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FAQ è l’acronimo di Frequently Asked Questions. Sono, letteralmente, le “domande poste frequentemente“. Nel nostro caso sarebbe più corretto parlare delle “obiezioni poste frequentemente“. La finalità comunque è la stessa.
Perciò, questo non è un post come tutti gli altri. Qui intendiamo concentrare e rendere immediatamente reperibili e consultabili (nonché all’occorrenza scaricabili) link, documenti, ricerche e quant’altro sia liberamente disponibile in rete con riferimento alle tematiche di cui ci occupiamo.
Il post è da intendersi quindi come un work in progress. Ogni qualvolta ci verranno segnalati documenti, ricerche e dati vari provvederemo ad aggiornarlo.
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Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica
(Convenzione di Istanbul) |
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LA VIOLENZA MASCHILE E’ LA PRIMA CAUSA DI MORTE PER LE DONNE. |
I dati della WHO del 2008 indicano come prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 15 e i 44 anni le malattie infettive e parassitarie, con 1.051.482 decessi (33,68%). La violenza rappresenta la nona causa di morte, con 52.711 decessi su un totale di 3.121.310 nell’anno(1,68%).Fonte: http://www.who.int/whosis/database/mort/download/ftp/morticd10.zip (archivio da scompattare) |
Ed inoltre: la prima causa di morte per le donne in Europa sono le malattie del sistema nervoso, con un tasso di 126,2 casi su 100.000 abitanti, seguono:
Fonte: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Causes_of_death_statistics (vedere la tabella excel) |
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ISTAT – Indagine multiscopo sulle famiglie “Sicurezza delle donne” (Anno 2006) |
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LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE È LA PRIMA CAUSA DI MORTE IN ITALIA PER LE DONNE TRA I 16 E I 44 ANNI |
Falso. L’omicidio e aggressione nella fascia di età tra i 15 e i 44 anni sono la quartultima causa di morte (55 occorrenze su 4.595 decessi); la prima causa di morte sono i tumori (2.139 occorrenze su 4.595 decessi). Allungando l’arco temporale di vita il quadro sostanzialmente non cambia. Fonte: http://www.istat.it/it/archivio/24446 (vedere le tavole) |
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Incidenti domestici e del tempo libero (2005)Dati I.S.S. elaborati dal SINIACA |
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LE TAPPE DEL SUFFRAGIO UNIVERSALE IN ITALIA Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini maggiorenni possono partecipare alle elezioni politiche e amministrative e alle altre consultazioni pubbliche, come i referendum. SUFFRAGIO MASCHILE 1861 – Dal 1861, anno della fondazione dello Stato unitario, fino al 1882, gli aventi diritto al voto, in base al censo e al titolo di studio, rappresentano circa il 2% dell’intera popolazione maschile adulta.1882 – Suffragio allargato con la legge Zanardelli del 24 settembre. Viene riconosciuto il diritto di voto ai maschi maggiorenni (all’epoca la maggiore età veniva raggiunta a 21 anni) alfabeti, e inoltre a coloro che versano imposte dirette per una cifra annua di 19,8 lire. Il corpo elettorale viene più che triplicato. 1912 – La legge promulgata da Giovanni Giolitti stabilisce un suffragio quasi universale per gli uomini: si prevede, infatti, che tutti gli uomini capaci di leggere e scrivere con almeno 21 anni possano votare, mentre gli analfabeti possono votare a partire dai 30 anni. Inoltre il voto viene esteso a tutti i cittadini che abbiano già prestato servizio militare. 28/6/1914 – 11/11/1918 (Inizio – Fine prima G.M /L’Italia entra in guerra il 23/4/1915) |
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The Global Gender Gap Report 2010 |
The Global Gender Gap Report 2011 |
The Global Gender Gap Report 2012 |
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Rapporto sulla criminalità in Italia.Analisi, Prevenzione, Contrasto – Anno 2007 |
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Indagine conoscitiva sulla violenza verso il maschileRivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza – Vol. VI – N. 3 – Settembre-Dicembre 2012 |
CEDAW – RAPPORTO OMBRA (giugno 2011) |
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Violenze in Famiglia: quello che l’ISTAT non dice(Deposizione di Fabio Nestola al Senato) |
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Il ruolo degli uomini nella parità di genere – Strategie ed approfondimenti europei |
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STRATEGIA NAZIONALEper la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere(2013 – 2015) |
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UNODOC – Global study on homicide 2011 |
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EU.R.E.S. – L’ultimo grido dei senza voce. Il suicidio in Italia al tempo della crisi |
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La violenza femminile. Cos’è, come se ne parla
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Relazione sul ruolo delle donne nell’economia verdeCommissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Parlamento Europeo. |
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DECRETO-LEGGE 14 agosto 2013, n. 93
Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche’ in tema di protezione civile e di commissariamento delle province. (GU n.191 del 16-8-2013) |
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Parlamento Europeo – Relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttiviCommissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere Relatore: Edite Estrela |
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Nota metodologica riguardante l’indagine multiscopo sulle famiglie “Sicurezza delle donne” – Anno 2006 |
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Relazione su sfruttamento sessuale e prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere |
Stipendi, è parità tra uomini e donne. |
L’abuso sessuale femminile sui minori |
Dibattito. Circoncisione, infibulazione: mutilazione genitale “indolore”? |
https://drive.google.com/file/d/1D67zmDr2RhHKn5rBeIf8pAorPUxxwjL7/view?usp=sharing |
93 Commenti
Luigi, e tutti voi, grazie. Grazie, virtualmente, a nome di tutti coloro che pur avendo letto, rifiutano i dati di fatto e, come ai tempi del Terzo Reich, abbassano la testa accettando l’errore, la discriminazione, l’odio divenuto teoria dommatica, in breve, il pensiero e la prassi totalitaria; in questo caso, di genere. Una follia voluta dai pochi (agiatissimi) che scatenano il terrore dell’incertezza contro i molti. Tutta la mia ammirazione per voi. E che dio ci aiuti. Purtroppo, temo che dall'”altra metà” della mela non avremo alcuna partecipazione, neanche emotiva. Ancher se, spero, vivamente di sbagliarmi.
Roman(Quota) (Replica)
Roman,
Ti ringrazio. A nome di tutti.
Però, parlo personalmente, sto solo (una volta preso coscienza) facendo quello che in vita mia ho sempre fatto, quando mi sono reso conto che c’era qualcosa che non andava e che non mi andava: ho dato battaglia.
Solo una cosa mi dispiace: aver dato spago per troppo tempo a queste sessiste senza capire dove volevano andare a parare….. 👿
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
INTRODUZIONE DEL REATO DI FEMMINICIDIO
“DDL d’iniziativa dei senatori MUSSOLINI, RAZZI, PELINO …..”
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
“Solo una cosa mi dispiace: aver dato spago per troppo tempo a queste sessiste senza capire dove volevano andare a parare….. ”
Luigi, non per farmi i cavoli tuoi…ma posso chiederti come si e`sviluppata la tua coscienza in questo senso? Senza nomi e riferimenti specifici…mi interessano i flussi di coscienza antifemministi!
Pappagallus Nocturnus(Quota) (Replica)
Pappagallus Nocturnus
Ti rispondo con calma. Ora non posso.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
STRATEGIA NAZIONALE per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Siti istituzionali che si occupano a vario titolo delle cause di morte nel mondo ed in Europa.
Il sito della Commissione Europea: Causes of death statistics
Il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: WHO mortality data and statistics
Il sito dell’ONU: United Nations Office on Drugs and Crime – home page
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Disegno di legge – Disposizioni per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio
“DDL d’iniziativa dei senatori PUGLISI, MUSSOLINI, PUPPATO, FEDELI …..”
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
La violenza femminile. Cos’è, come se ne parla – Dr. Eugenio Pellizzari
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Occupazione femminile. Occupazione maschile. Due documenti targati Istat.
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L’occupazione femminile nella Pubblica Amministrazione: un’analisi dei dati della Ragioneria Generale dello Stato – Anno 2009
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OCCUPATI E DISOCCUPATI: DATI RICOSTRUITI DAL 1977 – 24 aprile2013
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
I suicidi in Italia. Un pò di dati targati Istat.
Suicidi
I suicidi in Italia
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Statistica dei suicidi e dei tentativi di suicidio – Anni 2005-2007
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Statistica dei suicidi e dei tentativi di suicidio – Anni 2008
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Statistica dei suicidi e dei tentativi di suicidio – Anni 2009
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Statistica dei suicidi e dei tentativi di suicidio – Anni 2010
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
EURISPES – 25esimo Rapporto Italia (Documento di sintesi)
DONNE E PUBBLICO IMPIEGO (Pagine 16-18)
LE DONNE ED IL LAVORO (Pagine 45-46)
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Da una segnalazione di Fabrizio N.
“In estrema sintesi le raccomandazioni interpretano il ruolo del maschio come nocivo verso l’ambiente, salvo dover riconoscere che buona parte dell’economia verde è a conduzione maschile, e raccomandano politiche e normative per buttare fuori dal sistema educativo e lavorativo, in particolare negli ambiti decisionali, gli uomini per far posto alle donne. Norme criminali che oggi si chiamano Gender Equality, qualche decennio fa si chiamavano in un altro modo. Direte voi la solita solfa, siamo abituati. Sì ma è bene leggerlo tutto, per avere misura del linguaggio e dell’interpretazione istituzionale dell’uomo (inteso come maschio) nella società. Sarei tentato di definirlo razzismo, ma forse più propriamente è specismo. Il linguaggio usato nei confronti degli uomini è più propriamente quello che useremmo verso una specie aliena, dei Visitors, che avessero invaso la Terra per dominarla e distruggerla, una chiamata alle armi verso il maligno. Veramente rimango allibito non solo dall’odio così trasparente, ma soprattutto dall’assoluto silenzio mediatico che circonda questi scempi.”
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
Al limite e ben oltre il grottesco, alcune premesse della risoluzione del Parlamento Europeo.
Ne cito solo qualcuna:
1) “considerando che le donne e gli uomini hanno in generale abitudini di consumo diverse;che le donne consumano di meno rispetto agli uomini a prescindere dalla loro condizione socioeconomica…” (questa potrebbe essere una battuta per un film di Woody Allen oppure per una gag fra Walter Matthau e Jack Lemmon…);
2) “considerando che le donne sono particolarmente vulnerabili agli effetti dei rischi ambientali e al cambiamento climatico a causa del loro status inferiore socioeconomico,alle loro tradizionali responsabilità domestiche che esse svolgono in modo sproporzionato e al pericolo di violenza cui esse sono esposte in situazioni conflittuali che si creano o vengono esacerbate dalla scarsità di risorse naturali”;
3) Considerando che le donne,a motivo dell’attuale struttura di potere basata sul genere, non hanno lo stesso potere né le medesime possibilità di accesso ai trasporti degli uomini…(qui proprio non saprei come commentare…);
4) Considerando che le politiche ambientali impattano direttamente sulla salute e sullo status socioeconomico degli individui, e considerando che la disparità di genere combinata alla mancanza di sensibilità nei confronti del diverso status sociale ed economico e dei bisogni delle donne significa che le donne tendono a soffrire in maniera sproporzionata per il degrado dell’ambiente…;
Insomma,le donne soffrono più degli uomini il degrado dell’ambiente (di cui ovviamente solo questi ultimi sono responsabili). E’ evidente quindi che anche qualora fossimo travolti da uno tsunami le donne, essendo oppresse e discriminate, e vivendo (cioè essendo relegate) in una sorta di apartheid materiale e morale, ne pagherebbero le conseguenze più gravi…
Non ho dubbi sul fatto che anche questa risoluzione verrà approvata all’unanimità senza neanche un astenuto…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Interessante, molto interessante notare come, nonostante mali e pericoli ambientali colpiscano principalmente le donne, le quali appartengono inoltre ad uno status socioeconomico inferiore ( ad esempio è logico che mio padre, metalmeccanico in zincheria da che aveva 14 anni, sia appartenente ad una elite maschile superiore alle donne come la Fornero, povera oppressa che gli ha inculato via 7 anni di pensione ), gli uomini si ammalino più frequentemente, campino 7 anni in meno e siano la quasi totalità delle morti bianche.
Sarebbe logico supporre che se ciò che è esplicitato nel documento fosse vero, la situazione dovrebbe essere inversa. Eppure non è così. GLi uomini muoiono di più e sono meno longevi delle donne.
E’ una contraddizione gigantesca, mastodontica, grande come la Morte Nera.
Il livello teorico della relazione (di cui ho osservato solo poche pagine, causa diversi crampi allo stomaco e conati di vomito durante la lettura, datemi pure del debole ) è degno di una bambina di 11 anni.
Eppure verrà quasi sicuramente approvata all’unanimità, come dice Fabrizio.
E certo: saranno mica vecchi retaggi patriarcali come la logica e il buon senso a fermarli!
La guerra è pace
La libertà è schiavitù
L’ignoranza è forza
Le donne sono oppresse e subiscono più gravemente disagi fisici, psicologici, ambientali e materiali
LODE AL PARLAMENTO EUROPEO! LODE AL FEMMINISMO! LODE AL CAPITALISMO! LODE AL SUPERIORE OCCIDENTE! LODE ALLE LEGGI GENDER EQUALITY!
(fine del comunicato)
Capa(Quota) (Replica)
Una “lenzuolata” di atti del Parlamento Europeo più o meno recenti sull’eguaglianza di genere (gender equality).
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Commissione Diritti della donna e Parità di genere (FEMM) del PE & Gruppo di alto livello sulla parità di genere e la diversità – “Parità di genere – cosa fanno i Parlamenti dell’Unione europea?”
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Mobilità di genere: studio del Parlamento Europeo
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La neutralità di genere nel linguaggio usato dal Parlamento Europeo
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Il Parlamento approva la protezione a livello europeo per le vittime di violenza di genere —-> Riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile
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Relazione sul gender budgeting – la costruzione dei bilanci pubblici secondo la prospettiva di genere
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Il 12 marzo 2013 Il Parlamento Europeo adotta tre risoluzioni sulla parità di genere
Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sull’impatto della crisi economica sull’uguaglianza di genere e i diritti della donna
Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione europea
Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sulla situazione delle donne in Nordafrica
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Asilo ed uguaglianza di genere, Parlamento Europeo adotta rapporto di France Terre d´Asile, Cir e altre ONG (*)
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
“Prima le donne e i bambini”
Questo è stato il grido, oppure il tacito accordo che, in ogni occasione di pericolo, in ogni comunità umana, ad ogni latitudine e tempo è stato lanciato.
