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Aggiornata alla luce delle “conquiste sociali” del XXI secolo
C’era una volta, in un paese lontano, un gentiluomo vedovo che viveva in un grande palazzo con la sua unica figlia. Egli donava alla sua adorata bambina qualsiasi cosa ella desiderasse: bei vestiti, un cucciolo, un cavallo….. Tuttavia capiva che la piccola aveva bisogno delle cure di una madre. Così si risposò, scegliendo una donna che aveva due figlie giovani, le quali, egli sperava, sarebbero diventate compagne di giochi della sua bambina.
Però la malasorte era in agguato! La donna aveva mire segrete che andavano oltre il desiderio di una vita agiata: voleva per se l’intero patrimonio del suo nuovo marito, il palazzo, il forziere degli zecchini, le terre, la rimessa con le carrozze, le scuderie con i cavalli…tutto!
Architettò un piano terribile: si recò dalle streghe malvagie della setta Piccione Viaggiatore Rosa per chiedere consigli su come ottenere il suo scopo, anche rovinando un innocente.
Le streghe erano grandi esperte in materia, le dissero di correre in lacrime dai gendarmi inventando storie terribili, dire che il marito la chiudeva nelle segrete del palazzo, la lasciava senza cibo, al freddo e al buio, la riempiva di legnate e di umiliazioni…
Tante volte in passato avevano costruito accuse inesistenti, gli uomini eliminati erano stati centinaia.
Il gentiluomo era però una persona mite, un benefattore stimato e benvoluto in tutto il regno, la donna non aveva alcuna prova per le terribili accuse ed i gendarmi non credettero alle sue menzogne.
Infuriata per il fallimento, tornò dalle streghe per chiedere alle esperte lo stratagemma più subdolo che conoscessero, pur di liberarsi del marito. Le megere di Piccione Viaggiatore Rosa si scambiarono sguardi di intesa, e dopo una pausa carica di tensione emisero il loro verdetto: “Se non ha funzionato inventando le violenze su di te, alza il tiro. Non è difficile, con voi vive la figlia minorenne, questo non ti suggerisce nulla? Torna dai gendarmi, insinua dubbi, lancia accuse velate, usa una strategia strisciante…. Non ne sei sicura, ma credi che il tuo nuovo marito violenti la figlia, che abbia verso di lei attenzioni particolari, morbose, inconfessabili….questo funziona sempre, fidati”
Per sua fortuna il buon uomo morì poco tempo dopo, prima di dover subire le conseguenze delle accuse infamanti
La gente del paese, che lo amava e lo rispettava, mormora che il pover’uomo abbia scelto la morte come unica via per sottrarsi alla malvagità della moglie
Appena sepolto il marito, la matrigna non doveva più preoccuparsi di fingere e mostrò la sua vera natura. Era dura e fredda, e profondamente invidiosa della dolcezza e bontà della sua figliastra, perché queste qualità facevano per contrasto apparire le sue due figlie, Anastasia e Genoveffa, ancor più meschine e brutte. Le sorellastre andavano riccamente vestite, mentre la povera ragazza era costretta ad indossare un vestito semplice ed un grembiule, e a compiere in casa tutti i lavori più pesanti. Si alzava prima dell’alba, andava a prender l’acqua, accendeva il fuoco, cucinava, lavava e puliva i pavimenti. Quando aveva finito di sbrigare tutti i lavori, per riscaldarsi era solita sedersi vicino al camino accanto al carbone ed alla cenere. Perciò cominciarono a chiamarla Cenerentola. La matrigna e le sorellastre dormivano in belle stanze, ampie e lussuose, mentre la piccola camera di Cenerentola era in soffitta, proprio sotto il tetto della casa, deve vivevano dozzine di topi. Nonostante tutto questo, Cenerentola rimase gentile e cortese, sognando che un bel giorno la felicità sarebbe arrivata. Fece amicizia con gli uccelli che la svegliavano tutte le mattine. Fece anche amicizia con i topini con cui divideva la soffitta, diede a ciascuno un nome, e cucì loro dei minuscoli vestiti e cappelli. I topini amavano Cenerentola e le erano grati, perchè talvolta li liberava da una trappola o li salvava da Lucifero, il gatto della matrigna. Ogni mattina, Cenerentola, preparava la colazione per tutti: una scodella di latte per il gatto, un osso per il cane, avena per il suo vecchio cavallo, granoturco e frumento per le galline, le oche e le anitre del cortile. Poi portava al piano di sopra i vassoi della colazione per la matrigna e le sorellastre Anastasia e Genoveffa. “Prendi questa roba da stirare e riportala entro un’ora” ordinava Genoveffa. “Non dimenticare il mio rammendo, e non impiegare tutto il giorno a finirlo!” la rimproverava Anastasia. “Stendi il bucato e vai avanti col tuo lavoro” ordinava la matrigna “Batti il grande tappeto della sala, lava le finestre, pulisci la tappezzeria!” “Si Genoveffa. Si Anastasia. Si mamma” rispondeva Cenerentola mettendosi al lavoro di buona lena.
