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http://llemgam.wordpress.com/2012/05/10/il-femminicidio-finlandese/
Già un mese fa, a inizio aprile 2012, per qualche giorno s’è parlato parecchio del cosiddetto “femminicidio”.
In realtà era il piccolo culmine di un discorso che, nei media e nella rete, stava lentamente salendo da diverso tempo.
Fatti di sangue coinvolgenti donne, quasi sempre vittime di omicidio o tentato tale, riportati con regolarità dai media, con un’attenzione e uno spazio crescenti, ma soprattutto presentati come parte di una narrazione organica e coerente e, quindi, da ricondurre a uno sfondo comune, a un’eventuale causa comune.
Qualche giorno fa, fine aprile-inizio maggio 2012, ecco un altro picco nel discorso, e un piccolo salto di qualità, cogli appelli alla politica e/o la richiesta urgente che la società “faccia qualcosa”.
Forse è il caso di provare a fare il punto della situazione, e magari farsi qualche domanda, anche considerando che il discorso pubblico in merito potrebbe tenersi ben vivo nei mesi a venire, o addirittura salire ulteriormente in diffusione e intensità.
ricerche effettuate tramite Google per il termine “femminicidio” negli ultimi dodici mesi (cliccare per ingrandire)
Il discorso in rete mi pare caratterizzato da una certa uniformità nei media consolidati e un maggior conflitto d’opinioni nel pubblico (commentatori di quotidiani, tenutarî e commentatori di blog).
In generale, però, mi sembra largamente condivisa la volontà e la necessità di ricondurre il fenomeno a cause proprie della società tutta. Inevitabile, visto che i media avevano implicitamente presentati i singoli fatti come un insieme organico, come capitoli di una storia unica, impostando così una cornice difficile da contrastare. Le opinioni divergono quindi su quali siano le cause di questo fenomeno.
In realtà già il primo punto mi trova scettico, cioè che si tratti di un fenomeno emblematico di più ampie tendenze sociali.
Le cause che ho visto più spesso evocate sono le seguenti: la cultura maschilista arretrata che concepisce la donna come possesso; l’educazione italiana, spesso esemplificata dalla mamma chioccia (o castrante), educazione incapace di abituare i figli al rifiuto e all’autonomia emotiva; il profilerare, specie nella pubblicità, di immagini femminili semipornografiche, sessualizzate e oggettificanti.
La terza causa, in realtà m’è sembrata evocata meno spesso delle altre due. E la seconda meno della prima.
E forse è inutile dire che la prima e la seconda potrebbero essere etichettate come spiegazioni rispettivamente “femminista” (è colpa del maschilismo italiano) e “maschilista” (è colpa dell’educazione mammista italiana). L’etichettatura è sicuramente grossolana e semplicistica, ma comunque specchio del dibattito in corso, che di per sé non sembra tendere a eccessivi livelli di raffinatezza, bensì a smuovere emotivamente e polarizzare per identità contrastanti: è in corso una guerra che produce morti, bisogna decidere se stare da una parte o dall’altra, non si accettano compromessi, tentennamenti, obiezioni o domande.
Vale la pena sottolineare che le due ipotesi, quella “femminista” e quella “maschilista” identificano solo grossomodo una demografia di sostenitori divisa per genere sessuale: anche se in minoranza, si sentono voci di donne avanzare l’ipotesi “maschilista”, o voci di uomini quella “femminista.
Ma soprattutto bisogna sottolineare con forza che nel discorso ufficiale, a parte qualche sparuta eccezione, predomina in maniera schiacciante la prima ipotesi, quella che chiama in causa l’italico maschilismo e che presuppone al fondo una netta contrapposizione di genere, tra la donna vittima e il maschio aggressore, quest’ultimo implicitamente spalleggiato dall’intera popolazione maschile o dalla sua gran parte.
La petizione che nasce e circola in rete è in tal senso significativa fin dal suo titolo, ovvero Mai più complici; petizione scritta da donne, che evidentemente si presentano come portavoci di tutte le donne, per chiedere “agli uomini [tutti] di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore”.
Chi non si mobilita è un complice. A questo punto però non è ancora molto chiaro in cosa dovrebbe consistere, materialmente, questa mobilitazione.
Ma nell’impostazione generale del discorso e nel proliferante dibattito in rete è un’altra la cosa che ho visto spesso fare, e che ho trovato assai discutibile.
Si tratta della confusione flagrante tra due piani, quello dell’analisi dei fatti e quello del giudizio di valore.
Nell’interrogarsi e discutere sulle cause di questi omicidî, ho notato che determinate ipotesi vengono automaticamente squalificate come “giustificazioni per chi uccide le donne”.
In pratica sarebbe corretto affermare che le uccisioni di donne sono l’effetto diretto di una mentalità maschile diffusa, sono prodotti da un problema sistemico di tutta la società; e sarebbe invece scorretto affermare che si tratta di casi singoli, probabilmente ognuno con cause proprie, ma comunque cause che restano individuali (raptus improvvisi e imprevedibili; cecità indotta da gelosia o angoscia d’abbandono; incapacità di frenare la propria violenza).
Il problema è che qui correttezza e scorrettezza non sono misurate sui fatti.
Se un uomo uccide una donna, le cause precise e concrete dell’evento stanno nella testa del colpevole e nel contesto immediato del quotidiano che circonda lui e la vittima, che si spera gli inquirenti sapranno districare; se poi esista un contesto più ampio, questo eventualmente ce lo dirà chi studia la società, si spera lavorando seriamente e con rigore.
Questo significa analisi dei fatti. E finché i fatti non vengono indagati direttamente, non c’è molto da dire, a parte le ipotesi da bancone del bar (o salotto tv, o da forum/blog internettiano).
Il giudizio di valore è un’altra cosa. E non si può escludere a priori un’ipotesi a favore di un’altra solo perché quella sembra essere un alibi morale mentre questa no. Specie poi se si desidera che la responsabilità individuale, soprattutto in tribunale, resti ferma anche a prescindere dal contesto sociale.
Non si dovrebbe neanche rammentare che il richiamo alle “colpe della società” sono servite a lungo (almeno secondo alcuni) proprio per giustificare, e condonare, i colpevoli d’ogni tipo di delitto: “Vostro onore, è vero che ho ucciso la mia donna, ma che ci volete fare, è la società maschilista che mi ha portato ad agire così, è il sistema del patriarcato che ha armato le mie mani, e le ha mosse il testosterone cui mi condannano i miei cromosomi. Potete forse considerarmi colpevole?”
Che una causa ipotetica suoni come giustificazione è una questione di prospettiva.
In realtà si capisce che la questione è soprattutto di tipo politico, se non ideologico, per affermare prima di una qualunque analisi dei fatti la prospettiva secondo cui, sì, queste 100-120 donne uccise ogni anno sono vittime non solo dei loro assassini, ma d’un sistema culturale più ampio.
Eppure non servono nemmeno grandi ricerche per farsi almeno un’idea vaga su qual è l’ipotesi più fondata.
Basta un po’ di banale, gelida statistica: 100-120 vittime l’anno possono essere indubbiamente una tragedia enorme per chi vive direttamente l’evento ma, su una popolazione femminile di 30.000.000 (trenta milioni) sono ben lungi dal costituire un fenomeno. O, soprattutto, da permettere di ipotizzare cause sistemiche.
Eppure ho letto, nelle settimane passate, commenti parlare di “massacro”, “ecatombe”, “strage”, “eccidio” o addirittura “sterminio”.
Ma allora cosa dovremmo dire, per fare il primo esempio che mi viene in mente, dei suicidî femminili che, annualmente, di vittime ne mietono dieci volte di più, ovvero circa un migliaio l’anno?
Il ricorso alla statistica produce spesso un’immediata obiezione.
Si dice: d’accordo, contando a freddo le cifre sull’intera popolazione, forse le vittime non sono così tante; sono però la punta visibile di un iceberg sommerso fatto di violenze maschili e di disprezzo della donna che attraversano l’intero corpo sociale; si parte dalla pubblicità con le cosce al vento e si va su su sino allo stalking, allo stupro, e all’omicidio, e quest’ultimo non è disgiunto dal resto, è solo l’ultimo inevitabile anello di una tragica catena di misoginia.
Può essere. L’obiezione ha una sua logica. Ma anch’essa si rivela debole alla prova dei fatti, come ora cercherò di mostrare.
Al di là delle cause evocate, mi pare si dia per scontato che questi omicidî di donne siano un problema soprattutto italiano, in quanto appunto prodotto finale della condizione della donna in Italia che, rispetto agli altri paesi d’Europa, non è certo delle migliori. Anche in questo caso le cifre non mentono: per indipendenza economica e accesso al lavoro delle donne, l’Italia non brilla.
Ma per i cosiddetti femminicidî, come stanno le cose?
La petizione che ho già citato afferma recisamente che “un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà”. In Europa non si uccidono le donne, par di capire.
Eppure tra giornalisti ed esperti, almeno tra quelli che ho letto in questi giorni sull’argomento, nessuno ha mai anche solo provato a operare un confronto effettivo con l’estero.
Ma si sa che i proclami fanno effetto, mentre le indagini richiedono tempo e pazienza.
E allora la ricerca me la sono fatta io.
I dati li ho ricavati da un documento del Ministero dell’Interno, che a sua volta li prende dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Mi auguro siano sufficientemente attendibili.
I dati riguardano i morti per omicidio nei paesi dell’Unione Europea tra il 1982 e il 2002. È un periodo sufficientemente lungo per consentire delle considerazioni generali.
Con questi numeri ho prodotto due grafici.
Il primo riguarda il numero di donne uccise o, più precisamente, il tasso di donne uccise ogni centomila abitanti.
Tra tutti i paesi disponibili, ho limitato il confronto a Italia, Francia, Germania, Svezia e Finlandia. Francia e Germania in quanto tra i maggiori paesi europei. Svezia e Finlandia perché noti per le loro politiche particolarmente attente riguardo alle istanze femminili e femministe.
Direi che i dati parlano da soli.
L’Italia si attesta nella media degli altri paesi, anzi, persino un po’ più in basso rispetto a Francia, Germania e Svezia. La civile Germania, a inizio anni Ottanta, aveva un tasso di donne uccise doppio rispetto a quello dell’arretrata Italia, per dire.
Soprattutto va notato che il tasso italiano è più o meno simile a quello attuale, e si sta parlando di dati che partono da trent’anni addietro. Il cosiddetto “recente aumento di femminicidî in Italia” di cui si parla in queste settimane è verosimilmente nient’altro che una fluttuazione periodica, inevitabile quando ci si focalizza solo su una manciata d’anni. Nel complesso la situazione italiana è stabile, e non da poco tempo.
Notevole invece la performance finlandese. E si tratta di un record anche a confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea. Un tasso, a seconda dei momenti, siano a quattro o cinque volte superiore a quello italiano.
Il paese in cui si uccidono più donne, in Europa, non è la maschilista Italia, bensì la femminista Finlandia.
La patria europea del femminicidio non è l’Italia, ma la Finlandia.
Questo dovrebbe farci concludere, come immagino alcuni vorranno fare, che “il femminismo militante in politica aumenta le morti delle donne”? I maschî finlandesi uccidono le donne come reazione alla loro emancipazione?
Non direi, visto che la Svezia, che come femminismo militante ha pochi paragoni in Europa, mostra un tasso di donne uccise ben inferiore alla confinante Finlandia, e in linea col resto dell’Unione.
Se ci sono delle cause, vanno trovate altrove.
Il punto è che la Finlandia sconta un tasso d’omicidî molto molto alto sia per gli uomini che per le donne. La Finlandia è il paese dell’Unione in cui si uccide di più. Giocoforza sono tante anche le vittime femminili.
E, almeno da quanto ho letto in giro, pare che tra le cause ci sia il consumo eccessivo di alcool combinato con l’ampia disponibilità di armi da fuoco.
Il secondo grafico confronta il tasso di omicidî diviso per i generi delle vittime: quanti uomini muoiono in più rispetto alle donne nei varî paesi?
Anche qui i dati sono piuttosto chiari.
Nella macabra uguaglianza degli assassinî, vince la Germania, paese in cui la quantità di donne e uomini uccisi tende a equipararsi.
È in Italia, invece, che la sperequazione è maggiore.
L’Italia, nell’Unione Europea, è il paese in cui vengono uccisi molti più uomini che donne o, se si vuole, molte meno donne che uomini.
La linea relativa all’Italia, si noterà, subisce una lenta ma costante ascesa a partire dagli anni Novanta. Ma come si capisce dal primo grafico, non dipende da un aumento di donne uccise, bensì da un calo di vittime maschili.
E in ogni caso si tratta di una variazione che la porta in linea col resto dell’Europa, quell’Europa che, almeno così ci dicono, dovrebbe tollerare meno dell’Italia le donne uccise.
A questo punto si può tornare alle domande principali, e magari provare delle risposte.
Se gli omicidî di donne sono frutto di una cultura maschilista, l’unica è ammettere che in Italia c’è molto meno maschilismo che nel resto d’Europa, visto che nel resto d’Europa si uccidono più donne, e visto anche che in Italia si uccidono molte meno donne che uomini.
Oppure, in alternativa, se si ritiene che invece l’Italia sia un paese effettivamente maschilista (e personalmente ritengo lo sia, almeno per buona parte), bisogna ammettere che questo non è legato al numero di donne uccise, le quali, altrimenti, dovrebbero essere molto più numerose che nel resto d’Europa.
O il maschilismo italiano non ha nulla a che vedere col numero di donne uccise, oppure l’Italia è meno maschilista del resto d’Europa. Non ci sono molte alternative.
La domanda diventa quindi questa: perché mai in Italia un fenomeno statisticamente minoritario, costante nel complesso, e meno grave che nel resto d’Europa, ha assunto un’importanza così di primo piano, producendo una tale mobilitazione mediatica, col tentativo connesso di produrre un’altrettanta mobilitazione politica?
La domanda potrebbe restare in eterno sospesa.
Risolverla significherebbe riuscire a spiegare come mai succeda che la società, di punto in bianco, subisca violente eruzioni allarmatistiche che si dileguano con altrettale rapidità, imponendo all’attenzione pubblica paure, reali o fittizie che siano, che poi vengono sùbito dimenticate. La lista dei casi potrebbe esserelunga: si va dal bullismo su YouTube agli stupratori rumeni (o qualunque altra categoria d’immigrati) ai pitbull assassini, e così via.
Quel che resta a tutt’oggi inspiegato è cosa spinga in determinati periodi determinati allarmi a emergere e altri a restare dominio di pochi specialisti e attivisti.
Dunque, perché proprio ora l’allarme femminicidio, e non cinque o dieci o venti anni fa?
Provo tuttavia ad azzardare alcune ipotesi.
Non c’è dubbio che l’allarme femminicidio germina sull’onda lunga del dibattito sulla condizione femminile in Italia, alla ribalta nel discorso pubblico ormai da qualche anno.
Il nuovo dibattito pubblico sulla donna è partito e si è mosso lungo diversi filoni principali, cavalcati da diverse parti politiche. Tra gli altri: la questione del lavoro, dell’indipendenza economica, delle risorse dedicate in tal senso dallo Stato; la questione dell’immaginario pubblico: le pubblicità, gli spettacoli televisivi, le narrazioni giornalistiche, spesso imputati di “svilire l’immagine della donna”, ridurla a “oggetto sessuale”, a rinchiuderla in “stereotipi”; la questione, non certo di oggi, della violenza sulle donne: la violenza domestica, la violenza sessuale, e le donne uccise.
Questi filoni non sono necessariamente contrapposti e tuttavia, a rischio di tagliare l’analisi coll’accetta, è possibile ricondurli alla destra o alla sinistra, specie nelle contromisure auspicate.
La sinistra ha battuto soprattutto il tasto del lavoro e la richiesta d’interventi pubblici in tal senso (sostegno alla maternità, ecc); ha poi giocato, almeno sino allo scorso governo, e in maniera alquanto spregiudicata, sulla questione dell’immagine femminile, e su una rumorosa condanna alla pubblica esibizione di carni, rumorosa tanto da bordeggiare un moralismo che anche nella stessa sinistra non è stato sempre ben digerito.
