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Una tragedia di classe e di genere, quella dei morti sul lavoro, di cui si parla ipocritamente e in modo generico,soffermandosi, quando va bene, solo sul primo aspetto, occultando scientemente il secondo. Evitando cioè di specificare che la quasi totalità delle vittime sono uomini, appartenenti al genere maschile, e poveri, appartenenti alla classe lavoratrice. Perché non si ha notizia di un notaio o di un commercialista rimasti uccisi precipitando dalla loro scrivania, né di un parlamentare o di un giudice cadendo dal loro scranno, né tanto meno di un industriale schiacciato sotto una pressa.
Questi sono i dati tratti dal sito dell’Inail per quanto riguarda l’Italia (verificati nel 2008):
Nel 2004 i morti totali furono 1328 di cui 1225 maschi e 103 femmine.
Dei 1225 maschi, 438 morirono a causa di infortuni stradali (di questi 251 erano infortuni in itinere e gli altri inerenti la tipologia di lavoro)
Delle 103 femmine 62 morirono per incidenti stradali (di cui 54 in itinere)
Nel 2005 i morti furono 1280 (di cui 1193 maschi e 87 femmine)
Dei 1193 maschi 612 morirono per incidenti stradali (di cui 235 in itinere); delle 87 femmine 66 morirono in incidenti stradali (di cui 44 in itinere)
Nel 2006 i morti furono 1341 (1242 maschi e 99 femmine)
Dei 1242 maschi 603 morirono in incidenti stradali di cui 214 in itinere); delle 99 femmine 85 morirono in incidenti stradali di cui 52 in itinere.
Quindi gli infortuni in itinere sono circa il 20% per maschi mentre salgono al 50% per le femmine. Se consideriamo che la quasi totalità degli autotrasportatori, degli autisti e in generale di coloro che svolgono una professione che prevede lo stare lunghe ore alla guida di un mezzo, sono uomini, è facile capire come in realtà si arriva alla percentuale del 98% di vittime maschili.
Le percentuali sono pressochè le stesse relativamente all’Unione Europea. Paradossale il fatto che, sullo stesso sito dell’Inail (www.inail.it “banca dati al femminile”), viene citata la percentuale di infortuni mortali femminile e non quella maschile che si evince ovviamente sottraendo la prima al totale…
Pensate cosa succederebbe e sarebbe già successo se questa ecatombe sociale e di genere, con cifre paragonabili a quelle di una guerra civile neanche tanto strisciante, fosse stata e fosse a parti invertite. Se cioè a morire sul posto di lavoro fossero le donne e in quella percentuale.
Campagne mediatiche fino all’inverosimile, tuoni e fulmini scagliati contro una insopportabile e vergognosa discriminazione, leggi speciali per evitare alle donne i lavori più pesanti, faticosi e rischiosi. E sarebbe sacrosanto. Guai se non fosse così.
E invece in questo caso c’è un silenzio assordante, come si suol dire. E’ come se tutto questo fosse dato per scontato. E suonano beffardi i titoli dei giornali che mettono in risalto l’aumento degli infortuni sul lavoro per le donne, in percentuale.
Su questo dramma sociale e umano (e maschile) cala il sipario dell’oblio e dell’ipocrisia. Non una parola in tal senso. Se ne guardano bene tutti: politici, media, sindacati, associazioni degli industriali.
La domanda sorge spontanea? Perché? Forse perché questa verità è insopportabilmente vera al punto di spazzare via una “verità” fasulla, quella del privilegio e dell’oppressione maschile sulle donne, sempre, comunque e dovunque? Forse perché questa verità è talmente vera che metterebbe in crisi la vulgata dominante e “politicamente corretta” che racconta di una oppressione a senso unico dell’intero genere maschile su quello femminile?
Noi non abbiamo paura della verità che qualcuno,una volta, sosteneva essere rivoluzionaria. Noi, la pensiamo come lui. Qualcun altro/a ne ha paura.
825 Commenti
vabbè… no comment
http://www.kila.it/archivio-notizie-in-primo-piano/la-violenza-fa-male-alla-salute.html
In undici capitoli, il volume analizza patologie e fattori di rischio maggiormente rilevanti per le donne, soffermandosi soprattutto sulle aree in cui la medicina di genere è ancora più giovane.
Una di queste è l’indagine sul ruolo dell’ambiente di lavoro, a tutt’oggi quasi inesplorato sul versante femminile in base al pregiudizio che infortuni e malattie professionali colpiscono molto più gli uomini. E’ al contrario dimostrato che proprio le donne risentono maggiormente delle condizioni di lavoro e subiscono patologie correlate allo stress lavorativo in misura più rilevante:
Rita(Quota) (Replica)
Il Progetto Kila ha un sogno, così viene riportato nel sito: che le pari opportunità siano uguali per TUTTI. Questa è la grande furbata di questo genere di associazioni/movimenti: spacciarsi in un movimento che si occupa di tutti, mentre in realtà non si è altro che un movimento di genere, con venature sessiste. In tanti la bevono, ma per fortuna non ancora tutti.
Alessandro(Quota) (Replica)
@ – a tutt’oggi quasi inesplorato sul versante femminile in base al pregiudizio che infortuni e malattie professionali colpiscono molto più gli uomini.
@
Da non credere… Questa è follia.
Marco(Quota) (Replica)
da notare che il riferimento è allo “stress” lavorativo, (si fa riferimento, oltre alle osteoarticolari, alle malattie cardiovascolari e PSICHICHE).
Al di là di tutte le considerazioni sul fatto che lo stress non sia da sottovalutare, resta inequivocabilmente un fattore di disagio molto più soggettivo che non il rischio di malattie la cui eziologia è certa (penso alla silicosi, tanto per fare un esempio) o agli infortuni.
Lo stress è la malattia dei paesi ricchi per eccellenza, quindi delle categorie di persone i cui bisogni, esigenze, problemi primari e più gravi sono soddisfatti tanto da darli per scontati.
Rita(Quota) (Replica)
rita
a tutt’oggi quasi inesplorato sul versante femminile in base al pregiudizio che infortuni e malattie professionali colpiscono molto più gli uomini.
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L’autore di questa irritante frase mi dica qual’è il sesso di chi svolge i lavori più merdosi e rischiosi oggi in circolazione, grazie .
Silent Hill(Quota) (Replica)
Concordo pienamente, Rita. Direi di più: i cosiddetti “dati” epidemiologici si basano, ovviamente, sui numeri di strutture e servizi sanitari, ma a nessuno viene in mente quanto sommerso ci possa essere per il fatto che gli uomini non si possono permettere di dichiararsi malati e chiedere aiuto. Penso soprattutto ai dati sulla prevalenza della depressione, nettamente femminile, e al fatto che per una donna è infinitamente più facile porre attenzione ai propri stati d’animo, definirsi bisognosa di aiuto (specialmente con la modalità depressiva), chiederlo e ottenerlo, senza per questo vedere minimamente intaccate né la propria autostima, né l’immagine socialmente accettata.
alessandra(Quota) (Replica)
“E’ al contrario dimostrato che proprio le donne risentono maggiormente delle condizioni di lavoro e subiscono patologie correlate allo stress lavorativo in misura più rilevante”
E allora, viene da dire, se ne stiano tranquille a casa. Hanno voluto in tutti i modi lavorare come i maschi (si fa per dire, perchè i lavori peggiori non li vogliono proprio) e poi si lamentano di non sopportare quello stress che i maschi sopportano da millenni. Vuoi vedere allora che la divisione del lavoro del tempo che fu non era poi tanto oppressiva e cervellotica ma funzionale?
Lo so che i problemi sono più complessi, eppure …..
armando(Quota) (Replica)
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=00333532&part=doc_dc&parse=no
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=130706&sez=HOME_INITALIA
Numana, frana terreno: morti due operai
ROMA (14 dicembre) – Altre due vittime del lavoro. Due fratelli, Mario e Stefano Sciacca, di 65 e 61 anni, entrambi di Numana, titolari della ditta – la EdilConero – che stava effettuando i lavori sono morti a Numana, in provincia di Ancona, per il crollo di un terreno.
Gli Sciacca stavano facendo un allaccio alla rete fognaria dello stabilimento balneare La Perla, a circa 200 metri dalla battigia, e si trovavano a 2-3 metri di profondità quando una spalla della buca che avevano scavato ha ceduto, e i due operai sono stati travolti dal terriccio. Inutili i soccorsi.
Simone M.(Quota) (Replica)
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=131076&sez=HOME_INITALIA&ssez=CRONACANERA
Foligno, operaio muore nel cantiere
per la realizzazione di una galleria
ROMA (17 dicembre) – Un operaio è morto questa mattina in un incidente sul lavoro avvenuto all’interno del cantiere per la realizzazione di una galleria lungo il percorso Foligno-Colfiorito, compreso nel progetto della nuova tratta stradale Umbria-Marche.
La vittima, Rosario Lo Russo, aveva 58 anni ed era della provincia di Salerno. Nell’incidente, avvenuto in località Cifo, ha riportato lo schiacciamento toracico. Nello stesso cantiere stradale lavora anche il figlio dell’uomo, di 31 anni, che in quel momento era impegnato a poca distanza.
L’incidente è avvenuto intorno alle 8,30. L’operaio è stato travolto da una «centina» (la struttura in acciaio utilizzata per il consolidamento delle gallerie) che gli ha schiacciato il torace. L’allarme è scattato subito e sul posto, oltre ai carabinieri, sono giunti il personale medico del 118 e i vigili del fuoco.
Simone M.(Quota) (Replica)
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_dicembre_24/frascati-operaio-morto-magazzino-181139805382.shtml
MORTI BIANCHE
Frascati, operaio cade da tetto e muore
Ennesima morte bianca alla vigilia di Natale: la vittima, 35 anni, stava riparando la copertura di un magazzino
ROMA – Ennesima morte bianca nel Lazio. In un drammatico incidente a Frascati ha perso la vita alla vigilia di Natale un giovane operaio. Intorno alle 10 in via di Grotta Portella, un lavoratore romeno di 35 anni che stava eseguendo alcune riparazioni sul tetto di un magazzino merci è caduto da un altezza di 10 metri. Un momento di distrazione e, forse anche a causa della pioggia, l’uomo è scivolato piombando al suolo: l’operaio è morto sul colpo. Sul posto sono intervenuti gli uomini dell’ispettorato del Lavoro e la polizia del commissariato di Frascati.
Redazione online
24 dicembre 2010
Marco(Quota) (Replica)
Io solo negli ultimi due anni ho iniziato a prendere realmente coscienza di certe questioni, ma, da uomo, mi chiedo ogni giorno di più, se il sesso al quale appartengo sia veramente popolato da ebeti congeniti.
Me lo chiedo perché non è possibile che, in tutta Italia, non ci sia un giornalista (Fabrizio a parte) che non scriva le solite minchiate. E’ sconcertante dover constatare che solo qui (e in altri rari blog) si metta evidenza “l’altra verità”.
Ma altrettanto assurdo è il fatto che, anche nella vita di tutti i giorni, sia praticamente impossibile incappare in un uomo capace di buttar giù un ragionamento come si deve, in materia di lavoro maschile e femminile, nonché di relazioni fra i due sessi.
Va bene la propaganda, va bene il lavaggio del cervello, va bene tutto quello che volete, ma resta il fatto che i discorsi e i comportamenti degli uomini sono allucinanti.
@@@
http://diblas-udine.blogautore.repubblica.it/2010/09/29/le-donne-austriache-tra-le-peggio-pagate-in-europa/
Le donne austriache tra le peggio pagate in Europa
06.08.31 03 Villach, Infineon; Monika Kircher-KohlIn Austria il ministro della giustizia è donna. E sono pure donne al vertice dei ministeri della pubblica istruzione, della cultura, della ricerca scientifica e, occorre dirlo?, del ministero delle donne. Anche il ministero dei trasporti e delle infrastrutture – il più importante di tutti, perché gestisce il budget più alto, quello da cui dipendono le autostrade e le ferrovie austriache – è in mani femminili. È una donna anche a capo di Infineon, società di Villach, leader mondiale nella produzione di semiconduttori, con stabilimenti in tutti i continenti. E a presiedere la commissione incaricata a occuparsi dei casi di pedofilia la Chiesa austriaca ha scelto una donna, l’ex governatrice della Stiria. Andiamo a memoria, ma, se ci mettessimo d’impegno a tavolino a sfogliare giornali e annuari, ne troveremmo di rappresentanti del sesso cosiddetto debole in ruoli di primo piano nella politica, nell’economia, nella cultura della società austriaca!
Austria paradiso delle donne, dunque? L’apparenza inganna. A fronte di tanti esempi di successo, resta inconfutabile il dato statistico reso noto proprio ieri, secondo cui il divario di reddito fra maschi e femmine è sempre alto, a svantaggio delle seconde ovviamente. Come in Italia, anzi peggio che in Italia.
Conti alla mano, il reddito medio delle lavoratrici austriache è inferiore del 25,6% rispetto a quello degli uomini: 842 euro al mese. Se si prendono in considerazione anche le lavoratrici part time, il gap sale al 34,7%. In altre parole, gli uomini possono lavorare 94 giorni all’anno meno delle donne e avere lo stesso reddito. Questo traguardo si raggiunge proprio oggi, 29 settembre 2010, giornata definita “equal pay day”: significa che da oggi gli austriaci possono fare a meno di lavorare, mentre le austriache dovranno continuare a farlo fino al 31 dicembre, per avere lo stesso guadagno.
La forbice tra maschi e femmine si sta allargando sempre più, anziché rinchiudersi, e colloca l’Austria al penultimo posto della classifica europea, seguita soltanto dall’Estonia. Per invertire la tendenza la Camera del lavoro austriaca – che non è un’emanazione sindacale, come in Italia, ma una istituzione pubblica rappresentativa dei lavoratori dipendenti – propone: uguale stipendio per lo stesso lavoro, uguali opportunità di aggiornamento professionale, maggiore trasparenza nell’assegnazione dei posti, più asili nido e migliore orientamento nella formazione professionale (tra 200 tipi di formazione, la metà delle donne finisce ancora nei corsi per parrucchiera, commessa di negozio e segretaria d’azienda, mentre potrebbe fare ben altro).
Che all’origine della differenza di retribuzione vi sia il periodo di assenza dal lavoro dovuto alla maternità è un mito. “La metà delle donne – fa notare Beate Prettner, unico assessore donna nella giunta regionale carinziana – parte già svantaggiata: un apprendista meccanico guadagna fin dall’inizio il doppio di una parrucchiera, anche se questa non è ancora diventata mamma”.
Insomma, di strada da fare ce n’è tanta per spostare in avanti nel tempo quell’“equal pay day”, possibilmente fino al 31 dicembre. E le conseguenze riguardano non soltanto il reddito durante il periodo lavorativo, ma anche dopo: le donne austriache hanno una pensione mediamente inferiore di 9000 euro all’anno rispetto agli uomini.
@@@
Marco(Quota) (Replica)
La vita dell’uomo beta peggiora ogni giorno di più, alla faccia dei presunti “privilegi maschili” (maschi alfa a parte).
Ascoltate le parole di Giorgio Airaudo, della Fiom.
http://www.corriere.it/economia/10_dicembre_23/mirafiori-fiom-verso-no-accordo_d8b01844-0eb6-11e0-bfcf-00144f02aabc.shtml
In ballo investimento da un miliardo. Bellono: «Cancellati 20 anni di relazioni industriali»
Intesa su Mirafiori, la Fiom non firma
Marchionne: «Subito gli investimenti»
Dopo un mese di trattative raggiunto l’accordo sullo stabilimento torinese. L’ad: è un grande momento
MILANO – Dopo Pomigliano, nuovo accordo separato, senza la firma della Fiom, per Mirafiori. L’intesa sullo stabilimento torinese della Fiat è stata siglata dai sindacati dopo un mese di trattative. Ora, avverte la Fismic, sarà portato alla discussione dei lavoratori e sottoposto al loro giudizio. Duro il commento di Giorgio Airaudo, della Fiom, che parla di «firma con vergogna». Sergio Marchionne, al contrario, è soddisfatto. «È un gran bel momento per tutti quelli che hanno faticato per raggiungere un’intesa, ma soprattutto per i lavoratori e per il futuro dello stabilimento» sostiene l’ad del Lingotto, promettendo che gli investimenti previsti (un miliardo, ndr) partiranno «nel minor tempo possibile». «Questo stabilimento – scrive in una nota riferendosi a Mirafiori – è il simbolo della Fiat, è quello che custodisce la storia dell’automobile italiana e l’orgoglio manifatturiero. Grazie all’accordo di oggi – aggiunge Marchionne – Mirafiori potrà compiere un salto di qualità e farsi apprezzare a livello internazionale, diventando un esempio unico in Italia di impegno condiviso da un costruttore di automobili estero, come la Chrysler».
Landini (Fiom): «Accordo vergognoso»
di G. M. Alari (Rcd)
IL SINDACATO- L’intesa dovrebbe essere votata in un referendum tra i lavoratori dello stabilimento a gennaio. «Un referendum in queste condizioni è illegittimo perché si chiede ai lavoratori di rinunciare ai diritti, siamo oltre il ricatto» ammonisce a riguardo il leader della Fiom, Maurizio Landini. Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil si è detto in particolare contrario alla cancellazione delle Rsu (sostituite dalle Rsa che coinvolgono solo i firmatari di un contratto, ndr).Così «vengono cancellati 20 anni di relazioni industriali» ha detto Federico Bellono, della Fiom di Torino.
«MEGLIO LA CONDIVISIONE» – Marchionne si è detto lieto che alla fine «abbia prevalso il senso di responsabilità» anche se «avremmo preferito una condivisione del progetto da parte di tutti i sindacati». Adesso occorre lavorare, ha spiegato, per realizzare «il contratto collettivo specifico per la joint venture che consentirà il passaggio dei lavoratori alla nuova società Fiat-Chrysler». «Questa è una grande opportunità ed è il miglior regalo di Natale che potessimo fare alle nostre persone» ha concluso.
Giuseppe Berta, professore di Storia contemporanea: «Intesa indispensabile»
di G. M. Alari (Rcd)
REAZIONI – L’intesa su Mirafiori soddisfa anche governo e Confindustria, ma non piace all’Idv e a parte del Pd. «Fermi restando i diritti di libera associazione sindacale garantiti dallo Statuto dei lavoratori, che la stessa ipotesi di Statuto dei lavori conferma, per la prima volta -è l’opinione del ministro del Welfare Maurizio Sacconi – firmatari e non firmatari di un contratto non saranno sullo stesso piano rispetto alla controparte aziendale, perchè la firma ha un valore». Emma Marcegaglia ha parlato di un accordo «di innovazione per le relazioni industriali e che va a vantaggio dell’intero sistema economico e produttivo del paese». «Ora lavoreremo tutti insieme – è la promessa della numero uno degli industriali – per realizzare questo importante accordo». L’accordo separato su Mirafiori conferma la volontà di «violare la Costituzione» è invece il duro attacco di Antonio Di Pietro e Maurizio Zipponi.
