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Ieri sera ho invitato la mia ragazza a cena.
Solita routine: chiamo la pizzeria vicina a casa mia, ordiniamo le nostre pizze preferite per le venti, andiamo a prenderle, torniamo, ci mettiamo a tavola, accendiamo la tv sul 5 mentre va in onda il tg.
C’è la Parodi, si proprio lei, che proprio in quel momento preciso mette l’aria greve di ordinanza, e comincia a parlare dell’ormai consueta violenza sulle donne, e anzi rilancia dicendo che forse è il caso di chiamare questa serie di donne uccise da uomini con il termine “femminicidio”. Si avete capito bene: “femminicidio”.
Ascoltiamo il servizio, ci rimettiamo a mangiare in silenzio, lei mi guarda e dice: “Non è che poi mi ucciderai anche te?” Con un tono di voce che mal celava un suo stato d’animo per me inedito, mai visto nè sentito, un mix di angoscia remota misto a ironia e incredulità.
La guardo e le dico “Ma sei rincoglionita?!”.
Il mio stato d’animo però lo conoscevo bene in quel momento, un misto di rabbia di chi è accusato senza aver compiuto il misfatto, condito da un gusto amaro che dallo stomaco era salito in gola strozzandomi leggermente la voce.
L’amarezza di chi si sente sconfitto nella maniera piu infame e subdola, quella sconfitta davanti alla quale uno può solo commentare: “Ebbravi! Avete vinto pezzi di merda schifosi, ora siete contenti? Siete soddisfatti di aver fatto finalmente centro, luridi infami?”
Dammi tre parole: sospetto, angoscia, terrore.
La strofa della loro canzone è quasi terminata, ora parte il ritornello del tormentone che tutti dovranno subire.
61 Commenti
In questi giorni è in atto un’offensiva mediatica antimaschile in grande stile. Stanno sparando con tutta la potenza di fuoco di cui dispongono: Rai, Mediaset, quotidiani (Repubblica e Corsera in prima linea).
Ormai la parola d’ordine è: “femminicidio”. Tra non molto, ci scommetto, sentiremo parlare di leggi ad hoc con carico di pena aggiuntivo (come per il decreto Maroni antistupri).
Ma non è questo il vero obiettivo, che è invece quello di prostrare psicologicamente gli uomini, colpevolizzarli da qui all’eternità, schiacciarli definitivamente, devitalizzarli, paralizzarli.
Quello in atto è un processo di castrazione psicologica; non c’è altro modo per definirlo.
Mi torna in mente l’osservazione di Massimo che trova esagerato e controproducente parlare di “nazifemminismo”.
Ha ragione, da un punto di vista tattico e politico, non c’è dubbio. Ma sotto il profilo ideologico e psicologico trovo assai difficole definire in altro modo ciò che sta avvenendo.
Ed è risaputo che chi parla non è un estremista.
Il tutto avviene contemporanemente alla più grande offensiva politica-sociale neoliberista che sia mai stata sferrata da mezzo secolo a questa parte.
Solo un caso?
NO.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
E’ chiaro che dietro il “femminicidio” c’è molto altro. Come osservato acutamente da Fabrizio, dietro queste accuse ripetute ossessivamente c’è chiaramente il tentativo di operare una sorta di “colpo di stato”, cioè ribadire indirettamente la “superiorità” femminile sul maschile per ottenere quanto più potere decisionale possibile, da quello politico al controllo dei media, ecc.. Quello che sta scorrendo lentamente sotto i nostri occhi, e che pochi hanno la capacità di cogliere, è un vero e proprio travaso di potere dalle mani maschili a quelle femminili, meglio femministe, attraverso la leva del senso di colpa: occorre cioè dimostrare, e niente appare meglio di questo tema, la necessità che siano le donne a prendere il controllo della situazione per ovviare a questa emergenza e di rimando a qualsiasi emergenza. Ricorda la sapiente strategia che ha portato la destra al potere nelle ultime elezioni politiche, tutte giocate sul tema dell’emergenza sicurezza. In questo caso, però, non è tanto un blocco sociale a voler emergere, anche se le “menti” femministe appartengono in gran parte a un’area sociale benestante( il radical chic) e sul tema del “potere” sono concentrate e non certo su quello della mera sopravvivenza (Fornero docet) , ma un genere sessuale sull’altro, qualcosa che certamente nulla a che fare con la competizione democratica. Una chiara testimonianza di come il femminismo vada oramai ascritto a quelle forme ideologiche di disprezzo dell’altro, di demonizzazione dell’altro, che vanno combattute da chiunque abbia a cuore i valori della democrazia.Iinsomma, femminismo fa sempre più rima con sessismo, razzismo, ma ancora in pochi sembrano accorgersene.
p.s.: in questi giorni non ho sentito tante critiche rivolte dalle donne di sinistra alla ministra Fornero. Addirittura ho assistito alle lodi della ministra da parte della cantatutrice Marini durante la trasmissione di Gad Lerner. Fa eccezione una vera donna di sinsitra, Milena Gabanelli, che ha invitato la ministra a dare il buon esempio, rinunciando alla pensione retributiva a vantaggio di quella contributiva, dal momento che ha definito la prima un privilegio. Davvero complimenti alla Gabanelli: la classe non è acqua.
P.s.2: proprio oggi è in atto, nella pagina on line de “il Fatto quotidiano”, il linciaggio mediatico di Massimo Fini. Lo aspettavano tutti al varco e alla prima gaffe, tra l’altro di pessimo gusto, ha parlato di “ragazze sculettanti” senza sapere che le medesime erano poi state assassinate da un pastore macedone, ecco tutti invocare la gogna nei suoi confronti. La Zanardo esplicitamente chiede l’intervento dell’Ordine dei giornalisti. Da segnalare che lo stesso Fini si è pubblicamente scusato. Al di là della pessima figura di Fini,e alla sacrosanta solidarietà nei confronti delle vittime e dei loro parenti, un’altra testimonianza della concezione della democrazia propria di queste femministe.
Alessandro(Quota) (Replica)
questo episodio ,non fa altro che confermare quello che penso da tempo … si vuole creare un clima di terrore
mauro recher(Quota) (Replica)
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Mi torna in mente l’osservazione di Massimo che trova esagerato e controproducente parlare di “nazifemminismo”.
Ha ragione, da un punto di vista tattico e politico, non c’è dubbio. Ma sotto il profilo ideologico e psicologico trovo assai difficole definire in altro modo ciò che sta avvenendo. (Fabrizio Marchi)
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Capisco benissimo cosa vuoi dire, ma per me si tratta semplicemente di femminismo misandrico, “sponzorizzato” dalle élite maschili, senza le quali quelle mezze seghe di femministe, con le ragnatele nella fica, non potrebbero combinare un bel niente.
Massimo(Quota) (Replica)
“Non è che poi mi ucciderai anche te?
Le gocce del percolato misandrico cadono sulle singole cellule femminili, quelle con cui interagiamo ogni giorno e ne intossicano l’anima.
I conferimenti alla grande discarica del risentimento e dell’odio che nasce dalla paura (alimentata con sapienza) crescono senza fine.
Odissea del rancore.
Conserviamoci ritti ed eretti.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
E’ in atto un violento processo eversivo di tutti i termini politici, giuridici, economici, etici, ed antropologici in cui si è data la vita umana e il patto sociale in Occidente. Una eversione, a rovesciare il significato e la realtà di riferimento di ogni termine nel suo opposto, che riguarda persino la ricostruzione storica del passato.
La leva che viene utilizzata per attuare questo radicale processo di eversione è la categoria “appartenenza di genere sessuale” utilizzata a definire l’umano e il disumano, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso, il lecito e l’illecito, l’economico e l’antieconomico.
Sembra che una potente pulsione irrazionale e isterica spinga maschi e femmine a costruire una realtà immaginaria, quella di un genere maschile persecutorio cui per converso viene contrapposto altrettanto compulsivamente un genere femminile salvifico.
La cultura e la politica non colgono più che la differenza tra categoria socio/economica e categoria naturalistica come appunto è “il genere” o “la razza”, è la discriminante tra buona cultura e buona politica. E si butta a capofitto in una visione del mondo e in un sistema concettuale centrato sulla categoria di genere da cui derivano conseguenze culturali, sociali e politiche e per la prima volta nella storia anche antropologiche, che nella migliore delle ipotesi, possono essere definite soltanto di regressione infantile e infantilizzante. A chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire, appare uno spettacolo che ha dell’incredibile.
cesare(Quota) (Replica)
Purtroppo, leggendo gli articoli di questo blog, che di solito condivido quasi completamente, come ho avuto modo di spiegare altre volte, trovo un limite fondamentale, che è paradossalmente quello stesso che hanno gli interventi femministi che alimentano la c.d. lotta fra i sessi. Non prendete atto che la donna – madre ha un primato naturale, quello di generare! I movimenti femministi, alimentati da donne che ovviamente sono le prime coscienti del loro punto di forza, non lo ammettono perchè conviene loro rimanere nella condizione del vittimismo per renderlo un punto di forza, voi non riuscite a comprendere, che, anche nell’ipotesi remota di riuscire a sottrarvi ad un rapporto di coppia, anche voi uomini siete nella vita soggetti ad una donna, che, persino nella sua eventuale assenza, vi condizionerà per tutta la vita nei vostri affetti, nella stessa vostra percezione di voi stessi, vostra madre!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Quando, nel dibattito interessantissimo sull’aborto, persino una persona molto preparata come Rino, afferma che non accetta questo pretendere delle donne di avere prevalenza nella decisione (lo dice con altre parole, adesso non trovo l’intervento, ma mi corregga lui stesso se sbaglio), sembra non considerare questo aspetto fondamentale: la donna, nel momento in cui diventa madre e ancor prima, quando lo sta per diventare, esercita un primato che gli proviene dalla natura, non ci sono leggi esterne che tengano, è padrona del suo corpo e il figlio ne è parte integrante, addirittura lo rimane anche dopo la nascita per lungo tempo, a volte, purtroppo, per tutta la vita! da questo nascono o meglio, NON nascono mai alla vita tanti individui, maschi e femmine! Con la differenza che quest’ultime donne – figlie, in questa condizione di identificazione totale con la madre, perpetueranno questo soggiocamento, a loro volta, con i loro figli.. Quindi una vera emancipazione umana, è evidente, passa soprattutto dall’emancipazione delle donne – figlie dalle loro madri, ma anche voi dovete fare la vostra parte in questo, non contro le donne ma accanto a loro, come padri e come compagni. Lo so che, direte, è quello che volete, ma se non vi attrezzate con conoscenze della psicologia femminile, non potrete mai realizzarlo, il femminile, in una contrapposizioone diretta, ne uscirà sempre vincente, siatene certi!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Una questione importante da affrontare è poi quella che riguarda la mancanza di libertà nell’esercizio di questo suo primato da parte della donna, quando è condizionata dalla morale comune e, soprattutto, da quella della chiesa! Sapete quali ne sono i risultati? Non solo la donna subisce in maniera subdola la violenza del ricatto morale, e viene privata della propria libertà di decisione sulla propria sessualità, sulla propria vita, ma genera degli esseri che nascono da una scelta così condizionata e che saranno condannati ad essere degli infelici, se non dei violenti! E si perpetua il male che permette il controllo!
Lucrezia(Quota) (Replica)
@Lucrezia:
“Quindi una vera emancipazione umana, è evidente, passa soprattutto dall’emancipazione delle donne – figlie dalle loro madri, ma anche voi dovete fare la vostra parte in questo, non contro le donne ma accanto a loro, come padri e come compagni.”
io credo che il tema dell’aborto sia più complesso tanto è vero che le opinioni sono contrastanti, quello su cui, credo, si possa convergere è nella “scelta”.
In sintesi, correggimi se ho capito male, tu sostieni che, siccome la donna ha il primato naturale della gravidanza (non di generare ma di custodire casomai, giacchè la generazione avviene tra l’incontro tra un ovuli ed uno spermatozoo) è il motore fondamentale dell’emancipazione umana. Se s’inceppa questo motore l’umanità si estingue e di conseguenza c’è poco da emanciparsi (e per certi versi hai ragione, ma il discorso sarebbe lungo e complesso), di conseguenza dovrebbero essere sempre gli uomini a “dover” stare al fianco facendo la loro parte.
Il punto è che l’hanno sempre fatto nella storia umana (in senso generale, chiaramente non stiamo a parlare dei singoli individui), ma la stessa affermazione della famiglia monogamica mi sembra orientata a costringere il maschio a supportare la femmina e a “fare” la parte del compagno e del padre.
Oggi non è “obbligatorio” essere mamme. Nel senso che la tecnica, la scienza e quant’altro dà modo (nelle società avanzate chiaramente) alle donne di operare una scelta. Se lo desiderano possono essere mamme, se non lo desiderano no. Ovvio che fra quelle che lo desiderano non è automatico e capita che ciò non avvenga, ma quelle che NON lo desiderano possono non esserlo. Però è “obbligatorio” essere padri, anche se non lo desideri. Se lo desideri vale il discorso che si fa per la donna con le ovvie maggiori difficoltà naturali se il desiderio è unilaterale. E la soluzione? E’ oggetto di discussione…
Allora non mi pare che il punto sia essere “contro le donne” . Il punto è venirsi incontro, e ritrovare un punto d’incontro smarrito nel tempo, Diverso da quello antico, perchè la società è cambiata, ma che i passi l’uno verso l’altra siano fatti da entrambe le direzioni.