La destra tuttavia non è certo stata a guardare, anzi: mi sorprende che spesso si dimentichi come ad esempio la nuova legge sullo stalking e tutta una serie di inasprimenti penali in materia di violenza sessuale siano stati promossi con fervore proprio dal governo Berlusconi e dalla sua ministra Carfagna, forse anche per l’esigenza forte di ripulirsi un’immagine non proprio lindissima, almeno per l’opinione pubblica corrente, in termini di “rispetto della donna”.
Fatto sta che, a qualche mese dal tramonto del governo Berlusconi e del suo licenzioso caravanserraglio, e dal probabile tramonto definitivo di tutto ciò che il berlusconismo ha rappresentato, anche in termini d’immaginario collettivo (quello che parte sin da Drive In e tramite le veline arriva al famigerato bunga bunga), ora la battaglia principe per i diritti femminili è quella sul femminicidio, cioè su fatti atroci esposti all’orrore della pubblica opinione per chiedere nuove fattispecie di reato, inasprimenti delle pene, “carte etiche” per i media, cioè misure di legge, ordine e controllo di tipo sostanzialmente repressivo, per difendere una donna vista come vittima debole bisognosa di tutele speciali.
E dunque, l’allarme femminicidio come vittoria di un discorso di destra?
Forse, ma si deve comunque tener conto che la lotta alla violenza sulla donne è stata e resta una bandiera tradizionale anche della sinistra, con una differenza non tanto sul merito ma sui metodi di contrasto. Laddove la destra chiede sbarre e catenacci, la sinistra solitamente chiede (anche) educazione e una nuova cultura.
Più probabilmente l’allarme femminicidio è un sintomo dei pochi risultati concreti che la grande mobilitazione femminile di questi ultimi anni ha ottenuto ricorrendo a sistemi ordinarî, di qui la necessità di buttare sul piatto carichi più pesanti, di giocare le carte dei cadaveri, del sangue, della morte.
O ancora, forse, si tratta del ricorso a un argomento capace di raccogliere con facilità (chi mai, specie negli apparati mediatici ufficiali, oserebbe sminuire la gravità di una strage di donne?) un consenso altrimenti molto più arduo da ottenere in una situazione piuttosto frammentata.
In ogni caso, l’allarme femminicidio lo vedo soprattutto come segno di disorientamento o comunque debolezza da parte dell’attuale movimento femminil-femminista, dove le proposte concrete o mancano o non riescono ad avere sufficiente efficacia.
Ma non è nemmeno scontato che questo allarme non riesca a contribuire al raggiungimento di qualche scopo, anche se di poco e anche se quelli cui è stato associato restano parecchio fumosi. Come già detto, non si capisce in cosa dovrebbe consistere concretamente la “mobilitazione degli uomini”; “cambiare la cultura del paese” è una frase facile a dirsi ma che in pratica significa tutto e niente.
Forse ci sarà qualche inasprimento delle pene. Ci sarebbero sicuramente già stati se vivessimo non sotto un governo tecnico ma uno politico, uno di quelli solerti nel dimostrare al popolo votante di “fare qualcosa” e combattere il male.
In ogni caso, col tempo, lentamente, forse molto lentamente, non dubito che sulla condizione femminile l’Italia arriverà ad allinearsi agli altri paesi.
Aumenterà l’occupazione femminile. Sempreché tutto il sistema economico non imploda, ovviamente, e allora non resteranno che macerie da raccogliere, per maschî e femmine al contempo.
Un po’ alla volta spariranno quelle pubblicità e immagini pubbliche reputate “lesive della dignità della donna”, “sessualizzanti”, “oggettificanti” e così via. Ma questo è un trend che ormai da tempo coinvolge tutti i paesi industrializzati, e a cui l’Italia si sta solo aggiungendo, da buona ultima.
Gli omicidî di donne tuttavia non caleranno.
Perché, come si è visto, è già fenomeno minimo e ormai stabile da decennî, e slegato dal contesto sociale.
Semplicemente, una volta che saranno risolte le questioni femminili sentite come più pressanti nella quotidianità diffusa (il lavoro, le immagini pubbliche), non se ne parlerà più. Perché allora, dal punto di vista politico, non sarà più un’arma utile cui far ricorso.
180 Commenti
Ragazzi, cerchiamo però di fare uno sforzo collettivo. Questo articolo (“Il femminicidio finalndese”) è strato condiviso su facebook dal sottoscritto, Luigi, Rita e un altro che non so chi sia. Cerchiamo un pò tutti di darci da fare e condividerlo sulle rispettive bachece di facebook, ok? Facciamolo anche con gli altri articoli o video, quelli che riteniamo più utili o interessanti. Va bene?
Molti quemmisti da blog (e nulla più) sono abilissimi nel portare avanti ridicole polemiche (specie con noi) o a sparare puttanate gratuite ma completamente nulli quando si tratta di agire in concreto.
I social network sono seguitissimi, lo sappiamo, e allora diamoci da fare…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Criminalizzazione mediatica antimaschile
Proviamo a riflettere sulle strategie di chi, autonominadosi politically correct, maschera una faziosità endemica che da correttezza ed imparzialità è lontana anni-luce.
Terminale di una strategia di criminalizzazione, con la complicità dei media asserviti alla logica di Sistema
Derby a S. Siro: scontri fra tifoserie, due accoltellati, alcune auto distrutte
Qualcono ha mai letto il titolo MILANESI CRIMINALI?
Gli sforzi di tutti, dai commentatori televisivi ai cronisti dei quotidiani, dal Questore ai vertici FIGC, convergono nel circoscrivere il fenomeno ad una minoranza di teppisti, organizzati o cani sciolti che siano. I veri tifosi non hanno nulla a che fare con questa minoranza.
Stesso principio per qualunque impresa dei vandali da stadio, anche quando ci scappa il morto: per il poliziotto ucciso a Catania non diventano criminali tutti i siciliani, per il tifoso ucciso a Genova non diventano criminali tutti i liguri, per i pestaggi a Pisa non diventano criminali tutti i toscani.
Ovvio: migliaia di eventi sportivi ogni settimana, se in tre o quattro di questi si verificano degli incidenti – anche gravi – sarebbe folle sostenere che gli italiani sono criminali.
Esiste una minoranza di violenti, da emarginare e condannare pesantemente, ma la grandissima maggioranza è sana
Un centinaio di teppisti, decine di milioni di persone oneste
Quando un marito maltratta la moglie o quando un fidanzato uccide la ex, sotto accusa è l’intero genere maschile.
Non “alcuni uomini”, tutti; in questo caso i distinguo non esistono.
Le grandi firme del giornalismo, ma anche opinionisti da operetta e professionisti della banalità, fanno a gara nel condannare il comportamento del “maschio”, termine ormai trasformato in insulto.
Parte sempre lo stesso copione: gli uomini vanno rieducati, sono immaturi, violenti, possessivi, incapaci di accettare la fine di un rapporto, pronti a reagire solo col sangue … tutti sotto accusa come categoria, non per caratteristiche individuali.
Per l’episodio di violenza domestica non valgono le stesse logiche della violenza da stadio
Allo stadio la minoranza viene riconosciuta come tale, in famiglia la minoranza diventa “tutti”.
Quanti rapporti finiscono? Che incidenza percentuale ha l’episodio da cronaca nera? Coppie conviventi e coppie sposate, fidanzatini adolescenti, amanti clandestini … le coppie scoppiano a centinaia di migliaia ogni anno, forse milioni.
150 decessi, e “il maschio” italiano è criminale .
Non ho mai letto di una minoranza da isolare e condannare, non ho mai sentito giornalisti, parlamentari ed opinionisti dire che la maggioranza della popolazione maschile è sana.
Meglio sparare nel mucchio, meglio criminalizzare l’intero genere, la strategia è questa
Terrorismo psicologico, ormai il popolo bue è aggiogato.
E’ politically correct solo enfatizzare il femminicidio.
Meglio mettere sotto i riflettori esclusivamente le vittime femminili, altrimenti qualcuno potrebbe aprire gli occhi ed iniziare a parlare pure di maschicidio.
fabio nestola(Quota) (Replica)
Lei pensi che io sono giunta a pensare che la maggioranza delle articoliste che scrivono di questi argomenti (e che, a mio avviso, ne hanno fatto un mestiere.. per esempio, la Zanardo, la Melandri, la Terragni, tutte le giornaliste della 27a ora, occupandosi solo di politiche di genere, di donne, del benessere delle donne nella loro attività che presumo principale, si può dire che “vivono” sui femminicidi, sui casi di discriminazione sessuale vera o presunta?) sono addirittura contente quando capita una tragedia di questo genere. Basta vedere come scattano all’unisono non appena c’è “puzza” di omicidio o maltrattamento di tipo domestico commesso da un maschio. Basta vedere i titoli comparsi sulla vicenda Sarah Scazzi prima e subito dopo la confessione dello zio e come sono spariti dopo che i fatti hanno cambiato piega.
E per finire, basta leggere anche i commenti delle utenti sotto alcuni articoli di la 27ora, come questo sotto una storia “vera” di maltrattamenti.
Dice la giulia morris (quella che scrive sempre Donne con la D maiuscola).
http://27esimaora.corriere.it/articolo/storie-di-violenza5non-ce-la-farai-ad-ammazzarmi/#comments_list
Si sente l’imbarazzo dei maschietti spiazzati da una storia VERA. Forse, fanno capolino alle statistiche. Ohibò. Invece, l’Istat, in mano ai maschi, di statistiche ne sputano tante e sempre “abbastanza” reali. Mi è capitato personalmente: manager fighetto nel mio ufficio che si vantava di aver elencato tutte le delinquenze possibile ed immaginabili nella regione Lazio. Alla mia domanda: “E riguardo gli stupri?” Ricordo la sua faccia e la sua frase: “Ah… a questo non ci avevamo pensato…” Rido ancora. Questo managerino ha fatto carriera leccando i piedi a vari cardinali. Quelli che spargono odio sulle Donne perché peccatrici della mela primordiale. Oggi, questo essere estremamente “ignorante” (poiché “ignora” la realtà) è un deputato.
Alè, di fronte ad una storia vera, di fronte alla solidarietà che altri manifestano e all’incoraggiamento nei confronti di questa donna, la piccola grande donnina che fa? “gode” nel sentire l’imbarazzo dei “maschietti” imbarazzo che immagina nella sua piccola testolina.
Provo una discreta dose di vergogna di fronte a queste esternazioni, in qualità di essere umano femminile. Come si sono creati questi piccoli mostri?
Rita(Quota) (Replica)
Cara Rita, non c’è + Silver a dirgliene 4
(quando gli passavano i commenti)
Comunque una volta la mandai in puzza pure io
e fu abbastanza divertente
Che dire su quel sito, non so se scriverci ancora o mandarceli/e tutti
Nell’occasione mi presento:
war pigs dal forum sulla questione maschile
Ciao a tutti
war pigs(Quota) (Replica)
articolo notevole, di cui condivido il 90% dei contenuti e il 100% del metodo
fabriziaccio(Quota) (Replica)
@ Fabio Nestola
Caro Fabio
totalmente d’accordo con lei. Colgo anzi l’occasione per ringraziarla dell’immane ed ingrato lavoro che fa.
Una sola considerazione mi sento di aggiungere. Che poi in realtà è una domanda.
A chi giova tutto questo?
A me, senza fare dietrologia (che non mi appartiene), questo comportamento, chiaramente regressivo, unitamente ad altri segnali provenienti un pò da tutte le parti, non fa presagire niente di buono per il futuro.
Spero vivamente di sbagliarmi.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Una considerazione di natura “politica”.
Questo tipo di lavoro (quello fatto nell’articolo) è il nostro lavoro.
E’ cioè il lavoro propedeutico che dovremmo fare e che darà forza alle nostre battaglie. Lavoro certamente ingrato ma, secondo me, indispensabile. Ed è poco importante che sia osteggiato da tutti i media. L’importante è che ci sia e che sia serio e credibile. E’ un substrato informativo assolutamente indispensabile.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ed ecco a voi il post-cimitero.
Con l’elenco dei soldatesse cadute in quest’assurda guerra dichiarata dalle auto-nominatesi generalesse del genere femminile.
Con una particolarità. In questo esercito per entrarci occorre un unico requisito che priva ovviamente le coscritte di ogni possibilità di rifiuto: essere decedute.
Per mano maschile…. ça va sans dire.
Per i moventi: naturalmente non abbiamo bisogno di sentirli dagli inquirenti. Cosi si usava una volta che diamine …
Nel post-mondo femminista ce li diranno loro. Le necrofore. E tanto ci deve bastare. Che poi è inutile lambiccarsi il cervello, i moventi si riducono sempre e solo a quello: l’intrinseca violenza dell’uomo che da quando nasce fin quando muore non fa altro che torturare, molestare ed uccidere donne.
Certo è che per farci entrare in quell’elenco madri uccise da figli con problemi mentali e situazioni di anziani coniugi abbandonati a se stessi ed alle prese con terribili malattie neurovegetative, queste qua l’umanità ce l’hanno sotto al culo. E ci cagano continuamente sopra.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/26/violenza-sulle-donne-quando-lamore-uccide-onu-crimini-tollerati-dallo-stato/275686/
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
forte.. ma profondamente vero
Provai a dirlo anche FS all’inizio del suo avvicinamento. Nel merito, gli feci notare che non capivo il perchè, se la loro denuncia era di origine culturale (denuncia del patriarcato- maschilismo) includevano determinati casi che a mio avviso, palesemente e sottolineo il “palesemente” non c’entravano un tubo e non ne includevano invece di casi che c’entravano. Con l’occasione linkai la notizia di una ragazza ventitreenne che aveva gravemente ferito l’amante del padre per questioni di onore. Fu molto gentile, a onor del vero, mi disse che ne avrebbe parlato e, in effetti, inclusero la notizia nel loro bollettino di guerra e ne tolsero qualcuna che non c’entrava niente.
E però a me è rimasto un tarlo.
Che non riguarda FS, beninteso, lo voglio precisare. A suo modo è stata anche coraggiosa. Peccato che non sia proseguito il dialogo.
Il tarlo è l’eterno dilemma fra il considerare chi diffonde queste notizie e aderisce a queste battaglie in malafede totale oppure vittime di un’allucinazione collettiva da funghi avariati. Perchè davvero come si può pensare di eliminare con una battaglia culturale contro il maschilismo i disagi psichici e finanche i suicidi di coppia dei coniugi.
Perchè se non vado errata, quell’elenco riporta anche la signora Antonia Azzolini
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDCategoria=11&IDNotizia=484374
Rita(Quota) (Replica)
Per la cronaca, come forse ricorderete, abbiamo accolto con grande favore l’apertura da parte di FikaSicula. Sia io che Luigi abbiamo ampiamente risposto al suo articolo pubblicando lunghi commenti sul blog “Tregua di genere” che lei aveva appositamente creato proprio come una sorta di ponte nei nostri confronti. Ad un certo momento si è fatta viva dicendoci che di lì a poco si sarebbe fatta sentire e che solo per ragioni di tempo non ci aveva ancora risposto.
Da allora silenzio totale, il tutto è rimasto lettera morta. Ci risulta però che dopo la nostra risposta (direi anche abbastanza articolata), la nostra amica sia tornata a battibeccare su metro maschile per qualche tempo.
Perché non ci ha risposto? E se non aveva tempo per risponderci, perché è tornata a discutere su metro maschile? Escludendo il fatto (scusate, ma la falsa modestia mi disturba come ogni forma di ipocrisia) che metro maschile sia un blog più autorevole del nostro o comunque più rappresentativo del movimento maschile, come giustificare il suo silenzio? Ripensamento? Crisi personale? Difficoltà ad articolare una risposta credibile?
Opto per le seconde due.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
ps. Stasera sono stanco morto, giornata full time tra lavoro e partita, ci ritorno su con calma.