INVESTIMENTO PER UN MILIARDO – Due dei punti principali dell’accordo diffusi dai rappresentanti della Fismic presenti all’incontro sono l’investimento in joint venture tra Fiat e Chrysler per oltre un miliardo di euro e la produzione a regime di 280mila vetture l’anno di Suv Chrysler e Alfa Romeo.
Redazione online
23 dicembre 2010
Simone M.(Quota) (Replica)
http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:8waD_ld1U3oJ:www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/23D27DC8-8CAE-4D52-81F1-66811C7EE36C/0/I_GIOVANI_IN_ITALIA.pdf+percentuale+di+maschi+e+femmine+laureati+in+germania&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEEShd6b89jk2WgO6h4LcNlEOBU4o4FvTsgjq5uhFvPl5vu4e28WSerjizPEzIPUbyytlRtx7dgRZcQkiAOP3xnTzbU3kQLmPMNpD9eU96qgWyNXu3WeJXG2Z6dCgRq3x1wl1PUdGM&sig=AHIEtbSwflP7d6vCBMzPbC3aLar6Sb-S_Q
Simone(Quota) (Replica)
http://www.repubblica.it/economia/2010/12/27/news/camusso_27_dicembre-10605739/?ref=HREC1-4
Camusso all’attacco di Marchionne
“Antidemocratico e autoritario”
La leader Cgil: Cisl e Uil sono ormai sindacati aziendalisti. E parla di ritorno agli anni Cinquanta con l’intesa su Mirafiori e l’esclusione della Fiom, che pure ha fatto degli errori, dalla fabbrica
di ROBERTO MANIA
ROMA – “Sergio Marchionne? Un antidemocratico, illiberale e autoritario”, risponde Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che per la prima volta parla dell’accordo separato alla Fiat-Chrysler raggiunto alla vigilia di Natale. Un’intesa – dice – che la Cgil non avrebbe mai firmato perché “non si può concordare l’esclusione di un sindacato”. Camusso attacca Cisl e Uil: “Si sono trasformate in sindacati aziendalisti che propagano la posizione della Fiat”. Poi la Confindustria: “O fa sentire la sua autorevolezza nel sistema delle imprese oppure prevarranno le regole della giungla. Non può limitarsi a guardare perché è in atto un’offensiva pure nei suoi confronti”. Ma ci sono anche errori della Fiom, sostiene il leader della Cgil: “Dovremo discuterne al nostro interno”. Nessuno sciopero in vista (a parte quello della Fiom) ma una grande campagna sul tema della libertà sindacale. E il Pd? “Bene Bersani – risponde Camusso – ma troppo spesso a sinistra si sviluppa uno stucchevole dibattito sull’innovazione senza accorgersi che può rappresentare anche un profondo arretramento”.
Cosa significa l’esclusione della Fiom da Mirafiori, fabbrica simbolo nella storia industriale italiana?
“Significa il ritorno agli anni Cinquanta. Allora c’erano i reparti confino, oggi c’è l’esclusione della rappresentanza sindacale. L’idea, tuttavia, è esattamente la stessa. E cioè quella di costruire un sindacato non
aziendale bensì aziendalista il cui unico scopo è quello di propagare le posizioni dell’impresa”.
Non le pare un po’ offensivo nei confronti della Cisl e della Uil?
“Guardi, nel suo libro “Il tempo della semina”, Bonanni racconta con orgoglio come, proprio negli anni Cinquanta, la Cisl rifiutò la richiesta della Fiat di inserire nelle liste cisline per l’elezione delle Commissioni interne alcuni nomi graditi all’azienda. È Bonanni che illustra bene come il sindacato aziendale sia la negazione di quello confederale. Ora dovrebbe spiegarci lui come considera un accordo che contiene al suo interno le regole per escludere un altro sindacato confederale”.
Si sta prefigurando un sistema di relazioni industriali senza la Cgil?
“Secondo me la Fiat ha deliberatamente costruito una successione di eventi per negare la libertà sindacale”.
Marchionne ha sempre detto che tesi di questo genere non stanno né in cielo né in terra.
“E allora, perché non applica l’accordo interconfederale del ’93 sulla libertà sindacale? Vorrei poi ricordare a Confindustria che non può restare immobile se vuole evitare che salti, come ha riconosciuto, il sistema della rappresentanza sindacale. Se non si vuole rischiare che il conflitto sociale diventi ingovernabile bisogna al più presto trovare un accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacali che completi il protocollo del ’93”.
Spetta alla Confindustria aprire il negoziato?
“È irrilevante chi lo fa. Io credo che Cisl e Uil abbiano sottovalutato l’effetto dell’intesa per Mirafiori. Perché quando si permette a una grande impresa di escludere un sindacato, si sa con chi si comincia ma non si sa con chi si finisce”.
Considera Marchionne un innovatore o, come si diceva un tempo, un reazionario?
“Penso che il tratto distintivo di quell’accordo sia il suo essere anti-democratico. Direi che Marchionne è un anti-democratico e illiberale. Il tema vero è questo. Aggiungo che non può esserci un modello partecipativo che si fondi sull’impedimento della libertà sindacale”.
Ma la Fiom non poteva firmare “turandosi il naso”, rimanendo però all’interno della fabbrica?
“È difficile applicare il principio del voto con il naso turato nelle trattative sindacali. La Fiom, possibilmente con la Cgil, dovrà aprire una discussione su questa sconfitta. Perché, l’ho già detto, un sindacato non può limitarsi all’opposizione altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori”.
Sta criticando la Fiom. Le colpe, allora, sono anche a casa sua?
“Quando c’è una sconfitta non possono non essere stati commessi degli errori. Nessuna grande sconfitta è solo figlia della controparte. Ce l’ha insegnato Di Vittorio: se anche ci fosse una responsabilità in percentuale minima, su quella ci si deve interrogare”.
Perché condivide il no all’accordo per Mirafiori?
“Perché quella proposta è poco rispettosa della fatica del lavoro. Non si può applicare ai lavoratori la cosiddetta “clausola di responsabilità”, secondo la quale non è possibile opporsi all’intesa e scioperare anche se le condizioni di lavoro diventano insopportabili. Una clausola di quel tipo possono sceglierla sindacati e imprese ma non possono subirla i lavoratori”.
Dunque, questo è il motivo del no?
“Questo è il motivo . Comunque la Cgil non firmerebbe mai un accordo che escludesse un altro sindacato”.
Ammetterà almeno che Cisl e Uil hanno reso possibile l’investimento della Fiat e così il futuro produttivo di Mirafiori?
“Capisco questo ragionamento e lo considero un tema importante. Tuttavia mi piacerebbe sapere qual è il progetto “Fabbrica Italia” e come la Fiat pensi di colmare il ritardo che ha accumulato rispetto ai suoi concorrenti sul versante dei modelli. Ma anche per questo continuo a non comprendere quale necessità ci fosse di ricorrere a un modello autoritario che ci riporta agli anni Cinquanta”.
(27 dicembre 2010)
Marco(Quota) (Replica)
Condivido, Marco, l’analisi della Camusso, relativamente all’accordo siglato alla Fiat Mirafiori che ha visto l’esclusione della FIOM dalle trattative. Questo indipendentemente dalle responsabilità della stessa CGIL nella vicenda e dal mio giudizio su questa organizzazione sindacale.
E’ un precedente pericolosissimo, ammesso che sia ancora possibile considerarlo tale, così come la vicenda da poco conclusasi di Pomigliano, dove un sostanziale ricatto è stato spacciato per una nuova forma di concertazione fra le parti, con il placet di quelle organizzazioni sindacali (leggi CISL e UIL) giustamente definite “aziendaliste” dalla stessa Camuffo. Se ne accorge un po’ tardi, specialmente perché avrebbe dovuto guardare anche in casa propria…Ora è costretta dagli eventi a farlo. Meglio tardi che mai anche se dubito che possa essere la CGIL a costituire le fondamenta per una rifondazione del sindacato…
Quanto sta accadendo è il risultato di decenni di subalternità sindacale (e politica) alle logiche del mercato e dell’impresa, di cui la Fiat,rappresenta a tutt’oggi la punta più “avanzata”, se non del capitalismo italiano nel suo complesso.
Sto parlando, ovviamente, della capacità di quell’azienda di essere all’ “avanguardia” nell’elaborare e tradurre in pratica i processi di ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro, finalizzati all’indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori nella loro relazione con l’azienda.
La Fiat da questo punto di vista non si smentisce. La grande e storica sconfitta operaia del 1980, simboleggiata dalla famosa “marcia dei quadri” (una sorta di “maschiopentitismo”, se mi passate la metafora e la battuta, in chiave sociale) è targata Fiat. Allora l’architetto era Romiti, oggi è Marchionne, ma la musica, come vediamo, non cambia di una virgola.
Da quel nefasto evento, certamente non casuale (bensì il risultato di un processo di ristrutturazione complessiva del capitalismo, non compreso dalla sinistra e dal Movimento Operaio) , è iniziata la graduale ma inesorabile crisi del movimento operaio stesso.
Ce ne vorrà per ricostruire, su basi nuove e con un approccio adeguato alle necessità dei tempi, ciò che è stato scientemente distrutto….
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
http://it.finance.yahoo.com/notizie/Come-diventare-miliardari-le-yfin-2698026709.html?x=0
Un buon proposito è questo: diventare ricchissimi entro la fine dell’anno 2011. Un metodo potrebbe essere spulciare ogni giorno le riviste degli annunci alla sezione miliardi, come a volte fa Groucho, l’assistente di Dylan Dog. In questo caso, dobbiamo darvi un’avvertenza: quei posti sono tutti occupati. Un’altra soluzione, è guardare il proprio albero genealogico in cerca di genitori o zii ricchi, da cui ereditare la fortuna. Ma anche in questo caso potreste avere poca fortuna, a occhio e croce dovreste averli già notati. Una terza soluzione è assecondare questi parametri: non saranno infallibili, ma sono sicuramente più utili degli annunci per miliardari e dei parenti ricchi che non avete. In fondo, derivano dalla rivista Forbes, che sta ai ricchi del mondo occidentale come la Gazzetta dello Sport agli appassionati del Fantacalcio.
Un primo problema è che l’abilità conta poco, la fortuna invece tantissimo. E sono decisivi alcuni dettagli. Per esempio, essere nati a settembre fa tantissimo. Essere uomini purtroppo è ancora una caratteristica molto richiesta: su 678 neo-miliardari del 2009, soltanto 4 sono le donne. Vale sia per gli Stati Uniti che per il resto del mondo. L’unica economia che può dire di aver raggiunto la parità dei sessi nella distribuzione di grandi fette di ricchezza è la Cina, dove praticamente un self-made billionaire su due è una donna. Questo vale ad ogni livello del mercato del lavoro. Per le donne ci sono ancora barriere per l’ingresso nei consigli di amministrazione, a parità di mansioni vengono ancora pagate meno e i venture capitalist (che finanziano le start up) tendono a ignorarle.
L’università è fondamentale: permettersi le migliori, non d’Italia, ma del mondo, è una chiave per fare moltissimi soldi. Quindi, suggerisce Forbes, almeno per i vostri figli cominciate a risparmiare per le rette della cosiddetta Ivy League, il circuito degli atenei più importanti del mondo, come Yale, Harvard e Princeton. Al primo posto c’è proprio Harvard, sulla Costa Est, per numero di miliardari prodotti, al secondo c’è Stanford, che invece si trova in California.
Non si tratta di una legge scientifica: infatti il 9% dei nuovi miliardari americani al college non ci è nemmeno arrivata. E poi serve frequentarle, queste università., non necessariamente finirle. I fondatori di Google (Sergey Brin e Larry Page), Yahoo! (David Filo e Jerry Yang), Microsoft (Bill Gates), e Facebook (Mark Zuckerberg, fresco di nomina a uomo dell’anno per Time) hanno tutti mollato gli studi per darsi agli affari.
Ad alcuni, può anche fare bene un po’ di disciplina militare. Sono ex soldati Ross Perot (che ricorderete come candidato indipendente alla Presidenza degli Stati Uniti) e Daniel Abraham, diventato poi ricco e famoso per aver creato i prodotti Slim Fast. Anche se non in guerra, fanno comodo dure lezioni di vita: come essere licenziati dal primo lavoro importante. Un caso classico è quello dell’attuale sindaco di New York (e potenziale candidato presidenziale) Michael Bloomberg, che fondò il suo impero mediatico dopo essere stato cacciato dallo studio legale dove lavorava, Salomon Brothers.
Poi, un ruolo importante lo ricopre il dove ci si mette a fare affari. Non serve un economista per immaginare quali sono i due posti migliori al mondo per diventare molto ricchi: la California, dove si gode ancora l’onda lunga di successo e creatività generata nella Silicon Valley, e la Cina, che solo nell’ultimo anno ha donato al mondo 49 nuovi miliardari.
Dopo aver gettato le basi del vostro business (ma a questo punto sarete già sufficientemente ricchi da poter avere un maggiordomo, un ampio garage e l’abbonamento in tribuna per la vostra squadra del cuore) il passaggio per diventare super ricchi è la Borsa. Piazza Affari, certo, oppure Wall Street e il Nasdaq, il listino dei titoli tecnologici. Quotarsi sul mercato azionario è uno strumento molto efficace per moltiplicare le vostre ricchezze. Basta chiedere a Pierre Omidyar, che ha guadagnato quasi otto miliardi di dollari per aver venduto le azioni della sua Ebay, o Jeff Bezos, che con il lancio di Amazon al Nasdaq ha guadagnato più di 12 miliardi di dollari.
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Un primo problema è che l’abilità conta poco, la fortuna invece tantissimo. E sono decisivi alcuni dettagli. Per esempio, essere nati a settembre fa tantissimo. Essere uomini purtroppo è ancora una caratteristica molto richiesta: su 678 neo-miliardari del 2009, soltanto 4 sono le donne. Vale sia per gli Stati Uniti che per il resto del mondo. L’unica economia che può dire di aver raggiunto la parità dei sessi nella distribuzione di grandi fette di ricchezza è la Cina, dove praticamente un self-made billionaire su due è una donna. Questo vale ad ogni livello del mercato del lavoro. Per le donne ci sono ancora barriere per l’ingresso nei consigli di amministrazione, a parità di mansioni vengono ancora pagate meno e i venture capitalist (che finanziano le start up) tendono a ignorarle.
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Quindi la ragione principale per cui non si diventa ricchi risiede nella mancanza di culo? Cioè, di fortuna?
Naturalmente non potevano mancare le solite palle sulle presunte barriere nei consigli d’amministrazione, sul “fatto” che le donne verrebbero pagate meno a parità di mansioni, eccetera.
Marco(Quota) (Replica)
Manifesti di guerra – femminismo – etc.
Morta Geraldine Hoff Doyle
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cultura/?id=3.1.1474065209
“…l manifesto grafico, commissionato dal War Production Coordinatig Committee, più tardi divenne uno dei simboli del movimento femminista americano…
….
Geraldine Hoff abbandonò il lavoro in fabbrica due settimane dopo la foto che le fu scattata, quando venne a sapere che… ”
Cosa venne a sapere l’icona di uno dei più famosi manifesti di guerra tanto da indurla a …?
Leggere per credere.
Rn
Rino(Quota) (Replica)
http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:RkBuIBaN76EJ:www.italia-news.it/rubriche-c31/donna-c22/universita%2592–il-110-e-lode-e%2592-donna-51235.pdf+percentuale+di+laureati+maschi+in+ingegneria+in+germania&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESjeppso5kTKVwI_kNPvOFjHe6mVclVoWMaeezwbi88jGAA_1pptVYIUHLW6N6yWNA-1aB0zi61IMitIiKJBZbRCSwIlUCpWUKDqeqXhYWl0A5XB-unXt2brJq1Ub6vzPm76zxIE&sig=AHIEtbQ5U5gVYkolJIUHNg_u7Sz2ItDjsg
Luca(Quota) (Replica)
http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:t5og7fSf7scJ:siba-ese.unisalento.it/index.php/pariopp/article/view/8075/7318+percentuale+di+ingegneri+maschi+laureati+in+india&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESjR8T41QwVWvsJPaZuBJuGAy7kTPkFSjnRqpCZ6nGBhMJRahDpcyphtajwyQ5meEKpmZ35ghjWLkEuUIgz0KrZaOz6tNYxicc70gJNxmRbeYXcOkJhFdb7KdVxn2oc0WK3WLlzf&sig=AHIEtbReHdZCCgonD9FBV9AAuyNGs8Q43g
Luca(Quota) (Replica)
http://www.intesasanpaolo24.com/NR/exeres/42882B25-156F-4073-BE48-8314878AB8E4.htm
Bye bye maschio! La crisi fa largo alle donne 20 ago 09
Da sempre il mondo è stato guidato principalmente dagli uomini. Ma la Grande recessione sta cambiando tutto, e altererà il corso della storia – L’era del predominio maschile sta giungendo al termine. Davvero
Reiham Salam
Già da anni il mondo sta assistendo a un silenzioso ma monumentale passaggio di potere dagli uomini alle donne, un lento cambiamento evolutivo che, oggi, la Grande recessione ha trasformato in qualcosa di rivoluzionario. E la conseguenza non sarà soltanto un colpo mortale a quel club di machi che risponde al nome di capitalismo finanziario e che ha precipitato il mondo nell’attuale catastrofe economica, ma sarà una crisi collettiva che colpirà milioni e milioni di lavoratori in tutto il globo.
I segni dell’agonia del macho sono facilmente individuabili. Prendete, tanto per iniziare, l’impatto incredibilmente sproporzionato che l’attuale crisi sta avendo sugli uomini. Negli Stati Uniti, più dell’ottanta per cento delle perdite in posti di lavoro subite a partire da novembre sono ricadute sui maschi. E in Europa i dati sono in gran parte simili. Nel complesso, sul piano mondiale, ci si aspetta che, entro la fine del 2009, la recessione globale avrà lasciato senza lavoro ben ventotto milioni di uomini.
A peggiorare le cose, poi, c’è il fatto che gli uomini stanno perdendo sempre più terreno sul piano dell’acquisizione delle credenziali formative necessarie per avere successo in quelle economie basate sulla conoscenza che guideranno il mondo post-recessione. Ben presto, negli Stati Uniti ci saranno tre laureate femmine ogni due laureati maschi, una sproporzione che trova riscontro anche nel resto del mondo sviluppato.
Naturalmente, il machismo è uno stato mentale, non solo una questione di occupazione. E se da un lato la recessione colpisce più duramente gli uomini, dall’altro essi si ritrovano sempre meno in grado di affrontare i costi psicologici profondi e a lungo termine della perdita del lavoro.