Rita(Quota) (Replica)
Il fatto è, Lucrezia, che vera emancipazione dei figli e delle figlie dalla propria madre non potrà mai esistere se non interviene il maschio/padre a recidere anche psichicamente quel cordone ombelicale fisicamente già tagliato alla nascita. Dal che si deduce che un mondo lasciato alle sole donne , ovvero al prevalenza della natura e della biologia, sarebbe un disastro assoluto. Questo è ciò che significa primato e potere riproduttivo femminili. Da quì l’importanza della cultura (maschile e paterna) per la civiltà umana (qualunque civiltà). Da quì anche l’esigenza di porre un limite alla signoria assoluta della donna non tanto sul proprio corpo quanto su quello del figlio (anche quello che porta in grembo). Rivendicare questa signoria assoluta significa in ultima analisi rivendicare una spaventosa regressione culturale e psichica allo stato naturale primigenio, nella quale anche l’infanticidio da parte di madre non sarebbe uno scandalo ma una logica conseguenza di quanto tu stessa ammetti. Per cui, all’opposto di quanto sostieni tu, è proprio il limite alla sovranità assoluta della donna su di sè e sui figli (e, ovviamente anche il limite alla sovranità maschile) ciò che permette la civiltà umana, o anche più modestamente qualunque aggregazione umana in forma di società. Non per caso tutte le civiltà, sempre, hanno cercato di normare il sesso. Con molte diversità, certo, ma mai lasciandolo del tutto libero. La proibizione comune dell’incesto ne è prova. E tutto questo sarebbe stato concepito solo per ingabbiarlo (il sesso) a fini di controllo sociale, o perchè è forza tanto potente da poter diventare anche distruttiva? O sei fra coloro che credono al buon selvaggio corrotto dalla civiltà e dalle sovrastrutture sociali? Dove e quando è mai esistito un convincente esempio di ciò? Il tutto implica, è evidente, anche un discorso sulle religioni. Non c’è spazio per tutto ma ci torneremo.
armando
armando(Quota) (Replica)
Sul tema aborto ripropongo con l’occasione offertami da @Lucrezia il mio pensiero.
La discussione sulla decisione maschile o femminile di abortire non ha più senso da quando esiste la contraccezione e l’assoluto libero accesso ad essa per tutti: il concepimento è libero perchè si può non concepire e si è pertanto nello spazio della libertà umana.
Quando si è nello spazio della libertà si è automaticamente in quello della Coscienza e della responsabilità e ogni riferimento alla Natura come Deus ex machina è destituito di fondamento: è una scusa.
Nello spazio della libertà e della Coscienza esistono le leggi della libertà e della Coscienza (non la coercizione della Natura) che impediscono di negare la dignità umana e la libertà di vivere al concepito, di negare al padre la relazione col figlio come di negarla alla madre.
Quanto alla invocata “fatica” di dare alla vita un figlio come fondazione del diritto femminile a negarla al concepito, come chiamare allora la “fatica” di mantenerlo con una vita (spesso brevissima) spesa in miniera o in acciaieria? o di tenere in vita il “prossimo tuo”, disabile o malato o affamato, col sacrificio di anni e decenni della propria intera vita, corpo e anima? o come chiamare l’obbligo di “servire la Patria”, obbligo di cui ogni paesino ha la stele che riporta i nomi di tutti, dicesi tutti, i maschi del paese morti spesso giovanissimi in guerra. Esiste forse il diritto ad “abortire” il prossimo che ci “costringe” ad assisterlo? ed esiste il diritto di rifiutare di mantenere la famiglia? o di dare la propria vita se si è chiamati alla guerra?
Così manifestamente infondate sono le “ragioni” dell’aborto e così gravi sono pertanto le responsabilità di chi abortisce il proprio figlio concepito che non si può non pensare altro se non che chi abortisce “non sa quello che fa”. Il che però non lo sottrae, prima o poi, al dolore non più sanabile di rendersi conto di quello che ha fatto. E se penso agli ormai seimilioni di figli abortiti in Italia e al corrispondente numero di madri e anche padri, mancati, che sanno o sapranno quello che hanno fatto mi domando quanta sofferenza taciuta c’è in milioni di italiani e quali gravi effetti ha sulla vita collettiva. E mi spiego con questo lutto, impossibile da rielaborare perchè negato, lo scatenarsi ricorrente di tante ossessioni paranoiche di massa altrimenti incomprensibili .
cesare(Quota) (Replica)
Lucrezia:
>>
voi non riuscite a comprendere, che, anche nell’ipotesi remota di riuscire a sottrarvi ad un rapporto di coppia, anche voi uomini siete nella vita soggetti ad una donna …vostra madre!
>>
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Noi non riusciamo a comprendere il dominio che le madri esercitano su di noi?
C’è da trasecolare.
Non approfondisco la cosa perché questa volta Fabrizio mi censurerebbe di sicuro. E giustamente.
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Quanto al “chi ci libererà dall’amore materno?” ha già risposto Armando. Lo farebbe il padre, se non giacesse nella fossa: suicidio, parricidio o uxoricidio? Questa è la domanda. Chissà, magari fu il terzo caso mascherato dal secondo e poi raccontato come il primo. (Sto insinuando qualcosa sulla …mandante? Sì, …sto insinuando…)
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Lucrezia:
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“Rino, afferma che non accetta questo pretendere delle donne di avere prevalenza nella decisione…”
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Se per “decisione” intendi quella di imporre al padre paternità non volute e viceversa sottrarre paternità desiderate, allora dici bene: il rifiuto di questa coartazione deve essere assoluto, aprioristico, incondizionato (beninteso, fino a quando esisterà il potere femminile di decidere della maternità).
Se tu decidi della tua vita io decido della mia.
Oggi invece è così: che tu decidi sia della tua che della mia. Si chiama parità femminista.
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Guerra senza quartiere contro questa “parità”.
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RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
Sono perfettamente d’accordo con quello che dice Armando, evidentemente non mi sono spiegata bene! Certo, senza la presenza del padre , (maschile) non può esistere liberazione ed emancipazione della donna-figlia!
La figura paterna è così importante che per Lacan “la forclusione del nome del padre” presiede addirittura alle psicosi. La caduta del padre introduce l’instaurarsi dei regimi totalitari, (vedi la psicoanalista francese Jamine Chasseguet-Smirgel riguardo alla mentalità che presiede il nazismo in L’ideale dell’Io).
@Rita: Quello che voglio dire è che non essendoci simmetria tra uomini e donne, ed essendo la madre fondamentale per fondare il mondo affettivo dei figli (figlie e soprattutto figlie che, a loro volta saranno madri), anche attraverso il lasciare o meno spazio alla figura paterna, che dipende unicamente dalla sua “benevolenza”. Se è vero che l’effetto che la donna induce spesso nell’uomo è una proiezione della qualità della relazione che la donna stessa ha avuto con la propria madre. per cui vengono attribuiti al marito/compagno tutte le istanze conflittuali e irrisolte che la donna ha subito nel ruolo di figlia, se la funzione materna non viene maturata continuerà a produrre infelicità, degenerazione, obbedienza, violenza e ignoranza.
@Rino
Ma siete voi a parlare di Questione Maschile oppure ho sognato? Siete tanto chiusi nell’ambito maschile, anche voi in una logica di lotta fra generi, da far pensare che non avete capito che la questione femminile o maschile non esiste ma si tratta di un difetto strutturale della relazione madri-figlie, di cui il ma-rito è solo la riedizione, allora il punto è di parlare soprattutto alle giovani donne, future madri, cosa che non mi sembra facciate.
Lucrezia(Quota) (Replica)
@ Rino: Se per “decisione” intendi quella di imporre al padre paternità non volute e viceversa sottrarre paternità desiderate, allora dici bene: il rifiuto di questa coartazione deve essere assoluto, aprioristico, incondizionato (beninteso, fino a quando esisterà il potere femminile di decidere della maternità).
Promuovendo la Questione Maschile, così come fate, potrete raggiungere, nella migliore delle ipotesi, l’obiettivo di far approvare delle leggi migliori sull’obbligo di coinvolgimento dei padri attraverso una maggiore considerazione giuridica della paternità, ma non potrete mai raggiungere lo scopo di conquistare per il padre il giusto, sacrosanto, ruolo nel processo di formazione nei confronti dei figli, ci sono mille strumenti nelle mani unicamente delle madri perché questo non sia permesso. L’unico modo è di trasmettere il messaggio, rivolto alle giovani donne, figlie prima che diventino a loro volta madri, che la prima libertà da conquistare per emanciparsi è quella dalla madre!
Potete fare le vostre battaglie legali ma trascurando questo aspetto siete poco o niente incisivi riguardo la possibilità di costruire un rapporto davvero sano fra i due sessi e quindi una nuova civiltà del futuro, dove ci sia effettivamente libera espressione sessuale di tutti e una reale parità fra i sessi. In questo momento parlare di queste cose, sesso ludico o partecipazione del padre nelle decisioni che riguardano il nascituro, sono solo fantasmi….
Non mi meraviglio di essere attaccata quando faccio questi discorsi su blog di femministe, persino da mie vecchie amiche, ma che lo facciate anche voi, proprio non lo capisco…
Lucrezia(Quota) (Replica)
“Ma siete voi a parlare di Questione Maschile oppure ho sognato? Siete tanto chiusi nell’ambito maschile, anche voi in una logica di lotta fra generi, da far pensare che non avete capito che la questione femminile o maschile non esiste ma si tratta di un difetto strutturale della relazione madri-figlie, di cui il ma-rito è solo la riedizione, allora il punto è di parlare soprattutto alle giovani donne, future madri, cosa che non mi sembra facciate”. (Lucrezia)
Naturalmente sarà Rino stesso a risponderti, però, cara Lucrezia, mi pare che proprio tu sia un “tantinello” (eufemismo) integralista nell’esporre le tue tesi, dal momento che tendi ad oggettivare e ad assolutizzare quella che è la tua interpretazione soggettiva della realtà. Probabilmente ciò è dovuto a fattori caratteriali personali. Nulla di particolarmente grave, sia chiaro, però permettimi di fartelo notare, nella stessa misura in cui tu non ti fai scrupolo (e fai bene) di sbatterci in faccia le tue critiche, senza tanti complimenti.
Il fatto che secondo te non esista una Questione Maschile e che questa sia solo l’epifenomeno o il difetto strutturale, come lo definisci tu, della relazione madre-figlia, è, come ripeto, una tua interpretazione personale. Può essere più o meno valida, più o meno argomentata, ma questo è e non altro. Permetti anche a noi di avere la nostra, senza per questo giudicarci (cosa che fai quando dici che “siamo tanto chiusi nell’ambito maschile”).
Per quanto riguarda il fatto che saremmo altrettanto chiusi all’interno della logica della la lotta fra i generi, ti rinnovo l’invito a leggere meglio il nostro sito. Se lo facessi capiresti che anche per noi la QM è un pezzo (fondamentale) di un mosaico più grande.
Mi pare di avertelo già fatto notare ma forse non ci senti molto (lo dico con ironia…), oppure è semplicemente, come credo, che la tua verve polemica abbia la meglio. Nulla di male, anche in questo caso, a patto però di non ritornare sempre sulle stesse questioni, soprattutto quando sono state più volte trattate. Noi non rovesciamo il femminismo come un guanto. Se lo facessimo saremmo esattamente come loro:qualunquisti, interclassisti, politicamente trasversali, integralisti, sessisti, razzisti..
E invece siamo una cosa completamente diversa. Leggendo con più attenzione il sito lo capirai.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Lucrezia dimostra un certo carettere femminile a non sentire ragioni, sopratutto quelle maschili: o è come dicono loro o ti scaricano, giusto sbagliato che sia.
Leonardo(Quota) (Replica)
“Lucrezia dimostra un certo carettere femminile a non sentire ragioni” (Leonardo)
“mi pare che proprio tu sia un “tantinello” (eufemismo) integralista nell’esporre le tue tesi ”
Ve bene, pare che essere convinti delle proprie ragioni , argomentandole, sia per voi integralismo, quindi visto che voi non vi ritenete integralisti vuol dire che non siete convinti delle vostre tesi? E poi io do delle motivazioni a quello che affermate voi stessi, senza darne una spiegazione, perché o c’è una spiegazione a quello che succede nel rapporto tra i due sessi oppure si tratta davvero di una sorta di anomalia di genere…la tesi che voi stessi cercate di combattere.
Basta chiedersi: cui prodest questa lotta di potere che si sta combattendo contro gli uomini come genere? A chi toglie potere l’uomo – padre – compagno? Rispondete a questa domanda, ma se non avete voglia di farlo, tranquilli…siete voi i “padroni” del blog! Confrontatevi far di voi….tacciando di integralismo chiunque sia fuori dal coro…
Lucrezia(Quota) (Replica)
@Lucrezia
Ma già una volta ti ho dato ragione contro la madre, ma io non posso capire fino in fondo cosa dici. Cosa farebbe una donna libera dalla madre? Verrebbe a suonarmi al campanello di casa con un bel regalo e si lascerebbe andare in una relazione basata sul rispetto reciproco? Nenche nei sogni accade, una volta ho sognato che rientravo in casa e trovavo una che mi piaceva, in cucina che prepara le pastarelle. Come dice Freud: i sogni sono soddisfazioni di desideri…
Leonardo(Quota) (Replica)
“E poi io do delle motivazioni a quello che affermate voi stessi, senza darne una spiegazione, perché o c’è una spiegazione a quello che succede nel rapporto tra i due sessi oppure si tratta davvero di una sorta di anomalia di genere…la tesi che voi stessi cercate di combattere.
Basta chiedersi: cui prodest questa lotta di potere che si sta combattendo contro gli uomini come genere? A chi toglie potere l’uomo – padre – compagno? Rispondete a questa domanda…” (Lucrezia)
Lucrezia, non so veramente cosa dirti… O le pagine del sito sono scritte in cirillico oppure la nostra capacità di espressione è praticamente nulla ed è meglio che cambiamo mestiere, come si suol dire.
Può darsi che si debba optare per questa seconda soluzione perché se dopo aver letto circa 200 (duecento) articoli e visionato una decina di video (ammesso che tu li abbia letti e visti), mi chiedi ancora di rispondere a questa domanda (“cui prodest questa lotta di potere che si sta combattendo contro gli uomini come genere? A chi toglie potere l’uomo – padre – compagno?”) le cose sono due:
1) Parliamo due lingue diverse e non possiamo capirci;
2) Siamo totalmente incapaci di esprimerci;
3) A Roma si dice:”Ce fai o ce sei?” (sto ironizzando, naturalmente, e se proprio dovessi scegliere opterei senz’altro per la prima ipotesi).
