto. Aggiungo che un’azienda privata può scegliere chi licenziare, deve solo dimostrare di farlo per una giusta causa, altrimenti deve pagare per quanto fatto. Quindi il problema non è perchè sono state licenziate solo donne, bensì se questi licenziamenti sono legittimi oppure no. Questo avrebbe dovuto richiedere la FIOM, invece di buttarla sulla retorica di genere. Inoltre ho la sensazione che, a parti inverite, la notizia non avrebbe neanche ottenuto un trafiletto nel quotidiano locale.
Alessandro(Quota) (Replica)
sono d’accordo con Fabrizio ….
chiaro e lampante che una guerra tra i poveri è ‘ultima cosa di cui gli uomini beta hanno bisogno ….
altrettanto chiaro e lampante che queste donne non andavano di certo a divertirsi e quel salario ,anche se “secondo”, di certo non era un optional. Certo la situazione era sicuramente più rosea di chi è mono reddito ,ma non parliamo di milioni di euro ,la media della “paga” si aggira sui 1200-1300 euro (almeno è quello che prendo io, e non credo che sia molto diverso altrove)
dà fastidio solo una cosa ,a mio avviso , che i vari siti e blog femministi ,adesso si ricordano delle operaie,il 13 febbraio invece si battevano ,certamente non per loro ,ma per i posti di potere , adesso che ci sarà il “bis” il 9-10 luglio ,queste donne saranno portate ad esempio del sistema maschilista …..dà altrettanto fastidio che ,se la dirigenza della MaVig avesse adottato anche il famoso 50-50 ,questa cosa sarebbe passata sotto silenzio ,eppure i licenziamenti c’erano ugualmente (facciamo anche noi un mea culpa ,perchè sicuramente non ne avremmo parlato)
naturalmente ,sono partite le “mail bombing”(arma di distruzione di massa delle femministe ) contro la mavig,ma non contro i licenziamenti in generale (inutile ,anche se sarebbe stato moralmente apprezzabile) ma perchè hanno scelto solo donne ,non vorrei che queste mail bombing avessero un effetto devastante ,gia dalla difficile situazione che si è creata ,cioè che restassero a casa anche gli uomini monoreddito . in questo caso non si potrebbe far causa ai vari blog che hanno promosso questa iniziativa molto astuta ??
mauro recher(Quota) (Replica)
Naturalmente saremo i primi ad essere felici se la vicenda dovesse risolversi con un cosiddetto “contratto di solidarietà”:
http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/07/08/news/l_azienda_che_licenzia_solo_le_donne_ora_fa_retromarcia_al_via_le_trattative-18867183
Tuttavia, fermo rimanendo che ho valutato come un errore la decisione della proprietà della MaVig di Inzago di procedere al licenziamento delle sole operaie, mi chiedo se, a parti invertite, si sarebbe giunti a questa conclusione (sembrerebbe positiva per tutti/e).
A mio parere no. Gli operai (maschi) sarebbero stati messi in mobilità e buonanotte ai suonatori.
In questo caso invece la grancassa mediatica e l’immediata reazione di tutto il fronte trasversale e politicamente corretto femdominista è riuscita a portare a più miti consigli i vertici di quell’azienda, i quali naturalmente hanno valutato i maggiori danni, anche se indiretti, che sarebbero loro derivati dal continuare sulla linea assunta in precedenza.
Di sicuro questo è un precedente che farà storia. Proprio come le quote rosa nei CdA.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Continuo a non capire perché, per soddisfare le proprie idealità ( robba tipica delle mammolette ) sinistroidi ed egualitarie , si neghi la realtà.
Fuori i coglioni!
Non esiste destra e sinistra, esiste il giusto e l’ingiusto ed il coraggio di lottare per la giustizia!
Evidentemente però la giustizia la si preferisce far collidere con le proprie ideologie ed il proprio carattere lo si usa solo per i propri comodi , voi come loro ( i maschi pentiti in cerca di fica ).
Infatti qui si lotta per la questione maschile in modo meramente giuridico e culturale, chiedendosi addirittura il perché un maschio debba avere, nella società, responsabilità ben maggiori e quindi, correlativamente, pene/rischi a queste proporzionalmente equivalenti.
Bah.
saluti
daouda(Quota) (Replica)
E’ molto sbagliato dire che diversità corrisponda ad
inferiorità e superiorità. Nella vita reale queste ultime due categorie non esistono. Esiste solo la diversità, ma nessuna di queste diversità è migliore o peggiore dell’ altra. Perdenti e vincitori non esistono. Noi umani ci riteniamo superiori alle altre specie, eppure nel maremoto in Indonesia del 2004 gli animali sono fuggiti prima, salvandosi, mentre gli esseri umani sono rimasti lì a morire. In realtà è chi ritiene di essere superiore ad essere inferiore, perchè la sua superbia gli impedisce di vedere la realtà.
Saturno(Quota) (Replica)
@ Saturno:
la questione che poni, Saturno, è estremamente complessa (inferiorità-superiorità-diversità-eguaglianza). E’ incredibile come la QM sia innervata ovunque, ad ogni piè sospinto ci sarebbe la necessità di aprire dei dibattiti infiniti…
Mi limito ad una battuta, senza voler chiudere nessun cerchio, naturalmente, perché come ripeto, tutte le questioni che poni sono estremamente complesse e hanno tante sfaccettature e risvolti spesso inevitabilmente contraddittori, e sarebbe presuntuoso tirare delle somme.
E’ molto interessante e anche abbastanza spassoso osservare la reazione dei sostenitori della proposizione inferiorità-superiorità (naturalmente sono quelli che intimamente si ritengono “superiori”…), allorquando vengono a trovarsi in una situazione di subordinazione se non addirittura di sottomissione (prima o poi accade praticamente a tutti nella vita…).
In questo caso se ne vedono veramente delle belle, lo verifichiamo anche in ambito QM, peraltro; tripli (metaforici) salti carpiati dialettici (assai deboli) per giustificare la loro condizione e soprattutto la loro reazione-ribellione (contraddizione in termini) alla suddetta condizione.
Ai giovani e giovanissimi teorici del “superomismo”(che in genere, come è naturale, tendono a proiettare questa loro visione del mondo sul piano fisico) consiglio sempre una seduta di sparring di allenamento di boxe con un “vecchio” maestro (ex pugile) che è in grado di fargli capire in pochi secondi come stanno messe le cose nella vita. Funziona nel 90% dei casi e si ottengono dei risultati straordinari. Non sto scherzando e non lo dico ironicamente… Anche perché in fondo quei colpi mirati, senza causare danni, dati sapientemente e con la giusta e calibrata potenza dal maestro, equivalgono metaforicamente, ma neanche tanto, a quei ceffoni rifilatici talvolta dai nostri padri nei momenti necessari…Naturalmente senza mai esagerare o abusare; personalmente ne ho presi pochissimi dal mio caro vecchio e amato padre ma sempre in frangenti dove era necessario…(purtroppo non tutti i padri hanno questa saggezza e questo equilibrio, va detto anche questo…).
Con i più grandicelli, che non hanno avuto la fortuna di passare attraverso queste grandi scuole di pedagogia e di formazione alla vita che sono il pugilato e ancor meglio e più formative, le arti marziali, (se insegnate e praticate seriamente, sia chiaro…) o ancor più una sana ed equilibrata educazione in ambito familiare, le cose sono un po’ più difficili. Bisognerebbe tentare di spiegargli la complessità dell’esistenza, ma le parole, in questo caso, servono spesso, purtroppo, a ben poco. L’unica certezza è che prima o poi la vita gli farà prendere una tale facciata da rivedere, magari solo a livello inconscio, le loro convinzioni. Ma anche in questi casi, il risultato non è sempre quello sperato, anzi…D’altronde non c’è una soluzione a tutto nella vita…
@ Daouda:
anche tu poni un tema decisamente complesso (Giustizia-Ingiustizia e Destra-Sinistra), sul quale non sarò anche in questo caso il sottoscritto a tirare una riga definitiva. Io la mia opinione ce l’ho (mi pare di capire che non collima con la tua) ed è quella espressa nell’articolo a mia firma (Destra e Sinistra) e anche in quello di Rino Della Vecchia (Perché la QM non può essere di Destra).
La mia opinione è che per quanti sforzi si facciano oggi per superare questi concetti (naturalmente intesi non in senso strettamente politico ma più ampio, diciamo filosofico-culturale), gi stessi non potranno mai essere superati o superabili. Così come i concetti di giustizia e ingiustizia. Ma chi decide ciò che è giusto e ciò che è ingiusto? Quali sono i criteri? Chi li stabilisce? Possono essere stabiliti universalmente e unanimemente? Può esserci l’accordo e la convergenza di tutti su di uno stesso concetto di giustizia (o ingiustizia)? (naturalmente qui si potrebbe ampliare il discorso alla coppia libertà-eguaglianza, ma lasciamo perdere…)
La Politica (con la P maiuscola, in questo caso) torna inevitabilmente e se vuoi prepotentemente sulla scena. E’ inevitabile. Così è e così è sempre stato, fin dai tempi dei tempi, e molto probabilmente così continuerà ad essere. Che a noi piaccia o meno.
La Politica, dunque, è parte dell’’Umano, che a sua volta è parte dell’Essere che a sua volta…è meglio fermarci…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Daouda: “Infatti qui si lotta per la questione maschile in modo meramente giuridico e culturale, chiedendosi addirittura il perché un maschio debba avere, nella società, responsabilità ben maggiori e quindi, correlativamente, pene/rischi a queste proporzionalmente equivalenti.”
Senza entrare nel merito dx/sx, giusto/ingiusto, osservo che nella tua frase manca un elemento essenziale. Descrivi la condizione maschile nel senso da una parte di responsabilità (maggiori), dall’altra di pene/rischi , anch’essi correlativamente maggiori di quelli femminili. Fin qui siamo agli ONERI. E può andar bene, a patto che tali oneri siano integrati con i corrispondenti ONORI, che qualcuno legge come antichi privilegi maschili.
In certo senso possiamo dire che il sistema precedente all’attuale si reggeva proprio su questo equilibrio. Al maschio erano affidati maggiori responsabilità, rischi, pene, ed anche Onori.
E’ accaduto che gli onori siano stati eliminati tutti perchè considerati privilegi insopportabili e ingiusti, ma non così gli oneri, rimasti intatti quando non maggiorati. E le donne hanno preteso gli onori come i maschi senza assumersene gli oneri.
Situazione chiaramente insostenibile ed esplosiva. Allora, non si scappa, delle due l’una. O, ammesso sia possibile, si torna allo stato quo ante, oppure anche le donne si assumano gli stessi oneri degli uomini. La terza soluzione, quella di un generale rifiuto di oneri e responsabilità sulla falsariga di quello che stanno chiedendo (senza proclamarlo, naturalmente), molte donne, non la considero nemmeno perchè significherebbe la dissoluzione di qualsiasi vita sociale, semplicemente la distruzione della civiltà.
Quanto alla vicenda Mavig, dico che in questi casi occorre essere molto pragmatici. Nel senso che la questione dovrebbe essere valutata nel concreto e non ideologicamente.
C’erano donne il cui marito era disoccupato o sole e magari con figli a carico? Era giusto mantenerle nel posto di lavoro. C’erano donne il cui marito ha un lavoro, mentre il collega uomo era l’unico in famiglia ad avere un reddito?
Si licenzia la donna. E, naturalmente, viceversa. Non so se i dirigenti della Mavig hanno usato questo criterio. Parrebbe di si, ma non è certo. E’ certo invece il putiferio ideologico che si è scatenato. La verità è che agli indignati ideologhi delle pari opportunità, della realtà concreta delle persone non gliene frega assolutamente nulla. La loro lotta si svolge nella più assoluta astrattezza, ed a loro interessa solo imporre il loro principio. Che poi ci sia qualcuno che muore di fame (se uomo e la sua famiglia) chi se ne fotte.
armando
armando(Quota) (Replica)
x Saturnio:
Chi non riconosce la superiorità del maschio sulla femmina non riconosce la realtà.
L’insuperbirsi è mancare di responsabilità ergo offuscare la propria mente.
Tutto è relativo ed un cane , che è quel che è, e sicuramente migliore di un Homo che si riduce come una bestia.
Inoltre qualche cane, ben educato e/O ben disposto per natura, è sicuramente una migliore compagnia rispetto a molti esseri umani…
Io non ho mai scritto di superiorità od inferiorità in senso moralistico.
Come ho già scritto, scrivere diversità implica dire superiorità od inferiorità relativa.
Le femmine sono superiori per determinate capacità ai maschi, qualche volta sono superiori ai maschi di per sé ma in generale è il maschio che , tenute conte tutte le qualità, è superiore alla femmina.
x Fabrizio:
La subordinazione è parte della vita, ovvio. E’ per questo che in una società ,gerarchicamente disposta, ( ogni società è gerarchica ipso facto, l’egualitarismo è un’impossibilità logica ) si hanno realtà in cui chi è più in alto ha più responsabilità morali e chi è in basso è più libero.
Quando invece il superiore si permette quel che vuole e impone ritmi di lavoro che impdiscono alla base di “godersi la vita”, ecco che “il sigillo di Salomone” non funziona più e si ha quel che i marxisti chiamano classismo.
La giustizia è un concetto , qualunque senso si dia alla divinità, trascendentale.
Non essendo infirmata dallo spazio, dal tempo, dalla forma, dal numero, dalla vita ecc essa è immediatamente intuibile per quel che è.
Se non si capisce cosa sia è perché al proprio intelletto, facoltà universale, è attaccato dello sporco.
Se non fosse Universale la giustizia, questa come la verità e come la bontà ecc ,e l’intelletto capace di coglierla, ognuno di noi non avrebbe modo di concordare che per mero convenzionalismo, il che ridurrebbe il mondo ad un dispiegamento degli interessi classistici.
In tal caso non si potrebbe però neanche lottare per la classe. L’unica soluzione sarebbe lo stirnerismo quantunque è impossibile avere il relativo senza l’assoluto, ossia uno stirnerismo radicale implica la non essenza il ché è , per l’appunto, impossibile.
Sì. La Politica quella vera urge prepotentemente.
x Armando:
Si dovrebbe tornare allo stato quo ante poiché non è nella natura delle cose questa supposta parità che, rispetto all’inferiorità maschile è pur meglio, ma ad ogni modo debilitante per i maschi tutti e quindi per la società.
Ci si dovrebbe quindi riprendere gli onori proprio perché l’ammollimento generale dipende anche da questo processo degenerativo.
E’ innegabile però che siano stati degli abusi molto radicati.
Come per la struttura della società, il problema è assicurare che le proprie responsabilità ed i propri impegni siano espletati.
daouda(Quota) (Replica)
straquoto l’intervento di Armando in tutto e per tutto ….
mauro recher(Quota) (Replica)
x Douda. Personalmente concordo con te nel ritenere contro natura e contro-producente il concetto di parità che ormai a livello culturale è passato. Dove, intendiamoci, differenza non è da intendersi come differenza di dignità o di importanza o discriminazione sanzionata dalla legge. La quale non può che riconoscere a uomini e donne gli stessi diritti e doveri. Saranno poi loro a polarizzarsi spontaneamente, senza cioè le forzature ideologiche e legislative odierne, in funzione dell’autoriconoscimento delle proprie inclinazioni, passioni, preferenze, strutture psichiche.
Il punto è, però, che il parere dei singoli non conta nulla rispetto al potere. Allora l’unica cosa da fare, secondo me, è, tenendo sempre ben presente la prospettiva che mi sembra migliore, sfidare il mainstream sul suo stesso terreno. No al rifiuto degli oneri, per tutti, quindi assunzione di responsabilità e poi vediamo quel che accade. E accadrà, ne sono convinto, che tutti quei privilegi contestati ai maschi, se legati insieme con gli oneri che hanno dovuto sopportare, non appariranno più tali, e molte emancipazioniste si tireranno volentieri indietro.
