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29 Gen 2011  |  5 Commenti

Berlusconi, Agnelli e Craxi

Alla morte del padre,l’Avvocato Gianni Agnelli, ancora giovane, affidò il comando della Fiat al famigerato Ing. Valletta, tristemente noto per le sue politiche repressive e antioperaie e per la sua presunta collaborazione con i nazisti durante l’occupazione dell’Italia.

Da allora e per circa vent’anni  l’Avvocato se l’è spassata in giro per il mondo tra salotti vari, donne, attrici, attricette  e cocaina, vizietto quest’ultimo che ha mantenuto durante tutto il corso della sua vita.

All’età di quarantacinque anni, in seguito all’uscita di scena di Valletta, decise che era giunto  il momento di diventare grande e di assumere la presidenza dell’azienda.

Tutto il mondo era a conoscenza del suo vizietto, circolavano barzellette sul suo setto nasale, qualcuno diceva che ce l’avesse d’oro, qualcun altro di platino. La sola cosa certa è che se lo era ricostruito perché la cocaina glielo aveva completamente corroso. Un po’ come quello del cantautore  Califano che però se lo è lasciato così com’è, “nature”, devastato dalla polvere bianca (forse  non aveva più una lira per operarsi  perché si era mangiato tutto quello che poteva mangiarsi). Molto  è anche stato detto sui suoi (del “Gioanin”) tentativi di disintossicarsi e sui suoi ricoveri in cliniche per magnati, in non ben identificate località comunque  invisibili all’occhio dei comuni mortali come noi.

Insomma per farla breve Gianni Agnelli, l’uomo più potente d’Italia, il padrone assoluto del Paese (e lui lo era veramente),  era un drogato, un tossicodipendente da cocaina. Eppure questa sua condizione non ha mai creato scandalo. Tutti lo sapevano ma nessuno ha mai neanche minimamente sollevato la questione.

Ora, dal mio punto di vista (fermo rimanendo che anche l’Avvocato ha sgavazzato alla grande dal punto di vista sessuale come tutti gli uomini di potere di questo mondo) fare uso sistematico di droga pesante è senz’altro più grave che non intrattenersi con qualche puttana (ufficiale o ufficiosa) consenziente e consapevole. Peraltro l’assunzione massiccia di sostanze stupefacenti potrebbe avere effetti molto gravi sulla psiche di un individuo. Soprattutto quando il soggetto in questione è un uomo che ha nelle sue mani la vita di centinaia di migliaia di persone ed è in grado di condizionare pesantemente la vita politica ed economica ( le politiche economiche, industriali, infrastrutturali, i programmi di governo, le scelte politiche di questi ultimi e finanche  la politica estera) di un intero paese e di un’intera nazione (la Fiat ha avuto questo potere per un secolo intero, oggi la globalizzazione ha modificato un po’ le cose…), personalmente, credo sia legittimo e anche saggio preoccuparsi.

E invece per trent’anni, dal 1966 fino alla sua scomparsa, l’Italia, non formalmente ma di fatto, è stata guidata anche da un tossicodipendente da cocaina, oltre che da stragisti, membri della P2, agenti dei servizi americani, banchieri corrotti e golpisti, collusi con la mafia, con i servizi segreti deviati, con l’estremismo neonazista e, fortunatamente, con tutte le contraddizioni  che qualsiasi uomo ha, anche da qualche persona seria che guarda caso hanno presto provveduto a togliere di mezzo  (leggi Enrico Mattei e Aldo Moro).   Eppure nessuno, mai, ha avuto qualcosa da ridire. E ci mancherebbe altro. “L’Avvocato, non sia mai, una persona così seria, aveva pure l’”erre moscia”, e poi quel portamento regale , quel suo stile. Figuriamoci. Gli si perdona tutto a un uomo come quello”.  Anche di aver licenziato a più riprese migliaia e migliaia di lavoratori,  aver ricattato la politica e i governi (e quindi il Paese),  aver continuato a fare profitti mentre lo Stato pagava la cassa integrazione con il denaro pubblico, aver preso soldi grazie alla “rottamazione” senza nessun investimento nell’innovazione, essere “emigrato” per ragioni “umanitarie” (i suoi profitti) in Argentina e in Polonia in tempi non sospetti (cioè prima che la “globalizzazione” diventasse il verbo e la religione ufficiale del nuovo sistema planetario). 

