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Leggendo il rapporto dell’Istat del 2006 sulla violenza e i maltrattamenti contro le donne, commissionato dal Ministero per le Pari Opportunità e finanziato dal Fondo Sociale Europeo di cui riporto di seguito il link “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia” , ho scovato una “chicca” che merita, a mio parere, di essere portata all’attenzione di tutti.
Premetto che non voglio entrare nel merito dell’indeterminatezza e del pressapochismo dei criteri, delle modalità e delle tecniche con cui vengono effettuati i sondaggi e naturalmente degli inevitabili risultati: sarebbe troppo lungo e ciascuno di voi può farlo per proprio conto. D’altronde li conosciamo già. Partendo da quei presupposti e dopo aver letto il testo, mi stupisco (si fa per dire) solo di una cosa: perché le donne che hanno subito una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica sono “solo” 6 milioni 743 mila e non 20 o 30 milioni, se non addirittura tutte? E se facessimo lo stesso sondaggio sugli uomini, con le stesse tecniche, criteri e modalità, cosa emergerebbe?
Ma queste sono cose che conosciamo già e sulle quali abbiamo già discusso ampiamente.
Torno invece alla “chicca” a cui facevo cenno poc’anzi, che ad una prima lettura potrebbe sfuggire, in mezzo a tanti numeri, percentuali e statistiche. Si trova alla seconda pagina del testo e la riporto di seguito:“La quota di violenti con la propria partner è pari al 30% fra coloro che hanno assistito a violenze nella propria famiglia di origine, al 34,8% fra coloro che l’hanno subita dal padre, al 42,4% tra chi l’ha subita dalla madre e al 6% tra coloro che non hanno subito o assistito a violenze nella famiglia d’origine”.
La logica che sta dietro a questo modo di procedere, che in questo caso condividiamo, è che la grande maggioranza di coloro che commettono un qualsiasi atto di violenza, hanno subito a loro volta violenza, più o meno nella stessa misura, dello stesso genere e con le stesse modalità.
Avete capito bene? L’Istat, volontariamente o meno (propendo per questa seconda ipotesi…), ci sta comunicando che la percentuale più alta di coloro che commettono violenza contro la propria partner (42,4%) è formata da uomini che hanno subito a loro volta violenza dalla propria madre. Tradotto in parole ancora più povere, ciò significa che la causa prima della violenza domestica perpetrata dagli uomini contro le donne, sempre in base ai dati dell’Istat, avrebbe origine in un’altra forma di violenza (pressoché simile), e cioè quella perpetrata dalle madri, quindi donne, sui figli, maschi, in questo caso.
Un bell’autogol, anche se nessuno sembra averci fatto caso. E invece a noi maramaldi che andiamo a fare le pulci e non ci facciamo impressionare da tutti quei numeri sciorinati con grande e sospetta generosità, questo bel boomerang scagliato dall’Istat, perché di questo si tratta, non ci è sfuggito. E per quanto è nelle nostre possibilità, faremo del tutto per far sì che gli ritorni (metaforicamente) sulla fronte.
Grazie ai sondaggi e agli studi dell’Istat abbiamo una nuova (non buona, perché non ci rallegra di certo) novella. La ragione prima della violenza domestica contro le donne, sono le donne stesse e la violenza che queste esercitano sui loro figli (maschi).
A quando uno specifico sondaggio sulla violenza e i maltrattamenti nei confronti degli uomini?
Restiamo in attesa.
60 Commenti
Credo che l’attuale impostazione del rapporto tra i sessi, come viene trattato e pensato da istituzioni e intelligentia, produrà un aggravarsi del fenomeno della violenza tra partner, proprio in virtù del salvacondotto materno nel produrre violenza psicologica e fisica verso i figli, determinato dalle attuali condizioni della famiglia e del diritto genitoriale e riproduttivo, condizioni in cui s’è perso ogni equilibrio tra figura paterna e materna.
Cosa succederà di fronte a un tale fallimento, secondo me inevitabile? Niente. Perché non è la riduzione della violenza il vero obiettivo della società in cui viviamo: se così fosse si sarebbe già di fronte ad alcuni ripensamenti che invece tardano ad arrivare.
Il vero obiettivo è la guerra al sesso maschile, una strana criminale missione che questa modernità ci ha consegnato.
Invito tutti gli uomini e le donne di buonsenso a diffidare di chi oggi parla di giustizia, parità e lotta alla violenza di genere nei termini comunemente usati dalla televisione e dalla comunicazione di massa.
Quelle parole che sembrano di solidarietà per le donne ma che in realtà esprimono un malcelato odio verso gli uomini, produrranno e già producono una società più violenta, discriminante e ingiusta.
Guit(Quota) (Replica)
Ottimo Guit. Ridurre la violenza è obbiettivo tanto conclamato quanto puramente formale e di facciata. Lo si volesse per davvero si prenderebbe atto di alcune evidenze innegabili. La violenza cresce e dilaga in giovani cresciute in famiglie senza padre (vedasi le statistiche ufficiali USA) o con padri deboli (nel senso di figure sfuocate in famiglie in cui la centralità è tutta materna). Ciò non significa necessariamente incolpare di tutto le madri. Significa più semplicemente che anche donne bene intenzionate ma sole o con un marito che non occupa il suo posto in famiglia, sono spinte ad usare metodi violenti nei confronti dei figli per mancanza di quell’autorevolezza che permetterebbe loro di farsi ubbidire senza ricorso alle maniere forti. Basta monitorare ciò che accade nelle scuole dove, a detta delle stesse insegnanti, la naturale autorevolezza degli insegnanti maschi riesce a “governare” meglio classi indisciplinate senza ricorrere a “note” o procedimenti di punizioni burocratiche.
Si prendesse onestamente atto di ciò, anche le politiche familiari dovrebbero essere diverse a partire dalla rivalutazione del ruolo e della figura paterna. Accade invece l’opposto, nel presupposto che il maschio/padre sia non la soluzione, ma il problema. E ciò, come giustamente noti, porterà ad ulteriore crescita di violenza, in una spirale inarrestabile di trasgressione/repressione, al termine della quale non ci saranno vincitori. Ed anche le donne apparentemente trionfanti si pentiranno amaramente di aver voluto annichilire il maschile.
armando(Quota) (Replica)
“perché le donne che hanno subito una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica sono “solo” 6 milioni 743 mila e non 20 o 30 milioni, se non addirittura tutte?”
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Se ci si basa sulle denunce, le richieste d’ aiuto al 1522 sono circa 10.000 l’ anno.
Ipotizzando un trend costante, nell’ arco di 70 anni la proiezione porta ad un risultato di 700.000 persone.
Al numero di poco meno di 7 milioni si arriva semplicemente perché si assume una percentuale di sommerso pari al 90% circa.
Se per fare una stima del genere ci si basa su di un sondaggio telefonico, vorrei far notare che, il sottoscritto, ai sondaggi di qualsiasi natura, telefonici e non, ha sempre raccontato BALLE, e non è che qualcuno mi abbia mai contestato qualcosa.
Come potrebbero?
Mettiamoci sopra il fatto che le donne sono perfettamente a conoscenza del fatto che, seppur limitatamente ad alcune categorie sociali, il vittimismo paga, e tanto, e il gioco è fatto.
Aggiungo che le donne che ricorrono alla giustizia per reati di questo tipo godono di ampie tutele da parte della nostra legge, dunque non si capisce quale sarebbe il motivo della presenza di un sommerso di tale portata.
sandro(Quota) (Replica)
C’è stato un periodo (diciamo anni settanta-ottanta) in cui la psicologia e le “scienze” affini erano arrivate ad identificare il potenziale patogeno del sistema familiare, ed in particolare della madre: si parlava di famiglie schizofrenogene, di madri-frigorifero per gli autistici (a proposito: l’autismo è patologia a nettissima prevalenza maschile…), di doppio legame… Da un po’ di anni, nell’ambiente è diventato tabù usare questi termini. Si vanno piuttosto forzando eziologie organicistiche (torna comodo anche per i risvolti economici connessi alla psicofarmacologia), e si parla di nuovo ipocritamente del “difficile ruolo della famiglia che si assume l’onere di prendersi cura della persona affetta da patologie psichiatriche”.
Sì, essere madre di una persona sofferente psichicamente significa doversi porre domande forti su di sé. E questo, evidentemente, le donne non sono disposte a farlo.
Ora sono diventate intoccabili. Eppure la relazione madre-bambino nei primissimi anni di vita è senza ombra di dubbio la forza che esercita l’impatto maggiore sulla formazione della personalità, l’elemento strutturante delle future modalità relazionali della persona… cosa che, paradossalmente, le donne sono invece prontissime a riconoscere quando si parla delle “altre” madri, delle madri dei loro uomini; loro sì, le suocere, che sono colpevoli di aver creato quei mostri di indifferenza-superficialità-infantilismo-violenza, che sono (nelle loro descrizioni) gli uomini…..
alessandra(Quota) (Replica)
Il femminile attuale, sta costruendo di sè una storia identica a quella dei popoli che hanno subito la shoa (indennità comprese) con la piccola differenza che è una storia inventata perchè nella realtà è accaduto esattamente l’opposto: la Storia per le donne è storia infatti del privilegio di essere state risparmiate dai maschi da ogni possibile durezza e tragedia della vita fosse possibile evitare. I maschi si sono messi sulle spalle il peso di garantire la vita e la civiltà ed è stato un peso tremendo pagato ad un prezzo tremendo, di cui le donne per fortuna sono state chiamate a pagare una minima parte. E oggi è lo stesso: chi muore sul lavoro e in mille rischiose imprese sono i maschi, ed è la vita dei maschi ad essere terribilmente usurante così da finre ben prima di quella delle donne.
Più che legittimo dunque che i maschi si aspettino profonda riconoscenza dalle donne, e più che naturale non capiscano lo scatenarsi di odiose accuse senza fondamento da parte delle donne. E in un primo momento, restino sconcertati e passivi di fronte a questo tsunami di aggressività misandrica. Non mi stancherò di ripeterlo: così facendo le donne sbagliano strada e, per inciso, mi dispiace profondamente.
Martellare riproponendo ossessivamente all’infinito la coscienza e la sensibilità di chi ha commesso il male e persino dei discendenti di chi ha commesso il male accusandolo del male che si è subito è strategia i cui esiti, ipotizzati come esiti positivi, sono da tempo stati messi in discussione da chi il male lo ha subito davvero (vedi l’interrogarsi in merito di tanti intellettuali ebrei): si rischia di essere e restare inchiodati a quello che si dichiara e denuncia di essere: solo vittime. E inchiodare l’altro ad un ruolo non suo e ingiusto di aguzzino. Ma accusare ossessivamente del male subito chi male non ti ha fatto ma anzi si è preoccupato di esentarti dal male, e sognarsi vittima e delirare accuse infondate davanti a chi ti ha fatto del bene e sa di averti fatto e di farti del bene, è una gran brutta scelta e una gran brutta storia.
ckkb(Quota) (Replica)
“Non mi stancherò di ripeterlo: così facendo le donne sbagliano strada e, per inciso, mi dispiace profondamente”
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In tutta sincerità, a me non me ne frega niente: ognuno è libero di comportarsi come gli pare.
Quello cui tengo è che queste cose siano chiare nelle menti maschili e il campo sia sgombro da equivoci, in modo che ognuno sia libero di fare le proprie valutazioni serenamente riguardo l’ atteggiamento da tenere nei loro confronti.
Le donne ci sono ostili: ci remano contro da decenni e questa cosa va detta chiaro e forte, gli esempi si sprecano.
La loro fortuna è l’idea, diffusissima tra il genere maschile, che le esperienze negative nei rapporti con loro siano frutto di sfortuna del singolo individuo.
Questa altro non è che la versione dei fatti che danno loro: “sei stato sfortunato”.
Sfortunato un cazzo. Se la maggior parte degli uomini condivide le stesse esperienze al loro riguardo, parlare di sfortuna è puro e semplice depistaggio.
Sfortuna è finire sotto le ruote del tram. Incontrare una stronza non è sfortuna, bensì la regola: è il contrario a rappresentare l’ eccezione, e questa cosa prima gli uomini se la stampano bene bene nella testa e meglio è per tutti.
Per questo loro vedono come il fumo negli occhi tutti quegli spazi esclusivamente maschili nei quali gli uomini possono condividere le proprie esperienze senza peli sulla lingua.
Hanno una paura fottuta che gli uomini si rendano conto di come stanno davvero le cose.
A tale proposito, il web rappresenta per noi una vera e propria ancora di salvezza.
sandro(Quota) (Replica)
Intervento estremamente interessante, Alessandra, e soprattutto “specialistico”. E’ evidente che stai parlando di temi che conosci molto bene e sui quali è assolutamente necessario approfondire e avere il supporto di persone qualificate in grado di dare il loro contributo di conoscenza (da ciascuno secondo le sue capacità…).