Stando all’«American Journal of Public Health», «lo stress economico della disoccupazione» ha conseguenze significativamente più pesanti sulla salute mentale degli uomini che non su quella delle donne. In altri termini, dobbiamo prepararci ad affrontare schiere di maschi depressi, con tutte le implicazioni negative che ciò comporta.
Anche se sul piano politico non tutti i paesi risponderanno alla crisi mandando a casa i loro governanti maschi – come è successo in Islanda e in Lituania –, le ripercussioni saranno comunque reali e di portata globale. La crisi economica imprimerà probabilmente una drastica accelerazione all’epocale passaggio di potere dai maschi alle femmine, dato che sempre più persone si renderanno conto di come quel comportamento aggressivo e propenso al rischio che ha permesso agli uomini di consolidare il loro potere – il culto del macho – si è dimostrato distruttivo e insostenibile nel mondo globalizzato di oggi.
Di fatto, possiamo ormai dire che l’eredità più duratura della Grande recessione non sarà la morte di Wall Street, né quella della finanza, né quella del capitalismo. Queste idee e queste istituzioni continueranno a vivere. Ciò che non sopravvivrà sarà invece il macho.
Sappiamo già da anni che, fra tutti i fattori che potrebbero esser messi in correlazione con l’eccessiva spregiudicatezza negli investimenti sui mercati finanziari (età, stato civile eccetera), il maggiore indiziato è il possesso di un cromosoma Y. E, in più, oggi sta anche emergendo che non solo i machi della finanza globale (un settore a larga predominanza maschile) hanno creato le condizioni dell’attuale collasso economico, ma che nel farlo sono stati aiutati e spalleggiati dalle loro controparti (anche qui, in massima parte maschili) nei governi, le cui politiche, in modo più o meno consapevole, hanno provveduto a sostenere artificialmente la figura e l’ideale del macho.
Un esempio è dato dalla bolla immobiliare, oggi esplosa con la massima violenza in Occidente. Di fatto, la bolla rappresentava una politica economica volta a mascherare il declino delle prospettive dei colletti blu. Negli Stati Uniti, il boom del settore edilizio creava impieghi ben retribuiti per quegli operai relativamente poco qualificati che costituivano il 97,5 per cento della sua forza lavoro: in media, 814 dollari la settimana (per fare un confronto, nel campo – prevalentemente femminile – dell’assistenza sanitaria i salari si attestano intorno ai 510 dollari la settimana). Questi stipendi remunerativi consentivano agli operai del settore edile di mantenere un primato economico sulle donne. Oggi, con il pacchetto di stimoli per la ripresa economica varato negli Stati Uniti, la grande maggioranza degli aiuti stanno invece andando – direttamente o indirettamente – all’educazione, all’assistenza sanitaria e ad altri servizi sociali. Come ha dichiarato lo stesso presidente Obama al «New York Times», anche se i lavori nell’edilizia e nella manifattura non spariranno del tutto, «essi ammonteranno a una percentuale più ridotta dell’economia complessiva».
Tutto ciò fa sì che il problema del macho sfrenato e strapagato stia oggi cedendo il passo al problema del macho disoccupato e disorientato, un fenomeno differente ma potenzialmente altrettanto distruttivo. Come si evidenzia in uno studio pubblicato l’anno scorso su «Social Science & Medicine», i lunghi periodi di disoccupazione portano in genere a un forte aumento dell’alcolismo, specialmente tra gli uomini di 27-35 anni di età. E, inoltre, i machi vittime della globalizzazione possono mettere nel cassetto i propositi di sposarsi, con il conseguente venir meno degli effetti disciplinanti che il matrimonio ha sui giovani.
Concretamente, come si dispiegherà questo passaggio al mondo post-machista? Dipenderà da quale delle due seguenti scelte gli uomini decideranno di fare.
La prima è l’adattamento: che, cioè, gli uomini entrino in un rapporto paritetico con le donne e si assimilino nelle nuove sensibilità culturali, nelle istituzioni e nei compromessi che esso comporta. Ciò non significa che tutti gli uomini occidentali si trasformeranno in metrosessuali e che partite di calcio e lattine di birra diventeranno cose obsolete. Tuttavia, sullo sfondo della morte del macho potrebbe emergere un nuovo modello maschile, specialmente tra gli uomini istruiti che vivono nel ricco Occidente.
Questo scenario dell’adattamento potrà anche essere ottimistico, ma non è del tutto privo di plausibilità.
C’è però anche l’altra scelta: la resistenza. Gli uomini, cioè, potrebbero decidere di combattere la morte del macho, sacrificando le loro stesse prospettive nello sforzo di ostacolare e ritardare una potente tendenza storica. È un tipo di scelta che ha molti precedenti. In effetti, gli uomini che non hanno modi costruttivi per sfogare la loro rabbia possono volgersi a pericolosi estremismi.
Di fatto, la scelta tra l’adattamento e la resistenza potrebbe svilupparsi lungo una linea di demarcazione geopolitica: stando a questa ipotesi, mentre gli uomini del Nord America e dell’Europa occidentale verrebbero generalmente (anche se non sempre di buona voglia) ad adattarsi al nuovo ordine paritetico, le loro controparti in Russia e nei giganti emergenti dell’Asia orientale e meridionale – tutti posti dove spesso le donne vivono tuttora in brutali condizioni di oppressione domestica – potrebbero incamminarsi verso un’ulteriore esacerbazione delle diseguaglianze di genere. In queste società, il potere statale non verrebbe usato per promuovere gli interessi delle donne, ma per mantenere artificialmente in vita il modello del macho.
Prendiamo la Russia, dove un tentativo del genere è già stato portato avanti durante lo scorso decennio. Anche se in Russia le donne sono 10,4 milioni in più degli uomini, questo squilibrio demografico non si è tradotto in un maggior potere politico o economico. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’ideale dell’eguaglianza delle donne è stato quasi completamente abbandonato, e molti russi hanno riportato in auge il culto della figura della casalinga a tempo pieno (con il governo di Putin che ha anche offerto sussidi economici alle donne che rimangono a casa a badare ai figli). Ma gli uomini russi, messi al tappeto dai contraccolpi del collasso sovietico e da un decennio di crisi economica, non sono semplicemente riusciti ad adattarsi alla nuova situazione. «Gli uomini cadevano spesso in depressione, trascorrendo le loro giornate a bere e a fumare sdraiati sul divano», osserva la scrittrice moscovita Masha Lipman. Tra gli uomini russi gli indici di mortalità, di incarcerazione e di alcolismo erano spaventosamente elevati, mentre il loro livello di istruzione era inversamente basso: in queste condizioni, solo pochissimi di loro erano lontanamente in grado di provvedere da soli al sostentamento delle loro famiglie (sempre ammesso, tra l’altro, che fossero disposti a farlo).
Il grosso del lavoro, quindi, è venuto a ricadere sulle spalle delle donne, che si sono anche ritrovate a dover affrontare livelli sempre più alti di sfruttamento sessuale in ambito lavorativo e di ipocrisia fra le mura domestiche. In Russia, la percentuale di donne in età lavorativa che hanno un’occupazione è tra le più alte del mondo, come ha sottolineato Elena Mezentseva, del Centro di Mosca per gli studi sul genere; tuttavia, nel 2000 le loro paghe erano mediamente pari alla metà di quelle percepite dagli uomini impiegati per le stesse mansioni. Nel frattempo, Putin ha continuato ad aiutare e favoreggiare questi uomini, trasformando la loro nostalgia per il macho perduto dei tempi sovietici in una vera e propria ideologia.
In ogni caso, man mano che le donne inizieranno a conquistare un maggior controllo su quel potere sociale, economico e politico che è stato loro per tanto tempo negato, assisteremo a una rivoluzione su larga scala senza eguali nella storia della civiltà.
Questo non significa che le donne e gli uomini si combatteranno armi in pugno sulle barricate. Il conflitto avrà una forma più sottile, e il suo campo di battaglia principale saranno le menti e i cuori. Ma ciò non toglie che l’asse del conflitto globale in questo secolo non saranno i contrasti ideologici, le sfide geopolitiche o gli scontri di civiltà. Non saranno le razze o le etnie. Sarà il genere. Non abbiamo precedenti che ci permettano di parlare di come sarà il mondo dopo la morte del macho. Ma possiamo aspettarci che la transizione sarà sofferta, difficile e forse molto violenta.
Luca(Quota) (Replica)
Luca
Bye bye maschio! La crisi fa largo alle donne 20 ago 09
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Ovviamente non potevo aprirlo tutto per via della confusione che ne deriverebbe 😉
Negli Stati Uniti, più dell’ottanta per cento delle perdite in posti di lavoro subite a partire da novembre sono ricadute sui maschi >>>>>>>>>> l’idiota autrice dell’articolo si è dimenticata di dire che i lavori che gli uomini stanno perdendo sono lavori di miniera, di fabbrica ecc. cioè lavori che tendenzialmente le donne NON fanno ?
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giganti emergenti dell’Asia orientale e meridionale – tutti posti dove spesso le donne vivono tuttora in brutali condizioni di oppressione domestica –>>>>>>>>
ma è stata in questi posti per dirlo ? Lo sa invece che in Iran ci sono anche donne ministro e che sono in parità con gli uomini ? Per cortesia parla solo per luoghi comuni e per razzismo
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Il conflitto avrà una forma più sottile, e il suo campo di battaglia principale saranno le menti e i cuori >>>>>>>>>>> sbagliato, i conflitti li creano pseudogiornalisti come questi
Silent Hill(Quota) (Replica)
“…il suo campo di battaglia principale saranno le menti e i cuori”.
Guerra in Etosfera… Orwell ci aveva avvertiti.
Godiamoci dunque gli ultimi anni di dominio, di prevaricazione, di ruberie, di violenza, di abusi. Poi precipiteremo finalmente – sorte maligna e rìa – nella vera uguaglianza, nella vera pace, nel vero amore e – ovviamente- nella vera libertà (…ça va sans dire). E sarà per sempre.
Buoni anni a tutti.
Rn
Rino(Quota) (Replica)
l’idiota autrice dell’articolo [Silent Hill]
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Non si tratta di una donna ma di un uomo; e neanche di origini occidentali…
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://en.wikipedia.org/wiki/Reihan_Salam&ei=ShwfTcyoKc7Iswb2u738DQ&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CCYQ7gEwAA&prev=/search%3Fq%3DReihan%2BSalam%26hl%3Dit%26sa%3DX%26prmd%3Divnsol
Luca(Quota) (Replica)
Molto interessanti i pezzi che hai postato, Luca. Ci aiutano a comprendere come pensa l’avversario, quale sia la sua strategia.
Veramente un buon lavoro. Continuiamo su questa strada. Dobbiamo migliorarci e attrezzarci sotto il profilo della nostra capacità, conoscitiva, analitica e interpretativa. Insomma, come diceva qualcuno, dobbiamo porci nelal condizione di conoscere sempre una parola in più del padrone…
E’ uno sforzo enorme ma necessario.
Siamo solo al principio di questa epocale battaglia. Per poterla affrontare dobbiamo aumentare sensibilmente il nostro livello di preparazione: studiare di più, documentarsi e aggiornarsi costantemente.
Dobbiamo cominciare a ragionare come un gruppo organizzato, come un’avanguardia. Ciascuno deve dare il suo contributo di sapere e di esperienza. Dobbiamo mettere da parte ogni competizione e pensare all’ottimizzazione del nostro lavoro, che ha e avrà senso solo se riusciremo a dargli una forte impronta collettiva. Dobbiamo riuscire a raggiungere la grande maggioranza degli uomini beta. E’ un obiettivo più che ambizioso, ma è questo. Non ce lo dobbiamo certo nascondere.
Questo genere di lavoro (approfondimento e studio delle dinamiche sociali e di genere in corso) è fondamentale.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Non si tratta di una donna ma di un uomo; e neanche di origini occidentali”
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Secondo me la cosa interessante non è tanto la sua nazione di origine, quanto la sua collocazione politica.
Dalla pagina di Wikipedia che hai linkato:
“Salam si è descritto come un abbastanza convenzionale neocon”
Il che la dice lunga su chi siano davvero gli “sponsor” di questo andazzo.
sandro(Quota) (Replica)
Bersani che non dice una parola sulle migliaia di maschi morti sul lavoro (tra ieri e oggi sono già morti quattro maschi e padri di famiglia), corre dietro le fantasie dell’oppressione di genere. Fantasie che percorrono il cervello di donne che non sanno ammettere e assumersi la responsabilità di appartenenti al loro genere, di approfittare e sfruttare vergognosamente le debolezze di un anziano miliardario. Invece di una severa valutazione critica di questi comportamenti indegni, (questa sì è difesa della dignità femminile)insieme a loro va a gridare in piazza il vecchio trucco che la propria colpa è degli altri. Va in piazza con schiere di donne che si dichiarano pubblicamente irresponsabili di quanto fino a ieri gridavano orgogliosamente essere le uniche titolari, ovvero la propria sessualità. Va in piazza a evocare il vecchio nemico di classe che manca: il nuovo nemico politico, il genere maschile incarnato da un anziano spolpato vivo da schiere rapaci e ciniche di ragazze colte e benestanti, avanguardia comunque minoritaria di masse di studentesse e casalinghe escort a partime e a vario titolo. Ci va nella ricorrenza dell’otto marzo che celebra l’ espisodio inventato della morte di centinaia di operaie nel rogo mai avvenuto di una inesistente fabbrica di camicie Cottons nel 1908 a New York.
Quando mai questa sinistra alla ricerca di una ideologia perduta che le dia una qualsivoglia identità, smetterà di giocare la partita a tennis, giocata, senza palle, nel finale delirante del film “Blowup”?
ckkb(Quota) (Replica)
CKKB: Quando mai questa sinistra alla ricerca di una ideologia perduta che le dia una qualsivoglia identità, smetterà di giocare la partita a tennis, giocata, senza palle, nel finale delirante del film “Blowup”?>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Forse ci sarà una ragione se da vent’anni appare inerme nei confronti del festaiolo di Arcore. Se quest’ultimo è populista, di destra, la sinistra non sa essere più popolare, nel modo di esprimersi, nei temi, ecc.. E’ elitaria, snob, con la puzza sotto il naso, moralista C’era una volta la sinistra delle camicie blu. Non era tutto oro quello che luccicava, in nuce erano già presenti i difetti che sarebbero poi esplosi negli anni successivi, ma almeno sapeva comunicare, era diretta, “materiale” nel senso migliore del termine. Oggi una sua componente porta un nome che ricorda il nulla a stelle e strisce, partito democratico, e si occupa di procreazione assistita, di Pacs, di questioni cioè distanti dalla vita quotidiana dei più. E’ diventato il partito dei “diritti civili”, per alcuni, del politicamente corretto per tutti. E poi la “sinistra radicale” di Vendola, ottimo oratore per le platee universitarie, ma non certo per il popolo italiano sempre più istupidito dalle fesserie mediatiche. E’ indispensabili che il linguaggio raggiunga il destinatario, altrimenti è solo narcisismo. Per uscire dalla crisi occorre: essere chiari e diretti, parlare per tutti, senza più distinzioni di sesso e di razza, accontonare i moralismi da anime belle e soprattutto riprendere a parlare di di pane, acqua, contratti, pensioni. C’è un 25% di astensionisti da attrarre. Sarebbe ora, ma ho l’impressione che non avremo la fortuna di vederla, questa uscita dalla crisi.
Alessandro(Quota) (Replica)
“il genere maschile incarnato da un anziano spolpato vivo da schiere rapaci e ciniche di ragazze colte e benestanti, avanguardia comunque minoritaria di masse di studentesse e casalinghe escort a partime e a vario titolo”
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Ah, perché, il genere maschile lo rappresenta quello lì?
Ecco perché siamo nella merda: con una rappresentanza simile ci è andata pure troppo bene.
A me uno così fa vergognare di essere nato uomo, e sicuramente NON per il fatto che va a puttane, ma per TUTTO IL RESTO.
sandro(Quota) (Replica)
A me Berlusconi non fa affatto vergognare di essere nato maschio, perché allora bisognerebbe vergognarsi anche di Hitler, Stalin, Pol Pot, ecc.
Scusa ma francamente non capisco molto queste reazioni alquanto emotive. Secondo me alla “questione Berlusconi” (uomo votato dal popolo italiano; non un despota che è impossessato del potere con le armi), si sta dando un’ importanza esagerata, neanche il tipo fosse “il centro del mondo”.
Luca(Quota) (Replica)
“uomo votato dal popolo italiano; non un despota che è impossessato del potere con le armi”
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Cosa, questa, che mi fa vergognare di essere italiano
sandro(Quota) (Replica)
“A me Berlusconi non fa affatto vergognare di essere nato maschio, perché allora bisognerebbe vergognarsi anche di Hitler, Stalin, Pol Pot, ecc.”
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Paragone quanto mai azzeccato
sandro(Quota) (Replica)
credo che Sandro e Luca dicano delle mezze verità …
che il genere maschile sia identificato in Berlusconi è la più grande cavolata che si possa scrivere ,un pochino come dire che tutti gli uomini sono assassini , siamo sempre li ..il 13 febbraio ,la manifestazione si basa proprio su questo Berlusconi=genere maschile ,infatti tutti noi abbiamo le orde di bunga bunga che ci aspettano
ma poi ha ragione anche Luca ,perchè vergognarsi di essere uomo ?? mi dovrei vergognare di essere un assassino ,un stupratore , un ladro ecc ecc ,ma non di essere un uomo ….
visto che qui parliamo di morti sul lavoro ,tema che mi sta molto a cuore ,trovo che sia innamisibile morire sul posto lavorativo ,la sinistra dovrebbe usare questi temi ,altro che bunga bunga ,che ,poi letto in un sondaggio la maggior parte che votano Berlusconi ,sono proprio donne …credo che il tutto si può analizzare in questa frase ,le donne attaccano il maschio alpha ,ma non riescono a farne a meno ,chi ci rimettono ??gli uomini beta
mauro recher(Quota) (Replica)
“perchè vergognarsi di essere uomo ?”
___________
Il genere maschile, così come quello femminile, ha luci ed ombre: cose di cui andare fiero e cose di cui vergognarsi.