Però vorrei segnalare al prode “esteta” Gasperini almeno la parte finale del mio commento. Non credi caro Lorenzo che sia meritevole di essere citata nel tuo onanistico blog?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
cioè, tanto per essere chiare: quest’uomo è il femminicida. Lui il carnefice e lei la vittima. E’ probabile che non avessero figli. Se fossero stati i miei genitori o qualcuno a cui volevo bene, credo che avrei denunciato qualcuno
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/TV/index.php?id_categoria=13&id_ansalive=1191
Rita(Quota) (Replica)
nel mentre aspetto il parere di Rino sul mio dilemma noto che Barbara Spinelli su la 27a ora risponde (o meglio manda a dire dalla Pronzato) ad un lettore che chiede chiarimenti sul femminicidio, indirettamente forse da anche una risposta sullo “strano” caso del numero di omicidi di donne più alto nei nordici paesi evoluti:
E’ stato già chiarito da me, in pubblicazioni cartacee ed online riprese su più blog, che seppure gli omicidi di donne sono in calo, i femminicidi sono in aumento (o se preferisce pure gli omicidi di donne commessi da partner o ex partner sono in aumento).
Dunque da questa frase io capisco che il “femminicidio” è soltanto l’omicidio di partner ed ex partner.
Bene, allora se conto dall’elenco di 73 femmincidi forniti dalle necrofore del Fatto solo gli omicidi che hanno come autore il partner (marito o fidanzato) o ex partner e togliendo la signora Azzalini che si è suicidata insieme al marito e magari l’omicidio pietatis causa ne conto 48.
Qualcosa non mi torna comunque 😉
Rita(Quota) (Replica)
Rita
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Il tarlo è l’eterno dilemma fra il considerare chi diffonde queste notizie e aderisce a queste battaglie in malafede totale oppure vittime di un’allucinazione collettiva
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La domanda “Ci sei o ci fai?” è quella che poniamo a chi, a nostro modo di vedere, non può non sapere, e dunque è in malafede. Ma se proprio non vede ciò indica che è tonto del tutto. Innocente sì, ma solamente perché scemo.
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L’idea sbagliata sulle idee.
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Secondo la nostra visione noi abbiamo idee, conoscenze, principi, credenze: le abbiamo, ossia le possediamo, ne siamo i padroni . Esse stanno (starebbero) al nostro guinzaglio. Questa idea (infatti è un’idea pure questa…) è profondamente radicata in noi occidentali. E’ un grave insulto dire a qualcuno che non pensa con la propria testa, ossia “che ha portato il cervello all’ammasso”.
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Eppure, la difficoltà che abbiamo noi stessi nel cambiare idea già per sé sola dovrebbe renderci dubbiosi sulla gerarchia esistente tra noi e le nostre idee. Più che una difficoltà si tratta quasi di un impedimento insuperabile. Lo vediamo benissimo negli altri: la pervicacia, l’ostinazione, la cecità altrui ci paiono evidentissime. E le nostre?
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Se però rovesciamo i termini immaginando di non possedere delle idee ma di esserne posseduti, molte cose si chiariscono. Il prezzo la pagare è però pesante: si tratta di effettuare una rivoluzione copernicana, declassando il presunto padrone (noi stessi e la nostra presunta autocefalìa) al rango di servo. Detronizzazione dura da accettare.
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Gli umani non hanno idee (ideologie, dottrine, fedi, religioni, miti…) ne sono invece posseduti , asserviti. L’idea ha vita autonoma ed usa i singoli e le masse per espandersi, consolidarsi, riprodursi, per durare (decenni, secoli, millenni). Prendiamo il caso dell’Islam che essendoci estraneo ci permette di osservarlo in qualche modo dall’esterno. Un uomo di straordinaria energia, invasato ma geniale, inventa una nuova religione, che in un battibaleno si espande su un territorio vastissimo. Dopo 1500 anni, quell’idea (dottrina, etica, visione del mondo) è ancora (e più che mai) piena di vita. Una fetta enorme dell’umanità vi fa riferimento e ogni giorno esegue gli ordini che essa detta. Generazioni dopo generazioni l’idea permane. E’ sensato dire che l’Islam usa le successive generazioni di islamici per garantirsi la durata nei secoli. I singoli e le masse passano, l’idea resta Come accade in biologia: le generazioni di ogni specie passano, la specie (la forma-specie) resta. Le idee sono forme viventi immateriali che usano i corpi degli uomini come strumenti , come imbarcazioni su cui passare da un’isola all’altra della storia.
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Le idee ci possiedono e ci usano per i loro fini. La condizione universale degli umani , in quanto asserviti alle idee, è definita da Morin allucinatoria (lo stesso termine usato da Rita).
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In questo quadro che ne è dell’autonomia del soggetto, del libero arbitrio e quindi della responsabilità? Se siamo tutti dei sonnambuli di cosa siamo responsabili? Se non sono io quello che pensa ma invece la dottrina, il mito, l’ideologia pensano e parlano attraverso me, di cosa sono imputabile? Come posso essere in malafede?
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Da questo inghippo si esce riconoscendo che l’alternativa “ci sei o ci fai” è sbagliata. Non sono alternative, non si escludono a vicenda, ma anzi convivono e si presentano in combinazioni assai variabili. Quando si propaganda la “verità” secondo cui “ne muoiono più per mano maschile che per ogni altra causa” lo si fa in buona fede, perché tutti lo dicono, lo giura l’Onu e nessuno lo smentisce. Quando arriva la smentita (numeri alla mano) allora si censura, si parla di “delirio” o si glissa. Qui c’è la malafede. Ma è parziale e limitata, perché la boutade viene letta come una sbavatura, una esagerazione, sì, ma a fin di bene. Qualche volta si esagera, si caricano le tinte, ma lo scopo è buono e ciò basta e avanza.
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E che lo scopo sia buono lo dice il paradigma, lo schema mentale, la costellazione ideale nella quale ci si muove: la condizione subalterna femminile che “nessuno può mettere in dubbio” a meno che sia misogino e maschilista. Censure sì, falsità smaccate sì, ma sempre a fin di bene. Perciò la malafede è rinvenibile nei dettagli, non nel complesso, perché chi pensa/parla/agisce è al di sotto del sistema, del paradigma e lo subisce. Non è lui che parla, è il sistema che gli impone di parlare. il parlante, letteralmente, non sa che cosa stia dicendo . Crede di saperlo.
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Il paradigma assorbe e giustifica le malizie perché esso definisce ciò che è e ciò che deve essere. In guerra ingannare il nemico, mentire, dissimulare non è disdicevole. Ci si chiede se e quanta malafede ci sia, ad es., nel definire “deliranti” e nel non pubblicare le cifre di una innegabile serie storica (vedi caso Pronzato). E’ chiaro che in questo caso chi censura sa ciò che fa ed è in malafede. Ma è una malafede integrata e salvata dal paradigma che tiene al guinzaglio teste e cuori.
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Il calvario storico femminile e lo stato di oppressione attuale delle donne sono intesi, sentiti e conosciuti come dati di fatto inoppugnabili. Verità incontrovertibili, alla luce delle quali tutto si integra e si risolve. Tutto ha senso e giustificazione. Da questo punto di vista i devianti, i deliranti siamo ovviamente noi.
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Ma è dura riconoscere che tutti i grandi misfatti, alla radice, sono agiti in buona fede. Tutt’al più con qualche indefinita incertezza, quale sfumato disagio interiore (la c.d. “coscienza infelice”). So bene che questa visione è indigeribile, ma solo per il cuore, che cerca sempre dei colpevoli. La neocorteccia invece non ha difficoltà a considerarla ragionevole.
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Adesso si pone il problema se anche noi siamo in stato di allucinazione. Sarebbe bello avere uno strumento che indichi la nostra condizione come diversa. Ma purtroppo quello strumento non esiste. Non c’è modo di provare che non sia così. Tutti gli epistemologi che ho potuto studiare concordano: non si può provare in modo assoluto che gli altri vivono in una matrix e noi invece nella realtà. Ci sono però delle indicazioni che ci confortano: 1) i nostri potenziali interlocutori evitano il confronto 2) quando non possono evitarlo non oppongono alle argomentazioni altre argomentazioni ma attacchi contro le nostre persone (dileggi, canzonature etc) 3) ci sono troppi numeri a nostro favore, troppi e troppo ben correlati per essere frutto di una qualche allucinazione. Inoltre noi non siamo maggioranza, ma esiguissima minoranza, dunque non c’è alcun potere sistemico che comandi questa parte della nostra visione. Magari altri versanti sì, ma questo no.
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Perciò dico, parafrasando F. Basaglia, che non noi ma la maggioranza è in stato allucinato e vive in una fascinazione: la maggioranza è deviante .
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RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
Grande Rino!…Solo un vecchio anarchico come te può avere la tua lucidità e la tua capacità di guardare in faccia la realtà, nella sua tragicità….
Sottoscrivo, naturalmente…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
condivido,
inoltre a me pare che l’unico metodo che può evitare che siano le idee a impossessarsi di noi, sia quello di “esserci” e “farci” esattamente all’opposto di quel che si intende normalmente con “ci fai o ci sei”. E forse Rino è una delle poche persone in grado di rovesciare la prospettiva e invece di chiedere agli altri “ci sei o ci fai” chiede continuamente a sè stesso “ci faccio o ci sono?”.
A me ricorda vagamente la teoria della falsificabilità di Popper.
E mi pare che l’ideologia di cui sono portatrici sane le giornaliste della 27a ora insieme alla maggioranza della altre non abbia mai cercato e che rifugga qualsiasi verifica di falsicabilità. Senza questo si può sostenere qualsiasi cosa senza possibilità di contradditorio, cercando solo le prove di verificabilità si giunge a un certo punto, quando queste prove mancano, anche ad adattare numeri, statistiche, sforzandole e limandole per farle stare nel paradigma iniziale, non si è eliminato l’errore alla radice, rifiutandosi di applicare un criterio di falsificabilità.
Mi sono capita? Boh,.. vado a studiare un po’ meglio questa cosa..
Rita(Quota) (Replica)
portatrici sane?
Fabriziaccio(Quota) (Replica)
non si dice così quando si parla di qualcuno impossessato da un virus che trasmette agli altri, ma di cui non patisce i sintomi?
Rita(Quota) (Replica)
A me ricorda vagamente la teoria della falsificabilità di Popper. (Rita)
Sì, da questo punto di vista hai ragione. Dal mio (molto più modesto, come sempre) anche Popper (che oggi, non a caso, va molto di moda),cade in una clamorosa contraddizione. Perché proprio lui, paladino della battaglia (filosofica) contro il totalitarismo di cui lui stesso individua le radici teoretiche in Platone, Hegel e Marx (commettendo, a mio parere, un macroscopico errore, come lo stesso Giovanni Reale, non certo un comunista ma un liberale di “sinistra”, fa giustamente notare, basta leggersi il suo manuale di storia della filosofia), e contro le grandi narrazioni ideologico-teleologiche, finisce per cadere nello stesso errore (errore?…), di fatto (e non solo) “eternizzando” la società capitalistica (e liberale, perchè per lui sono del tutto sovrapposte, cosa che la storia stessa ha clamorosamente sconfessato e non da ieri e neanche o solo semplicemente in seguito all’esplosione del turbo capitalismo confuciano cinese), ponendola alla “fine della storia”, proprio lui, nemico giurato dello “storicismo” e soprattutto delle ideologie “chiuse”, considerandola come l’unica “società aperta” al futuro prodotta dalla storia stessa, di cui è addirittura impossibile anche solo pensare il suo superamento.
Popper, a mio parere, ha prodotto un’analisi molto valida per quanto riguarda la critica di tutte quelle ideologie, mi riferisco in primis all’ideologia comunista post marxista sistematizzata e trasformata in una religione secolarizzata o in una concezione teleologica-escatologica (anche se lui metteva tutto nello stesso calderone, come dicevo, da Platone, passando addirittura, anche se più tiepidamente, per Spinoza, fino naturalmente a Hegel e a Marx, sui quali ormai è consentito vomitare per ddl, fino a Stalin e a Pol Pot…), ma non si accorge (o forse sì, e torniamo inevitabilmente alla questione sollevata da Rita e alla risposta di Rino: ci fai o ci sei o entrambe le cose?) di ricadere nell’errore e di costruire di fatto un’altra ideologia della “fine della storia”, dove al posto del comunismo e delle sue sorti magnifiche e progressive, viene collocato il capitalismo.
Ecco quindi che il buon vecchio Popper si presta ad essere (o forse già era in pectore?) o comunque diventa di fatto uno strumento ideologico per il mainstream attualmente dominante, che ha bisogno di sistemi filosofici e ideologici (in questo caso, filosofia e ideologia vengono del tutto sovrapposte) a lui funzionali. E il cane continua a mordersi la coda…
E non è un caso infatti che oggi Popper (comunque tanto di cappello al pensatore, sia chiaro, sapete come la penso…) sia un punto di riferimento sia per il liberalismo di destra, sia per quello di sinistra, nonché ovviamente per una gran parte del coro belante “politicamente corretto” che sputa da tempo su Hegel e Marx, si indigna per i festini dell’ex presidente del consiglio ma appoggia i bombardamenti e le guerre “umanitarie” nella ex Jugoslavia, in Libia, in Afghanistan e fra poco in Siria, nel nome dei diritti (“togliamo il burqa alle donne..), magari anche inventandosi di sana pianta mediatici stupri di massa (come è avvenuto nel caso della Libia) e della democrazia (capitalistica, sia chiaro…).
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sono d’accordo e sottoscrivo anch’io la lucidissima analisi di Rino.
Due sole considerazioni.
Da questo inghippo si esce riconoscendo che l’alternativa “ci sei o ci fai” è sbagliata. Non sono alternative, non si escludono a vicenda, ma anzi convivono e si presentano in combinazioni assai variabili.
Sacrosanto. Però, al di là degli effetti, che spesso possono essere gli stessi, sia che “ci sia” o che “ci faccia” (l’interlocutrice/interlocutore di turno), ritengo importante da parte nostra, per un efficace contrasto, quantomeno “intuire” queste combinazioni.
……Perciò la malafede è rinvenibile nei dettagli, non nel complesso, perché chi pensa/parla/agisce è al di sotto del sistema, del paradigma e lo subisce. …….
Esattamente. E, per come la penso io, sono proprio quei dettagli che noi dobbiamo portare alla luce. Rendendoli chiari e comprensibili ai più. Anche se è una faticaccia improba, basti pensare alla sproporzione di forze in campo. Ma sono gli unici, al momento, grimaldelli di cui disponiamo.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Più ci si inoltra negli intricati meandri della QM, nei suoi infiniti risvolti, nel labirinto dei suoi altrettanto infiniti paradossi, e più ci si rende conto di essere di fronte a qualcosa di strabiliante, che ci lascia increduli. E non si arriva mai all’apice di questa incredulità perché quando pensiamo di aver raggiunto la vetta c’è sempre qualcosa, un episodio, un evento, un fatto, una nuova scoperta, che ci lascia nuovamente stupefatti, senza parole. E allora ci ritroviamo ancora una volta a interrogarci e a chiederci il perché e il percome di tutto ciò, di come sia possibile che anche gli altri non “vedano”, come è stato possibile arrivare a questa situazione, quale oscuro ingranaggio psichico ha paralizzato (e paralizza) gli uomini, come se ne può uscire, quale sia la chiave di volta, ecc. ecc. ecc..
Se non ci si attrezza dal punto di vista psichico e psicologico, la situazione potrebbe anche precipitare verso una condizione disperante, molto pericolosa e gravemente destabilizzante per l’equilibrio della grande maggioranza degli uomini. E questa è la ragione per cui solo pochissimi hanno il coraggio e la forza di entrarvi. E’ necessario compiere un determinato percorso per poterlo fare. Noi possiamo “solo” lavorare per accelerarlo e per cercare di costruire le condizioni affinchè cresca il numero di coloro che possono essere spinti ad intraprenderlo . Per questo insisto sulla necessità di costruire comunità, di incontrarsi, stringere rapporti umani, socializzare le esperienze e moltiplicarle.
Spesso i neofiti (è successo a tutti, anche al sottoscritto, ovviamente), ad un certo punto del percorso, sviluppano il più che naturale desiderio di accelerare i tempi, di forzare la situazione. Poi, con il tempo, ci si rende conto che è necessario attrezzarsi per una “guerra” di lunghissima durata, un nuovo e sconosciuto conflitto di cui solo pochissimi sono consapevoli.
