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Le condanne a morte contro uomini appartenenti al movimento dei Fratelli musulmani oppositori di un regime golpista, sono salite a 683 (dal Corriere on line di oggi). Un massacro di maschi di cui è responsabile la sperimentata macchina golpista occidentale che opera in Egitto, come già in Libia, come ora in Ucraina esattamente come un tempo in Cile ed in altri paesi del Sudamerica.
Napolitano dove sei? Renzi dove sei? Piddirosa, Forza Italia, stampa cattolica e laica, signorine e signore a insegna femminista variabile, roboanti difensori dei diritti umani, in quale cantina della coscienza vi siete nascosti? Con quale faccia continuate a reggere questa parte di difensori dei diritti umani quando in modo così palese li tradite?
Il vostro silenzio conferma che i Diritti umani vi interessano solo quando potete strumentalizzarli in vostro favore.
Per quel niente che vale lo rivolgo allora io un pensiero a difesa di questi maschi martiri che verranno uccisi da un tribunale di criminali golpisti. Uccisi per aver agito per amore del loro popolo in prevalenza di poveri.
Questo silenzio sulle uccisioni capitali di centinaia e centinaia di maschi di contro alla mobilitazione internazionale se si tratta di donne, è la prova che la mobilitazione in difesa delle donne è attivata solo perchè agita in nome e per conto di una ideologia, il femminismo, grazie alla quale viene legittimata agli occhi dell’opinione pubblica occidentale la politica di eversione imperialistica. Appena si solleva il tema delle “povere donne” parte la guerra ideologica nella forma della mobilitazione, dopo di che, come ormai è evidente, si passa alla eversione politica e militare.
Delle condanne capitali contro i 683 egiziani non interessa niente a nessuno per il semplice motivo che in Egitto il golpe è già avvenuto. E per nessun “povero maschio” si corre in soccorso perchè in suo nome non si possono scatenare golpe e inviare truppe a violare l’integrità di un paese.
I diritti umani, se si tratta di diritti di maschi, non aiutano a fare i golpe nè in casa propria nè in casa altrui. Per questo motivo gli indefessi “difensori” dei diritti umani se ne fanno un baffo.
51 Commenti
appena pubblicato…diamogli sotto, ragazzi, qui stanno per mandare al Creatore, sostanzialmente per reato di opinione, 683 uomini. Non so se è chiaro…facciamoci sentire per quanto è nelle nostre possibilità…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
il problema è che per dare maggiore dignità alla vita maschile non serve tornare indietro a valori tradizionali. la tradizione che viene ossequiosamente incensata da alcuni commentatori della QM come unica possibile soluzione agli eccessi del femminismo era quel sistema di valori che metteva in subordine la vita maschile, mandando generazioni di uomini a morire in guerra o a sacrificarsi per il bene della società la cui sopravvivenza dipendeva da un rapporto femmine-maschi di 10 a 1 o giù di lì e che attribuiva alla vita delle donne un valore biologico superiore.
fulvioterzapi(Quota) (Replica)
fulvioterzapi,
Fulvio Terzapi, quel sistema di valori del passato che dici tu era frutto della diversità naturale di genere, visto che le donne non si azzardano al pericolo e al rischio(a meno che non ci sia in ballo la propria prole, e in tal caso scatta l’ istinto materno che è grandioso ed eroico). Pericolo e rischio, che invece nel passato erano cose normali e necessarie per poter vivere e sopravvivere. Di qui questo schema nel passato. Oggi che le condizioni di vita sono migliorate non è più pensabile quello schema, nondimeno lo schema diametralmente opposto e del tutto artificiale(libertinismo sessuale femminile, divorzio, sfascio della famiglia) è fortemente penalizzante penalizzante per gli uomini, ed è alla base della QM, Per caso anche tu pensi che le femministe siano brutte, brufolose, lesbiche e sessuofobe che vogliono che le donne camminino in pubblico tutte coperte e che arrivino caste e vergini al matrimonio? No, guarda, purtroppo questo lo pensano tanti alle prime armi con l’antifemminismo(e che di antifemminismo non hanno nulla) che hanno inventato il termine di “femminismo moralista”(quando invece è una contraddizione in termini) e che quindi credono di combattere il femminismo difendendo l’ essenza del femminismo stesso, cioè il libero esibizionismo femminile, e che identificano il nemico degli uomini nel cattolicesimo e nell’ islam, e non invece nel nichilismo etico di qualsiasi colore politico e religioso.
Giudicate voi, se questo è il modo di combattere il femminismo. Un’ esaltazione nei confronti del corpo e della sessualità femminili da cui il passo verso lo zerbinismo maschile filofemminista è breve:
“Questa non è una pagina di omosessuali o sessuofobici, siamo pro gnocca e pro gnoccaggine, la gnocca è vita..”:
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1383181641935279&id=1376512969268813&stream_ref=10
https://www.facebook.com/1376512969268813/photos/a.1376562925930484.1073741828.1376512969268813/1383260891927354/?type=1&theater
E allora se questo è il modo di combattere il femminismo, centomila volte meglio(o meno peggio) il “tradizionalismo”.
”
Tarallo(Quota) (Replica)
che dire invece di un umanismo laico che sia per una vera parità di genere?
fulvioterzapi(Quota) (Replica)
fulvioterzapi,
Laico,sì, assolutamente, laicista no. Il laicismo è la negazione dell’ umanesimo. Perchè il principio base e fondante della dottrina laicistica “ognuno può fare tutto ciò che vuole” e quindi sganciato da ogni vincolo morale ed etico, di fatto significa diritti unilaterali alla donna, conferendole un potere assoluto, visto che nel rapporto fra i sessi, le dinamiche sessuali e sentimentali sono governate e decise solo e soltanto dalle donne: è (quasi sempre) lei che decide la nascita di una coppia(perchè è lei che seleziona), è(quasi sempre) lei che decide la rottura di coppia, è(quasi sempre)lei che decide se si deve fare sesso o no, è lei che decide se il rapporto è stato stupro o no, è lei che decide se il corteggiamento è molestia o no, è lei che decide se l’ insistenza è stalking o no..E così’ via. Pertanto questo libertinismo di stampo laicista rappresenta una vera e propria dittatura contro gli uomini normodotati(e pocodotati) che sono la grande maggioranza del genere maschile.. Sono contro le dittature religiose, ma tra queste e quella laicistica, le prime sono meno dannose per gli uomini,perchè almeno vi è più equilibrio tra i sessi.
Tarallo(Quota) (Replica)
fulvioterzapi,
Sono senz’altro d’accordo con te, sotto questo profilo, Fulvioterzapi, non sono certo uno che guarda all’indietro, come noto. Il che non significa, ovviamente, gettare tutto ciò che è stato nella pattumiera. Si tratta però di fare un’analisi lucida della realtà, anche di quella delle epoche trascorse, e se la facciamo ci accorgiamo appunto di come la condizione della grande maggioranza degli uomini non fosse affatto delle migliori, anzi. Questo è ciò che ha raccontato il femminismo che ha riscritto quella storia, è giunto il momento di rileggerla anche dal nostro punto di vista.
Ho scritto un articolo specifico su questo argomento, dal titolo “Il dover essere e i maschi beta”, mi pare che sia fra gli editoriali (o fra gli articoli..).
Il ritorno al passato dal mio punto di vista ha infatti poco se non nessun senso, intanto perché indietro, piaccia o meno, è oggettivamente impossibile tornare, e poi proprio perché quel passato non era affatto rose e fiori, come ripeto, per la grande maggioranza degli uomini. Ma su questo rimando appunto al mio articolo.
D’accordissimo quindi sulla necessità di costruire una nuova prospettiva e una nuova consapevolezza maschile che se da una parte deve saper salvare quello che c’è senz’altro da salvare (perché il maschile e il paterno non possono certo essere ridotti alla cosiddetta oppressione patriarcale), deve però saper rivisitare anche il concetto di maschilità. Io ad esempio non ho mai, dico mai, creduto nella cosiddetta “cavalleria”, che fin da giovanissimo ho sempre vissuto come una forma di violenza e di alienazione, di obbligo, di costrizione per poter arrivare a…Una volta , per tante ragioni sulle quali bisognerebbe scrivere a lungo, poteva avere una qualche giustificazione; oggi non ne ha più alcuna. Anzi, la parola d’ordine per tutti deve essere quella di interrompere ogni pratica di questo genere e di relazionarsi in modo assolutamente paritario con l’altro sesso. Se ciò non si verificasse e la “controparte” si ponesse in un atteggiamento non all’altezza della situazione, cioè su un livello coscienziale non adeguato al nostro, come non detto, arrivederci e grazie. Ogni minimo atto contro la nostra volontà a cui ci sottoponiamo corrisponde ad una metaforica goccia di sangue, è una stilla di amor proprio che gettiamo nella grande discarica del’alienazione a cui siamo sottoposti. Per quanto mi riguarda, e non sto scherzando affatto, sono giunto alla conclusione che è molto meglio sotto ogni punto di vista, una sana astinenza, piuttosto che piegarsi a dinamiche per me orami assolutamente insopportabili.
Ho scelto come esempio quello della cosiddetta “cavalleria” (alias, contrattazione mercantile non dichiarata) perché credo che sia un esempio che può aiutare a capirci.
La cavalleria è una finzione, una menzogna, che serve a coprire e a camuffare la subordinazione psicologica e sessuale maschile nei confronti delle donne. Tutt’altri concetti sono il dono e l’aiuto e la difesa della persona più debole (che non è affatto detto che sia la donna, sempre e comunque, anzi…anzi…), ma questo, ripeto, è tutt’altro discorso che non ha e non dovrebbe avere nulla a che vedere con l’appartenenza sessuale. Non vedo perché una donna dovrebbe essere trattata con maggior riguardo rispetto ad un uomo. Dove sta scritto? Chi la detto? Su quali tavole di quali leggi è scritto o è stato scritto? Usi e costumi del passato? Consuetudini? Tradizioni? Se così fosse allora è giunto il momento di dire che sono sbagliate e che prima ce ne sbarazziamo e meglio sarà per tutti. Soprattutto al fine di ricostruire una nuova consapevolezza maschile che deve passare innanzitutto attraverso la capacità di “imporre”, metaforicamente parlando,una relazione paritaria con il femminile, costi quel che costi. Sempre rimanendo negli esempi, quando nessun uomo sarà più obbligato da una legge mai scritta a offrire la cena a una donna, si potrà parlare di parità. Era una regola sbagliata prima ed è ancora più sbagliata oggi.
