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Come qualsiasi ideologia, il femminismo si è servito di simboli e slogan per trasmettere le proprie idee. Alcuni motti sono ormai entrati nel lessico comune e sono noti a tutti noi, ad esempio “l’utero è mio e lo gestisco io!” oppure “tremate, tremate, le streghe son tornate!”. Se dovessimo stilare una lista per l’importanza e l’influenza che hanno avuto nel loro pensiero, al primo posto verrebbe naturalmente il celebre motto di Simone de Beauvoir “donna non si nasce, lo si diventa”. Subito dopo si piazzerebbe il motto femminista “il personale è politico”.
In questo scritto vorrei approfondire l’importanza di questa seconda espressione, divenuta centrale nel mondo femminista. L’idea è semplice: il privato è collegato a fenomeni di più ampia portata, afferenti la sfera pubblica.
Affermare che il personale è politico vuol dire che esiste un legame indissolubile fra le esperienze individuali e il contesto sociale e storico; le persone dovrebbero vedere le origini politiche, sociali ed economiche dei loro problemi privati e organizzarsi per cambiare la società.
“Poiché abbiamo vissuto così intimamente con i nostri oppressori, in isolamento le une dalle altre, ci è stato impedito di vedere la nostra sofferenza personale come una condizione politica. Ciò crea l’impressione che il rapporto di una donna con un uomo sia una questione di interazione tra due personalità uniche e che può essere risolto nel privato. In realtà tutto va inscritto in una cornice più grande, e i conflitti tra singoli uomini e donne sono conflitti politici che possono essere risolti solo collettivamente”. (Gruppi di autocoscienza femministi, 1970, Carol Hanisch)
A livello pratico, prendendo come esempio la violenza domestica, vuol dire che se una donna è vittima di violenza domestica, sicuramente tale violenza è un attacco personale nei suoi confronti ma è anche un attacco politico alla donna, a causa di una società incapace di educare al rispetto e alla parità di genere. Quindi, solo cambiando politicamente la società si potrebbe ridurre la possibilità che episodi simili si verifichino nel privato.
E questo modo di concepire il mondo è effettivamente applicato dal femminismo a qualsiasi esperienza individuale femminile, senza limiti al termine “qualsiasi”, dal proprio fallimento di carriera (soffitto di vetro) alla semplice apertura di una porta o alla consegna sbagliata dell’ordinazione al bar dove il cameriere serve la bibita analcolica alla donna e quella alcolica all’uomo (micromaschilismo). Le implicazioni sono immense. Siamo in presenza di uno strumento che permette alle donne di giudicare “qualsiasi” fallimento personale, “qualsiasi” sconfitta della vita, “qualsiasi” evento sgradito che riguarda la loro sfera personale e privata come il frutto di una colpa collettiva (patriarcale), al contrario di ogni evento di successo o/e gradito, concepito come il frutto del proprio sforzo o fortuna. Questo modo di porre le cose attribuisce all’individuo un insindacabile ruolo di giudice su di sé ma anche sugli altri, su tutta la collettività. Le donne si possono in questo modo giudicare sempre irresponsabili e vittime della società oppure meritevoli a seconda del proprio giudizio soggettivo e inappellabile, in ogni situazione di vita. Ora è corteggiamento perché mi è radito, ora sono molestie perché non mi è gradito (molestie promosse e permesse dalla cultura patriarcale), ora non sono eletta in Parlamento perché sono donna, ora sono eletta perché sono brava.
Non è questa la sede per stabilire quanto sia giusto o sbagliato questo modo di ragionare. La domanda cruciale è: “Perché gli uomini non concepiscono il mondo in questo modo?” Il motto “il personale è politico” non limita il sesso e può essere applicato da chiunque in qualsiasi situazione. L’unica risposta possibile è che le donne sono “educate” e “allenate” in questo senso, al contrario degli uomini.
Evidentemente, se anche gli uomini fossero “programmati” a considerare la colpa di ogni disgrazia personale, fallimento o evento non gradito al loro essere maschi, la visione del mondo intero cambierebbe per tutti. “Qualsiasi” evento, da quelli più gravi, come i suicidi, gli incidenti sul lavoro, la povertà estrema, la morte o il ferimento in guerra, a eventi minori come le dispute amorose o qualsiasi offesa di una donna cambierebbe completamente prospettiva.