Le donne sono state ormai sollevate da ogni responsabilità in ogni ambito, tanto più e non casualmente proprio in quella che è stata e che dovrebbe ancora oggi essere se non la loro missione fondamentale, la maternità e la (complessa) relazione con i figli (specie nei primissimi anni di età), quanto meno una delle più importanti (così come per gli uomini la paternità, sia chiaro, non c’è nessun intento da parte nostra di voler relegare le donne al ruolo di angeli del focolare o di fattrici…).
E anche questo, naturalmente, non è casuale, ma il risultato di una interpretazione ideologica che ha criminalizzato da una parte (maschile) e celebrato dall’altra (femminile) .
Sarebbe molto interessante capire meglio il ruolo che la psicologia ha ricoperto in questo processo. Mi sembra di intuire, e per la verità ne avevo già sentore, che anche questa branca della “scienza” (ammesso che la psicologia possa essere considerata tale e personalmente non la vedo così) abbia svolto un ruolo determinante da questo punto di vista, naturalmente in senso antimaschile.
Gli uomini, anche e soprattutto nella relazione con l’altro sesso e in particolare nei rapporti di coppia, sono sempre e comunque gli inadeguati, gli immaturi, quelli che “non sanno relazionarsi”, “non sanno prendersi le loro responsabilità”, gli eterni adolescenti, i “Peter Pan”, quelli che “non ci sono più gli uomini di una volta”, affermazione che viene sempre accompagnata con un sospiro di nostalgia (ma non erano maschilisti oppressori gli uomini di una volta?…).
Naturalmente, neanche a dirlo, in questo oceano di inadeguatezza a senso unico e di incapacità di relazionarsi con un universo troppo più elevato del loro, l’unica risposta che gli uomini riescono a produrre è quella della violenza…
E’ assolutamente necessario affrontare la questione, anche da questo punto di vista. Anche per questo ti do il benvenuto, Alessandra, a nome di tutti gli altri amici, sperando di avere nuovamente il tuo contributo.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
La psichiatria neo-Kraepeliniana negli ultimi decenni ha tentato con successo di attribuire le cause dei disturbi mentali ad un’ipotesi multifattoriale che alla fine si riduce prevalentemente a cause genetiche o traumatiche intese come danni durante il parto, malattie nei primi mesi di vita. Questo in linea e in contemporanea con la svolta neo-liberista iniziata dalla Tatcher 30 anni fa.
Ora la psichiatria tende a ricercare la cura dei disturbi mentali con l’uso intensivo e prolungato di psicofarmaci con ovvie ricadute economiche sull’industria del farmaco (una delle più a forte espansione negli ultimi decenni).
Dal punto di vista pratico ha per i più (mi riferisco ai disturbi gravi) sostituito le camicie di forza fisiche e l’elettroshock con camicie di forza chimiche. (qualcuno tenta anche di riportare in auge l’elettroshock, a dire il vero).
Diverse mi sembrano le posizioni della psicoanalisi e del cognitivismo clinico, oltre naturalmente le terapie sistemiche tuttora esistenti.
Poi c’è una corrente di impostazione femminista che riporta ogni problema al conflitto dei generi, in linea col pensiero femminista dei gender studies.
Un piccolo esempio italiano è un libro divulgativo di alcuni anni fa, Fragile come un maschio.
L’allora psicoanalista Alice Miller denunciò la psicoterapia di orientamento femminista come interessata unicamente a ricercare nel padre il responsabile di ogni problema.
Sostanzialmente si parte dall’assunto di una fragilita’ maschile di partenza che a dir loro deriverebbe dalla maggior difficoltà del bambino nel processo di separazione psicologica dalla precedente fusione con la madre. A ciò si aggiunge una presunta “invidia” dell’utero che sarebbe innata negli uomini (l’invidia del pene freudiana rovesciata: anche in questo dimostrano poca fantasia e svelano l’ideologia alla base delle loro teorie).
Comunque mi sembra una corrente ancora minoritaria nelle varie correnti della psicoterapie ma certo destinata a diffondersi con l’intento di “indirizzare” il sapere che gli women’s studies (e i più recenti men’s studies di impostazione sostanzialmente fili-femminista) stanno tentando da anni di compiere.
mik(Quota) (Replica)
Si sente spesso sostenere l’importanza della qualità contrapposta alla quantità riguardo al tempo dedicato ai figli.
Un’idea funzionale ad esaltare il più possibile il ruolo lavorativo delle madri. E’ da notare che Bowlby individuava la causa del crescente malessere psichico in Occidente nella svalorizzazione della funzione materna e nella separazione dei bambini dalla figura di attaccamento principale (che nella nostra cultura è la madre). Secondo Bowlby il bambino necessitava della cura costante di un adulto sicuramente fino ai 3 anni di età, meglio fino ai 5. Vedeva molto negativamente il parcheggio dei bambini negli asili.
Ora, per evidenti ragioni, queste teorie non sono molto popolari ma è intuitivamente evidente che l’organizzaziione della vita e del lavoro prodotta dal capitalismo moderno va contro i bisogni geneticamente determinati del bambino.
Il femminismo, con la sua svalutazione della funzione materna in favore di quella economicamente “produttiva” è perfettamente funzionale alle esigenze attuali del capitalismo.
Per quel che riguarda le correnti psicologiche principali (psicoanalisi, cognitivismo, terapie sistemiche) non ho notato posizioni apertamente antimaschili: spesso anzi è stata presente (ed è presente) la consapevolezza del ruolo delle prime relazioni madre-figlio/a nello sviluppo dei disturbi psichici, in particolare di quelli più gravi).
La psichiatria ha decisamente imboccato da una trentina d’anni la via di un neo-Kraepelinismo riduttivo che identifica nella sola componente genetica (e al più in “traumi” nel parto e malattie nei primi mesi di vita) la causa unica di tutti i problemi, proponendo come unica cura la medicalizzazione di ogni patologia (con evidenti ricadute positive sulla crescita del PIL da iperconsumo di psicofarmaci- qualcuno tenta anche di riportare in auge pratiche come l’elettroshock).
Poi ci sono gli women’s studies (affiancati negli ultimi anni dai men’s studies di impostazione filo-femminista) che tentano di ridurre ogni aspetto della vita alla questione del genere (quindi dell’uomo oppressore-donna vittima sempre e comunque) inclusa la psicologia.
Un piccolo esempio è un libro divulgativo di qualche anno fa (Fragile come un maschio) che sottolinea sostanzialmente tre cose: una fragilità psicologica inevitabile e universale nei maschi causata dalla maggior difficoltà del bambino nel processo di separazione dal precedente stato di fusione simbiotica con la madre rispetto alla bambina; una innata invidia del parto nell’uomo (praticamente l’invidia del pene freudiana rovesciata, dimostrazione che le cose tendono a cambiare solo di segno ma non nella sostanza) e la responsabilità dell'”oppressione di genere” nella genesi dei disturbi psichici.
Ps: ho, parzialmente ripetuto il contenuto del primo messaggio nel secondo perchè mi risultava non inviato.
mik(Quota) (Replica)
@sandro
Le donne ci sono ostili: ci remano contro da decenni e questa cosa va detta chiaro e forte, gli esempi si sprecano.
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No, è la società ad esserci ostile, la società “carica” le donne ad essere ostili perchè indebolendo gli uomini automaticamente indebolisci la società ( non a caso le società islamiche e tutte le altre non femministe non hanno alcun cenno di crisi, sia economicamente sia socialmente ) . C’è un detto infatti che recita “dividi et impera” .
Non me ne vogliate ma dire che le donne ci sono ostili per loro natura , per un esterno vorrebbe dire ” e quindi che volete fare, sterminarle tutte ? ” .
Che poi sono ipertutelate grazie al loro vittimismo è un altro paio di maniche .
Silent Hill(Quota) (Replica)
@alessandra
vero, e molte altre cose sulle donne e non solo, dette nel secolo scorso sono vere nell’ambito psicologico.
Ho visto documentari sulla psichiatria in America dove si fanno tac al cervello e si nega ogni responsabilità psicologica, ma ognuno di noi ha una storia, una vita, come si fa a negarlo? Quelli che impazziscono in guerra sono la prova che i traumi ci segnano profondamente, figuriamoci un bambino piccolo che si trova in balia di 2 genitori e del mondo in generale.
Leonardo(Quota) (Replica)
Oggi il racconto degli UU su se stessi è privato di valore dalle fondamenta. Come detto tante volte, ha il valore di quello del padrone che ha visto scappare le schiave. La valutazione più benevola lo liquida come ridicolo e patetico. Lo si prende in considerazione se e in quanto confacente e conforme a quello che la vulgata femminista impone.
Anche la descrizione delle relazioni familiari deve necessariamente risentire dell’orientamento valoriale attuale.
Ne risulta che la verità viene deformata, o reinterpretata o semplicemente rimossa.
Così viene rimosso anche il fatto fondamentale – e capitale – che la presenza paterna è indispensabile per lo sganciamento psicologico del figlio maschio dalla madre (oltre al resto).
Nasce così una “psicologia della condiscendenza” che deve garantire l’autonoma completezza del rapporto madre/figlio e l’innocuità dell’assenza paterna.
E’ l’unico modo per rendere innocenti scelte emblematiche come quelle della G. Nannini che rappresentano l’ultima “conquista” della Liberata. L’autocrazia totale femminil-materna.
E qui prendo spunto dalla impietosa affermazione di Sandro a Armando (sul fatto che così le DD sbagliano strada e fanno del male anche a se stesse): “In tutta sincerità, a me non me ne frega niente”.
Il disconoscimento del ruolo psicologico maschile in campo educativo e la connessa liquidazione del prestigio paterno sono indubbiamente dannosi anche nella maturazione delle bambine/ragazze. Tuttavia a mio parere è bene che di questo aspetto non ci occupiamo. Infatti esso verrebbe inteso e liquidato come espressione della nostra volontà di esercitare (ancora!) un potere/dominio sulle DD. Va dunque presa in considerazione solo ed esclusivamente la parte che riguarda i maschi: i figli dunque e non le figlie. Il danno che essi subiscono dalla liquidazione del padre. In altre parole: occupiamoci del nostro destino, di quello delle DD si occupino esse stesse. Prendiamo sul serio il loro (tracotante, prometeico, infondato e alla fine autolesionista) proclama di autosufficienza integrale. Ubbidiamo volentieri all’ordine impartitoci di non occuparci di esse.
A mio parere questo è l’approccio da adottare oggi (e per alcuni decenni a venire) e la posizione pubblica da tenere. Non occupiamoci oggi se le DD hanno imboccato la strada sbagliata per quanto le riguarda, ma se sia sbagliata per quel che CI riguarda. Non dei danni che producono a se stesse ma dei mali che infliggono a noi.
Una simile posizione suona cinica ed egoista, ma ha il vantaggio di essere inattaccabile: “Non siamo autorizzati ad occuparci del vostro destino e perciò voi state lontane dal nostro. Voi decidete cosa sia male per voi e noi facciamo lo stesso per quanto ci riguarda. Noi stiamo fuori dal vostro orto: voi state lontane dal nostro!”
Essa ha poi un grande valore sul piano del senso: produce una profonda insensizzazione. Lo si sente immediatamente. É bruciante sentirsi dire: “Non avete bisogno di noi, è vero, lo riconosciamo umilmente: perciò andate dove volete, in paradiso, in purgatorio o all’inferno”. “Non abbiamo il diritto di occuparci del vostro destino, ergo il vostro destino non ci riguarda”.
Non bisogna aver paura di sembrare cinici o impietosi. E’ solo tattica e ha questo di bello, che funziona anche se viene svelata. Come ho fatto in questo momento. Funziona comunque. Sempre.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Ormai sta dilagando una concezione della persona umana, come scrive Alessandra, che crede di spiegare tutto in termini organicistici e crede che l’unica terapia sia quella farmacologica. Ci sono neuroscienziati che pensano anche di aver trovato nel cervello il luogo dell’anima (a questo proposito molto bello il libri di P. Barcellonna, “Il furto dell’anima”, di cui abbiamo già parlato, mi sembra). C’è un evidente connubio fra questa concezione culturale “positivistica” e i corposi interessi delle multinazionali farmaceutiche. Il caso criminale (non so definirlo altrimenti) della sindrome da iperattività, da cui sarebbero colpiti numerosissimi bambini per l’80% maschi e curato con uno psicofarmaco, il Ritalin (che prefigura un futuro da drogati psicodipendenti per chi lo assume), è emblematico. Si volta la testa di fronte al disagio psichico di un bimbo, ci si rifiuta di trovarne le cause nei rapporti familiari, ci si rifiuta di pensare che anche la scuola possa avere una responsabilità a causa dei metodi didattici e dell’incapacità delle insegnanti a far fronte con capacità professionale e umana a quel disagio, e ci si rifugia invece nella malattia organica da curare in tenera età col peggior rimedio possibile, lo psicofarmaco che a me sembra una sorta di castrante chimico. Intendiamoci, non nego che in casi straordinari e come coadiuvante temporaneo di una terapia psicologica, anche lo psicofarmaco possa essere usato. Nego invece che sia il rimedio , perchè i suoi effetti a lungo termine saranno peggiori del male e chi ne patirà le conseguenze saranno per lo più i maschi.