Non saprei realmente in quale altro modo risponderti, perché se non ci sono riuscito fino ad ora, dubito di riuscire a farlo in un commento di poche righe…
Che dirti, prova a rileggere il nostro Manifesto, il Movimento Beta (sulla homepage) e “L’emergere storico della QM”,a firma di Rino Della Vecchia, nello spazio degli editoriali, che è di fatto un secondo Manifesto.
Credo che più di questo non si possa obiettivamente fare.
Ciò detto, non penso affatto che la tua tesi sulla relazione madre-figlie sia peregrina. Tutt’altro. Credo solo che sia un pezzo importante del mosaico ma non il cuore dell’intera questione. La penso nella stessa maniera anche per quanto riguarda il ruolo del padre e del paterno, come tutti sanno. Aspetto, quest’ultimo, che considero di vitale importanza ma non strutturale, per dirla con un linguaggio a noi comprensibile. In altre parole, considero l’attacco al “padre” e al “paterno” come il risultato di un processo ben più ampio e non viceversa.
La madre di tutte le battaglie, a mio parere, come molti qui sanno, è altrove, e cioè nell’incontro (diciamo pure il matrimonio, anche molto ben riuscito…) tra la ragione strumentale capitalistica dominante e il “femminile”, o una parte (rilevante) di esso.
E’ questo che desta scandalo, dammi retta. Puoi parlare del padre o del paterno, della madre o del materno finchè vuoi e quanto vuoi, fino a sgolarti, tutt’al più ti ascolteranno distrattamente e non è neanche detto che ti rispondano. .
Prova invece una sola volta a dire in un pubblico consesso che la natura femminile (o una parte rilevante di essa) è intimamente strumentale e che per questo si sposa con l’ideologia capitalistica dominante, e vedrai quali saranno le reazioni.
E poi ne riparliamo…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Pregherei Fabrizio di voler pubblicare anche qui un intervento che ho inviato ieri sera velocemente, a commento dell’editoriale di Rino ” L’emergere storico della QM” che ha gentilmente già pubblicato e che chiarisce, a monte, le mie divergenze con la vostra teoria, sia per darmi la possibilità di correggere degli errori di digitazione, causati dall’invio tramite I Phone ieri sera di fretta, che dare una continuità al nostro dialogo iniziato qui, perché non sia detto che “ce faccio..” o “ce sono”…
Sicuramente scrivendo i miei precedenti commenti, non sono stata abbastanza chiara perchè era necessario partire dalla mia critica ai principi di base su cui basate la vostra teoria della QM, usando un metodo apparentemente marxiano, (in realtà attuando quella dogmatizzazione delle teorie marxiane che Fabrizio tanto critica). Infatti, il fatto che per Marx l’economia, cioè l’insieme dei rapporti di produzione, sia ritenuta la struttura della società, non vieta di indagare sulle motivazioni, inconscie o comunque impulsive, che determinano tali rapporti. All’epoca di Marx ed Engels non era stato ancora indagato il mondo dell’inconscio, della sessualità e in genere degli impulsi istintuali dell’uomo, ciò non significa però che, in embrione, nonostante la vastità del campo di azione dei due filosofi, toccati nel breve spazio di una vita, questi non fossero stati da loro considerati (v. L’origine della famiglia, della proprietà e dello stato di Engels).
Mettendo insieme gli studi successivi di Freud e di altri psicoanalisti, nell’ambito dell’inconscio, possiamo integrare l’opera di Marx ed Engels motivando quelle forze che nell’800 risultavano “fuori dalla volontà” degli uomini.
Così riprendo il mio discorso partendo dalle basi della mia critica alle vostre argomentazioni, sperando che le mie sollecitazioni vi risultino costruttive e non solo polemiche e integraliste, (sono proprio il contrario di una integralista, sono tanto una voce fuori da qualunque coro da non capire il senso dell’epiteto usato nei confronti, semmai sono assertiva…).
Allora, se me lo permettete. riprendo qui i miei punti di divergenza, partendo dalla critica del vostro “secondo manifesto”, quello di Rino sulle “Origini storiche della Questione Maschile”.
Il punto focale che, per quanto mi riguarda, trovo errato è quello dell’analisi del lavoro, secondo cui, oggi, nella Società Industriale Avanzata, la donna non sarebbe più dipendente dall’uomo per la sua riproduzione e quindi non ne avrebbe più “bisogno”. Obiezione: i rapporti di riproduzione umana hanno motivazioni più profonde della semplice economia, motivazioni genetiche, istintuali, filogenetiche.
L’economia e’ solo un modo, e non una causa, in cui la riproduzione si compie, (vedi la su citata “L’Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” di Engels).
Praticamente gli affetti sono la causa e il fine dell’economia, altrimenti bisognerebbe pensare all’economia come una religione. L’economia invece e’ funzione dipendente dal cambiamento della forma affettiva e familiare.
L’altra distorsione che trovo nell’analisi di Rino sta nella visione dei rapporti tra i sessi come rapporti di bisogno e non di amore, e per amore intendo l’istinto al completamento tra due entità diverse e non simmetriche. L’amore e’ una esigenza istintuale e non solo di natura economica o di “baratto”.
Quello che una donna cerca in un uomo e’ riprodurre, nel rapporto con lui, stati dell’animo già noti e vissuti nella famiglia di origine in modo di continuare a vivere in una situazione di benessere e di sicurezza. Chi vede invece nel rapporto tra i sessi una dimensione legata al mero opportunismo di un baratto vuol dire che e’ quello che ha vissuto nel suo habitat familiare-formativo, quella e’ la sua proiezione personale, ma non e’ lecito generalizzarla e imporla anche agli altri.
In estrema sintesi la categoria dell’affetto, dell’amore, della sessualità, seguono gli stessi percorsi per cui un individuo da “soggetto” aggettivo, nel senso di sottoposto, diventa “soggetto” sostantivo, cioè protagonista della propria vita raggiungendo il culmine della propria vita nella riproduzione umana.
Aggiungo: la prova di quello che dico sta nel fatto che donne completamente indipendenti economicamente, che potrebbero permettersi una vita autonoma dall’uomo da ogni punto di vista, continuano a cercare il rapporto con l’uomo, si innamorano e si sposano anch’esse, non con meno devastazione psicologica delle donne dipendenti economicamente da un uomo, anzi scegliendo spesso, tra la vastità dell’universo maschile, proprio gli uomini peggiori, quelli più interessati all’aspetto economico, (ricordate la tragedia umana e sentimentale della vita di Cristina Onassis? Potrei fare mille esempi del genere…). Semplicemente, se una donna, ma anche un uomo, ha avuto nel suo paradigma affettivo familiare una preponderanza dell’aspetto economico, sia in negativo che in positivo, quindi una incapacità di relazione ad altri livelli, penserà che attraverso il denaro si può comprare anche l’amore.
Lucrezia(Quota) (Replica)
“Così riprendo il mio discorso partendo dalle basi della mia critica alle vostre argomentazioni, sperando che le mie sollecitazioni vi risultino costruttive e non solo polemiche e integraliste, (sono proprio il contrario di una integralista, sono tanto una voce fuori da qualunque coro da non capire il senso dell’epiteto usato nei confronti, semmai sono assertiva…)”. (Lucrezia)
Hai ragione, ho sbagliato io a definirti integralista, cerco sempre di non utilizzare le parole a sproposito però, come ben sai, a volte si va un po’ di fretta e si rischia di sbagliare. Sei molto assertiva, questo è il termine giusto.
“…(in realtà attuando quella dogmatizzazione delle teorie marxiane che Fabrizio tanto critica). Infatti, il fatto che per Marx l’economia, cioè l’insieme dei rapporti di produzione, sia ritenuta la struttura della società, non vieta di indagare sulle motivazioni, inconscie o comunque impulsive, che determinano tali rapporti. All’epoca di Marx ed Engels non era stato ancora indagato il mondo dell’inconscio, della sessualità e in genere degli impulsi istintuali dell’uomo, ciò non significa però che, in embrione, nonostante la vastità del campo di azione dei due filosofi, toccati nel breve spazio di una vita, questi non fossero stati da loro considerati. (v. L’origine della famiglia, della proprietà e dello stato di Engels). Mettendo insieme gli studi successivi di Freud e di altri psicoanalisti, nell’ambito dell’inconscio, possiamo integrare l’opera di Marx ed Engels motivando quelle forze che nell’800 risultavano “fuori dalla volontà” degli uomini”. (Lucrezia)
Intanto se veramente fossi un dogmatico come sostieni tu, cara Lucrezia, non potrei considerare strutturale la relazione MM/FF, come invece è, secondo me, al pari di quella capitale-lavoro, naturalmente in relazione all’epoca storica in cui viviamo. Anzi, direi che è proprio questa, l’intuizione contenuta nella nostra elaborazione teorica. Non capisco, quindi, come tu possa affermare una cosa simile; da questo punto di vista, te lo dico in tutta sincerità,la tua critica è del tutto priva di fondamenta.
Non solo, se lo fossi (dogmatico) dovrei prendere per oro colato le tesi di Engels (che tu citi costantemente), mentre a mio parere (lo dico sempre con grandissima umiltà) quelle stesse sono ormai da considerare anche un po’ datate.
E non vedo cosa ci possa essere di tanto scandaloso in questa affermazione dal momento che ho già, sia pur molto sommariamente, né poteva essere altrimenti, esposto la mia posizione su quelli che sono stati secondo me i limiti dell’elaborazione filosofica e soprattutto dell’azione politica di Engels in un precedente commento che dovresti aver letto, e sul quale non ritorno.
Ciò detto, sono assolutamente d’accordo con te quando affermi che il “fatto di considerare l’economia e i rapporti di produzione come la struttura della società, non vieta di indagare sulle motivazioni, inconsce o comunque compulsive, che determinano tali rapporti” (Lucrezia).
Ho forse mai sostenuto qualcosa di simile? Mai. Al contrario, sostengo che proprio l’analisi dei rapporti di produzione non può essere oggi separata dall’indagine di quella sfera psichica a cui tu stessa fai riferimento (continuo francamente ad avere l’impressione che tu muova delle critiche senza aver letto quello che scriviamo)
E sono ancora più d’accordo quando affermi che “all’epoca di Marx ed Engels non era stato ancora indagato il mondo dell’inconscio, della sessualità e in genere degli impulsi istintuali dell’uomo…”. Verissimo.
Non lo sono invece quando dici che “ciò non significa però che, in embrione, nonostante la vastità del campo di azione dei due filosofi, toccati nel breve spazio di una vita, questi non fossero stati da loro considerati”.
A mio parere invece, se ne sono occupati relativamente poco, ma questa non è certo una colpa, proprio per le ragioni che tu stessa hai poc’anzi evidenziato.
E’ bene a questo punto ricordare che autorevoli pensatori di formazione marxista come Adorno, Horkeimer, Habermas (che a me non convince molto,se non per nulla, ma questo è un altro discorso…) ma soprattutto Marcuse e Barcellona hanno ampiamente integrato l’analisi marxista, proprio sulla base di quelle considerazioni di ordine psicologico, psicoanalitico e psicosociale, diciamo così, che tu stessa hai evidenziato.
Nessuno invece, prima di noi ha mai specificamente focalizzato l’attenzione sulla relazione MM/FF, individuando in quest’ultima uno dei meccanismi fondamentali della riproduzione capitalistica.
A me tremano i polsi solo ad affermare una cosa simile, anche perché, allo stato delle cose, che io sappia, sono il solo marxista al mondo a sostenerlo (e ti assicuro che questa per me non è certo ragione di vanto ma di grande angoscia).
E tu vieni pure a dirmi che io sarei un dogmatico…
A Lucrè, e namo…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Premesso che sono completamente d’accordo con l’analisi della società in cui viviamo, nel “Manifesto” degli Uomini Beta leggo:
““Da ciò si evince che la sessualità, questa grande, potente e meravigliosa forza della natura, che in quanto tale dovrebbe essere messa nelle condizioni di esprimersi liberamente e pienamente, è stata ridotta dal sistema capitalistico attuale a due concetti fondamentali: merce e consumo”.(Fabrizio Marchi)
Dobbiamo distinguere il ”sesso” come merce dalla “sessualità”. Può essere ridotto a merce un singolo atto sessuale o una serie, molto raramente la sessualità della giovane, (solo forse in casi patologici). Le giovani ragazze vendono il loro corpo, la loro bellezza e la loro giovinezza al miglior offerente, un uomo ricco, potente ma spesso anziano e fisicamente sgradevole, a volte senza offrire neanche un vero e proprio atto sessuale, ma esprimono la loro vera sessualità con altri uomini, giovani e belli anche se poveri, probabilmente di questi spesso si innamorano. Ricordate le cronache dei festini del nostro ex Presidente o le trascrizioni delle intercettazioni nelle quali le ragazze parlavano tra di loro spesso schifate della situazione in cui si trovavano?
Il punto è: da dove provengono questi valori se non dalla famiglia, soprattutto dalla madre, purtroppo anche con la complicità del padre, quando quest’ultimo è ammesso al processo di educazione della figlia?
E’ possibile ad una giovane ragazza accedere a questo stile di vita senza la complicità dei genitori?
Quanti madri sono le artefici della vendita della figlie al satrapo di turno? Ai provini delle veline-letterine chi accompagnava le ragazze spesso minorenni?
E’ offensivo dire che sono le donne tout court a vendersi, perché la maggior parte delle donne si innamorano e si sposano con uomini che non appartengono a categorie privilegiate, (sono le mogli degli operai e dei cassintegrati, a meno che non si vogliano considerare queste donne Gamma, infimo livello di reietta dalla società e dal genere femminile).
Come è offensivo e stupido dire, come fanno certe femministe, che sono gli uomini che causano questa mercificazione comprando le donne, come se queste non fossero responsabili del loro destino.
Ci sono pure tante donne che, per la loro avvenenza, potrebbero appartenere alla categoria delle Alpha ma per i loro valori rifiutano di vendersi, persino di scendere a compromessi, come probabilmente ci saranno alcuni uomini Alpha che pur potendoselo permettere, si rifiutano di assecondare questa mercificazione perchè non si sentono gratificati, come uomini, dal “comprarsi” una donna. Al contrario, molti uomini Beta vorrebbero avere la posizione per poterlo fare…
Altra cosa ancora, diversa anche dalla espressione della sessualità, ma che con questa si integra, è l’impulso istintuale, l’innamoramento, verso un individuo dell’altro sesso, purtroppo anch’esso spesso non sano, in quanto ricalcante l’esperienza affettiva vissuta in famiglia.