Naturalmente le” ombre” della Prima Repubblica (delle “luci” abbiamo già in parte detto, una è stata disintegrata da una bomba collocata sull’aereo che lo riportava a casa e l’altra è stata fatta ritrovare nel bagagliaio di un’auto con qualche grammo di piombo in corpo) sono state tante e non è mia intenzione ricostruire in questa sede la storia della Repubblica.

Mi interessa invece evidenziare come oggi il Primo Ministro, che di ombre ne ha veramente tante ma forse meno di alcuni suoi illustri predecessori a suo tempo anche incriminati per reati gravissimi e poi assolti dalla Magistratura con formula piena, sia sottoposto alla gogna mediatica per la vicenda di queste quattro puttanelle con cui si sollazza.  Cioè a dire il nulla, ma veramente il nulla, sia rispetto alle sue “ombre” personali e gravi (conflitto di interessi, leggi ad personam, lodo Schifani, legge ex Cirielli “salva Previti”, condono fiscale,depenalizzazione del falso in bilancio, legge Cirami sul legittimo sospetto, intrallazzi vari ecc) sia rispetto a quelle “ombre” di cui si sono resi protagonisti autorevolissimi esponenti della fu Prima Repubblica accusati e poi assolti, come dicevo, per stragismo, depistaggio di indagini, appartenenza ad associazione mafiosa, organizzazione di strutture paramilitari e clandestine naturalmente illegali  ed altre “vicenduole” di questo tipo.

Mi sbaglierò ma ho l’impressione che il “nostro” (si fa per dire naturalmente…) farà la fine del suo vecchio amico Bettino Craxi. Il sistema dominante, ad intervalli più o meno regolari, ha bisogno di trovare dei capri espiatori “illustri” che servono a mondarlo; una sorta di funzione purificatrice.

Craxi fu l’”agnello sacrificale” della Prima Repubblica. Con questo non intendo certo assolverlo dalle sue responsabilità politiche e personali .ma, da fiero e irriducibile, anche se modestissimo, avversario della sua politica quale sono stato, sento di avere le carte in regola per poter oggi tracciare un giudizio più equo, equilibrato  e non manicheo sul suo operato e la sua storia politica comunque non riducibile a quella di un semplice manigoldo.

Berlusconi (che non vale neanche il dito mignolo di Craxi, per lo meno come statista e leader politico) potrebbe oggi  essere “investito” della stessa funzione “catartica”. Non mi meraviglierei affatto da qui a poco di un nuovo “assalto al Raphael” , in questo caso a Palazzo Grazioli, magari con lancio di vibratori o mutandine al posto delle monetine con cui Craxi (da cui politicamente , ribadisco, sono sempre stato lontano anni luce) fu ignobilmente bersagliato da una folla di giustizialisti intolleranti, ipocriti,-populisti, qualunquisti, antipolitici e antidemocratici (anche se molti con una tessera di partito in tasca).

Il sistema ha periodicamente necessità di questo genere di operazioni  che hanno una finalità purificatrice. E’ la stessa logica che porta all’allontanamento dell’ allenatore di una squadra di calcio. Non potendo licenziare mezza squadra si sceglie di dimissionare il direttore tecnico.

Berlusconi è la rappresentazione vivente della parte più oscura di gran parte del popolo italiano, figura emblematica del ventre molle del paese, dei suoi lati più meschini e spesso anche dei più patetici. Lui dice e fa apertamente ciò che milioni e milioni di italiani dicono e fanno di nascosto. E’ questo il suo popolo. E’ da questo e per questo che ha avuto i consensi che ha avuto. E questa è stata la sua scommessa vincente.