A livello pratico, prendendo come esempio la popolazione carceraria maschile, si potrebbe dire che se un uomo è stato arrestato e mandato in prigione, sicuramente ciò è stato causato da una motivazione o responsabilità personale, ma è anche la conseguenza della condizione di quell’uomo a causa di una società incapace di trattare parimenti i generi, che lo ha escluso, in quanto uomo, dai quelle misure particolari che concede invece alle donne (detenzione domiciliare, custodia attenuata, pene più lievi per gli stessi reati, trattamento agevolato se ci sono figli minorenni,…), che l’ha spinto a commettere dei reati escludendolo in maggior misura da ogni aiuto, sostegno e agevolazione sociale (servizi sociali, case popolari indirizzate prevalentemente a tutela delle donne, depenalizzazione di certi comportamenti tipicamente femminili come l’infanticidio, la prostituzione attiva o le truffe nei matrimoni, e penalizzazione dei comportamenti tipicamenti maschili come certi comportamenti nell’ambito sessuale o all’interno della separazione in un matrimonio), che l’ha ignorato nei momenti più difficili dell’infanzia e dell’adolescenza (punizioni scolastiche più frequenti ai ragazzi, esclusioni da case d’accoglienza che accolgono le ragazze ma escludono i ragazzi, come succede per gli immigrati appena maggiorenni,…) frutto di un evidente divario empatico di genere nella società,….
Insomma, la caratteristica precipua di essere in stato di arresto non sarebbe il presunto crimine commesso. La caratteristica precipua di questo stato è l’essenza di essere un uomo. Ogni detenuto è in prigione perché è un uomo, condizione che spiega tutto e prevale su tutte le altre. Solo cambiando politicamente la società si potrebbe ridurre il numero dei detenuti e le loro personali esperienze di privazione di libertà.
Il discorso sarebbe ancora più evidente nelle separazioni giudiziarie, dove la controparte è sempre l’altro sesso, e ogni torto subito è necessariamente l’espressione di un attacco politico all’uomo a causa di una società che lo discrimina a favore della donna. Il personale è politico.
La società è arrivata ad un punto che al giorno d’oggi le donne si appellano alla loro condizione di donna e alle colpe collettive degli uomini per qualsiasi cosa. Forse è l’ora che anche noi uomini incominciamo ad appellarci alla nostra condizione di uomini e alle colpe collettive delle donne.
Se le donne lo fanno di continuo, perché noi uomini non dovremmo farlo?
In fondo, il personale è politico.
La conclusione dell’applicazione indiscriminata del motto “il personale è politico” non può che promuovere un mondo di accuse reciproche, dove ogni torto soggettivo diventa un’accusa obiettiva, e “lo stupratore sei tu” diventa, per forza, “la stupratrice sei tu”,…
Il Paradiso femminista ci attende.
Fonte foto: Bossy (da Google)
4 Commenti
Molto bene.
1. Anziché continuare a contestare i legami privato-politico individuati dal Fem.o (a fini noti) si può finalmente adottare lo stesso criterio per gli UU e vedere cosa ne esca.
2.Ne esce un quadro quasi simmetrico e ben più grave, la cui presentazione avrà effetti devastanti sulla lettura dei rapporti F/M fin dalla …fondazione del mondo.
3. Una delle differenze sarà questa: la lettura M sarà (perché di fatto lo è) successiva a quella F ed è una risposta di sopravvivenza morale maschile alla GNF. E questo è già in sé significativo.
4. Il legame personale-politico non è però specifico ed esclusivo del Fem.o. Lo è anche di altre proposte idealpolitiche nonché di racconti, epopee e narrazioni collettive che lo precedettero. Il Fem.o lo ha solo formulato in termini espliciti.
5. Che poi questa relazione personale-politico sia infondata o fondata parzialmente ed in quale misura è una questione interessante in sede di sociofilosofia politica, mentre sul piano dei conflitti sociali reali è del tutto irrilevante. Essa è infatti uno strumento di lotta sociale e in quanto tale i suoi fondamenti scientifici (esistenti o meno, del tutto o in parte) sono privi di valore. Assolutamente ininfluenti.
6.Procediamo dunque nella tessitura del racconto maschile sulla medesima base. Affinché tutto si compia.
Quando tutto sarà distrutto, ci siederemo (F ed M) attorno ad un tavolo. E in quel deserto inizierà (forse) il dialogo.
Rino DV(Quota) (Replica)
Personale-politico.
Non lontano da qui un ragazzo ha incrociato uno contromano in autostrada ed è morto. Era un sabato sera.
Embeh… ha a che vedere con la relazione F/M?
Interrogativo mai posto per secoli. Sospetto mai adombrato.
.
Quel 20nne stava andando dalla fidanzata. Lui da lei, non lei da lui. Adesso ce ne siamo accorti.
.
Il grande racconto di salvezza maschile, parlerà di fatti analoghi moltiplicati per alcuni infinitilioni di fantastiliardi di volte.
Rino DV(Quota) (Replica)
https://femdominismo.wordpress.com/2020/01/25/nullita/
mauro recher(Quota) (Replica)
https://femdominismo.wordpress.com/2020/01/27/colpa-del-maschilismo/
mauro recher(Quota) (Replica)