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PARTE B
SESSI e INTERESSI
La lettura unidimensionale della società, negando la qualifica di partizione originaria, autofondata, autonoma alle altre due dimensioni (ed ai loro caratteri costitutivi), nega che esistano veri, insopprimibili conflitti di interesse anche tra i sessi.
Affermo invece che femmine e maschi hanno bensì interessi convergenti, ma anche molti divergenti e conflittuali in senso originario e perciò insopprimibili. Interessi naturalmente, darwinianamente diversi e, su un largo spettro, opposti. Ora, ciascuno ha interesse a dare il minimo per avere il massimo e, in estremo, ad ottenere tutto senza dare nulla. Quel che vale per tutte le partizioni sociali (nelle tre dimensioni) come per gli individui. La formula “Da ciascuno secondo… a ciascuno secondo…” è un auspicio, un’esortazione morale, l’equivalente laico del “Non fare agli altri quello che non.. fai agli altri quello che…”. Ci si aspetta che valga de facto almeno tra i sessi, ma purtroppo non parla del mondo come è ma di come sarebbe bello fosse. Scambiando l’uno per l’altro si vede male e si agisce peggio. Meglio guardare al mondo come è.
In ogni caso, se anche non si adotta questa prospettiva (crudamente darwiniana) ci sono fatti che mi paiono assolutamente innegabili. Entro qualsiasi classe sociale è nell’interesse di tutte le femmine poter imporre o sottrarre la paternità, è nell’interesse di tutte poter definire a posteriori e in modo del tutto soggettivo il valore morale, penale e civile (indennizzi) di ogni atto relazionale con i maschi (da uno sguardo al coito) in relazione al proprio “vissuto”. Di tutte è l’interesse ad ottenere dal partner il massimo in denaro, protezione (da ogni rischio) adeguamento ai propri desideri nella riproduzione, nello stile di vita, frequentazioni, acquisti, organizzazione e attività domestica e poi – dall’ex – il massimo possibile in denaro e il minimo in frequentazioni. Non è piacevole riconoscerlo, lo ammetto, ma questi interessi individuali e diretti sono percepiti da tutte e di tutte le classi sociali. Poi vi sono quelli di Genere, collettivi. Le quote (in politica, sul lavoro, nelle strutture) sono una nuova forma di eredità, un nuovo cespite per le donne della classe media-medio alta, ottime per la scalata ai gradoni superiori della società, di cui le “popolane” non beneficiano, ma che nemmeno le danneggia. Lo stesso dicasi delle “discriminazioni positive” e del resto. Anzi qualche briciola può sempre arrivare (es.: una querela per molestie – vere o false – in fabbrica-ufficio garantisce tre mesi di “convalescenza” domestica a stipendio pieno. Cosucce, ma sempre meglio di niente).
Un eventuale diritto maschile al disconoscimento della paternità (aborto per gli uomini) confligge con quello femminile a poter imporre paternità non volute a prescindere dalle classi sociali. La parificazione del contributo economico al mantenimento dei figli colpirebbe una rendita effettiva (vera ragione dell’opposizione cruenta al DDLPillon) sulla quale tutte le potenziali ex fanno affidamento. Ricche o povere. La parificazione della convivenza al matrimonio (Legge Cirinnà) per il mantenimento della ex convivente, non danneggia né la top-model né la disoccupata. Non è colpa mia se è così. E’ cosi. Viceversa, un’eventuale parificazione dell’età pensionabile correlata alla durata della vita (donne in pensione più tardi degli uomini) non può essere accettata da nessuna. (Ipotesi inaudita e non contemplata dagli stessi uomini, ma questa è altra questione).
Non vi sono ragioni di interesse, né in alto né in basso, per cui la massa femminile debba contrastare le “conquiste” femministe e quindi il femminismo, al contrario. Restano solo le motivazioni ideali, di parità nelle differenze, di equità, di equilibrio dare-avere / rischi-benefici, per chi questi ideali li ha e non se ne serva solamente quale alimento della sua falsa coscienza. Ottima cosa, ma sono posizioni socialmente sterili.