Ora è giunto al capolinea. E francamente, in questo momento, da avversario radicale della sua politica e di tutto ciò che rappresenta (politicamente) e ha rappresentato, non riesco a provare un sentimento diverso nei suoi confronti che non sia quello della umana pietas. “Povero” Silvio, causa del suo mal e travolto anche un po’ da se stesso, non gli è bastato neanche annunciare pubblicamente (e assai impropriamente) il suo appoggio al SI al referendum di Mirafiori, la vera svolta strategica delle politiche economiche e industriali degli anni a venire.  Ora anche la Confindustria e il Vaticano si sono stancati di lui, oltre all’ UE, all’Amministrazione USA, alla BCE  e alla Goldman Sachs.

Che non si sia stancato anche il suo amico Putin? Ecco, questa amicizia era una delle ragioni veramente serie per farlo fuori politicamente. E invece no. Ci sono volute le starlette e le cubiste a cui versa lauti stipendi più mance, a incastrarlo, forse definitivamente.


5 Commenti

Andrea 4:56 pm - 29th Gennaio:

Sempre vittime queste donne… Hanno veramente stancato.
http://www.glialtrionline.it/home/
Donne, Berlusconi e manifestazioni. Una delle voci fuori dal coro
lea melandri
Pubblicato: 29 gen 2011

Di quale sdegno stiamo parlando?

Cittadine e cittadini che manifestano davanti al Quirinale il loro sdegno per un premier che si circonda di una corte di adolescenti e si intrattiene con loro in serate orgiastiche, un premier che a sua volta interviene minaccioso contro la magistratura e le questure che offendono la dignità delle sue “ospiti”, sbeffeggiandole, costringendole a spogliarsi e perquisendole come si fa solo con delinquenti e mafiosi.

E infine: appelli, manifestazioni, paginate di firme esposte dai giornali e dai siti Internet per chiedere le dimissioni di un Presidente del Consiglio che si comporta come un sultano. I vizi privati, soprattutto se c’è di mezzo il sesso e se sono così esorbitanti da fuoriuscire dall’intimità, smascherano senza riguardo le pubbliche virtù. Non che Silvio Berlusconi ne avesse molte, abituato a muoversi con disinvoltura tra un versante e l’altro; si potrebbe dire anzi compiaciuto a sicuro di poter contare proprio sulla sua incontenibile vena anti istituzionale per un consenso di massa.

Ma Ruby, l’ultima in ordine di comparsa nella passerella delle frequentatrici abituali delle ville berlusconiane, e la schiera delle “condomine” di via Olgettina, come lei ben remunerate per i servigi resi al premier, potrebbero essergli fatali. Katia G., la protagonista del romanzo comico di Alessandra Faiella, avendo fatto del suo Lato B “da urlo” una “perfetta macchina da guerra” contro l’uomo potente che si serve delle donne a suo piacere, una volta portata a termine la sua impresa eroica-erotica, esclama: «Sarà stata una gran troia, ma ha liberato un paese». Fuori dall’umorismo sarcastico di Faiella, è questo a cui mira l’ondata di sdegno montante? Cioè che a dare il colpo di grazia al governo Berlusconi siano i corpi delle donne – l’uso e abuso che ne è sempre stato fatto, la storia secolare dello “scambio sessuo-economico” – di cui in Italia non sembrano essersi accorte finora né la cultura né la politica? Là dove non è riuscita l’opposizione parlamentare, a cui non sono mancate certo le occasioni politiche per liberarsi di un primo ministro ritenuto a ragione un pericolo per la democrazia del paese, dovrebbe dunque essere un “fattore” ritenuto tradizionalmente “non politico”, non indagato, e fatto oggetto di attenzione solo quando serve – e cioè il privato, la sessualità, la mercificazione del corpo femminile – a portare fuori dal baratro.