Lo si può mettere in dubbio. Portare esempi, magari celebri, che sembrano smentire l’assunto. In realtà non smentiscono un bel niente risultando quelli le eccezioni e non la norma.
E non è che questo sia caratteristico di tutti gli uomini, sia ben chiaro. Ma sono solo uomini che fanno questo. Mettono in pericolo loro stessi, spesso con il sacrificio della loro stessa vita, per salvare gli altri: donne, bambini e uomini.
Solo in un caso le donne si comportano alla stessa maniera. Quando si tratta di salvare i propri figli (o anche quelli degli altri) e non è possibile contare sulla presenza maschile.
Dunque le donne proteggono i bambini. Gli uomini proteggono i bambini e le donne. Oltre a loro stessi, se possibile.
“Prima le donne e i bambini“, dicevo.
Questo grido però da un pò di anni, nell’immaginario mainstream e stato soppiantato dal “No alla violenza sulle donne e i bambini” et similia.
Ora bisognerebbe essere dei pazzi, dei disturbati mentali, comunque degli alienati da se stessi come uomini, nel non essere d’accordo con quella frase.
Probabilmente sono tutte e tre le cose perchè io con quella frase non sono d’accordo.
La frase invece che mi trova d’accordo è questa: “No alla violenza sulle donne. No alla violenza sui bambini“.
Fosse per me ci aggiungerei anche: “No alla violenza sugli uomini“.
Però si sa gli uomini sono sacrificabili. E’ la violenza è riservata a loro come retaggio. Anche quando non l’hanno chiesto, anche quando ne farebbero volentieri a meno.
Ritorno alla frase. Anzi alle due frasi. Vi sembrano la stessa cosa? A me no.
La prima (No alla violenza sulle donne e i bambini) mette insieme, accomuna, due fenomeni diversi e nelle modalità che implicitamente suggerisce, molto poco sovrapponibili. Di converso per assenza, brilla la luce negativa di colui, di coloro che non sono nominati, ma che (gli attori sono in tutto tre e due sono già rappresentati) sono subdolamente suggeriti come gli unici portatori di violenza: gli uomini.
La seconda (No alla violenza sulle donne. No alla violenza sui bambini.) invece scinde le due cose. I due fenomeni. E’ corretta e non strumentale. Ancorchè monca per il mancanto riferimento agli uomini. Ma quantomeno è onesta nella sua parzialità.
Perchè suggerisce un quadro ben più complesso e veritiero. Dove gli attori (e le attrici) di violenza possono essere molteplici. E lo sono. Perchè La violenza non ha un sesso, non ha un luogo, non ha un età. E’ comunque la sopraffazione del più forte verso il più debole. In tutte le declinazioni: fisica, economica, psicologica, sociale, politica, etc., etc., ….
Questa è la direzione che sembra suggerire anche il documento (statunitense) in allegato: “Child Maltreatment 2011: Sintesi dei principali risultati”
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– i bambini hanno un tasso di mortalità maggiore delle bambine in consueguenza di abusi: 2.47 ragazzi ogni 100.000 contro 1.77 ragazze ogni 100.000
– le donne rappresentano la componente maggiore dei responsabili di abuso su minore 53.6 % contro il 45.1 % degli uomini.
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Il documento (di sintesi e completo) può prestare il fianco a diverse critiche:
– il concetto di abuso non è ben specificato ed è una critica fondata; ma questo non vi ricorda nient’altro? La vaghezza concettuale di determinati neologismi intendo.
– I CPS sono i servizi sociali americani. Come i loro cugini europei ed italiani (che ben conosciamo) possiamo riternerli affidabili? Anche questa obiezione ha un suo fondamento. Ma anche qui, non vi ricorda niente? Una battaglia combattuta e vinta sulla base di dati equivoci e confusi, forniti da private associazioni. Per dire.
Per cui, si, il documento potrà anche essere non essere del tutto affidabile, ma è un fatto che si sia costruita una cultura antimaschile con analoghe tipologie di documenti. Quantomeno siano messi tutti a disposizione e poi ognuno/a giudicherà da se.
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Child Maltreatment 2011: Sintesi dei principali risultati
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Child Maltreatment 2011
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ps. Ringrazio Fabrizio N. per i suoi preziosi contributi.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
UN WOMEN – UN WOMEN/Comitato Nazionale Italia
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UNW – Manuale per la legislazione sulla violenza contro le donne (in inglese)
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Proposta di Legge d’iniziativa dei Deputati: Sereni, Biondelli, Cenni, D’incecco, Fedi, Garavini, Gnecchi, Iori, Locatelli, Marchi, Mariani, Melilli, Mogherini, Quartapelle Procopio, Rosato, Velo, Zoggia
Disposizioni in materia di statistiche di genere
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Potrebbero iniziare a rifare le ricerche sulla violenza.
arm
armando(Quota) (Replica)
armando,
Fosse così non sarei d’accordo. Sarei d’accordissimo.
Ho paura invece che vogliano solamente istituzionalizzare il “loro” lavoro. Con i “loro” parametri.
Se hai letto la proposta (io molto malamente, da buon oppressore ultimamente sono molto impegnato a sfangarla … ) sin dall’inizio parla di uffici, enti, organismi privati. Per cui ….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Grazie per la tempestiva segnalazione Mauro.
Ho inserito il decreto nelle FAQ.
Rimando ogni valutazione a dopo averlo letto, ma non penso di sbagliarmi più di tanto se affermo che da domani l’Italia cessa di essere una Repubblica fondata sul Lavoro (se mai lo è stata) e diventa una Oligarchia Misandrica fondata sull’odio di genere.
La Storia si ripete. Ma ogni volta le modalità ci sorprendono. Ma forse perchè siamo noi a non voler vedere.
In fondo cos’è la democrazia se non un prodotto del tanto esecrato patriarcato? E per quale motivo maschi e femmine femministi dovrebbero apprezzarla?
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Il concetto alla base del femminismo istituzionale e di potere è il seguente: l’eguaglianza tra i sessi si situa in un qualsiasi punto che sia tra il 50% e il 100%, se a favore delle donne. Altrimenti è discriminazione contro le stesse.
Questo concetto lo si ritrova, implicito o meno, in tutta la produzione d’ispirazione istituzional-femminista.
Un esempio.
Il World Economic Forum (WEF, nota associazione di filantropi, con alle spalle tutto il ghota finanziario-industriale del pianeta Terra) stila con cadenza annuale i suoi Global Gender Gap Report.
E già questo, permettetemelo, mi suona strano. In che senso direte voi?
Nel senso che, se un’associazione di paperoni e paperone planetari si occupa di questi temi (in maniera non proprio cristallina peraltro come vedremo) lo fa davvero per filantropia o perchè la questione è funzionale ai suoi committenti?
Va beh … lasciamo in sospeso la domanda e tiriamo avanti.
Il WEF dicevo stila annualmente i suoi Global Gender Gap Report che dovrebbero misurare i divari di genere in termini di opportunità (le edizioni 2010-2011-2012 le potete trovare nel corpo del post).
Nell’edizione del 2007(ma lo stesso discorso lo ritroverete nelle altre edizioni), a pag. 4, troviamo scritto: “Our aim is to focus on whether the gap between women and men in the chosen variables has declined, rather than whether women are “winning” the “battle of the sexes”. Hence, the Index rewards countries that reach the point where outcomes for women equal those for men, but it neither rewards or penalizes cases in which women are outperforming men in particular variables”.
Ed infatti, tutti i dati che indicano condizioni di vantaggio per le donne rispetto agli uomini vengano sistematicamente riportati a 1 (perfetta eguaglianza), in tal modo falsando non di poco la reale situazione. Esempio. Stessa classifica, anno 2010, con riferimento all’Italia nel parametro Educational Attainment (Grado di formazione), suddiviso in quattro indici sono riportati i seguenti valori:
i) Literacy (alfabetizzazione) rate 0.99 (female-to-male-ratio)
ii) Enrolment in primary education 0,99
iii) Enrolment in secundary education 1,02
iv) Enrolment in tertiary education 1,41
Gli ultimi due dati indicano un lieve vantaggio nella istruzione secondaria delle donne (1,02) e un fortissimo squilibrio sempre a favore delle studentesse nell’istruzione terziaria (1,41) ma ricevono entrambi il rank 1 (perfetta eguaglianza).
Al contrario, nei primi due dati, la lievissima differenza a sfavore delle donne (0,99) fa sì che i rank assegnati siano 61esima posizione per Literacy rate e 90esima per Enrolment in primary education. Ciò comporta che il rank complessivo del sotto-indice Educational Attainment sia 49esimo.
Chi legge che la posizione dell’Italia in campo educativo è 49esima nel mondo è perciò indotto a ritenere che vi sia un grave gender gap a sfavore delle donne in Italia; la realtà è esattamente l’opposto: vi è un grave gender gap a sfavore degli uomini, ma di questo i ricercatori autori/rici dello studio non se ne curano minimamente.
Più che uno studio sul gap di genere (che dovrebbe misurare gli squilibri a sfavore di entrambi e combatterli) è in realtà di una ricerca smaccatamente di parte, che dimostra bene quale concezione della parità abbiano gli autori.
Si capisce bene quindi come i vari Global Gender Gap Report più che documenti tecnici (il bias lo dichiarano, come abbiamo visto, i suoi stessi autori/autrici) siano dei veri e propri documenti politici.
Parlavo all’inizio come è inteso il concetto d’uguaglianza dal femminismo istituzionale e di potere.
Bene. Facciamo un passo avanti. Passiamo alla prassi.
Una volta prodotto un documento, dove in genere o si ritrovano bug come quello sopra descritto oppure altri tipi di bug (basare tutto su precedenti fonti date come certe ma, a verifica, tuttaltro che certe e persino affidabili). Una volta prodotto il “documento” dicevo, “lo studio scientificamente provato”, generalmente sotto l’egida di organismi presupposti prestigiosi (ONU, CEE, OMS, etc., etc., ….) si passa alla fase successiva: la produzione nazionale, sotto l’egida di organismi presupposti prestigiosi a tale livello, di altri studi, di altri documenti che però hanno alla base lo stesso bug, lo stesso intento politico, lo stesso intento discriminatorio del documento-origine.
Questa e la genesi e lo scopo del seguente documento, patrocinato niente-poco-di-meno che dalla ex-prestigiosa istituzione della Banca d’Italia: A gender equality index for the Italian regions – by Monica Amici and Maria Lucia Stefani
…………….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ho fatto la media dei valori è da 1.10 ,utilizzando invece il “loro” metodo si ha 0.995 ,quindi ,si dimostra che le donne sono svantaggiate anche quando non lo sono ….
Mauro Recher(Quota) (Replica)
giovanni carducci(Quota) (Replica)
Ok. Inserito nel nostro archivio documentale.
L’omicidio volontario in Italia. Rapporto EURES 2013 – SINTESI
…………
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Il decreto legge sul “femminicidio” convertito in legge con il passaggio, senza modifiche dal senato (minuscolo d’obbligo).
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Stiamo analizzando le differenze tra decreto e legge e probabilmente gli dedicheremo un topic. Però un articolo, nuovo fiammante (integralmente aggiunto nella legge di coversione) possiamo pubblicarlo senza bisogno di analisi e confronti: il 5-bis.
……….
Articolo 5-bis. (Azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio)
1. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera d), del presente decreto, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 10 milioni di euro per l’anno 2013, di 7 milioni di euro per l’anno 2014 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015. Al relativo onere si provvede, quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 61, comma 22, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, e, quanto a 7 milioni di euro per l’anno 2014 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
2. Il Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede annualmente a ripartire tra le regioni le risorse di cui al comma 1 tenendo conto:
a) della programmazione regionale e degli interventi già operativi per contrastare la violenza nei confronti delle donne;
b) del numero dei centri antiviolenza pubblici e privati già esistenti in ogni regione;
c) del numero delle case-rifugio pubbliche e private già esistenti in ogni regione;
d) della necessità di riequilibrare la presenza dei centri anti-violenza e delle case-rifugio in ogni regione, riservando un terzo dei fondi disponibili all’istituzione di nuovi centri e di nuove case-rifugio al fine di raggiungere l’obiettivo previsto dalla raccomandazione Expert Meeting sulla violenza contro le donne – Finlandia, 8- 10 novembre 1999.
3. I centri antiviolenza e le case-rifugio, alle quali è garantito l’anonimato, sono promossi da:
a) enti locali, in forma singola o associata;
b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell’aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla re-lazione tra donne, con personale specificamente formato;
c) soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d’intesa o in forma consorziata.
4. I centri antiviolenza e le case-rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza, anche qualora svolgano funzioni di servizi specialistici.
5. Indipendentemente dalle metodologie di intervento adottate e dagli specifici profili professionali degli operatori coinvolti, la forma-zione delle figure professionali dei centri antiviolenza e delle case-rifugio promuove un approccio integrato alle fenomenologie della violenza, al fine di garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita dalle persone, a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale ed economico. Fa altresì parte della formazione degli operatori dei centri antiviolenza e delle case-rifugio il riconoscimento delle dimensioni della violenza riconducibili alle diseguaglianze di genere.
6. Le regioni destinatarie delle risorse oggetto di riparto presentano al Ministro delegato per le pari opportunità, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione concernente le iniziative adottate nell’anno precedente a valere sulle risorse medesime.
7. Sulla base delle informazioni fornite dalle regioni, il Ministro delegato per le pari opportunità presenta alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del presente articolo.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Analizzando il decreto-legge convertito in legge dell’undici ottobre si scoprono alcune chicche, o meglio, alcune contraddizioni.
Consideriamo l’art. 5. Lo riporto per intero.
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Articolo 5.
(Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere)
1. Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un «Piano d’azione straordina¬rio contro la violenza sessuale e di genere», di seguito denominato «Piano», che deve essere predisposto in sinergia con la nuova programmazione dell’Unione europea per il periodo 2014-2020.
