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Da decenni ormai è stata dispiegata una campagna mediatica in grande stile, con grande profusione di mezzi, che sostiene che la prima causa di mortalità femminile in Italia, in Europa e nel mondo, sarebbe la mano omicida degli uomini, soprattutto in ambito domestico. Più delle morti per cause naturali, più delle malattie, del cancro, della miseria, delle carestie e delle siccità che purtroppo affliggono ancora tanta parte della popolazione del pianeta.
Questo bombardamento mediatico martellante, sistematico, portato avanti trasversalmente da tutti i media di tutte le tendenze politiche, nessuna esclusa, è di fatto riuscito nel suo intento. E’ stato capace cioè di penetrare nella psiche degli individui e di costruire una sorta di immaginario collettivo, che è diventato ormai un luogo comune, o per meglio dire un convincimento diffuso; quello appunto che le vittime (femminili) della violenza maschile sarebbero più numerose di quelle di qualsiasi altra causa.
La spudoratezza di questa strategia scientifica di deformazione e falsificazione della realtà è arrivata talvolta a dei livelli che non esitiamo a definire spregevoli, come nel caso di un manifesto pubblicitario di Oliviero Toscani, commissionato qualche tempo fa da un autorevole settimanale femminile, in cui erano raffigurati un bambino e una bambina completamente nudi. Sotto l’immagine del bambino era stata collocata la scritta “carnefice” e sotto quella della bambina la scritta “vittima”.
Di un abominio come questo è stata capace la cultura del cosiddetto “politicamente corretto”. Propaganda razzista e sessista, in perfetto stile goebbelsiano; francamente non riusciamo a trovare altri aggettivi per definire una simile vergogna che dovrebbe essere messa sotto accusa per apologia di razzismo e nazismo. La colpevolizzazione del genere maschile è arrivata, in questo caso, a coinvolgere anche i minori, addirittura i bambini. Un messaggio di una violenza psicologica inaudita che ha come obiettivo dichiarato quello di sostenere che in ogni uomo c’è un violento, uno stupratore, che questa violenza fa parte della stessa ontologia maschile. L’unica speranza e possibilità per gli uomini, secondo questa concezione, è dunque quella di essere sottoposti ad una sorta di “rieducazione forzata” che è in effetti proprio quello che sta portando avanti questa propaganda mediatica. Convincere cioè a livello profondo, subliminale, che gli uomini sono il genere “sbagliato”, che tutto ciò che di male è stato fatto al mondo è stato per loro responsabilità ma che, per fortuna, c’è stato il genere femminile capace di riequilibrare e di ricostruire di notte ciò che l’uomo disfaceva di giorno. Insomma l’unico modo per essere accettati da parte degli uomini dovrebbe essere quello di assumersi in prima persona la responsabilità di essere i soli generatori di violenza, essendo questa insita nella loro natura più profonda, e naturalmente accettare una sorta di castrazione psicologica necessaria a contenere e a disinnescare la loro stessa natura che altrimenti, lasciata libera, produrrebbe solo male, violenza e orrore.
Naturalmente nessuno pensa che il mondo sia la Valle dell’Eden; tutt’altro. Né possiamo in questa sede imbarcarci in una analisi (impossibile da fare per chiunque né tanto meno per noi in poche righe) sulle origini e le cause prime della violenza e della sopraffazione fra gli umani.
Vogliamo solo affermare che ci sembra estremamente stupido e anche criminale sostenere che la responsabilità dell’esistenza della violenza nel mondo sia solo ed esclusivamente del genere maschile. Eppure questa “vulgata” ha ormai fatto breccia nelle menti e nella psicologica degli individui e sarà molto arduo metterla in discussione.
Tornando all’argomento in oggetto, basterebbe un minimo di buon senso, senza neanche aver bisogno di portare dei dati ufficiali, per rendersi conto dell’assurdità e dell’abnorme falsità di simili affermazioni.
Scegliamo comunque di farlo riportando, per quanto riguarda l’Italia, i dati ISTAT per il periodo che va dal 2002 al 2006 da cui è stata elaborata una media annuale di seguito riportata:
Morti per anno maschi e femmine per ogni causa 560.000 di cui Femmine 280.000 per le seguenti cause:
Patologie del sistema cardiocircolatorio: 130.000
Tumori: 70.000
Altre cause: 21.000
Patologie del sistema respiratorio: 15.000
Disturbi psichici e del sistema nervoso: 15.000
Patologie dell’apparato digerente: 12.000
Cause esterne, traumatismi etc.: 11.000
– di cui per omicidio e lesioni: 160
Stati morbosi mal definiti, incerti etc.: 4.000
Malattie infettive e parassitarie: 2.000
Donne decedute per omicidio e lesioni: 160
– di cui per mano di donne: 20
Donne decedute per omicidio e lesioni per mano maschile 140 di cui:
– in ambito domestico: 115
– nella fascia d’età 15-59: 105
– nella fascia d’età 15-59 in ambito domestico: 90
Donne di ogni età decedute per tumori: 70.000
Donne decedute per qualsiasi causa nella fascia 15-59: 18.700
Donne decedute per tumori nella fascia 15-59: 12.300
Come vediamo, la macroscopica falsificazione dei dati che vengono diffusi presso l’opinione pubblica, non avviene tra numeri che differiscono di alcuni fattori, ma di interi ordini di grandezza. Si arriva a deformare la realtà sino al punto di affermare che 160 è maggiore di 130.000 o di 70.000. Come è possibile non essere colti almeno dal sospetto che le donne assassinate non possono, davvero non possono, essere di più di quelle decedute per tumore? Se questa deformazione dei dati ufficiali corrispondesse al vero, significherebbe che, solamente in Italia, dovrebbero esserci ogni anno più di 130.000 donne assassinate! Ma neanche una guerra civile potrebbe arrivare a simili cifre!
Eppure la vulgata ricorrente, diventata ormai convinzione diffusa, è proprio questa:”Ne uccide più l’amore del tumore!” (90 contro 70.000), oppure “Ne uccidono di più i maschi che non il cancro nella fascia 15-59! (105 contro 12.300).
Ma non è tutto. La menzogna è arrivata al punto tale che L’UNICEF, alcuni anni fa, ha diffuso dei dati in base ai quali sarebbero circa 60 (sessanta) milioni le donne uccise per mano maschile ogni anno nel mondo. Anche in questo caso non è necessario essere dei matematici per capire che, se questa cifra corrispondesse al vero, nel giro di cinquant’anni l’umanità femminile (e conseguentemente anche quella maschile) sarebbe estinta. E siccome questo numero non è relativo al futuro ma agli ultimi quarant’anni, se questo dato fosse vero, l’umanità avrebbe dovuto essersi già estinta. Infatti 60 milioni in un anno significano 600 milioni in 10 (dieci) anni e 3 (tre) miliardi in 50 (cinquanta) anni.
Verrebbe da ridere se la cosa non fosse, ahinoi, molto seria. Naturalmente alle donne morte per mano omicida maschile, dobbiamo poi aggiungere tutte colo che sono morte per malattia, siccità, carestie e per cause naturali. A questo punto, la cifra, come minimo, dovrebbe raddoppiare, se non triplicare o quadruplicare…Non vale la pena neanche commentare simili dati…
Ora, di fronte ad un tale stravolgimento, ad un rovesciamento di tali proporzioni che individua negli uomini il pericolo numero uno per la vita delle donne, come è possibile che nessuno si chieda da dove venga, a cosa miri e quali effetti possa avere una menzogna di tali proporzioni e della quale è difficile nella storia trovare precedenti?
Cosa dice dei maschi una tale stupefacente deformazione della realtà? Cosa vuol dire di essi? E cosa tradisce in coloro che l’hanno creata, in coloro che la diffondono e/o che non la denunciano?Quale effetto può produrre nelle donne di ogni età, ma soprattutto in quelle più giovani, una simile rappresentazione dell’altro sesso? E cosa nell’animo delle nuove generazioni maschili?
E perché non c’è una voce, una che è una, di un intellettuale, che abbia il coraggio di denunciare pubblicamente questa mostruosità mediatica?
Apparteniamo a quella generazione che ancora ha il difetto di chiedersi “perché” e non solo “come”; come si usa o come funziona questo o quello. Abbiamo ancora questo vizio, e non vogliamo perderlo. Non siamo ancora ridotti a macchine o a ingranaggi più o meno specializzati.
Siamo ancora animati dal desiderio di capire perché accadono le cose.
E allora non potevamo non interrogarci anche su questo, sui perché di una simile deformazione del vero. E su chi ha interesse ad una simile deformazione. E abbiamo provato a dare una risposta.
Noi riteniamo che il sistema (capitalistico) dominante, abbia scelto di “declinarsi al femminile”, per lo meno per quanto riguarda il mondo occidentale. Come abbiamo spiegato nel Manifesto del Movimento degli Uomini Beta, le donne hanno acquisito un ruolo di fondamentale importanza all’interno del sistema stesso, senza trasformarlo, anzi, accentuandone le contraddizioni di sempre e portando un valore aggiunto.
Naturalmente il prezzo di questa “cooptazione” femminile è stato pagato, fra gli altri, attraverso l’acquisizione da parte del sistema, di quella cultura, o meglio di quella reinterpretazione femminista della storia che, fra le altre cose, ha portato a questa flagrante deformazione e falsificazione della realtà.
E’ bene fare un precisazione. Quando parliamo di “sistema” non ci riferiamo ad una regia occulta né tanto meno ad una stanza dei bottoni dove qualche potente “cattivone” ordisce trame più o meno oscure. Ci riferiamo ad un assai complesso intreccio di processi, interessi, tendenze e gruppi sociali, di potere, economici, culturali e ormai anche di genere che vanno a costituire quello che appunto oggi definiamo col termine di “sistema”. Un sistema tuttora gerarchicamente strutturato sia dal punto di vista sociale ed economico, sia dal punto di vista della distribuzione delle funzioni di controllo e di comando. Ma al contempo anche estremamente più sofisticato proprio nella sua capacità di distribuire ruoli e funzioni e nella estrema difficoltà di capirne e individuarne i meccanismi interni. E questo lo si deve proprio alla sua capacità di condizionare a livello profondo i singoli individui, attraverso una ancora più sofisticato meccanismo di relazione e di coinvolgimento con e fra questi. Naturalmente la maggioranza di loro, sia pur con differenti livelli, rimane marginale e subalterna all’interno del sistema, essendo stata abilissimamente spogliata di qualsiasi autonoma capacità critica e di qualsiasi altra identità, individuale o collettiva che non sia compatibile e funzionale allo stesso sistema.
Questo fa sì che questa massa di individui non sia neanche in grado di comprendere quale sia il loro ruolo la loro effettiva collocazione e quindi di vivere in una condizione di sostanziale passività dal punto di vista psicologico e culturale anche se, il più delle volte, in un frenetico attivismo dal punto di vista economico e produttivo.
E’ quindi in questo contesto che la donna è stata inserita e si è inserita, come dicevamo, senza modificare le fondamenta del sistema e anzi esasperandone i suoi aspetti e i suoi tratti distintivi. Uno dei pedaggi pagati è stato appunto quello di assumere totalmente la reinterpretazione femminista della storia, diventata cultura dominante. Un’astutissima manovra che ha trasformato un approccio originariamente (per lo meno se diamo per autentiche le sue origini, ma a questo punto può essere legittimo nutrire dei dubbi) critico e antagonista, in uno degli strumenti ideologici più funzionali al sistema.
La palese falsificazione della realtà relativamente ai dati sulla mortalità femminile è la prova del nove (non la sola) del patto non scritto che è stato di fatto stipulato.
205 Commenti
rischiando il linciaggio vorrei aggiungere che tutte le categorie umane a cui è stato permesso il “chiagni e fotti” sono quelle che stanno portando alla rovina l’umanità
sarebbe ora che le donne si ribellassero a quel sistema che le fa schiave facendo loro credere di essere libere
paolo(Quota) (Replica)
Caro Fabrizio, quanto scrivi è vero. E credo che in alcuni ambienti di potere internazionali non sia estranea anche una lucida progettualità in grado di indirizzare e tirare le fila di processi che avvengono inconsapevolemente (esistono libri che lo documentano): un conto è essere preda di paranoie da complotto e un conto è mettere la testa nella sabbia perchè fa paura guardare quello che si vede. Dirsi anche questo è liberatorio: l’accusa di paranoia è da sempre usata per tacitare chi dà voce all’evidenza che di cui è vietato parlare. E la psicologia e la psichiatria sono stati storicamente strumenti utilizzati a tale fine dal potere. I maschi in questi decenni sono spinti con ogni tipo di menzogna e violenza sulla strada che predispone gli strumenti psicologici, culturali, scientifici e legislativi, necessari per rendere praticabile e lecita ogni umana distorsione e rovina. Il fine è il controllo e il dominio assoluto sugli individui. Uno dei dati di umana realtà e di umanità specificamente maschile che sono stati obiettivo di consapevole distruzione, uno dei tanti esempi che si possono documentare, è quel contro-potere di sempre che è il padre. La sua distruzione è avvenuta a tutti i livelli: si è giunti al punto da attribuire la capacità di paternità alla madre.
E’ una strada di rovina maschile che si sta costruendo in nome del Bene delle donne, con la strumentazione retorica dell’ideologia femminista, con il collaborazionismo delle organizzazioni femministe e femminili. E le femmine non si sono ancora accorte che alla rovina dei maschi è contestuale anche la loro di rovina.
cesare(Quota) (Replica)
carissimi, ottima iniziativa. i dati riportati sono corretti, le affermazioni di alcuni media circa i dati sulla violenza contro le donne. davvero, basterebbe un minimo di buon senso. ciao.
daniele(Quota) (Replica)
In merito riporto un articolo pubblicato oggi, 6 febbraio 2010, su LA NAZIONE (cronaca di Perugia).
“NON SOLO UN PROBLEMA DI DONNE: QUI E’ IN BALLO LA STESSA CONVIVENZA CIVILE”
di Marina Toschi, consigliera di parità della Regione.
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L’episodio di cronaca* offre lo spunto per approfondire il tema della violenza contro le donne non solo durante i giorni istituzionali, come l’8 marzo o il 25 novembre.
Una piaga sociale e culturale che è il riassunto di una sistematica violazione della dignità e della libertà delle donne che avviene a vari livelli della vita sociale.
La questione quindi non riguarda solo le donne, ma i presupposti della stessa convivenza civile. L’aggressività è un fatto naturale. La società riesce a dominarla, convogliando l’energia animale nel patto civile tra gli uomini. Ma se il patto si rompe, e Hobbes insegna, ecco che scatta la violenza e la fobia. Compito della società e di distruggere il canale dell’odio per ricostruire le relazioni civili. La violenza sulle donne nasce e si alimenta su una costruzione storica e culturale che nega alle donne identità e diritti.
La violenza contro le donne è trasversale, soprattutto in ambito familiare, si manifesta sotto diverse forme contemporaneamente: fisica, psicologica, economica e sessuale; le donne che la subiscono appartengono ad ogni classe sociale e ad ogni fascia d’età.
I dati raccolti dal telefono donna impongono una riflessione: nel solo 2007, il 6,4% delle donne che hanno contattato il servizio ha denunciato aggressioni.
Dal ’99 il Telefono donna ha ricevuto 6.000 chiamate di richiesta di aiuto, di cui 3.261 solo tra il 2003 e il 2008.
Numeri a parte, dobbiamo chiederci il perché di tanta mostruosità. E’ ovvio che il disagio si amplifica laddove non ci sono più camere di compensazione. La violenza e la furia omicida che si scatena contro le donne è un fenomeno sempre più frequente perché in Italia stanno saltando le reti di sostegno per attutire il male di vivere.
La violenza domestica, ad esempio, risponde alla volontà di esercitare potere e controllo sulle donne, per questa ragione l’episodio non è mai leggibile come un atto irrazionale. Alla violenza si aggiungono le paure: paura di perdere i figli, paure economiche, paura della stigmatizzazione sociale, paura della disapprovazione dei figli, della famiglia di origine, degli amici, dei conoscenti, dei datori di lavoro, dell’isolamento. Mi piace concludere questo mio intervento con uno spiraglio di positività. In molti casi, infatti, c’è una via d’uscita a questo inferno. Il mio invito, pertanto, è di denunciare sempre, o di rivolgersi ai servizi attivati dalle istituzioni, come il Telefono donna o i Centri per le pari opportunità. Porte aperte anche nei consultori.
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*L’episodio al quale fa riferimento Marina Toschi, è quello di una giovane rumena costretta a prostituirsi nel capoluogo umbro, dagli albanesi Klodian Xhika (34 anni) e Edmond Xholi (37 anni), nonché dalla rumena Andrada Pop (21 anni).
Silver(Quota) (Replica)
http://www.youtube.com/watch?v=B3a2C-U4oZE&feature=player_embedded
indipendentemente dall’essere d’accordo o meno col pensiero o la modalità di esposizione di Sgarbi, è attinente al tema: notare, Sgarbi esprime dei dubbi sui “numeri” e non certo sui casi presentati (come la donna cui hanno appiccato il fuoco) ed è molto chiaro su questo, supportato anche dal parere dello psicologo in studio. Ma ogni tentativo viene riportato sulle vittime che sono “donne” sulle “donne che hanno conosciuto la violenza per mano di un uomo” sul “corpo delle donne che ha una dignità che va rispettata”, fino ad accusarlo di “violenza verbale”, (tra l’altro, con ciò , paradossalmente, dando ragione alla sua tesi di drammatizzazione della violenza e di vittimismo).
La trovo surreale… lui da una parte sostiene che i casi citati non possono essere così frequenti altrimenti saremmo un popolo di delinquenti e violentatori e dall’altra si sostiene che è la “realtà”. Lui da una parte sostiene che è vittima di stalking e violenza verbale e non se ne lamenta e dall’altra lo si accusa di essere verbalmente violento.
Una mistificazione senza fine, talmente evidente che pare impossibile che pochi la vedano
Rita(Quota) (Replica)
Sono pienamente d’accordo con te, Rita. Io non un estimatore di Sgarbi. Tutt’altro. Gli riconosco comunque delle doti intellettuali. In quest’occasione ha espresso delle parole di buon senso, sia pure con uno stile sempre un pò aggressivo. Io sono solito tenermi alla larga da questo tipo di trasmissioni, che non hanno, a parer mio, alcuna serietà e credibilità. Non fanno altro che gettare benzina sul fuoco qualsiasi argomento trattino. Tra l’altro appaiono anche risibili, basta vedere dove era seduto Sgarbi, assolutamente cult
Comunque è sempre la solita litania femminista o post-femminista o come la vogliamo chiamare: esiste la violenza sulle donne ma non esiste quella sugli uomini, esiste la discriminazione ai danni della donna, ma non esiste quella ai danni degli uomini, esiste la donna “oggetto” ma non esiste l’uomo “oggetto”…, insomma, esiste solo ciò che ci fa comodo. Quando queste persone incominceranno a pensare e a parlare fuori da schemi di genere? Aspettiamo fiduciosi il grande evento.
Alessandro(Quota) (Replica)
“Un raggio di luce nelle tenebre”, avrebbe detto un “signore” se il frangente e i personaggi fossero stati altri. Non perchè Sgarbi sia uno stupido, sia chiaro, però ormai è diventato un fenomeno da baraccone e anche quando dice delle cose sensate rimangono nel vuoto o inascoltate. Per non parlare della trasmissione degna della peggior tv spazzatura. Sarebbe necessario che scendessero in campo altri personaggi, al limite anche nazional popolari ma con un’immagine e una audience diversa. Ad esempio se lo stesso argomento fosse trattato e argomentato da un Paolo Crepet (che a me è antipatico ma questo non conta nulla) o da un Umberto Galimberti (stesso discorso) avrebbe ben altro risalto e valenza.
Comunque meglio questo che niente…E’ stato anche un po’ debole nell’argomentare, al di là delle urla e degli strepiti. Sono ben altri gli argomenti che devono essere portati. Chiunque di noi, lo penso veramente, avrebbe potuto fare di meglio. Purtroppo però, guarda caso, noi non facciamo parte del salotto mediatico.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Bastano due uomini che alzano la voce e negano, che anche donne più aggressive devono abbassare la cresta.
Penso che se Sgarbi e altri dicessero sul serio come stanno le cose sarebbero allontanati da questi programmi, dove credo si guadagni bene.
L’altro professore ha accennato a uomini picchiati dalle donne.
Leo(Quota) (Replica)
Hai ragione Fabrizio: oramai qualsiasi cosa Sgarbi affermi si pensa sempre che voglia mettersi in evidenza facendo un pò di scalpore. Non è più credibile. Come hai affermato tu. le parole giuste pronunciate dalla persona sbagliata e nel posto sbagliato.
Alessandro(Quota) (Replica)
“Mondi incantati”, privi della violenza maschile…
http://www.girlpower.it/mondo/storie_di_donne/donne_cinesi_mosuo.php
Silver(Quota) (Replica)
Veramente sul web s’incontra di tutto anche demenzialità di questo calibro. Praticamente in questo articolo si celebra il “sesso ludico”. Poi però se a proporre qualcosa di simile è un uomo scoppia un putiferio. Siamo alla schizofrenia più totale. Stendiamo un velo pietoso comunque.
Alessandro(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it/cronache/10_agosto_09/avallone-adolescenti_e53cf322-a37f-11df-9c56-00144f02aabe.shtml
Silver(Quota) (Replica)
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell
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Verso una soluzione
Criminalizzazione
La legge può prevenire il date rape? La legge può prevenire alcuni stupri. Se un uomo può essere messo in galera perché esercita pressioni emotive, gli uomini eserciteranno minori pressioni; se una donna che è «sotto l’influenza» può denunciare per stupro la mattina dopo, si ridurrà il numero di uomini disposti a offrirle dei drink, così ci sarà meno sesso e quindi anche meno sesso indesiderato. Poiché una legge severa tratterrà milioni di uomini dall’invitare le donne per timore che una serata romantica si trasformi nella rovina di una vita, anche questo eviterà lo stupro: non ci possono essere stupri ai primi incontri se non ci sono incontri.
La legge può prevenire quasi tutto. L’interrogativo è: a quale prezzo?
Passare dalla formula della I Fase «il maschio insegue/la femmina resiste» a quella femminista «il maschio insegue/la femmina querela» non è un progresso ma un regresso. La Grande Sorella lascerà l’America emotivamente impoverita quanto il Grande Fratello ha lasciato i cittadini sovietici economicamente impoveriti.
Una legge può darci sicurezza, ma la speranza racchiusa in un incontro è l’amore. L’amore esige dei rischi. Così come la vita in cui speriamo di condividere quell’amore. Una legge che previene i rischi previene anche l’amore.
Se decidiamo di conservare delle leggi contro il date rape, il castigo dev’essere adeguato al crimine; bisogna distinguere, come facciamo quando si tratta di un omicidio. Se il rapporto sessuale con una donna che ha scelto di incontrare un uomo, che ha scelto di bere, che ha scelto di fare del sesso orale (come affermano sia Tyson sia Kennedy Smith) rientra nella stessa categoria del sesso fatto sotto la minaccia di un’arma, riusciamo nel contempo a banalizzare lo stupro e a criminalizzare solamente il lato maschile nel ruolo maschio-femmina.
E se decidiamo di tenerci le leggi contro il date rape, allora una falsa accusa di stupro deve condannare chi accusa alla stessa pena detentiva che sarebbe inflitta a uno stupratore dichiarato colpevole. In Cina sono rare le false accuse per qualsiasi crimine: se l’accusa si dimostra falsa, chi accusa viene punito.
Per finire, se conserviamo le leggi contro il date rape allora dobbiamo ricorrere ai test sul DNA e alla macchina della verità tutte le volte che è possibile; i test devono essere controllati da una parte neutrale e ripetuti se i risultati sono dubbi. I test con la macchina della verità non sono perfetti, ma di solito, per eluderli, ci vuole una grande abilità, che non molti posseggono. Eliminarli come prova ammissibile significa eliminare l’unica forte protezione che gli uomini hanno contro la possibilità che la loro esistenza venga stuprata.
In ultima analisi, comunque, la criminalizzazione riflette il fallimento della prevenzione. Pertanto, passiamo a esaminare la prevenzione.
La risocializzazione
La soluzione non è quindi la criminalizzazione ma la risocializzazione. La legge non può competere con le sfumature. Il linguaggio del corpo è più potente del linguaggio verbale. La legge, se tentasse di regolamentare i nostri «sì» e i nostri «no», produrrebbe una «generazione con la camicia di forza» – una generazione timorosa, spaventata all’idea di flirtare, all’idea di riascoltare note d’amore in un’aula di tribunale. La legislazione sul date rape costringerà i corteggiatori ad abbandonare per sempre il corteggiamento.
Il nuovo potere delle donne non è nella protezione delle femmine dal date rape, ma nella risocializzazione dei due sessi, che devono condividere iniziative e conti da pagare; solo così stupro e truffa saranno limitati.
Non possiamo porre fine al date rape definendo gli uomini dei «poveretti» se non prendono l’iniziativa con una certa rapidità, «stupratori» se la prendono troppo in fretta e «babbei» se sono maldestri. Se solo gli uomini subiscono la pressione connessa alle prestazioni, rafforziamo il loro bisogno di oggettificare le donne – il che produce soltanto un’altra serie di stupri. Gli uomini saranno i nostri stupratori finché saranno i nostri iniziatori. Accrescere soltanto la responsabilità maschile non crea parità per la donna, ma perpetua il suo diritto alla parità.
Le leggi sul date rape creano un clima di odio. Solamente la comunicazione porta all’amore. Dunque, come sostituire la criminalizzazione con la risocializzazione e la legislazione con la comunicazione? Insegnando un nuovo «linguaggio della relazione».
Dal linguaggio dello stupro al linguaggio della relazione: dalla I Fase alla II Fase
Come la scuola presenta agli studenti la tecnologia della II Fase insegnando il linguaggio del computer, così deve iniziarli alla comunicazione della II Fase insegnando il linguaggio della ¦relazione. Maschi e femmine devono imparare ad assumersi la responsabilità per accenni verbali e non (abbigliamento e trucco compresi), e come trasformarli per creare un rapporto migliore. Vediamo come ciò avrebbe potuto evitare il date rape nel film Thelma e Louise.
Thelma vuol fare la conoscenza di un uomo. Il training al linguaggio della relazione della II Fase le avrebbe fatto prendere una decisione sul tipo di uomo che vuole e sul tipo di esperienza che vuole avere con lui. Nel film vediamo che mentre non accetta assolutamente che i suoi «no» siano ignorati, è però disposta ad avere un rapporto sessuale. Dunque, volendo un amante ragionevolmente sensibile ma eccitante, potrebbe cominciare col cercarlo in un supermercato e non in un bar.
Comunque, anche in un bar, il training al linguaggio della relazione insegnerebbe a Thelma a cercare un uomo che sa ascoltare una donna, e non che ignora i «no» delle donne. E, nel caso quell’uomo non si trovasse, ad andarsene dal bar (oppure a restare, ma limitandosi a bere).
Immaginiamo che trovi l’uomo giusto: il training al linguaggio della relazione della II Fase risocializza Thelma ad avvicinarsi all’uomo, ad avviare una conversazione e a usare il linguaggio del corpo in modo da comunicargli di non essere una giocatrice d’azzardo o una seccatrice. Come? Per esempio, pagandogli da bere e invitandolo a ballare. Ciò gli comunica che lei prende delle decisioni. Se lui non è all’altezza, meglio disfarsene: perché lasciarsi coinvolgere da un uomo che non sa trattare con una donna sicura? Paragoniamo questo teorico comportamento a quello reale di Thelma. Si ubriaca e non avvicina nessuno. Ma alla fine balla, bacia e abbraccia proprio l’uomo che lei e Louise avevano allontanato almeno sette volte, compresa quella in cui Louise gli soffia il fumo in faccia e gli dice di andare all’inferno. Sceglie nel peggior ambiente possibile il peggior uomo possibile: l’unico uomo che aveva dimostrato di non potere e di non volere prendere sul serio il «no». Allora, quando lo raggiunge in un posteggio buio e lui insiste sebbene lei dica «no» al rapporto sessuale, a noi spettatori resta l’immagine degli uomini, come gruppo, che sono stupratori insensibili. Invece di mostrare come Thelma e Louise sanno mettere in pratica il training al linguaggio per controllare la loro vita, le due sono presentate come eroine femministe per la loro disponibilità a uccidere e a suicidarsi. A mio avviso, ciò è antimaschile e antifemminile. È meglio offrire alle donne gli strumenti per controllare la propria esistenza invece che applaudire perché uccidono degli uomini e si suicidano.