Tenuto conto dell’ignoranza pressoché totale in cui è stata lasciata finora l’analisi del rapporto uomo-donna, come problema politico di primo piano, la messa sotto silenzio della consapevolezza, dei saperi, delle pratiche nate dal movimento delle donne e riguardanti le ricadute del sessismo sulle istituzioni pubbliche, non ci vuole molto a capire che a prevalere nelle manifestazioni di indignazione sarebbero stati gli stessi ragionamenti che finora hanno impedito, sia pure in modo diverso, di affrontare la conflittualità tra i sessi. Primo fra tutti il concetto di “privato”, visto ancora come il luogo “altro” della sfera pubblica, che può, mantenendosene prudentemente o pudicamente separato, proteggerla da passioni, comportamenti poco presentabili, o, al contrario, minacciare di invaderla, contaminarla, incrinarne l’autorevolezza. Di qui l’interminabile diatriba fra chi pensa che la privacy non debba essere toccata, e di chi invece ne fa, all’occasione, un arma per mettere in difficoltà l’avversario. Salvo dimenticarsene subito dopo.

Che il privato sia la vita personale, le relazioni primarie attraverso cui passa la formazione di un individuo, l’impronta che prendono fin dall’infanzia i ruoli contrapposti e subordinati l’uno all’altro del maschio e della femmina – ma anche della biologia e della storia, dei sentimenti e della ragione – resta una verità sepolta, insieme a quella rivoluzione delle coscienze che è stato il femminismo degli anni Settanta. È così che Pierluigi Bersani può dire candidamente che lui non chiede di «disquisire su questioni sessuali», mentre non esita a servirsene, come dimostra l’accoglienza calorosa alle “parole pesanti” del cardinal Bertone, all’ “autorità morale” della Chiesa che, come sappiamo, ha sempre avuto nel controllo della sessualità un ruolo primario. Più laicamente, ma anche più drastica nel liquidare il problema uomo-donna, è stata Nadia Urbinati: non ci troviamo di fronte, ha scritto su Repubblica (21.1.2011), a una questione morale o di peccato, ma di “competenza” a svolgere funzioni che richiedono un contenimento saldo delle emozioni, in particolare del desiderio sessuale, messo sullo stesso piano di “fattori viscerali”, come la fame, la sete, il bisogno di evacuare.

Torna la tesi di Veronica Lario: un uomo “che non sta bene”, affetto da una patologia individuale, comportamenti compulsivi che lo rendono inadatto a rivestire una carica per la quale serve, come dice Urbinati, lucidità “cognitiva e pratica”. Che lo si consideri un campione assoluto o una vittima del suo stesso machismo, si resta comunque intrappolate dentro quella personalizzazione della politica che è, al medesimo tempo, lo zoccolo duro del successo di Berlusconi e il terreno franoso che potrebbe ingoiarlo. Di certo, nessuno può illudersi che, insieme al suo potere si eclissi l’immaginario sessuale che fa da supporto alla civiltà maschile dominante da secoli, e che le donne stesse hanno inconsapevolmente fatto proprio.

È per questo che l’appello alla moralità, che ha preso forme diverse – dai richiami soft di Napolitano a comportamenti “più sobri”, al rispetto dell’etica pubblica, fino alle condanne più esplicite del tipo “si vergogni” – è destinato a riscuotere adesioni immediate e trasversali agli schieramenti politici, ma anche a confermare ambiguamente pregiudizi esistenti e duri a morire. Un’idea di libertà sessuale malintesa e storpiata dalle leggi di mercato, una rivoluzione del linguaggio che ha dato la stura a un universo verbale tenuto finora sotto controllo, coesistono oggi con residui di una morale cattolica che vede nel sesso il peccato originale della specie umana. La sessualità sembra che offenda la legge divina più della guerra, della fame, dello sfruttamento e di qualsiasi altra ingiustizia sociale. La deriva scandalistica, quando al centro della riprovazione morale ci sono comportamenti erotici, è prevedibile, così come l’oscillazione ambigua tra sdegno e voyeurismo.

È la sequenza imbarazzante dei messaggi contraddittori che sono passati insistentemente negli ultimi giorni, alternando voci concitate di disapprovazione morale con corpi femminili seducenti, destinati a muovere desideri, invidie, segrete complicità col “peccatore”. A parte qualche eccezione, la campagna che si è andata allargando intorno ai risvolti penali del caso Berlusconi-Ruby, non ha avuto per le giovani donne implicate negli intrattenimenti del premier il riguardo che ci si sarebbe aspettati nel momento in cui si invoca da più parti una “rivolta” a difesa della dignità delle donne. Trasformate in merce di scambio, oggetti di piacere, trastullo del sovrano, ma pur sempre donne che hanno scelto di essere in quel luogo, di fare della loro bellezza una fonte di guadagno. Si può dire che scegliere non significa di per sé essere libere di scegliere. Ma questo è un ragionamento molto diverso dal definirle sbrigativamente “vittime” o volgarmente “puttane”, dal proiettare su di loro l’umiliazione che le donne hanno subìto per secoli in quanto donne, o dall’attribuire alla loro civetteria l’origine prima del degrado morale di una società.