2. Il Piano, con l’obiettivo di garantire azioni omogenee nel ter¬ritorio nazionale, persegue le seguenti finalità:
a) prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l’informazione e la sensibilizzazione della collettività, rafforzando la con¬sapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne e nella soluzione dei conflitti nei rapporti interpersonali;
b) sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile anche attraverso l’adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli operatori medesimi;
c) promuovere un’adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un’ adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo;
d) potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vit¬time di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di raffor¬zamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;
e) garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking;
f) accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte;
g) promuovere lo sviluppo e l’attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva;
h) prevedere una raccolta strutturata e periodicamente aggior¬nata, con cadenza almeno annuale, dei dati del fenomeno, ivi compreso il censimento dei centri antiviolenza, anche attraverso il coordinamento delle banche di dati già esistenti;
i) prevedere specifiche azioni positive che tengano anche conto delle competenze delle amministrazioni impegnate nella prevenzione, nel contrasto e nel sostegno delle vittime di violenza di genere e di stal¬king e delle esperienze delle associazioni che svolgono assistenza nel settore;
l) definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio.
3. Il Ministro delegato per le pari opportunità trasmette annual¬mente alle Camere una relazione sull’attuazione del Piano.
4. Per il finanziamento del Piano, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità è incrementato di 10 milioni di euro per l’anno 2013. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 61, comma 22, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni.
5. All’ attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, fatto salvo quanto previsto dal comma 4 del medesimo articolo e dall’articolo 5-bis, si provvede mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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Tralascio tutte le considerazioni (e ce ne sono…. eccome se ce ne sono) e vi invito a porre attenzione sul comma 4.
In questo comma si dispone per il 2013 un aumento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di 10 milioni di euro. E, contestualmente, i 10 milioni di euro vengono sottratti a ….. già a chi?
Andiamo a vedere:
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Manovra d’estate: piano triennale per lo sviluppo, competitività, Robin tax
Decreto Legge 25.06.2008 n° 112
Art. 61.
( Ulteriori misure di riduzione della spesa ed abolizione della quota di partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza specialistica )
22. Per l’anno 2009, per le esigenze connesse alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione ed al contrasto del crimine, alla repressione delle frodi e delle violazioni degli obblighi fiscali ed alla tutela del patrimonio agroforestale, la Polizia di Stato, Corpo dei vigili del fuoco, l’Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, il Corpo di polizia penitenziaria ed il Corpo forestale dello Stato sono autorizzati ad effettuare assunzioni in deroga alla normativa vigente entro un limite di spesa pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2009, a valere, quanto a 40 milioni di euro per l’anno 2009 e a 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, sulle risorse di cui al comma 17, e quanto a 60 milioni di euro per l’anno 2009 a valere sulle risorse di cui all’articolo 60, comma 8. Tali risorse sono destinate prioritariamente al reclutamento di personale proveniente dalle Forze armate. Alla ripartizione delle predette risorse si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro il 30 aprile 2009, secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
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Ebbene si. E’ proprio così. Si fa una legge (e che legge … ). Si caricano le forze dell’ordine (e la giustizia) di tutta una serie di incombenze aggiuntive e dove si vanno a prendere i soldi per questo “Piano“?
Ma alle stesse forze dell’ordine, che diamine!! Come se non fossero già con le pezze al culo.
E’ così semplice. Lappalissiano.
Come ho fatto a non pensarci subito?
A già …. la logica. Maledetta bestia. Maledetta e maschilista.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Parlamento Europeo – Relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi
Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere
Relatore: Edite Estrela
…………..
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Mr.?,
Si, ne ero a conoscenza. Comunque approfitto della segnalazione per inserire il documento nelle FAQ:
A European Framework National Statute for the Promotion of Tolerance
…..
…..
Pagina 3, Sezione 2, punto (e):
(e) Take concrete action to combat intolerance, in particular with a view to eliminating racism, colour bias, ethnic discrimination, religious intolerance, totalitarian ideologies, xenophobia, anti-Semitism, anti-feminism and homophobia.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
…sara`cosi`bello il giorno in cui il fetido sterco femminista sara` seppellito nel letamaio della storia…
Pappagallus sibiricus(Quota) (Replica)
giovanni carducci(Quota) (Replica)
Penso sia il caso di caricare questa nota dell’Istat.
E’ una nota che accompagna la famosa indagine del 2006. Si trova ancora sul sito, ma è rintracciabile con difficoltà.
E’ molto interessante. Assai più del capitolo 4 (note metodologiche) della stessa indagine. Anche e soprattutto dove parla di violenza psicologica ed economica. Perchè l’inghippo principale dello studio è tutto lì: aver rilevato le diverse tipologie di violenza e, accanto a quelle più serie (rilevate comunque da un indagine telefonica a campione con gli ovvi bias che ciò comporta) aver inserito, senza differenziare quest’ultima. E tutto per ottenere numeri enormi da dare in pasto ai media.
Due spunti comunque su cui riflettere:
1) Non si può criticare quell’indagine senza criticare quello che sta a monte. Mi riferisco ad es. (è scritto all’inizio della nota): – La conferenza mondiale delle Nazioni Unite (Vienna, 1993) definisce la violenza contro le donne come:
“… qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica”. –
Voglio dire se si accettano definizioni cosi allargate (mi riferisco al lato psicologico per definizione ultra-soggettivo) di violenza e solo con riferimento ad un sesso è normale che poi escano indagini di quel tipo.
2) Nell’indagine, lo dicono chiaramente, hanno usato la tecnica dello screening (ho dei dubbi ma lascio perdere in questa sede). Cioè una batteria di domande a cui l’intervistata doveva rispondere affermativamente o negativamente. Non hanno chiesto quindi se l’episodio oggetto della domanda fosse avvertito come violenza o meno. L’incasellamento come violenza, quando l’intervistata ha risposto affermativamente, è avvenuto dall’altra parte del filo.
Se la cosa può avere poca o nulla rilevanza se parliamo di violenza fisica (botte, ceffoni) o sessuale (stupro) giacchè sono situazioni oggettive patite dalla vittima, ha però una rilevanza enorme nel campo vastissimo e indefinito della violenza psicologica, soggettiva per definizione. Questo, unito all’indifferenziazione, non fa altro che portare a dati farlocchi. Ma non perchè l’Istat non sappia fare il proprio mestiere, ma perchè questa è un indagine filtrata con le lenti dell’ideologia.
…..
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
“Ma non perchè l’Istat non sappia fare il proprio mestiere…”
O e`proprio perche`l`ISTAT il suo mestiere lo sa fare fin troppo bene…?
Pappagallus sibiricus(Quota) (Replica)
Pappagallus sibiricus,
….
Dietrologo ….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
…dicesi dietrologo colui che non lo vuole nel didietro…
Pappagallus sibiricus(Quota) (Replica)
……
Per capire bisogna conoscere.
Stuzzicato quindi da quel passaggio della nota Istat ho messo insieme un pò di materiale sulla Conferenza Mondiale sui Diritti Umani Vienna del 14-25 giugno 1993.
Ho riportato perciò i seguenti 4 documenti:
Il primo riguarda la Conferenza Mondiale sui Diritti Umani vera e propria: la dichiarazione e il programma d’azione.
…
…
Il secondo è un estratto con i soli riferimenti della Conferenza ai diritti delle donne.
…
…
Il terzo è la “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne” già richiamata nel primo.
…
…
Il quarto è un sintetico (ed illuminante per certi versi) quadro dal dopoguerra ad oggi.
…
…
Archivio contenente i 4 documenti:
Conferenza Mondiale sui Diritti Umani Vienna, 14-25 giugno 1993
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
…….
Per condurre un analisi seria e realistica sulla condizione maschile penso che dovremmo partire da un dato di fatto e da un riconoscimento.
Il dato di fatto.
Le nostre società, e con queste dizione mi riferisco a quelle società, precipuamente occidentali ma non solo, dominate da un ben preciso modello economico e culturale, sono ormai permeate da concetti, nuovi o ridefiniti, dalla cultura femminista. E’ un osservazione tanto banale, quanto misconosciuta e non fa male ripeterlo ogni tanto.
Il riconoscimento.
Posto il punto di cui sopra, mi sembra ovvio il riconoscimento all’avversario che ci siamo scelto: il movimento femminista. Anche se non è tutto fieno della loro cascina, anzi, è fuor di dubbio che, senza alcuna rappresentatività reale, nessuna presa della Bastiglia sia riuscito a raggiungere molti degli obiettivi che si era prefisso. E altri sicuramente ne raggiungerà.
Quindi dicevo, per un’analisi seria e realistica, da questo dato di fatto occorre partire.
Se siamo d’accordo su questo quel che occorre allora è una battaglia culturale che sappia individuare i veri obiettivi. Individuare il “cuore” della questione e battere lì.
Ho parlato di concetti femministi e di concetti ridefiniti dal femminismo. Ecco, quello mi sembra il campo di battaglia. Si tratta di definizioni, o ridefinizioni, di parte quindi per loro natura non universali. Ritengo quindi che ci si debba battere per una condivisone di principi e concetti davvero universale. Certo, l’impresa è improba, se non impossibile. Ma cosa abbiamo da perdere?
Secondo me, questo è il compito di un Movimento Maschile che ha le sue radici nei valori dell’eguaglianza, della libertà, della democrazia e del superamento di ogni forma di oppressione e discriminazione di genere, di classe, di razza e di religione.
Non mi faccio illusioni sulle prospettive a breve o medio termine. Però possiamo assegnarci un compito: gettare dei semi. Semi fertili però, in grado di germogliare e dare frutti. Altre persone, altre menti, magari più capaci di noi, li accudiranno e li faranno crescere.
Per farmi capire penso che sia meglio fare un esempio.
Quella da me riportata in citazione è la definizione di “violenza di genere”.
Perchè è una definizione che esiste, non l’hanno inventata i media, esiste, è scritta nera su bianco. Permea ad es. la ricerca Istat del 2006come la convenzione di Instambul, permea e permeerà sempre di più anche la nostra legislazione.
Si tratta di un concetto o di un principio equilibrato? Con tutta evidenza, ad una mente lucida che osi sfidare il conformismo pro-feminist, NO.
E non lo è nella parte in cui introduce elementi aleatori con tasso di soggettività altissimo. Infatti, mentre se parliamo di violenza sessuale e fisica (anche questi concetti hanno subito una ridefinizione, ma non mi dilungo ora) abbiamo un riscontro umanamente oggettivo, quando invece ci addentriamo sul terreno della violenza psicologica ci troviamo in un vero e proprio campo minato.
Lungi dal contestare l’esistenza della stessa, si contesta la sua definizione cosi come riportata in trattati e accordi tra Stati (da cui discendono conseguenze sul diritto civile e penale negli ordinamenti degli stessi), in definitiva l’indeterminazione, l’aleatorietà, la soggettività della definizione stessa.
Non sono un operatore del diritto, tuttavia sono consapevole che a fondamento dello stesso vi è la ricerca di norme quanto più possibili oggettive e condivise. Oggettività umanamente possibile e universalmente condivisa certo, ciò non di meno la certezza del diritto si basa su questo. Ma se nel diritto si inoculano dosi sempre maggiori di soggettività ecco che ne viene meno la certezza e di fatto l’esistenza del diritto stesso.
Ed allora, mi chiedo e vi chiedo, ma è mai possibile che tale condizione e tale concetto possa esistere giuridicamente normato?
Per quanto mi riguarda la risposta è negativa. Ma se qualcuno/a è di avviso diverso gli/le chiedo: è giusto che ciò possa valere solo per metà umanità?
O vale per tutte/i o per nessuno.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Introduzione dell’insegnamento dell’educazione sentimentale nelle scuole del primo e del secondo ciclo dell’istruzione
Proposta di Legge d’iniziativa dei deputati Costantino, Di Salvo, Nicchi, Pellegrino, Melilla, Pannarale, Piazzoni, Duranti, Ricciatti
Introduzione dell’insegnamento dell’educazione sentimentale nelle scuole del primo e del secondo ciclo dell’istruzione
Presentata il 7 agosto 2013
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ONOREVOLI COLLEGHI ! – La Ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica da parte dell’Italia, ai sensi della legge n. 77 del 2013, ha riaperto nelle sedi istituzio¬nali il dibattito sul fenomeno della violenza sulle donne. È sicuramente un grande passo in avanti sia sul piano simbolico che materiale, ma la sua piena attuazione ha bisogno di conseguenti interventi di integrazione e modificazione della legislazione e della regolamentazione nazionali che consentano la realizzazione degli obiettivi e delle misure da essa recati. Tra questi un ruolo fondamentale po¬tranno svolgerlo progetti di formazione culturale che accompagnino i percorsi scolastici dei ragazzi, a partire dal ciclo della scuola secondaria di primo grado, fornendo adeguati strumenti di comprensione e di decostruzione critica dei modelli dominanti tuttora alla base delle relazioni tra i sessi.
Il capitolo III della Convenzione si esprime sufficientemente nel merito delle politiche di prevenzione da adottare. L’articolo 12, paragrafo 1, obbliga le parti ad adottare « le misure necessarie per pro¬muovere i cambiamenti di comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e pratiche basati sull’idea dell’inferiorità della donna; il paragrafo 4 obbliga le parti ad adottare le misure necessarie per incoraggiare tutti i membri della società, soprattutto uomini e ragazzi, a contribuire attivamente alla prevenzione di ogni forma di violenza che rientra nell’ambito di applicazione della Convenzione; il paragrafo 6 obbliga le parti ad adottare le misure necessarie per promuo¬vere programmi e attività per l’empowerment delle donne.
All’articolo 13, paragrafo 2, la Convenzione invita i Paesi sottoscrittori a garantire massima diffusione alle informazioni relative alle misure disponibili per la prevenzione della violenza di genere.
L’articolo 14, paragrafi 1 e 2, si occupa di definire sul piano dell’istruzione le attività dei Governi rispetto agli atti di violenza che rientrano nel campo della Convenzione: « 1. Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.
2. Le Parti intraprendono le azioni necessarie per promuovere i princìpi enunciati al precedente paragrafo 1 nelle strutture di istruzione non formale, nonché nei centri sportivi, culturali e di svago e nei mass media ».