In conclusione, sono senz’altro d’accordo nel darci una nuova prospettiva e nel guardare avanti, verso un nuovo umanesimo (e quindi anche una nuova concezione della maschilità) tutto da costruire, con la consapevolezza, naturalmente, che non tutto quello che c’è alle nostre spalle è da buttare via, e che proprio perché alle nostre spalle non c’è il vuoto ma una storia, anche lunga e dolorosa, abbiamo gli strumenti per guardare avanti e non indietro.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Sottoscrivo, in specie questo passaggio:
<>
Dobbiamo aver chiara una cosa: Un vecchio slogan femminsta “L’unica legge è il desiderio”, è esattamente il programma del capitale, ciò che veicola il suo dominio culturale e la colonizzazione delle menti che ne deriva. Non mi definisco più marxista in senso classico, ma non importa essere marxisti per osservare che il capitale ha come unica religione la sua accumulazione illimitata e che non tollera alcun limite, alcuna norma etica, alcuna legge morale perchè qualsiasi norma, soprattutto se introiettata, costituisce un limite e il riferimento a qualcosa d’altro, di profondamente diverso dal meccanismo psicoeconomico del capitale.
Se non si capisce questo, non si afferra l’essenza del capitale oggi, e si rimane alla sua identiificazione con la morale borghese o vittoriana o con la sessuofobia. Quello poteva essere vero al tempo del capitalismo industriale che necessitava di soggetti “disciplinati” (si legga Gramsci in Americanismo e fordismo, Quaderni del carcere, Note sul Machiavelli), Allora ci fu, effettivamente, un’alleanza strumentale con la religione su questo aspetto. I motivi , se li si legge con l’occhio della Chiesa, sono in realtà anche altri, ma non è il caso di approfondire ora la questione. Oggi è vero il contrario, come sostiene brillantemente Costanzo Preve. Oggi è l’espansione illimitata del desiderio ad essere funzionale, sia dal punto di vista economico sia da quello psicologico, al capitalismo. Il vero retrogrado è chi non afferra questa verità e si balocca con concetti e tesi obsolete, mentre non si accorge di cosa succede sotto i suoi occhi. Anche G. Deleuze e F. Guattarì che predicavano il desiderio come cuneo rivoluzionario anticapitalista si sbagliavano completamente. Quì entra in gioco anche un altro elemento da non sottovalutare, bene esplicitato da Baudrillard. Si dice che il valore di scambio ha soppiantato il valore d”uso, ossia che la merce non è più prodotta in funzione del soddisfacimento di un bisogno, ma solo in funzione della vendita e della sua trasformazione in denaro. Il che è vero ma con una precisazione importante. Occorre cioè capire, e qui Marx si sbagliava, che è lo stesso sistema dei bisogni (tranne ovviamente quelli elementari e vitali) ad essere letteralmente inventato dal capitale per incentivare un enorme sistema di scambi col suo solito scopo di accrescersi illimitatamente.
Ciò non vuol dire che tutti gli illimitati bisogni o desideri possano essere soddisfatti. Questo lo credono solo gli illusi che non capiscono che la dinamica bisogno/desiderio/soddisfacimento compulsivo è proprio ciò che spinge sempre più le persone a immedesimarsi nella logica del capitale e sognano un capitalismo che, liberato dai corrotti, dalle truffe, dai politici arraffoni etc. etc. , dai cattivi insomma, sappia finalmente essere quel sistema che assicura la cornucopia di beni a tutti . Ed è per questo che il C. non ha paura di questi sedicenti contestatori. Qualsiasi protesta di quel tipo la saprà riassorbire perchè è una protesta strettamente circoscritta entro il suo orizzonte culturale.
E dunque? dunque occorre porsi fuori dall’orizzonte culturale del capitale, sfuggire al suo nichilismo laicista. Occorre comprendere almeno che lasciare qualche aspetto della vita umana fuori dalla presa merificante del capitale è FONDAMENTALE per far si che possa essere SEMPLICEMENTE PENSATA una alternativa.
Ne discende che la guerra contro la religione in quanto tale, poichè essa considera il concetto di limite, poichè include la necessità di un’etica condivisa, poichè non crede all’onnipotenza dell’uomo a cui tutto è permesso perchè si fa da sè ed esclusivamente da sè, diventa perfettamente funzionale al capitale. E il transumanesimo, il Gender, la scelta del sesso a la carte, l’ipersessualizzione, l’eliminazione prima del padre e poi anche della madre, l’eugenetica soft mascherata da libertà soggettiva di scartare gli esseri umani venuti male, l’aborto libero, insomma tutti i cavalli di battaglia del femminismo, sono tutte cose funzionali al capitale, inscritte nella sua logica profonda. Liberi di credere in Dio o di non crederci, liberi di criticare quanto si vuole il Vaticano o l’Islam,o l’Induismo per alcune loro idee, ma rimane che mentre è possibile condividere con le religioni una comune antropologia che non consideri l’essere umano una merce come un’altra, che ne veda gli aspetti comunitari e non puramente individualistici/utilitaristici della sua natura, ciò è impossibile col capitale. Anche l’umanesimo laico, anche una effettiva parità fra uomini e donne non può prescindere da questa antropologia.
armando
armando(Quota) (Replica)
armando,
Ma è un passaggio scritto da chi, Armando?
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Posto qui una precisazione importante per me e per tutti coloro che hanno fatto parte dei Maschiselvatici.
Ieri sui canali tv e oggi sui giornali compaiono le immagini di una manifestazione neofascista indetta per protestare contro la adozione, come testo scolastico nelle classi del liceo romano “Giulio Cesare”, del libro di Melania Mazzucco “Sei come sei”. La manifestazione è aperta da un gigantesco striscione con su scritto Maschi selvatici.
Ebbene i fondatori, gli associati, i simpatizzanti, alla associazione Maschi selvatici di cui all’omonimo sito non hanno nulla a che fare con il fascismo e il neofascismo. Si collocano da sempre nella tradizione democratica antifascista.
Per essere più che chiari molti fra i Maschiselvatici si onorano di avere avuto fra i propri parenti combattenti nelle brigate antifasciste cattoliche (Fiamme verdi) e nelle brigate antifasciste comuniste (Brigate Garibaldi) . Aggiungo che tempo fa un giornalista importante, ci provò a giocare sull’equivoco, finì denunciato in tribunale e fu condannato ad un risarcimento in denaro importante.
Detto questo, quanto al libro della Mazzucco, testo militante del genderismo e del gruppetto di violentatori di stato, violentatori delle emozioni e della psiche degli adulti e dei minorenni italiani, gruppetto che si è arrogato il monopolio della lotta alle discriminazioni di genere, a mio parere, è assimilabile ad un manuale di istruzione all’esercizio professionale dell’attività sessuale che non sarebbe stato ritenuto adatto alla distribuzione nemmeno nei lupanari capitolini: pur sempre un certo rispetto del sesso e delle persone che colà lo praticavano lo avevano, insieme ad adeguate regole igieniche. Nel libro mancano sia il rispetto del sesso sia delle persone che lo praticano sia delle necessarie regole igieniche. In sintesi il livello emotivo, psicologico e culturale con cui il sesso è presentato è a mio parere quello del sesso tra animali.
Distribuito da adulti (Il consiglio dei professori, signora preside entusiasta) tra gli studenti di un liceo come libro di letteratura alta, mi fa concludere che non siamo solo alla frutta, ma alla frutta ormai marcita.
cesare(Quota) (Replica)
In quanto a suo tempo aderente e attivista di MS sottoscrivo la presa di posizione di Cesare che fa piazza pulita e rivendica le radici umanistiche e quindi antifasciste di un movimento cui non mi sarei certo avvicinato se fosse stato su posizioni diverse e avesse avuto differenti origini e scopi.
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RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
cesare,
Ho letto la notizia ieri non mi ricordo su quale giornale. C’era anche la foto che ritraeva un gruppo di neofascisti dietro ad uno striscione dove c’era scritto testualmente”Maschi selvatici e non checche isteriche”.
Hai fatto benissimo, Cesare, a rendere pubblica questa tua comunicazione e il mio suggerimento è che dovrebbe farlo ufficialmente anche l’associazione dei Maschi Selvatici, se esiste ancora…
Oltreutto non credo sia casuale il fatto che quel gruppo di neofascisti abbia utilizzato quel genere di linguaggio. Insomma non credo che sia farina del loro sacco. Del resto sono sempre stati molto abili nel camuffarsi e nel confondere le acque e le idee alla gente, è la loro specialità. Direi che è la cosa che sanno far meglio, oltre naturalmente a dar di spranga o di manganello…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Il loro accanimento contro gli omosessuali è patetico.Il loro scopo,a chiacchiere, è quello di difendere la famiglia naturale. Questi trogloditi però non hanno capito che a minare l’ immagine e la stabilità della famiglia non sono gli omosessuali(che nella maggior parte dei casi sono persone innocue e normali che se ne fregano della propaganda antifamilista e filofemminista) ma è questo clima mediatico e sociale antimaschile a riguardo della “violenza di genere” e “femminicidio”che sta creando nella gente l’ immagine del uomo/padre cattivo, violento e inaffidabile, e quindi tutti i presupposti affinchè sempre più donne/mogli siano sfiduciate nei confronti degli uomini/mariti/padri.Ed ecco perchè le famiglie si stanno sfasciando quasi tutte, l’ una dopo l’altra.
Ma questo gran parte dei cattolici, della gerarchia e dei tanti “tradizionalisti” di cartone, non l’ hanno capito, anzi non lo vogliono capire.
Tarallo(Quota) (Replica)
Fabrizio Marchi
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Io ad esempio non ho mai, dico mai, creduto nella cosiddetta “cavalleria”, che fin da giovanissimo ho sempre vissuto come una forma di violenza e di alienazione, di obbligo, di costrizione per poter arrivare a…Una volta , per tante ragioni sulle quali bisognerebbe scrivere a lungo, poteva avere una qualche giustificazione; oggi non ne ha più alcuna. Anzi, la parola d’ordine per tutti deve essere quella di interrompere ogni pratica di questo genere e di relazionarsi in modo assolutamente paritario con l’altro sesso. Se ciò non si verificasse e la “controparte” si ponesse in un atteggiamento non all’altezza della situazione, cioè su un livello coscienziale non adeguato al nostro, come non detto, arrivederci e grazie. Ogni minimo atto contro la nostra volontà a cui ci sottoponiamo corrisponde ad una metaforica goccia di sangue, è una stilla di amor proprio che gettiamo nella grande discarica del’alienazione a cui siamo sottoposti. Per quanto mi riguarda, e non sto scherzando affatto, sono giunto alla conclusione che è molto meglio sotto ogni punto di vista, una sana astinenza, piuttosto che piegarsi a dinamiche per me orami assolutamente insopportabili.
Ho scelto come esempio quello della cosiddetta “cavalleria” (alias, contrattazione mercantile non dichiarata) perché credo che sia un esempio che può aiutare a capirci.