La parte più importante del training al linguaggio della relazione della II Fase è il training a prendere iniziative e ad avere quindi «potere dì scelta» invece che «potere di veto», il potere più tipicamente femminile. La donna che ancora pone il veto imparerà quanto meno a interpretare i messaggi subliminali inviati da veti diversi. Per esempio, quando un uomo invita una donna a bere un drink e lei dice «no», poi lui rischia il rifiuto una seconda volta e lei risponde di nuovo con un «no», ma la terza volta dice «sì», questo è l’inizio del loro linguaggio di relazione: il messaggio da lei inviato è che deve rischiare il rifiuto tre volte prima che il «no» si trasformi in «sì». Se questo è il linguaggio adottato, perché dovrebbe cambiare proprio prima di un rapporto sessuale?
Il training al linguaggio di relazione deve inoltre insegnare agli uomini a capire che 1) le donne che prendono l’iniziativa tendono a farsi vittime e a incolparli meno delle donne che non prendono iniziative; 2) le donne che prendono iniziative sono pronte ad assumersi la responsabilità e a rischiare un rifiuto; e 3) con maggiore probabilità queste donne sapranno simpatizzare con gli uomini perché condividono l’esperienza maschile.
Ai ragazzini si deve insegnare quanto può essere positivo il cambiamento. Il che è notevole: i ragazzi per lo più amerebbero la donna che li invita fuori, li coccola e paga il conto. Rafforzando la dipendenza degli uomini dal corpo femminile, e poi privando gli uomini di ciò da cui sono dipendenti si ottiene il solo risultato di far sentire gli uomini meno che pari alle donne. (Non sarà per questo che le femministe non suggeriscono un’inversione dei ruoli?)
I ragazzi devono imparare che il rischio costante del rifiuto li costringe a soffocare i sentimenti. I genitori devono sostenere i programmi volti a risocializzare le figlie affinché condividano la responsabilità con i figli. II che significa che i genitori devono risocializzarsi in modo che i figli abbiano buoni modelli di ruolo.
Se vogliamo limitare il numero degli stupri, le nostre leggi devono esigere da scuole medie e superiori corsi di transizione di genere e per la comprensione dell’altro sesso. A livello di genere la razza umana è nella sua adolescenza. Si trova in uno scomodo momento di passaggio tra la I Fase e la II Fase. E, come accade nell’adolescenza, le femmine sono mature e i maschi sono ancora pieni di brufoli.
La risocializzazione esige che gli insegnanti siano in grado di preparare le studentesse più mature a invitare i ragazzi, con simulazione di ruoli in classe e successive discussioni. E a preparare i ragazzi ad apprezzare ciò che le ragazze meno attraenti possono offrire, riducendo così la dipendenza dei ragazzi dalla bellezza e aumentando il loro interesse per la sostanza. In breve, dovremmo preparare gli insegnanti a fare esercizi di inversione dei ruoli in modo che, anche se gli antichi ruoli persisteranno, quanto meno i due sessi impareranno a mettersi per un po’ nei panni dell’altro.
Se agli automobilisti che non rispettano il codice diamo la possibilità di vedere la loro preparazione, possiamo offrire anche ai colpevoli di date rape la possibilità di seguire un training per la gestione dei rapporti, che mai hanno avuto. Se risocializziamo le donne a condividere la responsabilità di affrontare tutta la gamma dei 150 rischi di rifiuto (dallo sguardo al rapporto sessuale) con la stessa frequenza degli uomini, minimizzeremo la collera e l’impotenza maschili che portano al date rape e la collera e l’impotenza femminile che portano alle false accuse: le due facce della stessa medaglia.
Il training al linguaggio di relazione della II Fase deve insegnare a entrambi i sessi a dire «sì» al sesso e anche «no». (Gli uomini non hanno il permesso di dire «no» quanto le donne: non mettiamo in dubbio la femminilità di una donna se non vuole fare del sesso, mentre ci sorgono dei dubbi sull’uomo se non vuole fare del sesso. Non immaginiamo in lei deviazioni sessuali, mentre le supponiamo in lui.) Gli uomini capiranno l’importanza del «no» almeno quanto le donne impareranno a chiedere a uomini che potrebbero non provare interesse per loro.
Non esistono risposte facili, ma le risposte non possono emergere dal femminismo-nell’isolamento ma dall’aiuto reciproco che si daranno i due sessi per ritessere la tela che è passata nei secoli da una generazione all’altra per scopi che erano allora funzionali, ma hanno ormai smesso di essere tali.
Silver(Quota) (Replica)
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell
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La politica dello stupro
Gli uomini sono stupratori, nient’altro che stupratori.
Marilyn French, autrice di The Women’s Room[1]
Gli uomini ingiustamente accusati di stupro riescono talvolta a far tesoro dell’esperienza.
Assistente del preside del Vassar College[2]
Immaginate che vostro figlio frequenti una ragazza del Vassar, a detta della quale un uomo può aver tutto da guadagnare da un’accusa, falsa, di stupro. Se, arrivando a casa per le vacanze, vi comunicherà che forse passerà il semestre successivo in prigione – dove sarà considerato «carne fresca» dai carcerati – gli direte forse che «gli uomini ingiustamente accusati di stupro riescono talvolta a far tesoro della loro esperienza»? Vi sembra bello pagare le tasse per mantenere college tanto spietati con vostro figlio soltanto perché è nato maschio? Se vostro figlio entrasse nell’esercito invece di andare al college, che ne pensereste dello studio sull’Air Force degli Stati Uniti, passato sotto silenzio perché ha rilevato che per il 60 per cento le accuse di stupro risultavano false: non infondate, bensì false?[3] (I particolari saranno illustrati in seguito in questo capitolo.) Provate adesso a pensare a vostra figlia. Sapete che la violenza sessuale è una questione legale. Desiderate per vostra figlia un’esperienza che in qualche modo generi amore, e non odio. Sentite anche che, se vostra figlia sarà violentata dall’uomo con cui sta iniziando una storia, anche la sua fiducia sarà violentata. Pertanto l’interrogativo fondamentale è: come rendere i primi incontri un’esperienza positiva al massimo per le nostre figlie e i nostri figli? Non interferendo affatto? Con la criminalizzazione (per esempio mettendo in galera tutti gli uomini che ancora insistono anche se una donna ha detto «no»)? Con la risocializzazione? In caso si ricorra alla risocializzazione, ciò implicherà insegnare ai bambini quanto noi abbiamo appreso o quanto loro dovrebbero apprendere? E che cosa dovrebbero apprendere esattamente?
Negli Anni Ottanta e Novanta ci siamo fecalizzati sulla criminalizzazione del ruolo maschile. A mio avviso è necessaria la risocializzazione ben più della criminalizzazione, ed entrambi i ruoli devono essere rimodellati, non soltanto il ruolo maschile. Anche in questo caso è necessaria una transizione dalla I Fase alla II Fase, da realizzare insieme. Possiamo cominciare con il chiarire le false convinzioni che ci hanno portato all’attuale focalizzazione sulla criminalizzazione.
Lo stupro è un prodotto del potere maschile?
Mito. Lo stupro è una manifestazione del potere politico ed economico del maschio.
Fatto. Qualsiasi uomo nero rischia tre volte più di un uomo bianco di essere accusato di stupro.[4]
Improvvisamente i neri hanno più potere politico ed economico? Forse lo stupro non deriva tanto da! potere quanto dall’impotenza. Ne riparleremo.
Lo stupro è un prodotto della violenza maschile?
Mito. Lo stupro non ha nulla a che fare con l’attrazione sessuale – è semplicemente un atto violento.[5] Ciò è «provato» dal fatto che le donne di ogni età vengono violentate.
Fatto. Nell’età della massima attrazione sessuale, la probabilità di essere violentate è molto più elevata che dopo i cinquant’anni.[6]
Tra i 16 e i 19 anni, una donna rischia di essere violentata in 84 casi su 20.000; se è tra i 50 e i 64, il rischio scende a 1 su 20.000.[7] L’attrazione sessuale, pertanto, deve aver qualcosa a che fare con la persona violentata.
Se lo stupro fosse soltanto una violenza, allora non dovrebbe distinguersi da qualsiasi altra forma di violenza. Altri crimini violenti non sono distinti dalle parti coinvolte. Se così fosse, la vulnerabilità dei testicoli renderebbe «l’aggressione ai testicoli» un crimine particolarmente violento; e l’importanza della testa renderebbe «un’aggressione alla testa» un crimine che merita il massimo castigo. A meno che le femministe non stiano affermando che la vagina di una donna è più importante della testa di una donna, lo stupro va considerato come qualcosa di più che una violenza ai danni di una parte del corpo per poter avere un trattamento speciale.
In realtà, che cosa facciamo quando ignoriamo il ruolo dell’attrazione sessuale? Ignoriamo la nostra responsabilità e rafforziamo la dipendenza degli uomini dalla bellezza sessuale della donna, e quindi depriviamo gli uomini dell’oggetto della dipendenza che abbiamo contribuito a creare. Non riusciremo mai a cessare di rafforzare la dipendenza degli uomini dalle donne belle finché non saremo disposti ad annullare i vantaggi che le donne belle traggono quando tale dipendenza induce gli uomini a darsi da fare, a pagare per le donne e a corteggiarle.
Il «date rape» (stupro al primo appuntamento) è un crimine o un fraintendimento?
Punto di vista prevalente. È un crimine, e non un fraintendimento.
Altro punto di vista. Chiunque lavori con persone dei due sessi sa quanto spesso capiti che un uomo pensi di aver fatto l’amore mentre la donna sente di essere stata violentata. È anche possibile che una donna pensi di aver fatto l’amore la sera, quando è su di giri, e ritenga di essere stata violentata il mattino dopo, quando è sobria – senza per questo che l’uomo sia uno stupratore. Ovvero che una donna pensi di aver fatto l’amore la sera, se l’uomo le ha detto «ti amo», ma si senta violentata la sera dopo se lui non ha chiamato. Ma ancora una volta non significa che l’uomo l’abbia stuprata.
È anche possibile che una donna torni nella stanza di un uomo, gli dica che non vuole avere rapporti sessuali, lo pensi veramente, inizi con i baci, abbia un rapporto sessuale e poi, la mattina dopo, desideri non averlo mai fatto. Com’è possibile? I baci sono come le patatine fritte, una tira l’altra, e prima di rendersene conto si va ben oltre…
La donna che, entrando nella stanza, dichiara: «Voglio soltanto parlare», ma poi è sensibile a una carezza sulla mano e a un bacio, non ha detto verbalmente: «Ho cambiato idea», ma lo ha detto in un linguaggio non verbale. Pertanto la sua ultima parola era un «no» a qualsiasi contatto fisico. Se a lui si chiede di assumersi la responsabilità perché l’ultima parola di lei è stata un «no» allora lo rendiamo più responsabile per lei di quanto lei non lo sia di se stessa. Trasformarlo in un criminale perché non si è assunto la responsabilità per lei è trasformarlo in un criminale per non essersi comportato con lei come un genitore. Il che non è la parità ma la formula donna-bambina.
Tutto ciò, nel suo insieme, lascia spesso nell’incertezza: «leggere sulle labbra» significa leggere quanto le labbra dicono o quanto le labbra fanno?
Il problema, quando si giudica un comportamento sessuale, è che il giudizio viene formulato da persone non coinvolte in nessun senso. La giuria che vede una donna nella sterile aula di un tribunale, le domanda che cosa voleva e poi presume che tutto quanto abbia poi fatto sia responsabilità dell’uomo, in realtà insulta non soltanto la donna, ma anche il potere del sesso.
Citare in giudizio un uomo perché una donna ha fatto più sesso di quanto intendesse è come citare in giudizio un produttore di patatine fritte perché qualcuno ne ha mangiate più dì quante volesse. In breve, il date rape può essere un crimine, un fraintendimento, o anche un tardivo rimorso.
Non è il ruolo maschile che deve cambiare, visto che è l’uomo a stuprare?
Punto di vista prevalente. Negli incontri, il problema è costituito dal ruolo maschile, perché a violentare sono gli uomini e non le donne.
Il mio punto di vista. Il problema non è nei ruoli: i ruoli dei due sessi portano ai problemi dei due sessi – il problema della violenza per le donne e i problemi come il rifiuto, l’impari responsabilità, l’impostura e le menzogne dei primi incontri per gli uomini.
«Date rape»
Ecco come i ruoli maschile-femminile, e migliaia di anni di selezione sessuale, portano al problema del date rape per le donne. Il ruolo sociale:[8]
• Rafforza nei ragazzi la dipendenza dal sesso con le ragazze, mentre mette in guardia le ragazze dal sesso con i ragazzi. A tutti dice che il sesso è sporco e pericoloso (herpes, AIDS) e poi…
• Dice ai ragazzi: «Sarete voi ad assumervi la responsabilità per queste ‘porcherie’», il che fa sì che si diffidi dei ragazzi e si opponga loro un rifiuto.
• Invece di accettare a livello personale i rifiuti, un giovane impara a trasformare la donna in un oggetto sessuale: è meno doloroso essere rifiutati da un oggetto.
• L’oggettificazione la fa sentire alienata, il rifiuto lo fa sentire ferito, arrabbiato e impotente. Quando rifiuto e identità sessuale vanno di pari passo, seminiamo i semi della violenza, specie tra i ragazzi che non hanno nessuna fonte di potere. La violenza e l’oggettificazione rafforzano i presupposti iniziali: il sesso è sporco e pericoloso, e gli uomini non meritano fiducia.
Da tutto ciò consegue che un uomo viene rifiutato a livello sessuale finché non si dimostra degno di fiducia per «non aver corso dietro al sesso», ma viene sessualmente ignorato finché «corre dietro al sesso».
Notate bene che si tratta di un processo bisessuale, non unisex. Se vogliamo metter fine al date rape, dobbiamo anche metter fine alla «passività» delle donne. A questo punto, le donne conservano l’antica opzione di essere passive e prendere iniziative indirette, e intanto conquistano la nuova opzione di prendere inziative dirette. Non ci si aspetta comunque che siano le donne a cominciare. Né viene detto loro che c’è qualcosa che non va se non lo fanno. Così le donne conquistano opzioni nuove, ma senza nessuna aspettativa. Gli uomini conservano le antiche aspettative, ma senza opzioni nuove. Fatta eccezione per l’opzione della prigione se esercitano il loro vecchio ruolo in modo maldestro.
Se l’etichetta «stupro ai primi approcci» ha aiutato le donne a definire l’aspetto più traumatico di un incontro dal punto di vista femminile, gli uomini non possiedono etichette che li aiutino a definire gli aspetti più traumatici di un incontro dal loro punto di vista. Ovviamente, l’aspetto più traumatico è attualmente la possibilità di essere accusati di stupro da una donna con la quale pensavano di far l’amore. Se gli uomini volessero dare un nome agli aspetti peggiori del tradizionale ruolo maschile, potrebbero definirli «rapina», «rifiuto», «responsabilità», «impostura», «menzogne».
Rapina, rifiuto e responsabilità nei primi incontri
L’aspetto peggiore di un incontro dal punto di vista di parecchi uomini è quella sensazione di essere vittime di una rapina avallata dalle usanze: saranno loro a tirar fuori il portafogli, a dare il denaro a lei, e il tutto si chiamerà appuntamento sentimentale.
Per un giovane, gli incontri peggiori sono quelli in cui ha la sensazione di essere derubato e rifiutato. I ragazzi rischiano anche la morte per evitare un rifiuto (per esempio, entrando nell’esercito). Serate che costano denaro… e poi un rifiuto: ecco la versione maschile del date rape.
Molti cominciano a contestare l’aspettativa fuori discussione per cui gli uomini si devono assumere un’impari responsabilità per ricevere un impari rifiuto. Tuttora scoprono che, quando compare il conto, le donne scompaiono nella toilette. Gli uomini non hanno ancora spiegato al mondo quanto l’aspettativa che siano loro a pagare li spinge a mestieri e professioni che non amano ma che rendono di più, e che ciò provoca stress, infarti e suicidi. Sanno soltanto che le donne hanno la possibilità di chiedere e la possibilità di pagare, e che dagli uomini tuttora ci si aspetta che chiedano e che paghino.
Impostura e menzogne ai primi incontri
Se un uomo che ignora il «no» verbale di una donna si rende colpevole di stupro, allora una donna che dice «no» con il linguaggio verbale ma «sì» con il linguaggio del corpo si rende colpevole di impostura. E la donna che continua a mostrarsi pronta al sesso dopo aver detto «no» si rende colpevole di menzogne.
Le donne si comportano così? Secondo due femministe la risposta è affermativa. Circa il 40 per cento delle donne che studiano al college ha ammesso di aver detto «no» al sesso anche «quando intendevano dire sì».[9] Anche nel mio lavoro con circa 150.000 persone tra uomini e donne – la metà circa single – la risposta è risultata positiva. Quasi tutte le single riconoscono di aver accettato di tornare nella camera di un ragazzo «solo per parlare», sensibili tuttavia già al primo bacio. E quasi tutte ammettono di aver di recente detto qualcosa di simile: «Ci stiamo spingendo troppo in là», mentre le labbra continuano a baciare.
Abbiamo dimenticato che quando non si parlava ancora di stupro e di impostura, sì diceva che era eccitante. Forse non a caso i romanzi rosa scritti dalle donne non si intitolano Si fermò quando dissi «no». S’intitolano Dolce amore selvaggio,[10] con la donna che rifiuta la mano dell’amante gentile che la salva dallo stupratore e sposa l’uomo che ripetutamente e selvaggiamente la violenta. È proprio il tema del «matrimonio con il violentatore» che ha fatto di Dolce amore selvaggio un best seller. Ed è Rhett Butler, che porta sul letto la recalcitrante e urlante Rossella O’Hara, l’eroe delle donne – e non degli uomini – in Via col vento (il romanzo più venduto di tutti i tempi, alle donne). È importante che i «no» di una donna siano rispettati e che i «sì» di una donna siano rispettati. Ed è anche importante – quando i «sì» non verbali (le bocche ancora unite) sono in conflitto con i «no» verbali – che un uomo non sia messo in galera per aver ascoltato i «sì» e non i «no». Forse cercava soltanto di diventare la fantasia della sua donna. II pericolo è nel sottile confine tra fantasia e incubo.
Le differenze nelle esperienze dei due sessi sono talmente grandi a livello emotivo che si possono capire soltanto invertendo i ruoli: la donna invita l’uomo e scopre quali «no» dell’uomo significano «no» per sempre e quali «no» per la serata… e l’uomo si rende conto che effetto fa vedere che i propri «no» vengono ignorati.
Qual è la differenza tra stupro perpetrato da un estraneo o da un conoscente e «date rape»?
Spesso sentiamo dire: «Lo stupro è stupro, giusto?» Invece no. Quando un estraneo minaccia una donna e con la forza la penetra è diverso da quando un uomo e una donna fanno del sesso mentre sono ubriachi, e solo al mattino nascono i ripensamenti. Che cosa è diverso? La donna che accetta un appuntamento non sceglie certo di fare del sesso, ma decide di esplorare delle possibilità di rapporto. La donna non fa una scelta simile con un estraneo o un conoscente. Sotto questo aspetto, lo stupro all’inizio di un rapporto è ben diverso dallo stupro perpetrato da un conoscente, e i termini non dovrebbero essere usati in modo intercambiabile, come spesso accade.
Perché negli ultimi dieci anni sono sorte tutte queste complicazioni? Vediamo un po’…
La politica che fa del «date rape» un’epidemia, e dell’uomo l’unico responsabile
Moltissime donne, la metà circa della popolazione femminile, vengono violentate o sono vìttime di tentativi di stupro almeno una volta nella vita[11] In condizioni dì predominio maschile, se il sesso è normalmente una cosa che gli uomini fanno con le donne, interpretare un «sì» come un segno di consenso è da scriteriati.[12]
Catharine MacKinnon, l’unica possibilità per l’NBC di analizzare le udienze del processo Clarence Thomas, con Tom Brokaw come moderatore
La massima esperta legale del paese per i casi di stupro, la femminista Catharine MacKinnon, afferma che il «sì» di una donna non può essere considerato sincero. Perché no? Perché è costretta a dire «sì» al fine di sopravvivere.[13] Se si può parlare di stupro anche quando una donna dice «sì», è comprensibile che la MacKinnon concluda dicendo che una buona metà della popolazione femminile è soggetta a stupro o a tentativi di stupro nel corso dell’esistenza.
Lo studio sponsorizzato da Ms. e ampiamente citato dai mass media,[14] secondo il quale un 25 per cento delle donne erano state violentate già nel periodo in cui frequentavano il college, ricorreva a questa domanda per ottenere quel 25 per cento:[15]
Avete avuto un rapporto sessuale indesiderato perché sopraffatte dalle insistenze e dalle pressioni di un uomo?[16]
Notate che queste donne non si definivano violentate ma semplicemente sopraffatte. Una avrebbe potuto sentirsi «sopraffatta» perché temeva di perdere il ragazzo opponendo un «no». Quindi forse avrebbe potuto dire «sì» per tenerselo. Solamente quando allarghiamo la definizione di stupro fino a comprendere donne che forse hanno detto «sì», scopriamo un «aumento» negli stupri.
Come faccio a sapere che queste donne non si definivano necessariamente violentate? Nel 42 per cento dei casi, queste donne dissero di aver fatto del sesso con quegli uomini una o più volte anche dopo.[17]
Ovviamente, nonostante tutto, continuiamo a esigere dagli uomini iniziative e prestazioni sessuali, ma li definiamo stupratori se poi se la cavano in modo eccellente.
La verità è che entrambi i sessi prendono parte all’attività sessuale indesiderata. Una femminista abbastanza coraggiosa da sottoporre domande di ampio respiro a entrambi i sessi, rimase davvero stupita nello scoprire che il 94 per cento degli uomini e il 98 per cento delle donne affermavano di aver avuto attività sessuali indesiderate al tempo del college.[18] Ma ancor più sorprendente fu la scoperta, riportata dal Journal of Sex Research, che il 63 per cento degli uomini e il 46 per cento delle donne dichiaravano di aver sperimentato rapporti indesiderati.[19] Secondo la definizione femminista dello stupro come sesso indesiderato, virtualmente tutti sono stati violentati. Ed ecco che allora lo stupro comincia a sembrare un’epidemia. Ed ecco come lo stupro, per giunta, viene banalizzato.
Una mia amica, dopo aver letto queste note, disse: «Non riesco bene a immaginare i motivi concreti per cui un uomo non voglia avere rapporti sessuali con una donna». Ma perché? Uno studente universitario talvolta teme il rapporto se intuisce che per la donna significherà l’avvio di un legame impegnativo. Ma poi ha quel rapporto, perché è stato lui a sollecitarlo prima che lei chiarisca senza ombra di dubbio che lo ritiene impegnativo, e nel momento dell’eccitazione e della passione non sa come fare a dire di «no», nonostante la trappola in agguato. In effetti, è proprio questo scenario – con l’uomo che il giorno dopo non chiama per timore di essere coinvolto, e la donna che si sente rifiutata perché dopo il rapporto lui si è ben guardato dal telefonare – che induce la donna a sentirsi «violentata» e talvolta a denunciare l’evento come stupro.
Anche gli uomini, come le donne, spesso non vogliono avere il primo rapporto sessuale mentre sono ubriachi o esausti, ma talvolta non si sottraggono per tema che lei si senta rifiutata.
Allora, qual è la frequenza dello stupro? La risposta migliore viene dall’indagine condotta a livello nazionale nelle famiglie, in cui alle donne, coperte dall’anonimato, fu chiesto se erano state violentate e anche se avevano denunciato l’incidente alla polizia. Risultò che per un terzo le donne non denunciarono l’avvenuto stupro alla polizia; all’incirca la metà non denunciò tentativi di stupro.[20] Quando a queste aggiungiamo le donne che hanno sporto denuncia, scopriamo che circa una donna su venticinque è vittima di uno stupro nell’arco dell’esistenza, e circa una su ventitré è vittima di un tentativo di stupro.[21]
Le definizioni sempre più ampie dello stupro influenzano in qualche modo i risultati dei più obiettivi studi governativi? È possibile. Per esempio, prima dei processi per date rape contro William Kennedy Smith e Mike Tyson, il dipartimento della Giustizia aveva rilevato che il tasso di stupri e dì tentativi di stupro era diminuito tra il 1973 e il 1988 del 33 per cento (da 1,8 donne su 1000 a 1,2 su 1000).[22] Dopo quei processi, quando le donne cominciarono a considerarsi violentate se si sentivano costrette, il dipartimento della Giustizia rilevò il primo aumento di stupri e di tentativi di stupro.[23]
Le leggi contro lo stupro un po’ troppo generalizzato sono come i limiti di velocità troppo ristretti: facendo di tutti dei trasgressori, rendono meno responsabili coloro che davvero e gravemente trasgrediscono. Ma le leggi per chi supera i limiti di velocità se non altro si applicano sia agli uomini sia alle donne. Le leggi secondo le quali chiunque dia un appuntamento a una donna può essere uno stupratore si applicano invece solo al sesso maschile. Sono leggi sessiste. Le leggi che prevedono un’ampia definizione per lo stupro sono simili alle leggi sui limiti di velocità valide per gli uomini, in assenza di limiti di velocità per le donne.
Di fronte a un’esagerazione dell’aumento degli stupri, aumenta in modo esagerato la paura delle donne che percorrono una strada di sera. E aumenta esageratamente la loro sfiducia negli uomini. In breve, l’esagerazione si ritorce sulle donne. L’esagerazione fa il gioco della politica, forse, ma è un veleno per le donne che vogliono amare un uomo. Sfruttare le donne a vantaggio della politica non è esattamente la mia definizione di liberazione.
Un uomo può essere legalmente accusato di stupro se ha un rapporto sessuale con una donna che dice «sì»?
«Wisconsin, 1990. Mark Peterson è ritenuto colpevole di violenza sessuale contro una donna la quale, affermano i medici, ha quarantasei personalità.[24] Costei aveva affermato che una delle sue personalità, una bambina di 6 anni, l’aveva poi informata del rapporto sessuale avuto. Quindi accusò Mark Peterson di averla aggredita. Sei delle varie personalità furono chiamate a deporre; quattro prestarono giuramento. La donna riconobbe che la personalità che aveva fatto del sesso – la personalità che ‘amava divertirsi’ – non si era opposta.»
Allo scorno si aggiunse la beffa: la stampa nazionale presentò Mark come un criminale. Nella sua comunità gli resterà il marchio dell’uomo accusato di stupro. In qualsiasi indagine riaffioreranno i suoi precedenti penali e dovrà dare delle spiegazioni. Il nome della donna non è invece apparso sui giornali. Gli uomini del Wisconsin non sanno se la donna con la quale stanno per avere un rapporto è proprio quella, o una come lei.
Un conto è aspettarsi che un uomo scopra quale «no» significa davvero «no», e un conto è aspettarsi che un uomo scopra quale «sì» significa davvero «sì». E non solo ci aspettiamo che lo scopra: lo condanniamo come un criminale se non lo sa.
La personalità multipla è forse la metafora di una nuova realtà? Ebbene sì. Campus considerati «progressisti», da Berkeley ad Harvard e Swarthmore, consentono alla donna ubriaca di affermare, il mattino dopo, di essere stata violentata, anche se la sera prima aveva detto «sì»![25] Provate a pensare a una donna che sta in compagnia di vostro figlio, beve qualche drink, fa con lui tutto il sesso che vuole e poi, la mattina dopo, pretende di esser stata violentata perché la sera prima si trovava sotto l’influenza dell’alcol ed era stata una personalità diversa a dire «sì».
La MacKinnon, la National Clearinghouse on Marital and Date Rape e altre femministe si propongono ora di estendere la cosa oltre il campus, inserendo i provvedimenti nel codice penale.[26] È legalmente ammissibile? Sì. In molti Stati le leggi dicono che una persona non può ritenersi consenziente se si trova «sotto l’influenza» – se ha capacità intellettive ridotte.
Non appena una donna afferma che il suo «sì» non era un vero «sì» perché lei era «sotto l’influenza», si aprono le cataratte. Già abbiamo visto come la «depressione postpartum» di Sheryl Lynn Massip fosse diventata una giustificazione legalmente valida dell’infanticidio. E lo stesso accade se una donna dichiara che si è sentita violentata perché era sotto l’influenza di un divorzio traumatico, della morte di un figlioletto o dello stress. Persino l’accenno a una relazione di lunga durata fatta dall’uomo la sera prima può averla posta «sotto l’influenza». («Quando la mattina dopo non ha chiamato, ho capito che aveva mentito. Non sarei mai andata a letto con lui se non avessi pensato che desiderava un legame: quella sera ero sotto l’influenza di quell’uomo che mi diceva di amarmi. Ha mentito: mi ha violentata.»)
In un’epoca di parità, rendiamo lei non responsabile perché aveva bevuto e lui responsabile anche se aveva bevuto. È ben strano che il femminismo si faccia paladino di questa nuova ineguaglianza.