È chiaro come, secondo quest’interpretazione, accanto alla formazione cul¬turale, che si avvalga di un ampio spettro di riferimenti ai saperi (storico-sociali, antropologici, religiosi e altri), si ponga anche la necessità di promuovere percorsi tesi a stimolare nei ragazzi e nelle ragazze la capacità di riflettere e ragionare sull’emotività, sui sentimenti, sull’affettività, attraverso una formazione che si misuri criticamente con la complessa sfera dei sentimenti e con l’obiettivo di fornire ai giovani delle nuove generazioni gli strumenti necessari a gestire i conflitti di domani, i fallimenti, i rifiuti e le complesse fasi dell’adolescenza.
Negli ultimi anni molte scuole attente ai fenomeni della prevenzione della vio¬lenza, usufruendo dell’autonomia scolastica, hanno avviato progetti didattici incentrati, oltre che sull’educazione sessuale, sulla scoperta e sulla consapevolezza del proprio corpo, nonché sull’educazione sentimentale degli studenti.
La presente proposta di legge mira a fare di questi esempi autonomi un modello nazionale, inserendo nei programmi scolastici l’insegnamento dell’educazione sen¬timentale.
Parte essenziale di questo insegnamento è la valorizzazione del fondamentale contributo che le donne hanno dato alla civilizzazione delle società, all’avanza¬mento del diritto e dei diritti, al miglioramento delle condizioni di vita della società. Fornire un altro modo di guardare alle donne è il primo passo per rompere gli stereotipi negativi.
L’emotività ricopre una parte consistente nello sviluppo della persona e questo dato è ancora più vero nelle fasi dell’adolescenza, quando va formandosi il carattere e si iniziano a fissare i comportamenti sociali. Conoscere le proprie emozioni, comprenderle e saperne parlare consente, inoltre, di ottimizzare le proprie risorse e un aumento delle capacità di comunicare e porta anche a un potenzia¬mento dell’apprendimento cognitivo. Rompere gli stereotipi è possibile se si alimen¬tano sentimenti di affetto, riconoscenza e condivisione e non solo se si parla di parità.
Nella società gli stereotipi maschili e femminili invadono il quotidiano in am¬bito sia privato che pubblico. Se in alcuni casi in ambito privato viene svilito il ruolo della donna ed esasperato quello dell’uomo, la scuola ha il dovere di poter fornire gli strumenti per una lettura paritaria del genere.
Se il sistema mediatico fornisce una rappresentazione schiacciata solo sulla mercificazione del corpo femminile, la scuola ha il dovere di ristabilire un equilibrio della sua immagine. I giovani si abituano a una visione inflessibile dei ruoli sessuali. È così che l’identità di genere che sfugge a questa visione viene fortemente stigmatizzata. Il bullismo tra ragazzi ne è la dimostrazione più eclatante e costituisce una sfaccettatura del problema fondamentale che l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole vuole affrontare (la cronaca di quest’anno ci ha consegnato episodi di suicidio dovuti alla frustrazione dell’insulto e all’impossibilità di superarlo), nell’ottica di educare le nuove generazioni al rispetto reciproco delle opinioni e delle condotte diverse dalle proprie e di ottenere in concreto il risultato di prevenire la violenza mediante la formazione.
Affinché questa proposta di legge sia davvero efficiente e la materia sviluppi le sue potenzialità, oltre all’intero corpo docente, è importante il coinvolgimento costante delle famiglie degli studenti.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
1. Nelle scuole del primo e del secondo ciclo è introdotto l’insegnamento dell’educazione sentimentale finalizzato alla crescita educativa, culturale e emotiva dei giovani in materia di parità e di solidarietà tra uomini e donne.
2. La scuola, anche attraverso l’educa¬zione sentimentale, promuove il cambiamento nei modelli di comportamento socio-culturali delle donne e degli uomini al fine di rimuovere i pregiudizi, i costumi, le tradizioni e le altre pratiche basate sull’idea di una distinzione delle persone in ragione del genere di appartenenza o su ruoli stereotipati per le donne e per gli uomini, in grado di alimentare, giustificare o motivare la discriminazione o la violenza di un genere sull’altro.
ART. 2.
1. I piani di studio delle scuole e i programmi degli insegnamenti del primo e del secondo ciclo dell’istruzione, in coerenza con gli obiettivi generali del processo formativo di ciascun ciclo e nel rispetto dell’autonomia scolastica, sono modificati e integrati al fine di garantire in ogni materia l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze relative all’insegnamento dell’educazione sentimentale.
2. A partire dall’anno scolastico 2014/ 2015, l’orario settimanale di insegnamenti e attività delle scuole dell’istruzione secondaria di primo e secondo grado è aumentato di un’ora dedicata all’educazione sentimentale. L’orario annuale obbligatorio delle lezioni è conseguentemente modificato.
3. Nel rispetto della legislazione vigente in materia, sono ridefiniti in aumento gli organici del personale docente delle scuole dell’istruzione secondaria del primo e del secondo ciclo dell’istruzione al fine di garantire l’insegnamento dell’educazione sentimentale.
ART. 3.
1. Le università provvedono a inserire nella propria offerta formativa corsi di studi di genere o a potenziare i corsi di studi di genere già esistenti, anche al fine di formare le competenze per l’insegnamento dell’educazione sentimentale.
ART. 4.
1. Con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Dipartimento per le pari opportunità della Presidente del Consiglio dei ministri e, per quanto di competenza, d’intesa con le regioni e con le province autonome, sono definiti i programmi e le linee guida dell’insegnamento dell’educazione sentimentale. Il decreto è adottato entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
2. Le linee guida di cui al comma 1 forniscono indicazioni per includere nei programmi scolastici di ogni ciclo e nelle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, i temi della parità tra i sessi, dei ruoli di genere non stereotipati, del reciproco rispetto, della soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, della violenza contro le donne basata sul genere e del diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.
ART. 5.
1. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e le istituzioni scolastiche attivano corsi di formazione obbligatoria o integrano i programmi di quelli esistenti, per il personale scolastico, incluso quello delle scuole dell’infanzia, al fine di garantire l’acquisizione delle conoscenze e competenze per la realizzazione delle finalità di cui all’articolo 1 della presente legge.
ART. 6.
1. A decorrere dall’anno scolastico 2013/2014, possono essere adottati in ambito scolastico unicamente libri di testo e materiali didattici corredati dalla autodichiarazione delle case editrici che attestino il rispetto delle indicazioni contenute nel codice di autoregolamentazione polite (pari opportunità nei libri di testo), redatto con il contributo della Commissione europea e del Governo italiano.
ART. 7.
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, valutati in 2.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013, si provvede mediante corrispondente ridu¬zione complessiva dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, di cui all’allegato C-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con l’esclu¬sione delle disposizioni a tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell’ambiente. Con uno o più regolamenti adottati con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità tecniche per l’attuazione del presente comma con riferimento ai singoli regimi interessati.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Sicuramente sarete al corrente di questa vicenda: Gioco d’azzardo, Ncd: “Meno soldi a enti locali che ostacolano slot”.
Non è un argomento di cui ci occupiamo su UB. Ed infatti non me ne occupo. Dico solo che trattasi (tutta la questione del gioco d’azzardo in Italia) di una porcata. Una porcata di Stato.
Ma non è per questo motivo che ho riportato la notizia. A fine commento ho inserito un’immagine che riporta la votazione del famoso emendamento, con i nominativi di chi ha votato a favore.
Bene. Leggetela. Leggetela e poi andate a leggervi anche le/i firmatare/i del disegno (ora Legge) sul “femminicidio” riportato diversi commenti prima.
Ce ne stanno diverse/i in entrame le liste. Giusto per far notare la fibra morale dei personaggi ….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
Amati, Fedeli e compagnia cantante di questa poveretta cosa ne farete?
Uccisa e lasciata in un sacco – arrestati la figlia e il genero (Milano, l’ultima lite per i soldi destinati al gioco d’azzardo sfocia in omicidio)
La inserirete nei vostri elenchi di donne uccise dalla “violenza” maschile? Ma non vi vergognate almeno un pò? Squallide buffone.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Dipartimento per le Pari Opportunità – Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Vietato dallo Stato dire “puttane”, vietato dire “froci”, vietato dire “transessuale”, ecc. ecc.? Bene, d’ora in poi pronunciare questi termini e altri vietati sarà un gesto di libertà. Pertanto dico e dirò sempre: viva le puttane! viva i froci! viva i transessuali! viva la libertà!
cesare(Quota) (Replica)
La corte europea condanna l’Italia perchè non riconosce il diritto alla madre di dare al figlio il proprio cognome.Un altro attacco alla paternità, un altra scelta che aggraverà i guasti che ormai la maggioranza degli studiosi di scienze umane e il sentire popolare hanno rilevato come connessi alla sparizione di ogni riferimento al padre. L’Europa ci ha ormai abituato a decisioni irresponsabili e folli, che in altri tempi sarebbero state dichiarate tout court criminali. Ad essa si associano e agiscono da agit prop femmine italiane, stralunate, del cui equilibrio mentale è lecito dubitare, mosche cocchiere di un disegno ben più ampio di devastazione e soggezione del popolo italiano e dei popoli europei. Un disegno criminale pianificato in ogni dettaglio,di cui questa decisione è uno degli innumerevoli tasselli.
cesare(Quota) (Replica)
Come sempre, demolito il padre,in una delle sue rappresentazioni simboliche, partono le conseguenze di sempre ovvero irrompe il delirio del tutto è possibile: demolito il cognome del padre, reso sostituibile da quello materno, si apre il cognome ai cani. E perchè no?
Dal Corriere della Sera on line di oggi 8 gennaio 2014
«Diamo il nostro cognome agli animali domestici. Servirà a proteggerli meglio»
L’idea dell’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente
«Se vivono con noi, allora aggiungiamoli allo stato di famiglia»
cesare(Quota) (Replica)
La “libertà” di dare ai figli il cognome materno è un’altro tassello, l’ennesimo, della feroce volontà delle tecnocrazie di azzerare ogni memoria storica e ogni identità riconoscibile. Non esisterà più la possibilità di ricostruire un albero genealogico attendibile e con esso la storia di una famiglia. Se ho ben capito un fratello e una sorella potrebbero avere addirittura cognomi diversi, ma se anche così non fosse sarebbe lo stesso.
Le tecnocrazie odiano il passato perchè attingendo ad esso può essere individuata una direzione per il futuro, senza cioè vivere un eterno presente sospeso per aria e perciò succube del potere.
Come scrive Cesare, per ottenerelo scopo è necessario abolire il padre. Il divieto dell’obbligo di trasmissione del cognome paterno segna un passo decisivo verso la regressione allo stato pre-culturale, quando l’umanità non conosceva il ruolo maschile nella procreazione e perciò il figlio era della madre. Alla fine il famigerarto patriarcato altro non è stato che la sottrazione alla madre del controllo completo sulla prole. Ci stiamo tornando a tappe forzate perchè l’irrilevanza paterna è preziosa per il potere e le donne, inebriate da questa nuova “conquista”, stanno praticamente tutte dalla sua parte. Naturalmente insieme ai Letta che ha inneggiato all’Europa. Quello che pensano Vendola & C, si conosce. Renzi è prevedibile, Grillo scommetto che o non capisce e quindi gliene frega nulla o è d’accordo. Tutti costoro, però, sono nanetti. Sarebbe invece importante sapere che ne pensa papa Francesco e la Chiesa cattolica. Temo brutte sorprese.
armando
armando(Quota) (Replica)
Per rispondere ad Armando.
La Chiesa Cattolica a quanto risulta alla percezione di un “povero diavolo”, come me, e con tutto l’amoroso rispetto dovuto, mi sembra del tutto inconsapevole che la distruzione della paternità in pieno svolgimento nella cultura, nella legislazione, nel costume, è, di fatto, anche la precondizione per la messa in stato di accusa e di irrilevanza di tutto il suo sistema simbolico che è incentrato sulla rivelazione che Dio è padre come testimoniato da Cristo stesso nella preghiera rivelata da Cristo, il Padre nostro e dal nome di Padre che sistematicamente e unicamente Cristo usa per indicare Dio nel Vangelo. Cristo chiede come sostanza della conversione di essere in comunione con il Padre come Lui stesso lo è. C’è qualcosa di più radicalmente e direttamente in collisione con l’attuale tendenza antipaterna che contraddistingue a mio avviso la modernità? Non esiste cattolicesimo senza Dio Padre e, a mio avviso, fra qualche tempo, i cattolici saranno oggetto di un attacco persecutorio diretto contro la professione di fede in un Dio che è padre. Intanto dicevo, le gerarchie e i preti, a me sembrano incomprensibilmente inconsapevoli che con il padre terreno e la professione di fede nella paternità di Dio, è in gioco l’esistenza stessa della loro fede: dai preti mediatici che compaiono in televisione ( e di tutto parlano, e leziosamente, tranne che di Cristo e denaturano in modo scientifico il cristianesimo), si è forse mai sentito difendere i padri, elogiare la loro funzione, criticare l’attuale andazzo antipaterno? a Natale qualcuno ha avuto la fortuna di sentire in qualche predica parlare di S. Giuseppe, a parte le due misere note di prammatica? Si è mai accennato alla paternità di Dio? semmai è successo il contrario preoccupatissimi di proporre un Dio digeribile a tutti. Un Dio perfettamentenin in linea con l’ideologia gender: un Dio neutro e disincarnato. Insomma, a me risulta in merito un silenzio totale, attento a non disturbare il mainstream antipaterno. Ma fra poco penso che verrà chiesto, e imposto loro il silenzio sulla paternità di Cristo e di Dio, non solo in tv, ma ovunque. L’attacco al padre concreto infatti, la volontà peversa e suicida della sua sparizione, è tutt’uno, seppur con fasi temporalmente diverse, con l’attacco al Padre celeste ovvero al cattolicesimo e alla Chiesa. Non difendere la Rivelazione di Cristo che Dio è padre, ovvero che nel cristianesimo, e soprattutto nel cattolicesimo, Dio è Dio perchè è padre (sostanza), e non che Dio è padre (attributo fra i tanti) perchè è Dio, significa tacere e censurare la parola del Fondatore stesso della Chiesa. Parola si noti bene che per chi crede è sostanza della Rivelazione, quindi parola di Dio stesso. Ma per chi come la Chiesa ha il mandato di essere fedele alla parola di Cristo, questo silenzio e questa censura, è puro e semplice negazione di se stessa con le con seguenze che chiunque può immaginare.
cesare(Quota) (Replica)
Infatti, caro Cesare, anche la Chiesa si sta adeguando.