La cavalleria è una finzione, una menzogna, che serve a coprire e a camuffare la subordinazione psicologica e sessuale maschile nei confronti delle donne. T
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Concordo al 200%. In proposito aggiungo soltanto che relazionarsi in modo paritario con l’altro sesso è un’ idea che condivido, ma che non so fino a che punto sia attuabile, perché le donne tendono sempre a voler comandare e a scambiare gentilezza, buone maniere e quant’altro per debolezza.
Renato(Quota) (Replica)
PS: mi chiedo pure chi sia stato il primo a definire quello femminile “il gentil sesso”. Ma gentili di cosa? Gentili le donne? Ma se sputano regolarmente veleno e sono sempre pronte a rinfacciare ogni cosa ! Bah…
Renato(Quota) (Replica)
____
“La lotta per l’uguaglianza dei diritti è già un sintomo di malattia: qualunque medico lo sa”
Animus(Quota) (Replica)
>>
Hai letto tutto il resto ? Il fatto che condivida quell’opinione di Fabrizio, non significa che la ritenga attuabile. Infatti la teoria coccia sempre contro la realtà.
Renato(Quota) (Replica)
Renato,
Con una differenza sostanziale però, Renato, e cioè che per Animus (e forse anche per te, non lo so…) non solo quell’eguaglianza (che come ho ripetuto migliaia di volte, non ha nulla a che vedere con l’omologazione e l’omogeneizzazione) non è attuabile ma non è neanche auspicabile.
E’ ciò che lo rende incompatibile con Uomini Beta.
Se scegliessimo di attribuire un significato meta politico e metastorico alle categorie di Destra e di Sinistra (sarà il tema del mio primo editoriale sul primo numero de “L’Interferenza” che sarà in rete il prossimo lunedì 5 maggio), possiamo dire che lui è di Destra e Uomini Beta di Sinistra, senza se e senza ma. Anche se lui stesso (ma verrà presto a spiegarcelo) rifiuterà di essere incastonato in quella dicotomia, perché dall’alto del monte non ci si mescola a queste faccenduole da mezzi uomini, a metà fra la scimmia e il Superuomo.
Ciò detto, saremo pure dei “falsari”, come ci ha definiti lui stesso, ma evidentemente non si riesce a resistere alla tentazione di venire a curiosare da queste parti…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
__________
Certamente, ma non perché di dx, stai dicendo una stupidaggine, ormai la mia posizione è chiaramente espressa dagli oltre 100 articoli sul mio blog, e sfido chiunque sia dotato di un barlume d’intelligenza a poter affermare che il mio punto di vista – NELLA SUA TOTALITA’– sia conciliabile con la destra!
Certo … anche tu hai le tue ragioni, dato che i miei commenti su questo blog, sono certamente contro gli ideali di sx, che ritengo essere “puerili” – come lo è il desiderio di Renato che non vuole fare i conti con la realtà, ovvero col fatto che “quando i sessi vennero divisi, il taglio non fu fatto nel centro”-, mossi da un banale “principio di piacere” che però non ha nessuna coscienza/consapevolezza di cosa significhi/costi in termini di “principio di realtà”, ciò che vorrebbe realizzare.
Nessuna…
“O Libertà, quanti crimini vengono commessi nel tuo nome!”
In conclusione, se certamente non sono di sx, ed è vero che non sono di dx, allora…cosa sono?
Ti potrei rispondere in questo modo:
“Le uomini di destra mi danno il disgusto della destra, quelli di sinistra … della sinistra.
Di fatto, con un uomo di destra, sono di sinistra, con un uomo di sinistra … sono di destra.”
Il misantropo
Animus(Quota) (Replica)
Animus,
So benissimo qual è la tua posizione e quella di un certo “nietzschianesimo”, non sono così sprovveduto come puoi pensare anche se capisco che chi vede e legge la realtà dall’alto del monte può essere portato a pensare che quei minuscoli omuncoli che si agitano nella valle lo siano…
Ti ho volutamente collocato nella “destra”, anzi, nella Destra (con questo dando dignità concettuale e filosofica alla tua posizione) perchè in ultima analisi (su questo non c’è dubbio), obtorto collo, le tue posizioni, nella realtà concreta (che non è quella del “monte”…) posssono trovare comunque un accordo con la Destra, di certo non con la Sinistra.
Ergo, nella dialettica che contraddistingue la vita reale, quelli con le tue posizioni, vi piaccia o meno (e secondo me alla maggior parte non dispiace affatto…), si collocano a Destra.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Animus
“che ritengo essere “puerili” – come lo è il desiderio di Renato che non vuole fare i conti con la realtà, ovvero col fatto che “quando i sessi vennero divisi, il taglio non fu fatto nel centro”
>>>>>
Sei tonto o ci fai ? Sai leggere oppure no ? Con chi e cosa io non farei i conti ? Ho già specificato che la teoria – quindi il desiderio di un rapporto con l’altro sesso diverso – si scontra con la nuda e cruda realtà. Devo scrivertelo pure in lingua mongola ? Tu filosofeggi troppo, scrivi tropppe minchiate.
Renato(Quota) (Replica)
Ok, non avevo letto scusa, mi ero basato solo su quella frase e su un pre-giudizio, esprimendo un giudizio errato, nel senso che ora mi è chiaro che sei ben cosciente dell’impossibilità di un rapporto alla pari con l’Altra.
Però, sempre a causa di quel pregiudizio, qualche dubbio che tu, dopo oltre un decennio di full immersion nelle tematiche di genere, abbia capito quali sono le ragioni REALI di questa impossibilità, ancora permangono…
“Noi vorremmo un rapporto alla pari e a loro non va bene” oppure, “le donne tendono sempre a voler comandare” o “scambiano le gentilezze e le buone maniere per debolezza” non mi sembrano siano proprio delle ragioni ..non ti pare?
Insomma, queste ragioni, esistono o non esistono?
Animus(Quota) (Replica)
cesare,
Caro Cesare vorrei aggiungere alla tua questa mia riflessione.
In Italia i Maschi selvatici sono un gruppo di uomini liberi, che amano la libertà e che cercano, in un confronto tra di loro e con gli altri uomini, di declinarla nell’esperienza maschile. Uomini liberi, pertanto del tutto estranei e lontani da quelle formazioni politiche che inneggiano a regimi come il nazifascismo che si sono retti proprio sulla negazione della libertà.
Il maschio selvatico per noi è un’immagine guida, un archetipo, per usare un termine di Carl Gustav Jung, di cui troviamo traccia nei sogni, nelle leggende e nelle raffigurazioni pittoriche disseminate in particolare nelle valli subalpine e appenniniche. Claudio Risé ha dedicato al maschio selvatico un libro (Il Maschio Selvatico, Red. Ed., 1993) a cui si ispira buona parte della nostra ricerca. In questo libro l’incontro con il Selvatico è presentato come un’iniziazione indispensabile per aiutare ogni giovane uomo a uscire dalla dipendenza, compresa quella dalle ideologie, dalla paura, e a riconoscere il valore profondo dell’appartenenza al genere maschile, nel riconoscimento della sua spontaneità. Sempre in questo libro Risé pone una domanda cruciale, di tipo politico: “C’è un lato ‘fascista’ nell’uomo naturale?” La domanda è importante perché al di là di ogni superficiale adesione a un partito, la politica “coinvolge tutta la personalità di un individuo”. La risposta è netta. No, proprio perché l’incontro con il selvatico spinge a cercare la libertà personale e ad assumersene la responsabilità. L’esperienza del selvatico è pesante, difficile da sostenere. L’adesione al fascismo, ai movimenti naziskin e a qualsiasi movimento che sostituisca la dimensione collettiva alla ricerca personale, si presenta invece da un lato come dipendenza, dall’altro come fuga dal difficile incontro tra il soggetto e il mondo della Wilderness (la natura selvatica e incontaminata). Forse partendo da questa riflessione si potrebbe aprire un dibattito sul rapporto tra identità maschile e politica.
paolo(Quota) (Replica)
Fabrizio hai ragione, il passaggio è questo “Laico,sì, assolutamente, laicista no. Il laicismo è la negazione dell’ umanesimo. Perchè il principio base e fondante della dottrina laicistica “ognuno può fare tutto ciò che vuole” e quindi sganciato da ogni vincolo morale ed etico”, ed è di Tarallo
armando
armando(Quota) (Replica)
armando
armando(Quota) (Replica)
riguardo ai cattolici e ai credenti in generale non capisco la logica del “il nemico del mio nemico è mio amico”. siccome i cattolici sono tradizionalisti e il femminismo è (a parole) anti-tradizionalista non vedo perché dovrei condividere certi valori cattolici che sono antitetici alla mia mentalità.
il cattolicesimo, come altre credenze di origine abramitica e non, ha molto in comune col femminismo: si basa su dogmi indimostrabili, su un senso di colpa originario (peccato originale per i cristiani, peccato maschile per il femminismo) e una malcelata intolleranza nei confronti di conclusioni largamente condivise dalla scienza, soprattutto riguardo la sessualità.
questo genere di mistificazioni trovano terreno fertile in una mentalità che rifiuta o che scoraggia una visione razionale e scientifica delle cose incoraggiata (tra gli altri) dalla Chiesa:
http://www.confronti.net/confronti/2013/12/prostituzione-lo-sguardo-sul-cliente/
inoltre la religione come fonte di morale o moralità non mi convince assolutamente: i testi di molte religioni sono una maldestra giustapposizione di diverse fonti dove si può trovare tutto e il contrario di tutto e che i credenti e le autorità preposte interpretano arbitrariamente a seconda del momento storico e della convenienza presente.
per chi mi aveva detto che il cristianesimo è stata la prima religione/filosofia a parlare di uguaglianza universale consiglio di leggersi qualcosa sul buddismo che esprimeva lo stesso concetto almeno sei secoli prima.
fulvioterzapi(Quota) (Replica)
__________
Molto di più di quanto tu possa immaginare, e del resto, quando Freud, dice che “La religione cristiana … non era più rigidamente monoteistica (come l’ebraismo), dai popoli circostanti assunse numerosi riti simbolici, restaurò la grande Dea madre…
Il terzo imperativo, quello della parità di diritti tra i fratelli alleati, prescinde dalla volontà paterna, e si fonda sul richiamo alla necessità di mantenere stabilmente il nuovo ordine dopo “la morte del padre”.
Il delitto innominabile [il parricidio n.d.r] fu sostituito dall’assunzione di un imperscrutabile peccato originale.
Deve rimanere in sospeso per noi la questione se nel gruppo dei fratelli ribelli al padre primigenio vi sia stato effettivamente un capo, un istigatore all’omicidio …
Il cristianesimo, nato da una religione del padre, diventò una religione del figlio….non sfuggì, così, al destino di doversi sbarazzare del padre.”
Questo è femminismo o catto-cristianesimo (secolarizzato) ?
Per Freud, se fosse ancora vivo, sarebbero la stessa cosa.