Sessualmente, è ovvio, i sessi non sono uguali. È esattamente il maggior potere sessuale della donna che spesso fa temere a un uomo di essere rifiutato, tanto da indurlo a ricorrere a qualche drink in più per soffocare la paura. In sostanza, il potere sessuale della donna spesso induce l’uomo a bere; il potere sessuale dell’uomo raramente induce lei a bere. Se mai esiste una prova del potere di lei su di luì, è il fatto che ci si aspetti da lui che spenda il suo denaro per comprarle dei drink, senza che lei contraccambi. In breve, molti uomini si sentono «sotto l’influenza» nel momento stesso in cui vedono una bella donna.
La legislazione del «sotto l’influenza di…», o della personalità multipla, ha un potenziale enorme di ritorsione sulle donne. Le donne acquistano profumi che permettono di assoggettare gli uomini all’influenza. Le donne se la ridono del poco cervello dell’uomo peraltro ben fornito di pene. Abbiamo visto che quasi tutte le culture hanno rafforzato la dipendenza degli uomini dalle donne giovani e belle. Negli uomini, ben più che nelle donne, le capacità mentali scemano quando si trovano «sotto l’influenza» di una bella donna.
È davvero paradossale che in un’epoca in cui sempre più responsabilizziamo le persone e le riteniamo colpevoli se guidano in stato di ubriachezza, riteniamo le donne meno responsabili se bevono e hanno rapporti sessuali. Ovviamente, se una beve e fa del sesso, sono fatti suoi. Ma se beve e pretende di essere stata violentata, allora fa torto a un uomo. E talvolta lo danneggia per tutta la vita. E quindi è responsabile per aver bevuto e aver denunciato uno stupro quanto un automobilista per aver bevuto e provocato un incidente.[27]
La differenza tra una donna che dice «sì» o «no» è importantissima quando l’alcol entra in gioco. Un uomo dovrebbe essere considerato responsabile se una donna che ha bevuto continua a dire «no» sia con il linguaggio verbale sia con il linguaggio del corpo.
O almeno dovrebbe essere ritenuto più responsabile se lei dice di «no» dopo aver bevuto.
Finché la società continua a incitare gli uomini a fare i commessi viaggiatori del sesso, è sessista da parte della società mettere in galera solamente gli uomini che riescono a vendere bene. Non mettiamo in carcere gli altri commessi viaggiatori se pagano dei drink ai clienti e riescono poi a trasformare un «no» in un «può darsi» e poi in un «sì». Se il cliente sceglie di bere troppo e poi il «sì» risulta una pessima decisione, nei guai finisce il cliente, non il commesso viaggiatore. Ci aspettiamo che gli adulti si assumano le loro responsabilità.
L’uomo ingiustamente accusato è un uomo violentato?
La donna che afferma di essere stata stuprata va ascoltata, sostenuta, creduta e aiutata a tornare a un’esistenza in cui riesca di nuovo ad aver fiducia. L’essere umano, se ferito, ha bisogno di essere ascoltato e amato più di qualsiasi altra cosa al mondo, soluzione dei suoi problemi inclusa.
Se un uomo afferma di essere stato ingiustamente accusato di stupro, ci sta dicendo anche di essere stato violentato. È stato accusato di essere uno degli individui più sgradevoli della Terra. Anche se l’accusa gli viene rivolta da un’adolescente che confessa di aver mentito prima che si arrivi al processo, la vita di un uomo può essere rovinata per sempre. Come nel caso di Grover Gale.
Una tredicenne della Carolina del Nord accusò Grover Gale di averla violentata per ben quattro volte.[28] Nei trentasei giorni che Grover restò in galera, perse il lavoro, si coprì di debiti, non fu più in grado di pagare l’affitto di casa e rischiò il divorzio. Poi la ragazzina, il cui nome non è mai apparso sui giornali, ritrattò, ammise di essersi inventata tutto, e disse che aveva voluto soltanto attrarre l’attenzione del suo fidanzatino diciassettenne.[29]
Ma quando Grover fu scarcerato e rientrò a casa, scoprì che suo figlio aveva paura di abbracciarlo. Ovunque si recasse in città, la gente lo chiamava «molestatore di ragazzine», «violentatore». Qualcuno gli sputò perfino addosso. E la famiglia fu costretta a trasferirsi altrove. Se ne andarono in un altro Stato, si sistemarono in una cittadina in cui nessuno sapeva nulla di lui. Sono passati due anni e quelle accuse ancora sono un tormento: gli resta infatti un debito di 15.000 dollari, contratto per far fronte alle varie spese processuali, per pagare l’avvocato e gli affitti arretrati.
Grover non sa se citare in giudizio la ragazza o dimenticare. Se cerca di dimenticare, sente salire dentro di sé la collera. Talvolta esce di casa come una furia, balza in macchina e a tutta velocità imbocca una strada qualsiasi, diretto da nessuna parte. Preme l’acceleratore e va, finché non riesce a calmarsi. «Da allora sono distrutto», dice. La moglie non riesce a parlare di quelle accuse, o ad ascoltarlo quando ne parla lui, senza piangere.[30]
Grover ha perduto vita e moglie. È stato violentato. Eppure non può permettersi di andare in analisi, né lo Stato gliela pagherebbe. Gli stessi psicologi temono di essere chiamati in causa come corresponsabili: «Se lo tratti come uno che non è uno stupratore e poi stupra qualcuno, puoi essere citato in giudizio per non averlo sottoposto a un trattamento adatto, perché in quanto psicologo avresti dovuto sapere».[31]
Dopo le accuse, nessun processo può cancellare l’ombra che segue un uomo ovunque egli vada. Tuttora il dottar William Kennedy Smith viene raramente chiamato «dottore». Quando fu accusato di violenza, il suo incarico all’University of New Mexico Hospital fu momentaneamente sospeso. Comprensibilissimo. Ma quando fu dichiarato non colpevole, l’università non riuscì a decidere se ridargli o no l’incarico.[32] L’ombra lo seguiva anche dopo il processo.
Ma Grover Gale è forse un’eccezione? Non sono forse rare le false accuse di stupro?
Sono rare le false accuse di stupro?
Con grande disappunto scoprimmo che almeno per il 60 per cento le accuse di stupro erano false.
Dottor Charles P. McDowell,
Supervisory Special Ageot, U.S. Air Force.
Office of Special Investigation[33]
Dalle indagini condotte dall’U.S. Air Force su 556 casi di presunto stupro, si scoprì che nel 27 per cento dei casi le donne alla fine ammisero di avere mentito (prima della prova con la macchina della verità, o dopo, non avendola superata).[34] Poiché altri casi erano meno sicuri, furono esaminati da tre professionisti indipendenti, che per l’indagine si basarono su venticinque elementi comuni alle donne che avevano ammesso di avere mentito. Se tutti e tre avessero concluso che le accuse di stupro erano false, il caso sarebbe stato classificato come falso. (Le donne non rischiavano nessuna condanna, poiché si trattava semplicemente di uno studio.) Quale fu la conclusione? Per un totale pari al 60 per cento le originarie accuse di stupro erano false.
Il dottor McDowell, che era responsabile delle indagini, era stato tra i primi a prevedere che le accuse lanciate da Cathleen Crowell Webb contro Gary Dotson erano sicuramente false, come infatti risultò. La Webb rimase talmente impressionata dalla sua analisi che la pubblicò in appendice al suo libro, Forgive Me.[35] Tuttavia il dottor McDowell era restio a pubblicare i dati risultanti dalle indagini, poiché temeva che fossero significativi soltanto all’interno dell’ambiente militare, e fuorvianti al di fuori. Esaminò pertanto gli archivi della polizia in due città del paese. Il 60 per cento fu confermato, ma le città vollero restare nell’anonimato per timore di eventuali ripercussioni politiche.
Generalmente contee e città non aprono gli archivi al pubblico. Se ciò accade, di solito si scopre che si classificano come «infondate» (e non false) le false accuse di donne che ammettono di aver mentito, esattamente come nei casi in cui non ci sono prove, o prove insufficienti per aprire un processo. Quando il Washington Post ottenne da alcune contee dello Stato di Washington l’apertura degli archivi, si scoprì che due delle contee più estese, Prince George nel Maryland e Fairfax in Virginia, avevano rispettivamente registrato il 30 e il 40 per cento di casi di accuse false o «infondate».[36] (Le false denunce per furti, furti con scasso e furti d’auto si aggirano invece tra l’1 e il 5 per cento.)[37]
Questi dati sono in contrasto con gli Uniform Crime Reports dell’FBI – che i media hanno ampiamente pubblicizzato – secondo i quali soltanto il 9 per cento delle accuse di stupro sono false o infondate?[38] No. L’FBI conosce il numero delle donne che hanno affermato di essere state violentate, ma non se lo stupratore è stato poi dichiarato colpevole o innocente. Nel 47 per cento dei casi, il presunto stupratore non era neppure stato identificato o trovato, e se era stato scoperto, le prove a carico erano risultate insufficienti per passare al suo arresto.[39] Nel restante 53 per cento dei casi furono arrestati, ma l’FBI non viene informata della conclusione dei processi, e dunque non sa se gli imputati sono stati alla fine giudicati colpevoli o innocenti.[40] In breve, per quanto ne sa l’FBI, la percentuale delle false accuse potrebbe andare da 0 a 100.
Se ogni uomo ingiustamente accusato è in sostanza emotivamente violentato, una falsa accusa spesso crea anche una violenza a livello economico. Nel 1993, una donna mentì affermando di essere stata violentata nei locali del Nordstrom’s. Furono cambiati i sistemi di sicurezza in ben settantadue negozi della stessa catena, in dieci Stati, prima che i test di laboratorio scoprissero la prova di una palese contraddizione nel racconto della donna (tanto che questa finì con l’ammettere di aver mentito).[41] La reputazione della vittima {Nordstrom’s) per due settimane fu danneggiata poiché tutti i media parlarono della storia, senza peraltro citare in nome della donna, che rimase segreto. E il procuratore distrettuale si rifiutò di proseguire. Nessuno risarcì Nord-strom’s. E nessuno risarcisce i clienti dei negozi Nordstrom’s che pagano per quella falsa accusa.
L’unica cosa che sappiamo per certo, quindi, è che le false accuse non sono una rarità, che sono dì per sé una forma di stupro e che politicamente sono una patata bollente. In politica ci vorrebbe indubbiamente una donna di enorme integrità per affrontare la questione. Ma l’esatta percentuale delle false accuse è di secondaria importanza. Di primaria importanza è che giudice e giuria si rendano conto che tutti e due i sessi possono essere vittime; che nel caso del date rape potrebbe in realtà trattarsi di fraintendimento; una donna può sentirsi intimorita a muovere un’accusa sincera; che la vita di un uomo può essere rovinata (perdita del lavoro, della moglie e dei figli) anche se è poi dichiarato non colpevole; che entrambe le parti devono dunque essere processate (mentre ora le leggi concernenti i casi di stupro proteggono la femmina molto più che il maschio).
Perché mai una donna formulerebbe una falsa accusa di stupro?
Quando per la prima volta sentii parlare di date rape e della possibilità che le accuse fossero false, la mia reazione personale fu questa: «Molti giovani non sanno quando un ‘no’ è da prendersi sul serio; per giunta, che cosa mai spingerebbe una donna a lanciare una falsa accusa se non c’è almeno un po’ di verità?» Ma quando il governatore di New York si lasciò ingannare dall’affermazione di Tawana Brawley di essere stata vittima di violenza di gruppo (e invece si trattava soltanto, come risultò poi, di una scusa), e il governatore dell’Illinois rifiutò a Gary Dotson la riapertura del caso quando, anni dopo, i test del DNA virtualmente ne provarono l’innocenza, compresi che dovevo modificare il mio punto di vista. E cominciai pertanto a considerare i possibili moventi che spingono a formulare false accuse.
L’indagine condotta dal Washington Post rilevò un’ampia gamma di moventi.[42] Assai comune risultò il rancore contro ex boy-friend. L’ex fidanzato di Kathryn Tucci passò trecidi mesi in carcere prima che lei lo discolpasse. (Per Kathryn la pena fu un periodo di servizio civile.) Forse era comune soprattutto il bisogno delle ragazzine di trovare una scusa per i genitori se erano arrivate a casa tardi, avevano passato tutta la notte fuori o erano incinte.
Una donna accusò il fattorino che consegnava quotidianamente i giornali di averla stuprata puntandole addosso una rivoltella, per giustificare il ritardo al lavoro. Era la seconda falsa dichiarazione in un anno. La prima volta era andata liscia, e così aveva pensato che anche la seconda non avrebbe avuto conseguenze. E invece le conseguenze ci furono: qualche seduta dallo psicanalista.[43]
Soltanto lo studio condotto dall’Air Force presenta un elenco sistematico dei moventi:
Motivazioni citate dalle donne che ammisero di aver formulato false accuse di stupro[44]
MOTIVO PERCENTUALE
Rancore o vendetta 20
Compensazioni a sensi di colpa o di vergogna 20
L’idea di essere incinta 13
Per nascondere una «storia» 12
Per mettere alla prova l’amore del marito 9
Disordine mentale/emotivo 9
Per evitare la responsabilità personale 4
Mancato pagamento, o estorsione 4
Timore di malattie veneree 3
Altro 6
Totale 100
Il dottor McDowell osservò che le false accuse sono prevalentemente «strumentali», servono cioè a uno scopo. Se lo scopo è evitare i sensi di colpa o ottenere vendetta, possono consentire di dire ai genitori: «Non sono stata io a voler restare incinta: sono stata violentata», o al marito: «Non ho avuto una storia, non è stata colpa mia… sono stata stuprata».[45]
La società che giudica negativamente la donna che ha rapporti sessuali prima del tempo, induce le donne a formulare false accuse per sfuggire a quei giudizi. Uno dei casi riferiti dallo studio condotto dall’Air Force ne è un esempio:
Durante un party, una recluta ventiduenne ebbe un rapporto sessuale con un compagno. Ammise che quella sera era ubriaca e che poi aveva cominciato a provare una grave vergogna perché altri partecipanti alla festa sapevano quello che aveva fatto. Così aveva deciso di denunciare di essere stata stuprata.[46]
In passato, una donna avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di essere sessualmente «troppo facile». Ora l’accusa di stupro le offre una scappatoia. Può passare all’uomo il peso della colpa e della vergogna. In effetti, la società ha bisogno di affrontare la questione se è davvero necessario creare la colpa, e dover pertanto poi trovare qualcuno da biasimare.
C’è però un tempo in cui si deve accettare il biasimo: quando si infrange un patto. Quando l’accusa di stupro rivolta a un uomo dà un tale potere che l’intera U.S. Navy si sente in dovere di non indagare per capire se una donna si serve dell’accusa per evitare il biasimo derivante dall’esser venuti meno a un impegno, allora non facciamo che creare, per le donne meno responsabili, un incentivo a usare false accuse.
Kermit Cain, un mio amico prescelto come Marinaio dell’Anno nel 1980, si ritrovò vittima di una situazione simile quando tornò a casa dopo aver passato una serata con una donna che faceva parte dell’equipaggio. Così raccontava Kermit…
Le dissi che sarei salito nella mia stanza. Mi seguì e, non appena si chiuse la porta, cominciò a spogliarsi quasi del tutto e si infilò nel mio letto. La mattina dopo tornai da lei.
Alcune settimane dopo fui convocato nell’ufficio del mio capodipartimento, che mi informò che sarei andato in prigione; alle accuse non fece cenno e mi disse soltanto: «Qualunque altra cosa lei faccia, contribuirà soltanto ad allungare la pena». Dopo di che un funzionario degli Interni cominciò a interrogare tutte le donne con cui ero entrato in contatto; affermava che io ero uno stupratore e lasciava intendere che con una loro dichiarazione contro di me avrebbero protetto le donne. In due casi riuscirono a ottenere altre false accuse contro di me, inducendo le donne a pensare che stavano facendo proprio la cosa giusta.
Nessun avvocato accettò di occuparsi del mio caso. Per tre anni, insieme a mio padre, condussi delle ricerche e alla fine scoprii che la ragazza era fuggita per evitare un test: in precedenza era risultato che si drogava, e sapeva benissimo che la seconda volta sarebbe stata allontanata per cattiva condotta. A casa, i genitori le avevano chiesto come mai avesse lasciato la base, e lei aveva risposto di essere stata violentata. La madre aveva telefonato a un membro del Congresso, che aveva telefonato all’Office of Legislative Affairs, che aveva telefonato al comandante, che aveva telefonato al capitano…
Scoprii questa storia anche perché una delle tre compagne dì stanza di quella ragazza, vedendo ciò che mi era capitato (avevo perso 25 chili circa ed ero sull’orlo del suicidio) ebbe pietà di me e mi confidò di aver per caso sentito la mia accusatrice mentre progettava tutta la scena con la sua compagna di stanza – che era anche la sua amante – per avere una buona scusa per non farsi trovare alla base al momento del test. Mi riferì che le aveva sentite ridere e scherzare, tutte soddisfatte.
Quando ebbi completato le indagini, le mie prove erano talmente schiaccianti che riuscii a trovare un avvocato disposto a difendermi. Quando ci recammo al Naval Investigative Service scoprimmo che erano in possesso di un numero sufficiente di deposizioni che provavano la mia innocenza, ma non le consegnarono al mio avvocato; avremmo dovuto scovarle da soli. Dopo tutte queste traversie fui finalmente discolpato e reintegrato in servizio. Ma ovviamente la mia carriera, quale si prospettava prima, era compromessa. Non so se oggi sarei ancora vivo se non avessi incontrato Susan [la donna con cui ora vive], o se la compagna di stanza della mia accusatrice non avesse sorpreso quella conversazione, o se mio padre non mi avesse aiutato in quel momento di grande difficoltà.[47]
L’esperienza di Kermit mi mostrò come una donna, o un paio di donne, possono mettere in moto la Macchina dei Protettori tanto timorosi di non proteggere una donna da passar sopra a tutti i più fondamentali diritti umani, lasciandosi intrappolare al punto da dover coprire ancora di più le menzogne di una donna per non fare la figura dei fessi. Lo sciovinismo maschile si preoccupa di proteggere le donne. Questo hanno in comune sciovinismo maschile e femminismo.
Proteggere le donne affinché non si assumano la responsabilità non è un atteggiamento comune soltanto ai conservatori che stanno nell’esercito. Nelle università – che si tratti di Berkeley, Harvard o Swarthmore – attualmente una donna può fare del sesso dopo essersi ubriacata con i drink che ha pagato lui, e affermare il mattino dopo di essere stata violentata perché era ubriaca, e pertanto non poteva essere veramente consenziente.[48] L’aspettativa sociale per cui l’uomo è tenuto a pagare i drink è vista come prova che lui «assediava» la donna e l’«allettava» per portarsela a letto. Ora, soprattutto nei campus liberal, è una prova che l’uomo è un oppressore e la donna è innocente.
Si potrebbe pensare che le università con le donne più brillanti e intelligenti tendano a educare le donne affinché invitino gli uomini, prendano l’iniziativa, paghino i drink… preparandosi così a gestire i loro affari (e la loro esistenza). Ma contemporaneamente trattano le donne come bambine che non possono assumersi delle responsabilità e invitano gli uomini ad assumersele tutte. Le stesse università accusano poi il mondo del lavoro di essere discriminatorio se queste donne riescono meno bene negli affari.
Silver(Quota) (Replica)
http://carta.ilmessaggero.it/view.php?data=20100827&ediz=20_CITTA&npag=11&file=E_296.xml&type=STANDARD
Venerdì 27 Agosto 2010
di MARIDA LOMBARDO PIJOLA
Lei picchiata, lei ferita, lei minacciata, lei stuprata, lei perseguitata, lei che soffre, lei che si dispera, lei che tace, lei che sopporta, lei socialmente invisibile, lei che muore. Ecco l’inferno domestico nella casa accanto o nella vostra, dove c’è un uomo che scatena senza controllo i suoi istinti primordiali, e c’è una donna, una su quattro, che subisce tutto imparando a familiarizzare col dolore, ed in almeno la metà dei casi ci sono dei figli che vengono addestrati al linguaggio della sopraffazione, e tutt’attorno ci sono silenzio e indifferenza, e nessun controllo sociale o familiare, e un tempo immobile, feroce, primitivo, che sembra ribaltarsi a ritroso su se stesso verso altre ere geologiche. Botte e silenzio. Su dieci casi, un’unica denuncia. Ambiente sociale trasversale. Un incubo che 6 milioni e 743 donne tra i 16 e i 70 anni dichiarano di aver subito almeno una volta nella vita.
L’Istat spietatamente snocciola i numeri di un sottobosco di lacerazioni sociali come un rosario di dolori ordinari: abitudini e riti di famiglia, la misura di un calvario collettivo. Nella maggior parte dei casi (56,7 per cento), lui, che quasi sette volte su dieci è il suo compagno, può spingerla, strattonarla, afferrarla, storcerle un braccio o tirarle i capelli. In più della metà dei casi la minaccia, in quasi quattro su dieci la schiaffeggia, la prende a calci, a pugni, a morsi. Talvolta la minaccia con un arma, talaltra cerca di darle fuoco, di soffocarla o strangolarla. Sofferenze fisiche, lividi, ecchimosi, ferite gravi in quasi 4 casi su 10. Ma i segni peggiori rimangono sotto la pelle. A far più male è quel dolore interno, quel grido muto, quell’assieme di sintomi acuti che fanno la diagnosi di una patologia interiore, di una lacerazione dell’identità: umiliazione, ansia, paura, depressione, perdita di autostima. Nel 12 per cento dei casi, progetti di suicidio. Eppure quasi sempre la rabbia rimane soffocata in fondo al cuore, e il desiderio di ribellarsi viene censurato. Le denunce sono rare, come spesso lo sono gli atti di coraggio: omertà familiare, per paura di rappresaglie, per timore di restare sole, per vergogna o ignoranza. Poche donne sono consapevoli del fatto che i maltrattamenti da parte di un marito costituiscono reato. Poche donne trovano in se stesse o nell’ambiente che le circonda il coraggio di spezzare le catene.
E così, nell’impunità, la violenza riproduce se stessa all’infinito, si diversifica, cresce, diventa più arrogante, si rilancia. Non di rado lui si accanisce sul corpo di lei fino alla più offensiva manipolazione (cinque milioni di donne, quasi ottantamila all’anno, denunciano di aver subito uno stupro o un tentato stupro, 4 volte su 5, afferma Telefono Rosa, da parte del compagno o dell’ ex compagno, e sono solo il 7 per cento del totale). Altre volte lui scatena la sua furia fino alle estreme conseguenze: 104 donne uccise nell’ultimo biennio, conta l’Eurispes, con un amento del 15 per cento rispetto al biennio precedente. Sette volte su dieci le ha uccise un familiare. Morte di tolleranza, di pazienza, di sopportazione. Morte di un’anomalia del cuore che le uccide più degli incidenti stradali, delle malattie, del cancro. Morte di non-amore, o troppo amore.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Marco(Quota) (Replica)
http://carta.ilmessaggero.it/view.php?data=20100827&ediz=20_CITTA&npag=11&file=B_292.xml&type=STANDARD
Venerdì 27 Agosto 2010
di MARISA LA PENNA
NAPOLI – Pugni e calci in faccia. A una donna. Alla propria moglie che stringe tra le braccia il loro bambino. L’accusa, infamante – e tutta da verificare – è contenuta nel verbale di arresto che ha accompagnato in cella un campione dello sport: Francesco Porzio, 44 anni, medaglia d’oro olimpica, volto famoso della pallanuoto.
Oggi il gip deciderà se condividere l’imputazione degli agenti del commissariato San Ferdinando – che l’altra notte hanno stretto le manette ai polsi dell’atleta – e lasciarlo, così, dietro le sbarre. O restituirgli la libertà. Sta di fatto che il legale di fiducia di Porzio, avvocato Alfonso Furgiuele, respinge ogni addebito attribuito al suo assistito. Minimizzando. Sostenendo che si tratta di un litigio in famiglia «enfatizzato» dalla polizia e che l’arresto è illegittimo.
Ma vediamo i fatti, così come ricostruiti dagli agenti diretti dal vicequestore Pasquale Errico, sulla base delle accuse di Marzia Coppola, moglie 41enne dell’asso della pallanuoto e madre di quattro figli, due dei quali nati da un precedente matrimonio. La telefonata al 113 da casa Porzio arriva in piena notte. Dall’altro capo la voce singhiozzante di una donna che invoca aiuto. «Mio marito mi sta massacrando di botte, venite, fate presto, altrimenti mi uccide». La volante arriva al civico 40 di via Petrarca in una manciata di minuti. Ad aprire la porta è proprio Porzio. Sembra tranquillo. Sua moglie, invece, appare come intontita. Dice di avere un dolore terribile a un orecchio per un calcio preso nel pestaggio. Racconta, tra le lacrime, che suo marito l’ha aggredita per un motivo futile e che quando si è accorto che lei stava chiamando la polizia ha letteralmente strappato i fili del telefono dal muro. E allora lei si sarebbe rifugiata col suo bambino più piccolo in camera da letto da dove avrebbe chiamato con un cellulare.
A dire della donna il campione non avrebbe esitato a colpirla nonostante avesse tra le braccia il figlioletto di pochi mesi «salvato» dai fratellini che avrebbero assistito spesso a queste scene di violenza. La donna avrebbe anche sporto querela contro il marito presso, ma la denuncia sarebbe stata poi ritirata. La versione della donna è stata respinta dal pallanuotista. Ma la polizia, supportata anche dal referto del Cardarelli che parlava di contusioni e lesioni al volto guaribili in 20 giorni, hanno deciso di arrestare l’atleta con le accuse di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali gravi e atti persecutori. E così Francesco Porzio è stato trasferito in carcere. Il suo avvocato, Alfonso Furgiuele, parla di un uomo «addolorato e sorpreso, esclude, categoricamente, la violenza e ho motivo di ritenere che tutto si chiarirà in maniera rapida». Infine commenta: «Sul piano tecnico l’arresto in flagranza è una palese forzatura giuridica perché non c’è alcuna flagranza. Quando è arrivata la polizia, il mio assistito stava discutendo con il padre di lei. Il presunto episodio di violenza sarebbe avvenuto un’ora e mezza prima. Porzio è comunque addolorato e sorpreso che un litigio banale possa aver determinato una tale enfatizzazione. È addolorato soprattutto per i figli, per la macchia che resterà su tutta questa storia».
RIPRODUZIONE RISERVATA
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Pugni e calci in faccia. A una donna. Alla propria moglie che stringe tra le braccia il loro bambino.
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Un ex atleta che avrebbe preso A CALCI IN FACCIA la moglie, e nonostante ciò questa donna riesce ad alzare la cornetta del telefono per chiedere aiuto…
Qualcuno di voi ha mai preso dei calci in faccia?
Io sì, una volta, da ragazzino, quando giocavo a calcio.
Beh, svenni e dovettero portarmi al pronto soccorso…
Marco(Quota) (Replica)
sì insomma.. non a caso due titoli di libri piuttosto venduti (o comunque pubblicizzati) sono
“uomini che odiano le donne”
e dall’altra parte
“donne che amano troppo”
e tutto (film, articoli, fiction, libri, storie) parte da un gomitolo bicolore il cui filo azzurro si dipana aderendo al primo titolo e il filo rosa al secondo titolo.
Rita(Quota) (Replica)
@Marco :
Bah, il racconto non mi convince . Lui massacra di pugni lei , si rinchiude in una stanza col TELEFONINO , e poi apre la porta ai poliziotti come se nulla fosse ? E poi un calcio in testa come minimo non fa svenire ?
Silent Hill(Quota) (Replica)
Di questi oppressori che campano sette anni meno delle oppresse, crepano a frotte ovunque ci siano lavori in cui è a rischio la salute e la vita, hanno percentuali esorbitanti rispetto all’altro sesso di contrarre malattie mortali, vediamo di ridurne il “coefficiente di oppressività” e aiutiamoci e aiutiamoli a campare un pò più a lungo e meglio.Visto che oltretutto al posto della riconoscenza c’è una sistematica denigrazione da tanta parte delle beneficiate.
Per esempio: tuteliamo i giovani maschi dal micidiale attacco alla fertilità appunto giovanile maschile, attacco dovuto agli stili di vita sbagliati e a circostanze ambientali sfavorevoli. E non è da escludere anche a causa del sistematico malebashing. Che leggano qui:
http://www.paoloferliga.it/images/pdf/infertilita.pdf
ckkb(Quota) (Replica)
ckkb
Di questi oppressori che campano sette anni meno delle oppresse, crepano a frotte ovunque ci siano lavori in cui è a rischio la salute e la vita, hanno percentuali esorbitanti rispetto all’altro sesso di contrarre malattie mortali, vediamo di ridurne il “coefficiente di oppressività” e aiutiamoci e aiutiamoli a campare un pò più a lungo e meglio.Visto che oltretutto al posto della riconoscenza c’è una sistematica denigrazione da tanta parte delle beneficiate
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Noi possiamo essere felici di non far parte di questi oppressori, criminali, stupratori e inferiori alle femmine. No? a volte penso di essere fortunato. Anzi, forse i veri alfa siamo noi.