FEMMINISMO DI CLASSE
Il femminismo è in origine un parto ideologico-filosofico delle donne delle élite, ma la sua base sociale sono le femmine dei segmenti che vanno dalla classe agiata a quella media dei paesi sviluppati entrati nell’economia del Terziario. E’ veramente l’ideologia confacente alle donne del mondo occidentale che si sentono e sono garantite in ogni aspetto e sotto ogni punto di vista. Non è quella delle operaie con la licenza elementare-media ma delle impiegate con diploma e laurea (per capirci). Pur se adottata per subordinazione culturale e in silenzio anche da quelle delle classi basse (le commesse del Lidl, le bidelle, le casalinghe degli operai) non appartiene propriamente ad esse e non ne esprime il sentire originario. Tuttavia è adottata come narrazione da tutte e approvata nella sua agenda politica da quasi tutte, perché avvantaggia moltissime e non svantaggia nessuna.
Gli svantaggiati sono gli uomini. Ovviamente a pagare il prezzo maggiore di questa deriva sono i maschi delle classi medio basse che vengono fatti scendere sui gradini progressivamente sempre più bassi della rispettiva classe e del rispettivo ceto, fino a metterli fuori gioco nella relazione con le donne (chiedere agli Incel e ai MGTW, che comunque sono solo la punta di un iceberg). Ne sono lambiti però anche quelli delle élite e i danarosi perché è ben vero che se la cavano come sappiamo, ma è anche vero che subiscono paternità non volute (che non comportano solo esborso di denaro ma relazioni) al pari di tutti e forse più degli altri gravidanze “casuali” e qualche denuncia artefatta di usi e abusi da monetizzare. Inoltre il male-bashing, lo svilimento del ruolo paterno, la crescente pericolosità dei rapporti colpiscono tutti, a prescindere. Tralascio il resto.
AGIRE ORA
Se anche si ritiene certa la soluzione di tutti i conflitti-problemi a seguito della metamorfosi sociale auspicata, resta il fatto che essa è oggi ben al di là dell’orizzonte. Qualcuno ha scritto che il capitalismo ha i secoli contati. Forse vede quel futuro assai lontano perché lo auspica, tuttavia una ragione ce l’ha. E’ scomparsa quella base sociale (il proletariato agro-urbano) che del mutamento doveva essere (e in un paio di occasioni ne fu) levatrice. Se ne parlerà in un futuro molto lontano. Da qui ad allora …che fare? Da qui ad allora al conflitto dei sessi, ossia alla guerra antimaschile, è lecito opporsi oppure no e, se sì, come? Opporvisi oggi significa sostanzialmente riconoscerne l’esistenza e denunciarla.
Riassumendo:
- Conflitti diversi da quello di classe esistono ed hanno un fondamento autonomo, una fonte originaria radicata su un certo insieme di interessi diversi e contrastanti.
- E’ del tutto possibile adottare una prospettiva bi-tri-dimensionale sia nella lettura che nell’azione.
- Il conflitto dei sessi esiste, ha caratteri autonomi e fondamenti ineludibili che precedono l’avvento del capitalismo ma che esplode ora, ovviamente perché ora ci sono le condizioni strutturali.
- Impegnarsi sul conflitto dei sessi significa prendere atto che esiste e contribuire alla costruzione del racconto maschile.
Non resta quindi che porsi – ancora una volta – la domanda sulle cause delle resistenze interne rispetto all’adozione di questa prospettiva. Questo articolo mira appunto a incrinare le motivazioni dialogiche che giustificano la posizione dei locutori e che costituiscono un alibi per non uscire allo scoperto. Sto mirando precisamente a decostruire una razionalizzazione. Ciò può essere urtante, è vero.
Mi ripeto: impegnarsi sul conflitto dei sessi significa prendere atto che esiste, contribuire alla costruzione del racconto maschile, difendere e diffondere le ragioni degli uomini. E’ ciò che Fabrizio Marchi ha fatto fondando il MUB e includendo nelle sue riflessioni , quando confacente, quella che chiamiamo Questione Maschile, ciò senza operare alcun “tradimento” ma integrando coraggiosamente Newton (il vecchio sapere) con Einstein (l’esperienza storica e le acquisizioni intellettuali del XX secolo).
Ma è dura, certo, perché c’è un diaframma interno da infrangere.
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