Animus(Quota) (Replica)
Fratelli miei, con tutto il rispetto e mi ci metto dentro io per primo, mi sembra trionfi il narcisismo in questo riproporre il sogno della palingenesi universale naturalmente a partire da quello che alberga nella propria testa che per quanto pregevole non è comunque tale da liquidare credibilmente il credo di nessuno.
Infatti chi si rivolge alla palingenesi della scienza non cita le innumerevoli ipotesi di fantasia da cui la scienza stessa si muove (per es. la primissima: l’ indimostrato suo fondamento ovvero la costante della natura). Lo scientismo fa il paio col laicismo quando vuol ridurre l’umano a numero e misura e si propone come l’ennesima dogmatica. Non si contano le follie “scientifiche” del 900. Ma poi noi stessi, oggi maschi del 2000, non siamo alle prese di nuovo con “scientifiche” dimostrazioni sulla violenza maschile, sulla fragilità maschile per cui i maschi muoiono prima delle donne, sul cervello “monofasico” maschile di fronte a quello “plurifasico” femminile, e via dicendo . Per non parlare delle fesserie scientifiche “genderiste” sulla identità sessuale o sulla sessualità ( punti “g” e quant’altro): un vero diluvio, mi si passi il termine, di stronzate. Contro cui tra l’altro ci stiamo affaticando. E dovrei prendere la scienza come parametro di verità? Quale scienza? quella che non dice fesserie? E quale il parametro per distinguere fesserie scientifiche da verità scientifiche?
Quanto poi al pensiero laico e filosofico non siamo messi meglio, anzi siamo al paradosso per chi ne fa il campione di verità: non è in casa sua che è nato ed è attualmente implementato e coccolato il femminismo? Inutile poi, dopo le “montagne di cadaveri” che ha generato, aggiungere altro. Cercare il colpevole in casa d’altri, tra l’altro senza conoscerla bene, mi sembra il solito gioco di attribuire agli altri responsabilità proprie.
Il cattolicesimo ha la sua degenerazione nel clericalismo, la scienza nello scientismo, la laicità nel laicismo. Ognuno ha invece elementi di forza che se valorizzati sono utili alla nostra guerra. In campo cattolico è dal 1998 che i maschiselvatici primi fra tutti hanno sviluppato una importantissima battaglia culturale (vedasi la ricca e unica bibliografia sul maschile e sulla paternità da loro prodotta) e politica prodigandosi in decine e decine di conferenze e seminari a valorizzare il maschile e il paterno, affiancando fin da subito i Papà separati, promuovendo manifestazioni unitarie in difesa dei padri accusati ingiustamente, partecipando a incontri internazionali in Vaticano tra Cattolici ed Ortodossi in difesa della famiglia, dando vita ad un sito visitatissimo e tante altre iniziative tra cui il rito della benedizione dei padri. Non è il caso di far loro lezioncine circa la necessità di un impegno corretto e coerente. Sono rinviate tutte al “docente” di turno
Oggi purtroppo tutte le principali aree di pensiero cercano di ibridarsi con la narrazione femminista perché il potere l’ha scelta come ideologia funzionale al dominio.
In conclusione: come tante volte ho sottolineato nessuno oggi può andare in giro sventolando la propria bandiera, senza trovarsi nella condizione di ridere delle radici/origini di quella altrui.
Invece di “tirarci le torte in faccia” mentre ci stanno preparando la forca, mi sembra che ci sia un compito politico primario (tra l’altro conseguenza implicita e necessaria della scelta politica del sito UBETA di accogliere un dibattito “interconfessionale”) ed è quello di valorizzare l’apporto di chiunque abbia compreso che cosa c’è in gioco oggi, indipendentemente dal proprio personale giudizio sulla sua appartenenza. Aiutarlo piuttosto a valorizzare quanto nella sua tradizione aiuta la causa comune.
Ai maschi di oggi sta di fronte il formidabile compito di resistere al fronte “scientista”,”laicista” e “clericale” che ha sposato il femminismo. Ritengo che la violenza intrinseca all’ideologia sessista del femminismo non sia minore di quella intrinseca la nazismo. All’epoca si fece fronte comune con i CLN. Una politica di “fronte comune” mi sembra la via da percorrere anche pggi. In tal caso il ” narcisismo” di bottega è infantile quanto controproducente atteggiamento.
cesare(Quota) (Replica)
Sì ma qua vedo che si è scatenata una caccia al cristianesimo(animus, fulvio), quando invece il senso dei miei interventi non era rivolto contro il cristianesimo in sè(che invece ammiro)ma contro i cristiani(non tutti) di oggi nel loro modo di rapportarsi con il pestaggio antimaschile femminista.
Il cristianesimo ha alcune cose in comune con il femminismo? Questo però non dimostra che tra i due ci sia contiguità o che l’ uno sia causa(o conseguenza) dell’altra, visto e considerato, giusto per fare un solo esempio fra i tanti che se ne potrebbero fare, che anche tra marxismo e neoloberismo vi è una cosa in comune-e cioè la visione materialista della società-ma non per questo sono relazionati e contigui,anzi sono l’ uno l’ opposto dell’ altro.
La causa del femminismo non nè è il cristianesimo nè il marxismo, ma l’ individualismo edonistico liberale.
Tarallo(Quota) (Replica)
Una sola domanda: in base a cosa la difesa del maschile e del paterno si dovrebbe fondare sul razionalismo scientifico? In altri termini, quali sono le verità scientifiche sul maschile e il femminile? Forse che il maschio è per natura un copulatore con molte femmine e la femmina no? Bene, prendiamolo per vero. Ma ciò esclude qualsiasi importanza alla paternità (leggasi controllo materno della prole). E’ solo un esempio. Si potrebbe discutere d’altro.
armando
armando(Quota) (Replica)
Animus,
Guarda che la teoria freudiana del parricidio originario da parte fratelli è una delle cose più contestate di Freud. E in ogni caso il cristianesimo implica una trasmissione padre/figlio (Padre figlio, sottolineo, non madre figlia), quindi lungo l’asse verticale e maschile. Mi sfugge il momento della restaurazione cristiana della Dea Madre, a meno che tu non intenda la Madonna, che però non è una dea. Ed infatti viene assunta ion cielo, non ascende autonomamente.
armando
armando(Quota) (Replica)
Sono sostanzialmente d’accordo sia con Cesare che con Tarallo, fermo restando che il blog di Uomini Beta è un luogo di riflessione libera e critica (indipendentemente dalla strategia, dalla linea politica e dall’orizzonte ideale e culturale del Movimento) dove diverse anime si confrontano ed è giusto che si confrontino e si dividano. Nel momento in cui questo confronto avviene in modo civile, senza avere la pretesa di imporre la propria visione sull’altro e soprattutto senza offenderlo, mi pare che tutto ciò costituisca una ricchezza.
Quindi con queste premesse ben venga anche il confronto tra gli amici laici e gli amici cattolici, non può che arricchirci e contaminarci positivamente. Io stesso, pochi giorni fa (che non appartengo a nessuno dei due “schieramenti”), come avete potuto vedere, sono stato stimolato a scrivere quell’ articolo sulla contraddizione in cui si trova la Chiesa cattolica, proprio dalla discussione in corso.
Ciò detto, come ripeto, mi trovo sostanzialmente d’accordo con le posizione assunte sia da Cesare che da Tarallo.
Aggiungo che trovo sia metodologicamente che teoreticamente sbagliato andare a ricercare la genesi, le origini storiche e filosofiche di un determinato fenomeno politico o ideologico, come è nel caso specifico il femminismo, in altre filosofie, ideologie (o religioni), cercando le possibili analogie o addirittura le cause prime che hanno determinato la filiazione da parte di quelle stesse ideologie o filosofie di quel fenomeno storicamente dato che si vuole nella fattispecie analizzare e interpretare.
Questo è un approccio a mio parere profondamente errato ed è stato motivo di polemica per lungo tempo da parte del sottoscritto con tanti “quemmisti “ vetero tradizionalisti se non apertamente di Destra (senza virgolette), i quali persistono in un metodo e in un approccio alla QM secondo me sbagliatissimo che non li fa muovere di una virgola e che li inchioda alle loro posizioni come dei paracarri conficcati nell’asfalto. Metodo che è in larga parte lo stesso, da questo punto di vista, utilizzato da alcuni amici del “fronte laico”, diciamo così, e cioè una ricerca spasmodica della genesi filosofica o ideologica di un fenomeno insieme ad una sostanziale de-contestualizzazione e de-storicizzazione sia del fenomeno che si intende sottoporre ad analisi critica, sia delle filosofie o ideologie o religioni da cui quel fenomeno prenderebbe corpo.
Questo modo di procedere li conduce sostanzialmente ad assumere delle posizioni rigide e fissate una volta per sempre. Quella largamente maggioritaria nel Momas vetero tradizionalista e di destra, è quella che vede il femminismo come figlio della Sinistra, del Socialismo, del Comunismo, di Marx, addirittura di Hegel che con la sua dialettica avrebbe aperto la strada al femminismo (il che, da un certo punto di vista potrebbe anche essere corretto, ma è come dire che Leonardo Da Vinci con i suoi studi sul volo è responsabile dell’invenzione dei bombardieri che sganciano bombe dalla stratosfera…). Per i più tradizionalisti ancora la causa di tutti i mali (cioè l’origine del femminismo) risiederebbe nell’Illuminismo…
Il metodo qual è? Lo abbiamo spigato mille volte. Si prende uno stralcio del libro di questo o quell’autore, lo si decontestualizza del tutto, lo si trasporta ai giorni nostri e poi si dice:”Ecco, leggete cosa diceva tizio e cosa diceva Caio, sono loro i padri del femminismo!”.
A nulla vale spiegargli la complessità del fenomeno femministico e soprattutto della sua effettiva determinazione storica, cioè del contesto reale in cui è nato, cresciuto e proliferato, delle dinamiche, delle logiche e dei processi che ha concretamente determinato e messo in movimento. Nulla da fare, per loro il femminismo è figlio del comunismo. Punto e stop. Anche in assenza di comunismo, naturalmente, anche quando è evidente perfino ai sampietrini che il femminismo diventa ideologia dominante nel contesto del sistema capitalistico assoluto.
Niente da fare. Non ci si muove di una virgola. Della serie, la famosa “complessità”, questa sconosciuta.
Ora, mi pare che i nostri amici laici, mutatis mutandis, stiano commettendo lo stesso errore individuando nel Cristianesimo il padre spirituale del femminismo, magari facendo delle analogie (abbiamo parlato del senso di colpa ecc.).
Ma anche in questo caso l’operazione non ha nessun senso, dal mio punto di vista. Anche ammettendo (ed è possibile) che ci siano delle analogie e dei punti di condivisione (ce ne sono anche con la dialettica hegelo marxiana, se è per questo, non c’è alcun dubbio…), cosa cambierebbe? Basterebbe questo per dire che il femminismo (cioè il movimento e l’ideologia che si determina storicamente negli ultimi quarant’anni nell’occidente capitalistico) è figlio del Cristianesimo? Non lo è del Comunismo (e infatti in nessun paese “comunista reale” ve n’era traccia…), figuriamoci se lo può essere del Cristianesimo.