Come nota Alessandra, la psicanalisi (ma era storia nota da sempre,vecchissima, che affonda fin nell’antichità) ci ha raccontato della fondamentale importanza del rapporto madre/bambino nei primi anni di vita. Fondamentale perchè va a costituire la base affettiva dell’intera esistenza. Un blocco in quel periodo, qualcosa che è andato storto lì, si ripercuoterà anche in età adulta, e rimediare non è mai facile. Non si tratta di voler “relegare” le donne a casa, ma di comprendere che nei primi anni di vita la presenza affettuosa, tranquilla, continua, della madre è fondamentale. Altro che passare in rivista le truppe come la ministra spagnola. Altro che permessi di paternità equiparati a quelli di maternità. C’è una importanza che va ben oltre le sciocche rivendicazioni similsindacali di parità. Il ruolo del padre c’è, eccome, ma è diverso e più cangiante nel tempo. Se al tempo della pre adolescenza è quello di rompere la simbiosi naturale madre/bambino e liberare così entrambi da un legame che diventa patologico se perdura oltre un certo tempo, se in quegli stessi anni e anche dopo il suo ruolo è di aprire il giovane al sociale e alla vita adulta proponendosi come termine di confronto e insieme come limite necessario alla naturale onnipotenza giovanile, nei primi tempi della vita la funzione paterna è altrettanto importante ma in senso quasi opposto. Per Franco Fornari, uno dei padri della psicanalisi italiana, il padre “bonifica” il rapporto madre/figlio che riteneva costituzionalmente ambiguo e intessuto anche di pulsioni di odio e di morte. E lo bonifica, permettendo così l’affermarsi del codice materno, assumendo su di sè quella carica negativa di odio, facendo insomma da “parafulmine”. La sottovalutazione del padre fino al suo completo annichilimento a cui stiamo assistendo, produce immensi squilibri psichici, e non solo nei figli maschi. Squilibri che producono malattie psichiche diagnosticate come organiche sui quali si buttano a pesce le multinazionali del farmaco, lucrando profitti immensi. Un processo simile e con esiti identici rispetto ai profitti delle multinazionali, sta già accadendo rispetto alla fabbricazione artificiale della vita mediante le tecniche di fecondazione assistita. Anche quì il primo passo, quello che apre la strada alla medicalizzazione totale dei corpi e della vita è necessariamente la svalutazione del padre fino a decretarne la superfluità. Sembra il trionfo del femminile e del materno che oggi tutti celebrano (vedasi gli inni elogiativi bipartisan alla Nannini). E che è celebrato anche da quel femminismo che considera il maschio/padre come il nemico, l’idolo da abbattere. Per niente paradossalmente quel femminismo fa il gioco del capitale, ne è alleato e ha la funzione di dargli veste e gistificazione “culturale” e idoelogica.
Illusione, solo sciocca illusione. Perchè poi, il passo successivo sarà l’attacco anche alla donna madre decretando la superfluità dell’utero e della gravidanza naturale, fino a fabbricare l’individuo transumano nè maschio nè femmina, nè padre nè madre, che tanto piace all’illustre scienziato prof. Veronesi, colui che inneggia sempre alle donne.
Sarà l’esito del dominio della tecnica, che come ci avevano insegnato e come scrive Barcellona, non è per niente neutra ma risponde sia ad una precisa concezione antropologica e filosofica dell’essere umano, sia agli interessi economici enormi che vi sono dietro. Il discorso si è allargato e ci porta lontano. Ma ritengo che se non riusciamo ad inquadrare ogni singolo evento in una narrazione più ampia, non verremo a capo di nulla, nè della genesi e delle articolazioni tutt’altro che antisistema del femminismo, nè tantomeno della QM. Solo con questa consapevolezza si può tentare di contrastare la direzione che sta prendendo il mondo. E questa consapevolezza può essere oggi acquisita più facilmente dal mondo maschile in quanto primo obbiettivo designato. Il mondo femminile ha molta più difficoltà e non per incapacità ontologica. Piuttosto perchè da un lato meno incline a visioni complessive , dall’altro perchè è strumentalizzato e usato contro gli uomini. Riflettano dunque anche le donne, che d’altra parte sono assai inclini a farsi strumentalizzare in cambio di un qualche forte (ma effimero) potere sui maschi, sulla parte loro riservata e sul suo vero significato.
armando(Quota) (Replica)
sandro
@ Le donne ci sono ostili: ci remano contro da decenni e questa cosa va detta chiaro e forte, gli esempi si sprecano.
@
Concordo, anche se generalmente gli uomini non lo dicono né lo ammettono, è proprio così: le donne ci sono profondamente ostili. Che poi lo siano diventate per questo o quell’altro motivo, poco cambia, perché i fatti sono questi.
Simone M.(Quota) (Replica)
“dire che le donne ci sono ostili per loro natura , per un esterno vorrebbe dire ” e quindi che volete fare, sterminarle tutte ? ” ”
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Non ci sono ostili per natura, ma per scelta consapevole: è cosa ben diversa.
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“occupiamoci del nostro destino, di quello delle DD si occupino esse stesse. Prendiamo sul serio il loro (tracotante, prometeico, infondato e alla fine autolesionista) proclama di autosufficienza integrale. Ubbidiamo volentieri all’ordine impartitoci di non occuparci di esse.
A mio parere questo è l’approccio da adottare oggi (e per alcuni decenni a venire) e la posizione pubblica da tenere. Non occupiamoci oggi se le DD hanno imboccato la strada sbagliata per quanto le riguarda, ma se sia sbagliata per quel che CI riguarda. Non dei danni che producono a se stesse ma dei mali che infliggono a noi.
Una simile posizione suona cinica ed egoista, ma ha il vantaggio di essere inattaccabile: “Non siamo autorizzati ad occuparci del vostro destino e perciò voi state lontane dal nostro. Voi decidete cosa sia male per voi e noi facciamo lo stesso per quanto ci riguarda. Noi stiamo fuori dal vostro orto: voi state lontane dal nostro!””
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Esatto. E non ci trovo nulla di egoista: è la stessa cosa che fanno loro.
Sono libere di fare tutti gli sbagli che vogliono, ma le conseguenze devono ricadere su di loro, non su di me.
Altrimenti viene fuori Avetrana: faccio fuori mia cugina tanto la colpa se la piglia mio padre.
sandro(Quota) (Replica)
Silent Hill
@ Non me ne vogliate ma dire che le donne ci sono ostili per loro natura , per un esterno vorrebbe dire ” e quindi che volete fare, sterminarle tutte ? ” .
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Sandro ha scritto (giustamente) che “ci remano contro da decenni” e non dall’alba dei tempi. Perciò non credo affatto che egli volesse dire che “ci sono ostili per loro natura”.
Inoltre credo sia il caso di smetterla di deresponsabilizzare le donne attribuendo ora alla società, ora al femminismo, ora a questo o quell’altro, la causa di tutto.
Se non sbaglio le donne sono esseri coscienti, perciò responsabili delle proprie azioni e pertanto imputabili come gli uomini.
Simone M.(Quota) (Replica)
Simone M
Inoltre credo sia il caso di smetterla di deresponsabilizzare le donne attribuendo ora alla società, ora al femminismo, ora a questo o quell’altro, la causa di tutto.
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Ma infatti non le voglio deresponsabilizzare, prima ho scritto che le "carica" la società . E' un pò come la malattia ed il virus : le donne che ci remano contro sono la malattia, il virus la società . Distruggi il virus e la malattia va via . Ora vero che le donne come dite tu e sandro hanno libero arbitrio quindi sono coscienti di quello che fanno , ma è anche vero che se elimini i sintomi della malattia non elimini la causa, se invece distruggi la causa scompare automaticamente la malattia.
Poi vabbè, nei tempi moderni l'uomo e la donna sono diventati esseri "molto alla moda" , cioè se non ti comporti in un certo modo sei lo sfigato di turno : questo è il problema principale .
Silent Hill(Quota) (Replica)
“É bruciante sentirsi dire: “Non avete bisogno di noi, è vero, lo riconosciamo umilmente: perciò andate dove volete, in paradiso, in purgatorio o all’inferno”. “Non abbiamo il diritto di occuparci del vostro destino, ergo il vostro destino non ci riguarda””
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Se loro abbiano o meno bisogno di me è un problema che non mi sfiora manco l’ anticamera del cervello: a me basta la MIA autosufficienza.
La loro, vera o millantata che sia , non mi tange minimamente.
L’ importante è che non mi chiedano niente: me ne fotto di essere utile a qualcuno, a me interessa essere LIBERO.
sandro(Quota) (Replica)
Condivido tanta parte dell’argomentazione di Rino, chiarissima e rigorosamente logica come sempre, a costruire spartiacque liberatori sia per i maschi sia per le femmine. Spartiacque dai quali si aprono allo sguardo orizzonti amplissimi e liberi: una esperienza di libertà.
Mi permetto di citare di seguito una sua considerazione che mi suggerisce alcune riflessioni.
“Va dunque presa in considerazione solo ed esclusivamente la parte che riguarda i maschi: i figli dunque e non le figlie. Il danno che essi subiscono dalla liquidazione del padre”
Se si va davvero a vedere il rapporto madre/figlio, scopriamo da tutti gli studi che tale rapporto è l’ambito in cui il figlio fa la prima esperienza di violenza e impara e introietta pertanto la modalità relazionale della violenza. E dove il padre non entri in gioco, tale violenza è vissuta inoltre nel contesto della relazione tendenzialmente strutturata da parte della madre secondo la cifra del possesso e del dominio: impara anche questo. E in questo tempo dove il 50% dei padri finisce spesso fuori di casa perchè magari vuol proprio fare il padre, il figlio viene chiamato al ruolo di marito, alias viene “violentato” dalla madre ( “a letto” con la madre non ci si va solo nel letto ma anche nella tipologia di relazione marcatamente seduttiva che la madre attiva).
Se dunque si va a vedere il rapporto madre/figlio così come si struttura oggi nella famiglia e nella attuale società che non onora il padre e la paternità, anzi lo caccia e lo criminalizza, vediamo che davanti al giovanissimo maschio si apre molto spesso un percorso di de-formazione al termine del quale egli risulta espropriato delle caratteristiche proprie del suo genere, condannato ad un tragico esilio identitario, ad una permanente insopportabile incertezza e angoscia. Droga, alcool ed altro, ahimè, soccorrono.
La conclusione è obbligata a mio avviso: davvero la Questione Maschile è tutt’uno con la questione educativa e formativa dei giovani maschi dal concepimento ( per alcuni studiosi la relazione col padre inizia subito ed esercita fin da subito la funzione di depurazione dal caos biologico e psicologico originario) fino alla maggiore età ed oltre: dobbiamo essere e fare i padri. Dobbiamo tornare ad essere padri e a fare i padri.Oggi e subito. Compito di decisiva importanza e straordinaria bellezza.
Giustizia e dono maschile a mio avviso vuole che non si privi il cuore e lo spirito delle figlie di questa bellezza di cui i maschi sono capaci. Che non si revochi al femminile il dono della propria paternità. E questo nonostante teorie e atteggiamenti a carattere inequivocabilmente criminale di alcune donne e madri che intendono annientare e distruggere fin dal concepimento il padre e la paternità nella vita dei figli (cosa che per i tutori istituzionali dei minori va benissimo per cui tacciono invece di parlare come questa volta davvero dovrebbero).
Ecco perchè mi spiace della “strada sbagliata” imboccata da quelle che vivo, comunque, come amiche e, visto che a mio avviso stanno scegliendo e attuando comportamenti contro il mio genere che sono infantili sciocchezze, tanto straordinarie quanto pericolose, anche come un pò figlie.
ckkb(Quota) (Replica)
Io separerei il “peccato” dal “peccatore”.
Dire che le donne ci sono ostili significa portarsi ai livelli del peggior femminismo.
La responsabilità individuale, la scelta consapevole esiste, ma credo sia molto inferiore rispetto a quanto amiamo credere.
Direi piuttosto che la società è ostile sia a uomini che a donne, ora sta diventando sempre più ostile agli uomini.