Io mi rifiuto di considerare mio rappresentante uno che del genere maschile rappresenta la parte peggiore: quella dalla quale, se vogliamo mantenere un credito morale, dovremmo prendere apertamente le distanze, e NON per motivi inerenti la sfera sessuale.
sandro(Quota) (Replica)
“Ho letto in un sondaggio la maggior parte che votano Berlusconi ,sono proprio donne”
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E te credo: sono fatte della stessa pasta sua.
sandro(Quota) (Replica)
Trentacinquesimo soldato maschio italiano morto ammazzato in Afganistan; dopo i funerali solenni e le lecrime dei media, dei politici e delle istituzioni, ci aspettiamo per l’otto marzo la tradizionale alluvione di m…a misandrica che i media, i politici e le istituzioni, in vena di delirio trentennale da ideologia femminista scaricheranno dalle fogne di casa loro, sui maschi, in armi e non.
cesare(Quota) (Replica)
Ben detto, Cesare. Un altro uomo, l’ennesimo, caduto nella “missione di pace” (spero che le virgolette siano ben visibili…) in Afghanistan…
E a proposito di media, mi sbaglierò, ma forse, approfittando del barbaro assassinio della povera Yara, stanno per scatenare un’altra delle solite e ormai rituali offensive antimaschili. Oggi ho avuto modo di assistere ad una scandalosa puntata della trasmissione di Barbara D’Urso, con una scatenatissima e più forcaiola che mai Alessandra Mussolini che, manco a dirlo, inneggiava alla pena di morte e a quegli stati dove è in vigore; gli stessi (e non solo quelli) dove mandiamo i nostri soldati a morire per portare “libertà, diritti civili e democrazia”…
Ora è aperta la caccia all'”Orco”, come ormai viene chiamato l’assassino di Yara.
Staremo a vedere. Non mi sorprendo più di nulla.
Fabrizio
P.S. per la cronaca, fra poche settimane (dopo dieci anni) uscirà di galera Erika di Novi Ligure…quella che con 97 (novantasette) coltellate fece fuori la madre e il fratellino. In questi anni, durante la detenzione (di circa dieci anni, mai dura, e con tutti i benefici previsti dala legge), ha ricevuto migliaia e migliaia di lettere di ragazzi (spasimanti) e ragazze che l’avevano quasi mitizzata…In che mondo viviamo? Ce la caviamo con la storia dell'”Orco”?…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
A proposito dell’ennesimo soldato italiano morto in Afghanistan, Di Pietro ha parlato giustamente di responsabilità politiche, facendo nomi e cognomi, mentre la Finocchiaro, esempio di ciò che la sinistra non dovrebbe essere, ha invitato Di Pietro a non fare polemiche in questo momento. Si vede che alla signora Finocchiaro l’indignazione sale solo quando vede una minigonna in televisione. In fin dei conti le truppe non sono lì per liberare le donne afghane dal burka? Evidentemente poco conta il resto.
Alessandro(Quota) (Replica)
Fabrizio: “In che mondo viviamo? Ce la caviamo con la storia dell’”Orco”?…”
Proprio così, in che mondo viviamo se i giovani assassini (ricordo anche la vicenda di Pietro Maso) diventano degli pseudo eroi agli occhi dei e delle coetanee? Non c’è nulla di forcaiolo nel porsi la domanda, perchè si possono fare tutte le sacrosante analisi sociologiche, psicologiche etc. etc, ma alla fine rimane inconcepibile che chi ha ucciso con tanta crudeltà riscuota ammirazione. Gli orchi su cui accanirsi (giustamente, se viene dimostrata la loro colpevolezza), sono in realtà un modo per sentirsi innocenti, per allontanare da sè il male che è profondamente dentro la società tutta. Dalla quale e nella quale, gli orchi e le orchesse nascono e vivono.
armando
armando(Quota) (Replica)
Riguardo alla bufala dell’8 marzo…
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http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/spettacoli_e_cultura/passaparola-3/otto-marzo/otto-marzo.html
“La verità sull’8 marzo delle donne
per quel libro scovato per caso”
di SILVANA MAZZOCCHI
“La verità sull’8 marzo delle donne per quel libro scovato per caso”
SE, NELLA PARIGI del Fronte popolare si distribuivano i mughetti, nel 1946 quando l’Udi, l’Unione donne italiane, si trovò a organizzare il primo 8 marzo dell’Italia libera, le partecipanti alla discussione decisero di optare per le gialle mimose. “A noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli… pensammo che quel fiore era abbondante e, spesso, disponibile senza pagare…”, recita tra l’altro la testimonianza di Marisa Rodano, una delle tante voci raccolte nel bel volume 8 marzo, una storia lunga un secolo, in cui Tilde Capomazza (femminista e programmista televisiva) e Marisa Ombra (ex partigiana e presidente, negli anni Settanta, dell’editrice di Noi donne) ricostruiscono un secolo d’impegno femminile, restituendo dignità e adeguata importanza a una data troppo spesso ridotta a puro rito consumistico.
Il libro, già uscito nel 1987 con il titolo: Storie, miti e riti della giornata internazionale della donna per la casa editrice di nicchia Utopia e presto andato esaurito, esce ora per Jacobelli con una nuova edizione impreziosita dal Dvd originale, (anche questo introvabile fin dal 1988), che intreccia rare immagini storiche con le interviste e le testimonianze di alcune protagoniste della politica italiana degli ultimi cinquant’anni. Un documento molto utile per comprendere il vero significato dell’8 marzo e, dunque, per incentivare l’indispensabile passaggio di memoria tra le generazioni.
E’ ricco di notizie e di ricostruzioni storiche il lavoro di Capomazza e Ombra. E, già all’epoca, fece scalpore soprattutto una scoperta: il fatto che non fosse in realtà basata su alcun dato certo la convinzione comune che Clara Zetkin, nel 1910, avesse scelto l’8 marzo per ricordare le operaie americane morte due anni prima durante un incendio avvenuto nel corso di uno sciopero. E come, invece, fosse provato da una ricca documentazione che, a fissare il giorno delle donne all’8 marzo, fosse stata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 “per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviatala prima fase della rivoluzione russa”.
IL VIDEO
Tilde Capomazza, il vostro libro ha sfatato la leggenda che l’8 marzo sia nato per ricordare la morte delle operaie americane nell’incendio del 1908. Come lo avete accertato?
“Potrei dire ‘per puro caso’, ma in realtà fu la tappa felice di una ricerca che cominciata nel 1985 durò due anni: Marisa Ombra passava giornate in vari archivi, io sfogliavo libri, le poche riviste storiche esistenti; Internet allora per noi ancora non esisteva. Un giorno alla storica libreria delle donne ‘Al tempo ritrovato’ a piazza Farnese, a Roma, chiesi a Maria Luisa Moretti se per caso le fosse mai passato tra le mani qualche libro o rivista che parlasse della Giornata della donna, anche in lingua straniera, magari. Lei si mise a pensare, poi, rivolta a Simone, sua partner nella gestione della libreria, disse: ‘Guarda un po’ su quello scaffale … ti ricordi quando venne una ragazza francese e ci lasciò un libro?’ Simone non ricordava, ma cercò e trovò quel libro. Mancò poco che non svenissi. Titolo ‘La journée internationale des femmes. La clef des énigmes, la verité historique’. Autrice Renée Coté , canadese del Quebèc, quindi di lingua francese. Era un libro farraginoso, ma ricco di riproduzioni, di citazioni, di appunti relativi alla confusa storia della Giornata, tutta interna al Movimento socialista internazionale e successivamente alla Internazionale comunista. Fu lì che scoprimmo che di incendio non si parlava affatto, ma decisiva fu la lettura degli atti della Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen 1910 dove di Gdd si parlò ma non di incendi… La giornata, dopo vari tentativi fatti da Clara Zetkin fu poi approvata a Mosca nel 1921 , definita giornata dell’operaia, e ispirata alla rivolta delle donne di Pietrogrado contro lo zarismo avvenuta il 23 febbraio 1917( corrispondente nel nostro calendario gregoriano all’8 marzo)”.
Il libro e il dvd raccontano i 50 anni di questa ricorrenza. Qual è, oggi, il significato dell’8 marzo?
“Il libro per la verità, uscito nel 1987 cioè 21 anni fa, non aveva alcun intento celebrativo di una ricorrenza. Ci eravamo buttate in questa impresa Marisa ed io, non storiche, ma militanti del Movimento con percorsi diversi, perché avvertivamo che le manifestazioni dell’8 marzo stavano perdendo di forza, di efficacia, al limite, di senso. E pensammo di ripercorrerne la storia per capire cosa aveva spinto le donne che ci avevano precedute a costruire questo appuntamento annuale di lunga durata che aveva certamente prodotto importanti esiti. Era il caso di mollarlo o era bene rifletterci? Scegliemmo la seconda via scoprendo eventi impensati. Ma di tutto questo l’unica cosa che colpì la stampa fu la cancellazione dell’incendio e pareva che, con quella scoperta, avessimo voluto cancellare addirittura la giornata”.
Qual è il testimone che la generazione del femminismo e del Movimento ha trasmesso alle ragazze di oggi?
“Noi abbiamo studiato e scritto di quel filo affascinante che ha attraversato la storia del Movimento e che ha portato attraverso le piazze d’Italia le proteste, le denunce e le richieste che le militanti intendevano far conoscere sia alle altre donne , sia ai vari governi. Ma non abbiamo fatto storia del Movimento, anche se abbiamo dovuto attraversarlo. Sull’argomento le opinioni delle donne che sono state soggetti attivi possono essere molto diverse. Noi due, con il nostro lavoro, abbiamo voluto fare memoria storica di questo appuntamento annuale ricco di eventi, di sofferenze, di allegria, di grande impegno che è stato il prodotto di un soggetto collettivo molto forte e che ha impegnato ogni donna che ne faceva parte”.
“Al mito dell’incendio che ha avuto una funzione aggregante agli inizi, abbiamo sostituito la storia di questi soggetti reali che si sono fatti carico per sé e per tutte le donne di un processo di emancipazione e liberazione che deve continuare. Di fronte alla commercializzazione e volgarizzazione dell’8 marzo, noi proponiamo una riflessione sulla storia, molto gradevole nel dvd, molto avvincente nel libro. Questo è il nostro testimone e speriamo che passi in più mani lasciando tracce ispiratrici di nuovi impegni”.
Tilde Capomazza, Marisa Ombra
8 marzo, una storia lunga un secolo
Prefazione di Loredana Lipperini
Jacobelli editore
Cofanetto libro*dvd, euro 19,50
(7 marzo 2009)
Sandro2(Quota) (Replica)
P.S.
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=1068496
Sandro2(Quota) (Replica)
Documento estremamente interessante, Sandro2. La notizia (di cui si parlava da tempo) che la “festa delle donne” dell’8 marzo sia stata istituita sulla base di una vera e propria bufala inventata ad arte è altamente significativa. Il fatto poi che a rivelarla siano state due esponenti e studiose femministe rende il tutto addirittura eclatante (e anche molto comico, a mio parere).
“Naturalmente questa “scoperta” – si affretteranno a spiegare le femministe – non cambia nella sostanza il valore, anche dal punto di vista simbolico, della celebrazione”.
Sarà, però, diciamocelo, la vicenda assume a questo punto aspetti grotteschi se non addirittura farseschi.
Proviamo a fare qualche esempio. E’ come se si venisse a sapere che in realtà la Presa della Bastiglia e del Palazzo d’Inverno, cioè i momenti altamente simbolici (e per questo celebrati), oltre che concretamente avvenuti, dei due più grandi eventi storici della Storia Moderna, la Rivoluzione Francese e quella Russa, non si siano in realtà mai verificati. Oppure, se preferite, se venisse alla luce il fatto che il 9 novembre del 1989 a Berlino non è caduto nessun muro. E proviamo a pensare, ad esempio, che faccia farebbero i Francesi (e non solo loro) se gli si spiegasse che il 14 luglio del 1789 non è successo proprio un bel niente…
Ma la questione è anche e soprattutto un’altra. Siamo certi che anche quei grandi eventi storici che ho citato, al di là di come la si pensi o di come ci si posizioni nei loro confronti, non perderebbero di credibilità se, ipotesi per assurdo, emergesse una simile “verità” a posteriori?
Personalmente, penso proprio di sì. C’è comunque da dire che la stragrande maggioranza delle donne festeggia l’8 marzo genericamente in quanto “Festa della Donna”, senza sapere assolutamente nulla sulle origini e la genesi della festa stessa.
Rimane comunque il risvolto grottesco dell’intera faccenda che, anche volendo, non può essere sottaciuto, tanto più perchè, come dicevamo, svelato da due femministe. Non so se se ne rendano conto o facciano finta di nulla, ma la vicenda, per quanto mi riguarda, rasenta ampiamente il ridicolo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Le Orche assassine sono sempre sotto il pelo dell’acqua, comunque rossa del sangue versato o negli acquari a fare spettacolo magari con il gioco della pallacanestro o nei film a far commuovere. E poi non sono assassine: sono depresse o coatte per via dell’inquinamento degli Oceani causato dall’uomo.
cesare(Quota) (Replica)
Il fatto Yara, come ampiamente prevedibile, viene usato come V2 contro gli UU.
La bufala dell’8 marzo proprio perché tale, manifesta in modo smaccato il carattere strumentale della GNF (di cui è stata parte integrante, oggi glissata dalla più smaliziate).
Quell’origine dell’8 marzo è dunque falsa, e ciò dimostra che è stata inventata a scopo di vittimizzazione di F e perciò di criminalizzazione di M. Come arma di guerra.
Adesso viene la domanda: se invece fosse stata vera, cambierebbe qualcosa nella strumentalità della sua rimemorazione? Non cambierebbe assolutamente nulla.
La nostra idea – sbagliata – secondo la quale si può manipolare (ed essere manipolati) solo con le falsità va gettata nel cestino. Che un tassello della GNF sia vero o falso è del tutto irrilevante: si tratta sempre e cmq di V2.
Non sono dunque le falsità in sé della GNF che vanno denunciate (benché ciò sia quantomani utile e dilettevole) ma l’intero racconto come strumento di manipolazione.
Quella inventata origine è un tassello (inventato) in mezzo ad altri falsi, semiveri, veri, deformati, parziali etc dell’ “Olocausto Storico Femminile”.
“Olocausto” che che consente alla Liberata di invadere le nostre terre, piantarvi i suoi insediamenti, disseminarvi i suoi posti di blocco, distruggere i nostri olivi, tagliare i nostri acquedotti, segregare il nostro futuro…
RDV
Rino(Quota) (Replica)
“Il fatto Yara, come ampiamente prevedibile, viene usato come V2 contro gli UU”
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Aspetta un attimo:
http://www.unita.it/yara-autopsia-non-fu-violentata-br-sotto-esame-il-dna-di-10-uomini-1.274683
sandro(Quota) (Replica)
http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/03/01/news/operaio_muore_nel_milanese_travolto_dal_crollo_di_un_muro-13037003/?ref=HREC2-10
IL CASO
Operaio muore nel Milanese
travolto dal crollo di un muro
L’uomo è rimasto schiacciato ed è deceduto sul colpo, inutile l’intervento del 118 che ha
chiamato l’elisoccorso. L’uomo, 43 anni, stava lavorando in un cantiere edile di San Donato
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Un operaio edile è morto schiacciato dal crollo di un muro. E’ accaduto in un cantiere a San Donato Milanese, in via Fabiani. Il lavoratore, 43 anni, italiano, è deceduto sul posto dove sono subito intervenuti i sanitari del 118 che avevano chiesto l’intervento dell’elisoccorso. Ma, purtroppo, non c’è stato nulla da fare.
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/03/01/visualizza_new.html_1561800438.html
8 marzo: quest’anno si celebra il centenario
Non tutti concordano sulla scelta del 1911. Molti hanno già festeggiato nel 2008
01 marzo, 16:50
8 marzo: quest’anno si celebra il centenario
di Angela Abbrescia
ROMA – L’8 marzo prossimo non è una data qualunque nella storia delle donne: è il centesimo anniversario dell’istituzione della Giornata internazionale. Lo celebrerà il Parlamento europeo, che ha organizzato per quella data a Strasburgo un seminario dedicato alla leadership femminile. E anche la storica associazione Unione delle donne in Italia (Udi), che in occasione del centenario ha organizzato una premiazione e una tavola rotonda a Roma. Non tutti però concordano sulla scelta del 1911 come anno di inizio delle celebrazioni. Molti hanno già festeggiato il centenario nel 2008, perché prendono come riferimento quanto avvenne in una fabbrica tessile di New York, dove un numero rimasto incerto di operaie (tra le 29 e le 129) rimase ucciso in un incendio, in conseguenza del fatto che i proprietari avevano sigillato le porte per impedire agli operai, in maggioranza donne, di allontanarsi dal lavoro.
Secondo alcune fonti, comunque, anche quel famoso episodio passato alla storia non si verificò nel 1908 bensì nel 1911. In ogni caso, nel 1910, durante il congresso dell’Internazionale socialista a Copenaghen, Clara Zetkin, figura di prestigio del Partito Socialista Tedesco, direttrice della rivista L’Uguaglianza e grande mediatrice politica, accoglie il progetto della delegazione americana per ricordare la morte delle operaie nell’incendio e propone di lanciare un’unica grande giornata internazionale incentrata sul voto alle donne. Fino a quel momento la Giornata della donna aveva già una sua storia almeno negli Stati Uniti, anche se esperienze frammentarie erano state fatte in alcuni paesi d’Europa. Non si trattava dunque di inventare la Giornata, ma di ratificarne l’esistenza elevandola a livello internazionale. Sulla questione del voto però i socialisti sono ancora divisi: la proposta non passa, e bisogna aspettare l’anno seguente, appunto il 1911, per vedere nascere la “prova generale” della Giornata della donna.
Dove la pratica di una giornata c’era già, continuò e si consolidò seguendo date scelte autonomamente; dove non c’era si affermò. Nel 1917, a Pietrogrado, fame, freddo e sofferenze della guerra spingono operaie e contadine in piazza contro lo zar a chiedere pace e pane: è l’inizio della Rivoluzione di Febbraio: 23 Febbraio secondo il calendario Giuliano, 8 marzo per quello riformato in vigore in Occidente. Nel 1921 a Mosca, alla seconda Conferenza delle donne comuniste, partecipano 82 delegate da 20 paesi: le dirigenti, tra cui Clara Zetkin, adottano il 23 febbraio/8 marzo come Giornata dell’operaia, in ricordo della manifestazione delle operaie di Pietrogrado. Quando le donne russe riuscirono a sintonizzarsi con le americane, fu 8 Marzo per tutte: da Oriente a Occidente da allora sarà Giornata internazionale della donna.
