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16 Apr 2024  |  0 Commenti

Corpi tra prostituzione, uteri, e sesso virtuale nel capitalismo assoluto

Questo breve articolo nasce da un commento all’articolo di Fabrizio Marchi sulla prostituzione apparso su ‘Sinistra in Rete’ [1] già pubblicato sull’Interferenza. In altri commenti ed anche in successivi articoli in quella sede si cerca di negare la differenza sessuale in virtù di un moralismo beatificante che vorrebbe disegnare un mondo diverso semplicemente parlandone dimenticando quelle che sono le basi biologiche, economiche e sociali dell’essere nel mondo.

Ci sono all’incirca quaranta milioni di prostitute nel mondo in contesti diversissimi da società ultraliberiste a quelle più chiuse (anche in Bhutan e Corea del Nord ad esempio), pensare di abolire questo fenomeno strutturale, di lunga durata e non certo dovuto al solo sistema capitalistico sfida qualsiasi soluzione che possa essere mai immaginata, nonostante si debba sempre combattere l’aspetto deteriore della tratta (trafficking), ma questo è un effetto appunto del disquilibrio della ricchezza e di cui il capitalismo è certamente responsabile.

La frattura tra chi è a favore (sex positive) e i movimenti contro la prostituzione nel femminismo, e in generale nella sinistra liberal, è di vecchia data e risale ad almeno quaranta anni fa. La divisione è sempre stata trasversale all’interno del movimento femminista per cui chi pensa che il femminismo sia stato sempre monoliticamente abolizionista compie un errore di prospettiva attribuendo la volontà di legalizzare o quanto meno regolamentare la prostituzione alla destra, per cui mi appare curioso che l’articolo di Marchi sia stato tacciato di essere reazionario.

Scrive nel 1999 l’attivista queer Pat Califia [2]: Ci vorrebbe una massiccia protesta pubblica per modificare le politiche pubbliche che permettono a questa farsa crudele di continuare. Ma l’impulso per un esperimento sociale di depenalizzazione della prostituzione non verrà dal movimento delle donne. In Female Sexual Slavery (Prentice-Hall 1979), l’attivista antiporno Kathy Barry ha delineato l’analisi femminista destrorsa [3] della prostituzione. Barry afferma di attaccare qualsiasi istituzione che subordina la donna e fa alcuni deboli tentativi di confondere il lavoro sessuale con il matrimonio combinato e altri accordi sociali che sfruttano sessualmente ed economicamente la donna. Ma lei individua nella prostituta l’archetipo della schiava sessuale. Barry si rifiuta di fare distinzioni tra i diversi tipi di lavoro sessuale, per i quali i lavoratori vengono compensati a tariffe diverse. Per lei, la tossicodipendente che spaccia a Times Square è nella stessa situazione della squillo da 200 dollari l’ora o dell’immigrato clandestino che è scioccato nello scoprire di essere stato introdotto clandestinamente nel paese, non per lavorare come governante o cameriera, ma come prigioniera virtuale di un bordello. In questa visione del mondo, la prostituzione è intesa come un problema morale molto più che economico […]. L’aspetto più riprovevole di questo libro è il modo in cui incoraggia le femministe a considerare le prostitute come loro nemiche, come donne che contribuiscono all’oppressione di tutte le donne perché si sono lasciate vittimizzare […]. Lei e i suoi alleati sono stati molto attivi a livello internazionale, cercando di convincere i governi europei che hanno liberalizzato le politiche sulla prostituzione a riportare indietro l’orologio, e agitandosi per l’approvazione di “leggi anti-tratta” […]. Per promuovere questo obiettivo, queste … importanti femministe si sono allineate dietro una lettera firmata da conservatori e cristiani di destra che accusavano l’amministrazione Clinton di promuovere l’idea che “la prostituzione volontaria è una legittima opzione di carriera per le donne“. In conclusione, del discorso Califia accenna alla, non certo sorprendente, circostanza che tra i clienti delle prostitute queer dell’area di S. Francisco ci fossero numerosi membri della polizia che prima della retata non rinunciavano alla prestazione dopo essersi spacciati per clienti.

Pat Califia si è sempre dichiarata femminista e penso creda ancora nel patriarcato (anche se da lesbica è poi diventata uomo, ora si chiama Patrick), ma ha sempre difeso la libertà della prostituzione, della pornografia e della cultura del sesso radicale come lei lo definisce (bdsm e altre pratiche), non si è fatta scrupolo di attaccare persino Catherine McKinnon che è tra le principali leader abolizioniste. Come vediamo nel suo testo la distinzione tra differenti tipi di sex workers è esattamente la stessa di cui parla Fabrizio Marchi nel suo articolo, nulla di nuovo dopo 25 anni.