Dopo Woitylia e Ratzinger (che non ha retto e si è dimesso), e che secondo me rappresentavano l’estrema resistenza al manistream, mi sembra ci sia una grande ansia di essere “moderni”, aperti. IForse con l’illusione di placare il “mostro”, ma non sarà così. Al contrario, esso chiederà sempre nuovi “sacrifici” fino al punto in cui tutto l’universo simbolico non solo del cattolicesimo, ma ancor più dell’uomo, sarà stato annientato.
armando.
armando(Quota) (Replica)
……..
Il documento :
Standard per l’Educazione Sessuale in Europa – Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti.
…
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
…………
1) Scaricate questo file (ONU-Conferenza Mondiale sui Diritti Umani Vienna, 14-25 giugno 1993).
2) Apritelo con un lettore.
3) Attivate la ricerca testo.
4) Alla voce “uomini” troverete 3 ricorrenze.
5) Alla voce “donne” troverete 54 ricorrenze.
Cosa voglio dire con questo?
Certamente non voglio dire che siano sbagliate enunciazioni e misure auspicate riguardo all’accesso e alla fruizione di libertà fondamentali per ogni essere umano ma ivi dettagliate in particolare per donne e bambine.
Voglio dire invece che tale documento e argomento (i diritti umani) non risulta cosi formulato un documento “universale”. In esso manca specificazione e dettaglio del 50% di “Questa metà della terra” così come invece si trova per il 50% della “Metà del cielo“.
Conclusione
Questo, come altri documenti ufficiali (dell’Onu come di altre organizzazioni) non sono così formulati per afflato divino. Tuttaltro. Dietro ci sta il lavoro di potenti organizzazioni e lobby femministe.
Ora, lo so da me che il movimento maschile, persino il più grosso e “potente” (quello americano) è lungi da poter influenzare chicchessia. Non sarebbe male però che incominciasse a interessarsi del problema. E incominciare ad elaborare qualcosa.
Conoscenza e consapevolezza prima di tutto.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Con
343 voti favorevoli
139 contrari
105 astensioni
il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione non vincolante basata su un testo proposto dalla deputata laburista inglese Mary Honeyball a proposito di sfruttamento sessuale e prostituzione.
Relazione su sfruttamento sessuale e prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere.
A seguire, anche se presente nel documento allegato, la:
MOTIVAZIONE
La prostituzione è un fenomeno difficile da quantificare, in quanto illegale nella maggior parte degli Stati membri. Secondo una relazione del 2012 della fondazione Scelles, la prostituzione ha una dimensione globale che coinvolge circa 40-42 milioni di persone, di cui il 90% dipende da un protettore. La prima relazione Eurostats in assoluto con dati ufficiali sulla prostituzione è stata pubblicata nell’aprile 2013(1). Il documento era incentrato sulla tratta di esseri umani nell’UE nel periodo compreso tra il 2008 e il 2010.
Quello che è comunque certo è che la prostituzione e lo sfruttamento sessuale sono aspetti definitivamente legati al genere, con donne e ragazze che vendono i loro corpi, volontariamente o sotto coercizione, a uomini che pagano il servizio offerto. La maggior parte delle vittime della tratta a fini di sfruttamento sessuale sono donne e ragazze.
Una forma di violenza contro le donne e una violazione della dignità umana e della parità di genere
La prostituzione e lo sfruttamento sessuale di donne e ragazze sono forme di violenza e in quanto tali ostacolano la parità tra donne e uomini. Praticamente tutti coloro che acquistano servizi sessuali sono uomini. Lo sfruttamento nell’industria del sesso è causa e conseguenza della disparità di genere e perpetua l’idea che i corpi di donne e ragazze siano in vendita.
La prostituzione è un’inequivocabile e terribile violazione della dignità umana. Considerando che la dignità umana è espressamente citata nella Carta dei diritti fondamentali, il Parlamento europeo ha il dovere di riferire in merito alla prostituzione nell’UE e di esplorare soluzioni che consentano di rafforzare la parità di genere e i diritti umani a tale riguardo.
Un legame diretto con la tratta e la criminalità organizzata
Nell’Unione europea e nel mondo, la prostituzione è direttamente collegata con la tratta di donne e ragazze. Il sessantadue per cento delle donne vittime della tratta sono oggetto di sfruttamento sessuale.
Un numero sempre più elevato di donne e ragazze diventa vittima della tratta, con un traffico proveniente non solo da paesi terzi ma anche da alcuni Stati membri (per esempio Romania e Bulgaria) e diretto verso altre parti dell’Unione europea. L’UE deve pertanto affrontare con urgenza il problema della tratta da est verso ovest e adottare misure forti per contrastare questa particolare forma di violenza contro le donne.
La prostituzione è un fattore importante nel crimine organizzato, secondo soltanto alla droga in termini di portata, diffusione e volume di denaro interessato. Secondo le stime riportate sul sito di Havocscope(2), la prostituzione genera entrate a livello mondiale pari a circa 186 miliardi di dollari l’anno.
Poiché la prostituzione è in effetti gestita dalla criminalità organizzata con una portata così ampia, e funziona come un mercato con la domanda che stimola l’offerta, le autorità di contrasto dell’UE devono adottare un’azione forte e adeguata per intercettare i criminali proteggendo al tempo stesso le vittime, le persone che praticano la prostituzione e le donne e ragazze oggetto di tratta a fini di sfruttamento sessuale. Altra materia distinta, benché correlata, e che richiede attenzione è quella della prostituzione su Internet, che è in aumento e in alcuni casi è collegata a siti che offrono pornografia.
Coercizione economica
Anche la disperazione finanziaria può portare le donne a entrare nel circuito della prostituzione. L’attuale crisi finanziaria sta facendo sentire i suoi effetti in quanto sono sempre più le donne (soprattutto madri sole) che entrano nel mondo della prostituzione nel proprio paese o arrivano dai paesi più poveri del sud dell’Unione europea per prostituirsi al nord. La prostituzione è quindi legata alla parità di genere in quanto è direttamente correlata al ruolo e al posto delle donne nella società, al loro accesso al mercato del lavoro, al processo decisionale, alla salute e all’istruzione, nonché alle alternative loro offerte, considerata la strutturale disparità di genere.
Due diversi approcci alla prostituzione e allo sfruttamento sessuale in Europa
La questione della prostituzione e della parità di genere è complicata dal fatto che vi sono due modelli contrapposti per affrontare il fenomeno. Il primo modello vede la prostituzione come una violazione dei diritti delle donne e uno strumento per perpetuare la disparità di genere. L’approccio legislativo corrispondente è abolizionista e penalizza le attività connesse alla prostituzione, contemplando talvolta l’acquisto di servizi sessuali, mentre la prostituzione non è illegale di per sé. Il secondo modello teorizza che la prostituzione stimola la parità di genere promuovendo il diritto della donna a controllare che cosa vuole fare del suo corpo. I sostenitori di tale modello affermano che la prostituzione è soltanto un’altra forma di lavoro e che il modo migliore di proteggere le donne nella prostituzione è migliorare le loro “condizioni di lavoro” trasformando la prostituzione in una professione, più precisamente un “lavoro sessuale”. Ne consegue che nell’ambito di questo modello regolazionista, la prostituzione e le relative attività sono legali e regolamentate, e le donne sarebbero libere di scegliere i loro amministratori, noti anche come protettori. Tuttavia, si potrebbe anche considerare che far diventare la prostituzione e l’intermediazione a essa legata attività normali, o in qualche modo legalizzarle, significa legalizzare la schiavitù sessuale e la disparità di genere a discapito delle donne.
Nell’Unione europea sono diffusi entrambi i modelli. Fornire prostituzione è legale in vari Stati membri, tra cui Paesi Bassi, Germania, Austria e Danimarca, mentre le persone che si prostituiscono o alcune delle loro attività (come l’adescamento) sono criminalizzati del tutto o in parte in alcuni paesi, tra cui Regno Unito, Francia e Repubblica d’Irlanda. Tuttavia, non è possibile combattere con efficacia la disparità di genere e lo sfruttamento sessuale prendendo le mosse da una simmetria di genere nelle attività dell’industria del sesso che in realtà non esiste(3).
Dove la prostituzione e la sua fornitura sono legali, sono sempre più gli elementi che evidenziano le lacune del sistema. Nel 2007 il governo tedesco ha ammesso che la normativa che legalizza la prostituzione non aveva ridotto la criminalità e che oltre un terzo dei pubblici ministeri tedeschi aveva rilevato come la legalizzazione della prostituzione avesse reso più complesso il loro lavoro finalizzato a perseguire la tratta e lo sfruttamento di esseri umani(4). Nel 2003 il sindaco di Amsterdam (Paesi Bassi) ha affermato che la legalizzazione della prostituzione non era riuscita a prevenire il fenomeno della tratta aggiungendo che sembrava impossibile creare una zona sicura e controllabile che fosse preclusa agli abusi della criminalità organizzata. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, i Paesi bassi sono la prima destinazione delle vittime della tratta di esseri umani.
L’efficacia del modello nordico
In considerazione del numero sempre maggiore di elementi attestanti che la legalizzazione della prostituzione e dell’attività d’intermediazione per fornirla non promuovono affatto la parità di genere né riducono la tratta degli esseri umani, la relazione conclude che la differenza essenziale tra i due modelli di parità di genere di cui sopra risiede nel fatto che vedere la prostituzione semplicemente come un “lavoro” contribuisce a mantenere le donne nel mondo della prostituzione. Ritenere la prostituzione una violazione dei diritti umani delle donne aiuta queste ultime a rimanerne fuori.
L’esperienza di Svezia, Finlandia e Norvegia, che non aderisce all’UE, dove per affrontare il problema della prostituzione si utilizza il “modello nordico”, sostiene questo punto di vista. La Svezia ha modificato la sua legge in materia di prostituzione nel 1999, vietando l’acquisto di sesso e depenalizzando i soggetti che si prostituiscono. In altre parole, è la persona che acquista sesso, in teoria sempre l’uomo, che commette un reato e non la prostituta. La normativa introdotta dalla Svezia fa parte di un’iniziativa generale volta a eliminare tutti gli ostacoli alla parità delle donne nel paese.
In Svezia questa legislazione ha avuto un impatto estremamente forte. Nel paese, il numero di persone che si prostituiscono è un decimo rispetto alla vicina Danimarca, dove acquistare sesso è legale e la popolazione è inferiore. La legge ha anche modificato l’opinione pubblica in merito. Nel 1996 il 45% delle donne e il 20% degli uomini erano a favore della criminalizzazione dell’acquisto di sesso da parte degli uomini. Nel 2008 il 79% delle donne e il 60% degli uomini erano favorevoli alla normativa. La polizia svedese conferma inoltre che il modello nordico ha esercitato un notevole effetto deterrente sulla tratta a fini di sfruttamento sessuale.
L’efficacia di tale modello nel ridurre la prostituzione e la tratta di donne e ragazze e nel promuovere la parità di genere è sempre più evidente. Nel frattempo, i paesi in cui fornire prostituzione è un’attività legale si trovano a dover ancora affrontare problemi in relazione alla tratta di esseri umani e alla criminalità organizzata, due fenomeni legati alla prostituzione. La presente relazione è pertanto a favore del modello nordico ed esorta i governi degli Stati membri che adottano altri approcci per affrontare la questione della prostituzione a riesaminare la loro legislazione alla luce dei successi ottenuti in Svezia e in altri paesi che hanno introdotto il modello nordico. Tale scelta comporterebbe significativi progressi per la parità di genere nell’Unione europea.
La relazione non è contro le donne che si prostituiscono. È contro la prostituzione, ma a favore delle donne che ne sono vittime. Raccomandando di considerare colpevole l’acquirente, ossia l’uomo che compra servizi sessuali, anziché la prostituta, il presente testo costituisce un altro passo sul cammino che porta alla totale parità di genere nell’Unione europea.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
E le chiamano “progressiste”. Ecco a voi il “medioevo” prossimo venturo. Ma attenzione, colpo di scena: questa volta la “caccia” è solo agli “stregoni”, le “streghe” possono stare tranquille.
Alessandro(Quota) (Replica)
Il presupposto di queste politiche è la tesi che le donne sono minus habens ovvero non in grado di gestione autonoma di sè per cui bisogna tutelarle. Insomma non ci si schioda dal “primo le donne e i bambini” il che implica un’Autorità che le protegga dal male esterno.
In questo caso si fa un passo ulteriore ovvero l’Autorità le deve proteggere da se stesse in quanto fare la prostituta (o gestire in proprio i rapporti familiari) non può essere una scelta libera lasciata alla singola donna. Un’ Autorità terza sorveglia e decide. E qui siamo davvero ai processi alle streghe e ai maghi, processi nei quali l’accusa parte dal presupposto di avere come interlocutore non la coscienza libera dell’accusato, ma il Demonio che lo possiede. La conseguenza è che qualunque cosa dica o faccia l’accusato, è in realtà espressione della volontà del Demonio e quindi per definizione ingannevole. Così perfino il pentimento dichiarato è inganno demoniaco. Allo stesso modo le donne che non si allineano alle prescrizioni del tribunale dell’Inquisizione femminista, sono possedute dall’influenza inconscia operata da millenni di oppressione maschile. E quindi dalla loro bocca esce la voce dell’oppressore, il Maschio.
Come risulta evidente siamo in piena equiparazione tra il maschile ed il demoniaco, e tra donne possedute dall’influenza maschile e donne possedute dal demonio. A ben vedere, anche tanta parte della legislazione e dell’attività giurisdizionale in Italia mostra di seguire questo approccio.
cesare(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
……
Gli italiani (e le italiane) hanno votato così:
……….
Favorevoli
Sonia ALFANO
Roberta Angelilli
Francesca Balzani
Francesca Barracciu
Sergio Berlato
Luigi Berlinguer
Fabrizio BERTOT
Franco BONANINI
Rita Borsellino
Carlo Casini
Lara COMI
Silvia Costa
Francesco DE ANGELIS
Paolo DE CASTRO
Herbert Dorfmann
Franco FRIGO
Elisabetta Gardini
Roberto GUALTIERI
Salvatore Iacolino
Vincenzo Iovine
Giovanni La Via
Erminia MAZZONI
Guido Milana
Cristiana Muscardini
Mario Pirillo
Niccolò RINALDI
Andrea Zanoni
……….