Infine, concordo con te sul fatto che le classi dirigenti degne di questo nome e che quindi non siano come i topi affamati nel formaggio, dovrebbero essere in grado di assumersi molti più oneri delle classi “subordinate”, anzichè imporli a loro. Ma di tali classi, ormai, non ne riesco a vedere più.
armando
armando(Quota) (Replica)
Caro Daouda, comprendo il piano filosofico sul quale ti muovi perché lo conosco e ci ho girovagato spesso e volentieri.
Comprendo anche la tua esigenza di individuare, o meglio di collocare, alcuni concetti fondamentali, come ad esempio quello di Giustizia, in un alveo che sia al riparo da qualsiasi forma di relativismo e/o relativizzazione o convenzionalismo, siano essi di ordine sociale, culturale o storico. La tua idea, insomma, è quella di arrivare a stabilire un criterio di Giustizia che sia fuori del tempo, delle convenzioni, delle dinamiche sociali e culturali.
E’ possibile ciò?
Questione assai complessa. Personalmente parto dal laicissimo principio di evitare sempre di chiudere il cerchio. Sono tendenzialmente abbastanza scettico sulla possibilità di trovare e stabilire una conoscenza certa, fondata su presupposti epistemologici e addirittura trascendentali , come mi pare sia nel tuo caso.
Fatta questa premessa, è chiaro che il discorso potrebbe essere ampliato a tutto lo scibile umano, ma restiamo al concetto di giustizia, altrimenti non ne usciamo più.
Il pensiero liberale, da Locke a Voltaire a Montequieu fin soprattutto a Kant e a Kelsen, ha cercato di costruire un sistema di regole fondato sul concetto di universalità del diritto. Un sistema di regole (di diritto) che fosse al di sopra delle dinamiche sociali, culturali e temporali. Naturalmente ora bisognerebbe scrivere un trattato di filosofia giuridica e non possiamo certo farlo né siamo in grado, tuttavia sappiamo che altrettanti autorevoli pensatori e correnti di pensiero (non solo quella marxista) hanno sottoposto , a mio parere non a torto, a dura critica i presupposti stessi di questa filosofia, accusandola, o per meglio dire criticandola di “formalismo”. In particolare Kelsen, forse uno dei più autorevoli pensatori liberali (in tema di diritto) è stato accusato appunto di “formalismo giuridico”. Del resto, è tuttora proprio questa concezione universalistica del diritto liberale e borghese ( mi si passi la terminologia desueta) che da sempre (ripeto, da sempre) autorizza l’Occidente ad esportare (in realtà non lo ha fatto solo l’Occidente ma più o meno tutti), se necessario a cannonate o a bombe al napalm piuttosto che al fosforo bianco, il suo sistema di diritti in tutto il mondo (in realtà è una balla che serve a coprire le reali motivazioni economiche e di controllo delle aree strategiche del pianeta, ma ci siamo capiti…), ritenendolo appunto non un sistema di diritti, ma “il sistema di diritti” (che comprende anche il “diritto” di togliere il velo alle donne iraniane o il burqa alle donne afghane, costi quel che costi), cioè l’unico possibile, concepibile e realizzabile (e realizzato) .
Nondimeno, non ho difficoltà a riconoscere (credo che in questo caso nessuno possa sospettare, per ovvie ragioni, della mia buona fede) che il diritto liberale abbia un suo concreto fondamento. Non è sufficiente, di sicuro, ma ha un suo, certamente parziale ma incontestabile fondamento. Questo naturalmente non lo mette al riparo dalla tua e dalla mia critica (anche se da punti di vista diversi), perché nonostante le pretese di universalità, il diritto liberale (e quindi la Giustizia) rimane anche in questo caso il risultato di un ordine sociale dominante.
C’è da dire che, per lo meno fino ad oggi, non è mai esistito (né forse mai esisterà) un Diritto capace di superare questa contraddizione, ammesso che lo sia.
Tu vorresti andare addirittura oltre e poni la questione (Giustizia) su un piano addirittura ontologico/trascendentale/epistemologico. E lo fai, diciamoci la verità, anche con una certa dose di assertività che io invece,se vuoi il mio parere, metterei un pochino da parte, fossi in te, non tanto per la possibile accusa di presunzione (di cui potresti giustamente anche fregartene) ma per una questione di metodo.
La Giustizia sarebbe , o meglio è, per te, un Qualcosa che sta sopra (epistemologica, e forse, e senza il forse, anche qualcosina di più) le vicende umane e sociali e che deve essere solo disvelata ai più, o meglio a tutti. Da un certo punto di vista, permettimi di dirti che anche la tua filosofia potrebbe essere tacciata di “formalismo”, naturalmente in un modo completamente diverso da quello di cui sopra, ma il concetto è il medesimo.
Che dirti, personalmente nutro seri dubbi, però il dibattito resta naturalmente aperto. Ovviamente stiamo andando OT, come si suol dire, ma anche questo è il bello della QM.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Visto che siamo in argomento OT (ma fondamentale) proseguo.
Ieri ascoltavo alla radio Pannella, che ha fatto un’ammissione sorprendente. Radicali e Vaticano, ha detto, hanno in comune il credere fortemente nei diritti dell’uomo. Ma, mentre per i credenti i diritti naturali hanno un fondamento trascendente in quanto la natura è creazione divina, e sono quindi eterni e immutabili nella loro essenza, per i radicali i diritti naturali sono soggetti ad evoluzione storica in quanto anche la natura si evolve, che è poi la teoria liberale del diritto. la quale ha, a mio avviso, una falla fatale. Un siffatto concetto di giustizia programmaticamente sganciato da un fondamento a cui obbligatoriamente riferirsi, non può fondarsi che su se stesso, ossia considerare il diritto positivo come unica fonte del diritto in sè. Ciò che è legge è in sè giusto se e in quanto la legge riflette l’evoluzione storica. Ma anche questa è una forma di relativismo, universalitico ma pur sempre relativismo diciamo così temporale o epocale. La giustizia consisterebbe semplicmente nell’affermazione universale di quei diritti che l’evoluzione storica porta a considerare inalienabili.
Inutile dire che ciò può avere come esito l’ingiustizia. Senza entrare nel merito specifico della questione, il diritto all’aborto i liberali alla Pannella lo considerano un diritto umano inalienabile, quindi elemento di giustizia, perchè l’evoluzione storica ha portato ad ampliare la sfera dei diritti individuali. I cattolici lo considerano invece una somma ingiustizia in quanto attentato al diritto alla vita, diritto naturale e insieme trascendente. Al netto di tutte le incongruenze concrete dall’una e dall’altra parte, mi sembra che la questione sia tutta quì. La mia opinione, simile a quella di Deouda, è che se non si ancora il concetto di giustizia a un fondamento trascendente che stia sopra la volontà dell’uomo e che l’uomo dovrebbe avere il dovere di rispettare nel legiferare, tutto diventa allora possibile perchè a tutto può essere trovata una giustificazione. Giustamente Fabrizio accenna al fatto che il diritto borghese/liberale rimane il risultato di un ordine sociale,e la sua universalità è relativa a quell’ordine. La stessa identica cosa potrebbe dirsi, e con ragioni altrettanto valide, di un diritto “proletario” nel momento in cui neanche il proletariato è la classe “universale” liberatrice dell’umanità. Questione di ancoraggi sociali, solo di questo. E, si badi bene, lo stesso potrebbe dirsi di un diritto di genere, maschile o femminile che fosse. L’universalità, per essere davvero tale, deve riferirsi ad un ordine trascendente, oppure non è. E deve riguardare solo alcuni concetti fondamentali e immutabili, lasciando che tutto il resto si declini nelle forme proprie di ciascuna cultura.
armando(Quota) (Replica)
Armando, non so cosa abbia precisamente voluto dire Pannella perché non ho ascoltato quelle sue dichiarazioni, però qualche precisazione è doveroso farla (anche perchè, se ha detto quelle cose, è in errore).
Il diritto liberale si fonda sul diritto naturale che non è affatto (secondo la stessa concezione liberale) suscettibile ai rivolgimenti sociali, storici e culturali. Il fatto che poi questi ultimi si verifichino o si siano storicamente verificati (mutando anche i sistemi giuridici e costituzionali di alcuni stati) è un altro discorso, che però non modifica il principio su cui affonda le sue radici il diritto liberale.
La libertà del’individuo (e il complesso di diritti che ne consegue) è, secondo la concezione liberale classica, un diritto inviolabile e inalienabile che, come ripeto, affonda le sue radici nel diritto naturale (Giusnaturalismo); e ciò vale per un uomo o una donna che vivono nella City di Londra così come per i nativi della giungla del Borneo. Su questo non si discute; il diritto liberale, di kantiana, lockiana e anche spinoziana derivazione (naturalmente potrei citare altri insigni giuristi liberali ma in questo caso mi pare ci interessi maggiormente il versante filosofico), non ammette controversie sotto questo profilo.
E’ proprio la concezione universalistica, “naturalistica” (e quindi atemporale) o “giusnaturalistica” dei diritto che pone il diritto liberale al riparo da concezioni relativistiche o di altro genere. Per lo meno da un punto di vista formale. Fin qui non ci piove. Che poi Pannella sostenga che anche la natura si modifichi (stiamo parlando di processi lunghissimi, per usare un eufemismo) col modificarsi anche delle condizioni storiche e culturali è un altro discorso che io non nego (d’altronde saremo d’accordo, credo, che gli uomini contemporanei sono un pochino diversi dai primati…). Ma non c’è assolutamente alcun dubbio che il diritto liberale (e borghese) poggi su fondamenta certe, sempre nei limiti (ovviamente…) e nella misura in cui il diritto naturale possa essere considerato e ritenuto per certo (sapiamo benissimo che ci sono concezioni diverse dello stato di natura e di conseguenza del diritto naturale).
Però, amici miei, con tutta la buona volontà, se è vero che il diritto naturale, così come è stato concepito, anche nella sua relazione con l’istanza etica (la famosa legge morale kantiana) non ci offre sufficienti garanzie di certezza (e io sono anche d’accordo ma da un punto di vista assai diverso dal vostro, tuo e di Daouda, intendo) , figuriamoci un diritto fondato su presupposti metafisici o trascendentali.
Ragazzi, io capisco l’aspirazione innata (perché la vivo anche io ma sotto forma di interrogazione o se preferite di lacerazione interiore profonda) che vi spinge alla ricerca della possibilità di individuare delle certezze ontologicamente, epistemologicamente e addirittura trascendentalmente date, anche in materia di diritto, però è bene ricordare che si tratta appunto di possibilità, non date, non certe e soprattutto non verificabili, atti di fede a parte che io capisco e comprendo sinceramente ma che non possono avere la pretesa di diventare leggi. Se così fosse, il risultato pratico sarebbe il famoso stato etico o confessionale, da tutti peraltro osteggiato, salvo che dai suoi sostenitori, ovviamente…
Insomma, dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare, come si suol dire…Il diritto liberale è un diritto fallace (come qualsiasi altro) perché in ogni caso, al di là della sua formulazione teorica, è comunque (e non sto ad approfondire perché potete ben immaginare di quale natura sia la mia critica) il risultato di un ordine sociale dominante (la domanda vera è se sia possibile arrivare ad una giustizia al di sopra delle vicende umane e sociali senza cadere nel formalismo giuridico o peggio ancora nel delirio ideologico o religioso…). Nondimeno, alla luce di tutte le sue inevitabili incongruenze strutturali (“la legge è eguale per tutti” è scritto nelle aule dei tribunali ma non nella dimensione reale dell’esistenza…) mi sembra che, opportunamente riformato e arricchito con una robusta architettura di diritti sociali, possa, tutto sommato, con tutti i suoi limiti, essere ancora considerato qualcosa di accettabile.
Il problema vero è come inverarlo e renderlo efficace, far sì cioè che questa concezione del diritto, così riformato e riformulato, diciamo coniugando il meglio della tradizione liberale (non solo giuridica ma anche filosofica, mi riferisco naturalmente al “dover essere” kantiano e alla “legge morale”) con il meglio di quella cristiana, socialista (e anche comunista, perché no, sempre filosoficamente parlando, depurata ovviamente di tutto l’armamentario poltico leninista-stalinista-terzinternazionalista), possa superare la contraddizione tra la sua elaborazione teorica e la sua applicazione pratica.
In fondo la Costituzione Italiana,una delle più belle e avanzate al mondo, alla quale si ispira anche il nostro Statuto (di Uomini Beta, intendo), è un tentativo, come ben sappiamo, magari datato, ma pur sempre valido, di andare in quella direzione.
Chiunque deve essere ovviamente libero di fare i voli pindarici che preferisce in tema di diritti e giustizia ma al contempo tutti devono essere altrettanto liberi di esprimere il loro profondo scetticismo e anche una certa inquietudine nei confronti di quei richiami ad una giustizia che presume di essere fondata su leggi di derivazione metafisico-trascendentale. Lo stesso buon vecchio Kant, da laico qual era (ma certamente non era neanche uno che bestemmiava se e quando entrava in una chiesa…) avrebbe nutrito forti riserve, per usare un eufemismo, nei confronti di una simile concezione.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
1. I credenti non amano sentir dire che la Religione è un sistema simbolico immanente e che la trascendenza è costitutivamente una proiezione I non credenti non amano sentir dire che non esistono sistemi simbolici al di fuori di quelli che sono proiettati nella trascendenza. Questo è il problema. Lo si può superare adottando entrambe le posizioni come ipotesi (buone come esperimenti idealiper vedere …cosa succede) senza aderire né all’una né all’altra.
2. Un buon fondamento (cmqi dealistico) della morale è quello suggerito da Rawls partendo da un punto di vista il meno soggettivo possibile, che è questo: devo ancora nascere e non so se nascerò bianco, nero, maschio, femmina, bello, brutto, ricco, povero, sano, disabile etc…. come vorrei il mondo? Quali leggi e comportamenti vorrei che vi vigessero?
Tra i molti problemi che anche questo punto di vista pone, vi è la necessità di conoscere soggettivamente l’esperienza di essere disabile, sano, nero, bianco, maschio, femmina etc.
Operazione tutt’altro che agevole.
3. Salutismo, igienismo, sicurismo.
La Nuova Zelanda si avvia alla proibizione totale del fumo entro qualche anno.
Salutismo, igienismo, sicurismo sono estremizzazioni (ipertelìe) della polarità femminile (le ipertelìe maturano inevitabilmente quando la forza equilibratrice scompare).
Salutismo, igienismo, sicurismo sono valori intrinsecamente connessi, sinergici al sistema della società industriale avanzata versione liberista (= capitalismo assoluto), della devastazione del pianeta, della distruzione delle culture non bianche etc.
Vi abbiamo accennato qualche volta, ma il campo è tutto da dissodare.
Si noti qui il rimando davvero “strano” del vicesindaco di Aukl.d sulla “fine del sesso”. Come se intuisse che …
Suggerirei di guardare “Demolition man” con S. Stallone.
Sembra un filmaccio. E’ una profezia.
http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/11_luglio_16/nuova-zelanda-sigarette-via-scaffali-burchia_7cbcbec2-af90-11e0-8215-204269b1beec.shtml
Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
Mi permetto di sottolineare, caro Rino, che nel punto 2 , hai optato, sia pur tendenzialmente, per collocarti sulla posizione di uno dei più autorevoli (e avanzati) pensatori “liberal”, cioè John Rawls, il quale, come sappiamo, non aveva di certo la pretesa di fondare la propria teoria della giustizia su istanze di ordine trascendentale…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio , grazie innanzitutto.
Ad ogni modo sarebbe ora di smettere di rifarsi a piani filosofici e decretare,appurare,scoprire cosa è la verità.
Che la Giustizia sia intemporale è un ovvietà logica.
Inoltre se non si avesse una conoscenza certa, permettimi,lo ribadisco, preferirei il boia ed il ladro alla lealtà ed all’onestà.
Essi sarebbero più coerenti e più genuini rispetto ad un ordine che si ammanta di virtù quando non sarebbe altro che l’espressione del classismo ( in termini marxiani ), l’espressione del convenzionalismo e del parere.
IN PRATICA LA SOCIETA’ ATTUALE DA SVARIATI SECOLI A QUESTA PARTE, IN MODO SEMPRE DIVERSO E VIA VIA PIU’ PERVASIVO.