Leonardo(Quota) (Replica)
Leonardo@Noi possiamo essere felici di non far parte di questi oppressori, criminali, stupratori e inferiori alle femmine. No?
Capisci bene Leonardo che questa tua affermazione, lodevolissima, e relativa domanda paradossale, dato che sembra ammettere la possibilità di una risposta manifestamente assurda, pone a sua volta una domanda:
perchè questa necessità di dichiararsi dalla parte dei “non colpevoli”?
forse perchè il mio testo lasciava il dubbio, magari per mancanza di virgolettato alle voci “oppressori” e “oppresse”? Non credo: per chiunque in buona fede è un testo assolutamente inequivoco. Dunque perchè?
E tuttavia la risposta è evidente: come non dichiararsi “non colpevoli” se, secondo la vulgata femminista diffusa in ogni sede e a partire dall’infanzia, il genere maschile è sottoposto da trent’anni alla feroce propaganda secondo cui è il genere maschile è il genere degli oppressori e degli stupratori?
Vogliamo chiamare le cose col loro nome e dircelo una buona volta? ebbene, costruire una ideologia e una propaganda e una politica che criminalizza le persone sulla base dell’appartenenza al genere è un crimine contro l’Umanità.
Questo crimine a danno del genere maschile ha come terribile sintomo la coazione del maschio a produrre una autocertificazione di “non colpevolezza”, da premettere ad ogni discorso sul genere. Dunque nati colpevoli perchè maschi. Mi sembra che siamo a questo punto. La prossima tappa sarà l’autoversamento della tassa preventiva sul maschile. Quel giorno, i migliori di noi si autocertificheranno di non esser evasori fiscali. E saranno felici.
ckkb(Quota) (Replica)
beh ,è chiaro che “il femminismo” doveva avere un capro espiatorio
in sostanza ,le cose vanno male ?? diamo la colpa agli uomini ,cosa è di più facile e comodo di questo
che poi è la stesa strategia fascista e nazista prima
(con tanto di soldati tedeschi che ,con i cartelli alla mano ,incolpavano gli ebrei ) e leghista poi ,ma anche negli anni prima la strategia è sempre la stessa …
qualsiasi stupro ,qualsiasi omicidio ,c’è sempre una questione maschile da risolvere , e diciamolo pure ,puzza un pochino di razzismo di genere ……
e se provi a spiegare che i maschi hanno ,ognuno di loro ,pensieri e azioni diverse ,ti rispondono che bisogna riflettere su queste azioni omicide e ,in quanto uomo sei “condannato” ….praticamente si aspettano che ,per ogni omicidio ,stupro ecc ecc ,mi metta in ginocchio e frustarmi in senso di colpa …
mauro recher(Quota) (Replica)
I “colpevoli” assistono costernati, giorno dopo giorno, al crollo del sogno dell’innocenza delle “innocenti”. Davanti a chi prostrarsi in ginocchio perchè l’uomo nuovo finalmente appaia sulla Terra? “Ecco s’avanza un nuovo soldato”, cantavano le guardie rosse dalla rivoluzione del ’17.
Ma la speranza di salvezza dall’innocenza della classe operaia, si è brutalmente dissolta di fronte alla realtà del socialismo reale e i “colpevoli” si sono ritrovati col cuore bruciato. Ecco avanzare allora le nuovissime soldatesse, portatrici del sogno nuovo dell’innocenza del genere femminile. Ma ahimè le appartenenti al genere presunto salvifico hanno un passato, per quanto brevissimo: per esempio di educatrici d’asilo, o di mammine liberate o depresse (a scelta), o di lavoratrici indefesse, e tanto altro ancora che messo insieme ha finito per dar corpo al femminismo reale: il contrario dell’innocenza e della salvezza. E il tutto è lì, irriducibile ad ogni scusa e giustificazione, a dimostrare che la vecchia storia di Adamo ed Eva, nella sua sostanza è vera: la mela proibita non se l’è mangiata solo Adamo e l’innocenza e la salvezza ognuno se la deve ri-conquistare con fatica da sè, ogni giorno. E’ constatazione amara, ma guardie rosse e soldatesse innocenti, sono già finite nella “pattumiera della Storia” e restano in vita solo come i personaggi delle storie per bambini.
ckkb(Quota) (Replica)
In questi giorni ho avuto modo di discutere insieme ad alcuni miei amici, tutti da sempre uomini di sinistra come il sottoscritto, proprio sulla stessa riflessione proposta da Ckkb.
Negli ultimi vent’anni è crollato tutto quello che potava crollare.
In particolare è crollato il comunismo reale che, a mio parere, era già morto e sepolto molto prima del suo auto dissolvimento, simbolicamente avvenuto con l’abbattimento del Muro di Berlino. Ma in realtà, come si suol dire in gergo filosofico, “il cane era già morto” da un pezzo e veniva tenuto in vita artificialmente. E non è un caso che quel crollo sia avvenuto pacificamente e praticamente senza spargimenti di sangue. Forse per la prima volta nella storia un cambiamento epocale è avvenuto in modo incruento.
Era già morto perché si era trasformato nell’esatto contrario di ciò che si proponeva di essere, per diventare un sistema oppressivo come tanti altri, forse (e senza il forse) come tutti, fondato sull’oppressione di alcuni gruppi sociali su altri, di alcuni uomini e donne su altri uomini e donne. Come d’altronde spieghiamo nel nostro Manifesto:” Tutti i sistemi sociali, politici ed economici che si sono avvicendati nel corso della storia in tutte le epoche e in tutti i contesti, hanno sempre visto al proprio interno la compresenza di ceti dominanti e ceti dominati. Non è mai esistito fino ad oggi un sistema capace di superare nei fatti questa contraddizione e di costruire una società realmente nuova, fatta di uomini e donne realmente liberi/e ed eguali”.
Propaganda a parte e scontata da parte del “competitor” vincente (il capitalismo liberista globale) sul perdente (lo statalismo burocratico sovietico), quella descritta nel nostro Manifesto è, a mio parere, la realtà contemporanea.
Non è questa la sede per lanciarci in analisi storico-sociologiche e quindi non mi ci addentro neanche.
Ciò che mi preme invece sottolineare è l’insegnamento che ci fornisce la storia. E cioè che qualsiasi forma di integralismo, sia essa ideologica, religiosa, politica o di altra natura, è destinata ad aggiungere oppressione all’oppressione. Chi pretende di essere portatore della Verità e in qualche modo di imporla, direttamente o indirettamente, è in grave errore. Un errore che rischia di avere conseguenze devastanti. Forse la sola verità certa è che siamo tutti portatori di punti di vista e soprattutto di esperienze, personali e collettive. E tutte queste esperienze devono avere diritto di cittadinanza. Ciascuno deve avere il diritto di raccontare la propria storia e che questa venga rispettata.
Oggi, nel mondo occidentale, questo diritto è di fatto (anche se non formalmente) negato agli uomini (beta) dal sistema dominante e dal femminismo, o meglio della sua declinazione attuale che io preferisco definire col termine di “femminile attualmente egemone”.
L’interpretazione della realtà operata dal femminismo è al momento considerata indiscutibile, inamovibile, incriticabile. In altri termini una Verità Assoluta. La cosa è tanto più sconcertante se pensiamo all’epoca in cui stiamo vivendo. Eppure nessuno, con la nostra piccolissima eccezione, osa avanzare anche solo una critica, una perplessità su quella “Verità”. Se qualcuno ci prova viene immediatamente zittito perché naturalmente un esponente del “genere da sempre oppressore e dominante” non ha diritto di critica e di parola. Può solo riconoscere la propria condizione di “oppressore” e tacere.
Il paradosso è che le portatrici e i portatori di questa concezione sono le stesse e gli stessi sostenitori della cultura della tolleranza, della laicità, della libertà, dei diritti civili e sociali, del rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione (concetti sacrosanti che condividiamo in toto e in cui ci riconosciamo). Non appena però si osa non dico mettere in discussione il Femminismo ma anche solo avanzare delle perplessità, scatta una sorta di allarme generale. E’ come toccare i fili dell’alta tensione. Qualcuno osa mettere in dubbio la Verità. Sembra un film di fantascienza,”Essi vivono”, Farenheit 451” (ve li consiglio entrambi) ma non lo è.
Rileggendo questo post mi sono accorto di aver scritto una cosa inesatta quando ho detto che il crollo di quel sistema che andava sotto il nome di “socialismo reale” è stata la prima grande trasformazione epocale avvenuta in modo incruento. Non è così. Anche la “rivoluzione femminista” (o controrivoluzione?…) è avvenuta senza spargimenti di sangue. Ma forse i suoi effetti sono stati e sono ancora più pervasivi e psicologicamente devastanti di qualsiasi altro evento che la storia abbia conosciuto.
E chi controlla la psiche degli individui controlla il mondo. Valeva ieri e vale ancor di più oggi.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Tutti i sistemi sociali, politici ed economici che si sono avvicendati nel corso della storia in tutte le epoche e in tutti i contesti, hanno sempre visto al proprio interno la compresenza di ceti dominanti e ceti dominati. Non è mai esistito fino ad oggi un sistema capace di superare nei fatti questa contraddizione e di costruire una società realmente nuova, fatta di uomini e donne realmente liberi/e ed eguali”
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In passato erano dittature di minoranze.
Oggi abbiamo quella che già Tocqueville nell’ 800 chiamava “dittatura della maggioranza”.
Si è allargato il plateau, ma la sostanza è sempre la stessa.
sandro(Quota) (Replica)
Caro Fabrizio mi domando perchè succede che:
“Non appena però si osa non dico mettere in discussione il Femminismo ma anche solo avanzare delle perplessità, scatta una sorta di allarme generale. E’ come toccare i fili dell’alta tensione. Qualcuno osa mettere in dubbio la Verità.”
Io mi sono risposto così: si tratta di più generazioni che sono riuscite a superare il dramma personale della crisi del sogno socialista a patto di trovarne un’altro, quello femminista. Insomma ogni generazione non si è disintossicata: è passata da una droga all’altra, ovvero da un’ideologia all’altra. Non andava più il mago Merlino? si sono accontentati di Biancaneve, chiudendo gli occhi sulle sue frequentazioni coi sette nani. Santa ha da essere! Importante che la realtà non si vedesse: fare i conti veri con la realtà che si è rifiutato di guardare è terribilmente doloroso, quasi un trauma così da essere praticamente impossibile superarlo se non con un lunghissimo percorso quasi terapeutico in senso stretto. Chi non preferirebbe Biancaneve? E’ per questo motivo che questi maschi non hanno più a che fare con un problema teorico/politico ma, come tutti i drogati, hanno a che fare con un problema affettivo, alias “i fili dell’alta tensione”. E affettiva deve essere la terapia. Questo significa che prima di tutto devono sentirsi “detti-bene” ovvero “bene- detti”, magari da dei bravi “papà” che li prendano per mano e li aiutino a riconciliarsi con se stessi e con il Mondo. Certo: è difficile, molto difficile. Dopotutto la rivoluzione del ’17 era il realizzarsi del sogno di tutti gli uomini di buona volontà di sempre del Paradiso in Terra. Come sopravvivere senza Biancaneve alla fine di questa speranza che sembrava una certezza?
ckkb(Quota) (Replica)
“In passato erano dittature di minoranze.
Oggi abbiamo quella che già Tocqueville nell’ 800 chiamava “dittatura della maggioranza”.
Si è allargato il plateau, ma la sostanza è sempre la stessa”. (Sandro)
In realtà anche oggi è una minoranza di individui che detiene il potere (per lo meno quello vero, poi è ovvio che ci sono tanti livelli in una società altamente gerarchizzata come la nostra ) solo che è riuscita a convincere la maggioranza che gli interessi dei primi sono anche quelli dei secondi. E questi ultimi se la sono bevuta e se la bevono…
E a causa loro ce la prendiamo in quel posto anche noi…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“In realtà anche oggi è una minoranza di individui che detiene il potere (per lo meno quello vero, poi è ovvio che ci sono tanti livelli in una società altamente gerarchizzata come la nostra ) solo che è riuscita a convincere la maggioranza che gli interessi dei primi sono anche quelli dei secondi. E questi ultimi se la sono bevuta e se la bevono…
E a causa loro ce la prendiamo in quel posto anche noi…”
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E’ sempre una minoranza quella che sta nella stanza dei bottoni, ma oggi deve avere il consenso.
Il consenso per me oggi viene creato in due modi:
1) privando di rappresentanza nei fatti una parte della popolazione, che viene così incentivata nel non partecipare alla vita democratica perché tanto non la rappresenta nessuno
2) il meccanismo della “briciola in più”: ti faccio stare un pò meglio del tuo vicino, così ti consideri un privilegiato pure se in realtà sei messo poco meglio di lui
Per me l’ espressione “democrazia rappresentativa” è un ossimoro.
Come dire “l’ acqua asciutta”.
La democrazia, o è partecipativa, o semplicemente non è democrazia ma oligarchia.
sandro(Quota) (Replica)
Condivido la chiusura del tuo ultimo post, Ckkb, non però l’analisi che la precede.
Il popolo maschile della sinistra ha subito il femminismo, ne è stato travolto e non lo ha mai idolatrato. Te lo dico anche per esperienza diretta. Quello maschile di “sinistra” è un popolo schiacciato, zittito, fa buon viso a cattivo gioco, per lo meno nella sua gran parte. Molti sono silenti, altri fanno finta di crederci, altri ci credono ma in realtà con scarsa convinzione. La gran parte è terrorizzata a livello psicologico dalla sola idea di mettere in discussione il dogma femminista. Solo una minoranza, certamente robusta, ma pur sempre una minoranza, lo vive con convinzione. Il femminismo non nasce all’interno della tradizione comunista e socialista, come abbiamo già spiegato altre volte. Nasce e si sviluppa nel capitalismo, anzi, nel capitalismo più potente, quello degli USA. Solo in un secondo momento attecchisce nella sinistra europea ormai diventata una cosa altra rispetto alla storia e alla tradizione socialcomunista.
In ogni caso, non è vero che il Femminismo ha sostituito il Sogno Comunista. A mio parere, permettimi, questo è un errore analitico strutturale, strategico. Capisco che ci dividiamo dal punto di vista interpretativo come è legittimo che possa essere. Ma è proprio questa la grande mistificazione che è stata operata (non da te, dal sistema e dal femminismo stesso). Ed è soprattutto ciò che ha incatenato il movimento maschile, per reazione, ad una concezione vetero conservatrice che non può avere, a mio parere, alcuno sbocco.
Oltre tutto il Femminismo non ha mai avuto neanche un grammo dell’enorme potenziale ideale e catartico del Comunismo. Non scherziamo. Non poteva e non può certo essere il Femminismo il surrogato di quella Grande Idea di Trasformazione del Mondo, clamorosamente fallita, per lo meno qui ed ora e in questa fase epocale.
E comunque ciò che conta, ammesso e non concesso (e per me non lo è affatto) che il Femminismo sia un prodotto scaturito dalla cultura comunista, ciò che conta è la sua evoluzione, i suoi effetti, i suoi risultati e la sua effettiva declinazione nella realtà. Proprio ciò che tu definisci con il termine di “femminismo reale”. Da questo punto di vista non aggiungo altro perché la nostra analisi è già stata esplicitata in numerosi articoli e soprattutto nel nostro Manifesto fondativo. Il femminismo reale, la sua declinazione attuale, la tipologia femminile attualmente egemone, sono assolutamente funzionali al sistema dominante, cioè al capitalismo.
L’incapacità e l’impossibilità del popolo maschile di sinistra a mettere mano alla questione è data da altri fattori, che sono due sostanzialmente. Il primo è comune a tutti gli altri uomini: la dipendenza psicologica dal “femminile”. La sola idea di una ribellione psicologico-culturale al “femminile” viene vissuta con terrore dagli uomini. La paura di finire da soli, di essere emarginati, scherniti, derisi, isolati, disprezzati, abbandonati anche a livello personale e, ultimo ma non per ultimo, condannati all’astinenza sessuale, è qualcosa che li terrorizza.
Il secondo, che riguarda invece in modo specifico gli uomini della sinistra, è la tradizionale difficoltà di mettere in discussione il dogma ideologico, la linea ufficiale del “partito” (inteso metaforicamente, in questo caso). Può sembrare paradossale per un’ideologia che si propone di essere della “liberazione”, ma il femminismo, sia nei contenuti (integralismo ideologico) sia soprattutto nel metodo, è assolutamente assimilabile allo stalinismo (naturalmente sto parlando di prassi politica e di modo di porsi e di relazionarsi, non dei gulag o delle deportazioni…). E la sinistra italiana in particolare, checché se ne dica, è ancora sottilmente intrisa di quella cultura, da punto di vista culturale e psicologico.
E’ per questo che per un uomo di sinistra prende coscienza è una fatica tripla rispetto ad un qualsiasi altro uomo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi: Oltre tutto il Femminismo non ha mai avuto neanche un grammo dell’enorme potenziale ideale e catartico del Comunismo. Non scherziamo. Non poteva e non può certo essere il Femminismo il surrogato di quella Grande Idea di Trasformazione del Mondo, clamorosamente fallita, per lo meno qui ed ora e in questa fase epocale.>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
il femminismo sta al Comunismo come la tolleranza sta a Hitler. Sono agli antipodi. Il Comunismo parla per tutti, perfino per i nemici di classe, il femminismo non ha niente da dire, perlomeno oggi, se non, soprattutto, a un manipolo di donne che vogliono occupare posti di potere. Il Comunismo, pur nei suoi fallimenti, era intriso di slancio ideale universale, e ha risolto al suo interno la “questione femminile” come certamente il capitalismo non è riuscito a fare. Diamo a cesare quel che è di cesare e diciamo che proprio nel blocco sovietico di femminisno non c’era minimamente traccia. Basta semplicemente conoscere, frequentare qualche donna proveniente da quei Paesi per rendersene conto.
Il femminismo è un prodotto del capitalismo, uno dei tanti volti in cui la “volontà di potenza” che lo caratterizza si esprime. Se noi ci ritroviamo il femminismo ancor oggi è proprio perchè il capitalismo lo ha creato e se ne alimenta, anzi del capitalismo è diventato un pilastro.
Il fatto che poi abbia messo a radici a sinistra è spiegabile in base alle ragioni evidenziate anche da Fabrizio, ma per me rimarrà sempre un corpo estraneo, in quanto ideologia di genere, alla vera anima della sinistra, che è, o meglio dovrebbe essere, il superamento di qualsiasi forma di pregiudizio. Non posso essere di sinistra ed essere femminista, cioè pensare che la donna debba avere più attenzioni in quanto donna, è un controsenso, ma purtroppo la storia ha preso un’altra piega e a decidere che cosa è giusto o sbagliato non è certamente una minoranza
Alessandro(Quota) (Replica)
Scrive Fabrizio che il femminismo non è scaturito dalla cultura comunista ma è frutto del capitalismo. E’ vero, almeno per un importante filone di esso.
D’altra parte è vero anche che la cultura comunista è confluita in un progressismo vago e indeterminato quanto a sbocchi politici, ma i cui presupposti culturali sono gli stessi del femminismo. Individuo atomizzato e astratto come entità di riferimento, rifiuto di qualsiasi concezione comunitaria in senso lato, “religione” dei diritti civili al di fuori dei contesti culturali, insistenza sul fattore culturale come genesi unica degli individui a tutto scapito dell’elemento naturale. Dunque, mi sembra, comunismo (diciamo meglio la sinistra che ne è derivazione politica) e femminismo sono entrambi confluiti in analogo alveo culturale che poi è quello del capitalismo finanziario globalizzato e impersonale. Logico quindi che si sia stabilita un’alleanza di tipo strategico, anche perchè al disegno dei”poteri forti” economici, quelle concezioni di cui dicevo sopra sono del tutto organiche. E questo, secondo me, è il punto principale, talchè il Bush di turno rappresenta il “vecchio” mondo, Obama il “nuovo” e il futuro. Ora, il dilemma è identico a quello a cui si trovò di fronte Pasolini. Criticare il mondo vecchio ma rifiutare di farlo nel nome dei nuovi idoli modernisti che tutto spazzano via (tradizioni, memoria storica etc. etc) e contemporaneamente tentare di recuperare in chiave attuale ciò che del vecchio mondo rappresentava in definitiva una cultura autentica al di là delle strumentalizzazioni che il potere ne faceva.
Secondo me gli uomini “risvegliati” stanno esattamente in mezzo a questo guado, dove è sempre possibile essere trascinati, magari inconsapevolmente, da una parte o dall’altra.
Infine un’osservazione sulla dipendenza psicologica del maschile dal femminile che dal tuo scritto sembra una condizione eterna. Forse interpreto male io o forse si tratta di concisione nello scrivere, ma se davvero fosse così, non sarei d’accordo. Nel senso che quella dipendenza esiste oggi, verissimo, ma non era così in passato e soprattutto non è ontologica, a mio parere.
Quanto agli uomini di sinistra penso anch’io che il problema stia nella liberazione dalle menti degli antichi retaggi staliniani, quelli che incutono il terrore di di dire ciò che si pensa. Prova ne sia la differenza fra il parlarci a tu per tu rispetto alle posizioni pubbliche. C’è da riflettere allora sul fatto che il Partito era vissuto come totalità, solo dentro il quale la vita soggettiva poteva dipanarsi. E’ stato questo il dramma umano, rispettabilissimo e tragico, di tanti comunisti. Il fatto è però, che un tale legame è terribilmente somigliante a quello simbiotico che lega la mamma col bambino, ha cioè un contentuto psichico “regressivo”.
In ogni caso, la dipendenza psicologica degli uomini colpisce oggi , è vero, anche dall’altra parte. Sono diverse solo le manifestazioni esteriori, ma come si dimostra ogni giorno nessuno da nessuna parte ha il coraggio di alzare un dito e nei fatti le leggi pro_feminist, ma nella sostanza antimaschili, le votano assieme.
armando(Quota) (Replica)
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Criticare il mondo vecchio ma rifiutare di farlo nel nome dei nuovi idoli modernisti che tutto spazzano via (tradizioni, memoria storica etc. etc) e contemporaneamente tentare di recuperare in chiave attuale ciò che del vecchio mondo rappresentava in definitiva una cultura autentica al di là delle strumentalizzazioni che il potere ne faceva.
@ (armando)
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Faccio solo notare che il “mondo vecchio” esiste ancora: basta uscire dall’Europa e dal Nord America…
Sergio(Quota) (Replica)
non so se questo è il post adatto ,ma ho scritto nel solito blog questo post
vedo che nessuno ha risposto a zio tibia (mitico personaggio dei film horror mandati in onda da italai1)
certo ,è un problema che mi sono posto anch’io ,programmi che ,sembrano studiati per gli uomini , ma a vederlo sono la maggioranza donne … un bel controsenso
ti faccio un esempio su questo ..era iniziato il grande fratello , cosa che a me non interessa…dopo un paio di settimane arriva mia zia e mi fa ,hai visto la tettona??
“che tettona??” domando io un pochino perplesso ..ma quella del grande fratello ,poi quella che si vede anche nel documentario cioè Cristina Dal Basso … sempre dalle donne ho visto il maggior interesse se nella casa del grande fratello, scopano ecc ecc …
ma allora mi chiedo ,non è che questo blog se la sta prendendo con il “nemico sbagliato ” ?? cioè il genere maschile ,o meglio con tutto il genere maschile ??
certo ci sono uomini che sbavano dietro a una coscia ,per una coscia nei primi anni 60 Delia Scala fu censurata …..e sempre nei primi anni 60 mio padre e i suoi amici ,hanno visto due volte un film ,che non era poi questo gran che ,per un seno inquadrato ,eppure il maschilismo era sicuramente più forte in quegli anni ,tanto che il femminismo è iniziato in quel periodo ….
posso anche essere cattivo ,ma credo che questo neo-femminismo cerchi solo qualche posto di comando eppure ,come presidente del PD abbiamo Rosy Bindi ,ai giovani imprenditori al comando una donna ,lo stesso nel più importante sindacato d ‘Italia, niente in contrario se hanno le capacità… eppure ,eppure manca ancora qualcosa ,quel salto di qualità che non è lavorare in una fonderia ,quello spetta agli uomini beta ,ma avere il comando della situazione
mauro recher(Quota) (Replica)
Condivido in toto il post di Alessandro e solo parzialmente quello di Armando.
Dice Armando:” comunismo (diciamo meglio la sinistra che ne è derivazione politica) e femminismo sono entrambi confluiti in analogo alveo culturale che poi è quello del capitalismo finanziario globalizzato e impersonale”.
Il comunismo non è confluito proprio in un bel niente, Armando, è crollato sia a Oriente che a Occidente e, come dicevo, ben prima del crollo del Muro di Berlino.
Rimaniamo un attimo in Italia. Fai attenzione, c’è una cesura netta tra il partito di classe (il PCI, ma anche il PSI in parte) della fine degli anni ‘60 e quello della fine dei ’70 e dei primi ’80 che era già un’altra cosa, per tanti versi ormai quasi del tutto un’altra cosa. La trasformazione del PCI (e prima ancora del PSI, avvenuta per ovvie ragioni anche prima) è emblematica della trasformazione della sinistra nel suo complesso.
Cosa voglio dire? Che pensare che le attuali declinazioni della sinistra, cioè il PD e (in misura minore) le formazioni alla sua sinistra, siano la continuazione di quell’esperienza storica (quella del PCI e del PSI) è profondamente sbagliato. Il fatto che esistano ancora delle ruggini metodologiche e culturali-psicologiche, diciamo così, anche se impropriamente, non significa che queste forze abbiano qualcosa a che vedere con quei partiti storici. Ti dirò di più, anche se, come me del resto, già lo sai per esperienza diretta. Il femminismo esplose in Italia nella seconda metà degli anni ’70 all’interno della cosiddetta “nuova sinistra” di derivazione sessantottina, quando anche le vecchie organizzazioni della sinistra extraparlamentare erano già entrate in crisi. Ricorderai certamente l’esperienza di Lotta Continua a cui il femminismo diede un colpo mortale. LC fu protagonista di un evento memorabile a Roma, quando il corteo delle femministe fu caricato dal suo servizio d’ordine al quale era stato impedito di entrare nel corteo. Il giorno dopo successe il finimondo, i militanti romani del SdO furono politicamente massacrati, di fatto processati e da lì a poco l’organizzazione si sciolse. Una delle ragioni principali fu senz’altro l’offensiva femminista che travolse quel gruppo. E’ in quel momento che il femminismo militante raggiunge in Italia il punto della sua massima forza per spegnersi pochissimi anni più tardi. Poi naturalmente si evolverà e si trasformerà nel senso che sappiamo. Quindi il femminismo attecchisce su un brodo di coltura che con la storia del comunismo e del socialismo italiani non ha veramente nulla a che vedere. Figuriamoci poi con le esperienze del comunismo internazionale. Nella Cina ultracomunista di Mao e Ciu En Lai era considerato un’ ideologia piccolo borghese e reazionaria e in quanto tale da combattere senza esitazioni (è un fatto, proprio tu che militavi in un gruppo marxleninista dovresti saperlo), nei paesi del blocco sovietico non ha mai messo piede e non è stato mai minimamente preso in considerazione. Lo stesso vale per il Vietnam, Cuba e tutto il resto della baracca. Anche perché, questo va detto, come dice giustamente Alessandro, il cosiddetto comunismo realizzato di danni ne ha fatti a gogò ma certamente una cosa l’aveva senz’altro realizzata: l’eguaglianza fra i generi. In quei paesi le donne andavano nello spazio così come spalmavano il catrame sulle strade, insieme agli uomini, nell’uno e nell’altro caso. Ma non era quella, guarda caso, l’eguaglianza che piaceva al femminismo…E già allora molte donne in quei paesi facevano a gara per cercare di accalappiarsi i turisti occidentali, nel mal celato disprezzo (giustamente, a mio parere) di molti loro connazionali.
In conclusione, il femminismo attecchisce in Occidente e mette radici in una sinistra ormai già ampiamente sul viale del tramonto. Una “sinistra” sempre con più virgolette, sempre meno di classe, sempre più imborghesita, sempre più da salotto, diventata ormai altro, molto più simile ad una sinistra “liberal” americana, quindi, dal mio punto di vista, ad una “non sinistra”, se vogliamo parlare seriamente…
Guardate che questo è un punto di fondamentale importanza perché è quello che non è stato sufficientemente chiarito in questi anni e ha fatto sì che quei pochi uomini sensibili alla QM provenissero dalle file della destra e/o si collocassero per reazione a destra. Il fatto che il femminismo si sia allocato a sinistra non significa assolutamente nulla. E’ ovvio che ponendo la questione in termini di diritti e di eguaglianza, non poteva collocarsi a destra, per ovvie ragioni, perché la destra, come dice giustamente Rino, si occupa di altro. D’altronde non poteva neanche collocarsi nello schieramento conservatore per altrettante ovvie ragioni (aborto, divorzio ecc.). Anche il sottoscritto in quel periodo, se è per questo, in un primissimo momento (durato poco, per la verità, ero anche molto giovane), ha salutato con soddisfazione l’esplosione del femminismo, e non poteva essere altrimenti.