Quasi a sugello della crociata moralista, evocata dalla Califia, giusto un anno dopo, nel 2000, è stato varato in Svezia il modello nordico ‘proibizionista’ nei riguardi dei clienti, tra l’altro, di recente adottato anche in paesi come la Francia e l’Irlanda in contrapposizione al modello tedesco notoriamente a favore della prostituzione libera sia per i clienti che per i c.d. sex workers. Oggi vi sono dubbi che il modello ‘proibizionista’ abbia avuto successo, esso è nato nel particolare contesto dei paesi nordici in cui il problema della tratta era particolarmente sentito (ne è un esempio la trilogia del Millennium di Stieg Larsson scritta intorno alla fine del secolo XX in cui gioca un ruolo quasi centrale nel secondo e terzo romanzo).

Purtroppo, qualunque forma di proibizionismo finisce per nascondere la polvere sotto il tappeto facendo sparire il fenomeno solo in apparenza.  Anni dopo ci si accorge che vi è un aumento della violenza contro chi si prostituisce nei paesi in cui il modello nordico è stato adottato [4]. Di recente un gruppo di sex-workers  francesi ha contestato la legge ottenendo che il caso fosse esaminato dalla CEDU cosa che già di per sé è un successo perché dimostra che vi è una base giuridica contro la legge [5]. L’asimmetria del rapporto col sesso tra uomini e donne inevitabilmente porta ad una situazione in cui offerta e domanda, prima o poi, si incontrano negarlo dopo aver constatato la strutturalità del fenomeno sembra un pio desiderio da anime belle.

Altra questione che è stata sollevata è l’affinità tra prostituzione e GPA in termini di sfruttamento capitalistico dei corpi. Ma credo che sia ovvio che nessuno, né qui né tantomeno Fabrizio Marchi, voglia giustificare una qualsiasi forma di sfruttamento tra chi vende il proprio corpo e chi acquista spesso come descritto in quei pochi attimi a sua volta sfruttato dal sistema. La tratta, e con questo intendo quella che spesso finisce per essere ciò che è dietro la “prostituzione in strada”, come la GPA devono essere considerate forme severe di sfruttamento. D’altra parte, anche la GPA, come la prostituzione, non è una pratica del tutto nuova, ma può ricondursi ad una molto antica: da che esiste la necessità per alcuni di fare dei figli il problema della sterilità è stato spesso aggirato con pratiche note come “il figlio della serva” o affini. Nella Bibbia è noto l’episodio di Giacobbe che deve ricorrere alle serve di Rachele per avere altri figli. Ma, come scrive Califia, possiamo anche dire che questo non è altro che uno dei  deboli tentativi di confondere il lavoro sessuale con … altri accordi sociali che sfruttano sessualmente ed economicamente la donna.

Tornando alla prostituzione anche nell’attuale modello legale, tedesco e affini, vi è il rischio che vi sia una discreta percentuale di lavoratori vittima di sfruttamento visto la pervasività del capitalismo attuale [6] che appunto crea quelle differenze di ricchezza che fanno da motore per la tratta. Oggi, tra l’altro, dopo l’epoca del MeeToo e con l’enfasi sulla violenza sulle donne, il femminismo a favore della sessualità libera e in generale la tendenza sex positive sono in crisi: si assiste ad un ritorno del moralismo e della cultura abolizionista. È interessante notare quello che scrive sul NYT Michelle Goldberg [7], attivista femminista: La parola demisessuale si riferisce a coloro che sono attratti solo da persone con cui condividono una connessione emotiva. Prima della rivoluzione sessuale, ovviamente, molte persone pensavano che la maggior parte delle donne fosse così. Ora l’avversione per il sesso occasionale è diventata un autentico orientamento sessuale; questa frase è curiosa perché non fa altro che confermare l’asimmetria tra uomini e donne nei riguardi dell’interesse per il sesso. È da notare come molti si definiscano asessuali ormai, tanto da richiedere una propria lettera, A, nella sequenza LGBT… .

La novità di questi ultimi anni è semmai l’enorme offerta di sesso virtuale nella pornografia e nei siti come OnlyFans e affini. Ma se il virtuale non è lo sfruttamento diretto in termini materiali dei corpi bisogna capire che sempre della stessa cosa si tratta: cosa differenzia una ragazza che guadagna centinaia di migliaia di euro su OnlyFans da una prostituta tradizionale? L’assenza di contatto fisico è l’unico discrimine? Ma se colei o colui che fa sesso virtuale indulge persino a pratiche bdsm non vi è un uso voyeuristico del corpo che in fondo non è dissimile da certe forme di prostituzione? Viene esplicitamente affermato che è volontario, eppure viene fatto per ragioni di guadagno. Chi combatteva, tra le femministe americane, la prostituzione combatteva anche la pornografia con la stessa intensità. L’offerta materiale e quella virtuale sono la stessa cosa in definitiva, eppure nessuno oggi ha da dire qualcosa sui guadagni di chi si ‘prostituisce’ su siti tipo OnlyFans ed affini, nessuno pensa di multare o proibire i clienti dei siti dove si vendono corpi e prestazioni. Determinare qual è il confine tra sfruttamento e libera scelta è molto più difficile in questo caso.