Le vessazioni arrivavano tutte da donne, non c’era un uomo da incolpare quindi a nessuno venne in mente di parlare di maltrattamenti in famiglia
Dall’altra parte della città c’era il palazzo reale. Un giorno il re convocò il granduca Monocolao e gli disse: “E’ tempo che il principe prenda moglie!” “Ma vostra Maestà” rispose il duca ” deve prima trovare una ragazza ed innamorarsi!” “Hai ragione” ammise il re. “Daremo un ballo ed inviteremo tutte le fanciulle del reame. Dovrà per forza innamorarsi d’una di loro.” Subito furono spediti gli inviti e il regale biglietto fu portato anche nella casa di Cenerentola. “Un ballo! Un ballo! Andremo ad un ballo!” gridarono Anastasia e Genoveffa. “Anch’io sono invitata” disse Cenerentola. “C’è scritto: ‘Per ordine del Re, ogni fanciulla dovrà partecipare!“. Le sorellastre risero all’idea di Cenerentola che andava ad un ballo indossando il grembiule con una scopa in mano. Ma la matrigna, con un sorriso sornione, disse che Cenerentola sarebbe certamente potuta andare se avesse finito il suo lavoro e si fosse procurata un vestito decente da indossare. E venne il gran giorno. Fin dall’alba le sorellastre furono indaffarate a scegliere abiti, sottovesti ed ornamenti da mettere nei capelli, e non parlarono che del modo in cui si sarebbero vestite per il ballo. Nel frattempo Cenerentola fu tenuta più occupata del solito, perché dovette stirare le ampie gonne, sistemare le guarnizioni, annodare i nastri, lucidare le scarpe. Quando venne la carrozza a prendere la matrigna e le sorellastre, Cenerentola non aveva avuto neppure avuto il tempo di prepararsi. “Bene” disse la matrigna. “Allora non verrai. Che peccato! Ma ci saranno altri balli!” Cenerentola salì tristemente le scale buie e si affacciò alla sua finestra illuminata dalla luna. E guardò mesta il palazzo lontano che risplendeva di luci. All’improvviso, una candela venne accesa alle sue spalle. Cenerentola si voltò, e vide un bellissimo vestito da sera. L’avevano cucito per lei gli uccellini ed i topini suoi amici, e lo avevano decorato con pezzi di nastro e perline che avevano trovato in giro per la casa. In men che non si dica, Cenerentola indossò il vestito e corse giù per le scale, gridando: “Per favore, aspettate, vengo anch’io!” Anastasia e Genoveffa si girarono: com’era bella! L’invidia le accecò e… “Le mie perle!” gridò una. “Il mio nastro!” urlò un’altra e strapparono il vestito di Cenerentola. Poi, soddisfatte se ne andarono. Disperata Cenerentola corse in giardino e singhiozzò: “E’ proprio inutile. Non c’è niente da fare!” Ma in quel momento da una nuvola di polvere di stelle uscì una donnina dalla faccia tonda, avvolta in un mantello con cappuccio. “Sciocchezze, figliola” disse con voce dolce. “Asciuga quelle lacrime: non vorrai andare al ballo in questo stato!”. Cenerentola smise di piangere e chiese: “Chi siete?” “Sono la fata tua madrina e mi chiamo Smemorina” rispose lo strano personaggio. “Non abbiamo molto tempo a disposizione. Penso che per prima cosa tu abbia bisogno di una zucca.” Cenerentola non capì il motivo, ma obbedì e raccolse una grossa zucca. La fata agitò la sua bacchetta magica verso di essa, e cantò: “Salagadula, mencica bula, bibbidi-bobbidi-bu….” la zucca si alzò lentamente sul fusto, mentre i viticci arrotolandosi si trasformarono in ruote: in un attimo diventò una stupenda carrozza. “Ora” disse la fata “abbiamo bisogno di alcuni topi“. Quattro piccoli amici di Cenerentola si presentarono di corsa, ed ancora una volta la fata cantò le parole magiche mentre toccava i topi con la sua bacchetta. I topolini furono