Bisogna essere fermi ma ragionevoli.
mik(Quota) (Replica)
“Dire che le donne ci sono ostili significa portarsi ai livelli del peggior femminismo”
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Significa semplicemente prendere atto della situazione in essere.
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“Direi piuttosto che la società è ostile sia a uomini che a donne, ora sta diventando sempre più ostile agli uomini”
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Io tutta sta ostilità nei confronti delle donne non la vedo.
sandro(Quota) (Replica)
Le donne sono ostili per natura, è la triste verità, e trovano terreno fertile nella galanteria e sopravvalutazione.
Possono fare queste sparate che non hanno bisogno degli uomini, tanto è lui che paga e lui che fa i mestieri peggiori e direi anche quelli più impegnativi sotto tutti i punti di vista.
L’indifferenza è l’arma migliore, ma anche la pretesa, pretendere un impegno, se non si sbava più verso di loro dovranno impegnarsi, o poco male la scomparsa dell’umanità.
Leonardo(Quota) (Replica)
X mik e Silent
Scusate, ma la società da di chi è composta? Se non erro da uomini e donne. Perciò perché sarebbe esagerato sostenere che generalmente le donne ci sono ostili? E perché mai sostenere ciò equivarrebbe a portarsi ai livelli del peggior femminismo? Non sono per niente d’accordo.
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@ Silent
se invece distruggi la causa scompare automaticamente la malattia.
@
Secondo me la causa, o le cause, possono essere solo combattute ma non eliminate, esattamente come è possibile combattere – ma non eliminare – il crimine, la violenza, ecc.
Simone M.(Quota) (Replica)
mik
Dire che le donne ci sono ostili significa portarsi ai livelli del peggior femminismo.
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A parte questo, aggiungerei anche che la colpa principale, oltre che della società, è degli uomini di potere , perchè non sta scritto in nessuna fottuta legge che si devono per forza favorire le donne con provvedimenti assurdi, mettendolo quotidianamente in quel posto agli uomini beta , da ciò il detto che alcuni utenti qui dentro amano ripetere : il nemico principale degli uomini sono gli uomini stessi . Che poi le donne abbiano come caratteristica NEGATIVA in comune il vittimismo ( caricato e supportato dalla società ) è un altro paio di maniche .
Silent Hill(Quota) (Replica)
Simone M
Perciò perché sarebbe esagerato sostenere che generalmente le donne ci sono ostili?
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Non è esagerato, è falso : ad esserci ostili sono la società e gli uomini di potere. Perchè praticamente quelli che fanno leggi contro gli uomini sono gli uomini, mica le femmine . Una volta ( già, gli uomini di una volta…) questo non succedeva perchè 1) c’era una percentuale molto inferiore di schifosi zerbini , 2) non c’era il femminismo 3) era la società tutta ad essere diversa .
Silent Hill(Quota) (Replica)
“Dire che le donne ci sono ostili significa portarsi ai livelli del peggior femminismo”. (Mik)
Credo, forse, che Mik volesse sostanzialmente invitarci a calibrare e ponderare con equilibrio, senso tattico e lucidità quello che scriviamo, perché, come personalmente ho ripetuto già moltissime volte, tutto ciò che diciamo potrebbe essere utilizzato strumentalmente contro di noi.
Se questo era il messaggio lo raccogliamo senz’altro.
Non dobbiamo però dimenticare che lo spazio dei commenti è stato creato appositamente anche e soprattutto per dare la possibilità agli uomini di esprimersi in libertà e senza timori di nessun genere (purchè, ovviamente, nel rispetto delle regole della civile convivenza). Se così non fosse, il blog stesso verrebbe a perdere una delle sue funzioni principali.
Chiariti questi due aspetti, credo che sia arduo negare che esista una diffusa ostilità nei confronti dei maschi e del maschile nel suo complesso all’interno della società, e di conseguenza anche in una parte consistente del “femminile attuale”. Se così non fosse non saremmo neanche qui perchè saremmo occupati a goderci la vita insieme all’altra metà del cielo in armonia, reciprocità, spontaneità e desiderio di donarsi l’un con l’altro…
Quindi moderazione, senso tattico, equilibrio, lucidità, sono fondamentali ma non devono impedirci di dire le cose come stanno, o quanto meno come le vediamo (o come alcuni di noi le vedono). Altrimenti si incappa nell’errore opposto. E cioè che l’eccessiva prudenza finisce per tarparci le ali e la tattica finisce per prendere il posto della strategia. Questo, in politica avviene spessissimo, direi che è una delle dinamiche più frequenti.
Forse Sandro, come è nel suo stile, ha generalizzato troppo. Ma non c‘è alcun dubbio che nelle sue parole ci sia un fondamento di verità. Poi si può discutere sul quanto, sul come, sul chi e con quali modalità. Ma la questione che ha sollevato non è di certo un parto della sua fantasia.
Si tratta di capire, e qui torno a convergere con te, Mik, quale possa e debba essere la risposta più utile per noi e l’atteggiamento più intelligente da assumere.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Silent Hill
@ Non è esagerato, è falso
@
Silent, con tutto il rispetto, ma devo proprio dirtelo: si “vede” che hai solo ventun anni. Non prendertela, ma nelle tue parole c’è una buona dose di ingenuità. E con questo la chiudo qui.
Simone M.(Quota) (Replica)
capisco Fabrizio ,ma qui sono sulla stessa linea d’onda di Mik , praticamente è come dire che tutti gli uomini sono violenti ,cosa che ,naturalmente ,non è vera …
mi ero iscritto al forum del “il corpo delle donne” perchè credevo che un uomo non avesse sicuramente bisogno (cosa per altro scritta in” guardare e non toccare”) di essere continuamente bombardato da immagini soft-porno forzate ,da culi straripanti e da seni abbondanti. Diventa tutto una forzatura, potrà piacere la prima volta ,la seconda pure ,ma a tutto c’è un limite e poi ,credo che se ne possa anche fare a meno …..
La qual cosa mi ha fatto abbandonare quel posto, oltre ad un continuo attacco agli uomini presenti. I pochi che scrivevano a poco a poco se ne sono andati tutti e non per troppa permalosità, e poi la negazione della violenza femminile ,la misandria che non esisteva ,quando basta fare una piccola ricerca su internet e si trovano pure donne pedofile ,cosa che loro negavano. Allora sono iniziate offese alla mia persona (da anafalbeta a scimmione ) e cosi via ……
Sono queste le cose che dobbiamo contrastare a mio avviso, persone come la Terragni che domanda cosa si prova a scopare un cadavere (parlando del caso di Avetrana ) senza poi fare un passo indietro , e anche la Zanardo che ad ogni cosa che fanno di sbagliato gli uomini ,da un cafone che guida la motocicletta allo stesso caso di Avetrana ,ne fa una questione maschile ,anzi il problema del paese è solo maschile.
Certo le donne ostili ci sono ,e non sono nemmeno poche ,ma teniamo conto di quelle poche (che scrivono anche qui) e con quelle poche cerchiamo una via di dialogo.
mauro recher(Quota) (Replica)
“la colpa principale, oltre che della società, è degli uomini di potere , perchè non sta scritto in nessuna fottuta legge che si devono per forza favorire le donne con provvedimenti assurdi, mettendolo quotidianamente in quel posto agli uomini beta , da ciò il detto che alcuni utenti qui dentro amano ripetere : il nemico principale degli uomini sono gli uomini stessi”
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Chi ce lo mette materialmente nel culo sono uomini: su questo non c’è dubbio.
Le donne sono tuttavia quelle che, con il loro consenso, li mettono in condizione di farlo.
Affinché tale evento (l’inculata) si verifichi, c’è quindi bisogno di sostegno reciproco sia da parte dei primi che delle seconde.
L’ aggravante per i primi, a mio parere, è data dal fatto che sono uomini pure loro.
E comunque, a prescindere dal fatto se la colpa maggiore nei nostri confronti sia delle DD o degli UU “alfa”, resta il dato di fatto della DIFFUSISSIMA ostilità da parte del genere femminile nei nostri confronti (se generalizzo è perché la bilancia che uso io apprezza gli etti ma ai grammi non ci arriva).
sandro(Quota) (Replica)
mauro recher
La qual cosa mi ha fatto abbandonare quel posto, oltre ad un continuo attacco agli uomini presenti. I pochi che scrivevano a poco a poco se ne sono andati tutti e non per troppa permalosità, e poi la negazione della violenza femminile ,la misandria che non esisteva ,quando basta fare una piccola ricerca su internet e si trovano pure donne pedofile ,cosa che loro negavano. Allora sono iniziate offese alla mia persona (da anafalbeta a scimmione ) e cosi via
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Ma se in questi forum si ha paura di andarci pesanti, figuriamoci a farlo con gli uomini in generale, poco inclini a contraddire le donne. D'altra parte penso che bisogna anche colpire duro, come hanno fatto filosofi nel passato. Ma rimangono li, come per dire “erano misogini”. Per non parlare della psicoanalisi, che tocca oltre la santità delle donne anche quella dei bambini, che si vorrebbero asessuati. Se ci si impegna tanto nel dare una educazione ai bambini, vuol dire che si vogliono plasmare gli uomini che saranno nel futuro, e se un bambino nel futuro è uno schizofrenico che rifiuta la realtà è evidente che qualcosa non è andato come si vorrebbe.
Riguardo alla violenza femminile, si vuole sempre negare. Le donne sono esseri umani come gli uomini e come gli uomini sono violente. La regola sociale è che le donne non si toccano e se ti danno uno schiaffone te lo devi tenere e zitto.
Leonardo(Quota) (Replica)
Gli uomini che blandiscono in ogni modo e irragionevolmente le donne, lo fanno a partire da una feroce, inconsapevole e inconfessata disistima: la verità non è per le donne e dirla è fatica sprecata. Molto più sani, positivi e vitali i maschi che, incazzati neri, gliele cantano chiare: considerano le donne interlocutori reali e importanti. Insomma vogliono loro bene.
ckkb(Quota) (Replica)
“Gli uomini che blandiscono in ogni modo e irragionevolmente le donne, lo fanno a partire da una feroce, inconsapevole e inconfessata disistima: la verità non è per le donne e dirla è fatica sprecata. Molto più sani, positivi e vitali i maschi che, incazzati neri, gliele cantano chiare: considerano le donne interlocutori reali e importanti. Insomma vogliono loro bene”. (Ckkb)
Concordo completamente, Ckkb, il paradosso è che proprio quegli uomini che si relazionano in modo franco e leale nei confronti del “femminile”, vengono osteggiati, il più delle volte derisi e accusati delle peggiori brutture. Eppure è proprio nella critica che si riconosce l’interlocutore, che gli si attribuisce pieno valore e pari dignità. Nell’articolo dal titolo “Ciò che paralizza gli uomini” ho voluto affrontare proprio questo aspetto, e non casualmente ho deciso di pubblicarlo sulla homepage.
Una gran parte degli uomini è in realtà convinta, anche se non lo dice apertamente (spesso lo ammette in camera caritatis) proprio di quello che hai detto tu, e cioè che confrontarsi con le donne vis a vis e senza finzioni, sia del tutto inutile, fondamentalmente una perdita di tempo.
Insomma, meglio assecondarle e far finta di stare al gioco, cioè “prenderle per il culo”, per dirla tutta, così come è. Sempre ammesso che ci riescano…E spesso le donne glielo lasciano credere, in un gioco di reciproca finzione (in questo caso la reciprocità funziona…), Torniamo sempre al solito punto. “Chi me lo fa fare di pormi in altro modo?”, pensa l’uomo “medio”, preoccupato di ottimizzare tempo, spazio e risorse, evitando accuratamente qualsiasi ostacolo (figuriamoci se se li va a creare da solo…)”.
Ah!, Se gli uomini si decidessero a tirar fuori tutto quello che pensano ma non hanno mai avuto il coraggio di dire apertamente!…Credo che la grande maggioranza delle donne guarderebbe a noi con ben altri occhi…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@ Fabrizio Marchi “Se questo era il messaggio lo raccogliamo senz’altro”
Era questo ma non solo: non è solo un problema di tattica ma anche e soprattutto di strategia. Identificare cioè correttamente l’avversario.
Parlare di una presunta ostilità “per natura” delle donne nei confronti degli uomini è “fisiologicamente” falso, storicamente infondato, politicamente controproducente, sul piano dei (miei) rapporti personali col femminile ripetutamente smentito.
Anche senza andare troppo lontano è sufficiente leggere gli interventi di Rita per liquidare una simile posizione.
Una società che si fonda (e tenderà ancor più nel futuro) su esclusioni è ostile a tutti i suoi componenti, inclusi coloro che occupano posizioni privilegiate. E’ maggiormente ostile a chi si trova alla base della piramide, e a questa base vengono (e verranno sempre più) relegati gli uomini.