C.v.d.
Il diritto universale non esiste poiché dell’Universale si può dire solo che è Universale e gli si può accostare solo quel che è Universale.
Mi sembra tu mi abbia frainteso.
C’è una differenza incommensurabile ( dacché d’altronde l’Universale non è numerabile ) tra Universale ed àmbito generale : tra Giustizia e giusto, Verità e vero, Bontà e buono, Validità e valido, Legittimità e legittimo.
Semplicemente il diritto, che è relativo al generale, deve rifarsi alla Giustizia, che è Universale, ed esso non è che quel che è.
Non può esistere un diritto liberale, né un diritto comunista, né un diritto religioso.
Questa sarebbe Scienza giuridica e , guardacaso, per poter essere certi delle sue conclusioni oppure per poter porre un adattamento alle nuove condizioni del mondo si deve poter stabilirsi nell’oltre-tempo , nell’oltre-spazio.
Difatti solo chi è sopra i limiti della propria scienza e quindi del proprio mondo è in grado di vedere e comprendere.
A ciò i Filosofi ed i Padri hanno sempre fatto riferimento.
D’altronde per poter definire qualcosa come formalista, bisognerebbe appurarne l’inanità quando, a rigore, essendo che il generale procede dall’Universale per definizione, ciò è impossibile.
Comprenderai che allora questo tono assertivo che ho è tutt’alpiù il tono di chi , oltre anon avere più alcuna possibilità di ascolto politico e sociale , è quello di chi è oltre indisponibile a svendere non tanto la verità, che si difende da sé, ma la realtà stessa delle cose.
Voi stessi siete assertivi riguardo la QM, o no?
Quando scrivo che il maschio è superiore alla femmina, è utile parlarne e sviscerare la faccenda, ma scriverne indefinitivamente senza voler giungere ad una conclusione , che è appunto questa, non ha senso.
La trascendenza non è individuale ma Universale.
Come si può credere che un dio ci comandi, ci ami, ci imponga il suo volere ecc ecc quando tutto ciò NON HA SENSO dacché riferisce categorie appartenenti al regno dello spazio, del tempo, della forma a quel che travalica tutto ciò?
Difatti non un dio, ma Dio dacché “Dio è il mondo, ma il mondo non è Dio”.
Dio che sarebbe quel che è.
“Conoscere Sé stessi” diceva Socrate.
Facciamoci presente che POSSIBILE non è PROBABILE. Quel che è possibile E’, indipendentemente dal dove e dal quando.
Il diritto liberale è idiota perché la natura non ha diritto e difatti cambia.
Questo fu l’errore degli scolastici presi dalla foga razionalista.
il diritto è Scienza e finquando la Scienza è Scienza, a rigore, non può comportare danno.
come un genitore dà ceffoni al proprio figlio per educarlo, così la Scienza verso chi vi soggiace.
Ecco il pericolo.Il genitore può abusare, lo scienziato sbagliare.Si deve saper chiedere scusa e pagare le proprie colpe, farsi perdonare e riparare nei dovuti modi delle situazioni congiunturali.
Se ciò non accade l’abuso diventa oppressione, sia esso il genitore, sia esso il giudice, sia essa la polizia, sia esso il commerciante che froda ( ergo opprime in un qualche modo, ergo arreca danno ).
Non avendo posto rimedio in essere, il figlio diviene ribelle, la moglie si insubordina al marito, il delinquente sembra più rispettabile dell’uomo probo.
Non si può però asserire, dacché infondato e del tutto idiota, che il genitore faccia il male del proprio figlio ad educarlo.
Così dovrebbe essere la Scienza, la scienza del diritto, la Scienza naturale, la Scienza artistica, la Scienza architettonica, la Scienza medica.
Cosa abbiamo oggi invece? Interessi e brutture…il passato fu meglio? NO. Sempre brutture ed interessi, ma è indubitabile che l’oppressione del passato è imparagonabile all’oggi.
Il fatto che esista una questione maschile ne è la dimostrazione, la dimostrazione della degenerazione più spinta che si sia mai avuta.
Quel che si auspica, il meglio di, il meglio di quello ecc, è semplicemente la capacità che il diritto torni ad essere il diritto.
Permettetemi di farvi notare che una costituzione fondata sul lavoro non meriti alcun rispetto.
x Rino:
Stallone aveva previsto tutto! Ci propinano Matrix ma quel film è molto più esplicativo e soprattutto “più pulito”…
Daouda(Quota) (Replica)
Forse possono aiutare queste righe scritte da Massimo Recalcati, psicanalista lacaniano e non credente, nel suo libro “Cosa resta del padre”.
“La preghiera rivolta a Dio appartiene al tempo dell’esistenza di Dio. Eppure ho deciso, con il consenso di mia moglie [inciso inquietante questo, come se senza non l’avrebbe fatto. Recalcati d’altronde collabora con Il Manifesto e chi pratica lo zoppo impara a zoppicare. Ma lasciamo stare. n.d.r.], di insegnare ai miei figli che è ancora possibile pregare perchè la preghiera preserva il luogo dell’Altro come irriducibile a quello dell’io. …….Di fronte a chi? A quale Altro? Non so e non voglio rispondere………….preserviamo lo spazio del mistero, dell’impossibile, del non tutto, del confronto con l’inammissibilità dell’Altro”.
Armando
armando(Quota) (Replica)
Permettetemi di dirvi quanto ho finalmente capito, a proposito di Dio: senza poter ringraziare un Altro, non saprei che farmene di ciascuno dei miei 62 anni .
cesare(Quota) (Replica)
Ciao uini! Long time no see ( non ci “vediamo” da tanto). Ma vi ho pensato! Oggi, con questo intervento, vorrei arrivare a delle conclusioni generali, poi voi fatene quel che credete. Dopo gli ultimi post si è rafforzata in me la convinzione che discutere a colpi di “chi soffre di più” l’uomo o la donna, è operazione che può andare avanti in eterno. Prendiamo il lavoro del passato, l’uomo che faticava e la donna che stava a casa. Io replicai dicendo che tante donne morivano di parto, e allora cosa è meglio? Quali stenti e quali morti premature sono più desiderabili? Nessuna, è ovvio. Poi c’è un altro aspetto: se un uomo muore sul lavoro, la tragedia colpisce la sua intera famiglia, genitori, congiunti vari, moglie e figli se ne ha, con conseguenze sia emotive che economiche. Se una donna moriva di parto lasciava evidentemente il piccolo orfano nonché altri figli, e di nuovo, il suo dramma era uno di tutta la famiglia. “Ne danno il triste annuncio….e i parenti tutti” La contrapposizione uomo-donna è limitativa, non siamo monadi ma persone inserite in un contesto affettivo.
Ciò detto, cosa ho trovato di stimolante e affascinante nei vostri discorsi? Il fatto che uomini esprimano con sincerità disarmante dei sentimenti diffusi partendo da un punto di vista inedito per una donna, che in genere si confida con altre donne su questi argomenti. E do ragione a Fabrizio quando ha affermato che anch’io tendo ad allinearmi a dei modelli precostituiti. Lo si fa da giovani e poi è difficile cambiare registro. Il modello dei miei tempi era il femminismo ed evidentemente mi sono rimasti degli schemi generali ai quali mi è facile ricorrere. Per certe cose rimango delle mie convinzioni ma per altre, leggendo i vostri scritti, mi accorgo che devo liberarmi dagli schemi rigidi. Continuo ad essere in totale disaccordo col fatto che la donna dovrebbe liberarsi sessualmente più di quanto sia già avvenuto, ho esposto le mie ragioni tanto tempo fa e detto anche che altre donne che hanno partecipato alle discussioni in questo sito considerano il fine della sessualità in maniera molto diversa dagli uomini. Se i rapporti fugaci non soddisfano o fanno felice una donna perché dovrebbe averne? Siamo diversi e basta! Ai vari esempi di donne che sfruttano il loro corpo per ottenere soldi e favori ho risposto chiedendo quante siano in percentuale, ma nessuno lo sa. Nella visione di Fabrizio sono tantissime, nella mia no. E, di nuovo tra il bianco e il nero ci sono mille sfumature di grigio, la prostituzione è fenomeno ben preciso, sposare un uomo abbiente può essere dettato da calcoli e può anche essere dettato dall’amore, chi lo sa? Allo stesso tempo, ci sono infiniti casi di donne che sposano dei poveracci e almeno nei primi anni hanno un buon matrimonio, dunque che regola possiamo ricavarne? Nessuna.
Ma al di là delle generalizzazioni, i vostri lungi e articolati ragionamenti mettono in luce dei punti validi, che elenco: 1) la donna ha più possibilità di scelta perché anche se non lavora può dipendere da qualcuno che lo fa. Se i soldi sono pochi la scelta è più difficile, tuttavia permane. 2) la donna non si assume le sue responsabilità e tende a scaricarle sull’uomo. Se ad esempio sfrutta il suo corpo, dicono le femministe, è perché la cultura maschilista l’ha influenzata insieme all’educazione dei genitori che deriva anch’essa dalla cultura maschilista bla bla bla. 3) l’uomo è sempre più spinto ad imitare modelli vincenti basati su soldi, successo e fisico prestante . Qui aggiungo che alla donna invece si chiede di essere giovane e sexy, e io penso che il messaggio verso i due generi sia ugualmente negativo. Se un tempo il valore di un uomo o di una donna si basava su fattori morali, ora tutto è ridotto all’esteriorità dell’aspetto fisico e dei beni materiali. 4)il femminismo ha contribuito a demonizzare l’uomo . Come scrissi già, credo che la reazione delle donne nel ’68 fosse giustificata, ma penso anche che adesso l’attacco all’uomo non abbia più senso, e invece continuano ad esistere gruppi femministi più o meno duri. Nel frattempo la società è cambiata, un giovane papà non si vergogna ad accudire il figlioletto, compagni e mariti non pretendono più che la donna resti in casa e sono invece contenti che entrino due stipendi. Come voi, gli uomini cominciano a parlare di sé e si tolgono la maschera del superuomo.
Così come credo che il femminismo storico non abbia più senso, pur comprendendo la vostra stizza credo che quello che avete da dire, se fatto in maniera polemica con i “chi soffre di più”, non troverà molto ascolto al di fuori della vostra cerchia. Dei begli articoli non troppo lunghi e non troppo astiosi, incentrati su un argomento specifico, invece, potrebbero essere più letti. Sparo dei titoli niente di speciale, solo per dare l’idea. “La donna deve prendersi le sue responsabilità” “Frustrazione di un uomo non bello”, “Non voglio essere un palestrato, preferisco leggere libri” “L’adolescenza dei maschi” “Se vi vestite in un certo modo, cosa vi aspettate?” “Il divorzio visto dal marito” ecc. ecc. Insomma una sintesi degli argomenti trattati uno alla volta, che nel sito più di una volta si mischiano tra di loro rendendo la lettura e la comprensione faticose.
Infine, il discorso sulla pubblicità: grazie a voi ho capito che anche l’uomo viene sminuito, ridicolizzato, oppure proposto come l’unico modello vincente nella società per via dei suoi attributi fisici e dell’ostentazione di successo. Fatto due più due, ho concluso che alla donna seducente deve corrispondere l’uomo figo o, al contrario, un cretino deboluccio. Si vede che questo meccanismo funziona e fa vendere. Il discorso si riallaccia a quanto ho scritto più su, cioè alla trasmissione di “valori” che valori non sono, tu donna che guardi la pubblicità devi immedesimarti nella modella perché quello che conta è la bellezza, corri perciò a comprare la crema anticellulite se vuoi essere come lei. E tu vuoi essere come lei, vero? Non pensi ad altro dalla mattina alla sera. Come, pensi anche ai tuoi studi o a un progetto di lavoro? Eh no, quelle cose non sono importanti, è al lato b che devi pensare e noi te lo ricordiamo con mille cartelloni stradali e mille spot televisivi. Tu, uomo che guardi la pubblicità, vorresti essere come quell’attore vero? E allora compra ‘sto prodotto e ricordati che quello che conta nella vita è essere come quell’attore!
Mi fermo qui e vi auguro buon Ferragosto. la vs. aff.ma femdominista, no, donna tradizionale, macché, pseudofemminista, no, nazi! No, una che non si sa cosa voglia da noi..E la risposta è: capire di più e impicciarmi dei fatti vostri!
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
Annamaria
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Continuo ad essere in totale disaccordo col fatto che la donna dovrebbe liberarsi sessualmente più di quanto sia già avvenuto,
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Dove sono queste femmine “sessualmente libere” ?
Le uniche che vedo essere “sessualmente libere” ??!?, sono… le rumene.
Peccato che vogliano almeno 40-50 euro per concedersi sessualmente.
Mah… che mondo di merda.
Daniele(Quota) (Replica)
Sono in disaccordo soprattutto per quanto riguarda i “rapporti fugaci” che verrebbero disdegnati dalle donne. Ma dove? Ma quando? Sono solo io ad avere conoscenti ed amiche che ahnno un sacco di questi rapporti? Il problema è che ne hanno con i soliti due o tre uomini alfa: “di potere”, mascella quadrata e tendenzialmente violenti. Questo viene e sara’ sempre negato dalle dirette interessate. Sempre. E pure dalle femministe. Ovviamente.
maub(Quota) (Replica)
Aggiungo pure che proprio ieri ho avuto un faccia a faccia con una di queste amiche che definiva il suo “amante” uno stronzo maschilista. Ovviamente al sottoscritto fisicamente e mentalmente normale ve lo assicuro, non è mai toccato nulla da lei.
Scusate lo sfogo personale
maub(Quota) (Replica)
Sono nei rapporti prematrimoniali, un tempo troppo pericolosi per mancanza di anticoncezionali e per la condanna sociale unanime. Sono nei tradimenti da parte della donna. Sono nel cambiamento di tanti partner nel corso della gioventù. Ma a mio parere sono sempre accompagnati dal tentativo di costruire un rapporto significativo.
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
Credo che Annamaria volesse dire che non è così semplice liberarsi sessualmente più di quanto sia già avvenuto…la cd repressione sessuale femminile è come una dieta imposta a chi soffre di inappetenza. Nel momento in cui i dottori ti lasciano a “dieta libera” scopri che in realtà continui a mangiare come sei abituata a fare. Personalmente (sarà che sono stata abituata a interminabili discussioni virtuali nel passato in cui si cozzava con un’evidente atteggiamento di chiusura e di negazione anche delle contraddizioni logiche :-)) trovo che Annamaria abbia riconosciuto determinate contraddizioni, sempre sottaciute. E, secondo il mio modeste parere, è comunque indice di una certa apertura e disponibilità alle ragioni dell’altro. Riconoscere le contraddizioni ovviamente non vuol dire avere le soluzioni buone per tutti, ma è già un passo avanti.
Rita(Quota) (Replica)
E brava Annamaria che ha capito cosa dobbiamo fare per essere ascoltati e ora s’accinge a spiegarcelo: tutti attenti? tutti pronti? Ecco qua: dobbiamo parlare delle cose che interessano a lei e nel modo che va bene a lei. A pezzetti ben chiari, semplici, non troppo lunghi, che le ragazze vogliono capire (quando qualcuno dice “voglio capire” potete stare sicuri che vuole semplicemente pontificare) ma si annoiano facilmente e poi hanno tanto da fare, figurarsi. Dobbiamo parlare di argomenti interessanti, mica delle cose noiose che si dicono qui dentro. Dobbiamo parlare, ovviamente, di come la pubblicità offende il corpo femminile. Ma niente paura, c’è posto anche per gli uomini: l’unico motivo per cui gli uomini soffrono, ovviamente, è perché non sono belli come i divi del cinema.