Come però sappiamo, la storia è andata avanti, la sinistra è di fatto scomparsa (o comunque diventata completamente altro) a differenza del femminismo, guarda caso, che invece è proseguito sotto altre spoglie fino a diventare cultura dominante. E se il femminismo è diventato cultura dominate, e credo che su questo siamo d’accordo, e se l’Italia e il mondo occidentale nel suo complesso, per usare una metafora ironica, non sono dominati dai soviet (e anche su questo dovremmo essere d’accordo) ma dal capitalismo reale, vuol dire che il femminismo reale, cioè ciò che è diventato concretamente nel suo percorso storico, è funzionale e alleato di quest’ultimo.
Su questo, cari amici, non ci piove e non c’è possibilità di errore. Mi permetto di sottolineare, senza nessuna polemica, sia chiaro, ma solo al fine della chiarezza, che coloro che ancora si ostinano a sostenere l’equazione femminismo=sinistra o comunismo, NON HANNO CAPITO ASSOLUTAMENTE NULLA e si fermano al primo superficiale impatto.
Mi dispiace essere così netto e duro nel mio giudizio, lungi dal voler offendere nessuno ma è ciò che penso. D’altronde la logica non è un’opinione e non c’è bisogno di averla studiata per capirla (quando è così elementare). Se il femminismo è figlio del comunismo e se il femminismo è cultura dominante, ne consegue che il comunismo dovrebbe essere dominante. E’ praticamente un sillogismo aristotelico.
Vi risulta che il comunismo sia dominante nel mondo? Mi pare di no. Vi risulta che il femminismo si dominante nel mondo occidentale? Mi pare di sì. Anzi, si è sviluppato e moltiplicato proprio all’interno di questo, assumendo le più disparate forme, e proprio a partire dal tramonto del comunismo e dalle esperienze politiche e culturali che al comunismo si rifacevano, anche in occidente. Ergo, il femminismo è un prodotto dell’Occidente capitalistico. Che poi quello ultramilitante, residuato di quello storico, sia allocato in qualche cespuglio della sinistra attuale, non significa assolutamente nulla, soprattutto rispetto alla sua evoluzione più complessiva che, come sappiamo, è avvenuta all’interno di dinamiche che con quello hanno ormai poco o nulla a che vedere.
Quest’ultimo (il vecchio e ormai minoritario femminismo ultramilitante) serve solo da cappello ideologico. E’ uno dei tanti capolavori (come vedete ci cascano in tanti) di questo sistema che combatto ma che al contempo non mi stancherò mai di ammirare per la sua genialità.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio:
>>
L’incapacità e l’impossibilità del popolo maschile di sinistra a mettere mano alla questione è data da altri fattori, che sono due sostanzialmente.
Il primo è comune a tutti gli altri uomini: la dipendenza psicologica dal “femminile”. …
Il secondo, che riguarda invece in modo specifico gli uomini della sinistra, è la tradizionale difficoltà di mettere in discussione il dogma ideologico, la linea ufficiale del “partito” (inteso metaforicamente, in questo caso).
>>
Può essere che questo sia vero. Ma, se lo è, mi pare che vada limitato assegnandolo a quelle generazioni che vissero il tempo del PCI (e di alcune altre organizzazioni di stampo marx-leninista classico) dove vigeva il c.d. centralismo democratico. Uomini ormai più vicini ai 50 anni che ai 40. Le nuove generazioni non hanno nemmeno una conoscenza libresca di quelle condizioni. E inoltre vi fu anche ai vecchi tempi un’ampia area svincolata dalle strutture e dai dogmi, quella indicata come movimentista.
Quanto al comunismo (socialismo reale), i danni, i guasti e le devastazioni prodotte sono state tali che, per mandarlo sul banco degli imputati, non è necessario aggiungervi altre colpe e delitti, quei pochi che …non commise. O peggio, trasformare in difetti anche quelle che furono le sue scarse virtù.
Nessuna forma di femminismo ideologico da quella parte, niente consumismo, niente smutandamento. Niente mantenimento a vita della divorziata. Niente male bashing, niente quote etc. etc.
Certo, da quel che se ne sa l’aborto era arbitrario là come lo è qui, nel senso che la paternità poteva essere imposta e sottratta a discrezione. Invece il diritto paritario allo studio, ad un reddito professionale, all’accesso ai vertici direzionali in economia, politica, scienza etc. non sono “femminismo”. Cmq quei sistemi sono morti.
Ciò con cui abbiamo a che fare di fatto in Occidente, sul versante sinistro, è appunto una Sx tipo liberal americana, che si distingue dalla Dx per poche cose. Una blanda vena socialdemocratica, un diverso atteggiamento nei confronti delle minoranze e degli immigrati e poche altre cosucce. Per il resto siamo in pieno Cosmopolitan…
RDV
Rino(Quota) (Replica)
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Fabrizio Marchi
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Solo in un secondo momento attecchisce nella sinistra europea ormai diventata una cosa altra rispetto alla storia e alla tradizione socialcomunista.
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Sono d’accordo riguardo al fatto che il femminismo abbia attecchito nelle sinistra europea solo in un secondo momento, ma non condivido affatto quando sostieni che il suddetto schieramento politico era “diventato un’altra cosa”.
Secondo me, invece, il comunismo aveva (ed ha) mostrato semplicemente il suo vero volto…
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Fabrizio Marchi
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Vi risulta che il femminismo si dominante nel mondo occidentale? Mi pare di sì.
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E’ sbagliato sostenere che il femminismo sia dominante nel mondo occidentale. In realtà tale ideologia domina negli Stati Uniti, in Canada, nell’Europa dell’Ovest e, forse, in Australia. Infatti anche il Messico, il Brasile, il Cile, la Colombia, ecc. si trovano in Occidente, ma non mi risulta che in quei luoghi il femminismo sia altrettanto potente.
Sergio(Quota) (Replica)
Ok Fabrizio, il termine “confluito” è inesatto, dovuto alla fretta. Intendevo dire che, crollato il socialismo reale e l’ideologia ad esso sottesa (ma il processo era iniziato da ben prima), le forze politiche (e culturali) che in un modo o in un altro ad esso si ispiravano, sono confluite in………
E’ certissimo che c’è stata una rottura culturale fra questi due momenti. Rimane però da capire perchè praticamente tutte quelle forze, e le persone che le incarnavano, hanno virato in quel senso. Un abbozzo di risposta lo ho, ma non è questa la sede per farlo e quì mi fermo, ma certo ritengo il problema molto importante perchè è il problema della filosofia del marxismo. Dei motivi del suo successo e di quelli del suo tramonto. Cioè uno snodo centrale per capire la modernità e i suoi esiti.
armando
armando(Quota) (Replica)
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Armando
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Infine un’osservazione sulla dipendenza psicologica del maschile dal femminile che dal tuo scritto sembra una condizione eterna. Forse interpreto male io o forse si tratta di concisione nello scrivere, ma se davvero fosse così, non sarei d’accordo. Nel senso che quella dipendenza esiste oggi, verissimo, ma non era così in passato e soprattutto non è ontologica, a mio parere.
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Se così fosse non sarei d’accordo nemmeno io, dato che non penso assolutamente che l’odierna dipendenza psicologica-emotiva degli uomini (italiani/europei/nordamericani…) sia congenita. C’è moltissimo di culturale.
Sergio(Quota) (Replica)
“Sono d’accordo riguardo al fatto che il femminismo abbia attecchito nelle sinistra europea solo in un secondo momento, ma non condivido affatto quando sostieni che il suddetto schieramento politico era “diventato un’altra cosa”.
Secondo me, invece, il comunismo aveva (ed ha) mostrato semplicemente il suo vero volto…” (Sergio)
Vediamo un po’, non ho capito a questo punto se il vero volto del Comunismo sia questa sbiaditissima sinistra rosa “liberal” modello americano, sostanzialmente anticomunista (cioè non solo antistalinista ma anche antimarxista, anche se per quelli che la vedono come te i due concetti sono del tutto sovrapposti), ”politically correct” e femminista, incarnata da uomini e donne come Veltroni, Zapatero e Hillary Clinton, oppure lo stalinismo, i gulag, i muri e i carri armati. Oppure se entrambi questi aspetti sono comunque volti del Comunismo. Mi pare che questa sia la tua interpretazione.
‘Azz…Pare proprio che lo spettro del Comunismo si aggiri ancora, anche dopo la sua morte sancita e sottoscritta con tanto di atto notarile il 9 novembre del 1989. Chissà se ce ne libereremo mai. E’ un fantasma così potente che ci porta anche a deformare la nostra visione della realtà e a prendere lucciole per lanterne.
Francamente, caro Sergio, mi sembra che le questioni da te sollevate siano di lana caprina e che tu faccia parte di quell’area del Momas arroccata su vecchie posizioni ideologiche.
Lascia per un attimo perdere il Comunismo che ormai appartiene alla Storia. Il quesito a cui tanti, troppi, uomini di ciò che impropriamente chiamiamo movimento maschile, non sanno e non vogliono rispondere perché metterebbe in crisi le loro convinzioni, è: dove, come e perché nasce e si sviluppa il Femminismo in quanto ideologia?
Troppo comodo, cari amici di destra (intesa in senso molto lato, in questo caso), insistere sulla tiritera del Femminismo figlio del Comunismo. E’ bene che ciascuno abbia il coraggio di fare i conti con le proprie contraddizioni.
Noi, uomini di sinistra intendo, li abbiamo fatti, ed è stato fin troppo doloroso ma assolutamente necessario. Io credo che sia giunta l’ora che anche voi altri mettiate mano seriamente alle vostre invece di continuare con le solite scontate litanie.
Il problema vero è che non riuscite ad accettare l’amara realtà (perchè è difficile per tutti fare i conti con le proprie contraddizioni e tirare cannonate a quello in cui si è sempre creduto…), e cioè che il femminismo è figlio proprio del vostro mondo.
Che vi piaccia o no è così e prima riuscirete ad ammetterlo, soprattutto a voi stessi, e meglio sarà per tutti. Le “furbate” ideologiche hanno fatto il loro tempo…
“E’ sbagliato sostenere che il femminismo sia dominante nel mondo occidentale. In realtà tale ideologia domina negli Stati Uniti, in Canada, nell’Europa dell’Ovest e, forse, in Australia. Infatti anche il Messico, il Brasile, il Cile, la Colombia, ecc. si trovano in Occidente, ma non mi risulta che in quei luoghi il femminismo sia altrettanto potente”. (Sergio)
E allora? E con questo? E’ evidente che quando parliamo di Occidente ci riferiamo principalmente al mondo occidentale “tradizionale”, cioè quello che tu hai indicato. Nondimeno, è evidente che l’occidentale “way of life” sta diventando gradualmente dominante in tutto il pianeta (con l’eccezione, molto parziale, del mondo mussulmano). Ciò lascia realisticamente presupporre che anche in altri contesti, come l’Asia, l’America Latina ecc. si faranno strada la nostra cultura e i nostri costumi.
Fino ad oggi, caro Sergio, in questi contesti, il femminismo non si è sviluppato per una semplice ragione, e cioè che il sistema dominante non ne aveva necessità. Alle multinazionali americane, ai latifondisti e ai proprietari delle miniere erano sufficienti le dittature militari, il terrore di massa, gli squadroni della morte e i torturatori, pardon i “bravi ragazzi” come Pinochet, Banzer, Stroessner e Videla.
Oggi la situazione sta cambiando anche lì, tutto diventa più complesso e sofisticato e non mi stupirei affatto se, non subito ovviamente, e neanche domani, ma certamente in un futuro prossimo o remoto (è difficile da prevedere) il Femminismo, sbarcasse anche lì.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“Se così fosse non sarei d’accordo nemmeno io, dato che non penso assolutamente che l’odierna dipendenza psicologica-emotiva degli uomini (italiani/europei/nordamericani…) sia congenita. C’è moltissimo di culturale”. (Sergio)
Quindi in questo caso il dogma “culturalista”(lo stesso del femminismo) calza a pennello, in altri diventa invece la mostruosa operazione di ingegneria sociale di derivazione staliniana con la quale si pretenderebbe di modificare artificialmente la psiche e l’anima degli individui.
Il risultato, fammi capire, quale sarebbe? Che gli uomini (e le donne), finalmente liberi dall’ingegneria sociale vivrebbero in un mondo ontologicamente sano ed equilibrato?…Mah, meno male che qualcuno diecimila anni fa ha messo in funzione il cervello (cioè la cultura) e si è inventato qualche rudimentale utensile per sbarcare un po’ meglio il lunario…
Mi pare che ce la cantiamo e ce la suoniamo come ci pare un po’ troppo spesso.
E se invece di trincerarci dietro i nostri dogmi ideologici (che tiriamo ora da una parte e ora dall’altra, un po’ come fa il femminismo, a dire il vero, che dice tutto e il contrario di tutto…) provassimo a pensare che Natura e Cultura si sono compenetrate fin da quando l’Uomo ha fatto la sua comparsa sul Pianeta? E che entrambe queste forze (sempre da quando l’Uomo ha cominciato ad azionare il cervello) hanno sempre agito in concomitanza e contestualmente?
Ma già, anche questa è l’ennesima questione sulla quale non ci si muove di un millimetro che è uno…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
“E’ sbagliato sostenere che il femminismo sia dominante nel mondo occidentale. In realtà tale ideologia domina negli Stati Uniti, in Canada, nell’Europa dell’Ovest e, forse, in Australia. Infatti anche il Messico, il Brasile, il Cile, la Colombia, ecc. si trovano in Occidente, ma non mi risulta che in quei luoghi il femminismo sia altrettanto potente”
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Il femminismo prospera dove c’è benessere.
Dove il benessere non c’è, il femminismo non esiste.
Inutile reclamare la fetta più grossa dove la torta non c’è.
sandro(Quota) (Replica)
“Femminismo figlio del Comunismo”
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Balle. Depistaggio.
Nei paesi del blocco sovietico il femminismo non esisteva.
E l’ affermazione del femminismo, temporalmente, si è sovrapposta alla fine del comunismo.
Marx ed Engels sostenevano l’ emancipazione delle donne, ma all’ interno del concetto di lotta di classe, non in sostituzione di esso.
Che è invece quello che ha fatto il femminismo: ha sostituito la lotta di genere a quella di classe.
Cui prodest?
Chi è che ci ha guadagnato con la fine della lotta di classe?
sandro(Quota) (Replica)
SANDRO:“Femminismo figlio del Comunismo”
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Balle. Depistaggio.
Nei paesi del blocco sovietico il femminismo non esisteva.
E l’ affermazione del femminismo, temporalmente, si è sovrapposta alla fine del comunismo.
Marx ed Engels sostenevano l’ emancipazione delle donne, ma all’ interno del concetto di lotta di classe, non in sostituzione di esso.
Che è invece quello che ha fatto il femminismo: ha sostituito la lotta di genere a quella di classe.
Cui prodest?
Chi è che ci ha guadagnato con la fine della lotta di classe? __________________________________________ Concordo. Evidentemente non ha giovato alla sinistra, che tranne una breve parentesi, è praticamente diventata forza politica residuale in Italia e non solo. Il partito democratico è ormai diventato un partito liberal alla statunitense, come giustamente ha evidenziato Fabrizio, in sostanza incapace di incidere profondamente nella società. I partiti degli oppressi, dei lavoratori sfruttati, dei senza diritti, che oggi abbondano, sono diventati i partiti dei fighetti, delle femministe, dei trans e dei gay, con il massimo rispetto per queste due ultime categorie di individui e lo sottolineo. A sinistra si pensava che l’uomo comune, beta, eterosessuale, fosse inevitabilmente della partita. Hanno sbagliato i calcoli. Astensione e leghismo ne hanno provocato apparentemente la caduta libera, ma in verità questa era già scritta in una proposta politica e culturale che crea figli e figliastri, un errore madornale per una corrente politica di questo tipo. Oggi poi che il precariato è diventato il nuovo modello lavorativo per le nuove e future generazioni, che la disoccupazione giovanile è ai massimi storici, che la cassa integrazione è alle stelle, ci sarebbe l’opportunità di far risollevare il Paese con una nuova stagione di giustizia sociale e di vera, autentica legalità. Purtroppo mancano i buoni propositi e soprattutto i numeri. Chi sta in alto non si è reso conto che in basso oramai non ci si sente più rappresentati e che in tanti votano da quella parte non perchè convinti, ma semplicemente per evitare che dall’altra parte si finisca di sfasciare tutto.
Alessandro(Quota) (Replica)
ci hanno guadagnato sempre i soliti ,chi aveva potere ,in sostanza i maschi alpha …
il femminismo ha capito che poteva ottenere qualcosa solo con i maschi alpha ,quindi ha usato ,come il dio Giano ,due facce ,contro gli uomini sempre e comunque ,ma poi insistere per ottenere posti nella stanza dei bottoni ,….
in fondo cosa poteva ottenere se si metteva insieme agli uomini beta ?? qualche posto di lavoro in miniera e in fonderia ?? non era certo la parità che loro si apettavano
mauro recher(Quota) (Replica)
@
Nei paesi del blocco sovietico il femminismo non esisteva.
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Però, per correttezza, credo sia giusto evidenziare che altrove – mi riferisco ai vari blog e forum sulla qm – anche altri uomini non di sinistra, evidenziavano ciò.
Ora non riporto i link, perché non ne vedo la ragione, però mi sembrava giusto sottolinearlo.
Simone M.(Quota) (Replica)
“Femminismo figlio del Comunismo”
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“Balle. Depistaggio.
Nei paesi del blocco sovietico il femminismo non esisteva.
E l’ affermazione del femminismo, temporalmente, si è sovrapposta alla fine del comunismo.
Marx ed Engels sostenevano l’ emancipazione delle donne, ma all’ interno del concetto di lotta di classe, non in sostituzione di esso.
Che è invece quello che ha fatto il femminismo: ha sostituito la lotta di genere a quella di classe.
Cui prodest?
Chi è che ci ha guadagnato con la fine della lotta di classe?” (Sandro)
Quoto al 100% senza aggiungere altro se non per riaffermare che è assolutamente fondamentale, se vogliamo che la Questione Maschile faccia dei progressi, disarticolare quel falso paradigma, cioè il Femminismo figlio del Comunismo o più in generale del Movimento Operaio. E proprio per questo è altrettanto fondamentale sottolineare che il Femminismo non ha nulla a che vedere anche con l’altro grande filone della sinistra mondiale, cioè il socialismo democratico o socialdemocrazia.
Sono i fatti e la Storia che lo dicono, non la nostra fantasia.
Il femminismo è originariamente figlio, dal punto di vista ideologico e pratico, di altre due “sinistre”: quella “sessantottina” da una parte, e quella “liberal” modello americano (quindi antimarxista, antisocialista e anticomunista).
Questa è la sua genesi. Da quel momento in poi, come spessissimo accade, ha iniziato un percorso che lo ha portato a trasformarsi radicalmente fino a diventare in grandissima parte un fenomeno assai diverso da quello che era alle sue origini. Potremmo fare migliaia di esempi e già li abbiamo fatti. La Storia è piena di trasformazioni (queste sono inevitabili e anche giuste, spesso) e purtroppo anche di trasformismi (fenomeni generalmente deleteri). Pensiamo a Mussolini e a una parte del sindacalismo rivoluzionario che si trasformano in Fascismo. Ma senza andare troppo lontano pensiamo alla evoluzione politica di un Fini (che ci creda o meno in cuor suo è del tutto secondario) che da esponente del partito post fascista ha oggi sposato in toto la liberaldemocrazia e strizza l’occhio alla sinistra liberal…. La stesso metro vale per tanti grandi processi sociali e storici.
Osservate la trasformazione della Cina, da paese ultracomunista e ultra ideologizzato a superpotenza capitalista, tuttora governata dal Partito-Stato che ancora formalmente si dichiara comunista.
Il Femminismo ha compiuto lo stesso percorso. Si afferma in un primo momento in una determinata fase storica (con la sinistra storica già al tramonto), e prende spazio in parte nella cosiddetta “nuova sinistra” di derivazione sessantottina (questo in Europa e soprattutto in Italia e in Francia) e in parte in quella “liberal” per iniziare un percorso che lo porterà a trasformarsi in un fenomeno complesso (non è un caso che oggi anche i maschietti di Maschile Plurale parlino di Femminismi e non di un unico Femminismo) in larghissima parte diverso da quello che era alle origini, fino a diventare un pezzo fondamentale della cultura e del sistema dominante, che certo socialista non è, e men che meno comunista.
E’ all’interno di questo sistema (occidentale e capitalista) che conquista spazi fino a diventarne una parte fondamentale, organica, come abbiamo spiegato tante e tante volte. In tutto ciò, qual è l’abilità del Sistema dominante? Camuffare un’ideologia sostanzialmente al suo servizio come un’istanza trasformatrice e rivoluzionaria che guarda caso è stata infatti per lungo tempo collocata a sinistra (naturalmente di una sinistra del tutto addomesticata e funzionale al sistema stesso). Ma solo per un certo periodo e fino ad un certo punto, perché il processo di trasformazione del Femminismo è stato talmente ampio e profondo da investire e travolgere anche la destra politica (anche se inizialmente di riflesso). Al punto che ormai è assolutamente impossibile operare una distinzione tra “destra” e “sinistra” (entrambe parti del sistema), da questo punto di vista. Non è un caso che le leggi e i provvedimenti più concreti siano state promulgate e applicate dai governi di destra, ancor più che quelli di sinistra (quote rosa nei CdA, politiche securitarie, forcaiole e anticostituzionali in tema di reati a sfondo sessuale, proibizione della prostituzione di strada, penalizzazione e colpevolizzazione dei “clienti”, corsie preferenziali per le donne nel mondo del lavoro e dell’impresa, finanziamenti e leggi ad hoc in tal senso ), anche se con l’appoggio incondizionato di quest’ultima.
Non solo, l’esaltazione di un determinato modello “femminile”, la mercificazione (e l’auto mercificazione) sessuale pratica e concettuale, lo “smutandamento”, sono comportamenti e pratiche alimentati e incoraggiati dal Sistema, nella sua versione più ortodossa, quindi più di “destra” (ci siamo capiti e con centomila virgolette…).
Alla luce di tutto questo si evince che essere ancora prigionieri di vecchi schemi significa di fatto mantenere la QM in naftalina.
Ma questo non entra e forse non entrerà mai nella zucca di tanti uomini del movimento maschile che ancora si ostinano a parlare di “Femmicomunismo” o a individuare il nemico pubblico numero uno nei magistrati post “sessantottini”…
Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
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Nei paesi del blocco sovietico il femminismo non esisteva.
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“Però, per correttezza, credo sia giusto evidenziare che altrove – mi riferisco ai vari blog e forum sulla qm – anche altri uomini non di sinistra, evidenziavano ciò.
Ora non riporto i link, perché non ne vedo la ragione, però mi sembrava giusto sottolinearlo”. (Simone M)
Sarà anche come dici tu, Simone, resta però il fatto, te lo posso assicurare (purtroppo), che la maggioranza degli uomini che orbitano in area Momas, hanno ancora una concezione ultra vetero-tradizionalista (e anacronistica) di derivazione “destroide” della QM. Non so neanche come definirla e i termini che utilizzo sono abbastanza impropri ovviamente.
Non hanno ancora capito (alcuni non vogliono capirlo) con che razza di fenomeno complesso abbiamo a che fare e continuano con le loro litanie sul “femmicomunismo”, sul “sessantotto”, sui magistrati “rossi” (nessuno nega che anche questi ultimi giochino la loro parte nella commedia, sia chiaro).
Sembrano tanti “berlusconini” in miniatura prima ancora che anche a quest’ultimo i suoi consiglieri più accorti gli spiegassero che forse era il caso di modificare il linguaggio perché a quelle palle sui comunisti non ci credevano più neanche i suoi figli…
E invece questi si ostinano, prigionieri della loro ideologia, e alcuni hanno anche il coraggio di venire qui a farci la predica…
La Questione Maschile ha bisogno come il pane di una cesura netta con tutta questa roba qui, di un’inversione di rotta di 360°.
Io rispetto le idee di tutti (non tutti fanno altrettanto) ma non posso certo sottacere le mie. Per questa ragione affermo che prima ci liberiamo di quella zavorra ideologica, dotandoci, come stiamo cercando di fare, di un’analisi adeguata e lucida della realtà, e meglio sarà per la QM e per tutti noi.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
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Sarà anche come dici tu, Simone, resta però il fatto, te lo posso assicurare (purtroppo), che la maggioranza degli uomini che orbitano in area Momas, hanno ancora una concezione ultra vetero-tradizionalista (e anacronistica) di derivazione “destroide” della QM.
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Su questo sono d’accordo con te, Fabrizio, infatti io mi riferivo solo ad alcuni di costoro. Scrivo ciò perché ho letto certi interventi sparsi sul web, che testimoniano questa loro consapevolezza. Per il resto so bene che la maggior parte degli uomini del momas la pensa in tutt’ altra maniera.
Simone M.(Quota) (Replica)
“Il femminismo è originariamente figlio, dal punto di vista ideologico e pratico, di altre due “sinistre”: quella “sessantottina” da una parte, e quella “liberal” modello americano (quindi antimarxista, antisocialista e anticomunista).”
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Boni, quelli.
Una fucina di teste di cazzo come mai si era vista prima a memoria d’ uomo.
Sono stati il cancro dell’ Italia, si sono incistati ai massimi livelli del potere e hanno costituito la peggior classe dirigente che questo paese abbia mai visto dopo quella fascista.
Le metastasi le vediamo adesso.
sandro(Quota) (Replica)
“Marx ed Engels sostenevano l’ emancipazione delle donne, ma all’ interno del concetto di lotta di classe, non in sostituzione di esso.
Che è invece quello che ha fatto il femminismo: ha sostituito la lotta di genere a quella di classe.”
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Aggiungo che il femminismo, per prendere piede a sx, ha fatto leva come un grimaldello su un “bug” del pensiero di Carlo Marx, e cioè sul fatto che egli vedeva le donne delle classi agiate come subalterne agli uomini delle classi agiate, semplicemente perché brillavano di luce riflessa e non avevano potere in prima persona.
Lì Marx ha semplicemente preso una cantonata clamorosa: partendo da un presupposto sbagliato, è giunto ad una conclusione sbagliata.
La sua analisi su questo punto pecca di una superficialità che lascia basiti: non ha minimamente tenuto conto della diversa psicologia di uomini e donne.
L’ uomo va, la donna manda. La natura femminile non è quella di esporsi in prima persona, ma di manovrare dietro le quinte (lo possiamo vedere anche oggi dallo scarso interesse femminile verso la politica attiva nonostante quote e amenità varie).
Questo tuttavia non significa affatto subalternità: anche in passato, molte donne, pur non avendo potere direttamente, erano delle autentiche “eminenze grigie” (per fare un esempio, M.me de Pompadour aveva un ascendente enorme su Luigi XV, pur non avendo formalmente nessun potere).
E’ così che il femminismo si è inventato l’ “oppressione di genere”, la più colossale presa per il culo di tutti i tempi.
L’ oppressione di classe è sempre esistita ed esiste tuttora, quella di genere è una pura invenzione: le donne delle classi agiate non se la sono mai passata peggio degli uomini appartenenti alle stesse classi sociali.
Fu così che una bugia prese il posto di una verità.
E ha potuto farlo grazie alla dovizia di mezzi messi a disposizione da quelle classi sociali che avevano tutto l’ interesse a disinnescare la lotta di classe.
Hanno messo K.O. un organismo sano, e, per loro, potenzialmente pericolosissimo, iniettandoci dentro una manciata di cellule tumorali, che, in quanto tali, hanno fatto egregiamente il loro lavoro, e quelli che vediamo oggi sono i risultati di questa operazione di ingegneria sociale su scala planetaria.
La sx è come un malato di cancro, e, in quanto tale, ha bisogno di due cose:
– una chirurgia radicale
– una robusta chemioterapia per scongiurare le recidive
Ed è ora scossa di farlo: più si aspetta, più le speranze di guarigione diminuiscono.
sandro(Quota) (Replica)
Ho indicato in un intervento (che è un articolo del sito) le ragioni per le quali – a mio modo di vedere – la QM, per il solo fatto di venir pensata e posta come questione sociale non possa essere assegnata alla Dx.
Tuttavia è un fatto che, se vi è un minimo di sensibilità verso di essa, la si trova proprio a Dx (specie in quella Tradizionalista), come è vero che simmetricamente se vi è un ambiente nel quale essa è improponbile è la Sx. E tanto più a Sx ci si sposta, tanto meno se ne può parlare.