Sotto questo profilo ha sicuramente ragione Cesare quando dice che nessuna corrente filosofica, politica o culturale è oggi in grado di vantare una totale estraneità dal femminismo, proprio perché, come abbiamo già osservato da tempo, il femminismo è un fenomeno complesso le cui origini ideologiche sono molto diversificate ma finisce per determinarsi storicamente e nel diventare ideologia dominante (questo è ciò che conta veramente ed è su questo che dobbiamo concentrare la nostra analisi) all’interno del sistema capitalistico dominante di cui è alleato e strumento ideologico.
E’ da qui che bisogna partire, non andando alla ricerca dell’arca perduta, se mi passate la metafora. Partire cioè dall’analisi di ciò che realmente e concretamente è un fenomeno, quali interessi concretamente rappresenta, quali dinamiche reali ha innescato, quali trasformazioni reali ha determinato nella società, quali contraddizioni ha concretamente generato, e via discorrendo…E naturalmente da qui partire per cercare di capire quali potranno essere i suoi sviluppi ulteriori.
E questo non riusciremo mai a farlo se ci incaponiamo e ci arrovelliamo nel cercare di stabilire se la genesi del femminismo (ma il discorso potrebbe essere esteso a tutto…) è in questa o in quella ideologia che hanno fatto la loro comparsa secoli o addirittura millenni prima che però presentano delle analogie o degli elementi simbolici che potrebbero farlo risalire a quelle ideologie…ecc. ecc. ecc.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Il successo del sito UBeta credo risieda proprio nel porsi come ambito di discussione aperto ai contributi di persone interpreti di elaborazioni diverse, spesso individuali, persone che hanno attraversato la complessità ricchissima dell’ultimo quarto del XX secolo e il primo decennio del XXI. Gli anni della “tabula rasa” di ogni certezza.
Persone credibili perché dentro questi anni si sono spese senza calcoli personali per quello che hanno ritenuto e ritengono essere il bene comune e la verità. La loro riflessione è pertanto fondata sulla ricerca disinteressata. Il che a sua volta comporta la disponibilità ad affrontare il mare sconfinato del dubbio e dell’incerto precondizione per vedere la realtà effettuale ed accogliere nuove idee, sviluppare nuove sintesi, aprire nuove strade al futuro.
Da questo presupposto che di fatto è presupposto metodologico, nasce la possibilità che il sito UBeta non sia nè un talkshow di urlatori pro “capa sua”, nè uno degli innumerevoli bollettini settari di qualche frazione di frazione di conventicola culturale o di partito. Mentre invece è, ed ha pienamente senso e concreta possibilità che sia, quel tipo rarissimo di spazio libero dove nasce e si sviluppa una riflessione autentica, fucina di nuova consapevolezza.
Dico questo per confermare le regole di partecipazione al sito definite da Fabrizio, regole che mi permettono di aprire la porta alla proposta di Paolo Ferliga di partecipare ad una riflessione sul tema:” identità maschile e politica”. Questo non perché non se ne sia parlato, ma perché Paolo è persona dalle caratteristiche di cui sopra ed inoltre perché vale la pena una ripresa del tema con l’apporto del suo contributo.
Chi è Paolo Ferliga lo racconta molto bene l’omonimo sito. Per parte mia dico soltanto che politicamente ha militato nel Manifesto, è stato consigliere al Comune di Brescia a capo di una lista unitaria di sinistra, laureato in filosofia è psicoanalista junghiano, ed è un importante punto di riferimento per i suoi concittadini.
Mi auguro dunque che questa riflessione su “identità maschile e politica” possa continuare il suo cammino arricchita della presenza di un nuovo ” viandante”.
cesare(Quota) (Replica)
Benvenuto a Paolo Ferliga, non c’è neanche bisogno di dirlo…
E colgo l’occasione per ricordare a tutti che il nuovo giornale di rilfessione politica e culturale http://www.linterferenza.info è on line.
Buona lettura a tutti e… scaldate la penna!
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Chi è il filosofo e l’uguaglianza … dei torti.
http://anticristo.org/2014/05/05/chi-e-il-filosofo-e-profezia-sulluguaglianza-dei-torti/
Animus(Quota) (Replica)
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Concordo, infatti secondo me Freud aveva intravisto qualcosa, ma i tempi non erano ancora maturi per poterne dare una interpretazione totalmente corretta.
Infatti ritengo, che la pietra dello scandalo per la cristianità, il cd “peccato originale” non sia il parricidio divino, ma la paternità (biologica), che sotto quest’ottica allora, trovano anche una loro coincidenza.
E il fatto che non piaccia, non significa che non sia vero, infatti sfido chiunque a dimostrare che la storia della cristianità (nella sua accezione cattolica in particolare), e specialmente comparata con gli altri due monoteismi, non sia la storia della rimozione della paternità biologica, ed anzi, sia la Genesi (secondo l’interpretazione che ne da il cristianesimo) sia i Vangeli, traboccano di metafore volte a cancellare questa “pietra della scandalo”.
Animus(Quota) (Replica)
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Questo è vero in teoria, ma tu sai benissimo che col “filioque” (che procede dal Padre e dal Figlio), la Chiesa Romana è venuta meno anche a questo IMPORTANTISSIMO ordine, prima equiparando il figlio al padre, e poi, mettendoci a capo la madre, “la Madre di Dio”.
Una volta rotta la gerarchia Etica, passare dal Pater alla Mater, per mezzo di un il “dio in-carnato”, è stato un gioco da ragazzi.
A questo punto, una volta spianata la strada dal cattolicesimo, perché il lavoro grosso l’hanno fatto loro, tra l’altro, condannando chi vi si era opposto, sarei stato capace anch’io di costruirci sopra una teologia “femminista”…
Animus(Quota) (Replica)
Animus,
a capo la madre? Maddai. Sembra che tu la madre la voglia escludere come il femminismo e la modernità vogliono escludere il padre.
armando
armando(Quota) (Replica)
Fratelli miei, come gran parte di chi scrive sul sito, anch’io faccio per mestiere tutt’altro che leggere e studiare libri. A meno che non si tratti di testi connessi a creare valore aggiunto tramite il fare. Dico questo per dare ragione dell’inevitabile carattere non professionistico delle riflessioni che vado facendo: “volo”, quando mi riesce, alla quota del buon senso e del mio vissuto. Ed è dal mio “amarcord” che tiro fuori la seguente riflessione che mi auguro altri conduca con più precisione.
Negli anni 68/80 chi era impegnato per la “rivoluzione” mi ricordo cominciava a percepire un ostacolo bloccante nella seguente drammatica personale esperienza: l’ azione politica mirante alla trasformazione delle famosissime FP, alias forze produttive, rinviava la trasformazione degli altrettanto famosi RP, alias rapporti di produzione, ad un futuro non ben definito se non del tutto indefinibile. Qual’ era il problema drammatico? Era che nella trasformazione dei RP c’era dentro ciò che ognuno attendeva dal suo impegno ovvero la sua personale ed attuale “liberazione”. Metto tra parentesi liberazione proprio per sottolineare che questo era il busillis non definito della prospettiva socialista e comunista. Tanto più busillis quanto più vivendo in una società affluente non era certo la soddisfazione dei bisogni primari ciò di cui di soffriva la mancanza. Si viveva invece un disagio, una incompiutezza, la percezione di uno stato di profonda alienazione, in una parola un casino individuale da cui ci si voleva liberare. E siccome poi è sul bagnato che piove, non si riusciva nè a capire come concretamente questa esigenza di liberazione del soggetto potesse stare in rapporto con la oggettività degli obiettivi di lotta, ovvero la trasformazione delle FP, nè alcuno per quanto si spendesse con totale dedizione nella lotta politica era mai riuscito a migliorare di uno iota la sua personale felicità, (alias soluzione dei propri casini). Progressivamente venne alla consapevolezza di coloro che si stavano impegnando politicamente, che tra la liberazione/salvezza personale, ovvero l’area dei RP, e la lotta per le FP, c’era non un solco ma un baratro e che se non fosse stato subito colmato, in breve tutti se ne sarebbero andati a cercare la liberazione/salvezza da un’altra parte. E per la rivoluzione ogni prospettiva si sarebbe chiusa.
Mi ricordo che allora, mi sembra in casa degli interpreti Althusseriani di Marx, si corse ai ripari rivalutando i RP, nel senso di non derivarli dalle FP, bensì attribuendo loro pari importanza. Che tradotto credo volesse dire: senza prendere in considerazione il lato del soggetto e il necessario compito di una sua strutturazione contestuale ma comunque a prescindere dalla trasformazione delle FP, non si va da nessuna parte perché il termine liberazione, sostanza e motivazione del termine rivoluzione, finisce per non avere alcun significato di concreta liberazione per nessuno. E tutti se ne tornano a casa, nel famosissimo privato. Si cominciò allora a domandarsi come strutturare il vissuto rivoluzionario, la soggettività rivoluzionaria, i rapporti tra le persone, l’attesa di liberazione e di salvezza dal male personale di ognuno. In una parola ci si domandò come essere felici così da fare la rivoluzione e non come fare la rivoluzione per essere felici.
Tutto questa premessa per dire che questo è ancora il problema: nessuno crede più “al cammello prima di averci fatto su un bel giro”. È il buco del marxismo, già citato anche in alcuni post. Possiamo chiamarlo disinteresse verso la psicosfera ed anche della etosfera, tutte quante sottostimate e derubricate a sovrastruttura il cui profilo si aggiusterà dopo la rivoluzione delle FP. Oggi vi si può aggiungere anche e a ben maggior ragione l'”antroposfera” ovvero la sfera antropologica. Tutte consegnate, perché ritenute secondarie rispetto ai temi economici della struttura, a chi ha tempo e voglia di perdersi in quisquilie. Ma è sotto gli occhi di tutti quale catastrofico errore è lasciare ad altri la costruzione della soggettività che per la sofferenza indotta dall’attuale stato di cose cerca la liberazione giustamente qui ed ora. Da queste considerazioni consegue direttamente che la lotta per la difesa e la definizione dell’identità maschile, della integrità antropologica, ovvero la lotta per la revoca degli innumerevoli stati di alienazione del soggetto contemporaneo è altrettanto “strutturale” quanto la lotta per la modifica delle alienazioni economiche. RP e FP sono i due propulsori di un medesimo motore che mancando di uno qualunque dei due si inceppa e non si muove di un millimetro. .
cesare(Quota) (Replica)
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Suvvia Armando, perché fingi di non capire…
Sicuramente non sei un uomo che manca di grande perspicacia/intelligenza … e allora?