Secondo me Annamaria è un po’ come Bombolo nei film di Tomas Milian: non capisce niente della storia che viene raccontata, è lì solo per ripetere le due smorfie che fanno ridere il pubblico e farsi prendere a sberloni.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
“trovo che Annamaria abbia riconosciuto determinate contraddizioni, sempre sottaciute. E, secondo il mio modeste parere, è comunque indice di una certa apertura e disponibilità alle ragioni dell’altro. Riconoscere le contraddizioni ovviamente non vuol dire avere le soluzioni buone per tutti, ma è già un passo avanti”. (Rita)
Bè, diciamo che insistere contrapponendo per l’ennesima volta le morti per parto o per aborto a quelle per incidente sul lavoro (dopo che in parecchi ripetutamente le abbiamo fatto notare che i maschi , con tutta la buona volontà, proprio non possono morire di parto o di aborto ma tutt’al più per tumore alla prostata…) non è proprio indice di particolare versatilità…
Però in questo caso la perdoniamo perché, questa volta è vero, nel suo ultimo commento dobbiamo dare atto ad Annamaria di avere esplicitato un’ apertura nei nostri confronti e soprattutto una maggiore propensione a comprendere le problematiche maschili e in generale le condizioni reali di esistenza della maggioranza dei maschi.
Non è mai troppo tardi, come si suol dire… Ciò sta a significare che se lei ha il merito di non chiudersi nel suo bozzolo ideologico, anche noi, evidentemente, non siamo propriamente quegli spregevoli mostri maschilisti intolleranti, cavernicoli incapaci di controllare le proprie pulsioni (pure troppo le sappiamo controllare… ), come siamo stati dipinti proprio in quel blog di cui, se non erro, lei stessa fa parte (comunicazione di genere)…
Come dici tu, Rita, è già qualcosa, e ne prendiamo atto con soddisfazione. Per questa ragione non entro volutamente nel merito del suo commento (che comunque non condivido) e mi limito a registrare favorevolmente il suo atteggiamento, la sua apertura e la sua curiosità, come lei stessa ha ammesso. E la curiosità, se è sincera, è sempre un fatto positivo perché è quella che apre la porta alla possibilità di leggere e interpretare il mondo anche con gli occhi degli altri….
Consentimi però, al contempo, di sorridere e di sottoscrivere l’ ironico, puntualissimo nonchè caustico commento di Marco Pensante, mai impreparato in queste occasioni…
Grande Marco, ricordati che sei in sempre in corsa con Damien e Sandro per il premio Uomini Beta “Ironia e causticità”…:-) (anche se, a mio parere, mi dispiace per te, il clone “replicante” di Damien non si batte…)
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Non è mai troppo tardi, come si suol dire… Ciò sta a significare che se lei ha il merito di non chiudersi nel suo bozzolo ideologico, anche noi, evidentemente, non siamo propriamente quegli spregevoli mostri maschilisti intolleranti, cavernicoli incapaci di controllare le proprie pulsioni (pure troppo le sappiamo controllare… ), come siamo stati dipinti proprio in quel blog di cui, se non erro, lei stessa fa parte (comunicazione di genere)…(fabrizio )
SI ,vero ,anche perchè essere maschi pentiti non paga. Mi sono appena divertito a vedere un botta e risposta molto “piccato” tra una femminista e appunto un maschio pentito…..Va beh che ,almeno
per me ,una è una vecchia conoscenza che vorrebbe vedere gli uomini sparire dalla circolazione ….Ma che tu sia maschio pentito o meno ,sicuramente ,se ti azzardi a pensarla in maniera differente ,sei cazziato subito
comunque. Visto che parlano di un altro genere di comunicazione ,hanno messo in evidenza la preoccupazione dell’ONU per la rappresentazione della donna italiana. La mia risposta è stata la seguente “Beh ,dopo le donne,speriamo che prendano a cuore anche gli uomini ”
Risposta ? “Ma di che hanno bisogno gli uomini, stanno bene cosi ….”
Ed hanno iniziato a parlare di potere ,di consigli di amministrazione e via discorrendo ……
Gli ho fatto notare con le foto che ho messo pure nel video , che esistono anche altri tipi di uomini ,che rischiano ,ho voluto far capire a loro che ,più di un problema di genere è un problema di classe e che il femminismo invece ha girato la questione in maschi cattivi e femmine buone ……..
Conclusione ,colpa del patriarcato ,del maschilismo e che far presente queste situazioni è patetico…
Maschio =cattivo. Per loro è questa la verità assoluta ..
mauro recher(Quota) (Replica)
Vedisi rapporti per ogni QUALIFICA lavorativa rischi e sentenze.. su : http://www.puntosicuro.it
Morando Sergio.
Morando Sergio Crocefieschi Genova Malpotremo Lesegno Italia(Quota) (Replica)
Leggendo sopra i tanti post ..vorrei aggiungere che gli infortuni accadono sia a danno delle lavoratrici come per i lavoratori..”forse” la percentuale è più maschile è solo dovuta al fatto che in acciaerie..in posti di lavoro a rischio meccanico..chimico navale etc. sono ancora alti i posti ricoperti da numero di lavoro maschili.
Comunque sia infortuni femminili che maschili sono in aumento da ambo le parti con i CONTRATTI PRECARI interinali di somministrazione e similari, inquanto con questi contratti si VIOLANO un sacco di LEGGI ANTIFORTUNISTICHE ! Sia delle già presistenti 626/94 sia quelle della T.U.S.L. D.Lgs 81/2008 e dove noi maschi e femmine siamo COSTRETTI a subire a NOSTRO rischio infortunistico e di salute pur di alternare..la disoccupazione con la precarietà..e così agendo sono persino violati contro di noi gli stessi ARTICOLI della COSTITUZIONE ITALIANA :1- 4-36 ! ! ! E gli articoli da bollettini di guerra di morti sul lavoro chiamate morti bianche in Italia continua inesorabilmente a mietere vittime! E con la differenza che IL LAVORO non è una GUERRA dove si parte armati e volontari..come per le “missioni militari di pace” armate..NON ci saranno neppure i funerali di Stato!
Casi che porterò a prove e con testimoni ad udienze al Tribunale di Mondovì in date presumibili settembre ottobre 2011 , in breve funziona in questa STRAPESSIMA maniera IGNOBILE:
Le ditte interinali di somministrazione (…) stipulano i contratti con la multinazionale (…) o persino Ente pubblico Comune Comunità Montana (…) e dopo le solite promesse di tramutazione in lavoro indeterminato (cosa che poi mai avviene..) si è avviati sul posto di lavoro dei loro clienti con mansioni di solito da manovale..o bassi altri profili..(tanto per pagarci di meno di salario..) ma NON basta perchè ben sapendo di quanto accade (avvisate più volte) sui posti di lavoro le MAESTRANZE ci cambiano le mansioni di profilo e ci ordinano QUALIFICHE lavorative come fare il SALDATORE di Cranes Crane ( GRU a Torre GRUSEMOVENTI) Carrellista..gruista..adoperando macchinari pericolosi complessi es: saldatrici elettrodo o a Mig-Mag- laser-plsma, radiale, flessibili e mole varie..seghe moto elettriche, trapani , cannelli da riscaldo e taglio..etc..olte ad una multetudine di strumenti manuali NON meno pericolosi dei primi..ed EVITANDO così di darci i rispettivi D.P.I. di protezione individuali per ogni qualifica ordinatoci ! (RISPARMIO…) e altro ignobile risparmio NON SARANNO FATTI I CORSI DI LEGGE 81/2008 626 INERENTI ALLE VERE QUALIFICHE ORDINATOCI !!! NIENTE CORSI NE PATENTINI SUI MEZZI USATI ! E che per carrellista e mezzi d’opera oltre che le patenti di guida è obbligatorio oltre che al corso anche il TEST ALCOOL DROGA esami ! NIENTE patentini di saldatura “costano..” e sono di diversa tipologia ad esami a scadenza biennale e CON VISITE MEDICHE INERENTI SPECIFICHE ! ! ! Costretti a saldare su gru ricoperte di olii protettivi e vernici senza aspirafumi..CANCEROGENI ! ! ! e nel contempo scoprendo saldature bucate..non passanti..dimenticate..e IL NON rispetto di tali LEGGI antifortunistiche porta l’intero sistema a POSSIBILI ULTERIORI RISCHI poichè i prodotti..sono posti in vendita..ad ignari di tale fare ! ! ! Senza contare che in futuro se dovesse subentrare qualche malattia professionale come sarà poi possibile i loro riconoscimenti se siamo assunti per una mansione..mentre ne sono state oRDINATE BEN TUTT’ALTRE PERICOLOSE QUALIFICHE ????? Vedi a riguardo saldatore : SICUREZZA e SALUTE NELLA SALDATURA quanto comporta a danno della salute sui rapporti (in internet) del Prof. Tersio Valente DIMEL Sezione e Medicina del Lavoro Università di Genova o asl ULSS n.6 Vicenza Spisal oppure andando per ogni qualifica lavorativa su il sito collegato all’Inail : http://www.puntosicuro.it.
Questo vale per i maschi come per le donne..
Comunque la Senatrice Patrizia Bugnano che è membro della Commissione morti bianche a Roma sa molto bene quanto accade ogni giorno con questi contratti PRECARI..pertanto SERVE VERA OSSERVANZA DI TALI LEGGI SULLE SICUREZZE SUL LAVORO con VERE ispezioni asl, inail, Carabinieri, G.F.,Vigili del Fuoco..Ispesl etc. VERE ispezioni contrapposte e ripetute in particolare quando vedono forme contrattuali PRECARIE dove persino l’Unione Europea ha condannato più volte l’Italia (GIUSTAMENTE) per il non rispetto delle leggi tusl 626-81/2008 vedi: http://www.osha.europa.eu violations work Italy..
Agli Ispettori in generale…eseguire le Loro ispezioni iniziandole già presso i Centri per l’Impiego pubblici (ex collocamento) e poi prosegure ripetutamente e in contrapposizione tra Ispettori alle ditte Interinale e Loro clienti…dai centri per l’Impiego pubblici possono vederne già tanti illeciti di legge ..richiedendo TUTTI i nostri modelli c2 storici ed attuali (anche inh retroattivo di anni..) possono già constatarne le VERE QUALIFICHE ..se abbiamo o no lE VIOSITE MEDICHE RELATIVE ALLE VERE QUALIFICHE ORDINATOCI.. se abbiamo i D.P.I. corsi sui macchinari patenti e corsi sui mezzi usati…oltre che disavanzi (a nostro danno..) salariali..
Sia che siano lavoratrici che lavoratori..questo è quello che sta accadendo in Provincia di Cuneo ma penso anche in Italia intera.. PRECARIATO vuole dire subire tutto questo ! E alternandosi “quando” va bene in alternanza..disoccupazione precario..ma sta prevalendo la disoccupazione ! Così c’è pure RICATTO..SCHIAVISMO MODERNO:: DISTRUZIONE FAMIGLIARE e conseguenze! Violando contro di noi persino gli stessi Articoli della Costituzione Italiana: 1- 4-e 36 ! ! !
Se c’è un solo infortunio..è perchè c’è sempre la CAUSA e spesso queste cose non sono dette..ma funziona così PURTROPPO ! E poi non bisogna giungere a fare i processi dopo i fatti..come il casi Thyssen o strage di Viareggio o Mulino a Fossano etc. SERVE REALE PREVENZIONE E REALI VERI CONTROLLI ISPETTIVI ! Contrapposti e ripetuti ! Se poi manca il personale ispettivo si chieda a noi il nostro contributo (qui mi offro già volontario) anche se precari o disoccupati ABBIAMO ANNI E ANNI d’esperienze di pratiche lavorative a disposizione ! Con il nostro semplice aiuto si può sicuramente fermare almeno in parte..almeno qualche infortunio sul lavoro o in peggio morti bianche…ricordando che cambiando le mansioni con altre qualifiche..si raggirano persino le leggi sulla sorveglianza sanitaria.vedasi.art. 303/56 etc. etc..!
Saluti a Voi lavoratrici e lavoratori tutti sia indeterminati “fortunati..” che di più a DISOCCUPATI FORZATI e PRECARI spesso raggirati dagli stessi articoli Costituzionali Italiani 1-4-36.
JOOB ITALY VERY VERY PROBLEM OSHA VIOLATIONS WORK…CRANES COMPANY..
Sergio Morando Lesegno Italiy
Morando Sergio Crocefieschi Genova Malpotremo Lesegno Italia(Quota) (Replica)
“vorrei aggiungere che gli infortuni accadono sia a danno delle lavoratrici come per i lavoratori..”forse” la percentuale è più maschile è solo dovuta al fatto che in acciaerie..in posti di lavoro a rischio meccanico..chimico navale etc. sono ancora alti i posti ricoperti da numero di lavoro maschili”. (Sergio Morando)
Scusa, Sergio, ma con tutta la buona volontà, trovo che questo tuo intervento sia di una debolezza e di una paradossalità addirittura sconcertanti, per lo meno dal mio punto di vista.
Che senso ha affermare che la percentuale più alta dei morti sul lavoro è maschile “solo” (questo “solo” suona veramente un po’ comico…) perché in alcuni settori gli occupati sono prevalentemente uomini?…
E grazie al cavolo, mi viene da risponderti… Scusa ma lo sapevamo già che le cose stavano e continuano a stare in questa maniera. A parte il fatto che dire, come fai tu, che “forse la percentuale è “più” maschile”, oltre a essere abbastanza grottesco (dati i numeri e le percentuali) è anche offensivo, scusa la franchezza, nei confronti di quegli uomini che crepano sul luogo di lavoro ogni giorno con percentuali del 98% (pressoché la totalità) rispetto alle donne. Per onestà intellettuale, al tuo posto, avrei tolto quel “più” e mi sarei limitato a dire che “gli uomini muoiono sul lavoro appunto perchè svolgono i mestieri più pesanti e rischiosi. Aspetto quest’ultimo che tu stesso ometti volontariamente di commentare, limitandoti a registrare, con una sorta di ingenuo candore, che ciò è dovuto al fatto che gli uomini sono maggiormente occupati rispetto alle donne in settori quali la cantieristica navale, la siderurgia, la chimica ecc. (ne dimentichi parecchi altri ma non è questo il punto…).
Fatta questa premessa, sembra quasi che tu voglia sforzarti di spiegarci che questa situazione non è il frutto di una discriminazione antimaschile ma solo del caso, o delle circostanze oggettive (sono gli uomini a svolgere determinati lavori affermi -senza chiederti perché, percome, per quali ragioni, l’origine di tali circostanze, come si è giunti a questa situazione e via discorrendo; nulla di tutto ciò, ti limiti a registrare il dato come se nulla fosse…). E vorrei pure vedere che ci fossero delle leggi palesemente discriminatorie relativamente al lavoro e all’occupazione… Se è per questo, neanche in Israele ci sono leggi palesemente razziste e discriminatorie nei confronti del Palestinesi, così come non ce ne sono negli USA nei confronti dei neri e delle minoranze di colore. Però guarda caso, il 90% dei detenuti nelle carceri israeliane è composto da palestinesi e più o meno la stessa cosa accade in America (neri e latinos), anche se con percentuali un pochino più basse (ma altissime in relazione al numero dei neri e delle minoranze di colore di quel paese). A questo punto sono io che ti chiedo:”Quali sono i parametri in base ai quali tu sei disposto a riconoscere una condizione di discriminazione di un gruppo sociale, etnico o di genere? Non ti è sufficiente la percentuale del 98% di morti maschi sul lavoro (il rimanente 2% di donne muore per lo più in itinere, cioè non propriamente per incidente sul lavoro bensì mentre vi si sta recando, quindi in linea di massima per incidente stradale) per provare ad ipotizzare, se non una discriminazione, quanto meno una situazione assolutamente e intollerabilmente sbilanciata (oltre che iniqua), per lo meno da questo punto di vista?
A parti invertite, come ben sai, una situazione così squilibrata (al punto che deve essere totalmente rimossa…) non sarebbe neanche possibile perché verrebbe considerata, peraltro sacrosantamente, una intollerabile, vergognosa e spregevole discriminazione sessista nei confronti del genere femminile.
Tutto ciò lo riaffermo non certo per alimentare la solita annosa e anche un po’ scontata, diciamoci la verità (perché guarda caso questa tesi viene sollevata sempre a senso unico e nei nostri confronti: quando le femministe reclamavano i loro diritti, a “sinistra” nessuno ha mai osato rispondergli che avevano scatenato una guerra fra poveri, eppure di ragioni ce n’erano… ) questione della “guerra fra poveri”; da tutto siamo animati tranne che da questo. Però non è neanche possibile cavarsela in corner o mettere la testa sotto la sabbia, come sostanzialmente fai tu.