La crescita di una diffusa ostilità antimaschile non è in discussione: è un dato di fatto facilmente verificabile da chiunque abbia il coraggio (psicologico in primis, come è stato già sottolineato da Rino e Fabrizio) di prenderne coscienza: è culturalmente indotta nelle donne per l’opera coincidente del femminismo diffuso e dei ceti dirigenti (per ora prevalentemente maschili); lo è altrettanto in molti uomini.
A questa ostilità si deve opporre fermezza; a falsificazioni, privilegi presenti e probabilmente futuri, idee suprematiste smerciate per “eguaglianza” non si devono fare sconti nè si deve temere di dire le cose come stanno.
Un conto però è l’antifemminismo, la denuncia del suo carattere di ideologia nella sostanza di destra, la critica del “nuovo ordine capitalista-consumista-femminil-femminista”; altra cosa è deragliare su posizioni misogene speculari alla misandria evidente (anche quando a parole negata) nella maggior parte del pensiero femminista.
Questo anche per non favorire la mistificazione già in atto delle nostre posizioni presentate come nostalgici rimpianti di passate società.
mik(Quota) (Replica)
mik
>>
Parlare di una presunta ostilità “per natura” delle donne nei confronti degli uomini è “fisiologicamente” falso, storicamente infondato, politicamente controproducente,
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Solo Leonardo ha parlato di donne “ostili per natura”; nessun altro lo ha fatto.
>>
mik
>>
è culturalmente indotta nelle donne per l’opera coincidente del femminismo diffuso e dei ceti dirigenti (per ora prevalentemente maschili);
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Io non credo affatto che l’ostilità femminile sia solo indotta.
A mio parere è ANCHE indotta, ma come ha giustamente evidenziato Daniele, alcuni giorni fa, all’origine c’è sicuramente dell’altro: in primis l’invidia verso la fisicità maschile.
>>
mik
>>
Anche senza andare troppo lontano è sufficiente leggere gli interventi di Rita per liquidare una simile posizione.
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Non conosco Rita, ma come ho già avuto modo di dirle una volta, lei è una autentica mosca bianca, non la norma.
Non so te, ma io, nato in prov. di Roma, ex lavoratore precario a Roma, attualmente residente nell’alto Lazio, non conosco neanche una donna – dico una! – che faccia ragionamenti appena paragonabili a quelli di Rita.
>>
mik
>>
altra cosa è deragliare su posizioni misogene speculari alla misandria evidente
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Non sono assolutamente d’accordo.
Mettere in risalto l’atteggiamento ostile della gran parte delle donne di oggi, non significa minimamente essere misogini. Smettiamola di aver paura dei fantasmi.
Marco(Quota) (Replica)
Mik, nulla da eccepire rispetto a quanto affermi, anzi, mi pare che tu abbia compreso perfettamente la filosofia che anima Uomini Beta, che non prevede certo la criminalizzazione, né parziale né tanto meno totale, del genere femminile. Né aspiriamo a diventare i nipotini, a parti invertite, del vetero femminismo più estremista e ideologizzato. La nostra prospettiva è ben altra ed è quella che cerchiamo di spiegare in quasi un centinaio di articoli che abbiamo pubblicato sul sito, fra cui anche quelli di alcune donne molto valide e preparate che danno un contributo prezioso alla discussione (non solo Rita, da te giustamente citata, ma anche Maria, Elisa e di recente Alessandra).
E’ bene ricordare (lo abbiamo detto in mille occasioni ma lo ripeteremo ogniqualvolta si renderà necessario) che l’orizzonte culturale, i valori, la strategia e gli obiettivi del Movimento degli Uomini Beta si evincono dagli articoli pubblicati sulla homepage, nello spazio degli “articoli” e in quello degli “editoriali” e naturalmente, soprattutto, nel nostro Manifesto (il Movimento Beta), pubblicato anch’esso sulla homepage del sito. Tutto ciò che è scritto in quegli articoli è ufficialmente riconducibile a Uomini Beta.
Il blog è invece un spazio dove ciascuno, quindi anche e soprattutto “esterni” (magari ne venissero a frotte) può liberamente esprimere la propria opinione, indipendentemente dalla sua adesione al Movimento e dalla condivisione o meno delle nostre posizioni. Ciò che chiediamo a tutti è ovviamente il rispetto delle regole che ci siamo a suo tempo dati e dei principi contenuti nella nostra “Carta Costituzionale”, pubblicata anch’essa sulla homepage (i Principi).
Molte/i, naturalmente per ragioni strumentali, hanno spesso estrapolato degli stralci da questo o quel commento per metterci in bocca concetti che non ci appartengono (per lo più anche di utenti occasionali) e per tentare di screditarci. Non possiamo fare nulla per evitarlo, anche perché lo farebbero comunque… E quindi non vale neanche la pena di soffermarsi su questo aspetto. D’altronde, prima di iniziare questa straordinaria e molto impegnativa avventura avevamo già previsto che saremmo stati sistematicamente sottoposti alla calunnia e alla menzogna. Del resto non siamo certo i primi nella Storia a subire questo trattamento…
Mi pare quindi, se sono in errore correggimi, che il tuo commento fosse rivolto essenzialmente a Sandro. Naturalmente sarà lui stesso a risponderti, se lo riterrà opportuno, per quanto concerne la questione da lui stesso sollevata (che non mi pare affatto da sottovalutare, indipendentemente da come ciascuno di noi la interpreti) .
Per quanto mi riguarda, ribadisco quanto già detto e cioè che è innegabile che esista una ostilità diffusa nei confronti del “maschile”, quindi anche e soprattutto da parte del “femminile”. Questo non significa affatto criminalizzare tutte le donne. Al contrario, significa analizzare le cause, come giustamente sottolinei tu, che hanno determinato questo “sentimento” diffuso. Ed è anche quello che, per quanto è nelle nostre capacità, cerchiamo di fare in questa sede.
E’ evidente quindi che il nostro avversario non sono certo le singole donne, nella loro individualità, ma un sistema sociale, economico e culturale complesso che ha scelto però di fondarsi sulla subordinazione complessiva (psicologica e culturale, prima ancora che economica e sociale) della grande maggioranza dei maschi e sulla esaltazione del “femminile”, inteso, come ripeto spesso, sia come categoria di pensiero che come prassi.
E’ altresì vero che abbiamo a che fare con un sistema appunto complesso, in grado di agire su più piani e più livelli che finiscono, non certo casualmente, per sovrapporsi e intersecarsi fra loro, come una sorta di rete autostradale, metaforicamente parlando.
Questa complessa e articolatissima struttura sociale (di classe, se preferisci) e di genere (non possiamo più omettere questo secondo aspetto perché commetteremmo un errore interpretativo strutturale) poggia su di una struttura gerarchicamente organizzata (anche se estremamente difficile da individuare, data appunto la complessità della stessa) che vede la grande maggioranza delle donne, quindi anche le “donne beta”, in una posizione di dominio nei confronti della grande maggioranza degli uomini beta.
Questo non significa, nel modo più assoluto, che noi si voglia alimentare una guerra fra poveri. Da questo punto di vista il nostro Manifesto è chiarissimo:” In egual misura, il Movimento degli Uomini Beta invita le Donne non appartenenti alle nuove elite dominanti femminili a fare una scelta di campo, ad abbandonare a qualsiasi livello le logiche strumentali e mercantili e i privilegi di sempre, per vivere una relazione con l’altro sesso all’insegna della reciprocità, dell’autenticità, della spontaneità e di una vera eguaglianza fra i generi”.
Questo non è un espediente tattico ma un’opzione strategica.
Tuttavia non possiamo far finta di nulla. Non possiamo cioè non rilevare che anche quella parte del “femminile” non appartenente alle elite femminili dominanti, ha scelto, più o meno consapevolmente (sul quanto e come si può approfondire…), di esercitare una determinata funzione e di “accomodarsi”, diciamo così, più o meno strumentalmente, sui privilegi e le rendite di posizione che il sistema (di cui è parte determinante il “femminile dominante”, inteso non solo e non tanto come gruppi di persone fisiche quanto SOPRATTUTTO come categoria di pensiero e come capacità di CONDIZIONARE e DETERMINARE la cultura dominante) gli garantisce.
Se condividiamo questa analisi è quindi evidente che l’interfaccia diretto di milioni e milioni di uomini beta sono proprio quegli altri milioni di “donne beta”, promosse per decreto dal sistema (si fa per dire, in seguito ad un complesso processo che vede mescolarsi fattori culturali e naturali, e a questo proposito ti rimando alla lettura dell’articolo “natura e cultura”), con le quali si debbono relazionare.
Insomma, per chiudere con una battuta, un esercito non è fatto solo di generali e colonnelli, ma anche di capitani, tenenti e soprattutto tanti sergenti e caporali che sviluppano (credimi, parli con uno degli ultimi jellati che ha fatto il servizio di leva obbligatorio prima che lo abolissero) un ruolo assolutamente determinante, soprattutto per ciò che riguarda il controllo della truppa.
La metafora è naturalmente banale e l’argomento non può certo esaurirsi a questo post, ma forse può darci una mano a capirci meglio.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ah!, Se gli uomini si decidessero a tirar fuori tutto quello che pensano ma non hanno mai avuto il coraggio di dire apertamente!…Credo che la grande maggioranza delle donne guarderebbe a noi con ben altri occhi…
Fabrizio
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C'è quella maschera romanesca che è Rugantino, che pone il quesito: è meglio andare con una donna e nessuno lo viene a sapere? o è meglio non andarci e tutti pensano che ci sei stato? Che gusto c'è ad andare con una donna se nessuno lo sa?
Avere dietro la moto o al sedile affianco della macchina una donna è una forma di bullismo e allo stesso tempo uno status sociale, che ci esenta da critiche in una società che si fonda sulla famiglia e sul sospetto di omosessualità.
Mi ricordo che durante una vacanza eravamo tre ragazzi, uno aveva la ragazza e spesso se ne uscivacon frasi del tipo:” Io perché sono impegnato, altrimenti… voi invece dovete rimorchiare.
Come possono rispettarci le donne in queste condizioni?
Leonardo(Quota) (Replica)
Leonardo
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Mi ricordo che durante una vacanza eravamo tre ragazzi, uno aveva la ragazza e spesso se ne uscivacon frasi del tipo:” Io perché sono impegnato, altrimenti… voi invece dovete rimorchiare.
Come possono rispettarci le donne in queste condizioni?
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Il fatto è che l’uomo medio italiano (ma non solo quello italiano) è schiavo della fica e soprattutto di se stesso.
Io di uomini che ragionavano (e ragionano) in quel modo ne ho conosciuti a iosa.
Marco(Quota) (Replica)
Leonardo
è meglio andare con una donna e nessuno lo viene a sapere? o è meglio non andarci e tutti pensano che ci sei stato?
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Decisamente meglio andare con una donna e nessuno lo viene a sapere. Nessuno è tenuto a sapere quello che faccio nella vita .
Silent Hill(Quota) (Replica)
“La crescita di una diffusa ostilità antimaschile non è in discussione: è un dato di fatto facilmente verificabile da chiunque abbia il coraggio (psicologico in primis, come è stato già sottolineato da Rino e Fabrizio) di prenderne coscienza: è culturalmente indotta nelle donne per l’opera coincidente del femminismo diffuso e dei ceti dirigenti (per ora prevalentemente maschili); lo è altrettanto in molti uomini”
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Scusa, ma sulla base di cosa puoi affermare che si tratti di ostilità “culturalmente indotta” e non semplicemente di una libera scelta di comportamento dettata da motivi di vario genere?
In soldoni: una che rovina il marito col divorzio lo fa per “ostilità culturalmente indotta” o semplicemente per tornaconto personale?
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Una società che si fonda (e tenderà ancor più nel futuro) su esclusioni è ostile a tutti i suoi componenti, inclusi coloro che occupano posizioni privilegiate
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E per quale motivo dovrebbe essere ostile a coloro che occupano posizioni di privilegio, che tra l’ altro sono i fan più sfegatati di una società di questo tipo?
sandro(Quota) (Replica)
@ Sandro
La libera scelta di comportamenti da cosa è motivata? Il preporre il proprio tornaconto personale a spese degli altri, l’idea che sia normale, “naturale” sfruttare il prossimo è il modo innato di essere dell’umanità o il risultato di una cultura che favorisce e seleziona idee e comportamenti utili alla conservazione di determinate strutture socio-economiche?