Ad es. che si sappia, la creazione di case alloggio per i separati (buttati sulla strada) non è stata sin qui promossa da alcuna amministrazione di Sx. La più recente (di cui si abbia notizia) è Prato, con amm. di Dx.
Non bisogna meravigliarsi se le associazioni dei separati cercano appoggi a Dx. Li cercano dove possono trovarli.
Cosa ricavarne? Semplice: se ne ricava che di fatto, in questa realtà storica, la QM smaschera tremende e sorprendenti contraddizioni. Non è la prima volta che accade nella storia.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
“E tanto più a Sx ci si sposta, tanto meno se ne può parlare”
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…motivo in più, questo, per farlo.
Da quella parte c’è grossa crisi, e non possono permettersi di sputare sui voti della gente.
Una bella doccia fredda l’ hanno già avuta, adesso possono approfittare di un contesto favorevole, ma se perdono sto treno qua hanno chiuso definitivamente.
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“che si sappia, la creazione di case alloggio per i separati (buttati sulla strada) non è stata sin qui promossa da alcuna amministrazione di Sx. La più recente (di cui si abbia notizia) è Prato, con amm. di Dx”
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Carità pelosa.
Sono stati al governo per due volte con maggioranze bulgare.
Perché, se hanno questa sensibilità, non hanno messo mano alla legislazione sul divorzio?
Non è che in un parlamento composto per buona parte di avvocati si rischiava di dare noia a troppa gente?
sandro(Quota) (Replica)
sandro
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Carità pelosa.
Sono stati al governo per due volte con maggioranze bulgare.
Perché, se hanno questa sensibilità, non hanno messo mano alla legislazione sul divorzio?
Non è che in un parlamento composto per buona parte di avvocati si rischiava di dare noia a troppa gente?
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Carita’ pelosa o meno, quanto evidenziato da Rino e’ la pura e semplice realta’.
Daniele(Quota) (Replica)
“Carita’ pelosa o meno, quanto evidenziato da Rino e’ la pura e semplice realta’”. (Daniele)
Non c’è dubbio, ma non c’è altrettanto dubbio che anche ciò che sostiene Sandro sia vero.
Non può certo essere l’iniziativa sporadica di qualche singolo amministratore locale più o meno sensibile nei confronti di alcune problematiche ad invertire o modificare una strategia complessiva. E non è un caso, e anche questo è un fatto, che sia stato il centrodestra a produrre le leggi e i provvedimenti più repressivi, punitivi e antimaschili in tema.
Con questo non nego che alcune residue frange di ciò che rimane della destra tradizionalista, abbiano dimostrato una maggiore attenzione non tanto alla QM nel suo complesso, quanto ad alcune problematiche specifiche (leggi questione padri separati). Non avrebbe potuto essere altrimenti data la situazione.
Questo fa sì che per ragioni oggettive, questi ultimi (associazioni dei padri separati) siano stati in qualche modo “obbligati” ad andare in quella direzione, non avendo altre sponde e interlocutori. E da un certo punto di vista non mi sento di biasimarli. Chi ha necessità impellenti deve risolverle in un modo o nell’altro e non le può certo risolvere a botte di ideologia…
A mio parere però, ci doveva e ci dovrebbe essere la necessaria lucidità per capire che quel rapporto doveva e deve avere carattere strumentale, dal punto di vista politico, e non strategico o addirittura di adesione ideale. Questo è l’errore, in termini di analisi e di prospettiva, che hanno commesso le associazioni dei padri separati. In altre parole si sono fermate all’”immediato”, al qui ed ora, senza guardare più lontano. In questo modo dimostrano (insieme alla gran parte degli uomini del Movimento maschile) di non avere elaborato un’analisi adeguata della situazione, confinando la QM in un ambito angusto ma soprattutto andando completamente fuori pista.
Naturalmente questa è la mia opinione (altrimenti non avrei dato vita a Uomini Beta) e non pretendo certo che sia la Verità.
Ciò detto, credo che l’aspetto che voleva evidenziare Rino nel suo commento fosse l’enormità delle contraddizioni sollevate dalla QM. Una questione che lui stesso sostiene che non possa, per ragioni strutturali, appartenere alla destra, e che invece viene totalmente ignorata dalla sinistra. La quale, oltre ad ignorarla, la osteggia pure, scivolando a sua volta inevitabilmente in una contraddizione macroscopica, per lo meno dal nostro punto di vista. Perché è ovvio che se la QM non è una questione di destra, come sostiene giustamente Rino, è logico e conseguente che è una questione di sinistra, su questo non ci piove. A meno di non considerare destra e sinistra nelle loro accezioni più ampie e “alte”, due categorie superate (ma non è il nostro caso).
Ricordo sempre che nel caso specifico stiamo invece parlando di destra e sinistra nelle loro attuali declinazioni politiche, quindi di due schieramenti perfettamente integrati all’interno del sistema e soprattutto funzionali ad esso perché gli consentono di coprire tutti i “fronti”. Due variabili insomma dello stesso meccanismo (ne abbiamo parlato nell’articolo Destra e Sinistra, a mia firma).
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Detto che sono d’accordo con l’ultima frase di Rino sulle contraddizioni evidenziate dalla QM, non entro nel merito dell’analisi di Fabrizio perchè la penso, almeno in parte, diversamente e questo non è uno spazio per discussioni di ordine culturale che a me appassionano molto ma non sono strettamente attinenti al tema del blog.
Vorrei solo amichevolmente attirare l’attenzione di Fabrizio, senza pretendere risposte, sulla necessità di approfondire una questione secondo me fondamentale. Sono stati citati alcuni esempi di trasformismo (Mussolini, la Cina), ed è stato scritto che il femminismo è estraneo (come origine) anche alle socialdemocrazie, ossia ai filoni cultural/politici di origine operaia e popolare. Bene, cose vere che tuttavia non spiegano compiutamente nè i motivi di quelle rotture culturali (Mussolini, Cina), nè il perchè i partiti operai sono stati “colonizzati” da culture loro estranee fino a determinarne la mutazione genetica che ne ha fatti i primi alleati del femminismo. Non credo basti richiamarsi al trasformismo o al tradimento, che pure esistono. Secondo me occorrerebbe indagare più in profondità sui presupposti filosofici di quei movimenti (ed anche, per estensione, dello stesso marxismo) per cercare di spiegare se quel mutamento, con tutte le attuali derive, non fosse in essi già contenuto in nuce. Non ho già la risposta certa in tasca, anche perchè si confrontano più ipotesi, una delle quali, ad esempio, sostiene che il marxismo ha male interpretato Marx stesso.
armando
armando(Quota) (Replica)
Sono d’accordo con te, Armando, che il discorso è troppo lungo e complesso per affrontarlo in questa sede e certo non è sufficiente un blog.
Mi limito a dire che, se partissimo dal tuo assunto, il discorso si potrebbe applicare veramente a tutto, non solo al femminismo. E gli esempi, come al solito, potrebbero essere migliaia.
Vogliamo forse mettere sotto processo il socialismo perché Mussolini (e il Fascismo, in parte) proveniva dalle sue fila e ne era anzi un dirigente autorevole, addirittura arrivando ad essere il direttore dell’Avanti, cioè dell’organo ufficiale del Partito Socialista?
Vogliamo mettere sotto processo la Rivoluzione Francese perché ha partorito Napoleone e il suo Impero?
Vogliamo mettere sotto accusa Tocqueville e Voltaire per il colonialismo delle democrazie occidentali e lo sterminio degli indios delle Americhe o il Cristianesimo per le crociate e l’Inquisizione? O Marx per i gulag?
Ti dirò di più, io non escludo affatto che i sistemi filosofici o le esperienze politiche che ho appena citato non abbiano anche delle responsabilità, certamente indirette (cioè dei vizi ideologici) per gli orrori che sono stati commessi in loro nome.
Però, capisci bene Armando, che di questo passo non ne usciamo più… Non è possibile seguire questo criterio, anche perché, come si usa dire dalle mie parti, la conseguenza di questo modo di procedere è che “chi è più pulito c’ha la rogna”… Con questo criterio non esiste nessuno, ma veramente nessuno, del tutto “pulito”, perché la storia è dialettica, è consecutio, e questo riguarda veramente tutti. Se non tenessimo in considerazione questo principio dovremmo zittire praticamente tutti. Perché tutti provengono da una storia che molto, molto raramente, è senza macchie.
Io non nego affatto le responsabilità, anche ideologiche, di una certa sinistra, nell’aver alimentato il femminismo, ma da questo ad affermare che il femminismo è la diretta e logica conseguenza del Comunismo e del Marxismo, bè, insomma, ce ne vuole. Come dice giustamente Rino, per criticare o condannare il Comunismo non c’è bisogno di accollargli pure colpe che non ha …
Anche perché, un conto è sostenere, come la sinistra di tutto il mondo ha sempre fatto, l’eguaglianza dei sessi e le lotte delle donne per la loro emancipazione. Un altro è il Femminismo, cioè un’ideologia nata o quanto meno sviluppatasi verso la fine degli anni ’60 che, come ha ribadito giustamente Sandro, ha sostituito il concetto di conflitto di genere a quello di lotta di classe. Non solo, si è affermata proprio nel momento in cui la sinistra storica tramontava e si andava affermando una sinistra liberal non più di “classe”.
Ora i paradossi e le contraddizioni della storia sono innumerevoli, come sappiamo, però se ogni volta iniziamo ad andare a ritroso per scovare le origini e le cause prime di un fenomeno, veramente ci tocca tornare ad Adamo ed Eva. E non lo dico ironicamente ma realisticamente.
Credo, anche come criterio metodologico, che sia necessario osservare i fenomeni per quello che sono e per le ricadute concrete che hanno. Con questo non voglio certo negare la necessità di un approfondimento storico, sia chiaro, però, facendo appunto attenzione perché altrimenti si rischia di entrare in una sorta di gioco dell’oca, di circolo vizioso dal quale non se ne esce più.
Fabrizio
P.S. sul fatto che il marxismo (o quanto meno la grande maggioranza di coloro che ad esso si rifacevano)abbia male interpretato Marx non c’è alcun dubbio…Ma ormai, se condo me, è troppo tardi per questo discorso. Il Comunismo è ciò che storicamente si è concretizzato, nel bene e purtroppo, anche e soprattutto nel male. Punto. La Storia continua. Con chi abbiamo a che fare oggi? Con il Comunismo? Non mi pare.
Qual è il sistema dominante? Cosa è e come si manifesta questo Sistema dominante? Come, quando e perchè il Femminismo si è affermato? Chi glielo ha consentito? Cosa lo ha favorito? Qual è la sua funzione? A chi giova? Cosa è diventato oggi il Femminismo? Qual è e come si esplicita oggi il “femminile attuale e reale”?
Queste sono le domande che dobbiamo porci, invece di andare a caccia di spettri che purtroppo non si aggirano più, perchè quando si aggiravano, per la prima volta nella Storia dell’Umanità, qualcuno se l’è fatta sotto, e non erano i poveracci…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
La questione posta da Armando non è di poco conto. Quanto a me, per i fatti miei, ne ho elaborato un abbozzo di interpretazione (provvisoria) ma attiene ad una dimensione filosofica che non può interessare molti e che cmq potrebbe essere depistante rispetto alla QM nel suo complesso.
Concordo ovviamente con l’affermazione di Fabrizio dove dice che nessuno ha le mani incontaminate. Il che deve renderci prudenti nel giudicare gli attori/fattori della storia. Individui o gruppi che siano.
Procediamo nella nostra battaglia.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
P.S. sempre per Armando. Io non mi sono limitato a parlare di tradimento o di mero trasformismo che pure nella storia è stato spessissimo protagonista … Sarebbe banale da parte mia. Nel precedente post ho cercato di spiegare che praticamente in tutti o quasi (e forse senza il quasi) i sistemi filosofici, ideologici (e anche e soprattutto religiosi) ci sono i germi di una potenziale degenerazione. Nessuno, ma veramente nessuno, può chiamarsi fuori. E non mi pare il caso di mettersi a fare la conta di chi ha provocato più morti e feriti (e torturati, e deportati, e gasati, e schiavizzati, e sfruttati, e colonizzati, e fucilati, e impiccati, e bombardati, e bruciati…). Credo che ne uscirebbero tutti con le ossa rotte…
Con questo, Armando, riprendendo anche il post di Rino, non voglio affatto sottovalutare la questione che hai posto, però voglio dargli la giusta collocazione, evitando di fare “cacce alle streghe”, metaforicamente parlando, da una parte o dall’altra.
La verità, diceva qualcuno, è rivoluzionaria. Di certo è sempre scomoda. Per tutti. Nessuno escluso. E preferirei non dirlo, ma è così e non mi sottraggo di certo. Però deve valere per tutti.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@ Fabrizio
Nessuno, ma veramente nessuno, può chiamarsi fuori
E non mi pare il caso di mettersi a fare la conta di chi ha provocato più morti e feriti (e torturati, e deportati, e gasati, e schiavizzati, e sfruttati, e colonizzati, e fucilati, e impiccati, e bombardati, e bruciati…). Credo che ne uscirebbero tutti con le ossa rotte…
@
Concordo. Tuttavia, se tale discorso viene trasferito nell’ambito della guerra dei sessi (perché tale è), chi ne esce fuori con le ossa rotte è l’uomo, perché come già altri hanno evidenziato in passato, la violenza maschile è molto più “visibile” di quella femminile. Ed è per questo che oggi le femministe militanti, nonché le donne comuni, mettono continuamente sotto processo gli uomini.
Marco(Quota) (Replica)
Comunico, per chi ne avesse tempo e voglia, che questa sera a mezzanotte e venti, su Rai Radio 1 va in onda una breve intervista che mi è stata fatta da Maurizio Costanzo in seguito alla mia lettera pubblicata da Natalia Aspesi sul Venerdì di Repubblica.
Naturalmente lui era più interessato alla mia vicenda personale ma io ho cercato di spostare il discorso sul generale e credo in parte di esserci riuscito, tempo permettendo (pochissimi minuti).
Comunque, è un piccolo risultato.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
bene Fabrizio, vedrò di ascoltare l’intervista. Per il resto non sono entrato direttamente nel merito della questione proprio perchè mi rendo conto che non questa è la sede. Tuttavia questi problemi apparentemente astratti e non di attualità sono importanti, perchè dal loro approfondimento (che a me interessa comunque sul piano della ricerca filosofica oltre che storica) dipende a medio/lungo periodo anche la strategia da adottare. E naturalmente parlo in generale, non limitandomi al solo marxismo, ma anche agli altri sistemi ideologici. Stop.
armando(Quota) (Replica)
“Secondo me occorrerebbe indagare più in profondità sui presupposti filosofici di quei movimenti (ed anche, per estensione, dello stesso marxismo) per cercare di spiegare se quel mutamento, con tutte le attuali derive, non fosse in essi già contenuto in nuce. Non ho già la risposta certa in tasca, anche perchè si confrontano più ipotesi, una delle quali, ad esempio, sostiene che il marxismo ha male interpretato Marx stesso”
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C’è anche un’ altra considerazione che a mio parere va fatta: non è affatto un mistero che Pierre-Joseph Proudhon, universalmente considerato uno dei padri fondatori del socialismo, fosse dichiaratamente e apertamente antifemminista.
Io resto del parere che si sia voluto “incanalare” il pensiero di sinistra su un binario morto, allo scopo di renderlo “compatibile” con il pensiero mainstream.
Oggi l’ equazione “pensiero di sinistra = politicamente corretto” è diventata un dogma, ma in passato non era affatto così.
Basti pensare alle esternazioni di Togliatti su André Gide.
sandro(Quota) (Replica)
Assolutamente d’accordo con Sandro. Aggiungo che il “politically correct” è un invenzione degli ultimi venti-trent’anni e che storicamente la sinistra era invece eresia, tutt’altro che “politicamente corretta”.
Essere di “sinistra” (nelle sue varie accezioni e correnti di pensiero) ha significato per lunghissimo tempo e nella gran parte dei casi essere controcorrente, essere considerati come la peste, e naturalmente altrettanto spesso essere anche perseguitati…Altro che “politically correct”…Oggi è facile essere di “sinistra”. Ai tempi di mio padre e di mio nonno non lo era affatto…
Per Armando: non credo affatto che i temi sollevati siano astratti. Al contrario. Ritengo che sia fondamentale essere in grado di produrre un’analisi adeguata alla realtà. Noi, come Uomini Beta, per parte nostra un contributo teorico lo stiamo già dando. Ma questo non significa che non ci sia necessità di confronto, studio ed elaborazione collettiva. Penso però che tutto ciò necessiti di sedi appropriate e non credo che un blog sia il luogo migliore. Si potrebbe cominciare a pensare a dei momenti di riflessione più ampia e approfondita, come seminari, incontri, riunioni ad hoc.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio
@ Comunico, per chi ne avesse tempo e voglia, che questa sera a mezzanotte e venti, su Rai Radio 1 va in onda una breve intervista che mi è stata fatta da Maurizio Costanzo in seguito alla mia lettera pubblicata da Natalia Aspesi sul Venerdì di Repubblica.
Naturalmente lui era più interessato alla mia vicenda personale ma io ho cercato di spostare il discorso sul generale e credo in parte di esserci riuscito, tempo permettendo (pochissimi minuti).
@
Bravo Fabrizio.
Devo dire che mi ha parzialmente stupito Costanzo, che a parte il tentennamento relativo alla questione dei morti sul posto di lavoro, ha condiviso abbastanza quanto tu asserivi.
Simone(Quota) (Replica)
Ho ascoltato l’intervista a Costanzo. Breve ma molto incisiva. Ottimo. Peccato fosse in fascia oraria impossibile, ma questo passa il convento.
Su Costanzo: abbastanza bene, ma avete notato la domanda finale sui rapporti personali di Fabrizio con le donne?
E’ molto significativa. Come se chi dice e scrive quelle cose, dovesse per forza avere un rapporto personale problematico col femminile. Insomma, se uno difende i maschi, se dice che il femminile non è il genere innocente per definizione, se invece di genufklettersi lo critica anche, automaticamente viene sospettato di essere un rancoroso o uno sfigato. ù
armando
armando(Quota) (Replica)
Purtroppo, Armando, per avere spazio, dobbiamo accettare anche il rischio di essere trattati come dei fenomeni da baraccone (tocca a noi cercare di evitarlo). La mia lettera alla Aspesi (ed è grazie a quella che siamo sbarcati da Costanzo) aveva come obiettivo quello di espormi in prima persona, consapevole del fatto che questa gente cerca lo “scoop”, ha bisogno di storie personali da raccontare per fare un po’ di audience… Io ho cercato, come hai sentito, di spostare l’attenzione dalle mie vicende personali alla QM nel suo complesso e credo di esserci riuscito. Sapevo che lui avrebbe insistito sulla vicenda personale.
Comunque, mi pare, tutto sommato, che, considerati i tempi ristretti, sia andata abbastanza bene e il messaggio sia stato trasmesso con una certa chiarezza ed efficacia. Anche Costanzo si è comportato abbastanza bene e non me lo credevo, sinceramente…Stando ha quanto ha dichiarato egli stesso durante la trasmissione,dovrebbero richiamarmi fra qualche settimana per una nuova intervista.
Vedremo… speriamo di innescare un circuito virtuoso che possa portarci ad avere più spazio sui media.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@ armando
Su Costanzo: abbastanza bene, ma avete notato la domanda finale sui rapporti personali di Fabrizio con le donne?
E’ molto significativa. Come se chi dice e scrive quelle cose, dovesse per forza avere un rapporto personale problematico col femminile. Insomma, se uno difende i maschi, se dice che il femminile non è il genere innocente per definizione, se invece di genufklettersi lo critica anche, automaticamente viene sospettato di essere un rancoroso o uno sfigato.
@
Sì, ho notato anch’io. Usando lo stesso metro, si dovrebbe dedurre che le donne sono una massa di ultra-sfigate, dato che non passa giorno senza che sputino veleno contro tutto il genere maschile…
Simone(Quota) (Replica)
“il “politically correct” è un invenzione degli ultimi venti-trent’anni”
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La rovina della sinistra è stata il sessantotto.
Ha “sdoganato” una pletora di “signorini” figli di papà che volevano giocare a fare la rivoluzione e avevano il maggiordomo a casa.
La loro rivoluzione è stata quella di arrivare in alto con sforzo minimo, per poi comportarsi dieci volte peggio dei loro predecessori.
Pasolini aveva la vista lunga, MOLTO lunga….
La sinistra, QUELLA VERA, ha le mani sporche di grasso, altro che figli dei fiori, femministe e minchiate varie alla “tutunzi Bevtinotti”:
http://www.stefanodisegni.it/Vignette.aspx?comicID=62
sandro(Quota) (Replica)
Fantastico grande Disegni, devo ricordarmi di contattarlo…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ma non c’è un link su Internet in cui si possa reperire l’intervista?
Ethans(Quota) (Replica)
Non te lo so dire, Ethans, mi dispiace. Comunque, se dovessero riconvocarmi per una nuova intervista, come lo stesso Costanzo ha annunciato nel corso della trasmissione, sarà mia cura avvertirvi in anticipo, per darvi modo di ascoltarla.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
In effetti sarei molto interessato, soprattutto per l’atteggiamento da tenere di fronte a certe domande che aggirano l’argomento e lo portano su un piano personale. Come gestire magari l’emotività di fronte a certi attacchi, ecco… qui ho molto da imparare lo ammetto…
Grazie in anticipo comunque…
Ethans(Quota) (Replica)
La difficoltà è quella indicata da Ethans. Sul tema QM gli interlocutori non stanno mai sull’argomento ma scivolano sempre sul personale, sul biografico, aspetto che non ha alcuna rilevanza sociopolitica e perciò non dovrebbe neppure averla in sede di analisi, denuncia, racconto. Non dovrebbe ma ce l’ha. Infatti il personale viene usato proprio per evitare il “politico” intendendo che il problema non è nel mondo ma nel vissuto di chi se ne occupa.
Questo depistaggio viene praticato con “innocue domandine” il cui scopo è sempre l’insinuazione, la demolizione del parlante.
E qui viene il problema, perché di fronte a questa viltà, a questa malafede si è spinti a reagire con veemenza e questo fa scattare la trappola: è la conferma che il problema è dentro il parlante, non fuori, nel mondo.
Per quel che lo conosco, Costanzo in ciò è sempre stato uno dei peggiori. Mi sorprende un po’ che in questa occasione si è comportato in modo accettabile.
Ricordo in che modo prese per i fondelli lo stesso Risé (prima che diventasse noto e tutelato) quando intevenne al M.C.Show sul tema Maschioselvatico.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Il problema è che uno si trova in un blog di gente che si rende conto delle ingiustizie tra i sessi, uno per un motivo, uno per l’altro e capita che si lascia andare allo sfogo. Anche il fatto del proprio vissuto non sarebbe una cosa grave, se rapportato alla tendenza generale, ma viene usata come per dire: problemi tuoi personali, morale: l’uomo è sempre in malafede; che poi io il mio vissuto me lo tengo stretto, non lo vado a raccontare a tutti.
Io ho capito che dire sono un misogino è darsi la zappa sui piedi (sono sempre problemi miei personali).
Le ingiustizie tra maschi e femmine esistono davvero, altro che, bisogna evidenziarle freddamente.
Leonardo(Quota) (Replica)
botta e risposta tra me è una utente del solito blog
questa la mia domanda
“il problema è pressochè maschile ,io sono un uomo ,sono un potenziale assassino??”
……………………………………………………………………..
risposta…………………
No. E con questo non risponderò più a questa domanda che hai posto centinaia di volte e alla quale ti è stata data risposta altrettante volte. Nel caso ti venisse in mente un’altra volta la stessa domanda ti consiglio di cercare un professionista bravo che possa aiutarti a superare questo tuo dubbio.
……………………………………………………………………………
altra mia considerazione
Poi c’è un’altra domanda riguardo “ma quando si parla di femminicidio e portando avanti un atteggiamento di “rivalsa” verso gli uomini ,mi ricordano cose vecchie della storia che sono iniziate in questo modo”…
………………………………………………………………………………
e cioè?
Quale rivalsa? e quali cose vecchie sono iniziate in questo modo?
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mauro recher scrive:
Il tuo commento è in attesa di moderazione
29 novembre 2010 alle 18:15
vedi Emanuela vero che l’ho posta molte volte questa domanda ,ma quando leggo questo blog il dubbio mi assale sempre visto che agli uomini viene quasi sempre data un immagine negativa …….
e quindi diventa una domanda più che lecita ,per verificare se è un problema mio in quanto uomo , per adesso sono sereno ma credo che durerà fino alla prossima lettura di qualche altro omicidio dove diventerà importante il sesso dell’omicida ,più del fatto stesso ….
sulle cose vecchie di storia ,far passare per “cattivi” gli altri ha sempre funzionato ,basta guardare la lega ,unico partito (al momento ) che prende più voti senza aver fatto praticamente niente in 15 anni e passa di governo ,la loro filosofia è semplice succede qualcosa di male ?? la colpa passa dagl iextracomunitari ,ai musulmani ,ai cosiddetti terroni ecc ecc …lo stratagemma di questo blog è un pochino lo stesso e un pochino ,a dire il vero mi dispaice contastare questo,visto che il problema è maschile ,invece per me ,il problema riguarda sia uomini che donne , esistono uomini e donne capaci ,altri uomini e donne sicuramente meno …
mauro recher(Quota) (Replica)
http://firenze.repubblica.it/cronaca/2011/01/01/news/lei_si_arrabbia_con_lui_e_gli_stacca_la_lingua_a_morsi-10769882/
Lei si arrabbia con lui
e gli stacca la lingua a morsi
E’ successo stamattina all’alba a una coppia di Livorno. La donna ha staccato 3 centimetri di lingua al convivente con un morso. Sarebbe successo dopo che i due avevano tentato di riappacificarsi
Ha staccato un pezzo di lingua al convivente con un morso. E’ l’inizio del 2011 di una coppia livornese: lui è finito all’ospedale con la lingua amputata, lei è stata denunciata per lesioni gravi.
L’episodio è avvenuto all’alba in un’abitazione del zona popolare di via Garibaldi. Non è chiaro quale sia stato il motivo che ha fatto scatenare la discussione. Quello che è certo è la violenza del gesto della donna che, secondo fonti ospedaliere, è riuscita a staccare circa 3 centimetri della lingua del convivente, un 42/enne. L’ episodio sarebbe avvenuto dopo che i due avevano deciso di riappacificarsi.
Al pronto soccorso di Livorno i medici hanno disposto il trasferimento all’ospedale di Cisanello, a Pisa, ma secondo quanto appreso non sarebbe stato possibile ricucire la parte amputata. La donna è stata indagata dagli agenti di polizia del posto fisso dell’ospedale di Livorno.
(01 gennaio 2011)
Simone M.(Quota) (Replica)
http://www.corrispondenti.net/index.php?id=36046
Il regionale americano Northwest Florida Daily News dà notizia di una donna di 41 anni arrestata perché colta in flagrante a picchiare il marito “per il suo bene”. Secondo la signora, l’uomo aveva insistito per uscire all’aria aperta a godersi una sigaretta malgrado avesse un forte raffreddore e lei stava tentando di fargli capire che: “non doveva fumare perché gli faceva male”. Gli agenti, allertati dalla figlia della coppia, lo hanno trovato accovacciato in terra con la donna che gli tirava calci e lo picchiava in testa con un sasso. Secondo la denuncia, anche dopo l’arrivo della polizia: “ha continuato a colpirlo e a urlargli di darle le sigarette”. La moglie è stata incriminata per violenza domestica aggravata. Il marito, 51 anni, ha rifiutato le cure mediche, dicendo che “sapeva badare a se stesso”
Simone M.(Quota) (Replica)
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Accoltella-il-fidanzato-perche-non-le-fa-vedere-il-suo-profilo-su-Facebook_311493676936.html
New York, 4 gen. – (Ign) – Una ragazza di Indianapolis, Shemicka McVey, 22 anni, ha accoltellato il suo fidanzato, Maurice Davenport, 21 anni: a far scoppiare la lite fra i due è stato Facebook.
La donna stava cercando di vedere il profilo del suo ragazzo sul social network ma lui è riuscito a spegnere il computer in tempo. In tutta risposta McVey ha preso un coltello da cucina e ha ferito il fidanzato al braccio. Il giovane è andato alla polizia ma poi ha deciso di non presentare alcuna denuncia. Anzi, vedendo le rispettive pagine su Facebook, i due sono ancora ‘amici’. Di certo però ora il ragazzo imparerà ad usare meglio Facebook, e forse qualcuno gli avrà anche spiegato che è possibile cancellare tuttò ciò che è pubblicato sulla propria pagina…
>>
Fate attenzione a queste parole, con tanto di puntini finali.