L’insofferenza nei confronti del governo Berlusconi, e in generale l’imbarbarimento che ha prodotto la confusione tra politica e spettacolo, tra stile di vita personale e ruolo pubblico, tra merito e gradevolezza estetica nella scelta di parlamentari e ministri, può anche darsi che trovi nella sbracata, boccaccesca scenografia dei passatempi del premier, nel suo modo di pensare le donne felici di offrire i loro servigi erotici in cambio di doni, denaro e carriere, l’occasione per un fronte comune trasversale a tutte le forze politiche, a donne e uomini. Ma non si dia a una mobilitazione giusta e augurabile per impedire la perdita di fondamentali conquiste democratiche, il vessillo di una crociata contro il corruttore sessuale di minorenni, o l’imprimatur di una “rivolta” delle donne contro il potere che le ha tenute storicamente in una condizione di marginalità. Finché lo sdegno non si estende a tutti gli aspetti del privilegio e della violenza maschile – da quella manifesta degli stupri e degli omicidi domestici, a quella che passa non vista nella disuguale responsabilità famigliare di uomini e donne, nelle discriminazioni sul lavoro -, dovrebbe venire il sospetto che delle donne ci si preoccupi quasi sempre solo quando servono.

Questa vicenda la dice lunga su quanto si sia immiserito il femminismo dal momento che si è attestato su piccole conquiste di emancipazione – leggi di parità o di tutela – anziché continuare nella ricerca di un’autonomia di pensiero, rispetto ai modelli interiorizzati, e arrivare ad imporre, in tutti i luoghi in cui le donne sono presenti, un’analisi del sessismo, delle sue molteplici implicazioni, economiche, politiche, culturali.

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Alessandro 11:27 pm - 30th Gennaio:

Sì, sicuramente una voce un pò fuori dal coro, quella della giornalista, perchè tratta queste donne come delle persone, quindi dotate di pensiero e capaci di operare delle scelte, condivisibili o meno, e non come delle minorate mentali, vittime del maschio di turno. Anzi a me appaiono finanche più dignitose, vendendo il loro corpo, di tutta quella schiera di politicanti e non che vendono, loro sì i prostituti e prostitute di serie A, la loro parte più nobile, cioè la propria libertà di pensiero. Ed è vero che tutto ciò che attiene la sessualità acquista una risonanza e suscita uno sdegno sicuramente eccessivi, se comparato con altri scandali che, questi sì, incidono pesantemente sul benessere collettivo. In un certo senso anche questo sa di USA, dove si può rimanere in sella mandando al macello migliaia di propri connazionali e non, vedi G:W.Bush, e rischiare invece il posto per una storiella di sesso, come quella di cui fu vittima Bill Clinton. La globalizzazione avanza anche sotto questi aspetti a quanto pare.
Per il resto, un articolo un pò stereotipato, datato, che si ostina ancora a concepire la società così com’era come minimo 20-30 anni fa, forse perchè fa comodo così. Insomma, nella società odierna meglio collocarsi dalla parte delle vittime, anche se non lo si è o lo si è solo in parte.