“Come ogni altro organismo vivente, l’uomo è programmato geneticamente, ma è programmato per apprendere” (Francois Jacob, Nobel biologia 1965)
Perchè ogni posizione di privilegio comporta comunque costi psicologici e umani: poi è certo che essi non sono neanche paragonabili in media con quelli sostenuti da chi le conseguenze di quei privilegi le deve subire, questo è evidente.
mik(Quota) (Replica)
Scusa mik, ma l’idea che anche le donne (e non solo gli uomini) possano essere malvagie a prescindere, la prendi in considerazione?
Marco(Quota) (Replica)
http://valerias.jimdo.com/2010/10/11/gli-uomini-italiani-ammesso-che-ce-ne-siano-hanno-rotto-il-cazzo/
lun
11
ott
2010
Gli uomini italiani (ammesso che ce ne siano) hanno rotto il cazzo
Mettiamo il caso che Elisabetta Canalis e George Clooney stiano davvero insieme.
Dunque, se la Canalis non è riuscita a trovare un uomo italiano decente e se l’è dovuto cercare oltre oceano (con risultati più che apprezzabili, a mio parere), che chance abbiamo noi, comuni mortali di trovarne uno?
Zero.
L’uomo italiano (inteso come eterosessuale fuori e dentro, che non si veste come se dovesse andare a ballare al Cassero e che non possiede più cosmetici della sua donna, che non va dall’estetista e che non indosserebbe uno strass sui vestiti nemmeno sotto tortura) è ufficialmente estinto.
Le soluzioni possibili sono 2: o divento lesbica (a stò punto mi metto con una donna. Se devo stare con qualcuno che ha meno peli di me sul viso e sul corpo, almeno che sia qualcuno con cui poterci fare una conversazione decente) o inizia ufficialmente un massiccio import-export di uomini da paesi in cui la parola TRONISTA non compare sul dizionario (ma come siamo messi?) e gli uomini sono (ancora) uomini e le donne sono donne.
Io e Maria stiamo lavorando per voi, sappiatelo.
Marco(Quota) (Replica)
fabrizio:
“E’ evidente quindi che il nostro avversario non sono certo le singole donne, nella loro individualità, ma un sistema sociale, economico e culturale complesso che ha scelto però di fondarsi sulla subordinazione complessiva (psicologica e culturale, prima ancora che economica e sociale) della grande maggioranza dei maschi e sulla esaltazione del “femminile”, inteso, come ripeto spesso, sia come categoria di pensiero che come prassi.
Tuttavia non possiamo far finta di nulla. Non possiamo cioè non rilevare che anche quella parte del “femminile” non appartenente alle elite femminili dominanti, ha scelto, più o meno consapevolmente (sul quanto e come si può approfondire…), di esercitare una determinata funzione e di “accomodarsi”, diciamo così, più o meno strumentalmente, sui privilegi e le rendite di posizione che il sistema (di cui è parte determinante il “femminile dominante”, inteso non solo e non tanto come gruppi di persone fisiche quanto SOPRATTUTTO come categoria di pensiero e come capacità di CONDIZIONARE e DETERMINARE la cultura dominante) gli garantisce.”
Mi sembra che difficilmente si possa dichiararsi in disaccordo con questa analisi, forse con l’unica (ma, sono convinto, inutile) precisazione che la categoria “beta” ha si una componente materiale ma anche una componente psichica, verte cioè sul modo non strumentale di porsi verso il proprio e l’altro genere. Questo altro passaggio:
“Se condividiamo questa analisi è quindi evidente che l’interfaccia diretto di milioni e milioni di uomini beta sono proprio quegli altri milioni di “donne beta”, promosse per decreto dal sistema” permette di riallacciarsi a quest’altro:
“il paradosso è che proprio quegli uomini che si relazionano in modo franco e leale nei confronti del “femminile”, vengono osteggiati, il più delle volte derisi e accusati delle peggiori brutture. Eppure è proprio nella critica che si riconosce l’interlocutore, che gli si attribuisce pieno valore e pari dignità.”
osservando che, a mio parere, la derisione e l’osteggiamento è molto più mediatico (ed è chiaro che l’accesso ai media non è dei e delle beta ma degli e delle alfa) che generale. Voglio dire che nella vita reale gli uomini non ruffiani e opportunisti che si relazionano con le donne in modo virile e franco sono più apprezzati di quel che appare sui giornali o sui blog. Magari non immediatamente, e ciò a causa dell’indottrinamento mediatico accettato dalle donne beta, ma alla lunga certamente si. C’è un buon motivo per questo: al di là della declinazione dei concetti di reciprocità e spontaneità (su cui non nascondo di avere una opinione diversa da Fabrizio), concordo sul fatto che il potere (o meglio le sue briciole), attribuito strumentalmente a tutte le donne non riesce a nascondere che viviamo in un mondo in cui la mercificazione generalizzata (io preferisco chiamarla alienazione o meglio ancora sradicamento) colpisce in realtà la stragrande maggioranza della popolazione maschile ma anche femminile. E se questo è vero, come gli uomini mal si rapportano a donne che hanno smarrito la femminilità anche le donne mal si rapportano con uomini che hanno smarrito la virilità. E i pentiti rappresentano proprio questa tipologia.
armando
armando(Quota) (Replica)
“La libera scelta di comportamenti da cosa è motivata? Il preporre il proprio tornaconto personale a spese degli altri, l’idea che sia normale, “naturale” sfruttare il prossimo è il modo innato di essere dell’umanità o il risultato di una cultura che favorisce e seleziona idee e comportamenti utili alla conservazione di determinate strutture socio-economiche?”
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Bella domanda.
Tu, guardandoti attorno, te la senti di escludere che, non dico per tutte, ma per un tot di persone, la prima ipotesi sia quella giusta?
E che a sponsorizzarla, questa cultura diffusa, sia proprio quel tot di persone lì?
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“ogni posizione di privilegio comporta comunque costi psicologici e umani”
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Non è affatto vero, dipende da chi è la persona in questione.
Esistono persone che per il proprio tornaconto non si fanno nessun problema a far del male agli altri e pensano di essere pure nel giusto perché dal loro punto di vista è bene ciò che porta loro vantaggio.
Non tutti hanno una dimensione etica della vita. Anzi.
sandro(Quota) (Replica)
Armando
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osservando che, a mio parere, la derisione e l’osteggiamento è molto più mediatico (ed è chiaro che l’accesso ai media non è dei e delle beta ma degli e delle alfa) che generale. Voglio dire che nella vita reale gli uomini non ruffiani e opportunisti che si relazionano con le donne in modo virile e franco sono più apprezzati di quel che appare sui giornali o sui blog. Magari non immediatamente, e ciò a causa dell’indottrinamento mediatico accettato dalle donne beta, ma alla lunga certamente si.
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Armando, non so quanti anni tu abbia, ma posso assicurarti che in generale la realta’ dei trentenni (come me) e’ molto diversa. Ossia, a chiacchiere le mie coetanee dicono di apprezzare gli uomini che parlano chiaro e non gliele mandano a dire; nei fatti li temono e li mandano a quel paese – di solito indirettamente.
Il fatto e’ che le femmine della mia generazione sono realmente preda di un delirio di onnipotenza e pertanto non accettano la piu’ piccola critica, bollando immediatamente come “maschilista” qualsiasi uomo (due gatti, fra quelli della mia eta’…) che non lecchi loro i piedi.
Riguardo alla questione dell’ indottrinamento mediatico, sono d’ accordo fino a un certo punto. Ovvero, tale martellamento c’ entra sicuramente, ma a mio avviso non dipende solo da quello e soprattutto non penso affatto che l’ origine – quindi la causa – sia da ricercare nel femminismo e nei mass media. Semmai quest’ ultimi sono l’ effetto.
Daniele(Quota) (Replica)
@ Marco
Io non prendo in considerazione l’esistenza della “malvagità” innata. Esiste ben evidente nella società e le donne non ne sono immuni, tutt’altro.
Sulla “malvagità” di molte donne contemporanee non ho dubbi e non hai bisogno di convincermene: ribadisco che non si deve generalizzare (ma comunque pochi lo hanno fatto in questi commenti) e ricordare sempre che se ostilità e privilegi femminili aumentano, ciò non avviene nel vuoto ma all’interno di una società che ha evidentemente l’interesse a permettere e favorire ciò (e anche questo mi sembra chiaramente compreso da molti qui).
mik(Quota) (Replica)
Daniele, ho sicuramente molti anni più di te e non escludo affatto che sia come dici tu. Parlo dal mio angolo di visuale, ovviamente limitato, ma nella mia mail avevo già messo in conto che l’apprezzamento sarà sui tempi lunghi. Sulla questione del martellamento mediatico concordo con te. C’entra ma, come il femminismo, non è solo quello. E’ tutta una società che ha preso a modellarsi su modelli, ma più esatto sarebbe dire archetipi, femminili. Ora, il problema non è che gli archetipi femminili non debbano esistere, ci mancherebbe, ma che per affermarli si vuole annichilire quelli maschili, il che accade per la prima volta nella storia. Perchè nel passato, quali che fossero le condizioni sociologiche dei due sessi, il femminile non è mai stato nè disprezzato nè annichilito. Nelle mail non si può sempre rifare tutta la storia.
armando(Quota) (Replica)
L’uomo italiano (inteso come eterosessuale fuori e dentro, che non si veste come se dovesse andare a ballare al Cassero e che non possiede più cosmetici della sua donna, che non va dall’estetista e che non indosserebbe uno strass sui vestiti nemmeno sotto tortura) è ufficialmente estinto.
Le soluzioni possibili sono 2: o divento lesbica (a stò punto mi metto con una donna. Se devo stare con qualcuno che ha meno peli di me sul viso e sul corpo, almeno che sia qualcuno con cui poterci fare una conversazione decente) o inizia ufficialmente un massiccio import-export di uomini da paesi in cui la parola TRONISTA non compare sul dizionario (ma come siamo messi?) e gli uomini sono (ancora) uomini e le donne sono donne.
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Volevo dire sull'aspetto estetico dei maschi, che molte donne sono contrarie all'uomo che si cura molto, perché lo vedono come un privilegio personale. Lo vedono anche come libertà e presa di coscienza di se, diversa dall'uomo grezzo che lavora duro, vive per le donne e non si cura di se.
D'altro canto, l'uomo di solito si fa bello per piacere alle donne, e di questo a me non frega niente (sarei pure contrario volendo) quando ero adolescente e mi piaceva il Metal e portavo capelli lunghi a calzoni stretti…..gli amici a volte si preoccupavano: e quando rimorchiamo cosi?
Bisognava vestirsi alla moda.
Quindi me ne frego dei tronisti e troniste e per me puoi diventare lesbica quanto ti pare.
Leonardo(Quota) (Replica)
Leonardo.Volevo dire sull’aspetto estetico dei maschi, che molte donne sono contrarie all’uomo che si cura molto, perché lo vedono come un privilegio personale. Lo vedono anche come libertà e presa di coscienza di se, diversa dall’uomo grezzo che lavora duro, vive per le donne e non si cura di se
Quoto.E aggiungo che l’uomo “macho” che le corteggia le stende i tappeti rossi,è comodo allo status quo attuale.E anche a molte donne, che hanno i mezzi seduttivi per manipolare una tipologia simile di persona.
Viceversa un uomo che si cura o comunque che non ha il dictat morale del rimorchio o di vivere in funzione femminile,è(apparentemente)mal visto perchè indipendente.
Retiarius(Quota) (Replica)
Volevo rispondere a questa Valeria S, ma poi ho dato un’occhiata in giro sul suo blog, compresa la biografia, e mi sono accorto che si tratta di un deprimente caso umano con tanto di innamoramento per “un pregiudicato che la inizia ai misteri del sesso”, quindi ho lasciato perdere.
Però vorrei parlarne con voi. Partiamo dal gossip sulla relazione fra Canalis e Clooney. L’idea di questa cerebrolesa è che la Canalis non avrebbe trovato un uomo decente in Italia, quindi è andata a cercarselo all’estero, con risultati apprezzabili. Ora io mi domando: 1) Questa ci è o ci fa? 2) Le donne italiane sono davvero così perse nel proprio ombelico (dico ombelico per non dire un’altra cosa) da non vedere la realtà?