“Di certo però ora il ragazzo imparerà ad usare meglio Facebook, e forse qualcuno gli avrà anche spiegato che è possibile cancellare tuttò ciò che è pubblicato sulla propria pagina…”
>>
No comment.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.giornalettismo.com/archives/101593/appeso-colpito-punching-ball/
6 dicembre 2010
Un infante di 18 mesi rischia di morire dopo essere stato attaccato all’appendiabiti in un armadio e picchiato ripetutamente, come una sacca da pugile.
Una giovanissima madre di 18 anni, Shakira Wright, è stata arrestata insieme a tre teenager per le violenze quasi mortali subite dal proprio figlio, un bambino di un anno e mezzo chiamato Louis. Il piccolo è ricoverato in ospedale in fin di vita, con gravissime lesioni al fegato, allo stomaco e al pancreas. I pugni e i calci ripetuti gli hanno rotto cinque costole, e i lividi per le botte subite gli coprono praticamente tutto il corpicino. L’incredibile violenza è accaduta a North Charleston, South Carolina, nel profondo Sud degli Stati Uniti.
APPESO E PICCHIATO – Il piccolo Louis è stato portato all’ospedale dalla giovane madre, quando questa si è accorta che i suoi occhi erano rotolati all’indietro ed era caduto in uno stato di incoscienza. Davanti alla polizia la madre ha ammesso di aver permesso ai suoi tre amici di giocare alla lotta con il suo piccolo, ma di averli fermati quando le violenze sono diventate eccessive. Uno dei tre fermati ha altresì confessato di aver attaccato il piccolo Louis ad un appendiabiti in un armadio, averlo legato con una cintura alle caviglie con la testa all’ingiù e poi averlo preso a pugni ripetutamente nel ventre. Dopo l’intermezzo da punching ball , il bambino è stato buttato a terra, alzato per i capelli e poi picchiato sul letto, quando la madre è arrivata per fermare lo scempio compiuto sul proprio figlioletto. I tre ragazzi che hanno picchiato Louis come una sacca da pugile hanno rispettivamente 16, 15 e 14 anni, e sono stati arrestati dopo la parziale confessione della madre, anch’essa fermata per aver consentito lo svolgimento di simili violenze.
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Davanti alla polizia la madre ha ammesso di aver permesso ai suoi tre amici di giocare alla lotta con il suo piccolo, ma di averli fermati quando le violenze sono diventate eccessive. Uno dei tre fermati ha altresì confessato di aver attaccato il piccolo Louis ad un appendiabiti in un armadio, averlo legato con una cintura alle caviglie con la testa all’ingiù e poi averlo preso a pugni ripetutamente nel ventre.
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Andrea(Quota) (Replica)
http://carta.ilmessaggero.it/view.php?data=20110117&ediz=20_CITTA&npag=7&file=E_211.xml&type=STANDARD
Lunedì 17 Gennaio 2011
di MARIDA LOMBARDO PIJOLA
ROMA – Battute, sfruttate, stuprate, schiavizzate, torturate, maltrattate, finite senza pietà, per nessun’altra ragione che non sia brutalità. Sempre più inermi, più numerose, più giovani, anche bimbe. In Svezia come in Etiopia, nei Paesi industrializzati come in quelli poveri, in ogni classe sociale, tutti i giorni. Sarah e le altre, in ogni angolo del mondo, ammazzate in famiglia, come quasi sempre. Yara e le altre, in ogni angolo del mondo, sparite nel nulla, forse per essersi fidate di qualcuno che conoscevano, come quasi sempre. «Un flagello. Non è più sopportabile. La violenza contro le donne è l’abuso di diritti umani più diffuso e radicato nel mondo». Perciò Afsane Bassir-Pour, bella e agguerrita direttrice dell’Unric, il Centro Informazioni delle Nazioni Unite per l’Europa occidentale, ha organizzato un piano di battaglia che attraversa tutte le latitudini del mondo, al grido: «Enough is enough». Adesso è abbastanza. «Abbiamo accorpato in un unico ufficio le attività di informazione delle Nazioni Unite sulla violenza alle donne, in stretta collaborazione con partner quali i governi, i media, le Ong, le istituzioni per l’istruzione, le autorità locali. Organizzeremo progetti e attività congiunte a ogni livello. E’ giunta l’ora che i governi affrontino questo fenomeno di petto».
Vuol dire che fin qui poco è stato fatto?
«Gi interventi sono assolutamente inadeguati rispetto alla gravità del fenomeno. Il 70 per cento delle donne in ogni Paese del mondo dichiara di aver subito maltrattamenti da parte di un uomo. In Paesi evoluti come il Canada o il Sudafrica o Israele, da 30 a 70 donne ogni anno vengono ammazzate dal proprio partner. Lo stupro, per esempio, è stato uno strumento di guerra in Bosnia come in Ruanda, e ha colpito milioni e milioni di donne».
Eppure il territorio delle guerre con più vittime femminili è perimetrato tra le mura domestiche. E’ così?
«Sì, è così. L’80 per cento degli episodi di violenza si verificano in famiglia. E’ come se tra riflessi maschili fosse inestirpabile una tradizione primitiva, anche iconografica: l’uomo delle caverne che prende la donna per i capelli e la trascina, quasi che questo fosse giusto e naturale. Nella sedute di mediazione familiare, lui sembra non rendersi conto della gravità di quello che fa. Dice che male c’è, lo ha fatto mio padre con mia padre, mio nonno con mia nonna, perché non dovrei farlo io?».
E ”lei” come reagisce?
«E’ un gioco delle parti al quale, alla fine, stanno tutti e due. Lei quasi mai denuncia, nasconde i lividi e le ferite all’anima, perché ritiene che quello sia il suo destino. E’ come se ignorasse il fatto di subire un torto e un reato. Persino nei casi di violenza sessuale. Una donna su cinque, nella sua vita, ha subito uno stupro o un tentato stupro. Ma la percentuale di quelle che denunciano è davvero irrilevante. E’ l’unico reato in cui si colpevolizza la vittima».
E l’età della vittime? Si sta abbassando?
«Purtroppo sì. Internet ha divulgato in maniera incontrollabile la pedofilia e la pedopornografia. E spesso questo tipo di attività fa capo alla tratta di vite umane. E’ un fenomeno che riguarda da mezzo milione a due miliardi di persone, e l’80 per cento sono donne e bambini. Un traffico nel quale oramai si sono specializzate le grandi organizzazioni criminali».
E qual è il progetto Unric? Che cosa si può fare per reagire?
«Il problema è: come segnalare la gravità del fenomeno senza traumatizzare? La soluzione è: informare senza spaventare, usando il talento della creatività. Nelle nostre campagne, stiamo impegnando ogni possibile gruppo di creativi, professionali e non, attraverso l’uso della musica, del disegno, degli slogans a effetto, dei cartelloni pubblicitari. Usiamo come testimonial superstar, personaggi famosi, carismatici, persuasivi. Tutti devono impegnarsi contro questo flagello. Tutti devono sapere che siamo davanti ad un fenomeno che non ha zone franche. Che in qualunque momento potrebbe colpire i nostri figli».
RIPRODUZIONE RISERVATA
Marco(Quota) (Replica)
http://www.latina24ore.it/latina/17381/ragazza-accoltella-il-convivente-al-culmine-di-una-lite-e-grave
Un ragazzo di 23 anni, Luca Toppetta (nella foto), è stato accoltellato nella notte in un’abitazione di Pontinia, a Latina. Secondo la ricostruzione, al culmine di una violenta lite, la sua convivente, Marzia De Barberi, 22 anni, ha impugnato un coltello da cucina e ha sferrato un colpo al petto del ragazzo.
A quanto emerso lui era geloso perché la ragazza usava spesso il social network Facebook. Ieri sera l’ultima discussione, dopo una festa, quando il ragazzo, dopo essere tornato a casa, si è collegato a Facebook e lei lo ha accusato di rimproverarla per poi fare la stessa cosa. Durante la discussione lui l’avrebbe colpita con uno schiaffo e lei avrebbe perso il controllo sferrando una coltellata. Poi, rendendosi conto della gravità delle condizioni del fidanzato, ha chiamato il 118.
L’allarme al 118 è arrivato intorno alle 4. Il giovane è stato portato all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, con un’emorragia cardiaca e in condizioni gravissime. Una coltellata lo ha raggiunto dritto al petto, perforando anche il polmone. Al ragazzo è stato subito applicato un drenaggio prima del trasferimento all’ospedale San Camillo di Roma, dove è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. La prognosi è ancora riservata.
Sotto interrogatorio, nella caserma dei carabinieri, la ragazza Marzia De Barberi (nella foto tratta da Facebook). Nel corso dell’interrogatorio la ventiduenne avrebbe ammesso l’aggressione nei confronti del ragazzo con cui da qualche mese conviveva. La giovane, barista di professione, sarà portata in carcere a Roma. I due abitavano in una villetta di nuova costruzione in via Petrarca, all’ingresso di Pontinia.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_09/neonato_asciugatrice_stati_uniti_669f9276-de60-11dd-a05b-00144f02aabc.shtml
È successo a Gretna, un sobborgo di New Orleans, in Louisiana
Babysitter a processo: ha messo
il neonato nell’asciugatrice per zittirlo
Lo avrebbe fatto per non essere disturbata mentre guardava la televisione. Il piccolo è deceduto
WASHINGTON – Una babysitter di 19 anni è stata rinviata a giudizio per omicidio colposo dopo aver infilato un neonato di 5 mesi nell’asciugatrice di casa. E dopo l’ha accesa. Secondo quanto riferito in udienza dal pubblico ministero, il neonato è morto dopo aver riportato fratture multiple al cranio e numerose ustioni alla pelle.
PER TRE MINUTI – È successo a Gretna, un sobborgo di New Orleans, in Louisiana. La ragazza, che stava assistendo in casa altri due bambini, secondo quanto detto dal pm ha prima chiuso i due bambini più grandi in una stanza, quindi ha infilato il piccolo, che piangeva, nell’asciugatrice e l’ha messa in funzione. Il bambino sarebbe rimasto dentro all’elettrodomestico per circa tre minuti. La babysitter lo avrebbe fatto per non essere disturbata mentre guardava la televisione.
09 gennaio 2009
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.ilgiornale.it/interni/nel_2010_infanticidio_ogni_20_giorni_tragico_bilancio_italiano/29-01-2011/articolo-id=502497-page=0-comments=1
Nel 2010 un infanticidio ogni 20 giorni, tragico bilancio italiano
di Andrea Acquarone
Quasi undici anni dall’orrore di Cogne. L’incubo del mostro piombato da chissà dove, poi le incongruenze fino a materializzare i sospetti più atroci e incoffessabili. Annamaria Franzoni, la madre del piccolo Sammy sul banco degli imputati. Condannata. Primo, secondo e terzo grado.
L’Italia della «mamme per sempre», dei pupi coccolati e viziati sino a diventare quelli che Brunetta chiama «bamboccioni», sembra all’improvviso dissolversi in un turbine di violenza. Ce lo racconta l’Eurispes, dati alla mano. Cifre che spaventano e che ci parlano di un mondo diverso capovolto da un magma di malessere strisciante e silenzioso.
Nel 2010 è stato compiuto un infanticidio ogni 20 giorni. Un anno prima la cadenza era di uno ogni 33 giorni e, nel 2008, uno ogni 91. Impressionante anche il numero dei figlicidi, gli omicidi commessi da padri e madri: 39 nel biennio 2009-2010.
Gli specialisti utilizzano più o meno la stessa formula per provare a spiegare il perché delle donne assassine: crisi post partum.
Ma si può dire lo stesso per la fine Alessandro, il bimbo di otto mesi ucciso la notte del 15 marzo scorso in un lussuoso residence di Nervi? La mamma cocainomane, il suo fidanzato per la notte pure. La Corte d’Assise di Genova ha condannato lui, Giovanni Rasero giovane e aitante broker genovese, a 26 anni. Per Katerina Mathas, la madre, un po’ modella un po’ hostess, ma di certo ragazza allo sbando, il «giudizio» è sospeso. Prima scagionata, poi rimessa in discussione adesso rischia il processo.
E cosa dire della piccina di dieci mesi di San Felice Circeo arrivata con la testa fracassata in ospedale appena qualche giorno fa? Per ora sono indagati il padre separato e il nuovo compagno della donna.
Dura provare a spiegare tanta violenza, da parte delle mamme, con la solita favola del dopo parto.
«Questo tipo di depressione- spiegano medici e psicologi- partum è un disturbo di tipo depressivo, non psicotico che ha inizio ed evolve in maniera conclamata tra le otto e le dodici settimane dal parto. I sintomi definiscono un quadro molto simile a quello di un disturbo depressivo. Una caratteristica è la sua variabilità. I primi segnali possono essere fraintesi e venire scambiati per un normale stato di disagio legato alla stanchezza per il parto, per l’allattamento e per la riorganizzazione del proprio stile di vita».
Il rapporto dell’Eurispes calcola anche i costi economici da sostenere per la cura di una donna colpita da depressione post partum, disturbo che sembra incidere sul 10-20% della popolazione femminile. La forbice è decisamente larga e a questo punto forse non basta a spiegare cosa davvero stia accadendo. Così ecco le altre motivazioni che scatenano la follia omicida: la disperazione all’impossibilità di curare una malattia grave di un figlio o problemi legati all’affidamento nei casi di separazione.
Ma una cosa è certa. Incrociando i dati relativi alle risorse economiche necessarie per affrontare una terapia farmacologica e una psicoterapia, l’istituto di ricerche ha calcolato che un percorso di cura per ogni donna costa 3.392 euro.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.ilgiornale.it/esteri/crudelia_demon_sposa_quasi_sempre_dittatore_e_diventa_peggio_lui/storia-attualit-mogli-dittatori-videla-milosevic-miriana/22-01-2010/articolo-id=415904-page=0-comments=1
É sempre nella lista dei most wanted anche se il suo uomo non c’è più. Ricercata per terrorismo insieme alla figlia Raghd. La sua colpa è aver sposato Saddam Hussein, il resto è solo una conseguenza. Sajida Khairallah Tulfah vive in Qatar, Paese che le ha garantito l’asilo e che non intende estradarla, come richiesto da sempre dal governo iracheno. Non c’è ricompensa per chi la cattura, semmai è lei a dover fare i conti con i propri ricordi. Sajida è la prima delle tre mogli dell’ex raìs, la mamma di Udai e Qusay, cugina del marito, parte dello stesso clan: il matrimonio, tanti anni fa, l’avevano combinato loro. Accanto al marito si è vista poco e malvolentieri, anche perché Saddam le aveva preferito da tempo Samira Fadel Shahbandar, bellissima, ricca, aristocratica, poi fuggita dalle parti di Beirut. Sajida non ha più una famiglia, si è rassegnata alla solitudine, e il buio della notte non le porta di certo la pace. È il destino delle spose del diavolo.
Dietro i tiranni ci sono loro, l’altra metà dell’inferno. A volte si fondono nella figura del marito, altre volte ne sono l’anima nera, difficile spesso distinguere la vittima dal carnefice. Sono donne capricciose, assetate di ricchezza, complici affascinate del potere. Ma anche prigioniere di compagni senza pietà.
Imelda Marcos il marito l’ha perso per sempre, ma al contrario di Sajida non è stata ripudiata dalla sua gente, che pure ha tormentato. Frivola, megalomane e crudele, per tutta la vita è stata perseguitata dalla bulimia, dall’insonnia e dalla paura di invecchiare. Per combattere le rughe si era fatta installare un generatore di ioni che purificava l’aria del palazzo presidenziale. Un palazzo che lei volle su misura per le sue cosucce: 54 stanze comprese di cappella, discoteca, gallerie di marmo, biblioteche di libri antichi, sedie di giada e quadri di Picasso: «Dicono che sono stravagante perché voglio essere circondata da belle cose. Perché, a voi piace vivere nell’immondizia?». Era bellissima. Un metro e settandue di incantevole nulla. Uscì da un’infanzia di miseria convinta che nulla le fosse impossibile. Fece suoi tutti i concorsi di bellezza prima di far suo Ferdinando: bastarono undici giorni di corteggiamento. Quando fuggì dal Paese in rivolta aveva 32 valigie imbottite di 10 milioni di dollari e altrettanti nascosti in conti esteri cifrati.
Non riuscì a portare via il resto: 182 Mercedes, 42 aerei, 15 barche e uno yacht di 85 metri. La chiamavano Farfalla d’acciaio o Rosa carnivora, dal marito accettò di tutto, anche quattro figli avuti da un’altra, indifferente alle torture e agli omicidi del regime.Oggi quasi 81enne, colleziona ancora scarpe, ne ha più di tremila paia, ed è tornata a vivere a Manila. Crede di essere quello che ha. Dice: «Sono stata la madre di questo Paese e voglio continuare ad esserlo».
Lucia Hiriart invece ancora adesso è un’ombra che fa male. Il suo scomparso marito Augusto Pinochet ha eliminato più di tremila avversari politici. Ma di lei aveva una paura atroce, era l’unica legge a cui obbediva. Lo comandava anche nella dieta. Se lui in aereo chiedeva del vino, lei richiamava la hostess: «Guai a te. Portagli solo un po’ d’acqua… ». Avida e ambiziosa, fu lei a istigarlo al golpe usando i figli come alibi. Non ha mai avuto paura di compromettersi: «Anzi, fossi io al governo sarei molto più dura di mio marito». Le torture e gli omicidi non la commuovono. Gli oppositori? «Cani rabbiosi pronti a mordere la mano del padrone». Pinochet si vendicava solo a letto: annotava sull’agenda i minuti che era disposto a dedicare al sesso ogni settimana. E poi li cancellava con un altro impegno. Maniaca dello shopping,si faceva aprire i negozi esenti da tasse per saccheggiarli. Ma il carcere alla fine lo ha assaggiato anche lei per evasione fiscale: fra il 1984 e il 2004 i Pinochet hanno evaso il fisco per più di 17 milioni di dollari. L’ultima stazione di chi arriva alla fine della corsa. Una difficile da immaginare bambina è anche la moglie del caudillo argentino Jorge Videla, Alicia Hartridge, crudele, ma senza darlo troppo a vedere, cattolica devota, ma così lontana dal dolore e dalla pietà da abbandonare il figlio oligofrenico a un’anonima morte in ospedale.
L’esatto opposto di Susana Higouchi, che del marito Alberto Fujimori è stata vittima e giustiziera (nella foto). Si è ripresa la sua metà di cielo e gliel’ha fatta pagare salata. Pensare che, entrambi professori di liceo, entrambi di origini giapponesi, fu proprio lei, buttando sul piatto il suo notevole patrimonio di famiglia, a elevarlo alla presidenza del Perù. Diventò la sua peggior nemica quando lui volle di più: diventare dittatore. Lo denunciò come corrotto, si oppose a un divorzio capestro, si candidò come sua rivale. Lui la fece torturare: cinquecento sedute di scariche elettriche che la portarono quasi al coma. Lui spiegò le bruciature sul cuoio capelluto della moglie attribuendole a un trattamento per smettere di fumare. E promulgò una legge per impedirle di candidarsi alle elezioni. Ma lei era abbastanza forte e abbastanza cinica per sopravvivere. Susana ha conquistato un seggio in Parlamento, lui è in esilio in Giappone.
Condannata dalla storia a restare sola è anche Miriana Markovic, che leggenda vuole fosse la figlia segreta di Tito. Era così legata al marito, Slobodan Milosevic, che nel carcere del Tribunale penale dell’Aja era vietato lasciarli soli. Temevano un doppio suicidio. Lui del resto l’adorava, sempre mano nella mano e occhi negli occhi. Lei sempre pallida, sempre vestita di nero, sembrava sempre ma non era mai. Fragile, timida, dal pianto facile, ossessionata dalla pettinatura e dagli antidepressivi, in realtà è stata il braccio armato di Slobo. Lui non la portava mai nei suoi viaggi ufficiali, ma non viveva senza i suoi consigli. Durante i negoziati di Daytona le telefonò per chiederle cosa fare con Clinton e i due rappresentanti bosniaco e croato. Un profilo della Cia spiegò che Milosevic l’aveva rivestita del ruolo della madre, suicidatasi quando lui era un ragazzo. In Serbia c’è sempre un ordine di arresto che pende sulla sua testa, e che le ha impedito persino di lasciare la Russia, dove vive in esilio, per i funerali del suo adorato Slobo. È seppellito lontano da lei. E per Mira non c’è peggior tortura. Il destino che non ha avuto Elena Petrescu, moglie di Ceausescu. Anche lei aveva le sue ossessioni: soffriva per non aver studiato. Non aveva nemmeno finito le elementari, era appena capace di leggere e scrivere, ma una volta vice del marito si fece assegnare una laurea in chimica mai ottenuta, e nominare presidente del principale istituto di ricerca chimica del Paese. Costrinse scienziati di fama a cederle i risultati delle loro ricerche per potersene vantare nelle assisi scientifiche internazionali. Cercava riconoscimenti accademici, lauree honoris causa. E proibì ai giornali di pubblicare fotografie del marito senza di lei al suo fianco. Anche l’ultima immagine li ritrae insieme, cadaveri, dopo l’esecuzione. Nessuno porta fiori sulla sua tomba.
Andrea(Quota) (Replica)
http://www.zeroviolenzadonne.it/mostrapp.php?id=12351
VIOLENZA, SAVE THE CHILDREN LANCIA L’ALLARME (Lab Il Socialista)
l 14,3% delle donne ha dichiarato di aver subito la violenza dal proprio partner e, tra le donne che hanno subito violenze ripetute dal proprio compagno, sono state 690 mila quelle che avevano figli al momento della violenza. Il 62,4% di queste hanno dichiarato che i figli sono stati testimoni di uno o più episodi di violenza. […] Secondo Rafaela Milano “un aspetto molto delicato e critico relativo alle madri è che talvolta negano che i figli possano subire conseguenze dall’assistere alla violenza e tendono a difendere i partner sostenendo che con i figli non sono violenti. Così facendo si rende più difficile l’emersione della sofferenza e del disagio del minore e la possibilità di curarlo e aiutarlo. In realtà – ha concluso – un bambino percepisce anche i segnali meno visibili della violenza, anche il rumore di un piatto rotto, delle urla soffocate, o i silenzi terribili che seguono a una lite”.
» Leggi tutto: VIOLENZA, SAVE THE CHILDREN LANCIA L’ALLARME
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.ilgiornale.it/interni/stupro_piazza_spagna_la_ragazza_ha_inventato_tutto/stupro-roma-violenza-confessione-spagna-profilassi/05-03-2011/articolo-id=509947-page=0-comments=1#1
Stupro a piazza di Spagna, la ragazza inventa tutto
di Redazione
La giovane spagnola avrebbe inventato tutto per sottoporsi a una profilassi sanitaria dopo un rapporto occasionale non protetto. Inoltre, avrebbe fatto un gioco erotico, d’accordo con il fidanzato, procacciando uomini per strada
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Roma – Da vittima di uno stupro a indagata per simulazione di reato. “Ho inventato tutto”, avrebbe confessato in questura la ragazza spagnola che il 19 febbraio aveva denunciato di essere stata violentata da due uomini vicino piazza di Spagna. Dunque nessuna violenza. In seguito a un nuovo interrogatorio avvenuto ieri e motivato dalle “numerose incongruenze” del suo racconto, la questura di Roma ha accertato che la ragazza avrebbe agito per giustificare la richiesta di alcuni esami medici in seguito a un rapporto occasionale. “A fronte delle contestazioni che le sono state mosse – spiega una nota della questura di Roma – la giovane 23enne ha dichiarato di non aver subito alcuna violenza sessuale e di aver presentato la falsa denuncia al solo scopo di poter sottoporsi ad un’adeguata profilassi sanitaria a seguito di un occasionale rapporto sessuale non protetto”.
Gioco erotico Si è trattato solo di un gioco erotico che ha portato poi la ragazza di 23 anni spagnola a denunciare un finto stupro. La sera del 19 febbraio scorso la giovane, che si trova in Italia nell’ambito di un progetto universitario Erasmus, avrebbe fatto un gioco erotico comportandosi come la storia di Donna Marta nel musical “Rugantino”. Fingendosi popolana o comunque “una donna di facili costumi” per rendere più eccitante la serata, accompagnata con il suo fidanzato, ha procacciato uomini per strada. La ragazza però ha poi raccontato che è avvenuto un incidente. Nel corso del rapporto sessuale con questo sconosciuto si è rotto il preservativo e per questo ha deciso di andare in ospedale per poter avere la profilassi sanitaria prevista per questi casi. La versione della violenza era stata concordata insieme al suo fidanzato, uno spagnolo di 40 anni.
La giustificazione “Se non avessi detto in ospedale della violenza pensavo che non mi avrebbero assistito adeguatamente. Forse non mi avrebbero dato le terapie giuste”, ha spiegato la spagnola, che poi ha aggiunto: “Non avrei mai pensato che riferendo in ospedale della violenza sarei poi finita negli uffici della squadra mobile”
Incongruenze Le indagini della squadra mobile diretta da Vittorio Rizzi, hanno però fatto emergere una serie di contraddizioni alla denuncia che al giovane aveva fatto in un primo momento. Secondo il suo racconto infatti al momento dello stupro si trovava nei pressi di piazza di Spagna per scattare alcune fotografie con la propria macchinetta fotografica. E lo stupro sarebbe avvenuto poi sulla salita di San Sebastianello. Il violentatore, sempre secondo la sua denuncia, aveva una usato un preservativo che si era rotto nel corso dello stupro. Gli agenti però hanno accertato che la giovane non era mai andata nel centro storico infatti secondo le celle della telefonia mobile all’ora del presunto stupro lei si trovava nel quartiere San Giovanni proprio dove abita. Nella macchinetta fotografica non sono state trovate fotografie la sera del presunto stupro. E inoltre sono emerse una serie di amicizie che la 23enne frequentava e giudicate poco “compatibili” con il suo giro universitario. Ieri sera la ragazza in lacrime ha confessato di essersi inventata tutto. Ora è stata denunciata per simulazione di reato e rischia una condanna che va da 1 ai 3 anni di reclusione.
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Dunque nessuna violenza. In seguito a un nuovo interrogatorio avvenuto ieri e motivato dalle “numerose incongruenze” del suo racconto, la questura di Roma ha accertato che la ragazza avrebbe agito per giustificare la richiesta di alcuni esami medici in seguito a un rapporto occasionale
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Fingendosi popolana o comunque “una donna di facili costumi” per rendere più eccitante la serata, accompagnata con il suo fidanzato, ha procacciato uomini per strada. La ragazza però ha poi raccontato che è avvenuto un incidente. Nel corso del rapporto sessuale con questo sconosciuto si è rotto il preservativo e per questo ha deciso di andare in ospedale per poter avere la profilassi sanitaria prevista per questi casi.
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Il violentatore, sempre secondo la sua denuncia, aveva una usato un preservativo che si era rotto nel corso dello stupro.
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Come ho già avuto modo di scrivere altrove, immaginate di essere in una situazione simile, ed ipotizzate che in tale circostanza la tizia in questione vi urli in faccia che ha l’AIDS.
Orbene, con una mano la tenete ferma, con l’altra tirate fuori un preservativo dal portafoglio o da una tasca dei pantaloni (il preservativo, ossia l’ultimo dei pensieri di un clandestino, che già è tanto se riesce a mangiare quotidianamente) e poi ve lo infilate sul kaiser, sempre con un mano, perché l’altra è impegnata a tener ferma la ragazza; dopo di che penetrate la vittima…
Ora, tralasciando il “piccolo particolare” relativo al fatto che in certe circostanze solo una mente deviata potrebbe e può farselo venir duro (ad un uomo “normale” non tirerebbe mai), mi chiedo: ma cos’è una barzelletta? Oppure un film? Magari un racconto di fantascienza…?
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.centriantiviolenza.it/the_truth_archives/pallottola-argento/
La pallottola d’argento
Pubblicato il 30 settembre 2010 da Anna
«Le collaboratrici e le avvocate dei centri anti-violenza per donne chiamano “pallottola d’argento” la falsa accusa di abusi: funziona e colpisce sempre». Queste le parole in un articolo americano dedicato al problema.