Dovremmo anche analizzare, ma non si può fare generalizzando, quali sono i modelli, sessuali ed affettivi, che si ritrovano fra gli uomini beta, per avere un quadro completo della qualità delle interazioni dei due sessi.
Concludendo: partendo da un’analisi molto giusta della società in cui questi rapporti sono collocati, le vostre conclusioni sono poi portate verso una generalizzazione pericolosa, al pari delle femministe di cui criticate i contenuti, che non individua il nodo del problema.
Basterebbe poco per focalizzare l’obiettivo!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Dopo aver inviato il mio ultimo commento, leggo il tuo intervento:
Probabilmente non ho letto TUTTI i vostri articoli, sono tanti, ma mi attengo ai vostri principi di base espressi nei “Manifesti”, non basta? Anch’io mi chiedo: come ve lo devo dire? Te lo posso dire in greco?
La nostra differenza, è forse sottile, ma fondamentale, ammettete la questione della supremazia della madre nella famiglia ma poi non le date il giusto peso e dite che essa è una piccola parte di un mosaico più generale… Non è così!
Non sono le donne tout court ma le madri a prestarsi a questo gioco, come sono le madri che prima dell’avvento della stagione della mercificazione si prestavano a quelle della religione, e ancora oggi lo fanno! E’ un circolo vizioso, in un certo senso, perchè le figlie divengono loro stesse madri, a loro volta, ed espropriate della loro sessualità e del rapporto con il padre non sono poi capaci di riappropriarsi di questi valori e trasmettono quelli sbagliati alle loro figlie. E così via… Non vorrei pronunciare il termine ancora altrimenti qui c’è qualcuno che è allergico e mi attacca subito, ma devo farlo, si tratta di un vero e proprio matriarcato che opera attraverso le istituzioni di questa società di…cacca, cominciando dalla famiglia e last but not least, la chiesa, le banche, la mafia!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Eiseste poly xerokefaloi!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Inviato dopo, ma scritto prima dell’intervento di Fabrizio delle 12.03, ossia “in tempi non sospetti”.
Lucrezia:
>>
Obiezione: i rapporti di riproduzione umana hanno motivazioni più profonde della semplice economia, motivazioni genetiche, istintuali, filogenetiche.
>>
Tralascio per ora la prima obiezione, per la lunghezza dell’esposizione preliminare necessaria.
Quanto alla seconda, nel tentativo di darmi torto, mi viene data ragione:
>>
L’altra distorsione …sta nella visione dei rapporti tra i sessi come rapporti di bisogno e non di amore, e per amore intendo l’istinto al completamento tra due entità diverse e non simmetriche
>>
Se c’è e nella misura in cui c’è “l’istinto al completamento” è proprio la spinta a colmare un vuoto, la pulsione al soddisfacimento di un’esigenza, ossia all’appagamento di un bisogno. Bisogno, appunto. Un gay non ha bisogno di una donna, e infatti cerca uomini, viceversa per una lesbica e specularmente per gli etero.
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Ovviamente una simile descrizione delle radici del rapporto (fine del bisogno=fine dell’amore) non solo suona cinico e distruttivo (addio romanticismo), ma ha il difetto grave di denunciare uno squilibrio di poteri nella coppia (e tra di due sessi in generale). Ed è al fine di negare questo squilibrio che si è indotti (=indotte) ad addurre altri bisogni come base della relazione. Non che questi bisogni manchino (altrove – Qmdt – li ho definiti bisogni residuali, psico-socio-affettivi) il problema è che sono appunto secondari, fungibili, vicariabili e non urgenti.
Si avvera quel che era facilmente prevedibile, ossia il rovesciamento delle parti.
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Ci si aspetta che i Risvegliati vadano in giro a celebrare la loro insostituibilità, a gridare che le DD non possono vivere senza gli UU. Si scopre invece il contrario: siamo noi i primi a denunciare la nostra sopravvenuta inutilità. Affermazione che suona autoliquidatoria, ma che ha un risvolto micidiale: denuncia il carattere strumentale dell’asse portante della relazione F–>M. Non resta allora che correre ai ripari, inventando motivi e ragioni per le quali le DD avrebbero ancora bisogno degli UU. Un esercizio di fantasia mica da ridere, dove vedremo come le DD se la caveranno. Restiamo – sereni e in panciolle – in attesa di motivazioni credibili, di un racconto verosimile (ci accontentiamo di poco). Auguri.
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I figli maschi hanno certamente bisogno essenziale dei padri, e probabilmente anche le figlie. Ma questo è un capitolo diverso.
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Concordo invece su questo, che ai tempi di Marx, Engels etc. la percezione dell’esistenza e della rilevanza dell’inconscio era agli albori, benché proprio allora tipi come Nicce e Schop.er stessero aprendo ampi squarci in quell’abisso. Ciò comporta che noi, pulci, vediamo più lontano dei giganti, giacché stiamo sulle loro spalle. Questo per il capitolo “Gli antichi siamo noi” (buono per non so quale discussione in non so quale bacheca). Umiltà (sic!) esige di riconoscere che la sappiamo più lunga di loro. Molto più lunga.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Sono anche le figlie, come e più dei figli maschi, ad avere bisogno del maschile, sotto la figura del padre prima, per staccarsi dalla madre e poi per arrivare all’uomo – partner, questo voglio dire…
Lo ha ben detto anche Armando nel suo ultimo intervento..:
“Il fatto è, Lucrezia, che vera emancipazione dei figli e delle figlie dalla propria madre non potrà mai esistere se non interviene il maschio/padre a recidere anche psichicamente quel cordone ombelicale fisicamente già tagliato alla nascita. Dal che si deduce che un mondo lasciato alle sole donne , ovvero al prevalenza della natura e della biologia, sarebbe un disastro assoluto. Questo è ciò che significa primato e potere riproduttivo femminili. Da quì l’importanza della cultura (maschile e paterna) per la civiltà umana (qualunque civiltà). (@Armando)
Solo che poi Armando mi mette in bocca una cosa che io non ho affermato: io non rivendico questa signoria del parto, al contrario, dico solo che esiste di fatto e dico anch’io che bisogna limitarla e affido questo compito alle figlie femmine, attraverso il maschile, perché se queste non si liberano dalle madri perpetueranno a loro volta questo dominio sulle figlie e sui figli!
Si conclude che se la pulsione al completamento attraverso l’unione con l’altro sesso è un bisogno residuale ( questo lo dice Rino, secondo me è un bisogno primario), di sicuro il maschile è necessario, fondamentale per l’emancipazione delle figlie!
Senza il maschile non ci sono figlie libere
Senza figlie libere non c’è emancipazione né delle donne né dell’umanità
Quindi, senza maschile niente emancipazione!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Cara Lucrezia, i nodi cominciano a venire al pettine. Ti contraddici in un modo così clamoroso che qualcuno tra i frequentatori del blog potrebbe essere sollecitato a ribadire che il logos non è “roba” da femmine…Devo dire, in onestà, che tu fai di tutto per dare linfa a questa teoria…Vediamo un po’…
“Non sono le donne tout court ma le madri a prestarsi a questo gioco, come sono le madri che prima dell’avvento della stagione della mercificazione si prestavano a quelle della religione, e ancora oggi lo fanno! E’ un circolo vizioso, in un certo senso, perchè le figlie divengono loro stesse madri, a loro volta, ed espropriate della loro sessualità e del rapporto con il padre non sono poi capaci di riappropriarsi di questi valori e trasmettono quelli sbagliati alle loro figlie. E così via…” (Lucrezia)
Non sono le donne tout court ma le madri, dici tu. E chi sono le madri se non tutte o quasi le donne, cioè figlie che a loro volta diventano madri?…In fondo lo ammetti tu stessa, è un circolo vizioso.
Però al contempo affermi che “Le giovani ragazze vendono il loro corpo, la loro bellezza e la loro giovinezza al miglior offerente, un uomo ricco, potente ma spesso anziano e fisicamente sgradevole, a volte senza offrire neanche un vero e proprio atto sessuale, ma esprimono la loro vera sessualità con altri uomini, giovani e belli anche se poveri, probabilmente di questi spesso si innamorano”. (Lucrezia)
Ma se il condizionamento operato dalle madri è così potente al punto tale da diventare il cardine di tutto il tuo impianto interpretativo, come è possibile a quel punto che la grande maggioranza delle donne riesca a sottrarsi a questo meccanismo così altamente pervasivo? Sei tu stessa che lo dici:” E’ offensivo dire che sono le donne tout court a vendersi, perché la maggior parte delle donne si innamorano e si sposano con uomini che non appartengono a categorie privilegiate, (sono le mogli degli operai e dei cassintegrati, a meno che non si vogliano considerare queste donne Gamma, infimo livello di reietta dalla società e dal genere femminile)” (Lucrezia).
Quindi tutte le donne sarebbero psicologicamente schiacciate dal matriarcato e a loro volta perpetrerebbero questo perverso meccanismo (compreso quello del darsi al miglior offerente, così come la mamma gli ha insegnato) con le loro figlie, ma allo stesso tempo il mondo sarebbe invece pieno di donne (la grande maggioranza, sei tu che lo dici) che invece se ne fotterebbero dei condizionamenti materni e si concederebbero entusiasticamente agli operai, ai precari e ai cassintegrati.
E ancora:” Ci sono pure tante donne che, per la loro avvenenza, potrebbero appartenere alla categoria delle Alpha ma per i loro valori rifiutano di vendersi, persino di scendere a compromessi”. (Lucrezia)
Ma se le cose stessero in questa maniera, cara Lucrezia, vorrei proprio capire dove sarebbe e in cosa consisterebbe questo pervasivo e potentissimo dominio matriarcale di cui tu parli, se la grande maggioranza delle figlie se ne fa beffe…
La contraddizione è a dir poco stridente. Qual è l’arcano? Devi salvare il femminile (lo farei anche io volentieri, sia chiaro), e lo capisco, sei una donna. Devi necessariamente trovare una via d’uscita alla tua teoria sulla pervasività del dominio matriarcale (concetto, questo, del tutto condivisibile, per quanto mi riguarda) ma in questo tentativo finisci inevitabilmente per entrare in contraddizione con le tue teorie. Né potrebbe essere altrimenti, anche perché la conseguenza logica del tuo assunto (la pervasività del potere matriarcale e la sua trasmissione da madre in figlia e così via) condurrebbe inesorabilmente ad un vicolo cieco per il femminile nella sua (quasi) totalità. Se ci fosse coerenza da parte tua, questo sarebbe l’inevitabile approdo finale del tuo ragionamento. E invece, arrivata a questo punto, non te la senti di andare oltre, o meglio di essere coerente fino in fondo, probabilmente per ragioni di ordine personale-emotivo (e posso anche capirlo)
In questa (consentimelo) mancanza di coerenza e di logica, da un punto di vista metodologico, non differisci per nulla dal tradizionale modo di procedere delle femministe (tutto e il contrario di tutto, nel medesimo tempo), anche se (particolare non da poco, che non sottovaluto di certo), a differenza loro, non colpevolizzi gli uomini.
Altro aspetto che emerge chiaramente dalle tue parole. Operi una suddivisione fra “buone e “cattive”, fra le poche (o tante, non è questo il punto) che si mercificherebbero e le tante che invece “potrebbero appartenere alla categoria delle Alpha ma per i loro valori rifiutano di vendersi, persino di scendere a compromessi…” (Lucrezia).
Anche qui non fai che ripetere, di fatto, il mantra femminista di sempre: poche (o numerose) mele marce non rappresentano l’universo femminile. Suddivisione manichea e ideologica in cui personalmente non credo neanche un po’. Nessuno qui ha mai portato avanti un’operazione di questo genere. Se così fosse, la questione neanche si porrebbe (perché non esisterebbe) e non saremmo qui a fare quello che facciamo. Sarebbe sufficiente applicare il famoso detto “se lo conosci lo eviti”, anzi, in questo caso, “se le conosci le eviti”, e il gioco è pressoché risolto.
E invece, cara Lucrezia, le cose sono molto, molto più complicate, perché oltre alle madri e al matriarcato c’è un complesso sistema sociale, culturale, economico, politico e chi più ne ha più ne metta, altamente sofisticato e pervasivo, in grado di condizionare fortemente la psiche degli individui. Non si tratta quindi di dividere le donne in “buone” o “cattive”, in mercificate e in libere, in contaminate e in pure (come fai tu), ma di capire che determinati meccanismi sono stati assimilati a livello profondo da pressoché quasi tutte le donne che hanno in parte subito e in larga parte assecondato un processo di condizionamento profondo che le ha viste interiorizzare i valori e le dinamiche dell’ideologia dominante. Il problema, quindi, non sono le poche o tante “olgettine” che, come dici tu, rallegravano (e continuano a rallegrare) i festini dell’ex presidente del consiglio, ma come ragiona, come sente e come vive e come si concepisce la grande maggioranza delle donne, quelle che a vent’anni anni si permettono il lusso di innamorarsi di un giovane e bello e disoccupato, e che a trenta non se lo permettono più. Anche perché, per svagarsi, di giovani e belli ne trovano quanti ne vogliono: il sesso, per loro, a differenza degli uomini , è l’ultimo dei problemi…L’abbiamo definita “asimmetria sessuale” ed è alle fondamenta della nostra elaborazione teorica. L’asimmetria sessuale genera una differente domanda (e offerta) di sesso. E’ una legge di economia politica che volente o nolente, è alla base della relazione fra i sessi…ecc. ecc. ecc. ecc. …
E qui mi fermo perché altrimenti dovrei continuare a scrivere per mesi senza fermarmi più. A questo punto ti invito a fare un piccolo sacrificio e ad acquistare il mio libro, forse risparmierà parecchia fatica ad entrambi.