E adesso, tutti a vedere l’Italia… del resto, anche una partita di calcio può aiutare a tirare avanti…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Stai scherzando Fabrizio ,il calcio è maschilista ..però ,strano a dirsi ,quando vince l’ Italia le c’è una bella lotta chi ,tra uomini e donne è più invasato
Comunque il presidente Pertini ha cosi risposto a chi dava troppa importanza alle sue esultanze calcistiche
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“Ma i nostri problemi, ma buon dio, insomma! Che ci sia una sosta nelle preoccupazioni, nella tristezza, nella insoddisfazione! Ci sia un po’ di sosta, dopo 6 giorni di lavoro viene la domenica, no? Chi ha lavorato 6 giorni ha diritto alla domenica di andarsene con la famiglia a gioire sulla spiaggia, in montagna o altre robe. E gli si dovrebbe dire: “Come mai tu gioisci quando ti attende il lunedì?” Io penso a gioire la domenica, per il lunedì verrà il suo tempo.”
(Sandro Pertini, alla domanda: “Ma non le pare esagerato esultare per una vittoria di calcio ai mondiali?)
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Oltre a questo ,una domanda tecnica ,non so come mai sia sia venuto fuori il mio blog come commento cioè “fendominismo” ,niente di grave ,sia chiaro ,anzi..però strano ,non avevo scritto niente qui …
mauro recher(Quota) (Replica)
Mandato anch’io un post al blog 27 ora ..
Sintetico ,ho chiesto solo che anche gli altri utenti vengano messi a conoscenza del delirio del link in questione (Femminicidio Finlandese )
mauro recher(Quota) (Replica)
Rita:
>>
Il tarlo è l’eterno dilemma fra il considerare chi diffonde queste notizie e aderisce a queste battaglie in malafede totale oppure vittime di un’allucinazione collettiva
>>
Questa è una grande questione, di straordinario interesse anche perché non riguarda solo il femminismo ma l’intero spettro delle storia delle idee (ideologie, dottrine, fedi, religioni).
Non riesco a resistere alla tentazione di dirne qualcosa, perché riguarda la sociopsicologia della conoscenza, che sarebbe il mio sport preferito da sempre. E’ un riflesso condizionato: suona il gong e io entro ad occhi chiusi in questo ring. E’ più forte di me.
A domani alcune considerazioni. Cmq per partire dall’apice suggerisco la lettura del saggio di Edgar Morin “Le idee . Habitat , vita, costumi e organizzazione” Raffaello Cortina Ed.
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
alcune di loro mi sembrano genuinamente fuori di testa, in particolare la Z4n4rd0.
fulvio terzapi(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi >>> E adesso, tutti a vedere l’Italia… del resto, anche una partita di calcio può aiutare a tirare avanti…
Il più delle volte un match calcistico serve a mascherare la lordura che si nasconde tra i vizetti italioti… detto questo, l’errore madornale di Prandelli è stato quello di schierare Chiellini (gia’ colpevole del gol che abbiamo preso con la Croazia) al posto di Balzaretti. C’è poco da fare: non ha i piedi e non è nemmeno un difensore di fascia, lui è un centrale e deve solo ringraziare che il Milan del dopo-Barca (inesistente il rigore dato ai blaugrana dopo l’uno a uno rossonero) abbia avuto un calo psico-fisico contro la Fiorentina, partita che clou che ha permesso alla Juve di vincere lo scudo.
Cmq, non so se Fabregas si sarebbe involato in maniera così morbida dentro all’area di rigore se non ci fosse stato Chiellini… il 4-0 è stata tutta una conseguenza (chiaro che la differenza di condizione dovuta a 2 giorni di riposo ha avuto il suo peso, se si tiene in considerazione il fatto che poi i giorni diventano 4 visto i supplementari con l’Inghilterra)…
poi non ho capito il cambio Montolivo (centrocampista di costruzione) col scialbo Thiago Motta (centrocampista di rottura) al di là dell’infortunio in cui è incappato quest’ultimo… cmq un 4-0 un pò troppo pesante a mio parere… benchè gli spagnoli negli ultimi anni abbiano espresso un calcio stratosferico (il tiki-taka lo adoro) non credo che il risultato sia così netto tra noi e loro…
Scusate l’off-topic…
Ethans(Quota) (Replica)
Scusate l’off-topic…(Ethans)
Va bè, te lo passiamo, dai, giustificato, dopo una finale persa in quel modo.
Ciò detto, e mi fermo qua, condivido la tua analisi, soprattutto per quanto riguarda le scelte (sbagliatissime) del tecnico (io avrei fatto giocare pure Giovinco al posto di Cassano dal primo minuto).
Chiusa la parentesi, torniamo a noi…
Avremo tempo e spazio per commentare in altre sedi durante la settimana le vicende della nazionale…
P.S. secondo me quell’uccellaccio del malaugurio seduto in tribuna d’onore vicino a Platini ha portato pure sfiga…(la chiudo qui per davvero… )
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Un 4-0 però proprio non mi va giù… non mi è mai piaciuto l’amaro sapore della sconfitta… e non solo in ambito calcistico… vabbè la chiudo qui anch’io altrimenti non se ne esce più… grazie per la pazienza ;)))
Ethans(Quota) (Replica)
L’ennesimo articolo sul “femmicidio italiano”.
Riporto dapprima il link:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/05/alessandra-la-76esima-vittima-del-2012/284862/
poi l’articolo. In neretto le mie considerazioni.
……………………………………………………….
Alessandra, la 76esima vittima del 2012
di Nadia Somma e Mario De Maglie | 5 luglio 2012
Alessandra, la settantaseiesima vittima del 2012, aveva ventisei anni e due bambini di 6 e 4 anni che dormivano nella stanza accanto mentre il marito la uccideva con un colpo di forbici al petto. Il minimo comune denominatore di questi delitti è la rabbia furiosa di un marito o compagno che si sente ancora un uomo-padrone della vita o del corpo di una donna.
Gli appelli sul web “Basta violenza sulle donne!” accompagnano come un monotono coro impotente la sequenza di femminicidi. Il ritmo delle violenze probabilmente non rallenterà a dispetto degli appelli. Dal 2005 le uccisioni di donne sono in costante aumento. Si esortano le donne a denunciare, colpevolizzandole per il silenzio, ma sono le istituzioni le prime a lasciarle nel silenzio. I progetti per far emergere la violenza sulle donne in Italia sono inadeguati e qualche bando ministeriale per finanziarli non è sufficiente a creare un sistema virtuoso. Titti Carrano, presidente dell’associazione nazionale D.i.Re , in più occasioni ha dichiarato che le richieste di aiuto delle donne ai centri antiviolenza aumentano di anno in anno ma le capacità di ospitalità ed accoglienza diminuiscono a causa della riduzione dei fondi messi a disposizione dagli enti locali per la protezione delle vittime. Diversi centri antiviolenza hanno già chiuso e altri sono a rischio chiusura.
Un’esortazione è stata fatta anche nei giorni scorsi nella sede Onu di Ginevra dove la piattaforma italiana Cedaw ha chiesto al Governo italiano l’adozione di misure immediate volte a finanziare in maniera certa e continuata nel tempo le case rifugio esistenti e i centri antiviolenza che lavorano con un approccio di genere; tra le richieste anche la creazione di sistemi di raccolta dati su tutte le forme di violenza alle donne e la valutazione dei costi sociali. Un buon lavoro di rete si potrà raggiungere solo con il rafforzamento della formazione e del coordinamento tra magistratura, polizia, assistenti sociali, operatori socio sanitari che vengono in contatto con situazioni di violenza sulle donne.
L’altro fronte su cui lavorare è quello culturale. Si dovrebbero prevedere programmi di educazione per le scuole e le università, sull’identità di genere, la sessualità consapevole, la decostruzione degli stereotipi e al contrasto della violenza. Infine formare giornalisti sui temi della violenza contro le donne e all’uso di un linguaggio appropriato per divulgare le informazioni sugli episodi relativi alla violenza di genere e alle discriminazioni. Le violenze sulle donne non sono “drammi della gelosia” tantomeno “delitti passionali” ma sono un genocidio nascosto come lo ha definito Amartya Sen.
Queste le richieste rivolte al governo italiano e in particolare al ministro Elsa Fornero: è possibile aspettare ancora?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Qualche giorno addietro ho inviato un commento che, strano a dirsi, non ha incontrato molti problemi ad essere pubblicato. Ed è questo:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/05/alessandra-la-76esima-vittima-del-2012/284862/#comment-578286861
Lo riporto a seguire per comodità.
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Luigi Corvaglia 3 giorno fa
Ogni quarantotto ore in Italia, con un ritmo tragicamente regolare, una donna viene uccisa dal marito o dal compagno: questo dicono le statistiche.
A parte le eventuali considerazioni da fare sui criteri, arbitrari ed ideologicamente orientati per far entrare in quest’elenco gli omicidi ai danni di donne, tanto arbitrari che più che un elenco sembra una fisarmonica, ora 70, poi 76, altrove 80 (a seconda delle “autorevoli fonti”), a parte questo dicevo, da notare il link associato a “questo dicono le statistiche”. Non ero corrente che la casa delle donne fosse un istituto di statistica!!!
Se invece andassimo a prendere numeri e dati in maniera più seria, si scoprirebbe ad esempio che nei paesi dell’Unione Europea tra il 1982 e il 2002 per quel che riguarda le donne morte per omicidio, l’Italia si attesta nella media, anzi persino più in basso delle civili, Francia, Germania e Svezia.
Si noterebbe altresì che il tasso italiano è più o meno simile a quello attuale, e si sta parlando di dati che partono da trent’anni addietro. Non una manciata d’anni, come nelle cosiddette “statistiche” linkate. Sotterfugio che permette di fornire affermazioni sicuramente in linea con gli intenti di chi le ha prodotte, ma di credibilità statistica pari a zero.
Ma soprattutto si scoprirebbe che la civilissima e femministissima Finlandia ha un tasso di omicidi femminili che varia da quattro a cinque volte il nostro.
Ma allora si sarebbe costretti/e, vista la vostra linea, a considerazioni un tantino imbarazzanti e da cui non si sfugge.
1) Se gli omicidî di donne sono frutto di una cultura maschilista, l’unica è ammettere che in Italia c’è molto meno maschilismo che nel resto d’Europa, visto che nel resto d’Europa si uccidono più donne, e visto anche che in Italia si uccidono molte meno donne che uomini.
2) Se invece si ritiene che l’Italia sia un paese maschilista bisogna ammettere che questo non è legato al numero di donne uccise, le quali, altrimenti, dovrebbero essere molto più numerose che nel resto d’Europa.Per cui: o il maschilismo italiano non ha nulla a che vedere col numero di donne uccise, oppure l’Italia è meno maschilista del resto d’Europa.
O l’una o l’altra.
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Orbene, ripasso ieri (ebbene si …. io ritorno sempre sul luogo del delitto 8) ), e trovo una replica al mio commento da parte di un cavaliere bianco (iscrittosi apposta sulla piattaforma Diskus con 2 soli messaggi all’attivo) in soccorso delle gentili donzelle. La riporto:
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Adamo Bolognesi – 1 giorno fa – in risposta a Luigi Corvaglia
La statistica è una scienza curiosa che dice che se io mangio due polli e tu nemmeno uno allora mangiamo un pollo a testa. Non è questo il problema. Il problema è che un omicidio… anche un solo omicidio, è uno di troppo… e credo che questo sia un concetto fin troppo banale da capire,
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Potevo starmene zitto, senza replicare?
Certo che no.
Ed allora gli ho mandato il seguente commento:
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E lo dice a me!
Per me, ogni omicidio è di troppo. Ogni omicidio è un mondo di emozioni, esperienze, capacità che si spegne.
Vede, io non sono credente e proprio per questo la vita, questa vita, l’unica che abbiamo, per me è sacra. Infinitamente di più di chi pensa ci sia un secondo tempo.
Ma, mi scusi, perché fa a me quest’osservazione?
Io ho solo risposto a chi, statistiche (sue) alla mano, fa determinate osservazioni e arriva a determinate conclusioni, rilevandone la fallacia e la strumentalità. Perché vede, tutto mi va di fare fuorché giocare con le vite umane come fossero numeri, ma se osservo altri/altre fare questo giochino, allora dico calma. Calmiamoci e vediamo come stanno le cose.
Non giocano dice?
Bene. Allora vada a vedersi quell’elenco (in un altro post, su questo stesso giornale) e mi dica se può starci ad esempio (ovviamente dissento in toto, ma questo è un altro discorso), pur con i loro criteri, il caso di un figlio con disturbi mentali che uccide la madre o quelli di due anziani coniugi che decidono insieme di togliersi la vita.
Guardi, non so nemmeno se verrà pubblicata questa mia risposta, per cui mi astengo dal dirle cosa penso di chi si presta a queste cose, perché altrimenti verrebbe cassata di sicuro.
Mi chiedo solo se un’ideologia può giungere ad uccidere l’empatia con gli altri, l’umana compassione.
Comunque ha ragione. Il concetto è banalissimo, ma c’è chi lo ha dimenticato. E stia sicuro che non si tratta del sottoscritto.
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Come potete verificare con il link, questo commento invece è stato censurato.
Probabilmente sono state/i richiamate all’ordine da tal RosaLouise (alias Cristina Correani) che in un suo commento lascia trasparire l’intimità con quelle/ i del Fatto.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Anche questa è una strategia ben precisa. Per le eterne / gli eterni paladini del “lo sento nel cuore” le statistiche sono importantissime e dicono l’esatta verità della situazione nel nostro paese. Se però gli fai notare che le statistiche da loro citate sono farlocche, allora le statistiche non hanno più importanza e conta solo quello che “sentono nel cuore”. Il cavaliere in questione non è il primo e non sarà l’ultimo, come la prode amazzone guerriera che parlava con Mauro Recher citando quel “99,9% dei casi” che con tutta probabilità si è sognato la notte, però “sente nel cuore che è così”.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Non c’è nulla da fare. Se manca l’onestà intellettuale, almeno un minimo, non c’è possibilità di dialogo. L’unica cosa da fare, forse, è far parlare le cifre, o contestare la veridicità delle cifre farlocche,o evidenziare il significato di quelle cifre in rapporto al totale e sperare che qualche lettore ci rifletta da sè. Ma cercare di interloquire con i disonesti intellettuali è inutile.
armando
armando(Quota) (Replica)
Questo è un articolo pubblicato sul giornale on line di Rifondazione Comunista:
http://web.rifondazione.it/home/index.php/conoscenza/10743-un-corteo-bianco-contro-la-strage-delle-donne?utm_source=newsletter99lug20&utm_medium=email&utm_campaign=RifondaNewsletter
Gli ho già inviato l’articolo sul femminicidio finlandese…
Notate la foto con il volto della donna pesto e tumefatto e soprattutto il riferimento al “percorso di “rieducazione collettiva” contenuto nell’articolo…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Mie impressioni su un articolo
http://femdominismo.wordpress.com/2012/09/06/ancora-sui-femminicidi-2/
mauro recher(Quota) (Replica)
L’articolo campeggia sulla Home della Stampa con il titolo “Emergenza stalking: 90 donne uccise nel 2012.
Cliccandoci sopra si arriva a:
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/468176/
11/09/2012 – LE STIME DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE
Stalking, un’emergenza continua. Novanta donne uccise nel 2012
Nel 15% dei casi i delitti sono stati preceduti da denunce. Cresce la preoccupazione per i conflitti padre-figlia all’interno delle comunità di migranti
FRANCESCA PACI
ROMA
Qual è il paese occidentale in cui dall’inizio del 2012 sono state uccise 90 donne, molte delle quali a causa di possessività, gelosia, problematiche legate alla coppia scoppiata? La risposta, fornita dall’Osservatorio Nazionale Stalking, è l’Italia, dove i dati aggiornati al 10 settembre scorso parlano di 10 vittime al mese, molte delle quali assassinate da uomini che conoscevano, in seguito a una separazione o a un rifiuto.
Sebbene nel 2011 la cifra fosse addirittura superiore – 127 omicidi – il quadro è tutt’altro che rassicurante. Anche perchè nel 15% dei casi i delitti erano stati preceduti da denunce per stalking. Una decina di rei confessi inoltre, si è tolta la vita dopo l’arresto. Secondo l’Osservatorio, che stima il numero di quelle che subiscono in silenzio per paura di ritorsioni assai superiore a quello delle coraggiose tamburine degli abusi maschili, almeno un persecutore su tre è recidivo e dopo la denuncia o condanna torna a molestare la vittima, spesso con ferocia maggiore. Maggiore successo ha la scomessa sul recupero , come il Centro Presunti Autori istituito nel 2007 dall’Osservatorio Nazionale Stalking che ha già risocializzato 200 stalker.