Una PM italiana dice: «ho visto madri che si inventavano abusi sessuali subiti dalla figlia per interrompere le visite del padre». Queste le parole di Simonetta Matone, che è stata PM presso il tribunale dei minori di Roma per 17 anni ed oggi è capo di gabinetto del Ministro per le Pari Opportunità, come riportate su Panorama (del 30 settembre 2010) in un articolo che racconta storie di bambini privati dell’affetto dei loro papà. Una in particolare fa accapponare la pelle:
Mi sono sposato nel marzo 1996 e N è nata il 22 dicembre 1997. Dopo 1 anno e mezzo, mia moglie presenta un’istanza di separazione sostenendo che sono un padre «assente». È la prima bugia. Ci separiamo e il giudice affida la bambina alla madre, dando a me la facoltà di vederla due pomeriggi a settimana. Dopo le prime due visite, scatta contro di me una prima denuncia per lesioni e maltrattamenti nei suoi confronti. Posso vedere N solo in presenza dei servizi sociali in una tetra stanza del consultorio. Vengo assolto in appello e nella motivazione c’è scritto che la mia ex moglie ha mentito. Ma poco dopo mi denuncia per abusi sessuali nei confronti della bambina. Le visite si ribloccano e la bambina racconta alla neuropsichiatra che la mamma le ha suggerito di raccontare che io e la mia compagna la toccavamo con una Viagra cheap penna nelle parti intime. Viene provato che è tutto falso. Nuovo proscioglimento. Terza denuncia: archiviata. Come la quarta e la quinta. Un calvario. Io l’ho citata per danni e per calunnia, per mancata esecuzione del provvedimento del giudice (non mi faceva vedere la bambina). Ho fatto scioperi della fame, ho manifestato davanti al tribunale, ho ottenuto articoli sui giornali. Alla mia ex moglie non hanno mai fatto niente. Per fortuna N ha capito che le voglio bene e oggi il mio obiettivo sono i suoi 18 anni: so che allora saprà scegliere liberamente.
Una bambina di 13 anni oggi lasciata con quella donna?
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.centriantiviolenza.it/the_truth_archives/copertura-per-odiare-gli-uomini/
Centri anti-violenza: copertura per odiare gli uomini
Pubblicato il 16 agosto 2010 da SilvioA
«Il movimento femminista ovunque ha distorto il problema della violenza domestica per i propri fini politici e per riempirsi i portafogli. […] Osservai le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi».
«Sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi».
Lo scrive Erin Pizzey, la donna che ha fondato il primo centro anti-violenza e che ha scritto il primo libro sulla violenza domestica. In questo articolo, estratto e tradotto dal Daily Mail (http://www.dailymail.co.uk/news/article-430702/How-feminists-tried-destroy-family.html), ci racconta come è andata.
“Nel 1970 ero una giovane casalinga con un marito, due bambini, due cani ed un gatto. Vedevo poco mio marito che lavorava tanto, mi sentivo sola ed isolata e cercai qualcosa di diverso dal solito cucinare e pulire.
In quegli anni, sui giornali si iniziava a parlare del movimento femminista, che chiedeva eguaglianza e diritti. Fra i loro slogan, leggevo le parole “solidarietà” e “sostegno”. Credevo con tutto il cuore che le donne non dovessero essere isolate le une dalle altre, e che assieme potessimo migliorare la società.
In pochi giorni, contattai la sede locale, e stavo per unirmi al movimento femminista. Mi fecero pagare 3 sterline e 10 scellini, e mi dissero che dovevamo chiamarci “sorelle” e che i nostri incontri si sarebbero chiamati “collettivi”.
Il mio amore per questo movimento durò solo pochi mesi. Ai “collettivi”, sentivo donne che strillavano il loro odio contro la famiglia. Dicevano che non era un posto sicuro per crescere i bambini. Ero disgustata dalla loro virulenza e dalle loro violenza. Provai a parlare con le cape dell’organizzazione.
Mi buttarono fuori. Il mio crimine fu che avvisai alcune delle “sorelle” che avrei chiamato la polizia se avessero portato a termine il progetto di far esplodere una bomba in un negozio di vestiti. Fecero esplodere la bomba convinte che il negozio fosse un’impresa capitalistica che sessualizzava i corpi delle donne. Decisi che perdevo il mio tempo a cercare di convincere quello che, secondo me, era un movimento Marxista/femminista che voleva soldi da donne come me.
* * *
Un gruppo di donne la pensavano come me, uscimmo dal movimento femminista, ed organizzammo una piccola casa, che chiamammo Aiuto Donna. Presto tante donne vennero a chiederci aiuto. Potevamo incontrarci, portando i bambini. I miei giorni solitari erano finiti.
Accadde qualcosa che mi fece capire che potevamo fare qualcosa di più. Un giorno, una donna venne da noi, ed era ferita. Suo marito le aveva fatto del male con una seggiola, e mi guardava dicendomi “nessuno mi aiuta”. Per un momento, mi rividi quando avevo sei anni, avevo delle ferite e dicevo “mia mamma mi ha picchiato” alla maestra. Mi rispose “giusto così, sei una bambina turbolenta”. Nessuno mi aiutava, nessuno credeva che mia mamma, bella e ricca e sposata con un console, potesse essere violenta.
Scoprii che nessuno aiutava le donne ed i bambini picchiati in casa. Se accadeva per strada, era un crimine. Ma dentro casa era una questione familiare, e la polizia non poteva intervenire. Nessuno parlava di questo problema. Cercai di capire, ma non c’era niente da leggere, trovai solo alcuni casi di bambini picchiati su riviste di medicina.
Quindi, nel 1974, decisi di scrivere “Piangi Piano o i Vicini ti Sentiranno”, il primo libro al mondo sulla violenza domestica. Nel nostro rifugio arrivarono tante donne e bambini vittime di violenza, ne ospitammo fino a 56 in sole 4 stanze. Tutte raccontavano storie terribili, ma capii subito che non tutte le donne erano innocenti. Alcune erano violente come i loro uomini, e violente con i loro figli.
Le assistenti sociali mi dissero che perdevo tempo, perché quelle donne sarebbero finite per tornate dai loro partners. Ero determinata ad interrompere questa violenza. Quando i giornali iniziarono a parlare della nostra casa, la minaccia venne da una direzione inattesa.
Le femministe stavano perdendo il favore del pubblico, perché donne di buon senso avevano smontato la loro agenda anti-uomo e anti-famiglia. Avevano bisogno di una causa e di soldi.
* * *
Le donne del nostro rifugio organizzarono un incontro per aprire nuovi rifugi. Rimanemmo stupefatte quando a questo incontro arrivarono le lesbiche e le femministe radicali. Iniziarono a votare per loro stesse in questo nuovo movimento. Dopo un dibattito acceso, io e le donne abusate ce ne andammo. Quello che avevo più temuto accadde.
In pochi mesi, le femministe distorsero il tema della violenza domestica, non solo in Inghilterra, ma internazionalmente.
Presero i soldi che ricevevamo dallo Stato, ed ebbero una scusa legittima per odiare tutti gli uomini. Inventarono slogan fasulli “tutte le donne sono vittime innocenti della violenza maschile”. Viagra buy Aprirono tanti rifugi, ed impedirono agli uomini di lavorarci, cacciandoli anche dagli organi di controllo governativi.
Il nostro piccolo gruppo fece il possibile, nel 1972 avevamo assunto un uomo buono e gentile (nella foto), perché pensavamo che i bambini avessero bisogno di una figura maschile. Avevamo sviluppato un trattamento per aiutare le donne violente a riconoscere il loro problema.
Invece i rifugi femministi seguivano l’ideologia che solo gli uomini erano violenti. Lentamente, fecero il lavaggio del cervello alla polizia, nascondendo gli studi che mostravano che anche gli uomini erano vittime. Nonostante gli attacchi di giornaliste femministe e minacce anonime, continuai a dire che la violenza è un comportamento che tutti, uomini e donne, possono assorbire da piccoli.
Quando pubblicai il libro “Inclini alla Violenza” sul mio lavoro con le donne inclini alla violenza ed i loro bambini, entrai nel mirino di centinaia di femministe, che manifestavano urlando “Tutti gli uomini sono bastardi”, “Tutti gli uomini sono stupratori”. Per via delle loro minacce violente, la polizia dovette scortarmi.
La situazione sociale peggiorava. Alcune femministe scrissero che “la presenza dei padri nelle famiglie non è necessariamente fonte di coesione ed armonia”. Insinuarono che gli uomini andavano allontanati dai bambini. Provai a mostrare i dati alla ministra delle Pari Opportunità, ma insistette che gli uomini picchiati erano un fenomeno marginale e continuò a chiamare gli uomini “aggressori”. Per circa 40 anni, questa ideologia malvagia ha permeato la nostra società, tanto che oggi gli insegnanti hanno paura di toccare i bambini. Gli uomini possono essere accusati di violenza ed abusi sessuali senza prove. I giudici discriminano i padri e li allontanano dai figli sulla base della sola parola di una madre viziosa.
Naturalmente, ci sono anche uomini cattivi. Ma attaccando tutti gli uomini abbiamo allontanato quelli che vorrebbero lavorare con le donne per il bene comune.
Credo che l’ideologia femminista abbia seguito una Utopia che doveva passare attraverso la distruzione della famiglia. Secondo il loro credo, la famiglia deve comprendere solo donne e bambini. Si possono buttare via i padri. E per ottenere questo, hanno imbrogliato sulla violenza domestica.
Che, per mia esperienza, non ha genere. Gli adulti violenti sono quelle che da piccoli hanno subito violenza, bambine o bambini.
Guardo indietro con tristezza alla mia visione, di rifugi dove le persone, uomini donne e bambini, possano trovare aiuto se hanno subito violenza. E se sono violenti loro stessi, li si possa aiutare ad avere una seconda opportunità di vivere in pace. Questa visione è stata distorta da donne vendicative, che hanno trasformato i rifugi in ghetti femministi, e li hanno usati per perseguitare gli uomini.
È venuto il momento di chiudere con questa ideologia dell’odio, e permettere agli uomini di collaborare a veri rifugi. Abbiamo bisogno di un movimento di tutti, che offra aiuto a chiunque ne abbia bisogno. Per quanto mi riguarda, continuerò sempre a lavorare con chiunque voglia il mio aiuto o possa aiutare gli altri. Inclusi gli uomini.”
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.youtube.com/watch?v=MTEiEN9QlDw&feature=share
Rita(Quota) (Replica)
http://www.ultimenotizie.we-news.com/cronaca/estera/4135-germania-bimbi-a-rischio-sempre-piu-donne-neo-nazi
“La ragazza nazista di oggi diventerà la donna nazista di domani”.
E’ quanto ha affermato Astrid Rothe-Beinlich, esponente del partito dei Verdi tedesco ed esperta di questioni legate al mondo neo nazista nel suo paese, in una intervista ad un quotidiano inglese.
Secondo quanto riportato nell’articolo, esisterebbe un allarme in Germania che riguarda, appunto, il mondo legato alla cultura neo nazista che vive un periodo di maggiore interesse, specie tra i giovani, e, di conseguenza, di un accresciuto consenso.
Il dato che colpisce però il giornalista inglese è riferito all’adesione sempre più alta ai gruppi neo nazisti tedeschi delle ragazze: un nuovo “frauen power”.
In particolare si citano dati, a dir poco allarmanti, che vedono delle alte percentuali di donne all’interno di gruppi e partiti di estrema destra.
Si fà riferimento, dai dati accreditati dal Governo, all’esempio del partito dell’ultra destra tedesca, NPD, che al suo interno ha una partecipazione attiva di donne iscritte con una percentuale pari al 23% dei membri e, in generale, un totale del 33% di presenze, sempre femminili, nei vari clubs nazisti.
Proprio questo “frauen power” sarebbe alla base delle preoccupazioni della Beinlich, che evidenzia come sia altamente possibile che queste donne possano utilizzare la loro “influenza per avvelenare le menti dei loro figli”.
E proprio questa influenza esercitata sui figli da parte delle madri naziste le mette in una condizione di utilizzo strumentale che ne fanno i gruppi neonazisti affinche si compia un vero e proprio “lavaggio del cervello per i bambini”.
Tutto ciò, naturalmente, mette in allarme chi combatte sia culturalmente che politicamente questi gruppi e proprio gli stessi oppositori avvertono che le donne neo naziste, in realtà, sono “pericolose quanto gli uomini perchè nascondono il loro razzismo dietro il make-up, la maternità e la moda”.
Sempre la Beinlich dichiara che “si stanno prendendo di mira gli asili per trasmettere odio” e ciò che più rileva è la questione culturale che ne deriverebbe.
Astrid Rothe Beinlich ha poi concluso affermando che “essi si stanno stabilizzando sulla scena” e “la ragazza nazista di oggi diventerà la donna nazista di domani”.
Le preoccupazioni, quindi, sono molto forti e portano l’esponente del partito dei Verdi tedesco ad affrontare in ogni occasione i vari gruppi che si propongono anche solo con delle manifestazioni, di qualunque genere esse siano.
La Beinlich, tra l’altro, si è fatta portavoce di un appello contro un festival nazista di musica “rock per la Germania” che voleva “commemorare” le vittime del muro di Berlino cadute sotto i colpi della polizia della Germania dell’Est e la rivolta degli operai del 1953, celebrazione che aveva, in realtà, l’unico scopo di “travisare” e sfruttare fatti storici in favore della causa nazista; nell’appello, inoltre, si inivitavano tutte le forze politiche a dissociarsi non solo nei confronti del festival ma anche riguardo all’alterazione storica che quei gruppi continuamente attuano col solo fine di diffondere, nella maniera più ampia possibile, una pericolosa cultura fatta di inaccettabili idee disumane.
Sandro2(Quota) (Replica)
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/1011552/per-uccidere-marito-avvelena-vicina.shtml
..piu’ passano gli anni, più mi convinco che il celibato sia stata la scelta più consapevole che abbia mai fatto in vita mia..
Damien(Quota) (Replica)
Mentre secondo i media occidentali Gheddafi avrebbe dotato di Viagra le sue truppe per “fare dello stupro un’arma di guerra” (teoria del “pisello/coltello” già elaborata da Dacia Maraini & Socie sempre in attesa di diventare donne adulte, ora adottata dai maschi della NATO e dell’ ONU), Amina, “la blogger Siriana”, “Ha catalizzato su di sé l’attenzione per quattro mesi raccontando le ragioni della protesta in Siria, poi l’ha tenuto col fiato sospeso in seguito alla notizia del suo arresto. Per il Mondo lei era Amina Araf , una giovane blogger siriana, una omosessuale dalla pelle olivastra e i grandi occhi neri. Nella realtà Amina è uno yankee, un quarantenne forse troppo annoiato della Georgia che, in vacanza con la moglie in Turchia, ha finto di essere la coraggiosa dissidente. E’ lui stesso a rivelarlo, con un ultimo post intitolato “Scuse ai lettori” e firmato con la sua vera identità. Sì, Tom MacMaster, da Istanbul, Turchia, 12 giugno 2011″
(.http://www.libero-news.it/news/760158/Amina__la_blogger_non_esiste__è_un_americano_in_vacanza_.html.)
Il femmidominismo è ormai l’ideologia di guerra del XXI secolo. E come sempre ogni guerra esterna poggia la sua legittimazione su simboli elaborati nella guerra interna di cui non è che la prosecuzione e il rafforzamento. Si criminalizzano i maschi stranieri con le medesime categorie criminali con cui si sono criminalizzati quelli di casa. Si creano femmine eroine all’esterno sulla base degli stereotipi costruiti all’interno. Il tutto nell’ambito di una guerra totale tra dominatori e dominati per la quale si cerca a qualunque costo uno straccio di ideologia che la giustifichi (il femmidominismo appunto).
Ogni sovversione del vero è lecita, ogni sovversione del dato creaturale è lecita. L’allenza con il Male assoluto è contemplata come alleanza possibile.
Ci stiano attente le femmidoministe e i maschipentiti a non rispondere alla chiamata alle armi per questi progetti: è già accaduto.
cesare(Quota) (Replica)
“Il femmidominismo è ormai l’ideologia di guerra del XXI secolo. E come sempre ogni guerra esterna poggia la sua legittimazione su simboli elaborati nella guerra interna di cui non è che la prosecuzione e il rafforzamento. Si criminalizzano i maschi stranieri con le medesime categorie criminali con cui si sono criminalizzati quelli di casa. Si creano femmine eroine all’esterno sulla base degli stereotipi costruiti all’interno. Il tutto nell’ambito di una guerra totale tra dominatori e dominati per la quale si cerca a qualunque costo uno straccio di ideologia che la giustifichi (il femmidominismo appunto)”. (Cesare)
Quoto al 100%.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Quto anch’io Cesare, naturalmente. Quanto alle donne naziste, niente di nuovo sotto il sole. Anche il nazismo hitleriano puntò molto sulle donne per estendere la sua influenza nella società dell’epoca. E non è un caso che i movimenti giovanili tedeschi nati a fine 800 e espansisi fino a Weimar, a cui partecipavano anche molte ragazze, erano movimenti di contestazione del vecchio mondo ammuffito, erano ecologisti e naturalisti entusiasti. Confluirono tutti nella hitlerjugend.
armando
armando(Quota) (Replica)
Ma quante ce ne sono di queste “eroine”?
“(ANSA) – ROMA, 14 GIU – (ANSA) – ROMA, 14 GIU – Anche Paula, e’ un uomo: l’autrice del sito lesbico ‘Lez Get Ral’, Paula Brookers, ha dovuto ammettere al Washington Post di chiamarsi, in realta’, Bill Graber. Un muratore di 58 anni avrebbe usato, per il suo profilo virtuale, il nome della moglie. La verita’ si scopre il giorno dopo l’eclatante rivelazione di Tom MacMaster, che ha ammesso di essere ‘Amina’, la ragazza lesbica siriana, che ha riempito il mondo delle sue contestazioni contro il regime.
(http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2011/06/14/visualizza_new.html_818216179.html)
cesare(Quota) (Replica)
127 Donne uccise perché l’uomo non accetta la fine di una relazione…
..questo l’altr’anno, 117 ad oggi, novembre 2011, insomma con lievi discordanze la cifra che leggiamo quotidianamente sui giornali e su cui bisogna fare atto di fede, è quella. Ci sono anche elenchi sui vari siti e blog che si preoccupano di aggiornare il triste conteggio
I più famosi sono il “bollettino di guerra” “ni una mas”, l’ormai famoso “femminismo a sud”, insomma i vari siti tra di loro collegati e, in qualche modo, pare, “accreditati” sul web e sui media per quanto riguarda la questione: dal blog di Marina Terragni, a quello della Zanardo, a quello dell 27° ora, a Indymedia, mi pare che quando si vuole scendere e documentare il “dettaglio” si faccia riferimento a questi
Ho dato una veloce scorsa alla lista e, .. insomma, anche qui, mi pare che “una donna ogni due giorni” o “una donna ogni tre giorni” uccisa dal compagno o ex compagno non corrisponda a matematica.
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2011/11/25/femminicidi-2011-non-una-di-piu/
sono 120 le donne qui elencate come morte in modo violento nel 2011, 116 episodi violenti, 4 di essi hanno riguardato un doppio omicidio (moglie/compagna e figlia, moglie/compagna e suocera etc., stranamente laddove l’omicidio ha riguardato anche un eventuale figlio maschio non viene conteggiato, tant’è .. conta per 1 soltanto se la vittima è una donna, d’altronde l’elenco è espressamente e dichiaratamente redatto in funzione della conta delle vittime donne e quindi …)
Le sorprese però vengono dagli autori (perlomeno stando al breve dettaglio del fatto). Su 120, 18 si riferiscono ai cosiddetti “casi non risolti”, autore ignoto oppure soltanto indagato.
25 hanno come autore di omicidio uomini che hanno un ruolo diverso dal marito/fidanzato o ex. Sconosciuti (si noti addirittura la donna investita da un’autoblindo dei carabinieri durante i disordini TAV e contata nell’elenco ) oppure figli, padri o fratelli, (movente ignoto, in alcuni è riportato un disturbo psichico,in altri nemmeno quello), c’è una donna uccisa per la restituzione di 20 euro (possiamo catalogarlo come omicidio per futili motivi, non certo perché l ‘”uomo non accetta la fine della relazione” ), oppure omicidi in cui è coinvolta la ‘ndrangheta
Degli altri 77, 12 si sono conclusi con il suicidio dell’autore del delitto.
Certo non è una statistica esaustiva e la classificazione è grossolana, ma proprio perché la/le cause (i moventi) non sono univoci, ma molto variegati. Fra i 77 casi in cui c’era una relazione coniugale o di convivenza ci sono anche casi di anziani (uno ha ucciso la moglie malata di Alzheimer ad esempio).
Rita(Quota) (Replica)
Grazie Rita.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
http://www.noidonne.org/articolo.php?ID=03633
Il potere dei maschi
Sempre la violenza
Il genere maschile conosce l’infamia di reati specifici e non sente il bisogno di indagarne pubblicamente le cause
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Giancarla Codrignani
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Sarebbe carino passare l’estate serenamente e immaginarci come in certi film inglesi, in campagna, con un cesto al braccio, a raccogliere rose. Teniamoci il sogno come augurio di tante giornate belle.
Invece un vecchio articolo sulla Somalia del New York Times (di Nicholas Kristof, 25 maggio) rimasto in mente induce ancora a meditare A Rite of Torture for Girls, il rito della tortura riservata alle ragazze: la mutilazione genitale. La tortura “ordinaria”, se si può dire, la si riserva ai nemici, per paura o vendetta: non dovrebbe essere agita dalle madri sulle figlie per amore. Eppure un’infermiera racconta di bambine che arrivano in ambulatorio con orrende infezioni pelviche e blocco urinario “operate” dalla mamma: disastri di un plagio delle menti volto ad assicurare la castità alle ragazze, perfino con la mutilazione radicale “faraonica” che, spesso senza anestetico, comporta il taglio dei tessuti genitali comprese le labbra e la ricucitura di quel che resta, lasciando un foro per l’urina e il mestruo. Sembra intollerabile non solo a noi donne, ma anche ad un uomo che pensi allo sposo che userà il coltello…. Ormai in quasi tutti i paesi di tradizione infibulatoria le proteste femminili hanno indotto i governi a vietare per legge queste pratiche e perfino in Somalia si tenta la via delle escissioni simboliche; ma molte mamme continuano a ritenere che sia un rito buono, che renderà donne oneste le loro bambine, mentre le ragazzine aspettano con trepidazione il giorno che le farà degne di un marito, proprio come le loro mamme e nonne.
Se superiamo l’orrore e la compassione per le centinaia di bimbe che ogni giorno vengono mutilate e condannate a una vita di sofferenza, domandiamoci che cosa abbia indotto l’uomo – perché nessuna donna, neppure alle origini della specie, poteva pensare di mutilarsi proprio lì – a sacralizzare la violenza più atroce e perfino l’autolesionismo. Infatti, perché mai godere di una donna che non conoscerà mai il piacere ma solo la tortura del rapporto? In linea ipotetica, che fatico a formulare, solo il potere proprietario del possesso e l’odio originato dalla paura di un corpo che riproduce la vita hanno indotto questa perversione.
Con uno stacco violento – ma la violenza è, ancora una volta, il nostro problema – ripensiamo a Strauss Kahn. Un uomo direbbe che non c’entra. Invece… Quando il direttore del Fondo Monetario fu tirato giù dall’aereo e imprigionato per aver aggredito a scopo sessuale una cameriera d’albergo, molti sospettarono una congiura: l’arresto poneva fine alla carriera di un potente che si sapeva pronto a salvare la Grecia dal fallimento e ad aprire una nuova porta di sussidi ai paesi più svantaggiati. Ma “l’incidente” ha messo in luce l’incredibile livello di violenza dell’uomo che, proprio per la propria autorevolezza, avrebbe dovuto essere sempre in sospetto. Invece, vista una cameriera, le è saltato addosso.
“Possedere” è il verbo che, se per un uomo definisce il rapporto sessuale, appartiene direttamente alla sfera proprietaria. Per una donna l’idea di “essere posseduta” potrebbe produrre qualche eccitazione, ma solo finché non pensa al significato reale dell’espressione. Il potere sul corpo femminile è la vera distorsione che vizia ogni relazione, tanto più se definita amorosa. Strauss Kahn, aggredendo la povera signora, le gridava “ma sai chi sono io?…”: perfino nell’orgasmo sentiva non la potenza del sesso, ma la superiorità gerarchica, ben nota alla storia della cultura maschile, come lo ius primae noctis che imponeva a un “inferiore” di concedere la deflorazione della moglie al “signore”.
Giustissimo pertanto sia l’arresto sia la forte pubblicizzazione del reato da parte delle autorità americane che avevano già umiliato davanti ai giudici il presidente Clinton. Ogni abuso sessuale deve essere per sempre e ovunque giudicato reato grave per l’inviolabilità del corpo e la dignità della donna. Non ha persuaso, invece, la reazione dei media europei: a parte i tentativi di difesa, nessun commento ha messo sul banco degli imputati la cultura maschile. E gli uomini, proprio quelli che non si comportano come S.K., non si sono domandati come mai il loro genere conosca l’infamia di reati specifici e non il bisogno di indagarne pubblicamente le cause. La società intera ne ha danno se anche i migliori si fanno complici.
(25 Luglio 2011)
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Sandro2(Quota) (Replica)
Ovviamente, è risaputo che le femmine non sono minimamente violente, specie con la lingua…
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http://www.noidonne.org/articolo.php?ID=03516
Noiuomini
Un altro linguaggio tra uomini e donne
La rimozione della violenza maschile anche nel linguaggio
Marco Deriu
Uno dei problemi, forse il principale, nell’affrontare la violenza maschile sulle donne è legato al fatto che i termini – gli schemi di lettura, le categorie, le parole stesse – che usiamo sono già espressione della cultura e delle visioni che supportano quella stessa violenza.
Il primo esempio, macroscopico, è che nella comunicazione “standard” si continua a parlare di “violenza sulle donne”, mettendo l’accento sulla vittima, e non di “violenza maschile” o di “violenza maschile sulle donne”, che sottolineerebbe invece l’autore e la responsabilità maschile. Tale rimozione nel linguaggio permette o supporta altre rimozioni. Per esempio siamo abituati a leggere sui giornali o a sentire in televisione espressioni quali “un siciliano” oppure “un maghrebino” o “un rumeno” ha commesso una certa violenza su una donna. Così si mette l’accento su un fatto secondario e si sottrae all’attenzione il dato più comune ma anche più rilevante, ovvero che si tratta di maschi.
L’insistenza sulla vittima che lascia sullo sfondo l’autore, permette inconsapevolmente di “demonizzare” o “disumanizzare” il carnefice anziché farci realmente i conti. Permette inoltre di non interrogarsi sulle dinamiche sociali e relazionali che invischiano insieme carnefice e vittima, rendendo difficile sottrarsi a una relazione patologica tanto a chi la subisce, tanto a chi tale violenza l’agisce magari proprio con l’idea di mantenerla in quel modo legata a sé. In altre parole il linguaggio che usiamo attualmente per parlare della violenza ci preclude la possibilità di porre l’attenzione e di mettere a fuoco il tema delle relazioni. Delle forme della relazione affettiva, di coppia, famigliare, ma anche delle relazioni di lavoro, delle relazioni politiche.
Nei pochi casi in cui nella comunicazione sociale ci si rivolge agli uomini, si finisce per confermare degli stereotipi. “Gli uomini picchiano le donne” sentenziava il manifesto di un partito di sinistra, con una generalizzazione che rischia paradossalmente di “naturalizzare” la violenza maschile e di impedire invece di domandarsi criticamente perché alcuni (molti) uomini sono violenti e (molti) altri no. O per fare un esempio diverso, dire “I veri uomini non picchiano” non significa inconsapevolmente confermare l’esistenza di una categoria di “veri uomini” anziché aiutare gli uomini a rivendicare la loro soggettività e la loro responsabilità?
Dichiararsi contro la violenza sulle donne non significa essere a favore della libertà o dell’autonomia delle donne. Ci sono commentatori e forze politiche che si scagliano contro la violenza sulle donne proponendo “punizioni esemplari” o ronde per proteggere le donne”. In questo modo sdoganano una “violenza buona” in opposizione a quella “cattiva” e impediscono di comprendere la connessione simbolica tra l’affermazione virile sulle donne e quella della loro “protezione”, poiché entrambe le posture risparmiano agli uomini di mettersi di fronte a una donna disarmati e sullo stesso piano.
Noi non parliamo semplicemente della violenza. Piuttosto siamo parlati dal linguaggio della violenza. E mentre maturiamo come uomini e nelle nostre relazioni dobbiamo maturare nel nostro linguaggio, nel nostro modo di pronunciare il mondo e le relazioni. Un linguaggio magari che ci aiuti a nominare e a dialogare con le nostre emozioni, i nostri desideri, i nostri bisogni. Con le nostre paure e fragilità di fronte alle esperienze di unione e di abbandono, di fiducia o di tradimento nella loro intrinseca apertura e ambivalenza.
(Marco Deriu, Maschile Plurale)
(18 Aprile 2011)
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Sandro2(Quota) (Replica)
Sandro2
“un siciliano” oppure “un maghrebino” o “un rumeno” ha commesso una certa violenza su una donna…
Ci sono commentatori e forze politiche che si scagliano contro la violenza sulle donne proponendo “punizioni esemplari” o ronde per proteggere le donne”. In questo modo sdoganano una “violenza buona” in opposizione a quella “cattiva
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Questi sono due passaggi fondamentali: lo straniero che violenta le “nostre donne”. Guarda caso era uno della lega a proporre la castrazione chimica. Di conseguenza la soluzione è linciaggio del diverso che violenta le “nostre donne”
Leonardo(Quota) (Replica)