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Si poteva intitolare “masturbazioni semiserie di uno pseudo-intellettuale” l’articolo di Adriano Sofri sul Foglio del 21 giugno 2023 [1] in cui prendendo le mosse dal riscatto degli “invisibili” della storia commenta il celebre dipinto del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Come un Diogene col lanternino quasi spento il nostro esplora chi oggi dovrebbe rappresentare il Quarto Stato, chi dovrebbe essere quindi la classe che sostituirà quella operaia e riscatterà tutti quanti? Questa classe, per qualcuno divenuta moltitudine e ora per Sofri umanità, si è persa da tempo. Quanto ai proletari apparentemente non vengono sostituiti, Sofri vuole aggiungere “altre parti di umanità”, ma ormai è chiaro che costituiscono solo delle vestigia del passato come fossero elementi scenografici: “era un’illusione generosa e micidiale quella della parte di umanità che, liberando sé stessa, avrebbe riscattato l’umanità intera” sembra il Furet del “Passato di un Illusione”.
Averli ridotti a poco più che statue significa negare tutta la storia del movimento operaio, che il quadro giustamente rappresenta, è offensivo per tutti quelli che hanno lottato veramente per il riscatto. Le conquiste sociali le dobbiamo a loro ed anche se è vero che la classe operaia non esiste più, cerchiamo almeno di rispettarla, senza mettersi a fare il mesto cantore (ogni volta che leggo Sofri chissà perché mi prende un senso di tristezza) della scomparsa di un mondo, cosa che deve fare felici i suoi editori neoliberali visto che continuano a pubblicare i suoi deliri.
Subito dopo scrive: “non si fa che scoprire altre parti di umanità che erano rimaste invisibili e che si era preferito non vedere”. Dunque, quali sono le “nuove umanità in marcia verso il riscatto”? Secondo il nostro novello Diogene oggi al quadro di Pellizza da Volpedo dovrebbero essere “i migranti che arrivano, e annegano” e “le donne malmenate sotto il tetto domestico”, i migranti gli ultimi arrivati al banchetto capitalista e le donne in quanto vessate e sottomesse all’uomo.
Lasciando perdere la conclusione dell’articolo che sembra confusamente inneggiare ad una sorta di pride con “donne malmenate e mortificate, devianti sessuali braccati … diversi di colore, e donne ingravidate per altri, e matti e matte fatti ammattire, …procedenti alla rinfusa, soli o in gruppi, più o meno grandi, … – verso lo spettatore, poi – ma in una inesauribile rottura delle righe” come se la rottura delle righe potesse in qualche modo modificare il corso della storia, c’è ne sono state tante di rotture delle righe: jacqueries, sollevazioni, marce per la pace e per la guerra, ma poche hanno davvero inciso, soffermiamoci su donne e migranti.
La vera domanda è: rappresentano questi gruppi la reale possibilità di nuove conquiste sociali? Qui c’è un equivoco di fondo che, pur senza essere nominato nell’articolo, riguarda la tesi del patriarcato cara al femminismo a cui Sofri aderisce in modo implicito. La lotta di classe si deve trasformare nella lotta al patriarcato, quindi al genere maschile, quindi come sempre viva tutte quante, destre e sinistre, da Nilde Iotti e Margaret Thatcher a Giorgia Meloni e Elly Schlein. Ma non basta, non ci si può accontentare oggi dell’emancipazione economica e politica, non si tratta di una lotta per il lavoro o per il potere, ma deve assumere contorni sinistri: quello delle “donne malmenate sotto il tetto domestico”, della violenza sulle donne argomento ubiquo ormai infilato dappertutto. Come tanti altri Sofri alimenta e ingrassa il pauroso mostro feticcio del femicidio, pauroso per gli uomini, che scoprono in se la “mascolinità tossica”, come per le donne, che devono aver paura di ogni uomo, nella sua originale versione di Marcela Lagarde, inteso superficialmente come genocidio delle donne, insensibile alle statistiche, ignorante della storia, utilizzato come arma per assassinare moralmente il genere maschile senza preoccuparsi delle conseguenze che esso può avere anche nell’indurre fratture nella società benvenute dai manovratori plaudenti.
Peraltro, per giustificare le sue traballanti argomentazioni mette un link ad un suo articolo precedente in cui afferma: “lo slogan per cui in ogni uomo sonnecchi un assassino di donne, un femminicida, è stupido, falso e oltraggioso, ma non inutile. Serve a far crescere meno lentamente una oscura e penosa sensazione che ha la sua controprova nel pensiero che, a quanto pare, si è fatto parecchia strada fra le donne: che in ogni uomo, l’uomo di casa, il collega d’ufficio, lo sconosciuto di sera, l’uomo di cui ci si innamora – addirittura? Anzi, specialmente! – si annidi un nemico, forse mortale.” Follia! Manco siamo alle giustificazioni almeno formalmente corrette di un Pietro Grasso che distingue la responsabilità penale oggettiva individuale, fondamento del diritto moderno, da un atteggiamento morale di “scuse per le donne” da parte degli uomini non violenti. Argomento falso, ma di cui si potrebbe discutere, almeno non siamo alle prese col principio di non contraddizione con cui il nostro ha delle evidenti difficoltà (forse sta pensando ancora al Diamat).
E i migranti? Beh, certo mettere nel quadro le sole donne era un po’ troppo, così, in nome dell’intersezionalismo di moda, mettiamoci dentro anche i migranti: fanno una bella scena i nuovi proletari. Il problema è che sarebbero stati molto meglio da soli: almeno avremmo avuto un chiaro indizio sulla “nuova umanità”, il nuovo vero “ultimo” Stato. Ma sono i migranti la nuova umanità? No Sofri, non lo sono, e per un motivo molto semplice che tu, nel tuo circo, non puoi vedere: gli uomini sono il 95% dei morti sul lavoro e tanti di questi non sono migranti sono gli stessi che hai qualificano come “nemico mortale” nel link poco più sopra (quando non lo sono gli stessi migranti), senza contare i suicidi, i carcerati, i senza fissa dimora, i morti nelle guerre che sono soprattutto uomini e sebbene nemmeno tutti questi costituiscano una classe di certo costituiscono “un’umanità” forse ancora più invisibile degli, ormai non più, invisibili invocati sopra, ma tu continua a cercarne altre con il lanternino spento, di certo sono un genere e sono quello che la storia ha maggiormente sacrificato e continua a farlo mentre sulla pista del circo del capitale ti agiti come un clown accecato.
[1] https://www.ilfoglio.it/piccola-posta/2023/06/21/news/vecchie-e-nuove-umanita-invisibili-in-marcia-verso-il-riscatto-5412478/
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