trasformati in quattro cavalli che furono subito attaccati alla carrozza. Poi la fata trasformò il vecchio cavallo di Cenerentola in un superbo cocchiere ed il cane Tobia in un elegante valletto. “Ed ora tocca a te, mia cara” disse la fata Smemorina, toccando Cenerentola con la sua bacchetta. Il vestito strappato diventò uno splendido abito di seta e da sotto la gonna spuntarono delle deliziose scarpette di cristallo, le più belle del mondo. Cenerentola non riusciva a parlare per l’emozione. La fata allora spinse la carrozza e le raccomandò di non rimanere al ballo dopo la mezzanotte: se fosse rimasta un solo minuto di più, la carrozza sarebbe ridiventata una zucca, i cavalli topolini, il cocchiere un vecchio cavallo ed il valletto un cane, e lei stessa si sarebbe ritrovata vestita di stracci. Cenerentola promise e partì felice verso il palazzo reale. Quando arrivò, il ballo era già iniziato, e il principe, con aria un pò annoiata, stava facendo l’inchino alle duecentodecima e duecentoundicesima damigella: le brutte sorellastre Anastasia e Genoveffa. All’improvviso alzò lo sguardo e scorse all’ingresso la più bella fanciulla che avesse mai visto. Come trasognato piantò in asso le sorelle e si avvicinò a Cenerentola, la prese per mano e l’accompagnò nella grande sala, in mezzo a tutti. Per tutta la serata il figlio del re non ballò con nessun altra e non lasciò la sua mano un solo minuto. Le sorellastre e la matrigna non riconobbero Cenerentola e si rodevano d’invidia chiedendosi chi potesse essere la bella sconosciuta. Il vecchio re sorrideva soddisfatto: il principe aveva trovato la sposa dei suoi sogni. Passarono le ore. Quando l’orologio del palazzo cominciò a battere la mezzanotte, Cenerentola ricordò la promessa. “Devo andare” gridò spaventata e, liberando la sua mano da quella del principe, attraversò il palazzo e scese di corsa lo scalone, inseguita dal principe e dal granduca.
Poi il granduca ebbe un attimo di lucidità e, trattenendo il principe, esclamò “attenzione Altezza, fermiamoci. Se continuiamo a rincorrere la fanciulla finisce che ci ritroviamo denunciati per stalking. Le vostre buone intenzioni non contano, i gendarmi ci arrestano se solo la fanciulla dichiara di essersi sentita perseguitata”.
“Ma come”, rispose il principe, “fino ad un attimo fa ballava fra le mie braccia ed ora fugge… cosa le ho fatto? Non posso rincorrerla, fermarla, parlarle, chiederle almeno spiegazioni?”
“E’ meglio di no, Altezza, seguirla una volta è un episodio isolato, ma continuare a farlo potrebbe provocarle ansia, quindi è stalking. Volete che la favola finisca col principe in galera? Se scappa è evidente che non vuole la vostra compagnia, no? Quindi inseguirla è un reato, a prescindere dalle vostre buone intenzioni. Ho conosciuto persone arrestate per molto meno … non sarebbe male dire a vostro padre, sua maestà il Re, di rivedere la legge, ma per ora è meglio evitare guai”.
“ma chi l’ha voluta questa legge così ingiusta?”
“So che è difficile crederlo, Altezza … è stata una spogliarellista che faceva i calendari mezza nuda, ripagata con un incarico importante, insieme alle megere di Piccione Viaggiatore Rosa”
“ah, buone quelle…. Volevano un altro strumento per togliere di mezzo gli uomini… prima o poi dovrò parlare a mio padre anche di quella setta malefica”
Fonte foto: CrazyPlanet (da Google)
2 Commenti
Come sarebbe il mondo se fosse dominato dalle donne?
Renzoni(Quota) (Replica)
dipende che tipo di donne… quelle maschiliste tipo certuni che scrivono sui blog della “androsfera”, lascerebbero il mondo così com’è
Dario(Quota) (Replica)