Ciò detto, cara Lucrezia, la cosa sta assumendo i toni di una sorta di competizione fra te da una parte e il sottoscritto e Rino dall’altra. Abbiamo cose più importanti da fare e dobbiamo razionalizzare le nostre energie. Io mi fermo qui. Anche perché se continuiamo di questo passo non ci fermiamo più ed io non ne ho né il tempo, né le energie (che devo dedicare ad altro), onestamente.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
P.S. Un’ultima nota a margine, che mi era sfuggita. Il fatto che la maggioranza delle donne finisca per sposarsi con uomini “normali”, impiegati, operai, insegnanti o precari, come tu dici (ed è certamente vero) non significa assolutamente nulla. Ciò che conta è come pensano, come si relazionano con l’altro sesso, con quali modalità e categorie di pensiero. Il fatto che una borgatara aspiri ad un calciatore e poi finisca per mettersi con un rosticciere, un meccanico, uno stagnaro o un impiegato del catasto (che comunque la deve garantire) è del tutto irrilevante ai fini della nostra analisi. Ciò che conta è appunto come pensa, come sente, come vive, la logica (o meglio, la psicologia) con cui agisce nel contesto sociale e opera le sue scelte. Essa per prima si vive e si concepisce concettualmente e psicologicamente come una merce, come una proprietà (quanto questo meccanismo sia indotto e quanto attecchisca sulla sua stessa condizione ontologica è altro discorso, estremamente complesso). E una proprietà non la si dona, ma la si investe per trarne un utile. La sessualità è il peso specifico di una donna, il valore aggiunto, o se preferisci il plusvalore relativo che un uomo non possiede e che il sistema capitalistico tende ad esaltare, né potrebbe essere altrimenti.
E’ questo il busillis della vicenda, quello che ci rende insopportabili. E’ questa la pietra dello scandalo. E guarda caso, anche tu ti sei affrettata a ribadire che sostenere che le donne si mercificano nella loro grande maggioranza è offensivo. Ma è ciò che avviene, da un punto di vista psicologico e culturale, prima ancora che pratico. E negarlo è solo ipocrita. Capisco che è dura da digerire ma le medicine efficaci sono sempre quelle più amare…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Apro una parentesi sui leggendari processi alle streghe.
Due famosissimi perché ne hanno fatto dei romanzi e dei film: I diavoli di Loudum e Le streghe di Salem. Per dire che le denunce che hanno coinvolto uomini e donne sono partite nel primo da delle monache e nel secondo da un gruppo di ragazzine, e in entrambi i casi “fingendosi possedute e roba simile” hanno mandato a tortura e morte molta gente. Gli uomini di un tempo non erano molto diversi da oggi, a Loudum (Francia) c’erano anche interessi politici per togliere di mezzo un certo vescovo Grandier, dando credito a delle monache orsoline che lo accusarono di aver abusato di loro e stregoneria, e quindi torturato eccetera…
Leonardo(Quota) (Replica)
Ho ripetuto sino alla noia come stanno le cose, ma lo ha spiegato anche Armando: le donne – figlie che si emancipano lo devono alla presenza del maschile, nella famiglia e nella vita al di fuori della famiglia. Il circolo vizioso, di madre in figlia e così di seguito, viene spezzato dalla figlia, con la sua emancipazione dalla madre, attraverso il rispecchiamento con il maschile.
“La liberazione del tramite della riproduzione umana, il corpo della donna, la sua restituzione alla responsabilità del soggetto, coincide con il processo politico di socializzazione dei mezzi di produzione nella fabbrica sociale: si tratta appunto di abolire la posizione delle donne come semplici strumenti di produzione. Produzione economica e riproduzione biologica esigono per ciascuno il raggiungimento del pieno possesso del ruolo economico e sessuale.”
Un link per approfondire queste tematiche e vi lascio alle vostre convinzioni:
http://www.arte-e-psiche.com/Pubblicazioni/pinocchio/11.
Ciao!
Lucrezia(Quota) (Replica)
Lucrezia: “la donna, nel momento in cui diventa madre e ancor prima, quando lo sta per diventare, esercita un primato che gli proviene dalla natura, non ci sono leggi esterne che tengano, è padrona del suo corpo e il figlio ne è parte integrante, addirittura lo rimane anche dopo la nascita per lungo tempo, a volte, purtroppo, per tutta la vita!”
…..”ed essendo la madre fondamentale per fondare il mondo affettivo dei figli (figlie e soprattutto figlie che, a loro volta saranno madri), anche attraverso il lasciare o meno spazio alla figura paterna, che dipende unicamente dalla sua “benevolenza”.
“…..Una questione importante da affrontare è poi quella che riguarda la mancanza di libertà nell’esercizio di questo suo primato da parte della donna, quando è condizionata dalla morale comune e, soprattutto, da quella della chiesa! Sapete quali ne sono i risultati? Non solo la donna subisce in maniera subdola la violenza del ricatto morale, e viene privata della propria libertà di decisione sulla propria sessualità, sulla propria vita”
Scusa Lucrezia, a me non interessa fare le pulci a nessuno, ma quelle che ho riportato sopra sono affermazioni tue.
Come puoi dunque affermare di aver solo descritto uno stato di fatto che anche a tuo avviso sarebbe da limitare ad opera maschile/paterna?
Ti ho citata non tanto per coglierti in “fallo”, quanto per attirare l’attenzione tua e di tutti sull’affermazione secondo la quale lo spazio del padre dipende dalla “benevolenza” materna. Quì la contraddizione è davvero non sanabile e il ragionamento si avvita in un circolo vizioso. Per essere liberata la donna/madre necessita del maschio/padre, ma questi può operare solo per tramite la benevolenza della donna/madre. Il che significa che potrà operare solo se la donna/madre riuscisse a comprendere la sua reale situazione, cosa però impossibile senza l’intervento del maschio/padre. Non se ne esce usando la logica, neanche supponendo un intervento di “forza” del maschio/padre, perchè anch’esso è impossibile ad essere pensato a causa della preponderanza materna nei rapporti educativi.
Il nodo può essere sciolto solo se riconosciamo, con Neumann, che lo sviluppo della coscienza e la differenziazione dei sistemi conscio/inconscio con la subordinazione del secondo al primo, procedono, quantunque faticosamente, come esigenza vitale dell’umanità anche in presenza di un sistema educativo diciamo così “sfavorevole”, e se riconosciamo che tale sviluppo è opera maschile (simbolicamente e fattivamente), ossia che il patriarcato psichico (quello sociale è una invenzione proiettiva e comunque è subordinato al primo) ha, ad un certo punto, soppiantato il matriarcato. Ossia se si riconosce al maschile/paterno una propria possibilità d’azione e di pensiero autonoma dal materno/femminile. E non solo autonoma ma a anche capace di “limitare” il femminile quindi di porsi in contrasto ad esso ed anche per il suo bene e non solo per il proprio. E’ quello che l’amico Cesare ama definire come la “universalità” del maschile. Non sono, confesso, un grande conoscitore di Lacan il cui linguaggio mi è ostico, ma credo che il tema dello spazio d’azione autonomo del maschile sia un suo punto dolente. Massimo Recalcati, psicanalista di quella scuola e autore di un libro per certi aspetti eccellente (Cosa resta del padre) e che (se interessa) ho recensito in http://www.maschiselvatici.it non esce neanche lui da quella contraddizione che finisce per , mi si perdoni la battuta, evirarlo. Dunque è fuorviante parlare, come mi sembra tu faccia, di un matriarcato eterno e generalizzato. Piuttosto è da evidenziare il pericolo imminente e immanente di un suo ritorno in forze sottoforma di “rinaturalizzazione” e prevalenza dell’elemento biologico rispetto a quello culturale. Se poi, come tu sostieni, il Cristianesimo sia la base di questo regresso è un altro problema. Non sono per niente d’accordo, ma è troppo lungo argomentare in un unico post. Semmai ci torneremo. Vorrei piuttosto sottolinera un apparente paradosso, ossia che la stessa tecnologia, che vuole riprodurre artificialmente i processi naturali, finisce per concorrere pesantemente a quel processo regressivo di rinaturalizzazione. L’aspetto più evidente è l’esclusione del maschio/padre dal processo riproduttivo che ri-produce la situazione preculturale dell’epoca in cui l’intervento maschile/paterno nella riproduzione era sconosciuto.
Mi fermo quì, non prima però di aver detto una parola sul fatto (verissimo) che le donne indipendenti economicamente, ciò nonostante tendono a accoppiarsi con maschi ancor più ricchi. Intanto per dire che non vedo perchè un uomo ricco sia automaticamente da annoverare fra i “peggiori” o “i più interessati ai soldi”. E’ un automatismo che, esempi singoli a parte, non condivido. Ma non è questo che mi interessa principalmente. Il punto è perchè accade questo “strano” fenomeno. mi sembra che le spiegazioni familiari o educative non riescano a dare spiegazioni plausibili, anche perchè quelle donne sono spesso figlie dell’emancipazione e del femminismo ed hanno avuto madri tutt’altro che tradizionali. Mi sembra molto più plausibile la spiegazione che ci troviamo di fronte a strutture psichiche profondissimamente radicate, direi invarianti ed eterne, che spingono inconsciamente la femmina a cercare un maschio in grado di proteggerla anche quando sarebbe benissimo in grado di farlo da sola. Ora, se queste strutture psichiche sono identiche a se stesse sin dalla comparsa dell’umanità sulla terra, allora dobbiamo pensare che facciano parte dell’ontologia. E comunque, anche se non la si pensa così, è evidente che perchè siano modificate occorrerà un tempo lunghissimo e indefinito. Per molte donne riconoscere questo dato di realtà è una diminuzione del femminile, per molti uomini (e quì mi differenzio in parte dagli amici Rino e Fabrizio), è la dimostrazione della strumentalità dell’amore al femminile. Io credo semplicemente che riconoscere il dato di fatto, senza giudicarlo in quanto tale, serve a confrontarsi col mondo come è, senza falsa coscienza. Il denaro è per la donna un afrodisiaco altrettanto potente che il corpo femminile per un uomo. Non gli unici elementi di cui si ciba l’amore, certamente, ma elementi di peso. Saperlo evita agli uni e alle altre l’illusione di essere amati per qualità diverse o meglio consente la possibilità di discernere all’interno di un rapporto i diversi elementi di cui si compone.
armando
armando(Quota) (Replica)
non sono d’accordo sull’idea che la donna istintivamente preferisca il denaro al fisico del partner. l’istinto di base le suggerirebbe di andare con Gerald Butler, ma la convenienza la spinge a mettersi con Maurizio Costanzo. l’idea secondo cui le donne siano istintivamente attratte dai soldi o dalla prominenza sociale non è scientifica e non ha analogie nel mondo degli animali, animali con cui ricordo che condividiamo gli istinti.
del resto basta osservare la fenomenologia sessuale delle ragazzine in età puberale: prima si infatuano dello scavezzacollo pluripregiudicato verso cui provano pura attrazione fisica e solo in un secondo momento, complici gli input ricevuti da famiglia e istituzioni, si mettono con uno piu tranquillo anche se meno attraente.
fulvioterzapi(Quota) (Replica)
Mi permetto, come inciso sulla citazione di Armando circa il Cristianesimo, una semplicissima considerazione, che forse risulterà utile, sulla sostanza del Cristianesimo stesso : il Cristianesimo è la rivelazione (quindi conoscenza altrimenti inattingibile dagli uomini) dell’identità paterna di Dio e del suo amore paterno. Ebbene, può piacere o dispiacere, in particolare può dispiacere persino a preti, vescovi e finamai a qualche Papa, (tutti costoro si trovano professionalmente alle prese con una dichiarazione che ha portato in Croce, ieri come oggi, il fondatore della religione di cui sono ministri) ma il Cristo, ritenuto figlio di Dio dai credenti, afferma nei libri sacri, i Vangeli, e per ben 195 volte, che Dio è Padre. Ovvero che Dio è Padre non perchè è Dio ma è Dio perchè è Padre, significando perciò che la paternità non è uno dei predicati possibili di Dio, fra cui per esempio, assai di moda, la maternità, ma ne è la sostanza. Il Cristianesimo è l’unica religione che di Dio dice che è Padre. Tutte poi, oggi, vogliono fare del buon marketing e allora dicono che Dio è Amore, concetto talmente indeterminato che finisce per far confluire tutto e il contrario di tutto in quel generale minestrone chiamato appunto Amore. Il che però ha un vantaggio ma anche uno svantaggio enorme: lascia tutti nella convinzione di operare secondo Dio nel fare quello che vogliono per cui di fatto possono eleggere a divinità i loro desideri, insomma un Dio del santissimo desiderio, del piacere: un Dio Madre?
Il Dio che è Padre invece introduce a mio avviso una specificazione dell’Amore, l’amore paterno, ovvero un amore che ha in sè la Legge ovvero la Giustizia (“non uno iota della Legge sarà cambiato”) , per cui l’Amore del Padre si attiva misericordioso, perchè viene compreso e accettato, solo verso chi si è reso conto, chi sa, di aver operato contro giustizia e da questo operare ingiusto vuole redimersi. Un Dio dunque dell’amore che libera: l’amore paterno.
Ancora più semplicemente: una civiltà che insegna fin da piccoli a pregare il Padre e invocare il suo amore, avrà un percorso ben diverso da una civiltà che insegna ai piccoli a pregare Dio che è anche padre e madre, o semplicemente madre, o indeterminatamente Amore. Penso che la prima abbia un percorso tutt’altro che regressivo, anzi un percorso di crescita e liberazione, mentre le altre non cesseranno di attendere, che il Dio Madre, per esempio Madre natura, le sostenga nella soddisfazione dei propri bisogni e dei propri desideri.
cesare(Quota) (Replica)
Grazie Armando per darmi la possibilità di spiegare meglio dei passaggi difficili, credo comunque che noi due non siamo poi tanto lontani.
Magari potremmo continuare a interloquire senza imporre di intervenire a chi ritiene queste teorie la prova dell’incapacità della donna a detenere il logos, sempre che sia così benevolo da permettercelo. 😉
Appunto, “benevolenza” forse non è il termine più adatto da usare ma è preferibile quello di “arbitrio” nel caso della madre che decide sia opportuno e sano lasciare spazio alla figura maschile – paterna nella famiglia, ma il senso è sempre quello, il primato del generare e il rapporto di identificazione dei figli con la madre che ne deriva, permette alla donna un dominio sui figli che il padre non ha, di fatto. Questo non vuol dire che il maschile non abbia un altro SENSO, fondamentale nel processo di maturazione dell’individuo che si matura, che è proprio nella FUNZIONE DI DIFFERENZA dalla madre!