Qualunque creatura pluricellulare con un quoziente d’intelligenza superiore a temperatura ambiente si renderebbe conto che George Clooney non è esattamente una scelta di ripiego per una brava ragazza che sì, certo, voleva taaaanto stare con un bravo ragazzo italiano, o magari un “vero uomo” italiano, o un “vero maschio” (fate voi, tanto le categorie sono intercambiabili e non vogliono dire più una beata cippa), ma siccome in Italia gli uomini fanno schifo, è dovuta andare a cercarselo all’estero. E chi ha trovato? Ma pensa un po’, George Clooney. Visto? Basta che esci dal recinto degli uomini italiani e tanti George Clooney si mettono in coda per venirti a prendere. Ora, che le signore vadano all’estero in cerca di emozioni è risaputo; è risaputo anche che gradiscono molto i “veri maschi” di altre nazioni. Meglio per loro, finché gli va bene. Però in genere sono le signore a finanziare lo stile di vita degli amanti esteri così incontrati, non il contrario (come succede nel caso Clooney-Canalis; quest’ultima, bisogna dirlo, ha saputo giocare molto bene le sue carte e buon per lei. Altro che andare a cercarsi un uomo all’estero perché in Italia non ce ne sono). Aspetto solo il momento in cui una delle Vispe Terese turiste sessuali italiane si vedrà svuotare il conto in banca dal bel maschione caraibico di turno (come già è successo alle colleghe americane o inglesi): si sentirà la piangina fin oltre l’Oceano Atlantico. E magari qualche fesso dirà che bisogna proteggere di più le signore.
Quindi, riassumendo: Donne italiane, davvero avete perso così tanto il senso della realtà da credere che ognuna di voi si meriti nulla di meno che George Clooney o equivalente?
Va be’, poi l’amica ugualmente cerebrolesa sente la mancanza del buon vecchio maschilismo menefreghista di una volta. Sospiro. Che dire? Delle due l’una: o gli uomini italiani fanno schifo perché sono maschilisti, o fanno schifo perché non sono più maschilisti. MA ALLORA LE DONNE ITALIANE PRENDANO UNA DECISIONE E LA PIANTINO DI ROMPERE LE PALLE.
Lo so, lo so, è fiato sprecato.
Direi che il commento migliore a certi vaneggiamenti è ribaltare il titolo del post di Valeria S, orgogliosa amante di pregiudicati: sostituite “gli uomini italiani” con “le donne italiane” e siamo a posto.
Come? Non si può dire una cosa simile? Lo si può dire degli uomini, ma non delle donne? Ah già, è vero: se lo dico sono un misogino, frustrato, sfigato. Ma sì, chi se ne frega. Quando poi minacciano di diventare lesbiche, sono penose. Diventino pure lesbiche con la mia benedizione: se la cuciranno per dare un dispiacere al marito. Quando avranno passato i cinquanta (e succederà a tutti, salvo imprevisti), voglio vedere se troveranno un bel maschione (magari pregiudicato) che gratifichi il loro orgoglio chiamandole “bella khavalla”. Addaveni’ il tramonto, Valeria e compagne…
Marco Pensante(Quota) (Replica)
“Sulla “malvagità” di molte donne contemporanee non ho dubbi e non hai bisogno di convincermene”
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Non si tratta di malvagità: a loro tendenzialmente non frega niente, a parte poche eccezioni di carattere patologico, di farci del male.
Semplicemente, la maggior parte di loro pensa esclusivamente al proprio tornaconto, ragionano come degli schiacciasassi: se per ottenere vantaggi devono passare sopra altri individui, questo per loro non rappresenta minimamente un problema, basta che ne abbiano la possibilità.
Chi ha incanalato la società in questa direzione questo lo sapeva bene.
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“Riguardo alla questione dell’ indottrinamento mediatico, sono d’ accordo fino a un certo punto. Ovvero, tale martellamento c’ entra sicuramente, ma a mio avviso non dipende solo da quello e soprattutto non penso affatto che l’ origine – quindi la causa – sia da ricercare nel femminismo e nei mass media. Semmai quest’ ultimi sono l’ effetto”
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Il femminismo degli ultimi decenni ha semplicemente “sdoganato” un certo modo di comportarsi da parte delle donne.
Prima le donne si comportavano meglio perché a fare le stronze ci rimettevano anziché guadagnarci, quindi si regolavano di conseguenza.
Oggi a comportarsi da stronze ci guadagnano dunque non si fanno più alcun problema.
Questo si inserisce in un quadro di progressivo degrado del tessuto sociale che certamente è stato favorito in tutti i modi possibili dall’ élite al potere: divide et impera.
Non si può tuttavia fare a meno di notare che, in presenza di una mentalità diversa da parte dell’ altra metà del cielo, questo non sarebbe stato possibile.
In soldoni, il femminismo ha attecchito perché ha fatto leva sul fatto che le donne, con le dovute eccezioni (così almeno non mi direte che generalizzo sempre), ragionano con il principio che è giusto ciò che va bene per loro, ovvero che, quando sono a posto loro, sono a posto tutti, e dei problemi degli altri, pur se causati da loro, semplicemente se ne fregano.
Va inoltre puntualizzato che pure un certo numero di uomini ragiona così, e non a caso sono quelli più ricercati dalle donne: chi si somiglia, si piglia.
Questo perché tali uomini, tuttavia, di solito non hanno questo tipo di atteggiamento nei confronti delle donne, bensì nei confronti di altri uomini.
E’ per questo che il meccanismo funziona a meraviglia. Si sostengono a vicenda perché hanno lo stesso obiettivo: fottere la parte migliore del genere maschile.
Per conseguire tale risultato hanno messo su una autentica associazione a delinquere di stampo mafioso.
sandro(Quota) (Replica)
sandro
Non si tratta di malvagità: a loro tendenzialmente non frega niente, a parte poche eccezioni di carattere patologico, di farci del male.
Semplicemente, la maggior parte di loro pensa esclusivamente al proprio tornaconto, ragionano come degli schiacciasassi
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Certo invece che si tratta di malvagità : chi ragiona per fotterti, è malvagio . Non è nè pazzo nè menefreghista, semplicemente è malvagio e amorale . Ma questo è l’essere umano in generale ad avere la tendenza a fottere il prossimo, non le donne . E tornando ai miei discorsi, attualmente è la società a spingere l’essere umano ad essere malvagio . Che poi buona parte delle donne cercano gli “stronzi”, quello è un altro discorso .
Silent Hill(Quota) (Replica)
@ Sandro
Infatti avevo apposta messo la parola malvagità tra virgolette.
Come scrivi, tranne casi patologici, la motivazione è acquisire vantaggi. Ed è ciò che sta accadendo anche per colpa di quella parte di uomini incapaci di difendere i propri diritti.
mik(Quota) (Replica)
sandro
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Il femminismo degli ultimi decenni ha semplicemente “sdoganato” un certo modo di comportarsi da parte delle donne.
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E’ quello che ho gia’ scritto in un altro mio post.
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sandro
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Non si tratta di malvagità: a loro tendenzialmente non frega niente, a parte poche eccezioni di carattere patologico, di farci del male.
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Non sono d’ accordo: il male esiste e appartiene anche al sesso femminile.
In proposito ti consiglio di leggere Hobbes.
http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Hobbes
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Silent Hill
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Ma questo è l’essere umano in generale ad avere la tendenza a fottere il prossimo, non le donne . E tornando ai miei discorsi, attualmente è la società a spingere l’essere umano ad essere malvagio .
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Intrinseche differenze esistenti fra maschi e femmine a parte, si’, in generale e’ l’ essere umano ad avere la tendenza a fottere il prossimo.
Pero’ credo sia il caso di sfatare la leggenda urbana secondo cui “oggi e’ la societa’ a spingere l’ essere ad essere malvagio”.
In realta’ la specie umana e’ malvagia a prescindere dalla societa’…
Daniele(Quota) (Replica)
“è ciò che sta accadendo anche per colpa di quella parte di uomini incapaci di difendere i propri diritti”
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E’ una cultura che va combattuta, e precisamente quella del tutti contro tutti, cultura che tanto viene sostenuta dagli ambienti del cosiddetto “liberismo”.
La competizione? Eccolo qua il risultato: la società è diventata un porcile dove tutti pensano soltanto a fottere il prossimo ma quasi tutti in realtà ci rimettono perché prima o poi vengono fottuti pure loro.
La vita non è una gara, non c’è nessuno che arriva primo, perché tanto finiamo tutti allo stesso modo, dentro una cassa di legno gonfi di vermi.
Puoi ammucchiare tutta la roba che ti pare, ma poi fai la fine di Mazzarò, il personaggio di Verga.
Non si possono liquidare millenni di filosofia dicendo semplicemente che il senso della vita è ammucchiare beni, se necessario fottendo il prossimo: questo è un modo di ragionare che, da parte di una donna, mi ci può pure stare, tanto loro più in là di quello non vanno, se gli parli di etica fanno finta di ascoltarti mentre pensano a come poter acquistare quella borsetta tanto carina che hanno visto dieci minuti prima in una vetrina del centro, ma che un simile modo di ragionare possa contaminare la mente di un uomo, sinceramente, è forse l’ unica cosa che può farmi vergognare di far parte del genere maschile.
Noi siamo fatti di un’ altra pasta e a questo non possiamo abdicare, altrimenti la nostra vita non ha senso. Se dobbiamo appiattirci su questa ridicola visione della vita ritagliata a misura di donna, è meglio che ci ammazziamo: cosa campiamo a fare?
sandro(Quota) (Replica)
Daniele
In realta’ la specie umana e’ malvagia a prescindere dalla societa’…
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No , sandro, finiamola con questi luoghi comuni che feriscono l'antifemminismo . Le donne con atteggiamenti femministi sono moralmente di basso livello , è appurato .
Sandro, forse non ti è chiaro che gli uomini sono dei gran cazzoni . Come ha detto Daniele il male appartiene sia al sesso femminile che a quello maschile , non solo a quello femminile .
Silent Hill(Quota) (Replica)
Daniele
In realta’ la specie umana e’ malvagia a prescindere dalla societa’…
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Allora rettifico: che la società ha sdoganato la malvagità insita nell’essere umano
PS mi correggo, il post mio di sopra era riferito a sandro, non a daniele, era questo…
questo è un modo di ragionare che, da parte di una donna, mi ci può pure stare, tanto loro più in là di quello non vanno, se gli parli di etica fanno finta di ascoltarti mentre pensano a come poter acquistare quella borsetta tanto carina che hanno visto dieci minuti prima in una vetrina del centro, ma che un simile modo di ragionare possa contaminare la mente di un uomo, sinceramente, è forse l’ unica cosa che può farmi vergognare di far parte del genere maschile.
Silent Hill(Quota) (Replica)
“Non sono d’ accordo: il male esiste e appartiene anche al sesso femminile”
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Questo è ovvio e la realtà che ci circonda lo dimostra ogni giorno.
L’ aspetto sul quale vorrei porre l’ accento è che, a fronte del fatto che le donne, mediamente, ragionano esclusivamente in termini di sé stesse e propria prole, ponendo questo obiettivo al di sopra di qualsiasi regola sociale, dal mio punto di vista per gli uomini non dovrebbe essere così.
Lo stesso Hobbes che tu hai citato parlava di contratto sociale: la maggior parte degli uomini, dalla notte dei tempi ha sempre sentito l’ esigenza di porre le regole al di sopra dei propri interessi personali.
Questo è la caratteristica peculiare che gli uomini stanno progressivamente perdendo per avvicinarsi ad una mentalità, quella femminile (il pensare esclusivamente in termini di cazzi propri), che oggi ci viene presentata come vincente sotto ogni punto di vista.
Il giochetto è vecchio quanto il mondo: divide et impera.
Ognuno è convinto di guadagnarci ma in realtà ci rimettiamo quasi tutti: ci guadagneremmo molto di più a collaborare che a competere.
sandro(Quota) (Replica)
il male esiste e appartiene anche al sesso femminile”
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certo, ma di solito delegano l’uomo a compiere azioni malvagie, non hanno bisogno di essere violente in modo evidente come lo sono i maschi. Essendo in media fisicamente meno forti, hanno un carattere egoista a farsi i propri interessi.
Leonardo(Quota) (Replica)
http://www.maschileplurale.it/cms/index.php?option=com_content&task=view&id=3
Pubblicato su Via Dogana n. 78 Settembre 2006, pp. 21-23.
Marco Deriu, sociologo e consulente culturale, vive a Parma, dal 2004 fa parte del gruppo misto di riflessione sulla differenza sessuale “Il Circolo della differenza”.
Negli ultimi mesi le cronache quotidiane ci hanno raccontato una triste sequela di delitti di coppie. La vicenda di Jennifer, la ragazza ventenne di Olmo di Martellago picchiata e uccisa incinta da Lucio, l’ex amante trentaquattrenne, è stata quella che più di tutte ha conquistato gli onori della cronaca per la brutalità della violenza. Ma negli ultimi anni si è registrata una catena di omicidi di donne. Un’indagine del Consiglio d’Europa resa pubblica nell’ottobre 2005 (che ha dato lo spunto per un interessante dibattito sul quotidiano Liberazione) ha rivelato che la violenza subita da partner, mariti, fidanzati o padri è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni non solo nel mondo ma anche in Europa.