Io accetto pure la critica di essere speculare alle femministe, se tu ci spieghi, con parole tue, come ha fatto la Chiesa cattolica, a preservare la madonna, attraverso sua madre, dal peccato originale….
Non ha fissato con ciò, ultima ciliegina su una torta già avvelenata, una genealogia al femminile…”di madre in figlia”, unite dal fatto di essere immuni dal peccato originale, ossia, esenti dalla generazione col seme maschile?
Lo vedi, Armando, perché quando dico che gli antifemministi cattolici, che non vogliono prendere atto, fare il “mea culpa”, delle sciagure teologiche prodotte dalla Chiesa Romana, non sono credibili?
Lo dico, perchè lo so…
Non siete credibili.
Animus(Quota) (Replica)
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Chiaramente un lapsus.
Non “unite dal fatto di essere immuni dal peccato originale”, ma, “unite dal fatto di generare prole esente dal peccato originale”.
Animus(Quota) (Replica)
cesare,
D’accordissimo con Cesare con il quale, con il passare del tempo, scopro di avere avuto un percorso comune anche se lui è a Brescia e io a Roma e in quegli anni, dal ’68 agli ’80, non ci conoscevamo. Capisco benissimo di cosa parla perché ho vissuto quegli anni intensamente anche se sono un po’ più giovane di lui. Come sapete non sono un santificatore di Marx (e di nessun altro), penso però che Marx sia stato un grandissimo interprete della realtà in cui lui ha vissuto e non solo perché da un certo punto di vista il suo approccio interpretativo e la sua dialettica sono ancora sostanzialmente attuali, sia pur in un contesto in grandissima parte diverso da suo.
La mia opinione, tornado al discorso di Cesare, è che l’errore (la contraddizione rimasta irrisolta fra FP e RP nella fase storica a cui fa riferimento Cesare stesso che è quella che va dal 68/69 ai primissimi anni ’80), non sia stato commesso da Marx ma dai “marxisti” dell’epoca a cui ci stiamo riferendo . A mio parere anche da Althusser (che pure era un fine pensatore, sia chiaro, anche se completamente “fuori di testa” da un certo punto di vista, come tanti uomini di genio, ma questo è un altro discorso…) che non riesce a fuoriuscire dalla tradizionale relazione, in senso marxiano, fra struttura e sovrastruttura, e ne rimane sostanzialmente prigioniero. Non a caso Althusser è uno dei padri dello strutturalismo. Personalmente infatti, ho sempre trovato molto più interessanti Adorno e Horkheimer (e anche Marcuse) che sono fondatori di un’altra scuola e che invece forse per primi (per lo meno nell’ambito dei pensatori di formazione marxista), hanno cominciato ad indagare altri territori, tra cui quello psichico e psicoanalitico e naturalmente della stretta interrelazione fra quell’ambito che potremmo definire “sovrastrutturale” (ma per loro non lo era più, e infatti ciò gli valse la scomunica da parte dei “marxisti ortodossi”) e la “struttura”. Questa dicotomia per i “francofortesi” era ormai da considerare superata, nel senso che struttura e sovrastruttura, e controllo della “ex” struttura e della “ex” sovrastruttura (passatemi il linguaggio poco ortodosso…) da parte del dominio capitalistico (ma la loro critica radicale si rivolse anche al socialismo reale e al sistema sovietico) erano da considerare entrambe parte dello stesso processo di riproduzione del dominio capitalistico (di cui anche il socialismo reale, al di là del vestito -potremmo utilizzare il termine “sovrastruttura”, in senso tradizionale però, in questo caso – ideologico, era sostanzialmente parte). Mi fermo perché qui bisognerebbe scrivere per mesi senza fermarsi.
Dalle stelle alle stalle, la contraddizione (una delle più clamorose) a cui fa riferimento Cesare, si tradusse in quella fase storica e per quella generazione nel famoso conflitto fra “personale e politico”. Contraddizione che poi, inevitabilmente , esplose in modo clamoroso fino ad avere esiti molto gravi. Perché un’intera generazione, in seguito a quella contraddizione (e a quell’errore di cui parlerò fra breve) irrisolta, si ritrovò praticamente allo sbando. Incapaci di trovare una soluzione al dilemma e cioè “prima la rivoluzione che modifica la struttura (RP) e poi così ci saranno le condizioni per occuparsi della nostra felicità (ma la rivoluzione non arrivava…) oppure prima il “personale”, cioè la ricerca della felicità, perché non si può aspettare una rivoluzione che non arriva mai?
Dilemma assai arduo specie per una gran parte di quella generazione (sessantottina) di “contestatori”, che non era composta da proletari (che il problema del tempo non lo hanno per ovvie ragioni, perché proletari sono e proletari restano salvo poche eccezioni che confermano la regola e soprattutto servono al sistema capitalista per dimostrare che “chi veramente vuole e si impegna ce la può fare” …) ma da piccolo-medio e a volte anche alto borghesi che per tante diverse ragioni (fra cui, nel migliore dei casi, la hegeliana “coscienza infelice” e nel peggiore dei casi per moda…), avevano scelto di sposare le sorti magnifiche e progressive della Rivoluzione Comunista.
Ma la Rivoluzione ha i suoi tempi che non possono essere stabiliti da chi dice di volerla fare e che se ne fregano delle esigenze di quei giovani medio o alto borghesi che a un certo punto si stancano,mandano a farsi benedire la riflessione sulla possibile soluzione della contraddizione fra FP e RP, e cominciano a “rifluire nel privato”, cioè ad entrare in banca (nel caso dei piccolo borghesi…) oppure a trovare una sistemazione (ancor meglio se aiutati da papà che magari fa il direttore di un “giornale dei padroni” oppure è un alto dirigente di una banca o di un ente pubblico o il produttore cinematografico, però “progressista”…) per cercare non dico la felicità (che non è di questo mondo) ma una comoda collocazione nella società “borghese” (che nel frattempo stava diventando ultracapitalista, va bè, non apriamo questa riflessione…), nel caso dei medio-alti (borghesi) .
Fin qui tutto bene. Il problema è che tanti altri (quelli che non avevano papà alle spalle o magari perché le speranze che avevano riposto in quell’esperienza erano più profonde …) non si sono ricollocati e si sono sostanzialmente sbandati, in un senso o in un altro, sia chiaro. Molti sono finiti ad ingrossare le fila delle organizzazioni armate (terroriste), molti altri sono finiti nel circuito della droga (che allora era l’eroina). Altri ancora (non vuole essere una polemica con nessuno…) hanno invece “sdirazzato”, come si dice in gergo, cioè hanno cercato altre strade (legittimo, sia chiaro) che li hanno portati in altre direzioni. Alcuni fra questi, in questa ricerca, hanno mantenuto lo stesso spirito che li animava prima (il bisogno di giustizia, il superamento dello sfruttamento e dell’alienazione in ogni sua forma, un sostanziale umanesimo di fondo), ma lo hanno incanalato in forme, modalità e “strutture” altre rispetto a quelle di prima (se mi passate la metafora che non vuole essere offensiva nel modo più assoluto, una fra queste potrebbe essere la parrocchia invece che la sezione di partito, oppure la fede in Dio piuttosto che nel Comunismo). Altri invece hanno proprio “sdirazzato” nel senso più ampio e compiuto del termine, e sono sostanzialmente passati nel campo avverso. Questi sono molto spesso i più realisti del re. Ma ora non ci interessa parlare di questa gente e francamente non merita neanche il nostro tempo.
Ma torniamo a noi e al punto in questione così puntualmente individuato da Cesare.
Al di là delle vicende di quella generazione bella e disgraziata al contempo (della quale anche io faccio parte…), qual è (a mio parere…) l’errore di natura teoretica interpretativa che secondo me è stato decisivo (al di là dei colpi inferti dallo stato e dal sistema) per frantumare quell’esperienza?
E’ un errore di tipo appunto teoretico. Marx , come dicevo è stata un grande interprete della sua epoca storica e ha avuto anche grandissime intuizioni che restano tuttora valide. Basti pensare al concetto di alienazione che tuttora è l’elemento centrale della società ultracapitalistica, anche se in forme in larga parte diverse da quelle descritte da Marx stesso, né potrebbe essere altrimenti. La teoria marxiana dell’alienazione infatti (mi dispiace che non ci segue più quell’Albert con il quale polemizzai spesso a suo tempo e al quale volutamente non risposi proprio sulla teoria marxiana del valore…) era per ovvie ragioni, direttamente collegata alla teoria del valore, e quindi del plusvalore (assoluto o relativo, ora non è questo il punto..). Ai tempi in cui Marx scriveva il valore d’uso (determinato dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrre la merce) era preponderante rispetto al valore di scambio, che oggi, nella realtà del sistema capitalistico assoluto, è ovviamente in larghissima parte (anche se non del tutto, ovviamente) svincolato dal primo (cioè dal valore d’uso). E questo per ovvie ragioni: innanzitutto lo sviluppo tecnologico che fa sì che per produrre una determinata merce servano oggi quantità e tempo di lavoro sempre minori fino ad arrivare addirittura allo zero (sto semplificando terribilmente e me ne vergogno quasi, però ci capiamo..). E’ quindi evidente che il valore di scambio di una merce sarà determinato da un insieme di altri fattori che costituiscono quello che comunemente definiamo con il termine di Mercato. Il Mercato (in senso ampio e lato) è ciò che definisce il valore di scambio di una merce.
Tutto questo ridicolo (me ne rendo conto) “bignamino” per arrivare a dire nel modo più sintetico possibile che la teoria dell’alienazione, che Marx aveva più che brillantemente scoperto, non può più essere (o solo in parte) strettamente collegata al valore d’uso e quindi allo sfruttamento delle persone (che permane, sia chiaro…) ma ad altri fattori. E questo, sempre per restare nella banalità, è evidente; ai tempi in cui Marx operava gli operai erano inchiodati 12 o 14 ore al giorno a una catena di montaggio ad avvitare il famoso bullone, cioè a ripetere in maniera ossessiva lo stesso gesto come scimmie ammaestrate e contestualmente a creare plusvalore , cioè profitto per il padrone. Ecco perché teoria del valore e teoria dell’alienazione erano strettamente collegate (però, tutto sommato, come riduttore di filosofia per ragazzini potrei anche fare la mia porca figura… *rofl* ).