L’Italia, patria di agguerriti movimenti femministi durante gli anni ’60 e ’70, ha abrogato il delitto d’onore solo il 5 agosto 1981, vale a dire che fino a quel giorno un delitto perpetrato al fine di salvaguardare l’onore (per esempio l’omicidio della moglie adultera) era sanzionato con pene attenuate rispetto all’analogo delitto di diverso movente. Oggi che il delitto d’onore cacciato dalla porta principale rientra dalla finestra delle comunità migranti come conflitto generazionale tra padri conservatori e figlie renitenti alla tradizione, le italiane hanno tragicamente imparato a familiarizzare con il termine stalker, un individuo che presenta gravi difficoltà psicologiche ad accettare l’abbandono e perseguita la sua presunta carnefice. I dati dell’Osservatorio rivelano che nel 70% dei casi si tratta di un uomo, nel 95% dei casi è un conoscente della vittima, nell’80% dei casi è un manipolatore affettivo, nel 70% dei casi ha subito un lutto, un abbandono o una separazione significativa mai elaborata.
http://www.centropresuntiautori.it
http://www.stalking.it
http://www.osservatoriosicurezza.it
http://www.mediacrime.it
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Articolo falso, mistificatorio e terroristico . 👿 Utile solo a preparare psicologicamente il terreno per l’introduzione nel nostro codice del “femminicidio” ed a prelevare dalle nostre tasche, in pianta stabile, i soldi per mantenere il circo femminista. Vedasi DDL n. 3390.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
ho trovato questo interessante ,a mio avviso ,post su uomini3000
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Se io dicessi “io sono contro la mafia” oppure “io sono contro la fame nel mondo” mi si risponderebbe “e grazie al cazzo!”, però, fateci caso, se uno dice “io sono contro la violenza sulle donne” allora arriva qualcheduna che gioisce come se avesse vinto al superenalotto, “ma che uomo eccezionale”, “grazie di esistere”, ” che uomo meraviglioso”…tutte cose che, se avesse detto le due frasi che ho detto all’inizio, non si sognerebbero nemmeno di pensare, dire e fare.
Essere contro la mafia e la fame nel mondo è una cosa “ovvia”, si parte dal presupposto che una persona normale lo sia (nonostante i mafiosi e la gente collusa sia tantissima), però non viene considerato “ovvio” che un uomo sia “contro la violenza sulle donne”, anzi, tutte quelle espressioni di giubilo fanno pensare che si ritengono circondate da violenti, assassini e stupratori.
Questo al mio paese si chiama “sessismo”!
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quoto in toto il post perchè è la mia stessa impressione ,essere contro la violenza sulle donne è l’eccezione , solo che ,questa volta ,non conferma la regola
mauro recher(Quota) (Replica)
Sempre su un altro post della Lanfranco, sebbene non attinente all’argomento:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/17/a-pelle-nuda-ma-non-in-italia/384616/
ho avuto modo di inserire, rispondendo ad un altro utente, i dati veri sulla mortalità femminile. Riporto a seguire:
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Luigi Marziani 1 ora fa in risposta a silvano de lazzari
Be in un mondo in cui la prima causa di morte per le donne è l’uomo e non viceversa credo che “l’aggettivo” femminista non indichi proprio la stessa cosa del suo contrario…
Luigi Corvaglia 14 minuto fa in risposta a Luigi Marziani
Si .. si … e gli elefanti volano ….
I dati della WHO del 2008 (ultimi disponibili) indicano come prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 15 e i 44 anni le malattie infettive e parassitarie, con 1.051.482 decessi (33,68%). La violenza rappresenta la nona causa di morte, con 52.711 decessi su un totale di 3.121.310 nell’anno(1,68%).
Fonte: http://www.who.int/whosis/database/mort/download/ftp/morticd10.zip (archivio da scompattare)
Ed inoltre: la prima causa di morte per le donne in Europa sono le malattie del sistema nervoso, con un tasso di 126,2 casi su 100.000 abitanti, seguono
– Cancro a fegato, laringe tachea e bronchi: 117,8
– Cancro (neoplasie maligne): 91,6
– Cancro al seno: 86,2
– Malattie del sistema circolatorio: 68,9
– Incidenti automobilistici: 56,4
Fonte: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Causes_of_death_statistics (vedere la tabella excel)
Andiamo avanti.
La frase: “La violenza contro le donne è la prima causa di morte in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni” è palesemente falsa. L’omicidio e aggressione nella fascia di età tra i 15 e i 44 anni sono la quartultima causa di morte (55 occorrenze su 4.595 decessi); la prima causa di morte sono i tumori (2.139 occorrenze su 4.595 decessi). Allungando l’arco temporale di vita il quadro sostanzialmente non cambia.
Fonte: http://www.istat.it/it/archivio/24446 (vedere le tavole)
Cordialmente.
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ps. Ringrazio i MS. E’ dal loro post ( http://maschiselvatici.blogsome.com/2012/05/07/p621/ ) che ho preso dati, link e parole (a proposito, qualche link non funziona più). Ho preferito rimandare direttamente all’OMS, all’Eurostat e all’Istat per rendere il discorso, come dire, più neutro ad occhi terzi. Cioè sbattergli in primo piano i dati senza una nostra mediazione (in questo caso dei MS)
Armando …. Cesare ….. sono perdonato?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Salve, è da un po’ che seguo Uomini Beta e lo trovo un sito molto interessante e ben scritto.
In particolare, questo articolo del “Femminicidio finlandese” ha suscitato in me parecchio interesse. Non avendo Facebook, ho diffuso il post sul mio blog (ovviamente mettendo il link originale). Spero non vi dispiaccia
Capa(Quota) (Replica)
Nessun problema Capa, anzi benvenuta (o benvenuto) fra noi, a questo punto però dicci pure qual è il tuo blog…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sono maschio
Ecco il link del mio blog
http://lospaziodellacapa.blogspot.it/
Capa(Quota) (Replica)
Bè, meglio di così non potevi fare, Capa…
Intanto direi che potremmo linkarci vicendevolmente…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
http://femdominismo.wordpress.com/2012/10/20/ogni-maledetto-femminicidio/
mauro recher(Quota) (Replica)
Mauro, sei un istigatore.
Un istigatore a scrivere ……
Uno se ne sta tranquillo per i fatti suoi, poi arrivi tu ….. puumm….. con un tuo post.
Lo si va a leggere, il tempo di capire con chi ce l’hai, un link che una volta tanto m’era sfuggito ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/20/femminicidio-quante-volte-ancora/388249/#comment-688082222 ), la voglia di non perdere tempo, di non correre dietro alle solite strumentalizzazioni ……
Niente da fare. Non ce l’ha faccio, devo scrivere cosa ne penso. Lo faccio:
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Luigi Corvaglia 12 ora fa
Cara Nadia
lei dice: “Il post l’ha scritto Mario de Maglie, sono intervenuta solo per esprimere la mia indignazione, nei confronti di coloro che sul corpo di una ragazza di diciassette anni non hanno una parola, (una!) un pensiero, ma solo un carico di livore ……”
Probabilmente azioni, parole ed ideologie settarie generano reazioni, parole ed ideologie settarie a loro volta.
Cercherò di spiegarmi con un esempio. Intervenivo fino a poco tempo fa sul blog del Corriere (la 27a ora), ovviamente con un punto di vista diverso dal loro, ma in maniera molto educata e civile. Adesso non lo faccio più. O molto più che rarissimamente. Sa perché?
In seguito al loro primo post su Stefania Noce. La ricorda vero? Probabilmente non si ricorda però di Paolo. Il nonno morto tentando di difenderla. Ed infatti non se lo sono ricordato ne loro, ne altre, altrove. Nemmeno 3/4 righe di finto cordoglio. E la cosa si è ripetuta anche in tutti gli altri casi in cui c’erano come vittime anche uomini.
La cosa mi ha letteralmente schifato e mi ha definitivamente aperto gli occhi sul sessismo di tanto, troppo, spero non tutto, femminismo. Nonché sulla differenza di valore che questi attribuisce in base al sesso.
Non si può chiedere empatia e non darla mai. La cosa sconfina facilmente nell’idolatria.
E certo che sono addolorato per Carmela, ma questo dolore non lo condividerò mai con chi, per convinzione od altro, combatte una battaglia che so in parte strumentale ed in parte sbagliata, nei metodi, che ovviamente discendono dal retroterra ideologico.
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Mauro …. visto che ci siamo, spero che creino una nuova specie di reato. Quella dell’istigazione a …. scrivere.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
tutti ottimi i commentatori, Cimo, Omen, Capitan findus, Luigi, Claudio, Orfeo. Io non volevo rifare la procedura per entrare, ma li sottoscrivo tutti. E grazie a mauro.
Bella anche la lettera di un uomo all’omicida della ragazza diciassettenne, su FaS.
diait(Quota) (Replica)
d’altra parte, se si obietta giustamente a chi usa il corpo ancora caldo di una vittima (donna o uomo che sia) per promuovere un’agenda (la propria) converrebbe astenersi dal commentare in qualsiasi modo. O almeno fare passare il tempo necessario a restare nel ramo decenza… (Lo dico anche a me stessa)
diait(Quota) (Replica)
Infatti Dia, infatti.
Perciò parlo, scherzosamente s’intende, di istigazione a scrivere.
In linea di massima preferisco non intervenire. Perché cosi comunque partecipo al baraccone. Con la parte già assegnata peraltro.
E probabilmente questa volta manco sarei intervenuto se non fosse stato per le osservazioni della Somma.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
sì, certo. Parlavo più per me che per te. In questi giorni avrei avuto voglia di intervenire, in diverse occasioni, ma poi ho pensato ceh sarebbe stato del tutto fuori luogo.
diait(Quota) (Replica)
Non ci posso credere. Ci hanno parlato tutto il tempo della diciassettenne uccisa (reato grave, sia chiaro) , addirittura ho letto giornali (la Tribuna di Treviso, siccome abito in provincia della suddetta città) parlavano di femminicidio, ma lasciano a marcire l’uomo accoltellato! Perchè? Perchè ha un cromosoma Y? Patetico! Pubblicherò anche questa notizia (con le dovute precisazioni). Ringrazio Luigi Corvaglia per l’importantissimo contributo.
Capa(Quota) (Replica)
Forse andava nel thread “violenza di genere”, ma tant’è.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
a me piace andare alla radice dei problemi…
segnalo 2 cosette di cui non parla mai nessuno:
1) i SOLDI che le donne scroccano da millenni… e continuano a scroccare (soprattutto post-separazione) anche nella presente restaurazione del “matriarcato” (paraculo, a senso unico), mentre nelle vere culture matrilineari il maschio non mantiene la donna. siamo ridotti a patetici bancomat ambulanti e animali da circo per il loro divertimento sadico. ma questo solo nella cultura cristiana, il che si collega al punto 2.
occorre parlare di più di SOLDI. ovvero della prostituzione di massa a vita.
2) la causa di tutto è il CRISTIANESIMO, che, operando una repressione senza precedenti nella storia della sessualità femminile, ha causato un profondo spread fra domanda di sesso maschile e femminile. è la loro scarsa domanda di sesso che alimenta il loro potere divino e crea il prezzo, monetario e psicologico, che noi dobbiamo pagare.
in culture non cristiane (e soprattutto in quelle tribali) non funziona così.
il martello(Quota) (Replica)
articolo davvero fuori dal coro
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/24/femminicidio-ma-siamo-sicuri/390514/
mauro recher(Quota) (Replica)
Ottimo articolo davvero, Mauro, e soprattutto fuori dal coro, come giustamente hai sottolineato.
Ciò detto continua la schizofrenia del FQ che da tempo ospita coraggiosissimi e condivisibilissimi articoli dell’ottimo Mazzola contestualmente alle solite scontate liturgie femministarde di sempre. Forse una scelta editoriale? Si sono forse resi conto che esiste un pubblico maschile che cominica ad avere il mal di pancia dopo decenni di sistematico pestaggio psicologico e morale (e materiale) e lo vogliono intercettare? Questione da indagare, perchè non credo, per lo meno in queeti ambiti, che le cose avvengano per caso…In ogni caso va bene così…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ho appena pubblicato questo commento su FaS e sulla bacheca di facebook del Movimento femminile per la parità genitoriale:
“Trovo che questo articolo di FaS , abbastanza scontato, per la verità, per lo meno dal mio punto di vista, sia un passo indietro rispetto al percorso, anche coraggioso, che sta compiendo quel movimento. Specie in considerazione del fatto che l’articolo di Mazzola rappresenta una mosca bianca nel mare magnum della comunicazione a senso unico che continua indefessamente nella sua sistematica operazione di colpevolizzazione e demolizione psicologica e morale del genere maschile (operazione in sé qualunquista, interclassista, politicamente trasversale, sessista e razzista).
Peraltro, è il termine stesso di “femminicidio”, anche dal punto di vista semantico (il linguaggio è come la matematica: non è mai casuale) che contiene quel concetto di criminalizzazione del maschile di cui sopra.
Il termine “Femminicidio” deriva infatti da “genocidio” , ed è a quest’ultimo che vuole richiamare, anche e soprattutto da un punto di vista psicologico di massa.
Voglio ricordare che fino ad un paio di anni fa circolava, o meglio, era stata diffusa ad arte da tutti i media, fino a farla diventare immaginario comune, una macroscopica quanto spregevole menzogna (diventata un vero e proprio mantra ripetuto come una filastrocca in ogni dove), in base alla quale la prima causa di morte nel mondo per le donne era la mano omicida degli uomini. “Ne uccide più l’amore del tumore”, questo lo slogan (lo ricordo bene). Più del cancro, più di ogni altra malattia, più delle carestie, delle siccità, degli incidenti stradali, delle guerre (chi vuole approfondire, volendo, può leggere questo articolo pubblicato sul nostro sito https://www.uominibeta.org/2012/05/13/la-grande-menzogna/ ) .
Poi, pian piano, dopo anni di martellamento mediatico, la menzogna ha cominciato a venire a galla. Addirittura Amnesty International (così come l’Unicef) è stata costretta a smentirla un paio di anni fa, lo ricordo bene, con un trafiletto sul suo sito ufficiale – come usano fare tutti i media dopo che per anni hanno creato un mostro, sbattuto in prima pagina, rivelatosi poi innocente (ma intanto lo hanno demolito) – in cui spiegava appunto che la notizia era fondata su dati falsi e non provati.
Ora, sarebbe lecito (e soprattutto doveroso) chiedersi, e invito tutte e tutti ad una riflessione in tal senso, come sia stato possibile che una menzogna di siffatte proporzioni potesse essere trasformata per anni ed anni nella verità assoluta. Il bello (si fa per dire…), miracoli del potere mediatico, che da un momento all’altro, non se ne è più parlato (chi scrive è uno che per una buona parte della sua vita ha lavorato, sia pur modestamente, nell’ambito della comunicazione, e sa di cosa parla…). Come ripeto, vuoi per una ragione, vuoi per un’altra, la “grande balla” era venuta alla luce, e di conseguenza non era più credibile. Ciò non toglie che quella grande, gigantesca, ciclopica bugia abbia contribuito a costruire un clima, a forgiare coscienze (falsa coscienza), a condizionare psicologicamente intere masse umane di donne e di uomini, e a tradursi in atti politici concreti (leggi leggi repressive, liberticide e antimaschili).
Ora non se ne parla più. Ai piani alti hanno deciso di cambiare strategia. Ora lo slogan è diventato “ogni due/tre giorni una donna viene uccisa”. Naturalmente ci si guarda bene dall’indagare più di tanto, anzi, non si indaga affatto. Perché se lo si facesse si scoprirebbe che non tutte le donne uccise sono vittime dell’”amore” (o della spregevole oppressione maschilista, a seconda dei punti di vista), che molte vengono assassinate per le stesse ragioni per le quali vengono assassinati anche gli uomini (che sono vittime di omicidio in misura quattro o cinque volte superiore alle donne), che un parte, mediamente tra il 20 e il 25%, vengono uccise da altre donne, che una cinquantina o una sessantina circa di “femminicidi” (anche se fossero cento non cambierebbe nulla) ogni anno su una popolazione di trenta milioni di donne e trenta milioni di uomini non costituiscono neanche il barlume di un fenomeno degno di essere annoverato fra le statistiche (qualsiasi serio esperto di statistica, non a stipendio, potrebbe confermarlo…) e che l’Italia, considerato da sempre come uno dei bastioni del maschilismo più duro a morire, le donne uccise sono molte, ma molte di meno (da quattro a cinque volte) rispetto a quelle uccise nelle evolutissime, civilissime e soprattutto femministissime Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania, Francia e via discorrendo (chi volesse approfondire può leggere https://www.uominibeta.org/2012/10/19/il-femminicidio-finlandese/) .