Naturalmente la questione dei morti sul lavoro non è certo da ascrivere (solo) alla relazione fra i generi. E’ una tragedia sociale, certamente, oltre che umana, ma, data la situazione (cifre alla mano), è di fatto OGGETTIVAMENTE anche una questione di genere. Non lo dice il sottoscritto, lo dice appunto la realtà.
Non serve a nessuno, caro Sergio, tanto meno ai lavoratori e alle lavoratrici, al movimento sindacale e alla sinistra, nascondere la realtà dietro all’ideologia. Così non si va da nessuna parte. Le “contraddizioni in seno al popolo – come diceva qualcuno – ammesso che questa sia una di quelle (ed io comincio francamente ad avere dei dubbi…) vanno affrontate, non occultate né tanto meno rimosse.
Ci vogliamo provare?
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Su questi uomini e la loro tragedia, sindrome post-traumatica di guerra, (e quella da lavoro?) si stende un super silenzio mentre un baccano tremendo e leggi ansiosamente sollecitate e approvate si alzano persino per “le occhiate maschili moleste”. Uno squlibrio tra gravità dei fatti e reazioni ufficiali che ben rende il carattere di uso strumentale della cronaca nera a spostamento e copertura dell’attenzione pubblica dalle grandi omissioni dello Stato e della Società verso il sangue versato e le infermità subite dei cittadini maschi al servizio della Società e della Vita. Che, al di là di tutte le fregnacce solennemenente e ufficialmente raccontate, si reggono sul dono maschile. Sembra tuttavia che i maschi abbiano cominiciato a rendersi conto di questa gigantesca falsa rappresentazione, di questo Kolossal della falsa coscienza, costruito per intimidire i maschi, padri e maestri, iniziatori e tutori da sempre della vita, e per fare sì che della vita si possa fare merce da supermercato.
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/09/01/news/matti_di_guerra-20537298/?ref=HREC2-9
cesare(Quota) (Replica)
A me pare che Sergio, sotto sotto suggerisca un’altra lettura (che è poi la classica ed è un altro “classico”). Ricordo l’utente di un forum che mi disse che non ha senso dare una connotazione di genere alle morti sul lavoro.. perchè? perchè la quasi totalità di quegli uomini muore perchè sfruttata dai datori di lavoro.. che sono altri uomini.. insomma gira gira torna al sistema maschilista.
Sergio, forse fa un passettino avanti dicendo che in determinati settori sono più occupati gli uomini.. però anche lui sposta l’attenzione sul mancato rispetto delle leggi etc… tutte cose sacrosante beninteso. Resta il fatto che in questi settori (edilizia, agricoltura etc.) muoiono anche tanti imprenditori di sè stessi (i piccoli artigiani… muratori con un’impresa edile costituita da sè stessi e qualche parente o amico, gli elettricisti, gli idraulici, gli agricoltori) tutta gente che non ha contratti precari, ha contratti soltanto con i propri clienti e con la concorrenza e quindi, molte volte non puo’ permettersi di rallentare il lavoro per rispettare le norme antiinfortunistiche (lasciando perdere il discorso molto più ampio sull’utilità di ALCUNE norme antinfortunistiche )
Rita(Quota) (Replica)
Leggendo un libro che tratta di geopolitica di cui sono da sempre appassionato mi sono imbattuto nella vicenda del Canale di Panama durante la costruzione del quale, trovarono la morte circa 27.000 (ventisettemila) operai. 22.000 (ventiduemila) di essi morirono durante il primo tentativo (fallito) da parte dei francesi di costruire il canale, e 5.000 (cinquemila) nel secondo, quando la ciclopica impresa fu portata a termine dagli americani.
Gli operai erano tutti meticci e neri delle aree e dei paesi circostanti, fra cui un gran numero di immigrati delle Barbados. Le condizioni di vita, igieniche e di lavoro erano terribili (praticamente si viveva in uno stato di semischiavitù). La maggior parte di essi morì per la malaria e la febbre gialla, oltre che per gli stenti e le pessime condizioni igieniche. Molti naturalmente per crolli, frane e smottamenti; alcuni invece furono uccisi durante violente risse che scoppiavano di frequente a causa delle condizioni disumane in cui si viveva.
Sarei curioso di conoscere quanti uomini sono morti nella Storia in simili frangenti (probabilmente centinaia di milioni se non di più). Un sacrificio immane, di proporzioni colossali, masse umane (maschili) intere, vite (e morti) , rimaste oscure, anonime, senza un nome, senza un volto, una tragedia (di classe e di genere) iniziata migliaia e migliaia di anni fa e tuttora in corso nel terzo millennio. Ricordo che a morire sul lavoro non sono stati e non sono solo i maschi (di ceto basso) occidentali ma anche e soprattutto quelli del terzo e quarto mondo, anche in quel paesi del mondo islamico dove quegli stessi sono gli “oppressori del genere femminile”.
Insomma una tragedia tutta al maschile, e non mi riferisco solo alla questione dei caduti (e dei mutilati) ma a ciò che ha rappresentato la dimensione del lavoro, nel suo complesso, nella storia, per gli uomini. Perché in quelle condizioni non so se sia meglio augurarsi di sopravvivere oppure di morire. E questa, fino a poco più di mezzo secolo fa, è stata la condizione del 90% dei maschi. Si veniva al mondo per “travagliare”, in condizioni di sfruttamento e abbrutimento per noi inimmaginabili.
Oggi, tutto ciò è come se non fosse mai esistito, la narrazione femminista è riuscita anche a cancellare la Storia, come si fa con un file, e quindi a far calare una sorta di oblio, di dimenticanza, come se nulla di tutto ciò fosse accaduto.
Il commento di Barbara Martusciello, al di là di quel nastro registrato , come ha giustamente definito il suo intervento Marco Pensante, è sconvolgente proprio perché ci dà il polso della situazione, ci mostra in modo che più chiaro non si può il risultato e gli effetti quel file cancellato.
Tabula rasa. Anno zero. La Storia comincia ex novo con la Narrazione Femminista. Prima non c’è nulla. O meglio, c’è la storia scritta dagli uomini (rivisitata e reinterpretata in chiave femminista).
Un’operazione che non è riuscita fino ad ora a nessuna ideologia…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
ieri ,non so per quale motivo ,non riuscivo a collegarmi al sito di uomini beta ,allora ho dato un occhiata ad altri siti di stampo femminista. “Sono peggio le veline o miss’italia?” Questa era la domanda fondamentale che circolava in quei posti. Stupidi noi ,che perdiamo tempo a parlare di tragedie di uomini e anche delle loro famiglie, indirettamente , ….
Grazie Fabrizio per questo episodio raccontato ,anche se tragico ,ma che rende l’idea delle situazioni degli uomini, altro che potere maschilista.
p.s a proposito di potere maschilista ,oggi al lavoro stavo facendo dei pezzi abbastanza pesanti (noi facciamo alberi per motore elettrico ), ho aspettato questo famoso potere maschilista che mi desse una mano ,ma non è arrivato ,quando ti serve non arriva mai
mauro recher(Quota) (Replica)
mi sembra che ,un paio di giorni fa ,a causa del crollo della palazzina di Barletta ,siano morte 5 operaie ,pagate in nero ,tra l’altro , massimo cordoglio per le loro famiglie ,che ,stanno vivendo una tragedia …
purtroppo ,nella più falsa delle ipocrisie ,in tanti siti e blog femministi adesso si ricordano che il lavoro può uccidere ..
posso dirlo di essere arrabbiato ?
mauro recher(Quota) (Replica)
Tratto dall’articolo di Fabrizio e Rita.
>>
Pensate cosa succederebbe e sarebbe già successo se questa ecatombe sociale e di genere, con cifre paragonabili a quelle di una guerra civile neanche tanto strisciante, fosse stata e fosse a parti invertite. Se cioè a morire sul posto di lavoro fossero le donne e in quella percentuale.
>>
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/edb31761c80006b2a8e988693e553f19.pdf
(…)
Sandro2(Quota) (Replica)
Ho il massimo rispetto per le vittime di Barletta.
Ho il massimo rispetto per i loro familiari.
La mia empatia con le persone umili, oneste, che tirano la carretta come meglio possono mi fa stare male, se solo mi soffermo a pensare alle vite spezzate, ai sogni seppelliti sotto quelle macerie, ai loro familiari ….
Poi leggo il link di Sandro2 ….
E mi sale la rabbia.
Si, è poco nobile, ma avverto una rabbia sorda.
Rabbia contro una politica cieca ed ipocrita.
Rabbia contro un partito, che comunque è il mio partito.
Dall’articolo.
“All’indomani dei funerali delle cinque donne morte nel crollo della palazzina di Barletta, le parole di cordoglio e d’assunzione di «responsabilità morale dello Stato» per una tragedia che l’autorità pubblica avrebbe potuto e dovuto impedire quelle pronunciate dal deputato democratico Francesco Boccia per «fare di tutto per aiutare le famiglie delle vittime» -si traducono in proposta politica. Il Pd è infatti pronto a presentare una proposta di legge per equiparare le morti sul lavoro a quelle per cause di servizio, sul modello dei risarcimenti che lo Stato garantisce ai militari deceduti in missione. Una proposta già appoggiata dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, e che promette di raccogliere il consenso di gran parte del Parlamento.”
Mi si obietterà: ma non sei contento? Se non riusciamo a garantire una decente sicurezza sul lavoro, che almeno le famiglie vengano aiutate in qualche modo.
No, non lo sono. Per due ordini di motivi.
A) La proposta è strumentale. Fatto solo a fini di pura speculazione politica. Sanno già che non passerà ma avrà solo un ritorno d’immagine e forse di consenso.
B) Il contesto in cui è maturata. Un partito che dovrebbe avere non dico nel suo DNA (quello lo hanno del tutto cambiato, il dna, non “loro”), ma quanto meno nei suoi principi ispiratori la difesa del mondo del lavoro, questa proposta la fa quando osservando i dati dei morti sul lavoro ritiene questi insopportabili e non degni di una nazione civile.
Avrebbe già dovuto farla anni fa. Non adesso.
Qual’è la novità? La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso?
Eppure io ne ricordo di episodi in cui sono morti tanti lavoratori, la Thyssen, tanto per citarne uno.
Dove sta la differenza?
Forse ho capito. Quelli e tanti altri erano UOMINI.
Fabrizio … hai proprio ragione a dire che gli uomini beta sono l’ultima ruota del carro. E non solo per l’asimmetria sessuale aggiungo io.
Che poi nel caso in questione, paradosso dei paradossi, si debba parlare di sicurezza sul lavoro invece di parlare di sicurezza statica delle costruzioni, è una cosa che non sta ne in cielo ne in terra.
E tutto questo, ripeto, con il massimo rispetto e partecipazione alla tragedia di quelle povere ragazze e dei loro familiari.
Ma con il massimo disprezzo per tutti gli altri.
Luigi
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Caro Luigi, sottoscrivo integralmente il tuo intervento senza aggiungere una parola.
Tutto ciò, per noi che proveniamo da quella storia (di cui non ci siamo pentiti), provoca un sentimento di profonda amarezza e tristezza.
Non dobbiamo abbandonare il campo per nessuna ragione, sarebbe il più grande regalo che potremmo fargli.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
A proposito di manipolazione dell’informazione, leggete questo passaggio.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/10/09/visualizza_new.html_674240084.html
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ANMIL,+22% MALATTIE,3 MORTI AL GIORNO – Ogni giorno tre persone muoiono sul lavoro. E’ questa “la triste media” degli incidenti mortali. Nel 2010 gli incidenti complessivamente sono stati 775.374, di cui 980 mortali. “Numeri ai quali si aggiungono quelli relativi alle malattie professionali, con un aumento delle denunce di ben il 22% rispetto l’anno precedente”. A fare il punto della situazione è il presidente dell’Anmil, Franco Bettoni, in occasione della 61/ma Giornata nazionale per le vittime di incidenti sul lavoro.
Nel 2010 è proseguito il trend del calo degli infortuni ma a giudizio dell’Anmil il dato va letto “con molta cautela”. Occorre infatti “uno sguardo al contesto occupazionale di riferimento, caratterizzato in questi anni – dice il presidente Franco Bettoni – da un calo dell’occupazione”. Inoltre risultano in calo gli infortuni cosiddetti “in itinere”, si assiste “ad un aumento preoccupante dei decessi nel settore dei trasporti e nel lavoro femminile, nonché nella fascia di età compresa tra i 50 e i 64 anni”.
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“Ogni giorno tre PERSONE muiono sul lavoro”…
Ossia, non si evidenzia che in oltre nove casi su dieci si tratta di uomini e non di donne.
Al contrario si scatenerebbe un vero e proprio inferno mediatico.
Personalmente sono sempre più schifato da questi personaggi di merda, per i quali la vita di una donna vale molto di più di quella di un uomo, ma in particolar modo mi fanno schifo i sindacati e l’odierna sinistra, incapaci di raccontare la verità vera. Per quanto mi riguarda possono pure impiccarsi tutti, perché il mio voto non lo prenderanno più.
Marco(Quota) (Replica)
Ad esempio, in questo articolo si specifica che gli immigrati sono più soggetti a infortuni rispetto agli italiani, ma ci si guarda bene dallo specificare che sia in un caso che nell’altro si tratta quasi esclusivamente di uomini e non di donne.
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http://www.ilgiornale.it/interni/morti_bianche_calo_ai_minimi_1951_stranieri_piu_infortuni/lavoro-inail-morti_bianche/24-06-2009/articolo-id=361332-page=0-comments=1
Roma – Nel 2008 il numero di morti sul lavoro è sceso ai livelli minimi dal dopoguerra. Nel Rapporto annuale 2008, l’Inail precisa che l’anno si è chiuso con 874.940 infortuni sul lavoro e 1.120 incidenti mortali. Un bilancio infortunistico che, “pur nella drammaticità dei numeri”, segna “un incoraggiante record storico”, evidenzia l’Inail: il numero di infortuni mortali è infatti sceso, per la prima volta dal 1951, al di sotto dei 1.200 casi l’anno. Nel 2008, in particolare, i morti sul lavoro sono diminuiti del 7,2% rispetto ai 1.207 dell’anno precedente.
Infortuni in calo Nel 2008 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail (874.940) sono calati del 4,1% rispetto all’anno precedente (912.410). Il calo, tuttavia, non c’è stato per i lavoratori stranieri, tra i quali si è invece registrato un aumento (+2%) degli incidenti sul luogo di lavoro. È quanto emerge dal Rapporto annuale 2008 dell’Inail. La flessione degli infortuni nel 2008 è stata nettamente superiore al -1,7% registrato tra 2006 e 2007, evidenzia l’Inail, aggiungendo che anzi, se si tiene conto dell’incremento dello 0,8% del numero degli occupati, il miglioramento reale, in termini relativi, sale al 4,8%. Il calo – aggiunge – conferma il trend decrescente degli ultimi 8 anni: dal 2001 le denunce di infortunio sono scese del 14,5% e se si considera che nello stesso periodo c’è stato un aumento occupazionale dell’8,3%, la flessione raggiunge il 21,1%. Per quanto riguarda i lavoratori stranieri, il cui numero di assicurati all’Inail è aumentato del 6% (oltre quota 3.266.000), gli incidenti sul lavoro sono cresciuti a 143.561, mentre il numero di infortuni mortali rimane invariato a 180 casi. Gli immigrati continuano a presentare un’incidenza infortunistica più elevata rispetto ai colleghi italiani: 44 casi denunciati all’Inail ogni 1.000 occupati, contro i 39 degli italiani. Nel 2008 gli eventi infortunistici accaduti a lavoratori stranieri hanno rappresentato il 16,4% del totale.