Nella società capitalistica attuale (ormai da una cinquantina d’anni..) questa relazione dialettica (fra teoria del valore e teoria dell’alienazione) si è profondamente trasformata, e l’alienazione (che è il punto centrale dell’analisi marxiana, che nessuno è stato ancora capace di superare, men che meno i rozzi burocrati del socialismo reale che secondo me non avevano letto neanche una riga di “Das Kapital” ma neanche delle altre opere marxiane …) ha assunto, come sappiamo bene (perché è l’oggetto della nostra analisi), forma nella gran parte dei casi, completamente diverse da quelle che oggettivamente ha descritto Marx. Né potrebbe essere altrimenti. Ma se i “marxisti” post Marx, a distanza di un secolo e mezzo, invece di attualizzare e contestualizzare la teoria marxiana la “cementificano”, la pietrificano e così facendo la applicano in modo ottuso (non mi piace esprimermi in questo modo però non posso fare altrimenti..) e pedissequamente alla realtà contemporanea, è ovvio che poi questa contraddizione prima o poi esplode. Ma questa non è certo colpa di Marx! Bisognerebbe naturalmente ora riflettere a lungo sul perché la dialettica marxiana sia stata trasformata in una sorta di religione secolarizzata ma non è questa la sede (magari sull’Interferenza..) e ci vorrebbe troppo tempo.
Ecco perché quei giovani non trovavano risposte adeguate al loro disagio, cioè alla loro alienazione, nel racconto che veniva loro fornito o impartito dall’intellighenzia post marxista dell’epoca. Perché la loro alienazione (anche quella dei giovani non proletari, piccolo o medio borghesi) era di tutt’altra natura, ma non ne avevano ancora percezione. Il che non significa, e questo è un altro errore clamoroso, pensare che quell’alienazione sia separata dal contesto sociale e culturale in cui si è gettati. Questo è l’errore che ha portato e porta molti a rifugiarsi nella sfera intimistico-spiritualista, e ad affrontare le problematiche derivanti dalla loro condizione di alienazione (e di trasportarle su un altro piano), cioè quello trascendentale e spirituale, che potrebbe, a quel punto, diventare un’altra forma di alienazione.
Naturalmente ora potremmo non finirla più, data la vastità e la complessità del tema. Ma questo è un nodo fondamentale. Nodo che io individuo appunto nella incapacità (e mi rendo conto di fare un’affermazione presuntuosa) da parte della attuale intellighenzia (non solo quella post marxista , ovviamente, ma in generale), di saper interpretare in modo adeguato la realtà, cioè a fare quello che Marx avrebbe definito come “entrare in una relazione dialettica con la realtà”.
Sulle ragioni di questo mi fermo, per ovvie ragioni di tempo e spazio. Ma il discorso è interessantissimo e secondo me dovrebbe essere proseguito sull’Interferenza (e anche qui contestualmente).
Quindi, caro Cesare, ti chiedo di postare il tuo commento sull’Interferenza (http://www.linterferenza.info/) nell’ambito dell’articolo di Rino “Modernità e complessità” e a quel punto io ti rispondo con questo stesso commento che leggi ora e poi chi vuole proseguirà il dibattito. Posso dirti che collaborano alcuni giovani intellettualmente molto vivaci e un altro mio amico (nostro coetaneo) molto ferrato in materia, quindi, pane per i nostri denti…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Interessante e vero guardare al marxismo come teoria della alienazione, come critica dell’alienazione, che nella sostanza è se ho ben capito muoversi nella direzione o nella suggestione dei ” francofortesi” cui hai fatto riferimento come risolutori della contraddizione ” rivoluzionaria” felicità hic et nunc e felicità postrivoluzione, contraddizione che ha affondato il socialismo reale come quello ideale storicamente dato. Dunque marxismo come critica dell’alienazione, e rivoluzione come percorso di revoca. In questa critica e in questo percorso che ruolo ha avuto il tempo? Parto dal tempo perchè la contraddizione di cui sopra si struttura tra un adesso e un futuro che non riescono a relazionarsi. E se l’adesso e il futuro stanno in opposizione, come non ipotizzare che sia ciò che è nel tempo un inganno? Come non pensare che sia nella direzione di un luogo che non ha tempo che si deve guardare? e sia ben chiaro, non certo per sfuggire al tempo/Storia ma al contrario per poterci entrare sapendo chi sei e che cosa porti? Da qui il viaggio nell’inconscio, alla ricerca dei fondamenti dell’essere uomo e maschio, sia nella prospettiva pensiero critico freudiano che junghiano, da qui il viaggio nell’interiorità umana alla ricerca di Dio. Ritengo nella loro originaria verità che queste strade non siano fughe dalla realtà, rimozioni dell’appartenenza di ciascuno ad una vita che comunque si dà nel tempo, ma al contrario fondazioni dell’inveramento autentico della propria umanità e proprio per questo scandalo per l’attuale stato delle cose che abbiamo chiamato ” naturalizzazione del sistema capitalistico” . Ricorrendo a riferimenti del vissuto di milioni di maschi, l’interesse del sistema a destrutturare il maschile e il paterno è un evidentissimo processo di alienazione portato avanti su scala planetaria. Così come l’estraniazione dell’umano dalla sua ” originaria” strutturazione antropologica per immetterlo con le dovute alienazioni stranianti nel processo di trasformazione in merce, processo che ha nella dichiarazione del concepito come res nullius il suo presupposto teorico e pratico fondativo. La Chiesa Cattolica stessa nel suo ricollocarsi dentro una area geopolitica di popoli necessariamente antagonisti e come si auspica nella sua riscoperta fedeltà ad una professione di fede per se stessa simbolicamente antagonista all’ideologia femminista del capitale, può diventare e forse sta diventando capace di un percorso di revoca della alienazione. E ancora: il formidabile percorso che fu iniziato più di un decennio fa da quei maschi che si riconobbero nel maschio selvatico, è un percorso da ribelli, è la strutturazione qui ed ora di una identità di per se stessa antiideologica e antagonista. E per ora finisco qui.
cesare(Quota) (Replica)
Dunque teoria e critica dell’alienazione.
E allora: c’è una prospettiva di una vita più felice dalle parti di Ubeta? quale il “dono” di Ubeta? È il sito già un “setting” strutturato per una prima uscita dalla alienazione/estraniazione indotta dall’ipercapitalismo e dalla sua falsa coscienza? E se lo è, in che modo lo è? ed eventualmente si può rafforzare questa sua vir-tus liberatoria?
Si può pensare ad una mappatura dei “percorsi” di revoca della alienazione o definire quali le caratteristiche di un “percorso” perché sia di inveramento dell’umanità di ciascuno?
quale il percorso di revoca della alienazione qui ed ora che Ubeta propone?
cesare(Quota) (Replica)
cesare,
Riflessioni e quesiti che ci/ti poni, caro Cesare, assolutamente pregnanti e interessanti che per quanto mi riguarda, necessitano di una risposta articolata che per ragioni di tempo e impegni non potrò darti prima do domani o dopodomani.
P.S. nel frattempo colgo l’occasione per informarvi che l’hacker che attaccò un anno e mezzo fa il nostro profilo su facebook, il mio personale e la mia posta elettronica personale, e che si firma come “Weibliche Rebel”, si è fatta/o vivo ieri con un commento su facebook in cui (in tedesco) è scritto testualmente che “L’Interferenza” incita all’odio di genere e razziale e che dovrebbe essere perseguita”.
Si tratta ovviamente di una volgare e spudorata menzogna e di una squallida provocazione che dimostra però che il personaggio ci segue con grande attenzione.
Naturalmente sarà mia cura denunciare per l’ennesima volta il fatto alle autorità competenti oltre ovviamente a denunciare l’autore di questo gesto (anche se ovviamente ignoto) per diffamazione.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
cesare,
Caro Cesare, mi sembra che nel tuo primo post siano in fondo già contenute le risposte ai tuoi quesiti. Ma forse le domande che ponevi in realtà volevano essere delle affermazioni che noi in qualche modo potessimo confutare e/o fare nostre.
Per quanto mi riguarda ti dico subito che le faccio mie, senza nessun problema. Mi pare che tu abbia colto appieno il senso del mio commento precedente in cui davo qualche cenno sul tema dell’alienazione che tuttora, anzi, da un certo punto di vista, oggi più di ieri, è il tema centrale. Perché mi sembra evidente che pur persistendo quelle strutture economiche che hanno creato quel genere di alienazione a cui facevo sinteticamente e volgarmente cenno nella mia risposta al tuo commento, non c’è dubbio che altre “strutture” abbiano fatto la loro comparsa. Mi riferisco ovviamente alla sfera psichica che ormai da tempo tutti noi abbiamo indagato o stiamo indagando, che naturalmente non può essere considerata né tanto meno interpretata come un “qualcosa” di separato dal reale ma appunto come parte integrante e strutturale (quindi non sovrastrutturale nel senso tradizionale..) del reale. Mi sento anzi di dire che da questo punto di vista, proprio grazie a questa indagine, siamo stati e siamo forse dei pionieri (non vuole essere un plurale maiestatis…). Dico che siamo stati dei pionieri non certo perché altri non abbiano indagato prima di noi la “psicosfera” (la mia presunzione non arriva a tanto…) ma perché noi siamo stati capaci di cogliere alcuni aspetti che altri non sono stati capaci di cogliere, o forse perchè non c’erano ancora le condizioni per poterle cogliere. Questo non possiamo saperlo.
Tornando a noi, chiedersi-mi-ci come fai tu, se c’è una prospettiva di maggior felicità attorno al progetto di Uomini Beta, è una domanda (che non può avere una risposta, o meglio, ciascuno se la deve da solo…) da cento milioni, come si suol dire. Ma forse, ripeto, non è neanche una domanda ma un modo per riflettere a voce alta e insieme a tutti noi.
Posso però dire una cosa (che è poi quella che mi ha spinto a dare vita a Uomini Beta), e cioè che la scoperta della QM (e naturalmente il mio modo di interpretarla) è stato per me un passaggio esistenziale fondamentale, una presa di coscienza di incredibile potenza e vitalità che non può essere paragonata a qualsiasi altra mia precedente esperienza, sia essa di ordine politico, professionale, “sentimentale” e anche psicoanalitico. Per dirla se vuoi con un luogo comune anche scontato (ma credo che ci capiamo..), ero convinto di avere già raggiunto un determinato livello di maturità e di consapevolezza, dopo tanta esperienza maturata in tutti gli ambiti della vita. Insomma, per dirla in parolacce, ero convinto di avere raggiunto la mia maturità come uomo, e invece non era così. Non ero ancora pienamente e totalmente uomo. La QM mi ha fatto fare un salto di qualità, ha aperto uno squarcio, un differente posizionamento sulla vita e sul mondo, una sorta di ri-orientamento gestaltico, potremmo dire, in gergo psicologico, che a sua volta mi ha portato ad osservare la realtà (nel senso più ampio a cui facevo riferimento sopra…) e a relazionarmi con essa in un modo che prima era per me sconosciuto. Insomma, una rivoluzione copernicana, per dirla metaforicamente. Una rivoluzione che, lo dico senza nessuna enfasi (e rispondo, sia pur a titolo soggettivo e personale, a una delle tue domande), ha generato degli effetti che vanno oltre il mio personale impegno nel Momas, e ha fatto emergere o riemergere energie e risorse che pensavo di non avere più o che forse erano sopite.