Naturalmente ora sarebbe necessario aprire una lunga riflessione sul tema della violenza, argomento a dir poco complesso, di come viene esercitata, da chi viene esercitata, con quali modalità, in quali forme e via discorrendo. Non lo faccio, per ovvie ragioni di spazio e tempo. Chiunque fosse seriamente intenzionato a farlo sa come contattarci: siamo disponibili in qualsiasi momento a pubblici confronti”.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
E puntuale arriva la replica all’articolo di Mazzola da parte del duo Somma/DeMaglie:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/25/femminicidio-nessun-dubbio-parla-cronaca/392843/
Ethans(Quota) (Replica)
Fabrizio caro, loro quando parlano di “femminicidio”, non si riferiscono alle statistiche e ai numeri, ma al movente, sì, al movente. Cioè per loro ad esempio un uomo che mollato dalle moglie la uccide, per loro il movente che ha mosso tale delitto non va ricercato nel raptus dovuto alla disperazione, alla rabbia, al dolore di rimanere soli, all’ ingiustizia subita(nel caso in cui lei lo ha rovinato con mantenimenti eccessivi o false accuse) e quan’altro bensì ad una inesistente-e mai comprovata-volontà di ostacolare l’ “autodeterminazione delle donne”, cioè in poche parole “perchè donna”, “in quanto donna”, come ha avuto modo di sottolineare e ribadire anche il bisonte anti-sessista:
“Finché un solo uomo ucciderà una sola donna perché è una donna, il femminicidio esisterà. ”
Cioè, fantascienza. Ma tant’è. Questo falso e fantasioso, tutto ideologico, movente inventato dalle Femministe è stato accreditato non solo dai Media ma anche dalle istituzioni, tant’è che in molti paesi già è stato introdotto il reato di “femminicido” e “violenza di genere”, e fra non molto verrà approvato anche in Italia, giacchè tutti i politici da destra e a sinistra hanno accreditato questo termine e concetto e lo usano correntemente.
Ah, ma non erano le Femministe quelle che avevano la società e le istituzioni contro? E brave le paracule, piangono e fottono alla grande.
cogito, ergo stronzum sum(penso, dunque sono uno stronzo)(Quota) (Replica)
Inoltre, sappia quel bisonte dalle orecchie a sventola che anche i razzisti e i Leghisti ogni qualvolta un extracomunitario uccide, o deruba un italiano, dicono che l’abbia fatto perchè la vittima era “italiana”, “in quanto italiano”, “perchè italiana”. Scartando quindi tutte le vere cause: disperazione, povertà,degrado sociale, ingiustizie subite.
Come vedete c’è una affinità ideologica tra femministe e leghisti. Cambiano solo i soggetti dei loro bersagli, ma la sostanza e dinamica è quella.
cogito, ergo stronzum sum(penso, dunque sono uno stronzo)(Quota) (Replica)
Cogito
è proprio necessario condire un’affermazione sensata (nel senso che individua correttamente un modus operandi affine tra due fenomeni diversi) con un offesa a livello personale?
Siamo uomini … o cosa?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
ho dato un’occhiata veloce al libro di Iacona in libreria: ha incluso tutti gli omicidi volontari con vittime donne come “femminicidi”, compresi quelli dove il colpevole o il movente sono ignoti o non ancora accertati e anche quelli la cui tipologia non è riconducibile a relazioni di coppia, per esempio figli che uccidono le madri. il numero totale dei cosiddetti “femminicidi” dovrebbe essere ad oggi di 67 e non 100 o 110 come riportato da altre fonti.
questo non li rende meno drammatici, ma la distorsione operata a fini ideologici è evidente.
fulvio terzapi(Quota) (Replica)
Fulvio ,questa differenza di numeri ,che ovviamente ,come hai fatto giustamente notare ,non li rende di certo meno drammatici ,è dovuto che ,molto probabilmente il femminicidio non lo sa nemmeno chi ,questa parola ,l’ha coniata …
Invece se usiamo il classico “omicidio” ,sappiamo benissimo cos’è ,una persona uccide un altra persona ,poi si cercheranno ance i moventi
E chiaro come il sole che c’è il movente ideologico chiamato “quote rosa”
mauro recher(Quota) (Replica)
http://www.you-ng.it/blog/3759-mero-femminicidio-o-male-sociale-ai-posteri-l-ardua-sentenza.html
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Di seguito un mio commento ad un articolo pubblicato sul blog del Fatto Quotidiano:
“Continuare ancor oggi a sostenere, come fa Fabio Marcelli, che “viviamo in una società tuttora dominata da forti valori di tipo patriarcale, all’insegna della preminenza dei maschi”, equivale a dire che le crisi economiche ricorrenti che caratterizzano le società capitalistiche occidentali, sono determinate dal permanere di vincoli e di rapporti di produzione di tipo feudale, dal latifondo, dalle terre incolte e dalla rendita fondiaria.
Ridicolo, semplicemente ridicolo, se non surreale.
E’ sconcertante l’incapacità (non volontà? opportunismo?) di questa pseudo intellighenzia di “sinistra”, di entrare in una relazione dialettica con la realtà in movimento, con il divenire della Storia. Eppure proprio la Dialettica (di hegeliana-marxiana memoria) dovrebbe essere parte fondamentale del loro patrimonio genetico.
Completamente prigionieri dello schema ideologico “liberal-radical-progressista-femminista-sessantottino” (del tutto interno e funzionale all’attuale sistema dominante) che hanno sposato in toto, persistono in un approccio analitico e interpretativo della relazione fra i sessi a dir poco obsoleto, fatiscente, privo di qualsiasi attinenza con la realtà.
Una sola cosa mi stupisce, ma purtroppo solo fino ad un certo punto, perché le ideologie sono una brutta bestia e il femminismo ha addirittura una marcia in più rispetto alle altre (non sto ora a spiegare perché).
Che simili minestrine riscaldate e condite con i più triti e ritriti luoghi comuni del femminismo di sempre, siano raccontate da un Fabio Marcelli qualsiasi, lo posso anche comprendere, ma non da un uomo della statura intellettuale e culturale di Alberto Burgio (citato dallo stesso Marcelli).
Ma, come ripeto, le ideologie hanno una potenza e una capacità pervasiva incredibile, e riescono ad offuscare il cervello di tanti, troppi…”
L’articolo invece, è questo:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/25/ma-femminicidio-e-dura-realta-che-va-combattuta/392275/
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Per la cronaca, il mio commento sul Fatto Quotidiano è stato censurato…e va bè, ci siamo abituati ormai, è normale prassi…
Però, a mio parere, non è un caso che a praticare la censura più di qualsiasi altra testata giornalistica, sia l’organo ufficiale del partito giustizialista italiano.
Vergognoso.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Un intervista a Iacona nel suo tour promozionale del libro:
http://www.ilsalvagente.it/Sezione.jsp?idSezione=18051&idSezioneRif=26
Ed un link, dove sono riportati numeri anche da fonte femminista (a quanto intuisco molto rinomata in Spagna), che contraddicono l’affermazione del giornalista contenuta nel primo link, ma soprattutto l’affermazione del medesimo al programma della Gruber su La7 (8 e 1/2) in cui parlò di circa 400 vittime prima dell’entrata in vigore delle leggi di genere in Spagna e di un successivo abbattimento.
http://www.forumlibertas.com/frontend/forumlibertas/noticia.php?id_noticia=18933
Mi pare evidente, a meno che qualcuno non mi dimostri il contrario che Iacona ha detto il falso.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ci ho riflettuto ieri , il libro di Iacona ,somiglia a tanto ai cosiddetti libri “neri”
il libro del nero del comunismo ,del capitalismo ,del fascismo e cosi via ….poteva mancare il libro nero del genere maschile ?
ne parlo qui
http://femdominismo.wordpress.com/2012/10/26/le-morti-in-ostaggio/
mauro recher(Quota) (Replica)
sottoscrivo recher — alcuni dei documenti che ho trovato nel tuo post sono agghiaccianti.
diait(Quota) (Replica)
Ottimo Mauro, bravo,sottoscrivo anche io. Non so perchè non riesco più a postare commenti nel tuo blog. Prima potevo farloautomaticamente, ora no.
Ma sicuramente dipende da me che sono una specie di neandertal a dal punto di vista tecnico…(ho decisamente sbagliato l’epoca in cui vivere… )
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Fabrizio …. vuoi che io sia meno del Fatto quotidiano che ti censura ?
A parte gli scherzi ,puoi fare una prova con la tua e-mail personale? ,forse dipende che va nello spam ?
proverò a controllare
mauro recher(Quota) (Replica)
La distorsione ideologia è una sola. Il valore di una vita femminile viene considerata superiore a quello di una vita maschile. Questo spiega tutto, i neologismi, la cecità sulla realtà dei numeri non presi in considerazione, le ossessioni mediatiche, le censure etc. . Spiega tutto ma la verità non può essere detta chiaramente per quello che è. Sarebbe troppo dirompente. Da quì anche il non vedere in “buona fede”, la “falsa coscienza”, e riflesso di una antica, e allora in qualche modo spiegabile, tradizione. Voglio dire che in altri tempi, effettivamente c’era un motivo per il quale la vita maschile era più spendibile di quella femminile. Le condizioni materiali di esistenza, la mortalità infantile altissima, le esigenze demografiche, imponevano agli uomini un ruolo “sacrificale” e concedevano alle donne una speciale “protezione”. Giusto o sbagliato era così. Ma allora le donne riconoscevano agli uomini quel ruolo ingrato, quel farsi carico della sopravvivenza di tutti anche a costo della propria vita, e erano loro grate. Da quì il fatto che oltre agli oneri, ai maschi erano riconosciuti anche onori, in diretta proporzione alla loro responsabilità sociale.
Oggi la situazione è mutata, le donne hanno voluto emanciparsi (o meglio gli uomini hanno costruito le condizioni materiali della loro emancipazione). Almeno così si proclama, cosa su cui ho molti e circostanziati dubbi su cui tornerò dopo. Ma ammettendo che sia davverò così, ne consegue che spariti gli onori letti come “oppressione maschile”, dovrebbero sparire anche gli oneri, ossia proprio quella maggior spendibilità della vita maschile e quindi il suo minor valore. Ma così non è, e si pretende 1) che quel minor valore permanga ancora ogg e, 2) Che le donne continuino ad essere sollevate dalle responsabilità sociali, ovvero che si continui a “proteggerle” come un tempo.
Il combinato di quanto sempra genera una situazione insostenibile ed esplosiva, da cui si esce solo in tre modi possibili.
a) Le donne riconoscono quanto sopra e la smettono di sentirsi vittime sempre e comunque, e “crescono”. Soluzione che credo improbabile perchè mentre è “naturale” acquisire i vantaggi e considerarli come diritti acquisiti, è molto più difficile acquisire anche gli svantaggi e considerarli come doveri, naturale contrappeso dei diritti. E’ questione di Logos, di capacità di oggettivare il mondo, di staccarsi dalla soggettività e dal narcisismo, tutte cose di cui le donne non sono ontologicamente, diciamo così, campionesse. Non faccio loro una colpa, “è la natura, bellezza!”.
b) Prosegue il processo fino al completo annichilimento degli uomini.
c) Gli uomini si riappropriano di se stessi, finalmente, e pongono con chiarezza il problema.
Secondo me siamo in piena fase b) con qualche accenno alla fase c), che peraltro è per me l’unica strada atta a scongiurare che la ns civiltà affondi come il Titanic. Perchè questa è la verità. Ancora oggi quando c’è bisogno di assunzione di responsabilità, di rischiare, di avere coraggio, di mettere a repentaglio se stessi, di assertività, quando insomma il gioco si fa duro, allora o ci sono gli uomini o non c’è nessuno. Anche “questa è natura, bellezza!”. E nessuno potrà convincermi che di queste qualità non ci sarà più bisogno, perchè ,come scrive Cesare, “la vita è carne e sangue”. O meglio, diciamo che una civiltà in cui non ci sia più bisogno delle qualità maschili è pensabile, ma sarebbe alla fine una non civiltà, un mondo aspirituale, materialista e mortifero, destinato ad essere soppiantato in breve tempo.
armando
armando(Quota) (Replica)
ho trovato questo commento sulla pagina facebook di femminismo a sud in risposta alla solita “marchetta” del Gasparrini
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/10/25/il-genocidio-dei-padri-ma-siamo-sicuri-che-esista-deconstructing-mazzola/
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Lorenzo Gasparrini, mi spiace hai anche un bel nome lo stesso che ho dato a mio figlio, diciamo che se dovesse succedere qualcosa a lui o a mia figlia che tu e quelli come te lo definiscano omicidio o femminicidio non me ne fregerebbe un benemerito ca@@o, i miei figli sarebbero MORTI, pertanto se la si piantasse di far la propria crociata coi morti degli altri se ne sarebbe grati tutti .
Sessismo, femminicidio, uominicidio, statistiche, ONU……. e via discorrendo…. chi non tiene conto che chi muore è una persona a prescindere dal sesso non dovrebbe avere spazio nel mondo delle opinioni anche se queste sono opinioni libere…..
Come donna mi sono scassata il 100% delle mie ovaie a sentire ste storie che servono solo, ripeto, alle crociate di qualcuno. Scusate di solito condivido i vostri post ma questo proprio non ci riesco….. Mio figlio vale come mia figlia……
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niente da aggiungere
mauro recher(Quota) (Replica)
Perfettamente d’accordo con gli ultimi commenti, anche quelli sull’articolo “gelosia patologica”. A me sembra che lo stato attuale della “emancipazione femminile” (processo che non è puntuale, ma in perpetua evoluzione, quindi le donne non si sono emancipate, ma si stanno emancipando da una cinquantina d’anni e si emanciperanno in questo secolo e nel prossimo), specificamente in Italia, sia incentrato su due direttive cardine:
1) l’acquisizione di potere politico, economico-finanziario e culturale;
2) la ridefinizione del ruolo domestico femminile, argomento che nei circoli maschiliplurali e filosofemministi viene raccolto sotto l’etichetta di “questione della cura”.
Tutto il resto – dibattito sui femminicidi, leggi antiviolenza, affidamento condiviso o meno, quote rosa, insegnare ai maschietti ad accendere la lavatrice – è strumentale e rientra in queste due direttive supreme, l’Operazione Barbarossa del femminismo italiano nei prossimi decenni.
Nel caso 1), stiamo già vedendo come qualsiasi insuccesso femminile in questi campi, fosse anche giustificato dalla mancanza obiettiva di capacità o da una sconfitta elettorale avvenuta secondo le regole, venga puntualmente attribuito a discriminazione e maschilismo grazie alla nuova parola d’ordine “Questo non è un paese per donne”. (Gli slogan e le frasi fatte, come “Uomini che odiano le donne”, “Adesso i maschi devono piangere” ecc., sono armi potenti e non richiedono l’uso del cervello: ne sapevano qualcosa Orwell e Goebbels). Qualsiasi fallimento di film, libro, popolarità televisiva, candidatura politica o simile è spiegato in questi termini: se la donna X non ce l’ha fatta, è perché è stata ostacolata/discriminata/complottata in quanto donna. Non c’è bisogno di indagare ulteriormente.