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sandro 2:28 am - 31st Gennaio:

Contestualizziamo un pò le cose.
Agnelli era un imprenditore, non un politico: logico dunque che la sua vita privata fosse affar suo. Dirigendo soltanto la sua azienda e non avendo alcuna carica pubblica, doveva rispondere di quello che faceva soltanto agli azionisti della sua azienda, non al popolo italiano, e a quelli interessano i dividendi delle azioni, non la condotta degli imprenditori.
Il fatto che lo facesse ricattando i governi di allora è una responsabilità dei governi di allora che si facevano ricattare: quella di foraggiare la fiat attingendo alla fonte del debito pubblico è stata una precisa scelta dei governi di quegli anni, che per garantirsi il massimo consenso accontentavano tutti, sia imprenditori che lavoratori (ricordate le “baby-pensioni”?), lasciando il conto da pagare alle generazioni successive.
Del resto lo stesso Agnelli ha descritto il proprio pensiero politico come “sempre e comunque filogovernativo” (la fiat non ha mai fatto mancare il proprio sostegno, sotto forma di corpose tangenti, ai governi, cosa, questa, ammessa da Cesare Romiti nel periodo di tangentopoli): la sua influenza a livello politico era dovuta essenzialmente al fatto che i partiti di governo di allora usavano tutti i mezzi a loro disposizione per evitare che il PCI andasse al governo, cosa che gli Stati Uniti vedevano come il fumo negli occhi.
Questo portò all’ esplosione del debito pubblico, che fu la diretta conseguenza di un sistema che spendeva, causa tangenti per finanziare partiti pachidermici che dovevano stare al governo a qualsiasi costo, e regalie varie all’ elettorato (“captatio benevolentiae” come ad esempio un numero spropositato di assunzioni in una pubblica amministrazione iperlottizzata dalla politica che fungeva da serbatoio di consenso elettorale), due volte quello che produceva.
Con il crollo dell’ Unione Sovietica cessò il sostegno della CIA per i partiti di governo, che vennero sostanzialmente abbandonati al loro destino, e si dissolsero come neve al sole sotto una bufera di scandali legati a tangenti mai vista prima (mani pulite scoperchiò una pentola rimasta chiusa per 40 anni).
Craxi faceva parte di quella generazione di politici che venne travolta dagli scandali, e divenne effettivamente il simbolo del politico corrotto nell’ immaginario collettivo.
Ma pagò un prezzo puramente simbolico, consistente in uno sputtanamento senza precedenti con conseguente fuga all’ estero, dove visse gli ultimi anni della sua vita da latitante di lusso nella sua villa in Tunisia protetto dal suo caro amico Ben Alì (del quale aveva appoggiato l’ ascesa al potere) SENZA AVER MAI SCONTATO NEPPURE UN GIORNO DI GALERA, esattamente come tutti o quasi i suoi compagni di merende: cosa, questa, impensabile in qualsiasi altro paese europeo, anche in virtù del fatto che avevano portato l’ Italia sull’ orlo della bancarotta, con un debito pubblico simile a quello di oggi e la lira che era diventata carta igienica.
Berlusconi fa parte di quella schiera di imprenditori che deve la propria fortuna al sistema di cui sopra, che gli permise di costruire il proprio impero economico con leggi su misura per favorirlo (legge Mammì), sistema nel quale era immerso mani e piedi.
Col crollo del sistema suddetto, essendo legato a doppio filo col politico simbolo della corruzione, nonché con personaggi come Dell’ Utri (attualmente condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa), si inventò la “discesa in campo” semplicemente per non andare in galera, cosa che è rimasta a tutt’ oggi l’ unico motivo della sua permanenza in politica.
La differenza con Agnelli sta nel fatto che questo qua fa il capo del governo e non semplicemente l’ imprenditore, dunque deve rispondere di quello che fa a tutti, e non solo agli azionisti della sua azienda.
Negli altri paesi europei alla condotta dei capi di stato ci guardano eccome.
Se non vuole rotture di coglioni riguardo la sua vita privata basta che smetta di fare il politico e si rimetta a fare l’ imprenditore.
Processi arretrati permettendo.

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sandro 3:31 am - 31st Gennaio:

La storia di “Bottino” Craxi raccontata da Travaglio:
http://www.youtube.com/watch?v=vuV0uHx4c3g

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Andrea 1:09 pm - 31st Gennaio:

D’accordo, però credo sarebbe il caso di approfondire la seguente questione:
Quanto le donne influiscono e hanno influito in tutto ciò?
Secondo me moltissimo, seppure in maniera indiretta.

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