Astenuti
Antonello Antinoro
Alfredo Antoniozzi
Raffaele Baldassarre
Paolo Bartolozzi
Vito Bonsignore
Mario Borghezio
Antonio Cancian
Sergio Gaetano COFFERATI
Andrea Cozzolino
Luigi Ciriaco DE MITA
Carlo Fidanza
Giuseppe GARGANI
Clemente Mastella
Tiziano Motti
Alfredo Pallone
Pier Antonio PANZERI
Aldo Patriciello
Gianni PITTELLA
Vittorio Prodi
Fiorello PROVERA
Potito Salatto
Matteo Salvini
Amalia Sartori
David-Maria SASSOLI
Salvatore Tatarella
Patrizia Toia
Gino TREMATERRA
……….
Contrari
Pino Arlacchi
Lorenzo FONTANA
Claudio MORGANTI
Giancarlo Scotta
Francesco Enrico SPERONI
Gianni Vattimo
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Da sottolineare l’ipocrisia leghista di un Salvini o di un Borghezio: vorrebbero riaprire la case chiuse ma poi si astengono :-))) Pessimi comici prestati alla politica.
Alessandro(Quota) (Replica)
….. segue sull’argomento prostituzione.
Ma quelli/e del PD si parlano tra di loro?
La domanda non è peregrina. Perchè se da una parte approvano la risoluzione (non vincolante) del Parlamento Europeo che ho segnalato prima dall’altra presentano (al Parlamento Italiano) il seguente DDL:
…
DDL – Regolamentazione del fenomeno della prostituzione
…..
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Anche se l’argomento è più consono al thread Morti sul lavoro: il 3% sono donne… lo inserisco nelle FAQ perchè consiste in una serie di documenti ufficiali dell’INAIL.
Si tratta dell’ultimo lavoro dell’Istituto (a beneficio dei giornalisti) “… dedicato alle differenze di genere nel mondo del lavoro lette attraverso i dati sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, la prevenzione e la medicina al femminile, …“.
Niente da dire. Lavoro meritorio. Nessuno, di nessun sesso, dovrebbe morire o riportare infortuni invalidanti nell’espletazione del proprio lavoro.
E’ paradossale però che si affronti questo argomento in ottica di “genere” tralasciando proprio il genere, quello maschile, che offre il maggior numero di martiri (in termini di infortuni mortali e non, malattie professionali e quant’altro) al dio lavoro.
E’ arrivato il tempo che anche noi si chieda attenzione da questo punto di vista. Gli infortuni sul lavoro (mortali o no) sono si una questione di classe e di genere, ma sono soprattutto una QUESTIONE MASCHILE.
……..
INAIL – Dossier Donne, lavorare in sicurezza
……..
……..
……..
……..
……..
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
VIOLENZA DOMESTICA QUANDO LA VITTIMA E’ IL “SESSO FORTE”
……
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
……
Integro il precedente commento con una tabella sinottica (da me ricavata con dati Inail) che ha il pregio di indicare numeri.
I numeri, al contrario delle percentuali, sono abbastanza malvisti dai propagandisti, di qualsiasi “genere”. Perchè certi giochetti non li consentono.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Sulla convenzione di Istanbul, qui si può seguire l’evoluzione delle ratifiche:
http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ChercheSig.asp?NT=210&CM=1&DF=&CL=ENG
Ormai siamo vicini alle fatidiche 10 ratifiche.
Nettissima la prevalenza balcanica, ossia di Paesi che hanno recentemente vissuto la guerra e gli stupri di massa.
Ricordo che da noi la ratifica è passata recentemente attraverso i 2 rami del parlamento ALL’UNANIMITa’!
Michele Serra(Quota) (Replica)
Riporto nelle FAQ il documento precedentemente segnalato nel: Italia 2013: il suicidio ai tempi dell’Ipercapitalismo.
Ricerca (ripeto) secondo la quale i tagli alla spesa in Grecia hanno causato circa 500 suicidi maschili, individuando una stretta correlazione tra i tassi di austerità e di suicidio maschile e scarsa (o nulla) correlazione con altri fattori.
The Impact of Fiscal Austerity on Suicide: On the Empirics of a Modern Greek Tragedy
Link a google drive
…….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Michele Serra,
….
Ci si è arrivati. 11 paesi l’hanno ratificata. Eccoli:
Comunque ecco l’elenco dei paesi che l’hanno ratificata:
1) Albania
2) Andorra
3) Austria
4) Bosnia and Herzegovina
5) Danimarca
6) Italia
7) Montenegro
8) Portogallo
9) Serbia
10) Spagna
11) Turchia
Le reazioni, bipartisan, in Italia:
Venittelli (PD): dall’estate entrerà in vigore la convenzione contro la violenza sulle donne
Violenza su donne: Ronzulli (Fi), convenzione Istanbul e’ vittoria italiana
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Riporto da Fabriziaccio:
……
IL PROBLEMA SOCIALE DEGLI UOMINI
Una lettura (in inglese) che raccomando soprattutto agli idioti (e idiote) che alzano le sopracciglia quando qualcuno (come il sottoscritto) fa presente che quello che sta avvenendo è frutto di una politica di “ridefinizione della mascolinità”.
E soprattutto a quelli/e che sembrano avere reticenze a credere che questa immondizia culturale provenga dal femminismo e da organi istituzionali, in primis il CEDAW (ONU) e la Commissione Europea delle Donne e della Gender Equality (EU).
Da leggere (questo documento come i suoi successori quale quello del 2012 “Il ruolo degli uomini nella gender equality”).
Ci sarebbe da citare quasi tutto il testo (ci farò un video, che faccio prima). Pura lettura della società da una prospettiva femminista, in cui gli uomini sono l’origine di quasi tutti i problemi e anche dei propri. Parlare di falso ideologico è veramente un eufemismo in questo documento.
Interessante, giusto per citare una chicca, la definizione di “capitalismo del welfare” o anche detto “welfare patriarcale”:
– Patriarcato Privato con alta subordinazione delle donne
– Patriarcato Pubblico con alta subordinazione delle donne
– Patriarcato Privato con bassa subordinazione delle donne
– Patriarcato Pubblico con bassa subordinazione delle donne
Cosa vogliono dire? Non, lo so. La follia è un male contagioso, ed il femminismo il veicolo di incubazione più efficace.
Un’altra chicca è quando affermano che devono essere forniti più servizi per gli uomini MA senza intaccare i fondi per i servizi per le donne. CAPITO MI HAI?
Illuminante equivalenza tra anti-femminismo e ostilità alle donne, ed il richiamo al fatto che “le implicazioni delle politiche di gender mainstreaming per gli uomini devono essere maggiormente esplorate, EVITANDO PERO’ LE TENDENZE ANTIFEMMIISTE O “SOLO MASCHILI”.
Mi fermo qui, tutto da leggere, con sacchetto per il rigurgito…
L’EUROPA è anche questo, una commissione in particolare è SOLO QUESTO.
…….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Il Disegno di Legge contro la violenza maschile verso le donne, i minori, le persone con diverso orientamento sessuale e i diversi generi, della Regione Puglia. (1) (2)
Norme per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere, il sostegno alle vittime, la promozione della libertà e della autodeterminazione delle donne
(1) – Non dice proprio così (ma anche si). Ma il succo è quello.
(2) – E’ il disegno di legge, ma sarà approvato tal quale a quello riportato.
…..
P.S. Approvato mentre scrivevo. E’ legge della regione puglia.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Non poteva mancare nelle FAQ il padre ideale di UominiBeta.
Ecco a voi una vera chicca:
Ernest Belfort Bax
The fraud of feminism (1913)
THE FRAUD OF FEMINISMBYE. BELFORT BAXAUTHOR OF”MARAT: THE PEOPLE’S FRIEND,” “PROBLEMS OF MAN, MIND AND MORALS,” ETC.
*hi*
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Sarebbe importante tradurlo e poi costruire una bibliografia ragionata proposta da UBeta.
cesare(Quota) (Replica)
Infatti la mia idea è proprio quella. Sarebbe importantissimo, visto l’ostracismo di cui è fatto oggetto.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi qui di nuovo ci si trova di fronte al problema dei soldi per il semplice motivo che facciamo altri mestieri ed è già tantissimo quello che facciamo. I soldi servono per fare ciò per cui non abbiamo il tempo di fare. Si tirassero su un cinquecento euro al mese con un autotassazione, lo facemmo nei MS con trenta euro al mese e funzionò egregiamente, si può mettere in gioco uno studente che conosca l’inglese e comunque supporti il lavoro di redazione.
L’opportunità di sottoscrivere sul sito è un’altra forma di autofinanziamento che ha un suo fondamento democratico: chi è d’accordo ma non scrive x tanti motivi, può esprimere la sua partecipazione coì soldi; inoltre finanziare un impegno politico culturale con i propri soldi è il fondamento della autonomia e della libertà, cosi come è giusto che uno paghi il servizio che usufruisce. Altra fonte la pubblicità: il sito UBeta per numero di visite penso sia già sito appetibile per messaggi pubblicitari.
cesare(Quota) (Replica)
Se ci si mette d’accordo possiamo anche tradurlo da noi. Certo, non si farà in due giorni. Io sarei disponibile a dedicarmici. Lavorando non ho tantissimo tempo, ma uno spiraglio lo trovo
Sappiatemi dire..
Enrico(Quota) (Replica)
Enrico, Cesare vi ringrazio in anticipo per la disponibilità e i suggerimenti. Vediamo di ragionarci un po su …. una soluzione la troviamo sicuramente.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi se mi permetti ancora una riflessione redazionale sul sito: il riquadro che ripropone testi vecchi di data ma attualissimi x contenuto offre profondità di lettura del sito ed è x questo molto importante. Non si potrebbe metterlo in maggiore evidenza?
cesare(Quota) (Replica)
cesare,
….
Penso tu ti riferisca alla colonna a destra.
Mi rendo conto anch’io che determinati contenuti è bene che siano sempre in evidenza o comunque facilmente reperibili.
In realtà il tema del sito (realizzato con WordPress) è abbastanza rigido. Bisognerebbe cambiarlo o, con cognizione di causa, modificarlo.
Entrambe le opzioni si scontrano con i nostri (miei in particolare) limiti di tempo. Ma non dispero …
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
——–
Grazie per la segnalazione. Lo inserisco in archivio.
https://drive.google.com/file/d/0B6gpS9zR7YIEMEdnSU1RMlMtVHc/view?usp=sharing
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Il 22 dicembre dello scorso anno il governo ha emanato il seguente decreto:
Cosa dire?
In linea teorica si potrebbe anche essere d’accordo: somministrazione di incentivi nei settori in cui la disparità uomo-donna supera il 25%. Il tutto per riequlibrare un mercato del lavoro che in Italia è sopratutto maschile.
Ripeto, in linea teorica nulla da obiettare.
Ma, quando dalla teoria passiamo alla pratica, alcuni dubbi vengono.
Il primo.
Di ordine generale ed inerente al modo di agire della nostra italietta politica. Infatti, lungi dall’individuare delle linee di sviluppo del Paese che creino nuova occupazione ed innestino su questa il discorso di incentivazione dell’occupazione femminile i nostri politici attuano il riequilibrio di genere in un mercato del lavoro in contrazione favorendo l’occupazione (ipotetica) femminile e lasciando alla deriva l’occupazione (già reale) maschile. Questo modo di procedere, attuato per lo più da supposti governi “de-sinistra”, mi fa rivalutare Margaret Thatcher come politico progressista *sorry* .
Si, era quel che era, ma almeno non si muoveva (scusate la cacofonia) sui binari dell’Eugenetica di Genere…. *bad*
Il secondo
E’ limitato al settore privato.
E perchè mai? Un settore pubblico a caso, la scuola, non merita per caso un riequilibrio di genere?
Il terzo.
In alcuni settori, facilmente intuibili peraltro (lavori pesanti, etc…..), sotto la scusa del riequilibrio di genere passerà un riequilibrio di classe.
Mi spiego.
Visto che in questi settori, tolte pochissime eccezioni che non faranno media, l’occupazione femminile non potrà distribuirsi alla base della categoria, l’incentivazione porterà ad un suo aumento nella fascia alta della categoria stessa (i ruoli direttivi). Ottenendo in un colpo solo una discriminazione di genere e di classe: ma contro gli uomini, evidentemente, si può.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Luigi:
>>…
Ottenendo in un colpo solo una discriminazione di genere e di classe…
>>
Due piccioni con una fava.
.
Quanto alla parità apparente che verrebbe raggiunta se anche tutto – ma proprio tutto – fosse al 50%, mi permetto di re-linkare queste mie considerazioni:
.
.
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
Rino DV,
>Ma non vale il contrario. Quel che On guadagna è tutto suo. Sempre e da sempre.
Cento per cento, questa è l’altra regola.
C’avevo scritto qualcosina anch’io riguardo la natura di “Id e On”: http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=159.msg17387#msg17387
Quando il “selfie” ancora non si sapeva cosa fosse.
E perchè … adesso si sa?
Animus(Quota) (Replica)
Ricordate questo rapporto?
E il rapporto servito di base alle nostre osservazioni critiche con riferimento “all’emergenza femminicidio”.
Ho casualmente scoperto che è scomparso dal sito del Ministero dell’Interno. Infatti se cliccate al suo link: Rapporto sulla criminalità in Italia.
compare la seguente pagina:
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Caso o Dolo?
Boh….
Comunque, se interessati si può sempre scaricarlo qua da noi, nelle FAQ di UominiBeta: nel corpo del post (cliccando sull’immagine), da questo commento e anche nella barra laterale.
Per cui se, e solo se, c’è Dolo …
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Tutti a parlarne ma neppure una testata giornalistica che ne abbia pubblicato il link.
Ed allora lo facciamo noi. In modo tale che ognuno possa leggere e trarre le sue conclusioni: Risoluzione non vincolante del parlamento europeo sulla parità di genere.
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
17-chiede alla Commissione di includere nella strategia campagne di “tolleranza zero”
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Messo così suona preoccupante.