Nel caso 2), la storia dell’istituto familiare viene reinterpretata. Da rapporto di reciproca collaborazione e scambio con divisione delle competenze al fine di spartire la fatica e assicurarsi una discendenza, diventa rapporto di schiavismo non salariato, al di sotto perfino del concetto di sfruttamento del lavoratore. Sta riscuotendo molto successo l’idea che i mariti tenessero letteralmente in catene le mogli e le figlie a casa. Gli interventi delle chihuahue con la bava alla bocca degli ultimi due giorni lo dimostrano. Fossi in voi, mi preparerei a leggerlo sui libri di storia dei vostri bambini o nipotini. Da un punto di vista più squisitamente politico, si vuole ridefinire la secolare opera di accudimento delle donne (con abnegazione, sicuro, ma anche con tornaconto) come funzione statale, come “sostituto del welfare”. Cosa significhi per il futuro lo lascio interpretare alle persone che qui dentro sono più ferrate di me in campo politico, che sono tante.
Ma non è finita. Lo scopo di questa ristrutturazione non è appurare una verità storica a fini di conoscenza e comprensione della società umana. Non serve a niente spiegare che certo, sicuramente nei secoli passati la vita per molte donne è stata un inferno, nessuno lo discute, ma lo è stata anche per gli uomini. Per questa obiezione c’è la controobiezione: “ma gli uomini avevano tutto il potere”. Non serve a niente spiegare che questa idea si basa su quella che in inglese è chiamata “Apex Fallacy”, un errore logico che recita così: “Ai vertici del potere ci sono in maggioranza uomini. Dunque, la maggioranza degli uomini detiene il potere”. Cosa ovviamente falsa. Ma irrilevante, ai fini della riscrittura sociale e storica. Come spiega Rino, qui lavoriamo in Etosfera. La logica e la coerenza non abitano qui. Lo scopo è di riscuotere un pagamento dagli uomini del presente per le colpe di quelli passati.
La mia frase “magari avessi avuto persone alle mie dipendenze per millenni, vorrebbe dire che sono immortale” è stata interpretata come una battuta di spirito. Non lo era affatto. Era un modo per ripetere alle chihuahue intervenute la stessa cosa che ho detto riguardo agli omicidi: che io non sono colpevole nemmeno della “oppressione” subita mille o duemila o cento miliardi di anni fa (mi toccava ripeterlo, visto che la chihuaha argomentante si contraddiceva ogni tre secondi).
Ma siccome i chihuahua e le chihuahue non sono in grado di leggere fra le righe perché sono troppo occupati a trapanare le orecchie alla gente con il loro abbaiare e anche perché con quelle zampette corte non arrivano neanche a leggere il libro, siamo arrivati alla conclusione che qui non si conosce la storia e che “certe cose non c’è neanche bisogno di dimostrarle”. Vabbe’. Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma la prossima volta. Ah, poi dico a Rita: lo sai che ti stimo. E’ che in quanto maschio, il patriarcato non mi lascia esprimere le mie emozioni e non mi lascia neanche imparare come accendere la lavatrice.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
P.S. Ho il sospetto, poi, che il generale incoraggiamento e l’appoggio praticamente incondizionato alla “liberazione” della DonnaInCarriera® – che per la maggioranza delle donne (non tutte sono la Marcegaglia, ma provate a dirlo) significa semplicemente l’opportunità di fare la stessa vita di merda degli uomini in ufficio davanti a un computer o in fabbrica davanti a una catena di montaggio – costituiscano una precisa strategia. La costruzione di un nuovo “esercito industriale di riserva”. La funzione svolta una cinquantina d’anni fa dai “terùn” che salivano al nord, oggi la possono svolgere un sacco di donne sane, intelligenti e magari anche robuste. Basta convincerle che la vita da casalinga che bada ai figli è un orrore e un inferno con catene e frustate e che il marito o il fidanzato sono lì apposta per ammazzarle. Ma chi mai ci crederebbe?
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Caro Marco P, questi tuoi ultimi due post diventeranno un vero e proprio articolo.
Due cose. Se vuoi pensa tu stesso al titolo e trova una parola sostitutiva di “chiuahue”, che nell’ambito dei commenti va più che bene, ma in un articolo che posteremo su altri blog, anche su fb, e che comunque è destinato a rivolgersi all’esterno non è approppriato per ovvie ragioni…
Resto in attesa.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@Marco Pensante
In effetti le donne hanno collettivamente introiettato un’immagine della “casalinga” impegnata in un ruolo (fondamentale!) di accudimento della famiglia come una specie di schiava volontaria, o -più brutalmente- una povera stronza. Di contro, la donna che lavora si “realizza”, a priori, vivendo una vita piena ed autodeterminata.
Guai a dire che le meravigliose opportunità di realizzazione offerte dal lavoro sono, in definitiva, le stesse della stragrande maggioranza degli uomini: fracassarsi le palle alla scrivania/computer o faticare di brutto in fabbrica. E che, ovviamente, dover timbrare ogni giorno il cartellino e, talora, giustificare ogni minuto del proprio tempo, non è proprio il simbolo dell’autodeterminazione.
Una simile uscita è passibile di embargo punitivo in quanto eretica.
E quanto all’esercito di riserva, basta dare un’occhiata al potere d’acquisto delle famiglie per vedere che (a livello beta) il massiccio ingresso delle donne del mondo del lavoro negli ultimi 40 anni ha lasciato il saldo invariato, seppure.
Stefano(Quota) (Replica)
Tiscali: Sardegna – Le nuove parole d’ordine della politica di genere: femminicidio e stalking
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ultimo dispaccio della sorell-ANSA:
E’ donna un terzo delle vittime di omicidio
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Quel che non è femminicidio
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
su facebook mi segnalano questo video…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
OMICIDIO-SUICIDIO NEL TREVIGIANO: “AVEVA PAURA DI PERDERE LA PENSIONE”
Mercoledì 16 Gennaio 2013 – 10:30
TREVISO – Quello che all’inizio era sembrato un doppio suicidio nel trevigiano si è rivelato un omicidio-suicidio. Daniela Venturato, 52 anni, moglie di Massimiliano Uccello, 60 anni e invalido da 20, è stata la mente dietro la morte dei coniugi.
A spingere la donna a preparare un mix letale di alcol e farmaci sia per sè che per il marito è stata la convinzione che gli sarebbe stata revocata per un cavillo burocratico la pensione di invalidità. Eppure la coppia non aveva grossi problemi economici. Uccello era impiegato alle poste centrali di Treviso e ora pensionato, la Venturato ex dipendente Osram. I due vivano delle pensioni, ma la maggior parte del loro denaro veniva spesa per comprare costosi farmaci.
A spiegare le motivazioni del gesto, un biglietto ritrovato dalle forze dell’ordine, allertate da un parente che non riusciva a mettersi in contatto con la coppia.
I corpi sono stati ritrovati al pianterreno di un residence in vicolo San Lorenzo e Montebelluna attorno alle 19 di lunedì da poliziotti, carabinieri e vigili del fuoco accorsi dopo la segnalazione. «Domenica i balconi del loro appartamento, che è proprio di fronte al mio, erano chiusi. Ma ho pensato che fossero in vacanza» spiega Maria Batista una dominicana che da molti anni è residente a Montebelluna con il marito e un figlio di 18 anni, al Gazzettino.
L’ultimo avvistamento dei due risale a sabato mattina, poi alcuni vicini dicono di non aver visto Massimiliano Uccello affacciato per la sua solita sigaretta del mattino già domenica. Erano una coppia riservata e con pochi rapporti di vicinato, a volte ricevevano la visita di una donna, probabilmente la figlia, con la nipote.
……………………………………………………………..
Anche questa tragedia verrà strumentalizzata? Non sembrerebbe averne le caratteristiche. Ma nemmeno questa eppure lo hanno fatto (scorrete gli elenchi dei tribunali ombra e cercate il cognome Azzolini).
Staremo a vedere.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Studenti, alias, quelle generazioni che “pensano con la propria testa” che “si ribellano alla cultura dominante”…
….”vogliamo che le cose siano chiamate con il loro nome: femminicidio”…
http://www.repubblica.it/scuola/2013/01/18/news/campagna_studenti_contro_femminicidio-50769153/?ref=HREC2-7
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Qualcuno morto sessantotto anni fa diceva che la massa è femmina. Io invece dico che è semplicemente idiota.
A sentir ‘sti cretini sembra che contro le donne sia in atto una specie di genocidio, e che ovunque non si faccia che assistere a donne picchiate e maltrattate.
Invece l’ esperienza quotidiana mi insegna l’ esatto contrario, (perlomeno qui al Nord) ossia che son le donne ad essere costantemente aggressive, rompi balle, offensive, provocatrici e manesche. Poi è chiaro che esistono anche i casi contrari, come esistono gli psicopatici, ma non mi pare proprio la norma.
Andrea(Quota) (Replica)
Ennesimo caso di “femminicidio” …. o forse No?
Epperò i casi di figli maschi, psichicamente malati, che hanno ucciso la propria madre ce li hanno ficcati in elenco. Eccome se lo hanno fatto.
Da notare l’attenuante già incorporata nel titolo:
Novantenne uccisa nel Piacentino: fermata la figlia “malata” di videopoker.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Questo caso Luigi è lampante la grande assurdità di mettere nell’ordinamento giuridico un caso come il femminicidio …in questo caso è stata uccisa una donna, quindi secondo la proposta di legge Bongiorno- Carfagna dovrebbe essere punita con l’ergastolo ,però si potrebbe contrastare che questo NON E’ femminicidio ,ma un caso di disperazione familiare (perchè gli altri casi non lo sono?) e sarebbe curioso se il sito che ho linkato (www.inquantodonna.it) come si comporterebbe in questo caso, visto che fa una distinzione netta tra uomini (cattivi) e donne (buone)..non sarebbe invece più saggio ,e più equo che, a scapito del sesso ,della etnia e se uno ha i pallini rosa e blu in faccia, se uno commette un delitto paga secondo l’ordinamento giuridico, invece di fare leggi apposite per dire che le donne sono migliori degli uomini ?
mauro recher(Quota) (Replica)
caso Pistorius ….visto che ho letto alcune cose che fanno riflettere ,porto alcune mie considrazioni
http://femdominismo.wordpress.com/2013/02/19/e-se-fosse-una-malattia/
mauro recher(Quota) (Replica)
40 scrittori contro il femminicidio
Luigi corvaglia(Quota) (Replica)
Ettepareva che nei 40 non c’erano Raul Montanari, esperto fiutatore di aria corretta a fini autopromozionali, e Matteo Strukul, che ha appena dato alle stampe un delirio di fantasie vendicative di donne amazzoni strafighe e armate di katana squartatrici di maschietti terrorizzati.
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Ma esiste davvero un’emergenza femminicidio?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ho lasciato un commento sul blog linkato da Luigi, che riporto anche qua, rivolto a Disma che ha commentato per ultima.
Dunque.. questa è un’obiezione che viene “sempre” (o quasi) mossa.
“Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg”, “femminicidio è anche violenza fisica e psicologica” etc. etc.
Però ragionandoci su non mi pare corretto. Se io descrivo un fenomeno devo mettere dei limiti oggettivi o soggettivi.
Prendiamo il “… cidio” si definisce omicidio la morte violenta di un essere umano ad opera di un altro essere umano. A nessuno viene in mente, se il fenomeno è in calo, di “allargare” il significato della parola omicidio. Si parlerà di lesioni, di violenze, di sofferenze (via via classificabili come meno “forti” ovvero più sopportabili mediamente). Per intenderci, se qualcuno catalogasse come “omicidio” una lite in cui un uomo da uno schiaffo ad un altro uomo (o una donna da uno schiaffo ad un’altra donna) sarebbe molto probabilmente contestato.
Ora, passiamo al termine “femminicidio”. Nel momento in cui viene dimostrato che gli omicidi di donne “in quanto donne” non esistono probabilmente (perché non c’è un’emergenza relativa a sconosciuti che girano per strada per uccidere sconosciute) ma esistono moventi diversi (gelosia- possesso- motivi economici – futili motivi- psichici) così come esistono per qualsiasi altro omicidio, lo si allarga alle “violenze” fisiche. Nel momento in cui venisse dimostrato che non esistono così tante violenze fisiche contro le donne in particolare (e non lo credo. La stessa indagine Istat parla di percentuali alte di violenza tra gli alcolizzati, per esempio o tra chi ha già problemi con la giustizia, per cui è ragionevole pensare che siano rissosi e che si dedichino a scontri fisici anche con esseri umani di genere uguale) si passa alla violenza psicologica. E qui non ci siamo più.
Perché se la possibilità teorica di fare violenza fisica su una donna da parte di un uomo è giustificata dalla maggior massa muscolare, dalla maggior forza fisica media di un uomo, dovremmo concluderne che la possibilità teorica di fare violenza psicologica su una donna da parte di un uomo testimonierebbe di una maggior forza psichica maschile.
Delle due l’una: o la donna è meno forte psicologicamente e quindi più facile ad essere ferita, oppure sopportano in grado uguale, ma eventuali sofferenze psicologiche patite dall’uomo non vengono conteggiate, analizzate o prese in considerazione.
Insomma, tutto il discorso della “violenza di genere” non quadra, secondo me. Non quadra proprio come logica.
Ogni essere umano è “naturalmente” .. umano. Quindi ha la medesima possibilità di essere buono o cattivo, incline alla violenza o meno, (ovviamente con le armi che ha a disposizione, fisico o cervello). Questo se pensiamo che siamo ontologicamente uguali.
Siamo diversi? Allora si studino le violenze maschili ma anche le violenze femminili.
Per esempio:
Perché io al telegiornale sento parlare del caso dell’ex fidanzato che ha fatto gettare acido sulla fidanzata, moltiplicato all’infinito con l’analisi della violenza di stampo e cultura maschilista, ma quest’altro caso avvenuto più o meno in questo periodo, è confinato in un trafiletto di cronaca locale?
http://www.capannorinews.info/2013/05/02/roma-attende-treno-alla-fermata-gli-gettano-acido-in-faccia/
Eppure il meccanismo è uguale, il movente pare pure uguale.
Mi chiedo, a questo punto: fermo restando che è ovvio che, se si parla di violenza fisica, è ragionevole supporre che le lesioni inflitte da un uomo verso una donna (a mani nude) possano avere esiti più gravi, quanti di questi casi vengono omessi dalle cronache, facendoci apparire il fenomeno della violenza fra partner come unilaterale?
Rita(Quota) (Replica)
La teoria della punta di iceberg l’ho già sentita. Come la maggior parte delle teorie sociali di oggi è una teoria che vale caso per caso, certe volte sì e certe volte no, in base all’opportunità. Un altro esempio di pratica egualitarista deformata. Il milione di separati caduti in povertà e quelli che si suicidano invece non sono nessuna punta e non portano in superficie alcun malfunzionamento di fondo. Sono casi isolati.
Roberto Micarelli(Quota) (Replica)
…..
Follia (anche) linguistica.
Quindi se io pesto un uomo o gli faccio un torto grosso quanto una casa (violenza psicologica) ho commesso un omicidio?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Femminicidio, i numeri sono tutti sbagliati
di Fabrizio Tonello | 11 maggio 2013
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
un articolo davvero da applausi ….
mauro recher(Quota) (Replica)
Mio (piccolo) commento all’articolo di Tonello:
…………………
Sono sincero.
Faccio i miei più vivi complimenti alle redattrici/giornaliste di questo spazio del FQ.
Perché è ovvio che senza il loro assenso questo post, che condivido integralmente, non sarebbe potuto uscire.
Quantomeno non su Donne di Fatto.
Se invece è successo spero che sia per una presa di coscienza della valenza liberticida che ha preso tutta la questione e della sua strumentalizzazione da parte del potere.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Benissimo.
Ho tentato di postare in FQ il seguente commento, ma non ci riesco. Se qualcuno può farlo per me, grazie.
>>>
Tanto di cappello. Ma state rischiando grosso, perché sarete accusati di negare e quindi favorire il … “femminicidio”. Sarete accusati di esserne complici.
Solo una precisazione.
Voi scrivete:
“Non c’è bisogno di inventare cifre balzane e di firmare appelli…”
“Non c’è bisogno di creare nuove categorie di reati ….”
Ma accade, ciò indica che qualcuno ne sente il bisogno.
Vuol dire che serve ad un fine, che ha uno scopo.
Ma lo scopo è inconcepibile, assurdo, folle: non può essere creduto. Ed è così.
.
Lo scopo infatti è indicibile: è la guerra contro gli uomini. Sì, la guerra contro gli uomini.
Non esiste solo la misoginia (che in effetti esiste), deve esistere anche la misandria.