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Clara Zetkin, figura di prestigio del Partito Socialista Tedesco, direttrice della rivista L’Uguaglianza e grande mediatrice politica, accoglie il progetto della delegazione americana per ricordare la morte delle operaie nell’incendio
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Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/03/01/visualizza_new.html_1561800405.html
8 marzo: da ‘Io sono mia’ a ‘Mio corpo non ha prezzo’
La vita delle italiane in cento anni di slogan delle piazze
01 marzo, 14:02
di Agnese Malatesta
ROMA – In uno slogan la vita che vorrebbero. Nelle centinaia di frasi pensate e urlate in piazza o scritte sui manifesti nei cento anni dell’8 marzo, c’é la storia delle donne italiane che puntano a una nuova condizione e all’ emancipazione. Reclamano in famiglia e nel Parlamento pace, lavoro, diritti sociali e servizi; rivendicano rispetto e libera scelta sul proprio corpo. Insomma, la vita che vorrebbero. “Pace, libertà, lavoro. Per non vivere nell’angoscia, ma nella gioia unitevi a noi” recita la prima ‘parola d’ordiné dell’ Unione Donne Italiane (Udi) nel 1949 in occasione dell’8 marzo. “Donna, donna non smetter di lottare, tutta la vita deve cambiare!” incita un altro slogan che andava per la maggiore nelle movimentate e rabbiose piazze degli anni ’70. Sono ispirati al momento storico che vivono gli slogan delle donne. Cosi’ è anche per l’ultimo, quello dell’edizione di quest’anno, dall’esplicito riferimento all’attualità: “Il corpo è mio e non ha prezzo”. E’ un salto nel passato, questo richiamo al corpo che fa tornare in mente il popolare “L’utero é mio e lo gestisco io” e le tante versioni per l’autodeterminazione che ne sono seguite a partire da “Io sono mia”, ma non solo: “Libera nella maternità, autonomia con il lavoro, protagonista nella società” (1976). Con gli slogan dell’8 marzo, c’é un’azione di denuncia ma anche un invito alla mobilitazione. La Giornata della donna è un’occasione, gli slogan colorano di festa la lotta per l’ emancipazione ed enfatizzano: “Donna è bello”.
Negli oltre 60 anni di “parole d’ordine” concepite per l’8 marzo dall’Udi (la storica organizzazione delle donne nata nel 1945, diventata ora Unione donne in Italia), c’é la società italiana in movimento. Ecco alcune tappe. Per la prima volta nel 1954 appare la parola emancipazione. “8 marzo. Trionfi l’ideale di emancipazione e di pace della donna italiana” si legge sui manifesti in cui spicca un ricco ramo di mimosa e un busto di donna fiera e sorridente con in braccio una gioiosa bambina. Si va poi sul concreto chiedendo leggi di tutela e più servizi: “Sia il voto delle donne un voto per i loro diritti e per la pace” (1958); “Una società rinnovata nelle leggi, nel costume, nelle strutture per la donna e la famiglia” (1963); “Più potere alle donne per cambiare la società” (1968); “Per l’emancipazione femminile, una svolta nella spesa pubblica, nei consumi, negli investimenti: asili nido e scuola per tutti dai 3 ai 14 anni” (1971). Alla vigilia del referendum sull’aborto (1981), la Giornata della donna difende la legge 194: “l’8 marzo dei due NO ai referendum sull’ aborto, solidarietà fra noi donne, autodeterminazione. Il movimento delle donne rilancia la sfida”.
Nel 1983, sollecita la legge contro la violenza sessuale, che poi arriverà nel 1996: “Donna ‘persona’. In lotta per la nostra legge contro la violenza sessuale, in lotta contro il taglio ai servizi sociali voluti dal governo, in lotta per il lavoro”. Nel 1991, con la prima guerra del Golfo, si torna alla pace: “Tra uccidere e morire c’é una terza via: vivere. La guerra è finita, la pace è da costruire”. Seguono gli anni delle piazze poco numerose e sorge qualche dubbio e quindi “Il novecento è il secolo delle donne, ma…” (1998). Nel 2005, il leit motiv sono i diritti dell’infanzia (“Le donne sanno. Chiamano alla responsabilità del futuro, chiedono che ovunque nel mondo comunque siano nati le bambine e i bambini siano patrimonio comune dell’umanità”) mentre nel 2007 c’é il rilancio per le pari opportunità nei luoghi decisionali affermate dalla Costituzione: “Metà del cielo metà del mondo. 50&50… ovunque si decide”. E quest’anno si torna al corpo: il manifesto dell’Udi riproduce la statuetta dell’elegante e seducente figura della dea serpente dell’età del bronzo. Con sotto il richiamo: “Il corpo è mio e non ha prezzo”.
Sandro2(Quota) (Replica)
“Pace, libertà, lavoro”… Ma va? Invece gli uomini invocano Guerra, Tirannia, Disoccupazione. Che originalità queste donne dell’Udi, che parole d’ordine controcorrente, precise, taglienti come lame di coltello. Finalmente ci si dovrà schierare da una parte o dall’altra.!!!
““Metà del cielo metà del mondo. 50&50… ovunque si decide”. Ah, ecco! 50 e 50 ovunque si decide, non avunque ci si rompe la schiena e si rischia. Quì , cavallerscamente, tutti i posti sono lasciati agli uomini.
” “Il corpo è mio e non ha prezzo”. Barzelletta che circolava tempo addietro: Andresti a letto con un uomo che non ti piace per milla euro? Noooooo.
Per 10.000? Nooo. Per centomila? Noo. Per un milione? Ho già detto di no. E allora per quanto? Per nulla.
Armando
armando(Quota) (Replica)
Fifty fifty, va benissimo: metà mondo da una parte metà mondo dall’altra. E ripeto: asilo politico assicurato per chi si trova nella parte che non le/gli piace. Altrimenti ci si spiana a vicenda in nome di un compromesso insoddisfacente per i maschi e per le femmine. Due mondi, due economie, due giurisdizioni, due morali, due etiche, ecc. ecc.. Non è detto che la maggior parte dei maschi non vada in quello delle femmine e viceversa.. Quello che conta è il rispetto delle differenze grazie ad una sola grande regola: Unicuique suum.
cesare(Quota) (Replica)
armando
Invece gli uomini invocano Guerra, Tirannia, Disoccupazione. Che originalità queste donne dell’Udi
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Credo che molti uomini indossano la divisa per sentirsi forti davanti alle donne, ci saranno anche molti gay, odio la imbecillità che alcuni dicevano: con il servizio militare diventi uomo.
Non resisto, la posto, questa foto mi sembra l’opposto di quella di Chaplin e il monello:
http://www.mirorenzaglia.org/wp-content/uploads/2010/02/hitler-donne_fondo-magazine.jpg
Leonardo(Quota) (Replica)
beh ,Leonardo ,niente di nuovo sotto il sole ,se ,per caso hai visto la puntata di annozero , le ragazze che erano state invitate ad arcore intervistate ,parlavano di “fascino” ,stai pure tranquillo che ,il signor Berlusconi fosse stato un operaio pensionato ,quel fascino si sarebbe molto ridotto ,anzi quasi inesistente ……la foto che hai postato ,non fa altro che confermare questo
mauro recher(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it/economia/11_marzo_04/inail-calo-morti-bianche_3dd10ab8-4660-11e0-9838-118c1ba8bdb4.shtml
I DATI INAIL
Morti bianche, ai minimi da sempre
Nel 2010 le vittime di infortuni sul lavoro sono stati 980, in calo del 6,9% rispetto al 2009
MILANO – le vittime di infortuni sul lavoro nel 2010 sono state 980, in calo del 6,9% rispetto alle 1.053 del 2009. Lo comunica l’Inail, che sottolinea come il dato sia sceso per la prima volta dal dopoguerra ad oggi sotto quota mille. Gli infortuni nel complesso – precisa ancora l’Inail – nell’anno, sulla base delle stime preliminari sono stati 775.000 in calo dell’1,9% rispetto al 2009. Gli incidenti mortali nel 2010 sono stati 980 in calo del 6,9% rispetto 1.053 del 2009.
I SETTORI – Il calo risulta lievemente più pronunciato nell’Industria (-6,1%), dove prosegue la consistente perdita di posti di lavoro (-2,9% di occupati rispetto al 2009), che nell’agricoltura (-4,9%), peraltro in lieve crescita occupazionale (+0,7%). Positivo il dato relativo al settore costruzioni, che registra un calo degli infortuni pari al 7,3%, senza essere stato particolarmente penalizzato sotto il profilo dell’occupazione (-0,1%) rispetto all’anno precedente. Un aumento contenuto (+1,3%) si registra nelle attività dei servizi, a fronte di un andamento occupazionale lievemente crescente (+0,4%). Quanto ai casi mortali, la diminuzione nei servizi è inferiore rispetto agli altri rami di attività (-4,1% da 438 a 420), mentre invece è rilevante nell’industria (-8,6%, da 487 a 445) e, in particolare, nelle costruzioni (-10,5%, da 229 a 205). Particolarmente significativo in termini percentuali appare il calo delle morti sul lavoro in Agricoltura (-10,2% , da 128 a 115). Il dato sui casi mortali, secondo l’Inail, «è comunque inaccettabile». Tuttavia per la prima volta dal dopoguerra, si scende sotto la soglia dei 1.000 morti l’anno. Dal punto di vista territoriale il calo è generalizzato, ma il Mezzogiorno, che più ha sofferto per la crisi occupazionale (-1,6% contro -0,4% del Nord e un lieve miglioramento del dato al Centro), fa registrare una contrazione del 3,2% per gli infortuni in complesso, a fronte di un calo dell’1,8% del Centro e dell’1,5% del Nord. Al Centro il calo dei casi mortali (pari all’11,8%, da 221 a 195), è molto significativo ma il termine di paragone è un 2009 che aveva segnato, nella stessa area, una recrudescenza del fenomeno. In generale, spiega l’Inail, «si consolida il trend favorevole dell’andamento infortunistico avviato già da molti anni, con un’ulteriore flessione rispetto al 2009, a sua volta anno di calo record rispetto al 2008 (-10%). In tale occasione – ricorda l’Istituto- si attribuì parte della contrazione all’andamento negativo dell’economia nazionale (e internazionale): la crisi occupazionale, il massiccio ricorso a cassa integrazione edil blocco degli straordinari, incidevano sensibilmente sulla presenza e sull’esposizione al rischio d’infortunio dei lavoratori sui luoghi di lavoro. In tal senso si registra, per il 2010, l’influenza di una congiuntura economica meno sfavorevole espressa sinteticamente dal calo occupazionale stimato dall’Istat complessivamente pari a -0,6% rispetto al 2009 (era stato -1,6% nel 2009 rispetto al 2008)».
Redazione online
04 marzo 2011
Marco(Quota) (Replica)
“Il sesso forte”…
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/926d1f83b275142950197131e5055fae.pdf
Sandro2(Quota) (Replica)
E non è finita qui, perché il solito cagnolino scodinzolante, scrive:
“Se il braccio muscoloso non fa più la differenza”…
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/8f485f3da7ed6214a4335f1ea5868b20.pdf
Da ricovero coatto, in un ospedale psichiatrico.
Sandro2(Quota) (Replica)
Bene, anzi, benissimo, non possiamo che rallegrarci di questa tendenza purtroppo ancora largamente minoritaria.
Ci auguriamo che non rimanga tale e faremo quanto è nelle nostre possibilità affinchè nei tempi più rapidi possibili si arrivi finalmente a colmare questo insopportabile e millenario gap che vede quasi esclusivamente gli uomini occupati in quei mestieri considerati appunto di loro esclusiva competenza. Tanto più che lo stesso articolista spiega, con esempi molto concreti che posso confermare – ho visto con i miei occhi tantissime donne in paesi come il Nepal, ad esempio, andare su e giù per le montagne con tronchi d’albero di 50 kg. caricati sulle spalle – (cosa normalissima da quelle parti, pare che il problema riguardi le donne occidentali…) che le donne sono in grado anch’esse di svolgere i mestieri più faticosi e pesanti, come e meglio degli uomini (parole sue).
Sono assolutamente d’accordo. Che siano più “brave” non lo so e non sono in grado di provarlo. Tanto meglio se dimostreranno di esserlo. Ma sul fatto che lo possano fare non ho dubbi.
Ciò detto, non resterebbe che invocare a gran voce le quote rosa per tutti i settori dell’attività produttiva. Ma non possiamo farlo. Come sappiamo, sono vicende che ci sono precluse e all’interno delle quali non possiamo mettere il naso perché non riguardano gli uomini. Spetta dunque alle donne farlo. Quando sarà, avranno il nostro convinto sostegno.
Auspichiamo che ciò accada presto. Per due ragioni. La prima è che si tratterebbe di una giusta e sacrosanta battaglia per la parità assoluta delle condizioni di lavoro. E’ intollerabile che alle donne sia precluso lavorare nelle miniere, nei cantieri edili, nelle fonderie, sui pescherecci, sulle piattaforme petrolifere, sui sottomarini, nei cantieri stradali. La seconda è un po’ meno nobile ma molto concreta: in questo modo la fatica fisica sarebbe più equamente distribuita e forse molti uomini potrebbero dedicarsi per la prima volta nella loro vita a lavori meno pesanti e usuranti.
Non resta che attendere fiduciosi, sarà solo questione di tempo. Per ora il primo passo è stata l’ approvazione della legge per le quote rosa nei CdA, ma siamo certi che questo sia stato appunto solo il primo step in questa direzione…
Fabrizio
P.S. Come dite ? Sto facendo della pessima ironia? Naaaaaa…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
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che le donne sono in grado anch’esse di svolgere i mestieri più faticosi e pesanti, come e meglio degli uomini (parole sue).
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Io sono figlio di un muratore (attualmente in pensione), ho amici e zii carpentieri e mattonatori; be’, solo chi è sempre stato dietro una scrivania, oppure è in malafede o profondamente indottrinato, può sostenere la puttanata di cui sopra; ossia che le donne “potrebbero svolgere i mestieri più faticosi e pesanti, come e meglio degli uomini”.
Io questi pagliacci, insieme alle loro viziatissime colleghe, ce li manderei veramente a lavorare nei cantieri o nelle fonderie.
Con questo non sto sostenendo che le donne non possano svolgere lavori pesanti, bensì che non possono essere certamente ai livelli degli uomini, perché la superiore forza fisica maschile è un dato di fatto, non un’opinione.
Tuttavia, quello che io trovo vergognoso, è il fatto che dei giornalisti di “sinistra” ? siano totalmente incapaci di riconoscere il benché minimo merito ai lavoratori di sesso maschile. Che schifo.
Luca(Quota) (Replica)
http://petrolio.blogosfere.it/2006/07/dubai-cose-che.html
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Gli emiri sono pochi, ricchissimi (ne ho visti alcuni con mogli al seguito fare acquisti nelle gioiellerie) e la “gente” di Dubai è tutta immigrata dall’India, dal Pakistan, dal Bangladesh: i nuovi schiavi, che costruiscono e gestiscono i servizi per ricchi di tutto il mondo. Tutto trasuda petrolio, anche se non si vede: la benzina costa venti cents al litro e si circola solo in taxi.
Che senso avrebbe fare trasporti pubblici? Tutto trasuda anche sudore e sangue, quello dei muratori africani che stendono guaine in cima ai grattacieli sotto un sole cocente e un’afa che ammazza, e tornano a casa ammucchiati in bus cadenti da Terzo Mondo. Dopo aver visto un tale spettacolo, non acquisterei uno di quegli appartamenti neppure regalato.
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Sbaglio o anche in questo caso sono solo degli uomini a sputare sangue?
Luca(Quota) (Replica)
Sbaglio o anche in questo caso sono solo degli uomini a sputare sangue? (Luca)
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Io aggiungerei anche quei muratori e carpentieri che negli USA costruiscono i grattacieli stando sospesi nel vuoto, e che frequentemente sono nativi americani di sesso maschile.
Andrea(Quota) (Replica)
Ma qualcuno ha fatto presente a quei giornalisti di Repubblica, che il servosterzo, la robotica, ecc, sono invenzioni maschili? Perciò chi è che devono ringraziare le donne, se oggi, ALCUNE di loro, possono permettersi di svolgere una certa tipologia di lavori?
Ma loro lo sanno cosa significava guidare un tir prima dell’avvento del servosterzo? E lo sanno cosa significava essere fabbri anche solo cinquant’anni fa, o lavorare in fonderia prima della seconda guerra mondiale, oppure arare la terra con le vacche a traino?
Poi, che razza di ragionamento sarebbe quello secondo cui un leggerissimo aumento di donne dedite a mestieri tradizionalmente maschili, equivarrebbe a un “rovesciamento dei ruoli” ? Ma che cazzo scrive questa gentaglia? A parte il fatto che spesso (ma non sempre) i lavori più umili li svolgono gli extracomunitari maschi, se è per questo, oggigiorno, anche MOLTISSIMI più uomini, rispetto a soli venti/venticinque anni fa, vivono da soli e sanno cucinare (spesso meglio delle partner), azionare una lavatrice e stirarsi una camicia.
Eppure NESSUNO scrive che i ruoli si sono invertiti!
Anzi, non passa giorno senza che ci rinfaccino la non raggiunta parità nei lavori domestici!
Ma che vadano a…!!
Marco(Quota) (Replica)
PS:
Anche la donna meccanico alla quale fa riferimento la giornalista di Repubblica, come dice lei stessa, si occupa per lo più di revisioni, che rappresentano un ruolo del meccanico sui generis, che poco ha da spartire con il vero lavoro di chi smonta e rimonta i motori. Questo dimostra che pur lavorando in una autofficina (tra l’altro di famiglia), le sue mansioni prevedono poca responsabilità, nonché uno sforzo fisico alquanto modesto.
Marco(Quota) (Replica)
Donne meccanico?
Ma non fatemi scompisciare dalle risate
Non sò bone manco a cambià na ruota…
Le revisioni possono fare, giusto quelle, dato che le saprebbe fare anche un ragazzino di 13 anni: fanno tutto i macchinari, analisi dei fumi, prova dei freni, ammortizzatori, ecc.
L’ intervento del meccanico consta della verifica del funzionamento delle luci e dell’ usura delle gomme
sandro(Quota) (Replica)
Non vogliono fare i lavori pesanti però in palestra a fare pesi e attrezzi ci vanno, anche lo sport femminile esiste e da tempo: il tennis, la corsa e anche sport di combattimento.
Alcune si prendono anche quelle bombe per diventare enormi piene di muscoli. Così come portare l’automobili e il motorino per i beati comodo loro.
Leonardo(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/18a234898e8043a69bec21798755e6ab.pdf
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nei lavori pesanti e rischiosi le donne ci sono già e anche numerose
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No comment… non ne vale neanche la pena.
Riguardo alla questione degli incidenti domestici, basta leggere qua.
http://www.maschiselvatici.it/pdf/incidenti_domestici.pdf
Sandro(Quota) (Replica)
Vorrei sapere cosa ne penserebbe la signora se improvvisamente si imponessero le “quote azzurre” in quei settori dove le donne sono numericamente prevalenti. Secondo me griderebbe allo scandalo. Poi la solita lagna sul lavoro in casa, sulla cura degli anziani che peserebbe sulle donne. Per quanto riguarda il secondo punto, le donne italiane hanno già trovato la soluzione, visto che li affidano alle donne straniere, e per quanto riguarda il primo punto, un consiglio: non sposatevi, risparmiateci le vostre continue lamentele.