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“sottolinea il ruolo determinante svolto dall’istruzione e dall’emancipazione nel combattere
gli stereotipi di genere e nel porre fine alle discriminazioni basate sul genere, nonché
l’impatto positivo sia per le donne sia per la società e l’economia in generale; sottolinea
l’estrema importanza di inculcare tali valori fin dalla tenera età”
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Inculcare. C’è scritto proprio così
Enrico(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
Ringraziando Luigi per l’importante documento, vi si legge chiaramente, tra le righe, a cosa sono funzionali, le “raccomandazioni” : “finita una forma di dominio (dell’uomo) sull’uomo, che ha funzionato, per millenni, ora, questa forma di potere, che è soprattutto un domio morale, logoro, finito il suo tempo, ha bisogno di essere trasmutato, coerentemente con i nuovi raporti di potere, prima su tutti, quelli tra uomini e donne, che sono venuti a delinearsi col passare dei secoli”
Ma questa, non è mica un’invenzione moderna.
“Alcuni” vorrebbero farci credere, e c’hanno battuto il chiodo per anni, che dietro il grande sipario, ci sia ciò che si vede, ma non è che un siparietto, che nasconde, paravento dietro paravento, il grande burattinaio che è sempre lo stesso.
Pardon…la stessa.
Vediamo cosa scrive a proposito, ad es. Marco Guzzi, filosofo e scrittore, nonché direttore della collana “Crocevia” per le Edizioni Paoline da oltre 10 anni. professore presso l’Università Lateranense, professore invitato l’Università Pontificia Salesiana, nonchè membro della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, etc etc:
“I padri sono in crisi, anzi i maschi sono in crisi, non si sa più come esplicare la propria funzione di autorità, non si sa più che cosa appartenga all’elemento maschile come tale, se addirittura sussista qualcosa come la virilità.
…
Crisi però è una parola ambigua. Segnala certamente una fase difficile, piena di prove e di trasformazioni, ma la sua natura più profonda può facilmente sfuggirci. Dove ci sta cioè guidando questa crisi? Quali sono le sue traiettorie evolutive? Come la possiamo vivere in senso positivo, come crisi di crescita?
…
non dovremmo mai dimenticare lo scenario complessivo in cui ci stiamo muovendo, e cioè quel moto vertiginoso di trasformazioni che somiglia ad una vera e propria svolta antropologica. Purtroppo è invece proprio ciò che più frequentemente ci capita di fare: dimenticare o sottovalutare che in questa nostra fase singolarissima della storia sono immensi cicli epocali che vanno a finire, per cui è solo la comprensione di questa onda lunghissima di rivolgimenti appunto antropologici che ci può far intuire anche il senso evolutivo della crisi, tirandoci fuori da quel clima di piagnisteo, o peggio di rimpianto di fantomatici “bei tempi andati”, che purtroppo è ancora dominante.
…
Così, ad esempio, la crisi della famiglia patriarcale è una conseguenza inevitabile dei rivolgimenti culturali e sociali del Novecento. Per cui, invece di rimpiangere le sane (?) e belle (?) e solide (?) famiglie del nostro passato immaginario, dovremmo chiederci: ma quali forme di famiglia sono entrate in crisi nell’ultimo secolo, e perché?
…
Purtroppo invece dominano ancora la scena o le voci di chi scambia sempre il passato più o meno remoto per il bene assoluto o quelle di chi negando del tutto il passato con furia iconoclasta, finisce per negare ogni forma di bene, e alla fine ogni forma, ogni assetto ordinato del vivere civile.
E così anche la figura del padre, come ogni altra figurazione storica delle nostre identità, sta vivendo un grandioso travaglio ri-generativo, una trans-figurazione profonda per scoprire una verità più alta del proprio essere, e non certo per essere distrutta o eliminata.
Non dimentichiamoci mai che l’emersione delle donne sul palcoscenico della storia è uno dei massimi eventi della svolta antropologica in atto. Già alla fine dell’800 un grande pensatore cristiano come Vladimir Solov’ev scriveva: “nelle epoche in cui le vecchie forme delle idee vitali si sono esaurite, hanno perso vigore e si esige il passaggio a nuove concezioni ideali, le donne se non prima, certo con più forza e decisione degli uomini, provano un’insofferenza per i limiti tradizionali della vita e l’impulso a uscirne verso il nuovo, verso il futuro. (…) L’agitazione dell’anima femminile è un segno evidente di questa necessità e dell’avvicinarsi del suo compimento. Il significato del movimento femminile dei nostri giorni consiste nel preparare nuove donne portatrici di aromi per l’imminente risurrezione di tutta la cristianità”.
Questo movimento storico ha messo in crisi definitivamente uno schema educativo e sociale millenario fondato sulla netta separazione dei ruoli sociali in base al genere sessuale. Questo vecchio schema attribuisce al maschio il fuori, l’esterno del lavoro, la politica, la parola, la guerra, la ragione, e il potere (familiare, politico, e religioso-sacerdotale); mentre riserva alla femmina l’intimità della casa, l’educazione dei figli, il silenzio, i sentimenti, e l’obbedienza, insomma le tre famose K della tradizione tedesca: Kinder-Kirche-Kuche: bambini, chiesa, e cucina.
In realtà tutte le figurazioni di identità basate sulla contrapposizione e sulla netta separazione dall’altro da sé, e cioè tutte le figure polemiche o belliche di identità (di genere, nazionali, di classe o di casta, religiose o politiche), stanno collassando, e una nuova figura di umanità, che potremmo definire relazionale o coniugale tenta di emergere sul pianeta terra: un soggetto umano che non si rafforza più separandosi e contrapponendosi all’altro da sé, ma proprio al contrario coniugandosi in profondità col proprio opposto complementare.
Di conseguenza la famiglia tradizionale-patriarcale è in crisi perché non è in grado di favorire questa più profonda coniugazione, è in crisi paradossalmente perché è una forma insufficiente e superficiale di matrimonio, perché le donne non accettano più relazioni bloccate e fittizie con maschi muti, violenti, o assenti, e questo mette letteralmente a soqquadro un intero assetto sociale. Ecco perché Adrienne Rich, una delle maggiori esponenti del pensiero femminile, diceva: “Liberare veramente le donne significa modificare il pensiero stesso, reintegrare quello che è stato chiamato l’inconscio, il soggettivo, l’emozionale, con lo strutturale, il razionale, l’intellettuale”. Questa integrazione, che è innanzitutto endo-psichica, interiore, da avviare cioè dentro ciascuno di noi, modifica poi inevitabilmente tutti i rapporti umani, e in primo luogo quello fondante tra l’uomo e la donna
Il nostro è il tempo straordinario in cui siamo tutti chiamati a porre fine ad una lunga catena di crimini e di errori, di ignoranza e di violenza. Tutta l’umanità, tutte le figure di identità, tutte le culture e le religioni si stanno perciò convertendo e chiedendo perdono. Così anche i padri sono chiamati a convertirsi, a purificare il loro modo di essere, per ri-generarlo in quella verità luminosa che proprio Gesù ci ha mostrato e che oggi torna a chiamarci con inedita potenza….
etc etc.
Animus(Quota) (Replica)
E de che te meravigli? E poi parlano di stato etico!
armando(Quota) (Replica)
Lizzi, Guzzi, Maglie, Deriu, Ciccone … e i molti altri che parlano e gli infiniti altri che tacciono.
Invasi, vinti nella psiche.
Invocano, evocano e fattivamente operano per la cancellazione psichica di mezza umanità.
Non è possibile far ciò senza includervi il dileggio, la calunnia, lo scherno e la condanna degli ascendenti.
Non è possibile farlo senza defecare sulle tombe dei nostri avi, sul loro sovrumano coraggio, sulle loro immense fatiche, sul loro millenario sacrificio.
Non è possibile farlo senza condannare a morte con infamia coloro che ci hanno dato tutto ciò che abbiamo.
Lizzi, Guzzi, Maglie, Deriu, Ciccone… agenti del Nuovo Ultimo Bene.
Rino DV(Quota) (Replica)
Luigi Corvaglia,
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Cliccando sull’immagine del documento (presente anche nella barra laterale) compare la scritta:
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Alleged Copyright Violation!
This Standard per l’Educazione Sessuale in Europa publication was reported as an alleged copyright violation.
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“Qualche” assidua frequentatrice del sito ha con ogni probabilità segnalato ai gestori dello spazio in cui ho collocato il documento la “presunta violazione di copyright”. Il link invece è tuttora funzionante.
Andiamo per gradi.
– In nessun punto del documento si evince che questi sia coperto da copyright, peraltro il documento è liberamente scaricabile presso il link segnalato ma anche altrove;
– Trovo strano, stranissimo che un documento pubblico, di un organizzazione internazionale, contenente informazioni, procedure, indicazioni che coinvolgono centinaia di milioni di persone possa anche solo per un momento essere pensato come qualcosa da sottrare al pubblico dibattito;
– Anche se cosi fosse sappi rivoluzionaria da tastiera che hai fatto la segnalazione che la cosa non mi intimidisce affatto; quel documento, se occorre, sono pronto a spargerlo per i quattro angoli del Web. Le mie responsabilità me le prendo mettendoci nome e faccia e non pseudonimi improbabili.
Tanto per cominciare lo reinserisco di nuovo:
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Inserisco qui il documento dell’articolo segnalato da Romano.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Una interessante, articolata ed equilibrata analisi (condotta da una donna: Giulia Vitale) sulle mutilazioni genitali, maschili e femminili, e sul diverso approccio alle stesse in Italia e nell’Occidente in generale.
Ne riporto le:
CONCLUSIONI
Le mutilazioni genitali maschili sono come si è dimostrato, pratiche culturali e tradizionali, accettate socialmente, esse sono anche considerate portatrici di benefici alla salute dell’individuo e come sostenuto da alcune teorie anche portatrici di benefici alle donne partner degli uomini circoncisi.
Esse però comportano delle lesioni permanenti all’individuo e anche se non in maniera particolarmente accentuata delle limitazioni della sessualità, quindi non si comprende come esse siano considerate totalmente lecite e siano accettate senza riserve in contesti in cui l’integrità personale è considerata fondamentale e le mutilazioni genitali femminili siano considerate atti deprecabili da punire in maniere severa.
Le mutilazioni genitali maschili sono argomento di cui non si tratta, ritenendolo quasi superfluo, ma esse alla pari di quelle femminili comportano delle lesioni di organi sani dell’individuo.
Molto probabilmente, in quanto atti praticati da culture vicine alle nostre non si ritiene di dover esprimere giudizi di valore su di esse a differenza dei giudizi espressi sulle popolazioni che praticano le mutilazioni genitali femminili.
A prescindere dalle convinzioni soggettive di ognuno riguardo alle mutilazioni genitali maschili e femminili, la legislazione dovrebbe prendere in considerazione anche i fatti mutilativi riguardanti i bambini, poiché se si ritiene corretto combattere e reprimere le mutilazioni genitali, dovrebbero essere prese in considerazione anche quelle maschili, che invece vengono taciute e accettate.
Se le tradizioni culturali permettono di rendere le mutilazioni genitali maschili delle pratiche lecite, allora allo stesso modo dovrebbero rendere lecite anche quelle femminili, e viceversa se le mutilazioni genitali femminili praticate seguendo dettami culturali sono considerate barbare ed in grado di violare l’integrità fisica e la dignità della donna, allora si dovrebbe ritenere che anche le pratiche di mutilazione genitale maschile comportino una barbarie, e comportino la violazione dell’integrità fisica e della dignità dell’uomo.
In conclusione, quando si parla di mutilazioni genitali maschili si tentano di trovare delle spiegazioni, scientifiche, culturali, rituali, mediche, che possano rendere accettabile il perché esse vengano praticate, e quindi si tenta di difendere pratiche che comportano comunque delle mutilazioni fisiche, accettando senza riserve che esse per diversi motivi vengano praticate, mentre non si ritiene di dover esaminarle da un punto di vista maggiormente critico, come viene fatto per quanto riguarda le mutilazioni genitali femminili.
http://www.masterdirittiumani.it/downloadfile.php?page=page4&id=42&file=2
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
SOLO INFIBULAZIONE?
http://www.gazzettadisondrio.it/societa/01032006/solo-infibulazione
Australia contro la Circoncisione come mezzo per prevenire HIV
http://circoncisione.myblog.it/2011/05/13/australia-contro-la-circoncisione-come-mezzo-per-prevenire-h/
romano(Quota) (Replica)
La disparità salariale uomo/donna è un cavallo (per la verità si tratterebbe di un ronzino e pure claudicante se non fosse sospinto dal mainstream) di battaglia del femminismo sistemico.
Ritengo utile quindi postare, qui, nelle FAQ quest’articolo:
https://drive.google.com/file/d/0B6gpS9zR7YIETlJtV1RCM1dDak0/view?usp=sharing
che illustra, senza “piegamenti” ideologici la situazione.
PS. Il documento è inserito anche nel corpo del post.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Quando si esce assieme o si paga tutto alla romano o chi paga sempre è Id.
Luigi Corvaglia,
Quando si esce assieme,se non si fa tutto alla romana,chi è quello che paga sempre? Id oppure On?
[E’ una domanda retorica]
Arturo(Quota) (Replica)
Riguardo alle mutilazioni genitali;quella femminile è la vera mutilazione e barbarie.
La circoncisione deriva da una chirurgia da parte di civiltà molto avanzate.
Arturo(Quota) (Replica)
Arturo,
Non sono per niente d’accordo. La circoncisione è un residuo di arcaiche usanze che sopravvive in alcune attuali società.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Due articoli che è meglio “depositare” qui:
Il primo: L’abuso sessuale femminile sui minori
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Il secondo: Dibattito. Circoncisione, infibulazione: mutilazione genitale “indolore”?
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Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
A simplified approach to measuring national gender inequality
—- Il tempo è galantuomo —-
Lo studio riportato nel link da sostanzialmente ragione alle critiche che il movimento maschile italiano aveva rivolto alle statistiche di genere in salsa “World Economic Forum”.
Lo studio è ovviamente in inglese, ne riportiamo la traduzione automatica con google.
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Introduzione
I costrutti “uguaglianza di genere” e “disuguaglianza di genere” sono frequentemente utilizzati sia nella ricerca accademica (ad esempio, [1–2]), nei media, sia dai responsabili politici. Pertanto, è importante che ricercatori e responsabili delle politiche adottino misure affidabili di questi costrutti. Discutiamo alcune delle sfide con le misure esistenti e introduciamo un approccio concettuale e una misura associata che aiuta a risolvere o almeno mitigare alcune di queste questioni.