Sartori: “L’Istituto deve poter fare di più” Il bilancio finale degli infortuni sul lavoro in questi ultimi anni è quello di un “miglioramento sensibile”, ma ciò non toglie che “si debba continuare, in modo ancora più deciso e strategico, su questa strada”. Il commissario straordinario dell’Inail, Marco Fabio Sartori, si rivolge a Palazzo Chigi: “L’Inail potrà fare di più se il governo sarà disponibile a lasciarci agire – pur nella contingenza difficile in cui si trova oggi l’economia nazionale – con maggiore capacità di movimento”. “L’Istituto ha le strutture organizzative e professionali e le risorse economiche per conseguire ogni obiettivo. Ma deve avere anche la possibilità di esercitarle con pienezza”, afferma Sartori, sottolineando come, da questo punto di vista, il Piano industriale, per potenziare prevenzione e formazione, condiviso con l’esecutivo e le parti sociali, “rappresenti un punto di partenza fondamentale”. “Le risorse non mancano. Anzi, l’Inail ne potrebbe mettere a disposizione ancora di più se venisse posto nella condizione di realizzare investimenti maggiormente redditizi”, ha puntualizzato Sartori, ricordando che una risposta operativa l’Istituto l’ha data “proponendo la costituzione di un fondo immobiliare” per assicurare maggiore redditività agli investimenti. Tra i fattori di criticità su cui intervenire, secondo Sartori, c’è proprio la troppo scarsa autonomia gestionale dell’Istituto, frutto di misure di finanza pubblica.
La sfida per il futuro Per il futuro, la sfida è più qualità dei servizi con meno risorse umane, muovendosi sulla scia del riassetto perseguito fino ad oggi, che ha portato dai 11.500 dipendenti del 2005 agli attuali 10.178. A proposito dei dati sul calo degli infortuni sul lavoro nel periodo 2001-2008, Sartori ha parlato di analisi «decisamente positiva», ma ha anche sottolineato la necessità di continuare su questa strada perchè “nessuno può negare che gli 875 mila incidenti denunciati lo scorso anno restino sempre una cifra molto elevata”. Il commissario ha anche definito “cruciali” formazione alla sicurezza e cultura della prevenzione, sia per le grandi che per le piccole aziende.
Marco(Quota) (Replica)
Idem per quanto riguarda quest’altro articolo.
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http://www.ilgiornale.it/interni/morti_bianche_calo_108/26-02-2009/articolo-id=331906-page=0-comments=1
Roma – Morti bianche. Fa paura anche a pronunciarlo. Eppure, nonostante gli allarmismi dell’estrema sinistra e le accuse della Triplice, passi avanti sono stati fatti nella tutela dei diritti del lavoratore. Lo dicono i numero. Il bilancio infortunistico per l’anno 2007 si presenta statisticamente più favorevole rispetto a quello dell’anno precedente, sia per l’andamento generale del fenomeno, sia soprattutto per quel che riguarda gli infortuni mortali. Risultano infatti pervenute all’Inail, alla data di rilevazione ufficiale del 30 aprile 2008, oltre 912mila denunce di infortuni avvenuti nel corso dell’anno 2007. Ci troviamo di fronte a una flessione di 1,7 punti percentuali, superiore al -1,3% che si era registrato nel 2006.
Gli infortuni mortali Gli incidenti sul lavoro sono un problema serio che nel corso degli ultimi due anni ha assunto una grande rilevanza mediatica. Per quanto riguarda gli infortuni mortali nel 2007 risultano denunciati 1.170 casi, contro i 1.341 del 2006, con un calo complessivo del circa 10%. Sebbene il dato sia provvisorio, dà già un’idea chiara del nuovo trend. Ampliando, infatti, l’osservazione al periodo 2001-2007 si osserva che conferma il tendenziale andamento decrescente del fenomeno infortunistico, con una contrazione dei casi denunciati tra il 2001 e il 2007 pari complessivamente al 10,8%, con un tasso medio annuo di variazione pari a -1,8%. Tuttavia i morti si contano ancora. Proprio per questo Carlo Barberis, fondatore di Power Training, una delle principali società di formazione del settore, fa sapere che “ogni singola tragedia va rispettata”. “Di inaccettabile c’è la causa di queste morti – spiega Barberis – non si tratta, come spesso si vuol far credere di problemi tra operai e datori di lavoro, non c’è conflitto di classe nelle morti sul lavoro”.
Due sistemi a confronto: prevenzione e formazione Secondo Marco Fabio Sartori, presidente dell’Inail, bisogna puntare sul sistema della prevenzione “esercitando un’azione di contenimento dei costi e una sinergia con il governo che ha portato a un salto di qualità rispetto agli altri istituti che si occupano di welfare’”. Da qui la necessità di agire sul territorio attraverso la mappatura del rischio di incidenti grazie a controlli meglio gestiti su base territoriale con un’azione sinergica con gli altri istituti. “Non è un problema di norme ma di cultura”, continua Sartori invitando le istituzioni a “fare un’informazione capillare”. Secondo Barberis, invece, diventa centrale la formazione. “Formazione intesa come attenzione al lavoratore a 360 gradi – puntualizza il fondatore di Power Training – formazione che possa incrementare il valore aggiunto dei dipendenti ampliando il loro bagaglio di conoscenze permettendogli di lavorare sempre al meglio nelle più complete condizioni di sicurezza. “La vita umana non ha prezzo – conclude Barberis – a noi il compito di rispettarla e di difenderla”.
Marco(Quota) (Replica)
Questo non fa altro che confermare quanto sostenuto nel manifesto di UominiBeta: gli uomini comuni( i disoccupati, i precari, i lavoratori da 1000 euro al mese o poco più, nonchè ovviamente quelli che rischiano la pelle tutti i giorni) ormai non hanno uno straccio di rappresentanza politica. Avrebbe dovuto essere la sinistra ma, oramai, appare inquinata fino al midollo dal femminismo che ne detta l’agenda, escludendo, per ovvie ragioni, questioni che non le stanno a cuore. Vogliono farci credere, i dirigenti alla Vendola, che il femminismo va bene per tutti, uomini o donne che siano. Ma chi vogliono prendere per il naso? Può un uomo essere rappresentato dalla Finocchiaro? Ma non scherziamo! In ogni caso Berlusconi & company ci fanno affondare tutti noi, poveri cristi, quindi, pur turandosi il naso, occorrerà votare per un cambio radicale di governo.
Alessandro(Quota) (Replica)
Credo che ai governi (se non lo avete già evidenziato) convenga che gli uomini non si rendano conto di essere oppressi e vittime rispetto alle donne; altrimenti non andrebbero più a crepare in lavori faticosi, non si sentirebbero più eroi ammirati dalle donne partendo per la guerra, non si sposerebbero più e prenderebbero coscienza di valere per quello che sono e crollerebbe questo tipo di società.
Ma forse sono ottimista: gli uomini sono cattivi e stupidi …
Leonardo(Quota) (Replica)
Caro Alessandro
hai ragione, ahimè, al 100%!!!
Faccio un esempio off topic: la parità della rappresentanza di genere nei direttivi dei circoli locali del PD. Il famoso 50% uomini, 50% donne imposto per statuto. Sbandierato dai dirigenti nazionali con orgoglio come dimostrazione di un partito aperto alle donne etc. … etc. ..
Premetto che parlo, se non lo si era già capito, da aderente (sigh …) al PD con responsabilità locali (beh … le avevo fino a qualche mese fa per l’esattezza). Per cui conosco la cosa dal di dentro.
Cosa ne penso?
UNA BOIATA PAZZESCA!!!! >:-
Una boiata che ti azzoppa, non ti fa lavorare, sottraendo a priori energie preziose, anche se hai la fortuna di avere a che fare con gente di buona volontà. E tieni, tenete conto, che quanto ho detto e dirò è valido per il 90% dei piccoli e medi del Sud (sul Nord non mi sbilancio non conoscendone la situazione).
Faccio un esempio per farmi capire.
Il direttivo di un circolo cittadino è composto da un certo numero di persone, proporzionale al numero degli iscritti e da questi eletti.
Per non farla difficile diciamo che, in base agli iscritti, sto benedetto direttivo deve essere di 12 persone.
Bene. Consideriamo che a me, ma penso a tutte le persone normali, non fotterebbe niente che fossero 12 uomini, 12 donne o anche 12 trans. Fotterebbe soltanto che fossero 12 persone con voglia di fare. Punto.
Invece devono essere obbligatoriamente 6 uomini e sei donne.
Ahh ….bellissimo. Come siamo belli, come siamo anti discriminazione, ahh … come siamo democratici.
COL CAVOLO!!!! >:-
Sai, sapete qual’è il risultato?
Un direttivo di 6 uomini!!!
Si perché non è che noi discriminiamo e non vogliamo le donne. Sono proprio loro che, nella maggior parte dei casi, non sono interessate.
Per cui da una parte sei costretto a rinunciare a delle persone che hai in abbondanza e che quindi puoi anche selezionare in base alla capacità, gli UOMINI, dall’altra parte sei costretto a inserire (sempre che, caso ultra frequente, non stiano solo sulla carta) persone, non in base alle loro capacità, ma solo in base al loro sesso, le DONNE.
Scusa … scusate lo sfogo, tra l’altro manco in topic.
Però ha ragione Fabrizio …. il favore più grande, per loro, quello di togliermi di mezzo non glielo faccio.
Poi, che io sia di sinistra, non dipende certo da loro (Bersani, Vendola, …etc).
Diciamo che lo sono, nonostante loro.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Leggete attentamente…
>>
http://www.corriere.it/italians/11_Ottobre_07/Quelle-donne-che-muoiono-per-lavorare_4b052530-f041-11e0-afdf-a2af759d2c3b.shtml
Quelle donne che muoiono per lavorare
Storie di donne. Donne qualsiasi. Donne sconosciute al piccolo schermo, che muoiono travolte nel crollo di una palazzina. Quattro euro all’ora e in nero, il prezzo di una vita spesa a racimolare qualcosa e tirare avanti dignitosamente e onestamente. Costa così tanto la voglia d’onestà in un Paese piagato dalla corruzione, dall’illegalità diventata stile di vita? Come è possibile morire per quattro euro. A rimetterci come sempre le donne. Donne silenziose che lottano da sole contro una crisi che sta lentamente divorando speranze sogni. Donne che cercano in tutti i modi uno spiraglio per aiutare il già debole e fragile nucleo famigliare e che non va tanto per il sottile quando in ballo c’è il desiderio e la voglia di farcela stando sulle proprie gambe, mettendosi in gioco e lottando con tutte le proprie forze pur di sbarcare il lunario. Eroine dei nostri giorni delle quali nessuno si occupa, salvo poi squarciare quel velo quando ormai il disastro preannunciato è già avvenuto. In un Paese dove il lavoro è diventato un optional, donne muoiono per lavorare. E se l’unica sopravvissuta alla tragedia piange quei quattro euro che non guadagnerà più, qualcosa si è spezzato, ogni frontiera di umana ragionevolezza crollata e allora in questo dimenarsi, battersi trasformarsi come lupi per portare a casa qualcosa per il branco ci fa intuire che in questa dilaniata società, il nostro essere uomini e donne è solo una chimera…
Antonella Policastrese, antonella.policastrese@live.it
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A rimetterci come sempre le donne.
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Capito?
Sandro2(Quota) (Replica)
Sandro2
Che dirti? ….
Visto che ci stava l’indirizzo di posta elettronica gli ho inviato un’email dicendogli cosa ne pensavo.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Domenica 9 ottobre, alle 20.30, su TG2, i dati sui morti, sui mutilati e sui feriti sul lavoro sono attribuiti indifferentemente a “uomini e donne”.
Una azione di cover up sistematica. Le azioni di cover up vengono attivate quando i dati mettono a repentaglio la legittimità del potere. Una volta si sarebbe parlato di creazione di una falsa coscienza pubblica: oggi si direbbe una menzogna di genere per legittimare una oppressione di classe.
Cover up dunque di che cosa? di una verità lampante e cioè che le condizioni di vita, in primo luogo quelle dei maschi, in questa società sono, a benvedere, letteralmente micidiali, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico: procurano morte e malattia. In più, per cortesia, ci si preocupa di pestarli moralmente, giuridicamente e legislativamente.
Così dal Presidente della Repubblica all’ultimo gazzettiere, si piange o solo sulle donne o, se proprio non è possibile il racconto solo al femminile, si piange su uomini-e-donne. Puro terrore e divieto nella comunicazione politycall correct della Repubblica Italiana è che si cominci davvero a fornire tutti i dati scomposti in base al sesso maschile e femminile. Viene fuori appunto l’inaccettabile.
Si tace pertanto sui dati dei maschi che muoiono per vita usurante sette anni prima delle donne, che muoioni sul lavoro, che muoiono in casa, che muoiono in carcere, che muoiono in guerra, che muoiono contaminati come i 216 giovanissimi militari morti di cancro e i 2600 (ad oggi) malati di leucemia per uranio impoverito (se ne ha notizia solo x i servizi di Striscia la notizia), ecc. ecc. ecc.
Nessun talkshow parla mai di questo sistematico massacro di maschi (domanda: ma non coinvolge poi anche le donne? le mogli, le sorelle, le madri, le figlie, le amiche, le colleghe?).
I lacrimatoi ufficiali della Repubblica, girano a pieno regime e producono ogni giorno fiumi di lacrime per le “povere donne”.
“Lacrime come sudore dei cavalli”, diceva un detto proverbiale contadino delle mie parti.
cesare(Quota) (Replica)
Quoto anch’io, pienamente, l’intervento di Luigi.
Sarebbe interessante anche riandare ai giornali al tempo della tragedia della Thyssen, solo per citare quella più famosa, e rivedersi le eventuali dichiarazioni del Presidente della Repubblica. Intanto ricordo una cosa di cui già discutemmo. Il segretario degli edili CGIL disse che era necessario migliorare le condizioni di sicurezza dei cantieri perchè così ……….si sarebbe facilitato l’accesso delle donne a quei lavori. E’ una frase di un’enormità così grande, che quello neanche si rendeva conto di cosa stava dicendo. Ed è proprio questo il dramma. La svalutazione di tutto ciò che è maschile, e per contro l’esaltazione di tutto ciò che è femminile, è penetrato in profondità nelle fibre mentali di tante persone, le quali ormai non possono più accorgersene. E’ il frutto di decenni e decenni di avvelenamenti mediatici e culturali.
armando
armando(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=15768:barletta&catid=34&Itemid=54
di Celeste Costantino
11 ottobre 2011
Piangiamo le vittime, ci colpiscono l’età e il sesso. Eppure tra un po’ non ce ne ricorderemo più. Fino alla prossima volta. Perché di quello che è successo a Barletta se n’è parlato tanto in questi giorni, ma non è abbastanza. Barletta non è un caso: non era un’emergenza né una calamità naturale. Cinque persone – cinque donne, cinque giovani tra cui una minorenne di 13 anni – hanno perso la vita e non è stato un incidente, non è stata una casualità.
Lo capisci non solo pensando a tutto quello che si poteva fare e non è stato fatto. Lo capisci soprattutto dalle reazioni, da come si esprime la gente di Barletta, anche dalla scelta della denuncia.
Perché va detto con chiarezza: non sono state la politica o l’informazione ad affannarsi a dirottare tutta la questione sulle crepe di quel palazzo, è stata per prima la popolazione a dire che era inutile parlare di lavoro nero. Perché a Barletta, dicono, si sa che è così e bisogna concentrarsi sul palazzo crollato. Anche la ragazza sopravvissuta alle macerie piangeva. Piangeva per quelle giovani vite spezzate e piangeva per il datore di lavoro, una persona buona, seria che ha dato una mano a tutte loro, che ha perso anche una figlia in quel lurido scantinato.
Non bisogna giudicare, non si può liquidare questa considerazione – e l’intera vicenda – con semplificazioni di tipo “giustizialista”. Tuttavia non si può neanche accettare l’idea di rivendicare la sicurezza del territorio e non più quella sul lavoro perché “in qualche modo bisogna mangiare”.
È comprensibile questa risposta, ma non possiamo accettarla. Barletta parla a tutti noi e riapre tante questioni che non si devono più ignorare. Non si può ignorare che esiste un Sud devastato dalla povertà, dalla disoccupazione e dal lavoro nero. Non si può ignorare che esiste una parte del Paese che storicamente vive questi problemi e che, con la crisi, ha visto peggiorare la condizione di vita delle persone. Dati drammatici, che diventano insopportabili soprattutto quando parliamo delle donne, delle giovani donne.