Comunque che ci sia una figlia di papà o un figlio di papà nei CDA non me ne può fregare di meno. E’ chiaro che l’opposiziomne a questi provvidimenti è di puro principio. Chissà quando terminerà da parte di queste signore la lagna della discriminazione di genere: abbiamo ministri donne, al vertice del maggior sindacato italiano e della confindustria ci sono donne, grandi direttori dei giornali sono donne…e poi vengono a raccontarci la storia del “soffitto di vetro”…ma fatemi il piacere! E’ vero che una buona fetta del mondo maschile è composta da idioti, ma queste qui pensano che oramai sia la sua interezza!
Alessandro(Quota) (Replica)
Dati Inail per il 2009:
“Meno incidenti per gli uomini e nelle aree industriali del Paese. Un’analisi dell’andamento infortunistico del 2009 condotta in ottica di genere evidenzia come la flessione degli incidenti non sia stata uniforme, ma molto più accentuata per gli uomini (-12,6%) rispetto alle donne (-2,5%). Diversa, invece, la situazione relativa ai casi mortali, con una riduzione del 14% per la componente femminile (74 lavoratrici decedute rispetto alle 86 del 2008), a fronte del 5,6% relativo agli uomini (dai 1.034 morti del 2008 ai 976 del 2009). Va evidenziato, tuttavia, che per le donne il 60% delle morti si è verificato in itinere.”
Ieri il QN titolava: E le donne sempre più a rischio!!
Quando si dice l’obbiettività!
armando
armando(Quota) (Replica)
http://www.inail.it/repository/ContentManagement/node/N670420288/DatiInail%202_2011.pdf
Rita(Quota) (Replica)
Interessante la segnalazione di Rita.
Inail: Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro.
Titolo dell’articolo: Parità fra i sessi, si può fare di più.
Uno pensa subito. Finalmente si sono accorti del divario di genere per gli infortuni, ed emerge l’esigenza di ridurlo, il divario, visto che la stragrande maggioranza delgi infortuni, sopratutto quelli gravi e gravissimi, colpiscono i maschi.
Macchè. L’articolo parla dell’esigenza di aumentare l’occupazione femminile, come se questo fosse il compito istituzionale dell’Inail. E voilà, la parità è servita.
armando
armando(Quota) (Replica)
http://www.aimac.it/__k6SWnA==_21_stw.html
03 Aprile 2009
AIOM News n.248 del 24/03/09
Lavori notturni più a rischio cancro seno, risarcite 40 donne danesi
Risarcimenti per le donne che si sono ammalate di tumore del seno per aver svolto il loro lavoro di notte. Lo ha deciso il Governo danese, sulla base delle conclusioni dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che ha inserito il lavoro notturno fra i fattori di rischio cancro al pari di steroidi, raggi ultravioletti e scarichi dei motori diesel. Sono già state risarcite 40 donne, mentre è stata rifiutata la richiesta di pazienti con altri casi di tumore del seno in famiglia. Secondo gli esperti dello Iarc, il lavoro notturno aumenta il rischio di sviluppare questo tumore femminile, tanto che alla fine del 2007 è stato inserito nella lista dei ‘possibili’ agenti cencerogeni. “Le alterazioni del ritmo sonno-veglia, causate dai turni senza luce naturale – ha spiegato Vincent Cogliano dello Iarc – possono ridurre la quantità di melatonina prodotta dall’organismo. Quest’ormone ha diversi effetti in grado di prevenire alcuni eventi ‘chiave’ nella strada che conduce al cancro”, ha sottolineato l’esperto, precisando che l’agenzia internazionale è giunta a queste conclusioni sulla base di numerosi studi.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/04/21/news/uomini_competitivi-15204115/?ref=HREC2-11
LA RICERCA
Uomini più competitivi
per questo guadagnano di più
Lo studio “Gender differences in competition emerge early in life” rivela che dietro i lauti stipendi e le posizioni dirigenziali del sesso maschile non ci sono discriminazioni di genere ma una diversa inclinazione personale
di SARA FICOCELLI
GLI UOMINI sono più competitivi delle donne già dai tre anni di età ed è questo il motivo per cui, da adulti, guadagnano di più. Una ricerca dell’Iza Research Institute condotta in Germania da Matthias Sutter e Daniela Rützler rivela che dietro i lauti stipendi e le posizioni dirigenziali del sesso maschile non ci sono discriminazioni di genere ma una diversa inclinazione personale, che ha base genetica e si manifesta fin dai primi anni.
Presentato alla conferenza annuale 2011 della Royal Economic Society, lo studio “Gender differences in competition emerge early in life” ha esaminato 1.035 soggetti tra bambini e teenager tirolesi di ambo i sessi fra i tre e i 18 anni, sottoponendo i maggiori di otto a un test matematico e i più piccoli a un esercizio di corsa sui 30 metri. A tutti è stato chiesto di scegliere se affrontare le prove da soli o in gruppi di quattro persone, offrendo 50 centesimi per la competizione individuale e 2 euro per quella collettiva.
Entrambi gli esperimenti hanno dimostrato che i maschi sono più predisposti a gareggiare rispetto alle femmine (il 40% di loro contro il 20% delle ragazze) e che questa inclinazione è uniformemente spalmata lungo tutte le fasce di età e resta invariata nel tempo. Le differenze emergono già a tre anni e prescindono dalla predisposizione alla matematica o alla corsa. Pur ottenendo risultati molto buoni sia in campo fisico che intellettuale, le ragazze sottovalutano le proprie potenzialità e cercano di evitare
il confronto. “Ma per avere successo nel mondo del lavoro – spiega Sutter, del dipartimento di Finanza pubblica dell’università di Innsbruck – e ottenere posti di lavoro interessanti e ben pagati, è importante essere competitivi”.
Dagli
“Le donne devono anche conciliare lavoro e famiglia, e questo può avere conseguenze sul piano fisico e psichico”
studi di Gneezy, Niederle e Rustichini del 2003 a quelli di Wozniak, Harbaugh e Mayr del 2010, sono molte le ricerche che finora hanno dimostrato che le donne tendono a evitare la competizione sul lavoro, pur essendo ugualmente qualificate rispetto agli uomini. Secondo gli studiosi tedeschi, questo diverso approccio cronicizza le differenze di genere, portando nel lungo periodo gli uomini a raggiungere posizioni lavorative più alte e stipendi maggiori.
Secondo gli ultimi dati Inail le donne percepiscono un salario minore di circa il 20% rispetto ai colleghi con pari ruoli e competenze, svolgono mansioni di minore responsabilità e autonomia, sono esposte a lavori monotoni e ripetitivi, meno coinvolte in attività che richiedano problem-solving e creatività, più esposte a lavori precari e più spesso vittime di molestie, azioni discriminatorie e mobbing. “Bisogna poi considerare – spiega lo psicologo del lavoro Fabio Donati, direttore scientifico del Centro Interdisciplinare di Psicoterapia Analitica di Livorno – che spesso sopportano in misura prevalente il carico del lavoro domestico, che le costringe a conciliare lavoro e famiglia. Fonti Istat rilevano che mentre gli uomini in media dedicano alla famiglia circa due ore al giorno, le donne ne dedicano cinque e mezza. Tutto ciò può avere conseguenze molto serie sia sul piano fisico (dall’aumento delle patologie coronariche alle sfasature del sistema endocrino), che psichico (demotivazione, frustrazione, depressione, ansia)”.
L’esperto ricorda che uomini e donne differiscono anche per strategie cognitive e risposte emotive: “Se la mancanza di responsabilità è vissuta dalle donne come frustrante – spiega – per gli uomini è invece stressante l’eccesso di responsabilità. Mentre questi ultimi reagiscono, quando possibile, affrontando direttamente il problema, le donne tendono ad attivare strategie di contenimento e condivisone emotiva. Tenendo conto di tutti questi fattori, è facile comprendere che le oppurtunità di carriera non possono dipendere solo dai geni della competitività”.
Secondo lo psicologo del lavoro Andrea Castello, è sì vero che gli uomini sono più competitivi delle donne, ma molto dipende dall’educazione familiare ricevuta: “I maschi vengono incoraggiati diversamente a superare gli insuccessi rispetto alle femmine – spiega – senza contare le situazioni in cui le aspettative dei genitori, anche se non espresse, chiedono al figlio di essere il migliore, il più forte e intelligente”. Inoltre, fin da piccoli i maschi fanno giochi di gruppo, dove la competizione è prevalente, e anche i loro modelli da imitare sono diversi: eroi che “vincono” e sono sempre “i più forti”. “Personalmente – conclude Castello – ritengo che tale caratteristica non sia sufficiente a giustifiare stipendi più alti. In un sistema “meritocratico”, le competenze dovrebbero avere un peso importante nel definire i compensi. Ricordiamoci però che la nostra società è tendenzialmente maschilista e privilegia quindi, volontariamente o involontariamente, il genere maschile o le caratteristiche affini ai maschi”. Come, per esempio, la competitività.
(21 aprile 2011)
Sergio(Quota) (Replica)
Ho letto parte della discussione, che è davvero lunghissima. Ieri, come al solito, ho chiesto a mio marito di aprire il malefico barattolo di pisellini, e a volte gli passo la bottiglietta dell’acqua il cui tappo diventa sempre più resistente. Laonde, pur essendo in piena salute e sportiva ( nuoto) ho meno forza fisica di lui, che ha 13 anni più di me che ne ho 56. Il fisico delle donne è meno forte di quello degli uomini, e per i lavori manuali immagino che l’imprenditore stesso preferisca un soggetto che rende di più ( money for value, detto all’inglese), e che porta a compimento il lavoro in meno tempo grazie alla maggiore forza muscolare. Un’altra considerazione: la donna a tutt’oggi è la figura principale nella cura dei bambini, e perfino da un punto di vista evolutivo non mi sembra abbia molto senso che rischi la vita sul lavoro. In generale a me sembra che più che le rivendicazioni e i “poveri noi” uomini e donne dovrebbero adattarsi ai cambiamenti incorsi dopo l’invenzione della pillola, che ha liberato la donna dalle gravidanze obbligate, e andare verso il futuro in modo costruttivo. E’ evidente che a seguito di grandi cambiamenti ci sarà un periodo di assestamento, ma magari fra una cinquantina d’anni tutte queste polemiche si saranno sopite e sembrerà scontato che le donne facciano tutti i lavori a loro consoni. Che poi ci si debba incavolare per l’indifferenza verso i morti sul lavoro e la mancanza di sicurezza per gli operai a causa del profitto dell’impresa, quello è un altro discorso. La polemica andrebbe fatta in quella direzione e non rivolta alle donne, sennò sembra “beh, se muoio sul lavoro io dovresti farlo anche tu”, e non è questo il punto, bensì azzerare gli incidenti.
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
Infatti, Annamaria, il vero interrogativo da porsi è quello delle priorità: è più urgente operare perchè i posti di lavoro siano più sicuri per uomini e donne oppure consentire alle donne di ascendere ai gradi più alti della politica e del consigli di amministrazione attraverso scrociatoie anticostituzionali? Questa società ha scelto che la priorità è la seconda, e non solo le più irrecuperabili delle femministe, ma anche il Presidente della Repubblica, la “sinistra” e compagnia bella. In questo articolo si vuole mettere in evidenza che c’è un’emergenza su cui si tace e a farlo sono spesso gli stessi uomini che ne sono vittime, per tutta una serie di ragioni. Viviamo davvero in una società grottesca: ci si indigna per il nulla o quasi, un paio di ragazze, maggiorenni, pagate da un Presidente del Consiglio per fargli compagnia, un paio di ragazze che si mostrano in tv in minigonna, emergenza nazionale, mentre si considera naturale che si muoia sul lavoro. Per fortuna l’ultima sentenza di un tribunale ha fatto giustizia in merito a quelle che è successo alla Tissen, ma la mia impressione è che siano stati puniti perchè stranieri. Sappiamo quanto, purtroppo,la magistratura italiana sia prona di fronte al potente di casa. I casi giudiziari di Silvio Berlusconi, un uomo che sarebbe stato condannato già da un pezzo persino in Sud America, lo testimoniano. Chiusa la parentesi, ormai in questo Paese ci si è dimenticati dei bisogni degli ultimi, e questa responsabilità ricade in modo particolare su quegli schieramenti politici che dovrebbero rappresentarne i bisogni. Consiglierei un bel motto per la sinistra che si avvicina alle prossime elezioni: meno femminismo, meno liberismo, più giustizia sociale. Chissà forse nel 2099 lo troveremmo esposto in qualche manifesto di sinistra
Alessandro(Quota) (Replica)
bel post di Alessandro che condivido in pieno …
non è che ,se al posto degli uomini ,muoiono le donne ,abbiamo risolto i problemi ,o meglio sia questo lo scopo dell’articolo …….come ha detto giustamente Alessandro…. priorità ,mettere in risalto un problema che viene spesso taciuto ….
resta comunque un fatto da sottolineare ,si dice che noi viviamo in un paese maschilista e che si sottomettono le donne ai voleri maschili .di solito ,quando una etnia era schiava di un altra ,gli si faceva fare i lavori più duri e quindi anche più pericolosi ,cosa che sembra non succeda ……
mauro recher(Quota) (Replica)
@Alessandro: tempo fa lessi un bell’articolo sul Venerdì di Repubblica che parlava dell’atteggiamento ostile di certi lavoratori italiani nei confronti degli immigrati che “toglievano loro i posti di lavoro”. Mi pare che il titolo contenesse le parole “guerra tra i poveri”. La tesi del giornalista ( mi pare Maltese) era che i lavoratori italiani dovevano fare le loro rivendicazioni a chi di dovere e non prendersela con altri disgraziati nella loro stessa posizione. Non votare per un gruppo parlamentare che dei lavoratori se ne frega altamente è il modo principale, oltre a quello tradizionale di farsi appoggiare dai sindacati. Beh, perché ho detto questo? Perché la sicurezza sul lavoro è una priorità, e che le donne ascendano ai gradi più alti della politica è un’altra priorità, in una sfera diversa. A che serve prendersela con le donne se non, come ho scritto prima, per sfogarsi “ ecco, io rischio la vita e tu beata solo un incidente domestico mentre affetti le cipolle?” Cosa te ne viene in termini di maggiore sicurezza sul lavoro? Niente. Più giustizia sociale ma anche più femminismo, sono ambedue sinonimi di progresso sociale. Se la sicurezza sul lavoro è prioritaria, quando ci sarà una manifestazione o uno sciopero che coinvolge questo fenomeno, ci andrai. Ci sarò anch’io, e sarò a quelle come “Se on ora quando” del 13 febbraio.
@Mauro: si dice che viviamo in un paese maschilista perché, per motivi storici, lo è ancora. La generazione prima della mia era composta in gran parte di contadini, tradizionalisti e non pronti ad accettare la rivoluzione femminista, chiamiamola così. Le leve del potere in Italia sono in mano a maschi anziani, che risentono di quella mentalità. In TV la donna ha funzione ornamentale-oggetto erotico. Bruno Vespa non chiede alla vincitrice della sezione giovani Silvia Avallone di cosa tratti il suo libro ma invita i cameramen ad inquadrare il decolleté, commentandolo con sorriso ebete. Questo per quanto riguarda il mondo dei media, e in pubblicità è peggio. A livello di conquiste salariali e sociali siamo indietro rispetto all’Europa. Ecc. ecc. Non c’è bisogno di ridurre in schiavitù una categoria per definirsi maschilisti, perlomeno non nel 2011 in un Paese membro della Comunità Europea. I confronti e i dati devono tener conto del momento storico e delle condizioni della società, e i tempi mi sembrano maturi per un progresso verso la parità.
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
Più giustizia sociale ma anche più femminismo, sono ambedue sinonimi di progresso sociale.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Questa è una tua idea che oggi, e forse anche in passato, non corrisponde al vero. Chiedere agevolazioni a favore di un sesso a discapito di un’altro, tali sono infatti le richieste femmniste, non è progresso sociale, è semplicemente sessimo. E’ strano, o forse no , che proprio voi che fiutate il sessismo ovunque non lo cogliete in alcune macroscopiche manifestazioni, vedasi quote rosa o commissioni pari-opportunità, a cui è quasi vietato per statuto agli uomini di accedere>>>>>>>>>>>>>>>>>
Se la sicurezza sul lavoro è prioritaria, quando ci sarà una manifestazione o uno sciopero che coinvolge questo fenomeno, ci andrai. Ci sarò anch’io, e sarò a quelle come “Se on ora quando” del 13 febbraio.
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Sì, allora ci incontreremo nella manifestazione sulla sicurezza sul lavoro. Per quanto riguarda l’altro genere di manifestazioni che tu citi, io non ho voti da raccattare nè ho tendenze
masochistiche , quindi non vedo la ragione di parteciparvi.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Per quanto riguarda la seconda parte del tuo intervento, riproponi le solite lamentele femministe: il maschilismo, la diversa retribuzione tra uomini e donne, la donna “oggetto”…Su tutti questi temi, e sulla loro infondatezza, si è discusso fino alla noia su UB e sinceramente mi è venuto a noia ritornarvi e non so neanche quanto sia utile: la “verità” appartiene alla maggioranza eterodiretta e quest’ultima sostiene ciò che tu scrivi.
Un’ultima cosa: se in Parlamento ci fosse una maggioranza di donne rispetto agli uomini e le prime facessero delle scelte politiche che andassero a giovamento dell’altro sesso, tu cosa penseresti? Attenzione, perchè spesso l’apparenza inganna.
Alessandro(Quota) (Replica)
Personalmente mi sono veramente rotto di dover leggere o ascoltare donne che ancora oggi seguitano a parlare di “società maschilista”, a fare riferimento a questo o quell’anziano politico, a rompere le scatole perché la TV inquadrerebbe questa o quell’altra donna scosciata o scollata, neanche le suddette avessero una pistola puntata alla tempia.
Quella della “parità” è una vera e propria ossessione femminile/femminista, che per certi aspetti è patetica, ridicola, stupida e non significa assolutamente nulla.
Ma dirò dell’altro: più passa il tempo e meno trovo interessante la donna media italiana, perché, come faceva giustamente notare Sandro in uno dei suoi posts, sono assolutamente ostili nei confronti dell’uomo medio italiano.
Che invecchino pure da sole.
Riguardo alla questione della sicurezza sul posto di lavoro, vorrei far notare che i rischi possono essere sicuramente ridotti ma non eliminati del tutto, perché certi lavori sono pericolosi a prescindere.
Inoltre non credo che Fabrizio (o altri) non siano consapevoli del fatto che certi lavori siano molto più adatti gli uomini a svolgerli, in virtù della superiore forza fisica dei medesimi, ma, invece, penso che egli abbia voluto evidenziare l’omertà e la slealtà femminile/femminista, nonché il mancato apprezzamento da parte delle donne, delle istituzioni e della società nel suo complesso, del lavoro e del sacrificio maschile.
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PS. A proposito di politica: quante sono, in percentuale, le donne interessate a far politica? Qual è il loro numero preciso nei partiti? (e nei sindacati). A me risulta che siano una minoranza, ed anche la vita quotidiana mi conferma ciò, poiché, come chiunque di voi può appurare, le donne sono molto meno interessate alla politica rispetto agli uomini. Pertanto, se proprio si vogliono far passare le quote rosa, che lo si faccia tenendo conto della percentuale di donne realmente militanti.