Sfide per misurare la disuguaglianza di genere
Oltre alle agende politiche, la ricerca sulla disuguaglianza di genere si è concentrata quasi esclusivamente sulle questioni evidenziate nel movimento per i diritti delle donne. Questioni che svantaggiano più uomini che donne sono state sottovalutate (per una revisione, vedi [3]) e non sono fortemente ponderate (se non del tutto) in misure ampiamente utilizzate della disuguaglianza di genere, come il tanto citato Global Gender Gap Index (GGGI) [ 4]. Inoltre, il GGGI tronca tutti i valori in modo tale che nessun paese possa, per definizione, essere più favorevole per le donne che per gli uomini (per i dettagli vedi sotto). Di conseguenza, le misure esistenti non catturano completamente i modelli di benessere e svantaggio a livello nazionale. Questa è una supervisione importante, in quanto vi sono problemi che colpiscono in modo sproporzionato ragazzi e uomini. Tra i molti esempi vi sono pene più severe per gli stessi crimini [5] e una sovrarappresentazione (93% in tutto il mondo) nella popolazione carceraria [6]; servizio militare obbligatorio (nella storia vivente o attualmente [3]); la stragrande maggioranza dei senzatetto senza rifugio sono uomini [7]; livelli più elevati di abuso di droghe e alcol [8]; tassi di suicidio più elevati [9]; più morti per lavoro [10]; sottoperformance nelle scuole [2]; e, gli uomini sono più spesso vittime di aggressioni fisiche in generale (vedi [3], p.30-33) e all’interno delle scuole, limitando così le opportunità educative [11]. Gli uomini sono anche sovrarappresentati in professioni che sono rischiose (ad es. Esposizione a tossine [12]) e fisicamente tassabili, come il servizio militare di prima linea, i vigili del fuoco, l’estrazione, l’edilizia o la pulizia delle acque reflue.
In molti paesi, l’età pensionabile è più alta per gli uomini rispetto alle donne (anche se ci sono alcuni in cui l’età effettiva delle donne per uscire dal mercato del lavoro è più tardi, tra cui Spagna, Finlandia e Francia), ma anche quando è uguale, gli uomini spesso hanno meno anni di pensionamento a causa di una minore aspettativa di vita sana [13].
Infine, la poliginia è tollerata in quasi la metà di tutte le nazioni ed è segnalata come negativa per le donne e spesso lo è [14]; per una discussione sfumata vedi [15]. Poliginia, tuttavia, significa anche che più uomini che donne in queste nazioni sono esclusi dal matrimonio, da una famiglia e dall’opportunità di riprodursi (dato che la poliginia porta a una distribuzione ineguale dei partner disponibili). In altre parole, la poliginia può essere vista come svantaggiosa per la maggior parte degli uomini (indipendentemente dal fatto che sia svantaggiosa per la maggior parte delle donne, come notato).
Nessuna misura composita esistente della disuguaglianza di genere coglie appieno le difficoltà che sono sproporzionatamente vissute dagli uomini e quindi non cattura pienamente la misura in cui una nazione sta promuovendo il benessere di tutti i suoi cittadini. Questa è una grande sfida, specialmente per il Global Gender Gap Index, che copre tutti gli svantaggi in modo tale che, per definizione, gli uomini non possano mai essere più svantaggiati delle donne. In altre parole, misure come la GGGI, dal punto di vista della progettazione, non riusciranno a misurare gli svantaggi riscontrati da ragazzi e uomini.
Il Global Gender Gap Index (GGGI)
Il GGGI [4], pubblicato per la prima volta nel 2006, è ora uno degli indici più affermati della disuguaglianza di genere nazionale in tutto il mondo. Tutte le nazioni incluse sono classificate in base a quattro sottoindici, vale a dire 1) partecipazione e opportunità economiche delle donne, 2) livello di istruzione, 3) salute e sopravvivenza e 4) responsabilizzazione politica. Questi quattro sottoindici si basano ciascuno su più variabili, ciascuna ponderata in modo diverso. I punteggi per ciascun sottoindice vanno, in teoria, da 0 a 1, per cui 1 indica che le donne hanno la parità (o che gli uomini restano indietro, dato che i valori superiori a 1 sono limitati).
Ci sono diverse difficoltà nel modo in cui è composto il GGGI. Per uno, non esiste una logica difendibile per troncare i punteggi su una misura di “uguaglianza” quando svantaggiano ragazzi o uomini. Inoltre, alcuni sottoindici possono derivare più dalla scelta che da uno svantaggio. Ad esempio, un minor numero di giovani adulti rispetto alle donne si iscrive all’istruzione terziaria nelle nazioni più sviluppate. Sebbene ciò possa rappresentare uno svantaggio per gli uomini, può anche semplicemente riflettere una preferenza per un percorso meno orientato verso il mondo accademico verso le professioni professionali [16]. Un altro esempio è il divario retributivo tra uomini e donne, che potrebbe riflettere una divisione strategica e desiderata del lavoro all’interno delle famiglie, piuttosto che uno svantaggio per le donne [17].
Ciò può influire in modo simile sul desiderio di impegnarsi in politiche di alto livello, che richiedono richieste eccezionali sull’equilibrio tra lavoro e vita privata e che pertanto potrebbero essere meno desiderabili per molte donne [18]. Complessivamente, queste differenze nelle preferenze professionali e nelle divisioni strategiche del lavoro nella vita familiare possono distorcere le quantificazioni della vera disuguaglianza di genere. Non stiamo sostenendo che il GGGI sia decisamente distorto per questo motivo, ma semplicemente che al momento non c’è modo di sapere se le disuguaglianze nei risultati sono il risultato di disuguaglianze di opportunità; pertanto, non utilizzare queste variabili può risolvere questo potenziale disallineamento nel GGGI.
La ponderazione dei sottoindici GGGI è un’altra questione, così come il grado in cui le variabili scelte sono rilevanti per la maggior parte della popolazione. Più specificamente, il sottoindice “salute e sopravvivenza” è la combinazione del rapporto tra i sessi alla nascita (che può indicare aborti specifici del sesso) e l’aspettativa di vita sana. L’argomento di fondo è che gli aborti specifici per sesso delle ragazze indicano un atteggiamento negativo nei confronti delle donne. Questo può in effetti essere il caso (ma per un argomento filosofico vedi [19]), ma è una misura molto indiretta e non un buon indicatore della salute e della sopravvivenza delle persone viventi. Riteniamo che pesare così tanto più pesante (peso 0,693) rispetto all’aspettativa di vita sana (peso 0,307) sottovaluti la salute e la sopravvivenza delle persone effettivamente viventi. Dato che gli uomini hanno in genere un’aspettativa di vita più breve, questo di nuovo inclina il GGGI a sopravvalutare lo svantaggio femminile. Per lo meno, se si considerano i rapporti di nascita, dovrebbero essere un indice indipendente.
Un modo più semplice per misurare la disuguaglianza di genere
Dati i numerosi modi in cui donne (ad es. Matrimonio infantile) e uomini (ad es. Rischi professionali) possono essere sproporzionatamente svantaggiati in una determinata nazione, è praticamente impossibile raggiungere un consenso su come misurarli e ponderarli tutti. Anche se potrebbe esserci un consenso su quale delle molte variabili teoricamente possibili debba essere utilizzata per esprimere la disuguaglianza di genere, esiste una limitazione pratica; ci sarebbero pochi paesi per i quali tutte le variabili potrebbero essere misurate in modo affidabile, ottenendo così un indice che non è veramente globale. Un indice che catturasse gli aspetti fondamentali della vita che sono comuni a tutte le persone e che può essere misurato con alcuni indici prontamente disponibili contribuirebbe ad affrontare questi problemi.
Proponiamo che questi aspetti fondamentali della vita siano ragionevolmente ben catturati dall’opportunità delle persone di vivere una vita lunga e sana e soddisfacente, fondata sulle opportunità educative durante l’infanzia. Di conseguenza, il nostro indice di base della disuguaglianza di genere (BIGI) è il rapporto tra donne e uomini su tre dimensioni fondamentali della vita; 1) Opportunità educative nell’infanzia; 2) Aspettativa di vita sana (il numero di anni che uno può aspettarsi di vivere in buona salute); e, 3) Soddisfazione generale della vita. Crediamo che questi 3 componenti si completino a vicenda in modi importanti; tralasciandone uno manca un aspetto importante di ciò che definisce una buona vita. Ad esempio, una persona può avere una vita soddisfatta e lunga, ma senza opportunità educative, una persona del genere potrebbe non aver avuto la possibilità di sviluppare i propri talenti. Oppure, una persona può avere una vita soddisfatta seguendo una buona educazione, ma muore prematuramente. E infine, si può essere educati e vivere a lungo, ma senza molte soddisfazioni della vita. Crediamo che le tre componenti insieme catturino il nucleo di ciò che definisce una vita sana e soddisfatta da lungo tempo fondata su pari opportunità educative. Riteniamo che questi siano i componenti minimi necessari per vivere una vita soddisfatta e che i nostri indicatori riflettano indirettamente altri aspetti della vita (ad esempio, un tenore di vita decente, che si rifletterà sulla durata della vita sana e sulla soddisfazione della vita).
L’uso della soddisfazione generale della vita è una caratteristica chiave di BIGI. L’idea è che mentre è molto difficile determinare il grado in cui uomini e donne sono svantaggiati in ogni particolare aspetto della vita, una valutazione complessiva della soddisfazione della vita probabilmente riflette la combinazione di vantaggi e svantaggi che hanno sperimentato, qualunque essi siano [ 20]
Un caso per una misura aggiuntiva dell’uguaglianza di genere
Lavorare con la nostra definizione e 3 componenti principali presenta una serie di vantaggi rispetto alle misure di disuguaglianza di genere comunemente utilizzate, o almeno fornisce un modo aggiuntivo per valutare la disuguaglianza. Innanzitutto, lavoriamo con un chiaro concetto generale, vale a dire una vita sana fondata su opportunità educative. Al contrario, il GGGI altamente citato manca di un concetto generale come sostenuto, ad esempio, da Hawken e Munck [21]. In secondo luogo, la nostra definizione ha pochi componenti, il che riduce il potenziale per il bias di selezione e il problema di ponderazione comuni ad alcune altre misure. In terzo luogo, per la sua semplicità, i dati sono disponibili per un gran numero di paesi (vale a dire, più questioni separate si dovrebbero includere, minore è il numero di paesi per i quali è disponibile un set completo di dati).
Il BIGI si concentra su aspetti della vita che sono direttamente rilevanti per tutte le persone ed evita le difficoltà di scegliere e pesare indici che sono rilevanti in alcuni contesti ma non in altri, e spesso possono riflettere scelte di vita piuttosto che opportunità limitate (ad esempio, il rapporto tra uomini per le donne politiche nazionali è rilevante solo per la piccola percentuale di persone che scelgono una carriera politica, vedi sotto).
Come notato, il BIGI è quindi più semplice del GGGI per quanto riguarda i componenti e la pesatura dei componenti. Un importante e intenzionale effetto collaterale della semplicità integrata nel calcolo e attenzione al benessere è che il BIGI è meno focalizzato sugli interessi delle donne e più focalizzato sull’uguaglianza di genere. Non stiamo tuttavia sostenendo che il BIGI dovrebbe sostituire il GGGI. In effetti, abbiamo utilizzato il GGGI nelle nostre ricerche e crediamo che abbia una funzione utile; ad esempio, è una misura utile dell’emancipazione delle donne, come la partecipazione politica e finanziaria.
Oltre al GGGI, riteniamo che sia necessaria una misura che catturi un aspetto più basilare: le dimensioni sottostanti sono comprensibili e riflettono il benessere del cittadino tipico in ogni senso del paese dell’uguaglianza di genere. O in modo diverso, una misura che è meno influenzata da molte ipotesi complesse sulle motivazioni e le aspirazioni di uomini e donne. Ad esempio, si presume che la sottorappresentanza delle donne nella politica nazionale sia un riflesso della disuguaglianza di genere. Dopotutto, può semplicemente riflettere una differenza di sesso nelle scelte professionali [22]. Ad esempio, come notato, è ormai ragionevolmente noto che uomini e donne hanno preferenze diverse nell’equilibrio tra lavoro e vita privata [18].
Per evitare la complessità delle ipotesi relative ai driver comportamentali, il BIGI non include misure che potrebbero essere dovute all’emancipazione sociopolitica in alcuni contesti o alla scelta personale e ragionevole in altri contesti (ad esempio, il desiderio di diventare politico, il desiderio di partecipare all’istruzione terziaria o al desiderio di guadagnare un salario). Dopo tutto, si può, in linea di principio, vivere una buona vita senza guadagnare un salario (purché si faccia parte di una famiglia di sostegno) e si può vivere una buona vita senza guadagnare un diploma universitario. A parte questo, le decisioni di non guadagnare uno stipendio o una laurea o le decisioni di seguire i ruoli di genere tradizionali possono far parte delle credenze culturali alle quali ci si sente fortemente attaccati e felici.
Siamo d’accordo sul fatto che si potrebbe essere seriamente preoccupati del fatto che più uomini scelgono di guadagnare un salario rispetto alle donne e che più donne si iscrivano all’università rispetto agli uomini. E concordiamo sul fatto che uno potrebbe essere seriamente preoccupato per il fatto che certe credenze culturali o religiose possano portare a una rigida divisione del lavoro specifica per genere. Allo stesso tempo, tuttavia, ci rendiamo conto che tali preoccupazioni sono il risultato del nostro pregiudizio sociale, culturale e politico. In un tempo e in un luogo diversi, si potrebbero avere pregiudizi molto diversi. Una delle caratteristiche specifiche del BIGI è che mira a essere imparziale, cioè non abbiamo bisogno di fare ipotesi sui motivi personali sottostanti o sulle restrizioni culturali, politiche o religiose per ottenere una valutazione ampia di quanto bene un tipico cittadino in ogni contea può ottenere un’istruzione di base e vivere una vita lunga e soddisfacente. Non stiamo sostenendo che ciò sia necessariamente migliore del GGGI, ma crediamo che ci siano progetti di ricerca e questioni politiche in cui tale misura può aggiungere valore alle misure attualmente utilizzate, incluso il GGGI.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)