Gli elevati livelli di inoccupazione femminile – che si sommano a un welfare debole nell’erogazione dei servizi e incompleto nella capacità di tutela – sta determinando soprattutto in questa fase di crisi situazioni di grave disagio sociale. E’ un’emergenza sociale, completamente trascurata dalla politica nazionale, che richiede risposte rapide. In Campania, Sicilia, Calabria e Puglia lavora poco più del 40% della popolazione in età di lavoro, le donne che lavorano sono meno di 3 su 10. Inoltre le difficoltà generate dalla fase recessiva sembrano aver aumentato la propensione all’“inattività”, con un impatto più drastico per la componente femminile. Come ci spiega un rapporto dello Svimez dell’anno scorso, ormai sono tante le “scoraggiate” che hanno smesso di cercare un lavoro perché hanno perso pure la speranza di trovarlo.
Oggi, contrariamente a quanto avveniva ad inizio anni Novanta, il tasso di scolarità (secondaria) meridionale è sensibilmente più alto rispetto a quello del Centro-Nord. E, se si fa riferimento all’istruzione terziaria, i progressi sono ancora più evidenti. La quota di donne meridionali laureate, a 25 anni, è pari al 50% della popolazione di riferimento, avendo raggiunto negli ultimi anni i livelli del Centro-Nord. È una percentuale ben più elevata rispetto a quella maschile, che si arresta nel Sud al 34,8% (contro il 37,1% del resto del Paese). Straordinari passi avanti sono evidenziati dal tasso di iscrizione all’Università delle giovani donne del Sud: non solo di gran lunga superiore a quella maschile, ma ben al di sopra del tasso di iscrizione femminile del Centro-Nord.
Progressi importanti, che tuttavia rischiano di essere vanificati da un’insufficiente capacità del sistema produttivo di assorbire queste preziose risorse umane, che in mancanza di opportunità di lavoro, come visto, sono destinate inevitabilmente alla emigrazione. Il fenomeno migratorio negli ultimi 15 anni riflette i profondi cambiamenti che hanno interessato la struttura economica e la società del Mezzogiorno. Si caratterizza infatti per il crescente coinvolgimento della componente giovanile più scolarizzata e per una maggiore partecipazione delle donne. È proprio questo uno dei principali elementi di diversità rispetto ai fenomeni migratori degli anni Sessanta: una presenza femminile che rappresenta ormai stabilmente quasi la metà dei migranti e, in alcune realtà territoriali, costituisce la maggioranza.
Si va via per tanti motivi, e spesso non è il lavoro a rappresentare la centralità del migrare. Le donne fanno i conti con altri aspetti della propria esistenza: un modello familiare soffocante, un ambiente sociale poco accogliente, una cultura che ci vorrebbe normalizzare. Da questo punto di vista trovo importante che oggi le giovani donne del Sud pratichino il diritto alla mobilità, alla scoperta, alla ricerca. Bisogna riuscire a farlo non costrette ma libere.
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Piangiamo le vittime, ci colpiscono l’età e il sesso.
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Dati drammatici, che diventano insopportabili soprattutto quando parliamo delle donne, delle giovani donne.
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Sandro2(Quota) (Replica)
@ Sandro2
ovviamente sai cosa ne penso.
Sono andato su quella pagina con l’intenzione di inserire un mio commento, magari le mie considerazioni fatte qua.
Ho scoperto però che non era possibile inserire commenti.
Ragionandoci sopra e guardando la strutturazione del sito è persino ovvio che fosse così. Se propaganda deve essere e del tutto controproducente inserirvi voci che potenzialmente, possono depotenziare il “messaggio”.
Mi ha colpito però una cosa.
Apro l’articolo da te segnalato e guardo il bottone “mi piace” di Facebook. La cifra scritta mi fa sobbalzare.
Minchia …. penso, 590 “mi piace”.
Significa 590 profili di facebook.
590 persone su FB significa una diffusione non indifferente.
Significa un sito molto visto è frequentato, con tutte le considerazioni che puoi immaginarti sulle diverse capacità, fra noi, in generale e loro, di far passare il messaggio.
Un pò sconfortato da queste considerazioni, faccio un giro del sito e noto una cosa quantomeno strana (è un eufemismo).
Tutti, ma proprio tutti gli articoli di quel sito, non quelli che rimandano a siti esterni, in corrispondenza del bottone di FB, “mi piace” riportano una ed una sola cifra.
Quale direte voi? 590.
Strano vero?
L’imbroglio del lettore, perché di questo si tratta, non potrebbe essere più palese.
Mi sento perciò in obbligo di lanciare alle gestrici/gestori del sito in oggetto, se mai lo leggeranno, un messaggio.
SE DOVETE IMBROGLIARE CHI VI LEGGE, SIATE ALMENO PIÙ’ FURBE !!
NON TUTTI HANNO L’ANELLO AL NASO!!!
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
questo sito d’altronde ,per restare in vita ,chiede una donazione non libera ,ma di 60 euro ,vi copio questo passaggio
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Crediamo inoltre che Zeroviolenzadonne.it possa sostenere e valorizzare il lavoro di giornalisti e giornaliste che credono nella funzione sociale e culturale che svolgono.
I costi dell’abbonamento per la rassegna stampa per il 2011 sono di 10mila euro, una cifra che Zeroviolenzadonne ONLUS non è purtroppo in grado di sostenere da sola.
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non me ne intendo molto ,ma ,di solito una donazione non è libera ,questa qui sembra quasi una tangente
mauro recher(Quota) (Replica)
Stamattina, sempre su quel sito, i “mi piace”, di tutti gli articoli, dal 2009 fino agli ultimi sulla homepage riportano la cifra “591”. Queste qua hanno messo il bottone di FB in maniera sovraordinata. La cifra riportata, se non taroccata, inerisce ai “mi piace” complessivi da quando esiste il sito!!!
Però, poi il bottone di FB, è riportato in ogni singolo articolo. E’ questo costituisce inganno per il lettore, portato a credere, falsamente, ad una condivisione molto maggiore di quella che in realtà è.
Penso di capire il motivo di questo comportamento. Se chiedono soldi per mantenere quest’attività, i 60 € segnalati da Mauro, poi devono dimostrare, a chi ha sottoscritto, l’utilità dell’esborso. E visto che la realtà è altra, fa niente. Si deforma la realtà
p.s. Va beh … non è un argomento fondamentale, ma smascherare questi trucchetti da propaganda dozzinale, male non fa.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
sul caso di Barletta ,ho espresso delle mie considerazioni su un mio blog appena nato
http://femdominismo.wordpress.com/2011/10/14/uomo-morto-non-stupra/
mauro recher(Quota) (Replica)
Penso che questa notizia valga la pena di essere riportata in questo post.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/15/morti-sul-lavoro-una-brutta-bella-notizia/163946/
BLOG | di Stefano Corradino ottobre 2011
MORTI SUL LAVORO: UNA BRUTTA BELLA NOTIZIA
C’è un operaio il cui nome probabilmente i più non conoscono. Si chiama Marco Bazzoni ed è un lavoratore metalmeccanico. Ha un chiodo fisso: non si rassegna al fatto che in un Paese civile come (dovrebbe essere) l’Italia è di 3,87 la media delle persone che muore ogni giorno sul posto di lavoro.
Bazzoni quotidianamente spedisce lettere, fax, mail, sms a tutti: sindacati, partiti, istituzioni, giornali. Quelli così li chiamano spammer, lui invece è un portatore positivo e martellante di segnalazioni e denunce sui nuovi casi di infortuni sul lavoro che poi, l’indomani, non saranno neppure citati, da gran parte dell’informazione.
Giornali e tv che si ostinano a chiamarle “morti bianche”, e lui ogni volta s’inalbera, perché in queste tragedie non c’è niente di bianco, di candido ed innocente… Morti bianche? No, semmai coscienze sporche…
La notizia è la seguente: tra i destinatari delle svariate missive inviate da Marco Bazzoni c’è la Commissione europea. Dopo aver raccolto tutto il materiale necessario Bazzoni nel 2009 spedisce a Bruxelles una denuncia dettagliata sulle violazioni e sulle inadempienze italiane in materia di sicurezza sul lavoro. La prepara da solo. Non ha dietro di sè né partiti, né sindacati. E’ un operaio metalmeccanico di Firenze, un cittadino comune, arrabbiato, indignato, e mai rassegnato. Anche quando i suoi appelli cadono nel vuoto.
Ma pochi giorni fa a ricevere la posta per una volta è lui. Il mittente è proprio la Commissione europea, Direzione Generale Occupazione e Affari Sociali. “Egr. Signore, in riferimento alle Sue mail vorremmo informarLa che il progetto di costituzione in mora è stato approvato dalla Commissione il 29 settembre scorso e che la lettera di costituzione in mora è stata inviata alla Repubblica italiana il 30 settembre 2011″.
Tradotto: l’Italia è stata messa sotto accusa dall’Ue per non aver rispettato le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro grazie alla denuncia di un singolo cittadino. Non solo: nei prossimi due mesi, sottolinea la nota ufficiale della Commissione, l’Italia dovrà porre fine alla situazione che configura l’infrazione e tenere puntualmente informato il promotore della denuncia, l’operaio metalmeccanico di Firenze.
Bazzoni è incredulo nel leggere la risposta di Bruxelles. “Ancora non ci credo. Già far aprire una procedura d’infrazione contro uno Stato è difficilissimo, ed in genere sono sempre le associazioni a fare denunce del genere. Mai un singolo cittadino, per il quale diventa un’utopia riuscirci; e invece c’è l’ho fatta…”
Una brutta notizia per il Paese e per il governo. Una notizia bella e foriera di speranze per coloro che, come Marco Bazzoni lottano, anche individualmente, per il riconoscimento di un diritto.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
E’ inutile.
Hanno proprio ragione loro. Siamo dei trogloditi.
Guardate come si fa a combattere infortuni e morti sul lavoro.
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/11/15/foto/donne_e_incidenti_sul_lavoro_la_femminilit_in_foto-25042575/1/?ref=HRESS-4
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Giovedì 24 ne sono morti 7
Venerdi 25 ne sono morti 3
Sabato sera ho avuto uno scontro frontale con una stalinista storica e oggi fem.sta matricolata che sussurrò “Gli UU credono di essere utili”.
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
x Rino DV
… o come diceva Flaiano, “Credono di essere noi!”
dia(Quota) (Replica)
Ovviamente nell’articolo ci si guarda bene dall’evidenziare che la quasi totalità delle vittime sono uomini…
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http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SALASTAMPA&nextPage=Per_i_Giornalisti/Rassegna_Stampa/Indice_Cronologico/2011/Dicembre/05/INAIL_TERRITORIALE/info161044253.jsp
I dati dell`Inail al seminario di Unimpresa sulla sicurezza Incidenti sul posto di lavoro Quasi 4mila casi in otto mesi Oltre 3.700 incidenti sul lavoro. Sono solo le prime stime dell`Inail sul numero di infortuni sul posto di lavoro da gennaio ad agosto del 2011. In agricoltura gli incidenti sono stati 296, con un decesso. Nel macrosettore dell`industria e dei servizi gli infortuni sono stati 3.197, di cui cinque mortali. E 217 sono gli incidenti a lavoratori dell`amministrazione pubblica, senza decessi. Demetrio Cuzzola Nel complesso, i numeri sono inferiori rispetto ai valori dello stesso periodo del 2010, in parte per il calo del totale di lavoratori. Il dato è emerso durante la tre giorni di seminario sul tema della sicurezza organizzato da Unimpresa, in collaborazione con la Camera di Commercio e il Centro studi per la programmazione e lo sviluppo. Ieri la giornata conclusiva del corso di aggiornamen- to, che sarà ripetuto prossimamente e che ha consentito agli imprenditori partecipanti lo sgravio del premio Inail sulla sicurezza e l`adempimento delle dodici ore di formazione annuale obbligatorie sull`argomento. Al termine dei lavori, Unimpresa e Inail hanno firmato un protocollo d`intesa per potenziare la formazione degli imprenditori sulla sicurezza. «Obiettivo del protocollo ha sottolineato il presidente di Unimpresa Salerno, Demetrio Cuzzola – è dare un contributo costante alla diffusione della cultura della sicurezza sul luogo di lavoro. Unimpresa e Camera di Commercio hanno fortemente voluto questo primo ciclo di seminari proprio per dare un segno palese agli imprenditori salernitani sull`importanza del tema». © RIPRODUZIONE RISERVATA [.]
Marco(Quota) (Replica)
http://www.beppegrillo.it/2011/12/millecento_morti_sul_lavoro_nel_2011.html
Il giorno di Natale lo dedico ai lavoratori che hanno perso la vita nel 2011. Più di 1000 non sono tornati a casa dalle loro famiglie. E’ una guerra senza tregua cha va avanti da decenni, ma sembra che non interessi a nessuno. Il profitto viene sempre prima della sicurezza dei lavoratori. La sicurezza costa, la morte di un dipendente costa meno, talvolta, grazie alle leggi italiane, quasi nulla. I parenti delle vittime di un’economia e di una società malate passeranno il primo Natale senza un padre, un figlio, un marito. A loro vanno il mio cordoglio e un abbraccio.
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Caro Beppe,
oltre 1100 morti su lavoro nel 2011, il 15% di questi lavoratori erano “in nero” o già in pensione, sono i dati che fornisce l’Osservatorio Indipendente di Bologna di Carlo Soricelli, un operaio in pensione, che fa un lavoro enorme con il suo blog, aggiornando ogni giorno le morti sul lavoro in Italia. Voglio ricordare quello che aveva detto l’INAIL, che per l’anno 2010, le morti sul lavoro erano scese per la prima volta dal dopoguerra, sotto quota 1000, per l’esattezza 980. Evidentemente c’è qualcosa che non va nei dati INAIL, e viene da sé che sono dati fortemente sottostimati, perchè non tengono conto di tutti i lavoratori che muoiono “in nero”. Sono ancora in troppi che prendono questi dati come “oro colato”. I dati dell”Osservatorio dimostrano che moltissimo resta da fare sulla sicurezza sul lavoro. Siamo di fronte a un’ecatombe. Come si può definire civile un Paese con tutti questi morti sul lavoro quando l’art 1 della Costituzione dice che “l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” e non sulle morti sul lavoro!!! Lo Stato, oltre a chiederci di lavorare fino alla vecchiaia, dovrebbe garantire di tornare a casa vivi la sera, dopo una dura giornata di lavoro. Mi rivolgo al Ministro dell’Istruzione Profumo: faccia un decreto, perchè la sicurezza sul lavoro sia inserita come materia di insegnamento dal prossimo anno scolastico, a partire dalle scuole elementari come in Francia. Mi rivolgo al Ministro Fornero: ripristini le norme per la sicurezza sul lavoro, volute dal Governo Prodi con il testo unico per la sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/08) e stravolte dall’ex Ministro del Lavoro Sacconi, con il Dlgs 106/09 (decreto correttivo), che tra le tante cose negative ha dimezzato le sanzioni ai datori di lavoro, ai dirigenti, ai preposti, in alcuni casi ha sostituito l’arresto con l’ammenda, ha introdotto la “salva-manager”. Mi rivolgo al Ministro Cancellieri: aumenti le pene per i responsabili delle morti sul lavoro. Per il reato di omicidio colposo, la pena varia da 2 a 7 anni, ma spesso i datori di lavoro se la cavano con pene molto più basse o con la prescrizione.Un invito vorrei rivolgere alle associazioni, ai sindacati, ai partiti politici, alle Istituzioni e ai mezzi d’informazione: si smetta di chiamare queste morti, con il termine “morti bianche” e “tragiche fatalità”. Queste morti non hanno nulla di bianco, e non sono fatalità, ma dovute al non rispetto delle minime norme di sicurezza sul lavoro .” Marco Bazzoni-Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Email: bazzoni_m@tin.it
Marco(Quota) (Replica)
http://cadutisullavoro.blogspot.com/
MORTI SUL LAVORO DALL’ 1 GENNAIO AL 27 DICEMBRE 2011
I MORTI SUL LAVORO DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO COMPLESSIVAMENTE PIU’ DI 1100, DI CUI 661 SUI LUOGHI DI LAVORO (tutti documentati) + 11,27 % SULL’INTERO 2010 (594). NEL NUMERO COMPLESSIVO DELLE VITTIME CI SONO ANCHE I LAVORATORI MORTI SULLE STRADE, IN ITINERE E IN NERO. MA MOLTI ALTRI MORTI SUL LAVORO SFUGGONO A QUALSIASI MONITORAGGIO PER DIVERSE RAGIONI.