Insomma, basta piagnistei, perché queste “signore” hanno veramente stufato!
Fabio(Quota) (Replica)
A livello di conquiste salariali e sociali siamo indietro rispetto all’Europa. (Annamaria)
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Cioè? Cosa intendi di preciso? Ti riferisci alla solita sciocchezza secondo la quale a parità di mansioni e di qualifica, le donne sarebbero pagate di meno?
Ma per piacere… Ascolta, il vero cancro italiano è il nepotismo, non il sessismo.
Per esempio, nell’azienda in cui lavoro io, un mio collega guadagna cento euro di più al mese (rispetto a me, che ho più esperienza di lui e la mattina arrivo in perfetto orario…) solo perché è il figlio di uno dei quattro soci che la dirigono, mentre la figlia di un altro titolare, pur lavorando part time, guadagna uno stipendio pieno, da full time…
Fabio(Quota) (Replica)
@Annamaria: a livello di conquiste salariali e sociali siamo indietro rispetto all’Europa.
Mi piacerebbe davvero che qualcuno, al di là degli slogan, mi spiegasse in maniera chiara il perchè di queste affermazioni ripetute all’infinito.
per intanto non è vero visto che anche secondo il Gran Consiglio d’Europa delle Pari Opportunità di ‘sta fava e di st’ostrica (scusate la volgarità) siamo al primo posto.
http://www.adnkronos.com/IGN/Lavoro/Dati/Italia-al-primo-posto-Ue-per-parita-uomo-donna-nei-salari_92851778.html
Le lavoratrici italiane guadagnerebbero in media solo il 4,9% in meno degli uomini, percentuale irrisoria se confrontata a quella degli altri paesi europei. La differenza media in Spagna è del 17,1%, in Germania del 23,2%, in Gran Bretagna del 25,5%, per arrivare al 30,3% dell’Estonia.
Altre ricerche (come quella della Bocconi che chissà perchè è stata pubblicizzata una volta ma non viene più presa in considerazione, forse perchè anzichè a limitarsi a dividere l’ammontare degli stipendi per il numero dei lavoratori è andata a vedere l’anzianità, le ore effettive di lavoro, gli straordinari etc.) davano il 2% di differenza non spiegabile.
Una tabella comparsa su Panorama qualche anno fa metteva a confronto gli stipendi dei dirigenti nei vari settori e dava differenze variabili fra l’1% e il 2% ed in alcuni settori (ad esempio il pubblicitario) le differenze erano a favore dei dirigenti donne (cioè guadagnano di più dei dirigenti uomini impiegati in quel settore).
Per cui, anzichè dire “Se non ora quando” mi verrebbe da dire “Fino a quando?”
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problema morti sul lavoro: è palese che alcuni lavori sono alla portata degli uomini, ma i tanti morti che sono piccoli imprenditori ed artigiani testimoniano che non è solo un problema di sicurezza. E’ riducibile ma non eliminabile completamente. Il punto è che non si capisce perchè non possa essere riconosciuto l’apporto sociale di genere. Pare che l’unica caratteristica o apporto che si possa riconoscere agli uomini oggi sia la tendenza a discriminare… curioso direi
Rita(Quota) (Replica)
C’è poi uno strano aspetto delle donne che mi fece notare un’utente di un forum: mi parlò dell’osservazione di alcune sue amiche che uscivano in “tiro” con minigonna e scollatura e commentavano gli sguardi maschili con “.. hai visto quel figo che mi ha guardato!” oppure “guarda quel porco che mi ha guardato”.
Si chiedeva l’intelligente donna (a mio avviso) come potevano gli uomini capire in anticipo se rientravano nella categoria del “figo” o del “porco” visto che lo sguardo era evidentemente suppergiù il medesimo.
Stesso discorso per Bruno Vespa e l’Avallone (citati da Annamaria per l’ennesima volta come cultura discriminatoria e sessista nonostante non sia esattamente successo l’altro ieri) : magari avrà sbagliato ad attirare l’attenzione sul decolletè (che non passava inosservato se non ricordo male dato che la scollatura arrivava quasi all’ombelico) ma era proprio necessario che una scrittrice di valore si presentasse a ritirare un premio conciata così? per intenderci alla Paris Hilton il cui unico lavoro è attirare l’attenzione e far parlare di sè? Non è che magari pure se Umberto Eco fosse andato a ritirare un premio ad una cerimonia in calzoncini corti avrebbe fatto parlare di sè per le gambe mostrate piuttosto che per il libro?
Rita(Quota) (Replica)
Annamaria ha scoperto l’esistenza del MUB e del Momas da qualche giorno, presenze socio-culturali di cui non poteva nemmeno immaginare l’esistenza. E’ così perché non può essere altrimenti.
Ma anziché leggere, informarsi e cercare di capire (il chi, il cosa, il perché etc) è venuta subito ad insegnarci quale sia la vera parità e quanto manchi ancora al suo raggiungimento. Con un’altra dose di femminismo – dice – prima o poi ci arriveremo.
Ha finto di non capire che qui, di quella “parità”, di quella “giustizia”, di quella “equità” siamo …sazi.
Ci sta dando la miliardesima lezione di femminismo e insieme la miliardesima prova della sordità assoluta della Liberata.
Antifemminismo o barbarie!
Rino D.V.
Rino(Quota) (Replica)
@Fabio: il nepotismo è sicuramente un cancro, e il clientelismo un altro ( vedi “parentopoli” a Roma.) Però il sessismo esiste, e essendo tu maschio non saprai mai cosa significhi essere valutati per l’aspetto fisico: è degradante, perchè noi ci consideriamo persone alla pari di voi, ma il messaggio che riceviamo costantemente è che il nostro sex appeal, o la mancanza di esso, siano più importanti del nostro cervello, come provato da uno dei mille casi, quello di Vespa, che ho citato sopra. E il motivo per cui ci sono poche donne in politica è perché in generale qualsiasi posto di potere ambito dalla donna è temuto. Oltre a ciò resta il fatto che se in famiglia ci sono figli sarà la moglie a sacrificare la carriera. Adesso mi allontano dal vostro sito, perché pensavo che gli uomini beta fossero molto diversi da quelli alfa ma non ne sono più certa! Pur essendo stato il nostro confronto più che civile, temo che una delle due parti si irriterà e basta a sentire l’altra. Io non sono arrabbiata, non ce l’ho con i maschi e non credo che il genere femminile sia ostile agli uomini a parte qualche frangia di femministe estremiste. Mi sembra invece che a parlare di rivendicazioni siate voi, anziché mettere in fila una serie di problematiche reali e considerarle tutte importanti, più o meno a seconda di quanto sia coinvolta una certa categoria.
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
@Rita Si chiedeva l’intelligente donna (a mio avviso) come potevano gli uomini capire in anticipo se rientravano nella categoria del “figo” o del “porco” visto che lo sguardo era evidentemente suppergiù il medesimo.
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si potrebbe fare lo stesso paragone sul perchè come mai, ad una stessa battuta, le donne ad un figo ridono e ad un bruttino si indignano… Se giriamo la frittata questo esempio è meno sentito, te lo dico per esperienza ……
@annamaria
Però il sessismo esiste, e essendo tu maschio non saprai mai cosa significhi essere valutati per l’aspetto fisico
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scusami ,ma questa è una balla colossale, ognuno è valutato per l ‘aspetto …In ambito lavorativo non ti guardano l’aspetto solo se fai l’operaio come il sottoscritto. Già se vuoi entrare in un lavoro d’ufficio l’aspetto fisico viene preso in considerazione anche se sei un uomo. Esperienza personale anche qui. Non mi soffermo neppure sul piano affettivo dove è palese che le donne hanno il “potere” di scelta ..
Infine un ultima considerazione: diamo pure per certo che viviamo in un mondo maschilista. Sta di fatto che io sia nel lavoro, sia nel personale, tutto questo potere che mi sarebbe stato conferito in quanto uomo, non l’ho mai “toccato con mano”!!
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mauro recher(Quota) (Replica)
X Annamaria
1) Essendo tu femmina non saprai mai cosa significhi essere valutati per la propria posizione sociale e il conto in banca.
2) Le donne sono molto meno interessate alla politica degli uomini. Lo può appurare chiunque, nella vita quotidiana.
3) Nessuno vi obbliga a sposarvi né a fare figli, perciò, se quest’ultimi sono un impiccio la soluzione esiste, ed è la seguente: usate le precauzioni, non fatevi mettere incinta, ed eventualmente abortite, per poter così diventare delle “donne in carriera”, acide, scontrose e perennemente frustrate.
Fabio(Quota) (Replica)
Annamaria
@ Però il sessismo esiste, e essendo tu maschio non saprai mai cosa significhi essere valutati per l’aspetto fisico: è degradante, perchè noi ci consideriamo persone alla pari di voi, ma il messaggio che riceviamo costantemente è che il nostro sex appeal, o la mancanza di esso, siano più importanti del nostro cervello, come provato da uno dei mille casi, quello di Vespa, che ho citato sopra.
@
In realtà voi (in generale) vi considerate persone superiori a noi e non alla pari… Inoltre, cara Annamaria, sarebbe il caso che iniziassi a distinguere fra la realtà descritta dalla propaganda femminista e la realtà vera, che è diversa, perché da uomo posso dirti che anche le donne valutano molto l’aspetto fisico degli uomini e la loro prestanza fisica e sessuale. Perciò chiunque non rientri in certi canoni estetici può pure “impiccarsi”.
Simone(Quota) (Replica)
Fabio
3) Nessuno vi obbliga a sposarvi né a fare figli, perciò, se quest’ultimi sono un impiccio la soluzione esiste, ed è la seguente: usate le precauzioni, non fatevi mettere incinta, ed eventualmente abortite,
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Le rivendicazioni femminili di Annamaria nascono dall’ essere svantaggiate verso gli uomini per via del parto e tutto il resto . La natura umana è questa, loro non l’accettano. Certo la natura è malvagia e cercare di migliorare la vita va bene, oggi c’è la pillola e mi sta bene (anche se poi nun se scopa lo stesso) Ma i post di Annamaria sono intrisi di egoismo (senza offesa, dico lei che sembra accomodante per parlare di gran parte delle donne, mano accomodanti) non riesce a capire la controparte: l’uomo è uno zozzone volgare senza un anima, e non può fare rivendicazioni. Gran parte degli uomini gli danno ragione, ma forse questi, che sanno solo fare battutte sul sesso, le fanno per sviare i problemi reali che affronta la QM.
Leonardo(Quota) (Replica)
“il vero cancro italiano è il nepotismo, non il sessismo”
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Mi associo.
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“essendo tu maschio non saprai mai cosa significhi essere valutati per l’aspetto fisico: è degradante”
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E’ molto più degradante, nel momento in cui un uomo può mettere i suoi meriti sul piatto della bilancia, vedersi scavalcare da una donna che, su quel piatto, ci mette appunto solo l’ aspetto fisico.
E di solito, le donne cui madre natura ha consentito di poter fare questo, non è che vivano la cosa come un handicap, tutt’ altro.
Ci sguazzano. Nicole Minetti docet.
sandro(Quota) (Replica)
Premessa. Annamaria Arlotta, che non conoscevo prima d’ora, mi ha contattato personalmente su face book circa tre o quattro giorni fa per chiedere la mia adesione e quella di Uomini Beta alla sua iniziativa contro la pubblicità sessista. Dopo aver letto il suo documento ho naturalmente declinato l’invito per l’ovvia ragione che le sue e le nostre posizioni sono lontane anni luce. Ci siamo comunque riproposti di sentirci telefonicamente, cosa che abbiamo fatto il giorno seguente. Abbiamo avuto un colloquio pacato e amichevole dove naturalmente è emersa la nostra totale diversità di interpretazioni.
Io l’ho comunque sollecitata ad incontrarci anche con gli altri aderenti del suo gruppo tra i quali ci sono molti uomini (presumibilmente appartenenti alla schiera di coloro che noi definiamo come “maschi pentiti”, ma non importa, se anche in uno solo di loro riusciamo ad instillare un dubbio è comunque una vittoria) per un possibile confronto dal momento che noi, come ben sappiamo, abbiamo un grande bisogno di spazi e luoghi, qualsiasi essi siano, per espandere il nostro messaggio. E anche lei ha accettato di buon grado.
Ciò detto, Annamaria è una femminista, anche se lei sostiene di non esserlo, con la differenza che rispetto a molte altre adotta un atteggiamento apparentemente morbido e non conflittuale, quanto meno nei modi. Ma la sostanza non cambia. Lei, per lo meno al momento del nostro colloquio telefonico, non aveva neanche letto il nostro manifesto perché, per sua stessa ammissione, lo trovava troppo lungo e anche un po’ noioso. Non ha usato questa espressione ma il retro pensiero era questo. Il che non è certo una colpa, sia chiaro, però se si decide di contattare un gruppo di persone per proporgli di aderire ad un progetto sarebbe meglio conoscere le loro posizioni, ancor prima di intervenire nel loro blog…
L’unico articolo che aveva letto è “Ciò che paralizza gli uomini” che aveva trovato (testuali parole) , nella sua prima parte, addirittura affascinante (guarda caso la parte in cui affrontiamo in modo critico il fenomeno del machismo”) ma che, a suo parere, si perdeva nel finale dove riproponevamo una conflittualità con il “femminile” che, guarda un po’, sarebbe superata e comunque da superare. Il che, metaforicamente, potrebbe essere paragonabile a questa sorta di sketch dove il ricco si rivolge al povero dicendogli:”Povero e discriminato, perché sei così incazzato con me che sono ricco e privilegiato? Supera questa anacronistica conflittualità e marcia insieme a me verso orizzonti radiosi (dove tu, sia chiaro, continui ad essere povero, e io continuo ad essere ricco…) . Naturalmente per Annamaria questa metafora è del tutto impropria perché per lei le donne continuano ad essere più o meno tutte oppresse e discriminate e più o meno tutti gli uomini oppressori e privilegiati. Ma questo è un altro discorso…
Battute a parte, le sue posizioni (Annamaria non se la prenderà ci certo o al limite ostenterà indifferenza, ma certamente apprezzerà la mia franchezza) sono una sequela di banalità, luoghi comuni e macroscopiche contraddizioni (condite con qualche furbata che non manca mai…) del più scontato femminismo di sempre, che onestamente disincentivano anche alla risposta (per lo meno questo è l’effetto che sortiscono sul sottoscritto).
Nonostante tutto però (forse è il richiamo della foresta…), mi rimane indigesto ascoltare senza battere ciglio simili perle senza poter replicare. E allora vado per punti:
a) “tempo fa lessi un bell’articolo sul Venerdì di Repubblica che parlava dell’atteggiamento ostile di certi lavoratori italiani nei confronti degli immigrati che “toglievano loro i posti di lavoro”. Mi pare che il titolo contenesse le parole “guerra tra i poveri”. La tesi del giornalista ( mi pare Maltese) era che i lavoratori italiani dovevano fare le loro rivendicazioni a chi di dovere e non prendersela con altri disgraziati nella loro stessa posizione” (Annamaria)
Questa è la prima “furbata” di Annamaria, una chicca, per la verità, già più volte ascoltata.
Ma come? Quando le donne si scagliavano (e continuano a scagliarsi) contro l’intero genere maschile sostenendo che il nemico non è solo il padrone, il capitalista, lo sfruttatore, ma che tutti gli uomini sono i loro oppressori e aguzzini, compresi soprattutto il marito-padrone e il padre-padrone (che nella vita erano per lo più operai, lavoratori, salariati), nessuno (tranne pochissimi coraggiosi, inascoltati e subito emarginati) si azzardò a sostenere che quella scatenata dalle femministe fosse una “guerra fra poveri”, che quell’attacco forsennato e qualunquistico ad un intero genere a prescindere “spaccava la classe” e la indeboliva invece di unirla e rafforzarla. Al contrario, si parlò di sacrosante rivendicazioni da parte delle donne per i propri diritti e per la propria “liberazione”.
Ora invece Annamaria (ma non è certo la prima, ormai abbiamo le risposte in tasca, come i ragazzini che si portano a scuola i bigliettini già pronti per il compito in classe) ci spiega con molto candore che la nostra è una guerra di poveri contro altri poveri e gioca maldestramente portando l’esempio dell’ostilità di alcuni lavoratori italiani nei confronti degli immigrati (uomini beta a tutto tondo come e più di noi) “che gli tolgono il posto di lavoro”…
Quindi, se le donne alzano la voce e scendono in piazza contro gli uomini e contro il “potere maschilista” e pervasivo che le opprime, non solo sono nel pieno diritto di farlo ma stanno marciando verso il “sol dell’avvenir” delle sorti magnifiche e progressive dell’universo femminile guidato dalla sua avanguardia femminista. Se, viceversa, sono alcuni uomini che sostengono di subire un potere opposto e contrario sono, alla meglio, dei qualunquisti che invece di scagliarsi contro il “vero” nemico, sbagliano obiettivo (è evidente che, nel momento in cui afferma questo, dimostra appunto di non aver letto neanche un virgola di ciò che sosteniamo, specialmente per ciò che riguarda la relazione tra il “femminile” e il “femminismo reale” e l’attuale “sistema dominante”) se la prendono con le donne, cioè con altre sfruttate e oppresse come loro…Lasciam perdere, va…
b) Mercificazione sessuale e più in generale, aggiungo io, utilizzo della sessualità in forme e modalità strumentali come veicolo di controllo, gestione e dominio sull’altro.
Annamaria, ricalcando il copione femminista di sempre senza modificarlo di una virgola sostiene che le donne, tutte, subiscano il fenomeno della mercificazione sessuale. Nega, anzi, non prende neanche in considerazione l’ipotesi che ci sia una compartecipazione attiva e consapevole da parte di molte donne, a mio parere la maggioranza,a questo processo, e nega naturalmente che queste utilizzino la sessualità per fini strumentali. E’ evidente, come le ho già spiegato nella prima lettera che le inviai su fb in risposta alla sua (ma credo che lei faccia finta di non capire) che quando affermo questo, non mi riferisco alla schiera, sia pur nutrita, di escort e professioniste varie che si prostituiscono in modo spicciolo e diretto ma ad un modo di essere, di porsi, di viversi, di concepire il proprio modo di stare al mondo (e all’interno di questo sistema di cui sono parte integrante e ormai molto spesso dirigente), soprattutto da un punto di vista psicologico e concettuale, della grande maggioranza delle donne. E’ ovvio che tutto ciò ha delle cause profonde e appunto complesse che cerchiamo di spiegare nel nostro sito e anche in qualche libro ma, per lo meno al momento, Annamaria non sembra interessata a tutto ciò (forse lo sarà in futuro, non disperiamo) e, senza conoscere le nostre posizioni, ci scarica addosso tutta la Verità, nient’altro che la Verità del Verbo Femminista che ci spiega come sono andate e come vanno le cose fra gli uomini e le donne…
Lei stessa (nel suo manifesto contro la pubblicità sessista) si limita a descrivere il fenomeno come una“sparuta minoranza di escort che si è offerta come merce…”.