Tu scrivi:
Come puoi dunque affermare di aver solo descritto uno stato di fatto che anche a tuo avviso sarebbe da limitare ad opera maschile/paterna? Qui la contraddizione è davvero non sanabile e il ragionamento si avvita in un circolo vizioso
Per essere liberata la donna/madre necessita del maschio/padre, ma questi può operare solo per tramite la benevolenza della donna/madre. (@Armando)
Intanto al posto del termine donna-madre bisogna mettere la donna – figlia, perchè è quest’ultima che deve liberarsi attraverso il rispecchiamento con il maschile. Ovviamente in una donna spesso i due ruoli coesistono, quando la figlia diventa a sua volta madre, coesistendo in tal caso i due ruoli nello stesso individuo, la madre è tale nei confronti dei figli ed è figlia nei confronti della propria madre, quindi ha ruoli e comportamenti diversi, di sottomissione nei confronti di quest’ultima mentre perlopiù tende a riprodurre con i figli quello stesso rapporto affettivo che ha imparato da sua madre.
Per rispondere anche a Fabrizio, (ma senza costringerlo a partecipare ancora a questa conversazione!), non ho mai detto che TUTTE le madri creino sottomissione nei confronti delle figlie, lo fanno nella misura in cui si nutrono del rapporto filiale per mancanza di una vita propria, soprattutto per mancanza di una vita affettiva e sessuale emancipata. L’ho chiamato circolo vizioso, e infatti lo può essere e lo è stato per secoli, ma i circoli viziosi si interrompono con un atto arbitrario, nel caso specifico un atto di liberazione di sè stesse e al tempo stesso anche di benevolenza nei confronti dei figli.
Tornando al ruolo e alla funzione del maschile, è vero che la sua partecipazione al processo di maturazione dei figli e quindi di emancipazione femminile è difficile, non per niente in passato era fatto ampiamente uso di violenza da parte dell’uomo, ( anche attraverso il primato della guerra, v. il ratto delle Sabine o la tradizionale fuitina praticata sino a poco tempo fa ne sud e altri episodi simili, storici o mitologici che siano), ma al giorno d’oggi la consapevolezza delle figlie (e, ripeto, mi riferisco alla funzione del ruolo, anche se possono essere contemporaneamente anche madri), e il loro desiderio di riscatto dalle madri, di appropriazione della propria sessualità e, attraverso di essa, del proprio autonomo ruolo sociale da parte delle figlie può promuovere questa differenziazione senza bisogno di violenza e superando ogni sterile contrapposizione sessista tra i ruoli maschile e femminile.
Scrive Sergio Martella:
La dialettica dell’essere non è conflitto di genere, ma di gener-azione; è cioè azione sessuale e non sessista.
Non è contrapposizione tra i sessi nella guerra di parità, sostituzione o di negazione del maschile con il femminile, ma è dialettica del superamento dalla condizione di figli a quella di uomo o donna adulti, il passaggio a questo stato rende obsoleta la funzione dei genitori nella famiglia di origine. Che l’adulto abbia dei genitori non vuole dire che egli resti bambino.(…). ) Il protrarsi del luogo comune dell’incesto oltre la fase di crescita formativa confonde la differenza sessuale nell’ostilità e nell’impotenza, designa alla sconfitta le potenzialità fisio-affettive dei nuovi soggetti, fino a configurarsi come autolesionismo o distruttività nei giovani.”
“Se nel processo umano dello sviluppo l’erotismo è un fatto di genere fisiologico; la differenza sessuale è invece questione che riguarda il rapporto di avvicendamento tra generazioni.”
“Ogni rivoluzione è processo di riappropriazione di ruolo, dalla condizione indifferenziata di massa all’affermazione del soggetto collettivo.
Tuttavia l’alternativa alla condizione sempre retriva del matriarcato non è nella complementarietà logica di un patriarcato: non vi è alternanza di ruolo tra maschile e femminile, poiché il padre non può partorire; l’emancipazione dalla semplice condizione animale di mammiferi ad esseri evoluti, pronti ai nuovi compiti del reale, apre alla libera espressione dei corpi e delle emozioni verso una condizione di libertà incentrata sulle relazioni sociali, verso le conseguenze della naturale differenza sessuale non più costretta nell’universo perverso e privato dell’incesto.” (Quindi l’alternativa al matriarcato imperante è la civilità della polis, non il patriercato, di fatto impossibile!)
E ancora:
“Sulla scena della vita la trama è scritta al femminile, ma il raggio della sua ampiezza, la qualità che delinea la profondità psicologica e l’autonomia di ruolo che fa sì che si possa improvvisare una recita a soggetto da parte degli attori (nella scena data) è prerogativa del potere differenziante della sessualità del padre. Così pure la possibilità di accedere a questa verità sul piano della consapevolezza; al contrario, nell’indifferenziato dell’origine l’Io non si struttura se non come fusione nell’appartenenza al d’io.”
Diciamo, per concludere, che questa visione delle cose allevierebbe il diffuso pessimismo sessista che trovo nei vostri siti, rafforzando la consapevolezza della funzione fondamentale del maschile, perchè solo attraverso il rispecchiamento con l’altro sesso, attraverso il padre prima ma anche attraverso altre figure maschili, le figlie si possono emancipare scoprendo la propria sessualità e di poter avere un proprio autonomo progetto di vita! ma questa consapevolezza va presa INSIEME alle figlie e non in contrapposizione al femminile tout court!
Come facciamo a liberarci noi donne se voi ci fate la guerra?
E’ davvero desolante, voi dovreste rappresentare la fascia più consapevole del maschile e invece vi autoannientate, come genere, attraverso discorsi sessiti e razzisti, mancando completamente l’obiettivo della vostra lotta! ma è possibile che, almeno nella vostra esperienza personale, non vi sia mai capitato di verificare in prima persona come le donne si perdano dietro alle loro madri? Io conosco centinaia di uomini che hanno verificato! hnno ioncontrato fidanzate, mogli, amiche, espropriate della propria volontà da parte delle madri, mai visto?
Che uso faccia la chiesa di questo meccanismo, lo rimandiamo.
Invece il discorso economico è legato all’alienazione generale, di uomini e donne, e all’immaturità e all’incapacità di relazione, infatti non ci sono solo donne che si vendono ma anche uomini che credono che comprare sia l’unico modo per relazionarsi ad una donna, (con tutti gli annessi).
Voi dite che sono le donne che si vendono e anzi sono corree del sistema, nei siti delle femministe incazzate dicono che sono gli uomini che comprano e mercificano il corpo delle donne, due risvolti di una stessa medaglia, (che trovo più grave perché per lo più in mala fede da parte delle donne): il sessismo e la mancanza di consapevolezza del proprio ruolo sessuale!
Lucrezia(Quota) (Replica)
fulvioterzapi:
non sono d’accordo sull’idea che la donna istintivamente preferisca il denaro al fisico del partner. l’istinto di base le suggerirebbe di andare con Gerald Butler, ma la convenienza la spinge a mettersi con Maurizio Costanzo. l’idea secondo cui le donne siano istintivamente attratte dai soldi o dalla prominenza sociale non è scientifica e non ha analogie nel mondo degli animali, animali con cui ricordo che condividiamo gli istinti.
del resto basta osservare la fenomenologia sessuale delle ragazzine in età puberale: prima si infatuano dello scavezzacollo pluripregiudicato verso cui provano pura attrazione fisica e solo in un secondo momento, complici gli input ricevuti da famiglia e istituzioni, si mettono con uno piu tranquillo anche se meno attraente.
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Le ha eccome col mondo animale. Le femmine degli animali in generale si accoppiano con il maschio vincitore che ha diritto a fecondarle tutte. Le ragazzine si invaghiscono con il violento, il bullo, con quello che ha la moto, la macchina, che può essere il riflesso del maschio vincitore nel branco degli animali (l’alfa). Il fisico piace, per fortuna, e pure la simpatia; forse sono queste le cose più umane. Ma non possiamo comprendere fino in fondo gli animali, a me è sembrato in molte occasioni (non sui documentari) che anche loro hanno dei sentimenti: basta avere un animale domestico, io ho avuto dei gatti (non per mia volontà) cha hanno dimostrato sentimenti inaspettati…
Leonardo(Quota) (Replica)
@ Cesare:
Sul Cristianesimo, di parere contrario Sergio Martella:
Ciò che tradisce la natura matriarcale nella forma sociale del dominio non è il genere sessualizzato del corpo imperante, sia esso re, papa, divinità o padrone, quanto piuttosto la caratteristica di unicità e di esclusività che connota, per realtà fisiologica, il primato materno. Gli stilemi dell’appartenenza all’indifferenziato, al corpo unico, denotano senza possibilità di equivoco il modello matriarcale che si oppone al modello democratico espressione della pluralità e della convivenza, senza riduzioni, delle differenze. Mondiale, monastico, monoteista, monarchico… sono rimandi lessicali all’unità ginocratica femminile.”
“Lo studio dell’esegesi analitica del mito, come accade con lo studio dei sogni e del simbolismo in generale applicato alla letteratura e all’arte, rivela nel racconto cristiano (eucaristia, spirito santo e pos-sesso sulla figlia Maria, negazione del ruolo del padre, incarnazione nel corpo dei figli con le stimmate sessuali femminili del sangue e del dolore) l’estensione in termini socializzati della psicologia della Grande Madre intesa nel senso junghiano (Erich Neumann, Storia delle origini della coscienza) (Sergio Martella)
Il matriarcato è ciò che, di fatto, connota questa cultura degli affetti familiari rappresentata sul modello della sacra famiglia. Nella religione cristiana – che delinea in tutta la sua estensione teologica la psicologia della madre – la centralità del matriarcato è rappresentata simbolicamente in tre modi:
a) dallo spirito santo che dà il senso ad ogni relazione tra il padre ed il figliolo;
b) con il dogma dell’unicità e trinità di dio; il tre, infatti, simboleggia la composizione del logos famigliare che ritrova nella madre fonte e ispirazione unica e totale;
c) nell’ossessione ginocentrica della madonna e del mito della ricostruzione dell’integrità verginale, ossia della negazione d’ogni sviluppo della sessualità e dell’autonomia dei figli, a partire dall’atto di dolore inaugurato con il trauma del parto che pesa su ciascuno come debito e peccato originale (sono anche celebrazioni della verginità dell’imene l’ostensione dell’ostia e del sangue idealmente contenuto, come pure la posizione giunta delle mani con o senza il riferimento ai flussi stigmatici).
Il rito dell’eucaristia nell’accezione cristiana si afferma nel processo di ribaltamento della centralità della figura del padre a favore della sessualità materna: nella tradizione ebraica l’oggetto di transazione simbolica era rappresentato dal pane-pene da spezzare e distribuire come pasto totemico e come ripartizione che i figli celebravano intorno al corpo del padre, secondo l’interpretazione freudiana del Mosé.
Passando per l’equivalenza di pani e pesci, si giunge fino alla completa sostituzione del significante della centralità sessuale paterna con quella femminile, con l’ostensione dell’ostia nella forma dell’integrità dell’imene e del sangue in essa idealmente contenuto. Esibizione ed eritrofobia connotano il rito di reintegrazione della verginità e della rimozione dell’atto sessuale come evento necessario a procreare.”
http://www.arte-e-psiche.com/Pubblicazioni/pinocchio/1.htm
Lucrezia(Quota) (Replica)
“Mi fermo quì, non prima però di aver detto una parola sul fatto (verissimo) che le donne indipendenti economicamente, ciò nonostante tendono a accoppiarsi con maschi ancor più ricchi”. (Armando)
“Il punto è perchè accade questo “strano” fenomeno. mi sembra che le spiegazioni familiari o educative non riescano a dare spiegazioni plausibili, anche perchè quelle donne sono spesso figlie dell’emancipazione e del femminismo ed hanno avuto madri tutt’altro che tradizionali. Mi sembra molto più plausibile la spiegazione che ci troviamo di fronte a strutture psichiche profondissimamente radicate, direi invarianti ed eterne, che spingono inconsciamente la femmina a cercare un maschio in grado di proteggerla anche quando sarebbe benissimo in grado di farlo da sola. Ora, se queste strutture psichiche sono identiche a se stesse sin dalla comparsa dell’umanità sulla terra, allora dobbiamo pensare che facciano parte dell’ontologia. E comunque, anche se non la si pensa così, è evidente che perchè siano modificate occorrerà un tempo lunghissimo e indefinito. Per molte donne riconoscere questo dato di realtà è una diminuzione del femminile, per molti uomini (e quì mi differenzio in parte dagli amici Rino e Fabrizio), è la dimostrazione della strumentalità dell’amore al femminile. (Armando)
Sottolineo alcuni passaggi dell’ultimo e molto interessante intervento di Armando, che meritano un approfondimento (caro Armando, devi in gran parte la tua lucidità alla critica marxista, peccato che tu l’abbia messa al servizio di una altra causa… )
La premessa, come ben sapete, è che nella mia interpretazione della realtà e del mondo, natura e cultura non possono essere separate. Di più, questa separazione, oltre ad essere errata dal punto di vista filosofico, quindi teoretico ed ermeneutico, lo è anche da quello psicologico, perché rappresenta una sorta di scissione nevrotica dell’individuo.
Armando si chiede, dandosi una risposta di natura prevalentemente ontologica (ma lui non ha la mia stessa concezione e tende a scindere maggiormente natura e cultura rispetto a quanto faccio io, in ogni modo sarà lui stesso a correggermi se sbaglio), per quale ragione tuttora le donne, anche se ricche, in carriera, emancipate, “liberate” e “femministizzate”, tendono ad accoppiarsi con uomini più ricchi e potenti di loro. Domanda più che lecita, perché la realtà ci dice questo (capricci a parte con il bagnino o il famoso idraulico di turno, oppure il subordinato della manager sul posto di lavoro…).