SIAMO TORNATI INDIETRO DI 5 ANNI PER NUMERO DI MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO:
IL GIORNO 12 DICEMBRE CON 640 MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO SONO STATI SUPERATI I MORTI DELL’INTERO 2008 ( 637). IL MESE SCORSO SONO STATI SUPERATI I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO DEGLI INTERI ANNI 2010 (594) e 2009 (555) .
Oltre il 15% di queste vittime monitorate dall’Osservatorio lavoravano in nero o erano già in pensione. Si arriva a contare più di 1100 morti (stima minima) se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere o sulle strade (sono lavoratori che utilizzano un mezzo di trasporto: agenti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro/lavoro-casa). La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro nord-sud, soprattutto edili meridionali, che lavorano in nero o in grigio e che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa e queste vittime sfuggono anche alle nostre rilevazioni.
L’agricoltura ha già avuto 206 morti sui luoghi di lavoro e registra il 32 % di tutti i decessi. Gli agricoltori, come tutti gli anni, muoiono per la maggioranza in tarda età, schiacciati da trattori killer spesso senza protezioni che si ribaltano. Dall’inizio dell’anno, solo sui campi, sono già 138 i morti provocati da questa autentica bara in movimento. Da soli gli agricoltori schiacciati dal trattore sono oltre il 20% di tutti i morti sui luoghi di lavoro. Praticamente muore un agricoltore schiacciato dal trattore ogni 3 giorni. A questo terrificante numero di vittime occorre aggiungerne altre tra le persone e anche bambini che incautamente sono a bordo del trattore con il guidatore. Poi ci sono altri morti sulle strade, quando il mezzo si scontra con automobilisti e motociclisti. Di queste vittime la maggioranza ha oltre 65 anni. Spesso questi anziani non sono in buono stato di salute per guidare un mezzo così pericoloso in un territorio in pendenza come quello italiano. Diverse vittime hanno addirittura oltre ottanta anni. A morire nell’indifferenza generale sono genitori e nonni. I morti sui luoghi di lavoro con più di 65 anni sono quasi un terzo di tutte le vittime sul lavoro e moltissimi lavorano nell’agricoltura. Per salvare molte vite, sarebbe opportuno obbligare ad intervenire sulla cabina del trattore, in modo tale da non permettere al guidatore di essere sbalzato fuori in caso di manovra errata. Sarebbe anche opportuno sottoporre gli anziani agricoltori, quando raggiungono una certa età, ad una visita medica d’idoneità alla guida, anche se si guida il mezzo in terreni di proprietà. Con queste semplici misure tantissimi familiari di agricoltori non piangerebbero più la morte di un proprio caro.
L’edilizia ha già avuto dall’inizio dell’anno 172 vittime sui luoghi di lavoro e registra il 26,1% sul totale, le morti in edilizia sono dovute soprattutto a cadute dall’alto (38,25%) . Le vittime sono per la maggior parte edili meridionali e stranieri anche nei cantieri del centro-nord.
Oltre il 25% di tutti i morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni e le vittime in questa fascia d’eta sono quasi tutte concentrate in agricoltura e in edilizia.
CON L’ALLUNGAMENTO INDISCRIMINATO DELL’ETA’ DELLA PENSIONE IN CATEGORIE A RISCHIO COME L’AGRICOLTURA E L’EDILIZIA E IN LAVORI PERICOLOSI PER LA VITA, APPROVATO IN VIA DEFINITIVA CON UNA LEGGE POCHI GIORNI FA , SI DIMOSTRA SOLO UNA SCARSA SENSIBILITA’ SOCIALE E UMANA DA PARTE DI CHI L’HA VOTATO.
Il 28%dei morti sui luoghi di lavoro ha meno di 40 anni, il 18% dai 40 ai 49, e il 18,3% dai 50 ai 59, del 10,7% delle vittime non siamo a conoscenza dell’età.
L’industria (comprese le aziende artigianali con meno di 15 dipendenti) ha già avuto 71 morti con il 10,9,%. A queste vittime occorre aggiungere i lavoratori esterni che non sono dipendenti ma prestatori di servizi nelle aziende.
L’autotrasporto 44 con il 6,8% .
Le donne morte sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno sono 15 contro le 5 dell’intero 2010 + 200%
Gli stranieri morti sui luoghi di lavoro sono 71 con il 9.3 % sul totale. I romeni sono oltre il 46% tutti i morti sui luoghi di lavoro tra gli stranieri e gli albanesi il 18,1%.
I giovani militari morti in Afghanistan sono 9 dall’inizio dell’anno e 44 dall’inizio della missione.
Situazione sul territorio
Qui sotto la situazione in ogni regione comparata con i morti sui luoghi di lavoro di tutto il 2010, col colore rosso sono evidenziate le regioni che hanno già eguagliato o superato i morti sui luoghi di lavoro dell’intero 2010:
Piemonte 51 registra + 81,2 % in più dell’intero 2010 (28 morti)
Liguria 15 morti come nell’intero 2010 (15 morti)
Val d’Aosta 3 morti come nell’intero 2010
Lombardia 78 morti -3,7 % sull’intero 2010 (81 morti)
Trentino Alto Adige 22 morti -31,2% sull’intero 2010 (32)
Friuli Venezia Giulia 13 morti +85% dell’intero 210 (7 morti)
Veneto, 47 morti registra – 11,3% sull’intero 2010 (53 morti)
Emilia Romagna 55 morti + 37,5% sull’intero 2010 (40 morti).
Toscana 41 morti +41,3% sull’intero 2010 (29 morti)
Marche 18 morti + 28,5% rispetto al 2010 (14 morti)
Umbria 17 nel 2011, +142% rispetto al 2010 (7 morti)
Abruzzo 28 morti + 33,3% rispetto al 2010 (21 morti)
Lazio 44 morti +4,5 %sull’intero 2010 (42 morti)
Molise 6 morti + 100% rispetto all’intero 2010 (3 morti)
Campania 41 morti -14,5% sull’intero 2010 (48)
Puglia 39 morti -13,3 % rispetto all’intero 2010 (45 morti)
Calabria 22 +18,1% rispetto all’intero 2010 (18 morti)
Basilicata 5 morti come nell’intero 2010 ( 5 morti)
Sicilia 42 morti lo stesso numero di morti del 2010 (42 morti).
Sardegna 24 morti come sull’intero 2010
Nel numero totale delle vittime regionali mancano i lavoratori morti sulle strade, autostrade, itinere e i militari morti in Afghanistan, con questi si arriva a contare oltre 1100 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno (stima minima)
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MORTI SUL LAVORO DALL’ 1 GENNAIO AL 27 DICEMBRE 2011
I MORTI SUL LAVORO DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO COMPLESSIVAMENTE PIU’ DI 1100,
Le donne morte sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno sono 15 contro le 5 dell’intero 2010 + 200%
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Praticamente sono morti quasi esclusivamente degli uomini.
Fabio C.(Quota) (Replica)
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/12/26/news/morti_lavoro_2011-27213675/?ref=HREC2-13
Morti sul lavoro, allarme da Torino
Lo Stato smantella i pool specializzati
La normativa sulle rotazioni decennali obbliga i sostituti più esperti in materia a cambiare settore o sede. Decimato il gruppo che ha ottenuto risultati importanti nei casi Thyssen e Eternit. La richiesta di una Procura nazionale ad hoc. Oltre mille vittime nel 2011
di MASSIMO RAZZI
ROMA – Lo Stato sembra abdicare nella difficilissima battaglia per la sicurezza sui posti di lavoro. Non lo dice esplicitamente, ma, di fatto, agisce “come se” nel momento in cui, l’applicazione delle sue stesse norme porta praticamente a smantellare pool di provata esperienza come quello di Torino impegnato nelle delicatissime questioni della Thyssen 1e della Eternit 2. La norma in questione è quella cosiddetta della “decennalità” (dl 160/2006) in base alla quale i magistrati, ogni dieci anni devono “ruotare” e cambiare settore d’impegno. Norma che, ovviamente, ha una sua ratio e dovrebbe impedire il “fossilizzarsi” dei magistrati in un campo d’attività e far affluire forze nuove nei settori di maggiore specializzazione. Tutto bene salvo il fatto che, a Torino, entro la fine dell’anno, sei sostituti procuratori su nove che fanno parte del pool che si occupa di sicurezza sul lavoro saranno costretti a cambiare attività o sede (in totale gli spostamenti sono 13), a Milano sono 17, a Roma 11, a Padova 9, a Reggio Emilia 7. Ad essi subentreranno, tutti in una volta, colleghi che, evidentemente, non hanno conoscenza adeguata della materia e impiegherebbero mesi per formarsi una certa esperienza. Il tutto a scapito di tecniche e procedure consolidate che hanno permesso al gruppo torinese che si è raccolto intorno al procuratore Raffaelle Guariniello di ottenere brillanti successi portando a sentenza con rapidità ed efficacia casi di estrema delicatezza e di grande rilevanza come, appunto, la Thyssen e la Eternit.
Da qui la protesta del pool (che più di ogni altro, in Italia, ha lavorato nella logica della squadra specializzata), la richiesta di una modifica della legge e la proposta di una Procura Nazionale per la Sicurezza sui luoghi di Lavoro per fronteggiare un’emergenza che, ormai, non è seconda a quella della malavita organizzata. Per rendersene conto bastano i numeri forniti dall’Osservatorio indipendente di Bologna diretto da Carlo Soricelli che ha “censito”, nell’anno che sta per concludersi, oltre 1.100 vittime di cui il 15% almeno lavoravano in nero o erano pensionati. Per risolvere la questione basterebbero poche righe di modifica all’articolo all’articolo 19 del dl 160 che potrebbero recitare così: “le disposizioni dei commi 1,2 e 2-bis del presente articolo non si applicano ai magistrati che esercitano funzioni giudicanti e requirenti di primo e secondo grado addetti alle sezioni e ai gruppi di lavoro specializzati nella trattazione dei procedimenti penali aventi per oggetto reati commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza durante l’attività lavorativa”. In materia esistono anche iniziative parlamentari come quella dell’on. Giuseppe Giulietti.
Scrivono i magistrati torinesi: “Le leggi italiane offrono strumenti potenzialmente efficaci a tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Perché allora tanti infortuni sul lavoro e tante malattie professionali? Il fenomeno che più caratterizza è la concreta disapplicazione delle leggi. Una causa è la carenza nei controlli. Sotto questo angolo visuale, occorre, in particolare, porre in risalto senza falsi pudori le lacune che minano l’intervento della magistratura nel settore della sicurezza del lavoro. In alcune parti del nostro Paese, i processi in materia di sicurezza del lavoro proprio non si celebrano; in altre, si celebrano, ma spesso con tale lentezza da arrivare alla prescrizione del reato. La conseguenza è devastante: si sviluppa l’idea che le regole esistono, ma possono essere violate senza incorrere in effettive responsabilità. Pressante è l’esigenza di dare finalmente una concreta risposta alle istanze di giustizia che provengono dal mondo del lavoro, e, a questo scopo, di pensare una nuova organizzazione giudiziaria che valga a garantire interventi sistematici e coerenti su tutto il territorio nazionale a protezione anche in fase preventiva della sicurezza sul lavoro. Una organizzazione altamente specializzata, e non quindi frammentata nelle tante procure della repubblica (sovente di ridotte dimensioni) attualmente istituite in Italia”. In sostanza, secondo il pool torinese, la differenza tra un contrasto efficace al fenomeno delle vittime del lavoro e l’attuale “tirare a campare” che sembra caratterizzare la maggior parte delle situazioni, sta proprio nella formazione di una Procura Nazionale che vorrebbe dire: applicazione delle tecniche migliori e più avanzate su tutto il territorio, centralizzazione e facile utilizzo delle esperienze raccolte, dei materiali esistenti, delle tecniche d’indagine consolidate, censimento dei fenomeni che si ripetono e osservazione dei reati più comuni in materia. Insomma, un patrimonio inestimabile che, come dimostra l’esperienza di Torino può portare a buoni risultati e a tempi finalmente accettabili dell’iter processuale.
Tutto questo senza contare la necessità di profonde modifiche all’attuale legislazione in materia di sicurezza sul lavoro, soprattutto per quanto riguarda i decreeti attuativi dell’ex ministro Sacconi alla legge 81 (uno degli ultimi atti del governo Prodi). I decreti sacconiani, infatti, hanno decisamente allargato gli spazi discrezionali a disposizione dei datori di lavoro, reso molto più complicato l’accertamento delle responsabilità e aumentata la sensazione dei datori di lavoro che violare le regole sia abbastanza facile e che, anzi, certe norme sembrano quasi un invito a farlo. Il risultato è il numero delle vittime che non riesce a scendere sotto il migliaio all’anno e il numero sempre altissimo degli infortuni meno gravi ma che, spesso, lasciano conseguenze gravissime per molti lavoratori e costi sociali altissimi.
(26 dicembre 2011)
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Segnalo che una ventina di minuti fa, sul tg3, si è parlato di morti sul posto di lavoro. Ebbene, nel servizio si sottolineava che “fra le vittime sul lavoro molte sono donne” e che “la percentuale di donne vittime è aumentata del 200%” (cioè quello che è scritto nell’articolo riportato da Fabio C), “dimenticando” però di evidenziare che i morti di sesso maschile in Italia, sono stati almeno 1086, contro le quindici (15) donne.
Vi confesso che mi viene da vomitare di fronte ad una simile, falsa propaganda, che credo sia superata solo da quella che regna nell’assurdo regime nord coreano.
Marco(Quota) (Replica)
All’indirizzo riportato di sotto si può sottoscrivere l’appello. In più si può anche lasciare un messaggio.
http://www.articolo21.org/104/appello/non-chiamatele-piu-morti-bianche.html
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Firmato e con questo commento:
“Non chiamiamole morti bianche e ricordiamo che il 95% dei morti sono maschi: sono morti azzurre! L’augurio è che si smetta di nascondere la realtà del massacro di genere sul lavoro, nei carceri, sulle strade, negli ospedali per malattie da vita usurante, nelle morti da suicidi maschili per disperazione, nelle sedicenti azioni di peacekeeping con le solite palle femministe: la più gigantesca operazione di falsa coscienza mai operata dal potere per nascondere la realtà dello sfruttamento bestiale dei lavoratori”
cesare(Quota) (Replica)
Bravo Cesare! Postato anche io il seguente commento:
“è una tragedia di classe e di genere quella dei morti sul lavoro, perchè a morire sono solo maschi e (maschi) poveri con percentuali del 97/98%. Ma nessuno, mai, affronta questo secondo aspetto. Per quale ragione? Forse perchè apparirebbe troppo paradossale che in un sistema che si dice essere dominato dall’oppressione maschilista a morire siano gli “oppressori” al posto delle “oppresse”? Come a dire che nelle piantagioni di cotone in Alabama erano i bianchi proprietari terrieri e schiavisti a morire al posto dei loro schiavi neri…C’è da riflettere, o no? Ci vogliamo provare? O vogliamo mettere la testa sotto la sabbia, come al solito, quando ci fa comodo?”
Invito tutti a postare un commento sull’appello di Art. 2\1, dobbiamo inondarli di commenti, mi raccomando intelligenti e puntuali, come sappiamo fare…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Pensare solo se stesse.
http://nuvola.corriere.it/2011/12/28/il-ministro-fornero-e-la-legge-sulle-dimissioni-in-bianco-delle-giovani-donne/
RDV
Rino(Quota) (Replica)