Anche l’odio contro gli uomini deve pur esistere. Non può non esistere.
Non pretendo di essere creduto oggi.
Mi accontento che accada tra 300 anni.
Nel frattempo auguri a voi, temerari.
Rino Della Vecchia – Belluno
Rino DV(Quota) (Replica)
Rino DV,
In che senso?
Ci si può loggare con un account facebook, twitter, google, disqus e del Fatto Quotidiano. Non hai nessuno di questi account o non ti fa commentare lo stesso?
Posso farlo io ma forse non è la stessa cosa.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Rino DV: Se è un problema di censura è un fatto normale. Anche a me sul Fatto, e soprattutto nella sezione Donne di Fatto, censurano a man bassa, soprattutto quando i commenti sono ben argomentati. La censura neofemminista opera già a pieno regime e non è una novità.
Alessandro(Quota) (Replica)
E’ solo che mi sono ingarbugliato con il “loggaggio”.
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
Onore a Tonelli, ma è terribile che si debba scrivere questo solo perchè ha fatto il suo lavoro con onestà intellettuale. Significa che tutti gli altri non lo fanno, questa è la verità. La campagna mediatica sul femminicidio, è propedeutica a misure liberticide, anzi sarebbe più giusto dire libertimaschicide, ed è studiata con una precisa regia. Non è la prima volta che accade. Prima della legge sull’aborto circolavano sui giornali favorevoli alla legge, ed erano ripresa ancvhe in parlamento, cifre iperboliche sugli aborti clandestini. Si diceva addirittura che fossero 3, dico 3, milioni all’anno. Così funziona per impressionare l’opinione pubblica martellandola a non finire e ottenere consenso sociale. Quale genio della comunicazione ci ricorda questa strategia?
Ma quelli erano altri tempi e la regia chiara e conosciuta. Ma oggi? Chi sta in cabina di regia? Da dove vengono emanate le direttive? O non c’è bisogno, perchè corrono sotterranea come un passa parola e nessun media vuol essere da meno degli altri? Ma anche in questo caso, perchè tanta paura di dire cose vere? Di chi o di cosa? Chi potrebbe punire chi? Oppure si tratta di semplice e penoso conformismo, di falsa coscienza?
armando
armando(Quota) (Replica)
Se non hai ancora risolto ,lo faccio io…. anche se ha ragione Luigi ,non è proprio la stessa cosa ,ma ..meglio di niente
mauro recher(Quota) (Replica)
armando,
E’ una storia molto vecchia, Armando…comunque questi sono alcuni pezzi di un bel film degli anni ’70 “Sbatti il mostro in prima pagina”.che vale sempre la pena vedere. A mio parere quelli erano dei dilettanti in confronto ad oggi…d’altronde è trascorsa un’epoca da allora…
….
….
….
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ho la vaga impressione che gente come Tonelli e Mazzola presto o tardi finira` per perdere il lavoro…cosi`, eh, non per tirargliela…
Pappagallus Indignatus(Quota) (Replica)
Di tutti i luoghi della fabbricazione mediatica del consenso, non c’è alcun dubbio, per quanto mi riguarda, che quello condotto dal servo consapevole, Fabio Fazio,un vero e proprio “negro da cortile”, per utilizzare una felice espressione di Malcom X, sia il più ripugnante.
Al confronto, questi erano dei dilettanti…
http://www.youtube.com/watch?v=iNMrJl50CWI
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Grazie Mauro.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
alle donne di fatto sono subito passate al contra attacco… http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/12/padri-separati-quelle-iene-delle-donne/591033/
p.s per Rino , ho messo il commento ,ma è in attesa di moderazione ,aspettiamo
mauro recher(Quota) (Replica)
mauro recher,
Quel che ho detto nel commento inoltrato al FQ lo penso veramente. Anzi lo spero vivamente.
Spero che qualcuna/qualcuno lì si stia rendendo conto, anche se tardivamente, della deriva e delle implicazioni della questione.
Per quanto riguarda il link che hai segnalato: è incommentabile. Odio misandrico allo stato puro.
E figurarsi che questa nella sua biografia a corredo del blog si presenta così:
……………..
Alessandra Faiella
Attrice comica e scrittrice
Biografia
Ho scritto libri, ho fatto tanto teatro e tanta tv, ho fatto anche un figlio, ma tutti mi ricordano per “AMBIENT, AMBIENT”, il tormentone della cubista Alexia del Pippo Chennedy Show. Ma sono contenta lo stesso. Ho scritto un libro di cui vado molto fiera: Il lato B una satira così feroce sulla televisione, la politica, le donne, e così “fantasiosa” che si è realizzata tutta. O quasi. Molti aspettano il finale. Sono qui per scrivere un blog che osservi la realtà da un punto di vista femminile, ma con ironia e umorismo perché credo nella comicità non solo come mezzo per pagarmi il mutuo, ma anche come filosofia di vita.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Mi fa molto piacere invece la biografia di Tonello. Si intuisce che è un uomo di sinistra (non penso collabori alle pagine culturali del Manifesto solo per puro caso … ). Un altro. Che ha il coraggio di esporsi. E che non è il luigi-corvaglia-qualunque.
Bene.
……….
Fabrizio Tonello
Docente di Scienza politica, Università di Padova
Biografia
Sono un docente di Scienza politica presso l’università di Padova, dove insegno un corso sul sistema politico degli Stati Uniti e uno sulla politica estera americana dalle origini ad oggi. Ho insegnato alla University of Pittsburgh e fatto ricerca alla Columbia University, oltre che in Italia (alla SISSA di Trieste, all’università di Bologna). Il mio ultimo libro si chiama L’età dell’ignoranza (Bruno Mondadori, 2012), in precedenza ho pubblicato La Costituzione degli Stati Uniti (Bruno Mondadori, 2010), Il nazionalismo americano (Liviana, 2007), La politica come azione simbolica (Franco Angeli, 2003), La nuova macchina dell’informazione (Feltrinelli, 1999). Da molti anni collaboro alle pagine culturali del manifesto e vado in bicicletta.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
Sei troppo modesto, Luigi… e comunque le rivoluzioni non sono mai state fatte nelle accademie…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Beh … no. E’ la verità. Al di là di come mi possa valutare personalmente, Tonello per quello che è e fa ha sicuramente una valenza ed un impatto maggiore nella nostra “Repubblica Mediatica” (purtroppo a questo ci siamo ridotti …. sigh) del sottoscritto o di tanti di noi (di nuovo …. doppio sigh).
Comunque, bando alle ciance, ho inviato a quel post altri due commenti. Che pubblicheranno domani, perché ad un certo orario smettono di moderare.
Nel primo non so se ricordi questo commento di Rita: https://www.uominibeta.org/articoli/spagna-350-false-accuse-ogni-giorno-contro-mariti-e-padri/comment-page-1/#comment-12248 sull’indagine dell’Osservatorio Violenza Domestica di Verona. L’ho trovata e lo segnalata a Tonello. Pur datata mi sembra quanto di più serio sia stato fatto in Italia.
Primo commento:
……
Dottor Tonello
mi permetta di segnalarle questa ricerca (sempre che non ne sia già a conoscenza): http://www.ispesl.it/ossvita/pdf/Violenza%20domestica.pdf
Certo riguarda un ambito ristretto, Verona ed il suo hinterland. Ma questo a me non sembra un limite. Semmai un pregio. Probabilmente è la scala giusta per indagare il fenomeno e, per il sottoscritto, in maniera non dissimile si dovrebbe mappare tutto il territorio italiano.
Ma ha anche un altro pregio. Ne dà un quadro, per quanto possibile indagando in un ambito cosi delicato, a 360°. Fornendo cosi strumenti non ideologici per poter intervenire in maniera adeguata.
……..
Nel secondo rispondo a codesta utente: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/11/femminicidio-numeri-sono-tutti-sbagliati/590171/#comment-894865917
Suo commento:
…….
Resta solo un dato certo: Le donne vengono uccise perchè “rifiutano” un uomo. Vengono sfregiate con l’acido (fatto altrettanto orrendo) perchè “rifiutano” un uomo.. E le donne non dovrebbero preoccuparsi di simili fatti? Non dovrebbero preoccuparsi di simili meschine, miserabili mentalità maschili incapaci di accettare la decisione di una donna? Che articolo scriverebbe se fossero gli uomini a venire uccisi o sfregiati con l’acido perchè hanno “rifiutato” una donna? Che è sì una brutta faccenda, ma non ci si deve preoccupare più di tanto?
…….
Mia risposta (*):
…………..
Sa come si riconosce il suo odio sessista?
Dagli esempi che porta. Due pesi e due misure. Lei scrive: “E le donne non dovrebbero preoccuparsi di simili fatti? Non dovrebbero preoccuparsi di simili meschine, miserabili mentalità maschili incapaci di accettare la decisione di una donna?“.
Quindi, se io ragionassi come lei dopo aver letto queste due notizie:
http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/12_settembre_24/sgfregiato-acido-william-intervista-2111945674140.shtml
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_aprile_30/perseguitato-ex-ustioni-petto-volto-212920937331.shtml
dovrei testualmente scrivere: “E gli uomini non dovrebbero preoccuparsi di simili fatti? Non dovrebbero preoccuparsi di simili meschine, miserabili mentalità femminili incapaci di accettare la decisione di un uomo?
Le suona bene?
No, vero?
Per questo è sessista.
………
(*) Risposta successivamente variata (perché incappata nelle maglie della moderazione) in:
Sa come si riconosce il suo sessismo?
Dagli esempi che porta. Due pesi e due misure. Lei scrive: “E le donne non dovrebbero preoccuparsi di simili fatti? Non dovrebbero preoccuparsi di simili meschine, miserabili mentalità maschili incapaci di accettare la decisione di una donna?“.
Quindi, se io ragionassi come lei dopo aver letto queste due notizie:
http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/12_settembre_24/sgfregiato-acido-william-intervista-2111945674140.shtml
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_aprile_30/perseguitato-ex-ustioni-petto-volto-212920937331.shtml
dovrei testualmente scrivere: “E gli uomini non dovrebbero preoccuparsi di simili fatti? Non dovrebbero preoccuparsi di simili meschine, miserabili mentalità femminili incapaci di accettare la decisione di un uomo?
Le suona bene?
No, vero?
E’ difficile riconoscere in se stessi quello che rimproveriamo agli altri.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ma sul “femminicidio” si sta costruendo una campagna misandrica di Marco Faraci (Libertiamo.it)
Dall’articolo:
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Se si dà un’aggettivazione di genere alla violenza è perché quello che maggiormente interessa è spendere certi fatti in chiave politica per perseguire obiettivi diversi. Questi obiettivi sono fondamentalmente di due tipi.
Il primo è quello di alimentare l’infrastruttura istituzionale delle “pari opportunità”: non un femminismo spontaneo e di base, ma un femminismo invecchiato e burocratizzato che resiste nel “mercato delle idee” solo grazie ad una distribuzione continua di fondi pubblici. Alla fine tutto il “tam tam” di questi giorni si ricondurrà prosaicamente ad una sola cifra: gli 85 milioni di euro chiesti dal ddl 3390.
Il secondo – ancora più pericoloso – è quello di creare un clima culturale che rafforzi il pregiudizio contro gli uomini nelle cause di separazione e di affidamento figli, dando automaticamente più peso a qualsiasi denuncia venga dalle donne, anche quanto questa non sia sufficientemente circostanziata. Si tratta di un rischio più che concreto che potrebbe vanificare gli sforzi che in questi anni sono stati compiuti per cercare di addivenire a dei procedimenti più equi.
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Nella campagna eccelle il TG1, ogni sera, martellante.
Roba totalitaria, ben oltre il politically correct.
armando
armando(Quota) (Replica)
Sembrano assetati di sangue. Per taluni comportamenti violenti, per esempio il lancio di pietre dai viadotti sulle automobili in transito, i media si pongono il problema della emulazione e cercano di regolare i toni per evitare di innescare psicosi di massa, peggiorando le cose. Col femminicidio fanno l’esatto contrario come se si auspicassero un aumento dei casi.
Roberto Micarelli(Quota) (Replica)
Sì, ieri sera è stato mandato in onda sul TG1 un specie di servizio che era qualcosa a metà fra un documentario, una fiction e un vademecum su come una donna deve comportarsi in caso di violenza subita da parte di un uomo (il riferimento era esplicitamente al marito o compagno).
Il tutto terminava con un poliziotto che chiede alla donna, pesta e piena di lividi, che la sola cosa che le resta da fare è rivolgersi ad un centro antiviolenza, e la donna, naturalmente, annuisce e si fa accompagnare al centro.
Non so se è chiaro il messaggio…Leggi speciali (aggravi di pena e sospensione delle garanzie costituzionali per i “femminicidi”, braccialetto elettronico per gli stalker, censura sul web) e soldi ai centri antiviolenza (maschile) che secondo me sono destinati a diventare una sorta di presidi territoriali da affiancare alle forze di polizia.
Come a dire, militarizzazione e controllo del territorio in versione postmoderna.
E siamo solo all’inizio…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
I tg di questa sera hanno dato la notizia che la morte di un calciatore del Cosenza avvenuta 24 anno orsono e che era stata attribuita a suicidio, sembra invece sia stata un omicidio, per il quale è indagata l’ex fidanzata di allora, proprio colei che aveva denunciato il “suicidio”. Nulla di strano in apparenza, un caso come altri, riaperto per la tenacia dei genitori del giovane assassinato. C’è però un piccolo particolare. Il giovane si sarebbe suicidato gettandosi sotto un autocarro carico di mandarini. Roba da diverse tonnellate. Ebbene, sembra che le lesioni sul corpo del giovane non fossero per niente compatibili con l’investimento, e le cose che aveva in tasca erano intatte.
Domanda: perchè la ragazza fu creduta a scatola chiusa dai solerti indagatori? Non sarà, per caso ,naturalmente, che la parola di lei è credibile proprio perchè di lei? E che a parti invertite le indagini sarebbero state subito giustamente approfondite?
Armando
armando(Quota) (Replica)
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Non “come se“.
E’ cosi.
Il comportamento tradisce l’intendimento.
Ma lo otterranno.
Basta vedere cosa è successo in Spagna:
https://www.uominibeta.org/articoli/il-femminicidio-finlandese/comment-page-1/#comment-29703
https://www.uominibeta.org/home2/video-femminismo-ideologia-sessista/comment-page-6/#comment-29024
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Sarà poca cosa, però noto sempre più blogger, che normalmente non si occupano di queste tematiche, dire la loro:
BASTA CON LE MENZOGNE SUL “FEMMINICIDIO”
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
I veri numeri sul femminicidio
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
“FEMMINICIDIO”, LA BOLLA MEDIATICA DI ULTIMA GENERAZIONE (Deconstructing Italy 01)
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Dal Post:
1.5 DALLA NARRAZIONE DELL’EMERGENZA ALLA BOLLA MEDIATICA
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Constatato l’enorme potere arbitrario che si cela dentro una narrazione di emergenza, è ovvio che il suo utilizzo non si limiti solo alle vere e proprie emergenze supportate da un oggettivo riscontro statistico.
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Quando la narrazione dell’emergenza diventa un modo come un altro di raccontare i fenomeni sociali che interessano una società, quello a cui assisteremo sarà un susseguirsi continuo di bolle mediatiche.
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Una bolla mediatica nasce quando viene ingigantita ad hoc l’incidenza statistica di un fenomeno sociale per creare la percezione d’emergenza. Un’operazione che viene compiuta a vantaggio dei bilanci agonizzanti dei media e dei politici che useranno la bolla per i loro scopi e a svantaggio dell’obiettività dell’informazione, della salute dell’opinione pubblica e dell’effettiva risoluzione dei problemi.
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Il dibattito attorno al “Femminicidio” è una narrazione d’emergenza che ha anche le caratteristiche di una bolla mediatica. Si porta perciò dietro tutte quei tratti tipici della narrazione di emergenza di cui ho parlato qui sopra, partendo però da un fenomeno di cui viene sosvrastimata esponenzialmente la reale incidenza statistica.
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Il fenomeno mediatico dei “femminicidi” ha però anche delle caratteristiche uniche che lo rendono un’interessante case study. Prima di tutto però, giusto per levare un po’ di bava alla bocca alle neo-femministe che stanno leggendo, vediamo le statistiche.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)