E questo non è casuale né tanto meno credo solo dovuto ad un fatto personale. Ma è dovuto proprio al fatto che la QM (e l’interpretazione che noi le stiamo dando) è in grado di cogliere la natura profonda di quell’alienazione (e quindi del reale, o meglio dell’estraneazione dal reale) che altri approcci non sono in grado di cogliere. Non perché siano del tutto fallaci ma perché sono parziali, perché mancano cioè di un pezzo fondamentale che è quello che noi, magari presuntuosamente, siamo convinti di aver scoperto.
Tornando alle questioni da te sollevate, quello che mi viene da dirti, e ti prego di credermi che non te lo dico per piaggeria, è che tu sei forse quello che più di ogni altro ha colto lo spirito di UBeta.
Lo capisco da quello che scrivi, da come ti relazioni al dibattito, da come questa tua relazione si è modificata nel corso degli anni, dalla capacità che hai dimostrato di entrare in quella famosa relazione dialettica (a me tanto cara) con tutti noi e con il movimento. Dall’altra parte, se me lo consenti, credo che anche tu sei stato “contaminato”, o meglio, ti sei lasciato contaminare, forse perché il terreno, nonostante le diverse strade intraprese, era già arato, o forse semplicemente perché, nel caso specifico, abbiamo tante cose in comune, un parziale percorso che guarda caso si ricongiunge ora . E la risposta è ancora una volta nelle tue stesse domande.
Il percorso di revoca della alienazione, chiedevi ? E’ quello che stiamo facendo. Sono convinto che quanto vale per il sottoscritto possa valere anche per gli altri. Nessuno, secondo me, fra i presenti, è lo stesso di cinque o sei anni fa, quando iniziammo questa avventura. E questo conferma , per quanto mi riguarda, che il nostro percorso, come dicevi tu, è già un “setting”, come tu stesso lo hai definito, per una prima uscita dalla alienazione/estraniazione indotta dall’ipercapitalismo e dalla sua falsa coscienza.
Mi-ci-ti chiedevi altresì se si può rafforzare questa sua vir-tus liberatoria e si può pensare ad una mappatura dei “percorsi” di revoca della alienazione o definire le caratteristiche di un “percorso” perché sia di inveramento dell’umanità di ciascuno.
Il percorso in qualche modo, da un certo punto di vista, lo abbiamo tracciato. Una comunità l’abbiamo costruita. Dobbiamo farla crescere, sia dal punto di vista “materiale” che “immateriale”. Dal punto di vista politico e dal punto di vista sociale e umano. E siamo solo all’inizio. Però se pensi che solo qualche anno fa il nostro problema era quello di uscire dalla rete, dal virtuale, qualche passo in avanti lo abbiamo fatto…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
cesare,
La questione del “tempo” sollevata da Cesare è fondamentale per più aspetti. Ciò che necessita a questa società è il suo annullamento. Di quello passato , storico e personale, perchè è lì che sono le radici di ciò che siamo oggi e quindi si sono strutturate le identità, personali, culturali e di genere. Lo abbiamo detto più volte: il soggetto perfetto e funzionale a questa società è quello senza identità, in disperata ricerca di una qualsiasi che troverà bella e confezionata negli oggetti che gli vengono messi a disposizione come un surrogato dell’essere.
Di quello futuro perchè pensare il futuro significa immediatamente fare scelte in sua funzione. Non solo in termini economici, ma anche psichici. Significa cioè investire energie, tempo, volontà, denaro per il dopo, trascurando il godimento immediato, dove per “dopo” intendo anche a favore delle generazioni a noi successive.
E’ ovvio che chi non ha passato o lo rifiuta non ha neanche direzione per il futuro.
Tutto ciò è incompatibile col ciclo del consumo (di cose e di tempo) che è funzionale alla riproduzione allargata del capitale. Incompatibile in termini strettamente economici, ma anche in termini psicologici. Chi è saldo nel suo passato e guarda al futuro non può pensare che l’esistenza si consumi solo nel presente, attimi che nascono e muoiono mentre nascono e si ripresentano all’infinito identici a se stessi, quindi da consumare ognuno con frenesia e senza sosta. Ma questo è ciò che vogliono si faccia, per non pensare, per alimentare il circuito alienante in cui siamo immersi. Uscire dall’alienazione significa quindi riappropriarsi del tempo, storico e personale, tempo passato e tempo futuro, e su di esso ri-costruire le identità solide affogate nell’insenso della società liquida.
armando
ARMANDO(Quota) (Replica)
Ecco, infatti Armando, il tempo come dimensione a portata di mano per uscire dalla alienazione. Mi viene in mente un racconto di fantascienza di cui non ricordo titolo e autore. In esso si narra di un uomo che si vide arrivare in ufficio il diavolo che disse che era li per farlo ricco e potente ed irresistibile per le più belle donne. In una parola felice. Naturalmente in cambio, un giorno si sarebbe ripresentato a prendersi la sua anima. Il contratto, da firmare seduta stante, prevedeva tuttavia una clausola di salvezza imposta dal Buon Dio: una prova che avrebbe conosciuto a suo tempo e che se superata lo avrebbe liberato dall’obbligo contrattuale. Prova, beninteso, che nessuno aveva fino ad allora superata. Un po’ per scherzo un po’ per curiosità, il nostro impiegato accettò, firmò e controfirmò il contratto. Il diavolo se ne andò. Passarono dei mesi da quell’incontro e il nostro uomo continuò la sua vita in ufficio e non successe nulla. Finchè un giorno una improvvisa promozione non fu l’inizio di una serie straordinaria di successi professionali, cui seguirono incarichi e guadagni sempre più importanti. Reso piacevolissimo dal successo e ricco divenne uomo ambito dalle donne più belle, si sposò, entrò nella società che conta. Ormai era dimentico di quello strambo visitatore, quando, un bel giorno, fu avvicinato da un tizio che a fatica riconobbe nel visitatore misterioso che gli mostrò con grande gentilezza l” antico contratto dicendo che era li per prendersi l’anima. Ed ecco che, terrorizzato, si trovò chiuso in una stanza, o meglio un parallelepipedo di acciaio, con le pareti saldate senza alcuna via d’uscita. Da fuori il diavolo enunciò la clausola di salvezza: se riesci a uscirne rinuncio alla tua anima. Il poveretto provò e riprovò se per caso ci fosse una porticina segreta, provò con la forza se per caso ci fosse un punto cedevole, ragionò e ragionò sulle proprietà geometriche dei parallelepipedi. Nulla di nulla: era irrimediabilmente rinchiuso e pertanto perduto. Disperato si accasciò sul pavimento. Passarono momenti infiniti di abbandono. Quando, si accorse di una leggera brezza sul viso: quella fresca brezza doveva venire dall’esterno, dalla salvezza! Ma come poteva farsi strada? Disperato volse il viso verso di essa, chiuse gli occhi pieni di lacrime. E all’improvviso capi: il diavolo l’aveva chiuso dentro una stanza d’acciaio, dentro le tre dimensioni dello spazio, ma la clausola di salvezza voluta dal Buon Dio prevedeva che fosse lasciata libera la dimensione del tempo. Pieno di speranza percorse allora con la mente tutta l’estensione del tempo fino al momento prima di apporre la sua firma al patto con il diavolo. E giunto a quell’istante si rifiutò di firmare. Era salvo. Si ritrovò all’alba, nella fresca brezza del mattino, fra i fiori e le piante del suo splendido giardino. Con il cuore pieno di gioia e di riconoscenza attese le voci argentine dei suoi cari al risveglio.
cesare(Quota) (Replica)
Il TG1 delle 8, servizio dal Cairo del corrispondente italiano, informa che il generale golpista Al Sisi, ieri, giorno in cui ha festeggiato la sua presa del potere, ha visitato in ospedale, con grande risalto mediatico, una studentessa vittima di un tentato stupro. Il corrispondente dall’Egitto aggiunge che il regime di Al Sisi è riuscito nell’intento di rovesciare il precedente governo,(un governo legittimo uscito da libere elezioni democratiche), grazie all’appoggio delle donne egiziane. È di ieri l’altro la decisione di una dirigente di partito braccio destro di Gheddafi, di schierarsi a difesa dei diritti delle donne. Le Femen orinano sulla foto di un Presidente legittimo e vanno a braccetto dei neonazisti ucraini e dei mercenari targati USA che lo hanno deposto con un golpe.
Applausi e consensi dai media occidentali all’uno, all’altra e a quell’altre.
Al Sisi è un golpista, un torturatore di decine di migliaia di cittadini egiziani, uno che ha trasformato l’Egitto in una gigantesca galera per gli oppositori, i suoi tribunali speciali erogano migliaia di condanne a morte a (ad oggi più di 1200 e lascio immaginare che cosa sono 1200 forche una in fila all’altra), la sua politica economica rovescia i precedenti criteri di sostegno e promozione dei ceti meno abbienti.
La dirigente libica ha condiviso con Gheddafi carcerazioni e torture degli oppositori. Delle Femen si è detto.
L’abuso strumentale, al fine di legittimarsi davanti alla ormai malconcia e impresentabile coscienza democratica occidentale, che questi criminali fanno delle tematiche sulla tutela delle donne è evidente. Ma francamente il gioco
è scoperto perché ovunque c’è la vera violenza di massa su iniziativa occidentale, stile massacri e torture da golpismo alla Pinochet, o guerre imperialistiche, da anni troviamo, come giustificazione e legittimazione, non la difesa della donna ( le madri, le compagne, le figlie, dei condannati a morte, dei carcerati, dei torturati, e le cittadine che hanno votato sostenuto il governo legittimo chi sono?) ma l’ideologia femminista.
Chi mai si sarebbe immaginato che le parole pronunciate nei girotondi libertari delle donne di fine secolo, sarebbero finite sulla bocca di golpisti, di guerrafondai, di impiccatori e torturatori della povera gente. E soprattutto sulla bocca dei committenti di queste violenze, gli attuali padroni dell’ottanta per cento delle risorse del pianeta?
cesare(Quota) (Replica)
il mio ultimo articolo pubblicato su L’Interferenza:
http://www.linterferenza.info/editoriali/indignazione-a-senso-unico/
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Eh eh, Fabrizio, ho letto qualche commento dei “compagni” e soprattuto, della “compagna”.
E con queste alleate che gli uomini di sx speravano di cambattere un “nemico” (esterno), quando un altro (e forse ancor più terribile) nemico, ce l’avevano al loro fianco….all’interno?
Grandiosa e mirabile miopia maschile, quella di andare a letto con il nemico … considerandolo … l’amica.
Animus(Quota) (Replica)
Animus,
bè, fortunatamente, come puoi vedere, in parecchi stanno cominciando a cambiare idea nel merito…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)