Per quanto riguarda gli omicidi di coppia, ad esempio, in Italia negli ultimi tempi si registrano circa un centinaio di casi all’anno. In alcuni casi sono semplicemente mariti che uccidono mogli e compagne per liti di qualsiasi genere. Ma sempre più spesso dietro questi omicidi di donne c’è di mezzo anche l’esperienza della separazione, del rifiuto, della scelta della ex compagna di costruirsi un’altra vita. Da questo punto di vista nelle cronache quotidiane nessuno si è azzardato finora a sottolineare che siamo di fronte ad una nuova e irrimandabile “questione maschile” che rimane in verità ancora da comprendere nel suo significato sociale e relazionale.
Nell’analisi di questa violenza dobbiamo evitare di rifugiarci in semplificazioni automatiche, come se si trattasse di forme già conosciute, di residui di mentalità passate, di antichi retaggi. È vero che nella cultura patriarcale le violenze verso le donne ci sono sempre state. Ma la violenza di oggi non sembra essere il risultato di uomini che ritengono le donne esseri inferiori, da sottomettere, come poteva essere in passato. Stiamo parlando di violenze commesse da persone di ogni strato sociale, in tutti i paesi europei. In Italia poi si può notare che la maggior parte degli omicidi domestici avviene nel nord e in particolare in Lombardia, ovvero nelle regioni più ricche e sviluppate.
In realtà credo che stiamo assistendo ad una trasformazione delle forme e dei significati di questa violenza e che tutto questo ci parli del cambiamento nella vita delle donne, degli uomini e delle relazioni tra uomini e donne. Per comprendere la realtà attuale dobbiamo cominciare con l’osservare che oggi ci troviamo in una situazione nuova caratterizzata da quelle che il sociologo inglese Anthony Giddens chiama “relazioni pure”. Per relazioni pure si intendono relazioni non dettate da obblighi sociali o economici. In passato le relazioni tra uomini e donne erano costruite su ruoli, obblighi sociali, valori religiosi, progetti famigliari, calcoli economici, relazioni di potere e talvolta di coercizione. Non che tutto questo si possa dire completamente scomparso, ma certamente oggi – grazie ai cambiamenti culturali, alle conquiste sociali delle donne, e ad una maggiore autonomia economica e sociale – i legami tra donne e uomini, compresi quelli famigliari, si fondano in misura molto più rilevante sulla capacità di comunicazione e comprensione reciproca, su rapporti di intimità, sulla fiducia e sul rispetto, sulla disponibilità al dialogo e sull’adattamento reciproco, sull’intesa emozionale. In altre parole il rapporto di coppia non è dato una volta per tutte ma è frutto di un dialogo, di una contrattazione, di un’intesa e di una fiducia che va costantemente riaffermata.
Ora, tornando alla questione della violenza, la novità è che, a fianco di una violenza più di tipo “tradizionale” che colpisce soprattutto donne in situazione di marginalità sociale, oggi registriamo anche una violenza che sembra nascere invece dall’incapacità da parte degli uomini di accettare e accogliere un’autonomia e una libertà già entrate nella vita di molte donne. La violenza maschile oggi comincia a colpire la donna che non accetta più di costituire sempre e comunque il supporto dei bisogni dell’uomo. Colpisce la donna che – a torto o a ragione – apre conflitti e pone in questione l’uomo; la donna che decide di lasciare il proprio compagno; la donna che cerca di rifarsi una vita da sola o con qualcun altro; la donna che decide di portare avanti autonomamente la sua gravidanza. In qualche caso – ma su tale questione varrebbe la pena aprire un ragionamento a parte – anche l’affidamento dei figli alle madri nella separazione diventa un ulteriore elemento di conflitto e di risentimento verso le donne.
Stando ai dati offerti dalla ricerca “L’omicidio volontario in Italia. Rapporto 2005” curata dall’EURES in collaborazione con l’ANSA i casi in cui il fattore scatenante del delitto sarebbe dovuto alla decisione di separazione da parte della vittima coprirebbero nel 2004 circa il 31,6% degli omicidi in ambiente domestico. Questo problema riguarda soprattutto gli uomini e suggerisce così abbastanza chiaramente la realtà di una maggiore fragilità e dipendenza psicologica e di una minore autonomia da parte maschile.
Dunque credo che il tipo di violenza che abbiamo di fronte agli occhi non sia una semplice riproposizione della cultura e del potere patriarcali. Questa violenza non implica alcun rifiuto dell’uguaglianza tra i sessi e tanto meno un pregiudizio di inferiorità verso la donna. Al contrario, si può ipotizzare, segnala l’involontaria l’ammissione della compiuta autonomia femminile con un senso di inadeguatezza e difficoltà da parte degli uomini. Questa violenza ci racconta di un affanno e di una mancata rielaborazione maschile di fronte ad una libertà e un’autonomia femminile piuttosto che un potere maschile e una sottomissione femminile. Il delitto segnala semmai l’impossibilità, l’impraticabilità della sottomissione femminile. Da questo punto di vista i termini della violenza sulle donne sono dunque cambiati, stanno cambiando.
Riportando questo ragionamento alla sfera delle relazioni credo che oggi come oggi gli uomini commettano violenza soprattutto perché non accettano la differenza, ovvero non accettano l’alterità della propria compagna. Non accettano che la donna che hanno di fronte non sia semplicemente una continuazione, un riflesso del proprio desiderio o dei propri bisogni. Non accettano che essa possa scegliere in base al proprio desiderio e che questo non coincida con il loro o con la loro idea di relazione. In questo scacco – e nel conseguente senso di “impotenza” verso l’autonomia e la libertà femminile – emerge tutta la dipendenza, la fragilità e l’insicurezza nascosta degli uomini. Poiché tutti questi aspetti sono ancora intollerabili per molti uomini, li si nega ancora una volta tramite la violenza. Si potrebbe dire che molti uomini preferiscono cancellare l’alterità piuttosto che riconoscerla e accettare così la propria parzialità, la propria vulnerabilità, la propria impotenza. In questo senso questa nuova forma di violenza maschile sulle donne rappresenta un tentativo di cancellare la differenza e non l’uguaglianza.
Ciò che è difficile per gli uomini oggi non è riconoscere che le donne hanno pari dignità o valore degli uomini. Ciò che è difficile è stare di fronte ad una donna ed accettare che essa è altro da noi. Ebbene io credo che la relazione vera e propria può nascere solo nel momento in cui ogni uomo riconosce che la donna che ha di fronte non è una sua proiezione o un suo oggetto e che essa può differire da lui in tante cose, nel bene e nel male. Solo a quel punto può cominciare una relazione ed uno scambio reale e nonviolento. Dunque accettare la libertà di differire della donna, accettare la propria parzialità e limitatezza e accettare una relazione reale sono tre aspetti intimamente connessi. Da questo punto di vista, questa violenza, in un modo o nell’altro, ci interroga tutti. Non si tratta di prendere le distanze da una violenza che sta fuori di noi, che appartiene “agli altri”, agli “uomini violenti”, ma piuttosto di fare realmente i conti con una possibilità che è inscritta nella cultura comune. La violenza, il delitto sono soltanto una delle possibili conclusioni. Il dato comune a tutti, non è l’episodio conclusivo della violenza, ma ciò che la precede: la concezione della coppia, dell’amore, della relazione. Ciò che ci sembra normale perché non si manifesta nella forma della violenza esplicita e del crimine, ma che probabilmente è invece all’origine del problema.
Quello che noi uomini possiamo fare è cominciare a parlare delle nostre modalità relazionali, di come siamo nelle relazioni, di come costruiamo le relazioni, di come le neghiamo, di come ne abbiamo paura. Dobbiamo chiederci in che misura siamo riusciti ad accogliere la libertà e il libero desiderio delle donne nelle nostre relazioni e nel nostro modo di amare.
Credo che occorra dunque divenire tutti più maturi nell’interrogare le nostre relazioni affettive, uomini e donne assieme. Credo il problema nasca infatti dal fatto che le persone tendono a vivere le relazioni d’amore come “relazioni simbiotiche” in cui c’è implicitamente una coincidenza dell’altro con sé e di sé con sé. Non è ammesso il “differire” né fuori di sé né in sé. La situazione di simbiosi si ha quando due esseri vivono in una relazione talmente stretta e totalizzante da abolire il sentimento e l’esperienza della differenza. L’effetto che se ne trae è una situazione protettiva e difensiva, spesso anche un senso di sicurezza maggiore verso la vita e il mondo. Il costo tuttavia è la rinuncia alla conoscenza dell’altra persona e di sé, la menomazione di parti importanti di entrambi. Credo sia a questo genere di situazione che si riferisce Lea Melandri quando parla di un “sogno di comunione”. Credo anch’io che questo tipo di relazioni simbiotiche o fusionali possano essere viste come la riproposizione o la continuazione della relazione prenatale e infantile del figlio con la madre. L’altro soggetto è vissuto come necessario per la propria nutrizione e sopravvivenza.
Così l’altra persona non è percepita nella sua autonomia, nella sua alterità ma come appendice di sé. Il desiderio altrui non esiste se non come obbligato prolungamento del proprio. In questi termini il rapporto può essere complementare, quando uno dei due soggetti – in genere la donna – rinuncia a sé per soddisfare l’altro, o simmetrico, quando è all’opera una dinamica di conformismo reciproco. In entrambi i casi si registra almeno fino ad un certo punto una situazione di complicità tra i partner. Ciascuno è gratificato della propria posizione e del ruolo che ha nei confronti dell’altro. La percezione interiore e emotiva è quella del tutto pieno. Non c’è né ci può essere una percezione forte del negativo, della frattura, della ferita, dell’assenza, della mancanza, del vuoto. In questa illusione di trasparenza e di pienezza, si attua la rimozione del mistero dell’altro/a. Non si è consapevoli dell’esistenza del mondo interiore della persona che amiamo, di possibili desideri, aspirazioni, bisogni autonomi e non sospettati. Allo stesso tempo questa mancanza di riconoscimento dell’altra persona coincide con la perdita anche di una reale percezione di se stessi.
In questa condizione, l’esperienza dell’abbandono, della fine della relazione, può diventare qualcosa di sconvolgente e intollerabile. Perché con la fine della relazione simbiotica può andare in frantumi anche il senso di sé e il senso della realtà. A questo punto piuttosto che riconoscere la propria dipendenza, e ridiscutere il proprio senso di sé e la propria idea di relazione, si preferisce rifugiarsi nella violenza.
Il carattere non solo di impotenza ma anche di intollerabilità di queste situazioni emerge anche dai numerosi casi di omicidio-suicidio diffusi soprattutto tra gli uomini. Essi mostrano che non c’è solo rabbia verso le proprie ex partner ma anche il crollo di un rapporto con se stessi e contemporaneamente l’ammissione dell’incapacità di uscire da una certa cornice di senso.
L’anno scorso la Comunità di Diotima ha proposto il tema del lavoro del negativo, della forza del negativo. Varrebbe la pena declinare questo tema anche nelle esperienze delle relazioni affettive tra uomini e donne. Se c’è un apprendimento in amore, esso passa anche attraverso l’accettazione e l’integrazione del negativo. Si impara a conoscere e a conoscersi attraversando esperienze d’ogni genere. Alcune volte sono incontri, slanci, gioie, doni, condivisioni e appagamenti. Altre volte sono invece delusioni, abbandoni, tradimenti, ferite, incomprensioni e misteri insondabili. Nella mia esperienza anche questi ultimi vissuti dolorosi e negativi sono stati passaggi fondamentali e costitutivi perché mi hanno messo di fronte all’esperienza del limite, della mia parzialità, del riconoscimento di altre persone. Tali esperienze ci incrinano l’illusione di controllo sulla nostra vita, sulle relazioni, sulle persone. Ci smontano la pretesa di poter disporre di ogni cosa a piacimento. Ci permettono di dissolvere l’immagine di una relazione senza vuoti e senza distanze che ci eravamo costruiti. Ci obbligano infine ad ammettere una soglia di non comprensione, oltre la quale si deve accettare l’altra persona per come si presenta o per come si nega a noi, senza cercare ulteriori spiegazioni. Tutti questi vissuti non sono esperienze perse, ma tappe di una maturazione, necessarie per imparare ad amare, per divenire capaci di intrecciare il proprio desiderio a quello di un’altra persona, senza soffocare nessuno dei due.
Costruire una civiltà delle relazioni tra uomini e donne significa allora apprendere reciprocamente ad incontrarsi e a lasciarsi, ad acconsentire alla vicinanza e alla distanza perché entrambe le cose – sempre e in ciascun momento – sono insieme condizioni dell’amore.
Marco Deriu
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Ci smontano la pretesa di poter disporre di ogni cosa a piacimento.
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Seriamente, ma fra di voi quanti hanno mai pensato di poter disporre di ogni cosa a piacimento? E quanti uomini conoscete che pensano ciò? Io neanche uno.
Andrea(Quota) (Replica)