La mia risposta è la seguente (parto dalla “coda” per arrivare alla “testa”).
Le donne hanno interiorizzato a livello psicologico profondo, più o meno conscio o inconscio, il concetto economico di “valore” (di uso e di scambio…). Di conseguenza, più o meno consapevolmente, tendono a viversi (psicologicamente) come una merce (più o meno pregiata, a seconda dei casi), quindi a darsi (concettualmente) un prezzo, che viene di volta in volta stabilito dalle regole e dagli equilibri del “mercato” in base a tutta quella serie di fattori che regolano il mercato stesso (cioè la domanda e l’offerta di un bene in base alla qualità, alla quantità, quindi alla scarsità o all’abbondanza, alla deperibilità, alla funzionalità ecc. ). Tutta questa serie di fattori è ciò che determina il “valore” di una merce, anche e soprattutto quando questa merce è un essere umano. Questo meccanismo è valido oggi più che mai. Anzi, è stato proprio questo il capolavoro del sistema capitalista assoluto dominante. Assoluto perché auto fondato, completamente libero da qualsiasi vincolo di natura etica, politica o ideologica (che non sia appunto la sua stessa ideologia, cioè il trionfo della ragione economica fine a se stessa) e soprattutto perché capace di assolutizzare il concetto stesso di valore in senso lato e di declinarlo rigorosamente nella sua accezione economica, fino a far coincidere del tutto questi due aspetti.
E’ evidente, se partiamo da questo presupposto, come il quesito giustamente posto da Armando, trovi una risposta più che convincente, dal mio punto di vista.
E dalle stelle (si fa per dire…) vado alle stalle, così ci capiamo meglio. Se fino a un cinquantennio fa (e per moltissimo tempo, andando a ritroso nella storia) una donna sceglieva il marito (sempre in virtù, ovviamente, di ciò che ella stessa era in grado di offrire) in considerazione delle garanzie di stabilità, sicurezza (quindi protezione, relativo benessere, solidità complessiva ecc.) che questo era in grado di offrirgli , oggi quella stessa donna sceglie il proprio partner sulla base del “valore” che ella ritiene di avere e che naturalmente il “gioco” del mercato stabilisce. Ergo, nel momento in cui una donna si è data un valore e un prezzo (concettualmente, psicologicamente, simbolicamente e metaforicamente parlando), deve necessariamente entrare in relazione solo con coloro che sono in grado di acquistare quel “valore” e a quel prezzo. Non solo, deve anche ricavarci un utile (plusvalore) altrimenti ha la percezione di essersi svenduta (lucro cessante).
E’ evidente quindi che siamo ben oltre la tradizionale ricerca da parte femminile di stabilità e sicurezza di “storica e ontologica memoria” di cui parla, anche giustamente, Armando (a patto di non separare completamente questa dimensione da quella “culturale” come fanno erroneamente e maldestramente molti uomini del Momas).
Il concetto di valore è stato declinato nella sua accezione economica ed è stato sussunto a livello psicologico profondo dagli individui. In quale misura e con quale livello di consapevolezza questo complesso, sofisticato e, ammettiamolo, molto intelligente processo, sia stato assimilato e fatto proprio dagli uomini e in particolare dalle donne, è oggetto di riflessione. Ciò che possiamo dire è che quello che comunemente denominiamo come “sistema dominante” non è una stanza dei bottoni con tre o quattro “cattivoni-intelligentoni” che muovono manopole e pigiano pulsanti su una macchina ancora più intelligente di loro (c’è anche questo, sia chiaro, specie se osserviamo l’evoluzione del capitalismo negli ultimi decenni e forse anche prima…ma insomma, ci siamo capiti…) bensì un complesso intreccio di processi sociali, economici e culturali (e ormai, come abbiamo visto, anche di genere) il cui filo rosso è quello però di ricongiungersi tutti nello stesso punto e di sfociare nella medesima foce, cioè la ragione capitalistica dominante, il dominio assoluto, da un punto di vista concettuale (questo è il punto vero…) della forma merce, e quindi del capitale, inteso nella sua forma più alta, astratta e concettuale e proprio per questo al contempo totalizzante e pervasiva di ogni aspetto dell’esistenza umana.
Se non capiamo questo, amici miei, non possiamo capire nulla di ciò che è avvenuto e di ciò che sta avvenendo in quest’epoca in cui ci è toccato in sorte di vivere..
Questo è il cuore della questione. E a chi ci accusa di portare avanti un sciocca quanto sterile guerricciola fra i sessi, speculare a quella portata avanti dal femminismo (cioè uno dei mattoni fondamentali dell’ideologia dominante) nei confronti del genere maschile, rispondo che NON HA CAPITO VERAMENTE NULLA di quello che sosteniamo.
“Io credo semplicemente che riconoscere il dato di fatto, senza giudicarlo in quanto tale, serve a confrontarsi col mondo come è, senza falsa coscienza. Il denaro è per la donna un afrodisiaco altrettanto potente che il corpo femminile per un uomo. Non gli unici elementi di cui si ciba l’amore, certamente, ma elementi di peso. Saperlo evita agli uni e alle altre l’illusione di essere amati per qualità diverse o meglio consente la possibilità di discernere all’interno di un rapporto i diversi elementi di cui si compone”. (Armando)
Questo passaggio di Armando è ancora più potente e dirompente, anche se lui fa finta che non lo sia e lo esprime con una sorta disinvolta leggerezza.
Perché sta sostenendo, anche in modo estremamente evidente, che questa natura strumentale del femminile (anche se lui non la definisce tale proprio perché la inserisce nella ontologia stessa del femminile…) è parte integrante -riporto nuovamente il suo passaggio -di “quelle strutture psichiche identiche a se stesse profondissimamente radicate, direi invarianti ed eterne sin dalla comparsa dell’umanità sulla terra… allora dobbiamo pensare che facciano parte dell’ontologia”. “Il denaro è per la donna l’afrodisiaco più potente”, insiste (non a torto).
Solo che lui, separando di fatto natura e cultura (e quindi per me è in errore), considera questa situazione necessariamente immutabile, anzi addirittura eterna, o al limite, ma molto al limite, mutabile solo in tempi “lunghissimi e indefiniti” (anche se ciò significa, sia pure in parte, ammettere che comunque, anche se in misura impercettibile all’osservazione del “qui ed ora”, la condizione ontologica degli esseri umani è soggetta al cambiamento).
Ma il mio obiettivo non è quello di trovare delle contraddizioni nella logica di Armando (il suo ultimo intervento, dal suo punto di vista, non ne ha alcuna), quanto quello di focalizzare al meglio le cose, la materia (in senso filosofico) di cui stiamo parlando.
Finisco con una battuta, anche per alleggerire il tutto. Lidia Ravera chiude la sua postfazione al mio libro dicendo:”Fabrizio, tu in fondo con un linguaggio più intellettuale, dici alle donne quello che da sempre gli è stato detto, e cioè che sono tutte zoccole”. Sbaglia, naturalmente, perché ciò che sostengo è ben altro e il mio libro neanche lo ha letto; si è limitata ad una pisciatina scontata richiestale dall’editore, che più che una postfazione sembra il brogliaccio di un volantino di un qualsiasi collettivo femminista degli anni ’70…
Mi chiedo,a questo punto, in considerazione delle rispettive diverse concezioni che ci sono fra me e lui, cosa mai avrebbe risposto ad Armando :-)) …
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Chissà cosa mi avrebbe risposto. La categoria dispregiativa “zoccola” vale nell’ambito di un contesto culturale, ma non vale in un altro. Basta ricordare le “prostitute sacre” (le etere). A parte la Ravera, è interessante notare come, in presenza di un fatto ammesso da (quasi) tutti in quanto evidente, si confrontino almeno tre spiegazioni. Quella “economicista” di Fabrizio, quella diciamo così “ontologica” mia , ma anche quella che spiega il fatto ricorrendo all’evoluzione, ossia alla spinta necessitata della femmina a cercare le migliori condizioni possibili per la propria prole e alla spinta maschile a inseminare il maggior numero di femmine possibili. Proprio partendo dal concetto caro a Fabrizio che natura e cultura si intrecciano continuamente (al quale concetto non mi oppongo affatto anche se più di lui scorgo la necessità di individuare il più possibile cosa deriva dall’una e dall’altra proprio per evitare forzature sbagliate), dico che in ciascuna delle tre spiegazioni c’è un nucleo di verità. L’inseminazione/conservazione serve davvero alla specie. Poichè l’uomo si differenzia dall’animale in tanto in quanto è capace di autocoscienza e giudizio morale, è ovvio presupporre l’esistenza di una ontologia di base ovvero di una struttura psichica invariante o variante solo in tempi così lunghi da essere di fatto incontrollabili e persino inconcepibili alla limitata mente umana la cui vicenda si svolge in un tempo microscopico se paragonato a quello cosmico (cosa che, noto, ben si accorda con l’evoluzione). Infine tutto ciò non è affato d’ostacolo con la introiezione del valore come unico orizzonte possibile quì ed ora, come sostiene Fabrizio, al quale obietto solo che, mentre il fenomeno della tendenza femminile a scegliere il maschio potente esiste da sempre, la riduzione a merce di ogni aspetto della vita umana è un fatto relativamente recente. Sulla questione dell’introiezione del concetto di valore e della pervasività del capitale hanno studiato a lungo e prodotto testi importanti autori di un filone troppo poco conosciuto del marxismo, come Jacques Camatte e Giorgio Cesarano, di cui mi sono occupato dando loro atto dei meriti indubbi ma anche cercando di sottolinearne le contraddizioni che li portano in ultima analisi a individuare nell’emancipazione femminile, che chiamano biologica (abbrevio orrendamente, per capirci) dal patriarcato/capitale la via veramente rivoluzionaria. Così su due piedi mi sembra di individuare una certa assonanza (certamente da approfondire e verificare), con quanto sostiene Lucrezia sulla scorta delle analisi di Martella. Interessante! cercherò di tornarci,magari in altra sede per non appesantire questo spazio che più di azione politica che di approfindimento teorico.
Infine, tornando all’inizio del post di Fabrizio, non ho alcuna difficoltà ad ammettere che il marxismo e la militanza a sinistra molto mi hanno dato. Diciamo che non rinnego assolutamente nulla del passato, ma più semplicemente lo considero per me superato, il che non mi impedisce affatto di vedere i meriti di marx. Il Marx studioso delle società capitalistiche, ed anche di quelle precapitalistiche, ha scritto pagine di grandi verità individuando concetti che, non sembri un paradosso, sono serviti proprio al capitalismo stesso per modificarsi e perpetuarsi. Evidentemente occorreva qualcuno dall’esterno che gli facesse scorgere come funziona oltre la falsa coscienza che tanto facilmente si autogenera. Ciò che invece non mi convince affatto è il suo impianto filosofico e antropologico. Ritengo sia un punto debole che ha portato il marxismo (inteso come il corpo (o i corpi) ideologico elaborato dai suoi seguaci in un vicolo cieco. Col tramonto della rivoluzione, tutti i partiti che si ispirano a Marx o si sono estinti, o del marxismo hanno conservato solo il simulacro nominalistico (cinesi) o si sono trasformati in partiti radicali di massa, supporto culturale del capitalismo anche se non se ne accorgono neanche di fronte all’evidenza. Questo, per quanto mi riguarda, dovrebbe far riflettere e far risalire all’indietro su alcune debolezze strutturali del marxismo filosofico. E ciò proprio nell’ottica di contrapporsi ad una società (quella del capitale finanziarizzato, della mercificazione totale, della reificazione), che proprio non mi piace.
armando
armando(Quota) (Replica)
Naturalmente, come sempre, il discorso si farebbe lunghissimo, condivido alcuni concetti da te espressi e non altri…Ma qui mi fermo anch’io per ovvie ragioni…
Un solo appunto: non sono un “economicista”, nel modo più assoluto. Ritengo anzi che l’economicismo abbia rappresentato una interpretazione fuorviante del marxismo e non solo, direi della realtà nel suo complesso. E, fra le altre cose, proprio la mia concezione della relazione fra natura e cultura dovrebbe mettermi al riparo da questa critica. Mi rendo conto che l’articolo che ho scritto ormai un paio di anni dal titolo “Natura e Cultura” ha bisogno di essere ulteriormente sviluppato. Ci tornerò senz’altro prossimamente.
Ciò detto, lungi da me l’economicismo e insieme a questo anche il determinismo e il meccanicismo, atre operazioni riduzionistiche di una filosofia estremamente più complessa che è appunto quello marxista.
Fabrizio
p.s. ti ringrazio comunque per questo tuo penultimo commento, Armando, perché trovo che (sia pure dal tuo punto di vista, naturalmente) abbia affrontato dei nodi importanti e ci abbia consentito di focalizzare meglio alcuni questioni fondamentali.
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ho usato il termine “economicista” fra virgolette (come per me ho anteposto il “diciamo così” a ontologico) solo per necessità di semplificazione. I blog ci impongono di essere brevi e certe sfumature sfuggono necessariamente. Tutto quì.
Armando
armando(Quota) (Replica)
“Are you joking? Oh my god babe, that’s horrible” Stai scherzando? Dio mio, cara, è terribile.
Mi risponde una mia amica australiana mentre le spiego che cosa sia il femminicidio e perchè le Nazioni Unite abbiano creato un neologismo per descrivere la situazione italiana e quella messicana.
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Questo passo è tratto da
http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=11987
(vorrei linkare anche un post della Terra-terra ma ormai è un disco rotto ,non vale nemmeno la pena)
Non oso immaginare se un ragazzo italiano o messicano vada in Australia ,se si viene rappresentati in questo modo
Una frase razzista era “Noi non siamo razzisti ,sono loro ad essere napoletani (o chi per loro ) ”
Si potrebbe cambiare in “Noi non siamo sessiste ,sono loro ad essere uomini”
Qualcuno mi trova la differenza?
mauro recher(Quota) (Replica)
l’ONU….l’ONU….quante cose si potrebbero dire sull”ONU.
fabrizio(Quota) (Replica)
Giramento della frittata ,due pesi e due misure?