E’ ovvio che non vuole (e non può) approfondire il fenomeno per ovvie ragioni… I concetti da lei utilizzati nel suo documento mi ricordano (e gliel’ho anche detto personalmente) le veline, pardon, quei comunicati stampa (chi vi parla ha anche un’ esperienza professionale in tal senso) che vengono diramati in determinate occasioni. Ricordo, per fare un esempio, quello del governo tunisino che, nei primi giorni della grande rivolta popolare e di massa (ma la stessa cosa è successa e succede ovunque e in tutti i contesti politici) diffuse una nota ufficiale in cui si parlava di “sparuti gruppi di provocatori e violenti isolati dalla grande maggioranza della popolazione del paese…”
c) Questione dei caduti sul lavoro: sempre con molto candore Annamaria ci spiega che è del tutto logico che muoiano solo maschi sul luogo di lavoro perché questi sono fisicamente più forti e quindi è normale che svolgano i mestieri più pesanti e rischiosi. Anzi, aggiunge, “l’imprenditore stesso preferisce un soggetto che rende di più ( money for value, detto all’inglese), perchè porta a compimento il lavoro in meno tempo grazie alla maggiore forza muscolare”.
Dobbiamo quindi rassegnarci al fatto che, nel terzo millennio, le donne sono adatte a dirigere aziende, a giocare in borsa e a guidare un paese come e più degli uomini grazie al valore aggiunto della loro specificità di genere, ma non a svolgere i lavori più rischiosi e spesso mortali che in una società dominata dalla spregevole oppressione maschilista, continuano e, sembrerebbe, in base a questa elementare considerazione, continueranno ad essere svolti dai maschi che sono fisicamente più robusti. Tutto ciò anche nella futura società della parità universale fra i generi, ormai liberata da qualsiasi ruggine maschilista.
Nessuno peraltro ha mai spiegato ad Annamaria che anche gli aguzzini avevano molto più vigore dei loro schiavi denutriti, affamati, prostrati e indeboliti, ma nonostante ciò li obbligavano a lavorare e a morire al loro posto.
Nel nostro mondo invece, i dominatori incontrastati che continuano ad essere i maschi oppressori, scelgono invece , a differenza dei loro antenati dominatori, di faticare e morire al posto dei dominati, anzi, delle dominate, in questo caso.
Questa quanto meno singolare situazione (in realtà, dal mio punto di vista, una gigantesca contraddizione), appare ad Annamaria assolutamente normale…”Anzi – aggiunge, sempre con grande disinvoltura – la donna a tutt’oggi è la figura principale nella cura dei bambini, e perfino da un punto di vista evolutivo non mi sembra abbia molto senso che rischi la vita sul lavoro”.
Insomma i maschi non sono utili come le femmine e possono pure accettare di sacrificare la loro vita per poter permettere alle femmine di procreare e allevare la prole…
d) “tu maschio non saprai mai cosa significhi essere valutati per l’aspetto fisico…” (Annamaria). A questa affermazione ha già risposto sinteticamente ma efficacemente Fabio e non ci ritorno perché quelle sue pochissime parole sono più che sufficienti
Mi limito ad evidenziare come anche in questo caso Annamaria finga di non sapere quanto e come le donne utilizzino il potere della loro sessualità come strumento di controllo, gestione, dominio e manipolazione sugli uomini. Vorrebbe quasi farci credere che la naturale attrazione che esse suscitano su questi (con tutti i risvolti e gli effetti, enormi, di ordine psicologico che ne derivano) costituisca una sorta di handicap anziché un vantaggio. Non solo, ci spiega con una certa veemenza che le donne sono costrette, obbligate dagli uomini ad indossare i panni della sempiterna seduzione perché, se fosse per loro, li dismetterebbero immediatamente per instaurare con il genere maschile una relazione fondata sui valori della reciprocità, della spontaneità e del dono.
Mi fermo per carità di patria…Mi limito a dire che queste affermazioni di Annamaria sono le stesse litanie che è costretto a trangugiare da sempre qualsiasi uomo da almeno una quarantina d’anni a questa parte.
Personalmente ci sono nato e cresciuto in questo clima fino al momento in cui, come ha giustamente raccontato anche Mauro Recher, mi è diventato inevitabile domandarmi in cosa si concretizzasse questo presunto potere maschilista di cui avrei dovuto godere, in quanto appartenente al genere maschile. E continuando ad indagare sono arrivato addirittura a “scoprire”, o meglio a prendere coscienza piena di un’altra “verità”, non quella ufficiale raccontata dalla vulgata dominante ma quella delle mia esperienza personale, del mio vissuto, come si suol dire. E ho scoperto che non ero il solo…anche se il nostro racconto per Annamaria e per quelle come lei è come se non esistesse…Miracoli dell’”autismo” femminista…
Fabrizio
P.S. a meno che anche Annamaria non ci dica (non è da escludere) che la nostra esperienza soggettiva non può essere oggetivata o comunque estesa alla maggioranza degli uomini perchè sarebbe in realtà solo l’effetto della nostra personale condizione di… Il termine “sfigati” vi dice nulla?…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
A proposito di “discriminazioni contro le donne”…
Domani sera mi recherò all’Olimpico di Roma, per assistere alla partita Lazio-Juventus, in compagnia di un vecchio amico, di sua moglie e di un’amica di quest’ultima, che, a quanto pare, mi troverebbe un tipo interessante (mah, vediamo un po’ come andrà a finire…).
Prezzi della Tribuna Monte Mario: 80 euro per gli uomini, 40 euro per le donne…
http://cielobianconero.altervista.org/lazio-juve-biglietti-settore-ospiti-info/
Alla faccia della “società maschilista che discrimina le donne”…
Marco(Quota) (Replica)
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=qov-FH3R8ZY#t=43s
Leonardo(Quota) (Replica)
la donna a tutt’oggi è la figura principale nella cura dei bambini, e perfino da un punto di vista evolutivo non mi sembra abbia molto senso che rischi la vita sul lavoro”.
Insomma i maschi non sono utili come le femmine e possono pure accettare di sacrificare la loro vita per poter permettere alle femmine di procreare e allevare la prole
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http://www.youtube.com/watch?v=YJRcHJ23E8Q
Leonardo(Quota) (Replica)
Fabrizio ha ricapitolato ancora una volta alcune delle controargomentazioni che demoliscono il racconto femminista. Ma ogni volta ci vuole tempo, energia e pazienza e questo non si può ripetere in eterno. Ha poi confermato che Annamaria ha fatto quel che si poteva immaginare. Non ha letto che un paio di pagg. e da là è partita lancia in resta.
Non si definisce femminista, ma è una femm.sta praticante.
A fronte di decenni di “monologo della vagina” non sente il dovere di approfondire nulla di ciò che dicono gli UU. Sordità.
Il resto viene di conseguenza.
Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
Carissimi ( eheh), sono indecisa se ribadire, continuare la permanenza nel sito e le discussioni o no. Perché vedete, da una parte mi avete fatto venire dei ragionevoli e utili dubbi quando ho cercato di immedesimarmi in voi: per esempio, sono d’accordo che la donna abbia la sua parte se si presenta immancabilmente vestita in modo provocante ma ambisce ad essere valutata per la sua professionalità. Guardando la BBC o il canale di news americano ( ho vissuto molto all’estero) si vedono annunciatrici vestite in modo sobrio, tailleur, girocollo, collanina di perle; in quella italiana, come si fa a non essere distratti dalla continua esibizione del fisico via decolleté e simili? La colpa è delle tv di Berlusconi? Sì, certo, ma anche delle donne che accettano la situazione. Beh, dicevo, da una parte mi state facendo ragionare su certi punti, dall’altra però trovo difficile accettare di considerarmi una femminista come quelle di un tempo e del “io sono mia” ( ricordo una scritta su un muro di Roma, in risposta a quel motto, che mi fece sorridere. “E tiettete!”). Se la fossi, anziché fondare un gruppo di uomini e donne ne avrei fondato uno di inca**ate con gli uomini. la rabbia aveva un senso negli anni ’70, era una reazione eccessiva ma salutare, adesso però mi sembra che si debba guardare avanti senza quel rancore. Ancora più fastidioso è sentirmi dire che le mie posizioni sono banali, perchè in genere non sono considerata tale. Perciò, felice di riprendere il discorso se mi assicurate di non avere pregiudizi, e io a ia volta cercherò di “ascoltare” attentamente.@Fabrizio: non è vero che ho letto solo un articolo, ma non so quanto tempo abbia tu, per leggerli tutti, comprese le repliche, ci vorrebbero due ore. Piano piano ritorno a uno o all’altro, tra la cottura della cena, l’attività politica, i mille impicci quotidiani e la cura di figlia e a volte madre.
Annamaria Arlotta(Quota) (Replica)
Prima dice che la pillola ha liberato le donne da gravidanze indesiderate e poi che le donne sono le principali figure per allevare i bambini. Allora torniamo ai tempi in cui l’uomo faceva tutti i mestieri: i più brutti ma anche i più belli e la donna a casa.
Mi ricordo i primi interventi femminili che dicevano: io non amo gli zerbini, io pago anche la cena,io,io,io,io…Il discorso sembra più complesso ma il significato è lo stesso: l’egoismo. Infatti lo vediamo tutti i giorni, la grande mobilitazione maschile verso le donne. Mi fanno ridere poi quei maschi che rinfacciano i soldi spesi e i regali fatti alle donne durante una lite o all’abbandono, le quali “giustamente” rispondono ma chi te li ha chiesti?
Leonardo(Quota) (Replica)
Sulla questione dello sguardo maschile sulle grazie femminili, c’è un antico proverbio toscano che inquadra la questione in modo fulminante:
“Toccami Cecco che mamma non vede”……..”Mamma, Cecco mi tocca”. Non occorre dire altro.
armando(Quota) (Replica)
Vista la ormai plateale e anche rivendicata indifferenza femminile per la vita maschile, alla facciazza della “maggiore empatia” (Ma che volete, maschietti? E’ vostro preciso dovere crepare per salvare/mantenere/difendere le donne! Mica vorrete lasciare i bambini soli senza figura materna?), faccio presente che personalmente d’ora in poi applicherò il principio di uguaglianza alla lettera. Quindi, se mai mi capiterà di trovarmi su una nave che affonda, col c***o che lascio il posto sulla scialuppa di salvataggio a una donna. Ce lo giochiamo a botte.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Cara Annamaria, la tua permanenza in questo luogo non dipende dai nostri presunti pregiudizi, ma da te.
Tu stessa hai ammesso che nessuno ti ha mancato di rispetto né tanto meno deriso, nonostante qualche siluro tu ce lo abbia sparato con quella specie di candore e quella sorta di “ingenuità” (?) che sembrano contraddistinguerti…
Ti invito a pensare cosa succederebbe, a parti invertite, se qualcuno di noi facesse quello che hai fatto tu, e cioè andasse su un sito femminil-femminista a sostenere che la vita delle femmine, a differenza di quella dei maschi, è sacrificabile, e che le donne tutto sommato possono anche morire di parto o di aborto perché tanto a mandare avanti la società ci pensano gli uomini con il loro lavoro e il loro sacrificio…
Pensaci… E prima di replicare, se proprio devi, pensaci ancora, e ancora, e ancora…. E pensa soprattutto al fatto che nessuno di noi, a differenza di quello che sarebbe successo altrove, ti ha mandato a quel paese, come poteva essere anche normale dato l’argomento in questione(mi fa piacere a volte constatare che i frequentatori di questo sito sono cresciuti molto in questo anno e mezzo). Anzi, hai ricevuto risposte corrette, civili e argomentate. Forse, e senza il forse, quello che ti ha “scartavetrato” un pochino di più sono stato proprio io quando ti ho detto che hai inanellato una sequela di luoghi comuni e di banalità del più trito e ritrito femminismo.
Purtroppo sono costretto a confermartelo, Annamaria, non certo per infierire né tanto meno per chiudere il dialogo (che anzi mi auguro di cuore si traduca in un incontro dal vivo con te e il tuo gruppo), ma solo perché è quello che penso relativamente ad alcuni concetti che hai sostenuto. Fossi in te non me la prenderei, e non lo dico per fare della cattiva ironia. Sai come ci apostrofano normalmente i nostri avversari e le nostre avversarie? Ti faccio un breve elenco: sfigati, frustrati, cessi, segaioli, omosessuali repressi (pare che sia un insulto…), misogini, maschilisti (va bè, questa è acqua fresca…), castrati, sessisti, razzisti, fascisti, negazionisti (me ne sfugge qualcuno ma ho dato l’idea…). Ormai non ci facciamo neanche più caso…
Quindi, come ripeto, non prendertela, e prendi il mio come un invito a dare il meglio di te. Intanto sforzandoti di leggere in modo in po’ più approfondito e attento gli articoli nel sito. Come hai detto tu stessa, e la cosa mi fa molto piacere, ti sono già sorti dei ragionevoli dubbi che fino a pochissimo tempo fa non avevi. E questo è già un risultato importante. Potrebbero esserci ulteriori sorprese.
Chi può dirlo…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Vista la ormai plateale e anche rivendicata indifferenza femminile per la vita maschile, alla facciazza della “maggiore empatia” (Marco Pensante)
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Concordo, pure a me, ormai da anni, sconcerta veramente la leggerezza delle donne nei confronti della vita maschile. Per loro la vita di un gatto o di un cane ha sicuramente più valore di quella di un uomo, a meno che non si tratti di un familiare…
Ti porto un esempio. Giorni fa, in un bar, mentre stavo ascoltando il TG5, la conduttrice ha dato la seguente notizia,
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2011/4/28/TORINO-Tenta-di-uccidere-il-marito-con-un-autobomba-e-del-veleno-per-topi/171959/
che ha immediatamente provocato l’ilarità di una delle due bariste, che trovava alquanto divertente la notizia di una donna torinese che aveva pianificato l’uccisione del marito, in combutta con l’amante.
Naturalmente non ho potuto esimermi dal replicare, dato che anche un paio di uomini trovavano esilarante la notizia…
Viceversa non avrebbe riso nessuno.
Fabio(Quota) (Replica)
Prima dice che la pillola ha liberato le donne da gravidanze indesiderate e poi che le donne sono le principali figure per allevare i bambini. (Leonardo)
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Annamaria dimentica di ricordare che la pillola è stata inventata da degli uomini…
http://it.wikipedia.org/wiki/Gregory_Goodwin_Pincus
Fabio(Quota) (Replica)
Fabio:
>>
Annamaria dimentica di ricordare che la pillola è stata inventata da degli uomini…
>>
E dimentica anche di ricordare che la pillola non ha nulla a che vedere con la “liberazione sessuale” qualsiasi cosa si intenda con questa.
La relazione tra pillola e liberazione sessuale è uno dei miti (fondanti) della postmodernità, una sorta di Cosmogonia Laica del Postmoderno: niente a che vedere con i fatti.
Se i numeri servono a
Quanto alla pillola, ancora nel 1978, nel pieno della
“rivoluzione sessuale”, la usava solo il 3,5% delle italiane. Nel 1983 il 7,5 %, nel 1988
l’11%, nel ’93 il 17,4%, nel ’98 il 20,1% e raggiungeva il 22,3% nel 2002. Solo all’inizio
del XXI Secolo l’uso di anticoncezionali femminili ha raggiunto, nell’insieme, quelli ma-
schili purché vi si ricomprendano anche i metodi naturali il cui controllo è femminile ma la
cui applicazione è di entrambi (F/ 50,1% contro M/ 49,9%). Escludendo questi, però, ancor
oggi (2004) la prevenzione vede i maschi in testa: M/ 53,3 contro F/ 46,7%. In particolare il pre-
servativo supera ancora la pillola: 24,5% contro 22,3%. Dati completi del 2002 (su cento):
F/ pillola 22,3 – Iud 13,7 – diaframma 1,2 – spermicida 0,5 – metodi naturali 3,4. M/ profi-
lattico 24,5 – coito interrotto 18,6. F&M/ nessuno 15,7 – non necessita (sterilizzazione M/F)
0,1. Fonte Aied – Roma 15.01.2004. Informativa diretta del Presidente dr. Luigi Laratta,
che ringrazio vivamente. Altre fonti (“Corriere della Sera – Corriere del Veneto”,
22.02.2003, p. 5.) danno al 19,1% (nel 2002) la quota dell’uso della pillola
Rino(Quota) (Replica)
do sempre un occhiata al blog de “il corpo delle donne” per farmi qualche amara risata ,amara si leggete cosa scrivono
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Ripeto: ovviamente non tutti sono così. In quel caso: fate bene attenzione a chi scegliete. Sono sempre più convinta che la selezione darwiniana della specie, sia in mano alle donne.
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addirittura ,beh peggio di Hitler con la sua razza ariana ,pensano loro a giocare a fare Dio ,o chi per lui ,a fare gli uomini a LORO immagine e somiglianza
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ma la stessa persona rincara la dose ……….
beh, arrivi esattamente alla mia stessa conclusione! “l’importante per uomini e donne, è trovare una persona che oltre ad attrarci fisicamente sia in sintonia con i nostri valori”. Appunto! Per cui, sulla scia di quanto detto da Lorella, se una donna italiana decide di uscire da quest’aria asfittica e vedere, ma soprattutto VIVERE altro, il mio consiglio è che non sposi un uomo italiano (men che meno un musulmano), poiché nella maggioranza dei casi non sarà in sintonia con questi valori. Non si tratta di razzismo, ma, appunto, di condivisione o meno di valori importantissimi, fondamentali, ai quali non si può rinunciare, pena l’infelicità.
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beh dai non è razzismo e solo discriminazione
l’uomo italiano le rende infelici ,per non parlare del male dei mali cioè l’uomo musulmano …….
gli risponde un certo Andrea
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@Bacche Rosse:
gli uomini italiani si sposano con donne straniere anche perché queste hanno meno pretese rispetto alle italiane che invece tendono a cercare l’amministratore delegato con macchinone d’ordinanza. Del resto lo avete detto anche voi che la selezione darwiniana viene condotta dalle donne e non riguarda solo la moralità di un individuo ma anche il suo status socio-economico e le sue fattezze esteriori.
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e qui veniamo al punto che riguarda anche l’argomento ,è ovvio che questa è la famosa selezione darwiniana di cui parla questa “bacche rosse” ,andrea fa centro al primo colpo , e chi non corrisponde a questi canoni ??.. beh carne da macello da mandare nei cantieri e nelle fabbriche e se anche questo non bastasse li si fa morire in un altro modo. D’altronde non vengono chiamati sfigati ??
mauro recher(Quota) (Replica)