Quello che dobbiamo fare è astrarre, e qui viene la complessità del problema, dalla perturbazione causata dal sistema capitalistico che esalta al massimo ogni forma possibile di sfruttamento tra chi ha e chi non ha, anche ai margini della società in una perversa competizione fra tutti. Dovremmo chiederci se in una società post-capitalista, ma molto probabilmente ancora basata sull’economia di mercato (i.e. un ‘socialismo imperfetto’ a la Carlo Formenti), sia possibile regolamentare la prostituzione di chi per libera scelta voglia fare del sex-working?

Il fallimento della c.d. rivoluzione sessuale degli anni 60-70, le infinite discussioni sul “libero amore” è stato non solo causato dalla vittoria del modello neoliberale della competizione a tutti i costi, ma anche dall’impossibilità di sanare le asimmetrie tra i sessi. Ci siamo liberati dei tabù del moralismo del passato e da certi equivoci sul funzionamento del sesso [8], ma non della sofferenza quando sia uomini che donne si trovano in situazioni in cui le proprie tendenze non sono rispettate: una sessualità vuota non fa piacere né agli uni né alle altre. Tutti vorremmo una scopata senza cerniera come nel celebre romanzo di Erika Jong, ma come nel romanzo per la donna questo è un evento eccezionale, quasi mitologico, da ricordare per la vita, per un uomo può essere semplicemente la prima con incontri per strada parafrasando l’altrettanto celebre canzone (e la prima che incontri per strada magari è una sex worker).

È qui che si incrocia la delicata questione della differenza tra scambio e dono [9],  e in una prospettiva marxista della differenza tra valore d’uso e valore di mercato: un dono ha una remunerazione che non ha valore di mercato (quantificabile con del denaro). Tra dono e scambio vi è un continuum di situazioni intermedie in cui remunerazione e sfruttamento sono inversamente proporzionali.  Se la GPA fosse esclusivamente un dono sarebbe criticabile come lo è ora? Naturalmente, in un sistema capitalistico sarebbe impossibile controllare se non vi siano pagamenti in nero. Se qualcuno volesse dare un momento di felicità sessuale a chi è disabile sarebbe criticabile? Sarebbe un lavoro o vi sono gli estremi dello sfruttamento in questo? Ma in un modello “di mercato” anche non iper-capitalista una forma di remunerazione “sul mercato” dovrebbe essere garantita? È sfruttamento? O non lo è, e sono gli atteggiamenti moralistici e proibizionisti in cui tutto viene nascosto sotto il tappeto per la nostra soddisfazione personale di essere con la ‘casa in ordine’?

Non ho una risposta a queste domande. Sono volutamente provocatorie, vorrebbero stimolare una riflessione, libera da moralismi e ideologie nefaste, sulle questioni della sessualità e del rapporto tra i sessi.

[1] Fabrizio Marchi, Sulla prostituzione. Una riflessione a partire da un’analisi di Carlo Formenti, L’Interferenza, 20 marzo 2024. Sulla prostituzione. Una riflessione a partire da un’analisi di Carlo Formenti, Sinistra in rete, 26 marzo 2024.

[2] Pat Califia, Public Sex: The Culture of Radical Sex, Cleis Press 2000.

[3] Ho preferito tradurre con ‘destrorsa’ piuttosto che ‘di destra’ poiché Califia si riferisce alle idee del femminismo abolizionista che lei considera di destra, anche se includono alcune delle icone del femminismo liberal, e quindi di sinistra, come McKinnon, Dworkin, Steinheim. Lei si considera ‘di sinistra’ e a questa sponda ascrive il femminismo sex-positive.

[4] The human cost of ‘crushing’ the market: Criminalization of sex work in Norway  Amnesty International (22 May 2016), , London: Index Number EUR 36/4034/2016;

Crime against sex workers ‘almost doubles’ since law change Irish Independent. 27 March 2019.

[5] European court will hear case against French government crackdown on sex workers (2023)..

[6] Su questo vi è disaccordo tra gli esperti: per alcuni nei paesi in cui la prostituzione è legale vi è un aumento della tratta, per altri autori la misura reale del fenomeno è ostacolata dalla natura stessa delle leggi proibizioniste.

[7] Why Sex-Positive Feminism Is Falling Out of Fashion, NYT 24/09/2021.

[8] Oggi tutti sanno che la donna è ‘cliteroidea” basta leggerlo su wikipedia, google, vederlo su Cielo TV, e così via.

[9] Marcel Mauss, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche (1ª ed. 1925), Einaudi, 2002, ISBN 88-06-16226-8 – ISBN 978-88-06-16226-9.

Nell’immagine: “Belle” statua dedicata alle prostitute ad Amsterdam (da Google)

 


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