Alcune mie considerazioni dovute ad un post della Zanardo …
http://femdominismo.wordpress.com/2012/05/18/due-pesi-e-due-misure-ancora-sui-femminicidi/
mauro recher(Quota) (Replica)
2 pesi e due misure…no, diciamo due lingue diverse…
Fabriziaccio(Quota) (Replica)
Ma andate un po’ affanculo.
Una Donna.
Donna(Quota) (Replica)
Sai cucinare?
Marco Pensante(Quota) (Replica)
Ahhh …… la famosa empatia femminile …
Che dire …. Donna …. ti amo …. smack …. smack….
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
@Donna…per le pari opportunità ti lasciamo un posto…se vuoi occuparlo….
Fabriziaccio(Quota) (Replica)
Questo invito, in quanto reciproco, è un contributo decisivo alla chiarezza.
cesare(Quota) (Replica)
Sul sito di Sinistra Ecologia e
Libertà mi hanno pubblicato il
seguente commento, da me
scritto in risposta ad un commento
che giudicava la strage di Brindisi
come conseguenza della violenza
maschile:
Aliquis 21 maggio 2012 – 18:54
A Marnazza Scotto vorrei dire che
non è giusto interpretare tutto
nel solito conflitto tra i generi.
Perchè dividere, ad ogni occasione,
tra uomini e donne? La violenza colpisce
tutti, tutti, uomini e donne, ne siamo
vittime. Io poi non credo che sia così
facile dividere il genere umano nei due
generi maschile e femminile. La mente
umana è complessa. C’è un lato femminile
in ogni uomo e un lato maschile in ogni
donna. Ammesso che la violenza maschile
sia preponderante, chi, come e quando
la si può riconoscere e definire?
Siete sicuri che ogni singolo essere
umano possa rientrare nei clichè,
nello stereotipo di ciò che viene
definito carattere maschile? E ogni
donna è veramente femminile?
Per questo la violenza è veramente
universale, sia tra i carnefici che
tra le vittime.
Ecco, forse per difendere meglio
le ragioni di chi è nato di sesso
maschile dovremmo insistere
sul fatto che non esiste un’ identità
maschile o femminile certa e
determinata, ma che in ogni
essere umano di entrambi i
generi esistono varie gradazioni
di maschilità e femminilità. Dopotutto
la specie umana si caratterizza di
più per la mente che per i cromosomi
X e Y. Rivendicare che in ciascuno è
presente mentalmente sia la femminilità
che la mschlilità, che non esiste un carattere
di genere ben definito, e che quindi le divisioni
e prevaricazioni sono arbitrarie, potrebbe
spiazzare le iper-femministe ( e anche gli
iper-maschilisti, se ci sono ancora).
Saturno(Quota) (Replica)
Quoto Cesare. Tornando in tema, ieri mi sono preso la briga di vedere un altra puntata (l’ennesima) di matrix sulla violenza contro le donne. In sala a commentare oltre allo psicologo Morelli ( da vedere la parodia che gli fa Neri Marcore ) c’era una esaltazione della femminilità e ,naturalmente ,ma non c’era nemmeno il bisogno di confermarlo ,di uomini se ne parlato veramente poco , aparte le solite storie raccontate dove sono tutti brutti ,sporchi e cattivi..come da copione …
Ma ,di solito, nelle trasmissioni non ci dovrebbe essere un contraddittorio ? Fermo restando che la violenza ,qualunque essa sia ,va respinta ,non sarebbe stato opportuno sentire la voce di qualche esponente di un gruppo maschile per dire la sua ?
Gli uomini presenti erano abbastanza (per essere buoni) “zerbini”, in poche parole se la cantavano e se la suonavano da soli. Se fossi stato un Marziano, vedendo la puntata di ieri ,mi sarei convinto che nascere uomo ,è sbagliato
mauro recher(Quota) (Replica)
1- E’ andata subito al sodo, esprimendo la posizione morale (valutativa) di massa nei confronti della QM.
2- Più spesso si può assistere ad un campionario di sofismi e paralogismi. Si glissa, si devia, si finge di non capire etc.
Ecco un mio “dialogo” su un sito femminista:
***
“Sempre più laureate”
.
…Leggo poi che lo squilibrio è stato superato, nel senso che le DD ormai si laureano quasi nel rapporto 2/1 contro gli UU. Il traguardo è vicino (qui, da dove scrivo io, è stato raggiunto da tempo).
Oggi i giornali richiamano tale fatto positivo, come fate voi, scrivendo che le DD sono “più brillanti” “più capaci” “più brave” “più motivate”.
.
C’è poco da chiosare: quando gli UU sono davanti è squilibrio, quando sono davanti le DD è equilibrio.
Se gli UU hanno risultati migliori (in qualche ambito) ciò è prova della discriminazione antifemminile, se invece primeggiano le DD ciò prova la loro superiorità.
Accadesse mai che le DD si laureino nel rapporto 10/1 ciò sarebbe ancora più paritario.
Del resto gli abbandoni scolastici riguardano i maschi quasi al 90% (non hanno voglia di studiare, bulli e somari).
.
C’è qualcosa che non va. Nei fatti e nella loro congruente – vostra e universale – interpretazione.
C’è una falla.
La vedete?
Rino DV
Equilibri e squilibri
Inserito da la redazione (utente non registrato) il 23/05/2012.
La notizia che si riporta nell’articolo, riprendendo i dati Istat (che peraltro confermano una tendenza nota da anni), è la piena affermazione delle donne in un ambito da cui, per secoli, sono state escluse. Parallelamente si nota – e nota anche l’Istat – che tale sorpasso non si è riflesso in un’altrettanto forte riduzione del gap in campo lavorativo. Dati difficilmente contestabili. Quanto all’interpretazione, ogni gap può avere le sue cause: discriminazioni legali o di fatto, condizionamenti culturali, storici, o anche merito, competenze, capacità. Se Rino DV crede che l’attuale posizione sfavorevole degli uomini nell’istruzione derivi da un contesto discriminatorio, avrà i suoi motivi. In questo sito ci piace però cercare di portare sempre qualche prova o dato analitico, a sostegno di quel che si afferma. Altrimenti sono parole in libertà, di cui il web è pieno.
3- In altri casi si scende più in basso.
Vedasi questo altro “dialogo” su femminileplurale (dove interviene un Risvegliato ignoto)
.
http://femminileplurale.wordpress.com/2012/05/22/2205-auguri-194/#comments
4- Scrive Edgar Morin:
“…un sistema di pensiero dottrinale rifiuta ogni contestazione come ogni verifica logico/empirica. E’ intrinsecamente incontestabile … a differenza di una teoria, la dottrina è blindata contro ogni aggressione esterna. Ciascuna sua affermazione/tesi è difesa come fosse il nocciolo del sistema stesso…ciò che le è estraneo le è per ciò stesso nemico …gli argomenti contrari cono subito trasformati in argomenti personali contro il contestatore. Essa mantiene senza fine una mobilitazione permanente degli animi e infiamma senza pausa l’entusiasmo dei militanti. Violentemente offensiva attacca senza tregua le teorie e i sistemi alieni contro cui lancia a priori il suo anatema…”.
(E. Morin, Le idee).
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Rino, inutile girarci intorno.
Il femminismo è l’odio del genere maschile.
Il nostro porblema è che per anni abbiamo avuto paura di dirglielo, anche per la notevole presenza di maschipentiti in posizioni di visibilità.
Assistiamo ad un ritmo di 3-4 leggi/decreti anti maschio a settimana, per non parliare del clima nei mass media.
Fra 20 anni avremo una classe media quasi integralmente femminile, una classe proletaria (sì proletaria) quasi integralmente maschile e un elite 50/50…..questa è la piramide della distribuzione della ricchezza, del potere, secondo il femminismo…
Lo slogan femminista è “I hate”.
ciao
Fabriziaccio(Quota) (Replica)
Fabriziaccio:
>>
…odio…
Il nostro porblema è che per anni abbiamo avuto paura di dirglielo
>>
Già, ma forse c’è qc.sa che sta a monte: la difficoltà, quasi l’impossibilità interiore di ammetterlo, di riconoscerne l’esistenza, una realtà tremenda, inconcepibile di cui non si riesce a darsi la spiegazione. L’incredulità, lo stupore che si ha di fronte a delle enormità, a ciò che sembra impossibile.
.
A suo tempo per me fu così.
.
Quanto allo scenario degli assetti sociali futuri la vedo come te.
.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Fra 20 anni avremo una classe media quasi integralmente femminile, una classe proletaria (sì proletaria) quasi integralmente maschile e un elite 50/50…..questa è la piramide della distribuzione della ricchezza, del potere, secondo il femminismo…” (Fabriziaccio)
In tre righe la sintesi della nostra analisi. Non potevi fare di meglio.
Quando qualcuno, a “sinistra” (oltre a noi, ovviamente), comincerà a prendere concretamente atto di questa realtà (e non solo), si potrà ricominciare a parlare di Sinistra. E allora sarà non solo auspicabile tornare a frequentarla e ad animarla, ma doveroso.
Se non sarà troppo tardi…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ma le femmine sono oltre la metà della popolazione.
Come si spiega la coesistenza di un proletariato che è una minoranza ed una middle class che è la maggioranza della popolazione?
E’ uno scenario sociale realmente possibile?
A me suona stano.
Luigi(Quota) (Replica)
Luigi, senza entrare nel merito della veridicità concreta di quella previsione sull’evoluzione sociologica della stratificazione sociale, in teoria è possibilissimo, perchè no?
– Le elite saranno comunque una minoranza, e poichè tendono a perpetuarsi per via familiare, laddove il numero di figlie femmine delle famiglie di elite è pressapoco analogo a quello dei maschi, è verosimile pensare che andranno ad occupare i posti delle future elite in numero pressappoco analogo. In più esiste una pressione politica fortissima per far si che le donne occupino posti di potere.(quote rosa). Addirittura si potrebbe pensare in base ai due argomenti combinati che le donne nelle elites potrebbero superare i maschi. Ma ciò dipenderà anche da altri fattori come le inclinazioni di genere etc.
– classi medie. se le donne sono maggioranza della popolazione e si laureano più degli uomini, è verosimile che andranno ad occupare la maggioranza posti della classe media di impiegati di medio livello nei settori in voga, marketing, comunicazione etc. in misura più che proporzianale al loro numero.
– Classi basse o proletariato. Vale più o meno il simmetrico della middle class. Meno maschi che studiano, più maschi che faranno i lavori manuali e meno qualificati, ossia proletari.
———-
Semmai c’è da considerare un altro problema. Di gente che ha diploma o laurea ormai c’è inflazione, mentre mancano gli addetti a lavori manuali specializzati (e quindi abbastanza bene retribuiti), o gli artigiani (idraulici, falegnami, orafi, etc. etc.)
Da questo punto di vista la situazione si potrebbe ribaltare. Tanti diplomatie o laureate disoccupate e tanti operai specializzati meccanici, pellettieri, etc. col loro buon lavoro. Lo stesso per gli artigiani, professioni tutte di segno maschile.
Ci troveremmi di fronte in tal caso a classificazioni puramente nominalistiche e teoriche, essendo altra la realtà concreta. Sempre che i maschi rivalutino il lavoro manuale e capiscano che ormai il titolo di studio (qualità sempre in discesa a parte) non è più garanzia di nulla e che la capacità di costruire qualcosa con le proprie mani non è in niente inferiore alla capacità di chiaccherare con parole scelte ma che appena pronunciate svaniscono e non interessano a nessuno-
armando
armando(Quota) (Replica)
http://www.amazon.it/Prima-poi-ti-ammazzo-ebook/dp/B00CKA2VVO/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1369469050&sr=1-1
“Prima o poi ti ammazzo” è un giallo contemporaneo, un romanzo che parla di violenza sulle donne, destinato a uomini e donne di tutte le età e classi sociali. Come la violenza in sé. l’antieroe diventa eroe e prende la sua vendetta… o meglio, semplicemente si difende.
“… ci sono paesi in cui la violenza fisica e sessuale contro le donne è più presente del pane, paesi senza né leggi né vergogna. Ma anche dove le leggi ci sono, tantissime donne vengono uccise dal proprio uomo.
La violenza all’interno delle mura domestiche non è una semplice disgrazia sociale. È come una malattia fatale, o meglio, come una guerra, con feriti e morti. Va gestita come tale. L’omicidio di un violentatore o di uno stupratore può essere una forma di prevenzione. Impedisce la morte fisica o psicologica di una donna e – diciamocelo – è allo stesso tempo un favore all’umanità.
Le legislazioni non basteranno mai e Dio ha altre priorità in questo secolo. Difendiamoci da sole. Si salvi chi può.”
Già dal titolo si capisce che è un libro misandrico ,d’altronde,si capisce che una relazione, sarebbe proprio meglio non iniziarla … bella la descrizione che ,invece di condannare eventuali stupratori e violenti ,li si uccide cosi si fa un favore all’umanità, come è chiaro che i violenti sono gli uomini(anche lo dice) quindi ,come “prevenzione” sarebbe di far fuori tutti gli uomini che sono (cit maschile plurale) tutti dei stupratori o potenziali tali… Va beh è un libro (parola grossa) che cavalca l’onda emotiva …un pochino come i centri anti violenza e compagnia bella ….
mauro recher(Quota) (Replica)
Lucrezia,
Verissimo, non vedo la mia da dodici anni proprio per questo motivo, non c’è verso di liberarsene, alla fine ti rimane dentro e fa di tutto per rimanerti attaccata, soprattutto quando è anziana e le forze vengono a mancare. Ma è una caratteristica degli esseri umani: sicuri e spavaldi nella forza, poveri e mendici nella debolezza e nella vecchiaia, e chi non lo è, chi continua a fare il duro/la dura… semplicemente muore solo/sola. A meno che non riesca a manipolare talmente bene sa farsi seguire tutta la vita, le donne sono più brave in questo, anche senza forze ti fanno venire i sensi di colpa.
Giorgio(Quota) (Replica)
che dire di questo ? A forza di parlare di femminicidio
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2014/03/08/news/corteggia-una-commessa-arrivano-vigili-e-polizia-1.8811286
Mauro Recher(Quota) (Replica)